1 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) L’ ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE un approccio teorico al fenomeno e alle procedure di risanamento INCIPIT ........................................................................................................................................................................................2 IL PROBLEMA DELLA RISALITA CAPILLARE ................................................................................................................3 SE γ E’ IL MALE ζ PUO’ ESSERE UNA CURA !...............................................................................................................14 LE ORIGINI STORICHE DELL’ELETTROSMOSI...............................................................................................................14 CONSIDERAZIONI GENERALI............................................................................................................................................14 IL DOPPIO STRATO ELETTRICO ........................................................................................................................................15 L’ INFLUENZA DEI SALI......................................................................................................................................................25 LA TECNOLOGIA DEL SISTEMA........................................................................................................................................31 GLI ELETTRODI ....................................................................................................................................................................31 GLI ADDITIVI PER MALTE..................................................................................................................................................34 NOTE: .........................................................................................................................................................................................35 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 2 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) INCIPIT - Nel corso dei secoli il concetto di restauro ha subìto delle profonde evoluzioni a causa del fatto che esso coinvolge aspetti materiali, etici, estetici, filosofici e culturali. Durante il periodo neoclassico si accentua il culto del monumento e la sua valorizzazione non al fine di una sua migliore funzionalità, come nel passato, ma quale opera d’arte e ricordo storico; è solo in questo momento che comincia a delinearsi la figura del restauratore come specialista distinto dall’artista. Nel 1794 la repubblica francese emanò il primo decreto che sancì il principio della conservazione dei monumenti e durante la spedizione in Egitto (1798-1799), Napoleone volle che alle truppe si unisse un nutrito gruppo di ben 167 tra scienziati e artisti destinati a studiare approfonditamente ed in modo razionale il paese e, soprattutto, i suoi monumenti. Le nuove idee e l’intervento di studiosi di discipline prima non interrogate diede origine ad un approccio assai preoccupato della conservazione del monumento ma quasi totalmente privo di teorie. Questo modo di avvicinarsi al problema del restauro, definito empirico rimase tale per oltre un secolo per mancanza di adeguate tecnologie e conoscenze scientifiche disponibili. Solamente nel 1931 la Conferenza Internazionale di Atene sancisce i principi del restauro moderno raccomandando una costante opera di manutenzione e consolidamento dei monumenti ed ammettendo l’impiego di ogni mezzo tecnico e scientifico a disposizione. Nel 1939, infine, viene istituzionalizzata anche la figura del restauratore. - Questo brevissimo excursus storico mette bene in evidenza il fatto che il moderno restauro scientifico è relativamente giovane ma che, anche se deriva concettualmente dal restauro empirico, esso si distingue per l’elevato grado di teoricità e di complessità delle tecniche che utilizza, tecniche queste, che assumono sempre più l’aspetto e la dimensione di tecnologie. - Nelle pagine successive, parleremo proprio di una moderna tecnologia, l’elettrosmosi, e dell’approccio scientifico ad uno dei problemi che affliggono sia i monumenti che le comuni abitazioni: l’umidità per risalita capillare. - Ogniqualvolta si affronta un problema di natura tecnica è necessario far ricorso ad una buona teoria scientifica e ad un ragionevole modello matematico che aiuti a superare la tremenda barriera di potenziale che vi è nel passaggio dall’approccio empirico/qualitativo a quello scientifico/quantitativo. Per far ciò sono necessari tre ingredienti fondamentali: anni di studio e ricerca, esperimenti e denaro per poterli effettuare sia in laboratorio che sul campo. Non tutti sono disposti a reggere gli oneri di un simile cammino anche perchè la ricerca, per sua definizione, non garantisce affatto la certezza del risultato nè che questo, quando arriva, sia una soluzione estensivamente applicabile. La necessità di una elevata professionalità nell’approccio si fa ancor più sensibile nel momento in cui si dibatte sul problema della reversibilità degli interventi, come avviene oggi. Il nostro gruppo si avvale di esperienze e ricerche, ormai decennali, anche di altre imprese, e si presenta sul mercato con la forma mentis del gruppo di consulenza dotato di un approccio essenzialmente scientifico al problema delle murature ammalorate dall’umidità. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 3 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) IL PROBLEMA DELLA RISALITA CAPILLARE Prima di poter parlare delle possibili tecniche di risoluzione del problema delle murature ammalorate è necessario affrontare brevemente il problema della risalita capillare. - In generale, tutti i materiali litoidi possiedono una struttura, a livello non atomico caratterizzata dalla presenza di piccoli spazi vuoti, i pori, immersi in una matrice solida; si definisce porosità φ il rapporto fra il volume totale vuoto ed il volume apparente del litoide in esame. La geometria dei pori è estremamente complessa ma è possibile distinguerne tre tipologie fondamentali: i pori chiusi o non comunicanti, che non possono in alcun modo contribuire al trasporto di materia, i pori ciechi, che contribuiscono al trasporto di materia solo marginalmente ed i pori aperti e comunicanti, i colpevoli del degrado, che provvedono al trasporto di gas e liquidi all’interno del litoide. A causa di queste differenze, quando si effettuano misure di porosità mediante picometro ad elio o porosimetria a mercurio, solo le due ultime tipologie possono essere prese in considerazione e per esse si dà la definizione di porosità efficace φeff . Una tipica curva di distribuzione della porosità è rappresentata nella figura 1. fig.1 Nella figura si osserva che i diametri dei pori che interessano vanno da cira 10-2µm a circa 300µm. - Per quanto riguarda il contenuto di acqua dei materiali litoidi è necessario tener presente che esso è sempre naturalmente presente e che è distribuito in varie forme: Acqua di absorbimento, ovvero l’acqua trattenuta dalla superficie del solido dalle forze di Van Der Waals che si instaurano tra il vapore e la superficie solida stessa; l’acqua di absorbimento viene completamente rilasciata già a temperature inferiori ai 100°C. Acqua di adsorbimento (chemiassorbimento) ovvero l’acqua trattenuta dagli intersizi dei solidi ed è fissata alla superficie degli stessi in uno strato monomolecolare; a differenza del caso Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 4 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) precedente non si ha un equilibrio di assorbimento-desorbimento e, dunque, essa viene rilasciata solo quando la temperatura del solido supera i 100°C. Acqua di occlusione ovvero quella che è intrappolata nelle cavità che non possiedono sbocco; essa non può essere rilasciata. Acqua di cristallizzazione ovvero il contenuto di molecole di acqua che sono inglobate all’interno delle strutture dei grani cristallini che costituiscono la matrice solida; essa può essere rilasciata solo calcinando il campione per costringerlo a modificare la propria struttura. Da queste considerazioni si evince che l’acqua che maggiormente preoccupa è quella di absorbimento ovvero quella che in qualche modo è “mobile” all’interno della matrice. Nella tabella tab1, mostrata di seguito, sono mostrati comparativamente i valori di porosità e contenuto in acqua mobile per alcuni litotipi, in condizioni di UR=80% e T=20°C: LITOTIPO arenaria marmo dolomitico pietra di Lecce pietra di Vicenza marmo calcitico peperino tufo serpentinite albarese rosso ammonitico %H2O p/p 0.7↔0.8 0.01↔0.03 0.6↔0.8 0.13↔0.15 0.01↔0.02 4 5↔7 0.2↔0.3 0.1↔0.2 0.3↔0.4 φ% (picnometro a He) 6 4 45 28 3 19 47 4 5 3↔4 Composizione silicatica calcarea dolomitica calcarea calcarea calcarea silicatica silicatica silicatica calcarea calcarea (dati tratti da “Scienza dei materiali e restauro” di G. G. Amoroso, M. Camati; Alinea Editrice) tab.1 Come si evince dalla tabella esiste una relazione molto stretta e intuibile tra porosità e quantità di acqua anche se in alcuni casi è evidentissima l’influenza che possiede la curva di distribuzione dei diametri. - Quando il materiale lapideo viene messo a contatto con una fonte di acqua si ottiene il fenomeno dell’imbibizione. Quest’ultimo rappresenta una delle più diffuse cause di ammaloramento delle murature e fino a qualche decennio fa l’unica metodica disponibile per eliminarne drasticamente gli effetti era il taglio del muro. Il “motore” del fenomeno è la capillarità. Nella superficie interna di un poro si è in presenza di un sistema eterogeneo trifasico nel quale coesistono una fase solida idrofila, un liquido, ovvero l’acqua, ed un gas, l’aria più il vapor acqueo alla pressione di equilibrio. In generale si definisce tensione superficiale γ la forza per unità di lughezza che agisce perpendicolarmente ad ogni linea superficiale giacente sulla superficie o al contorno della superficie stessa: γ = F/l . Se immaginiamo una bolla di sapone sferica, come in figura 2, che si contrae diminuendo il proprio raggio di dr allora la forza è applicata su entambi i perimetri delle semisfere e su entrambe le facce della superficie. Poichè la forza è indipendente da dr avremo : Pe Pi fig.2 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 r 5 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) F = 8 πrγ ed il lavoro compiuto per ottenere una diminuzione dell’energia interna del sistema: ∂W = 8 πrγ × ∂r l’equilibrio del sistema sarà raggiunto quando la contrazione sarà compensata dalla risultante delle forze di pressione o, in termini di lavori virtuali, quando dW sarà uguale al dW p compiuto dalla differenza tra la pressione esterna al sistema e quella interna: ∂Wp = ∆P × 4 πr 2 × ∂r 2γ Si ottiene, dunque, l’equazione di Laplace per la bolla di sapone ovvero: ∆P = r dove con r si deve intendere, in generale, il raggio di curvatura medio della superficie interessata. Se si introduce anche una superficie solida, il problema si complica un pò perchè è necessario tenere in considerazione anche tutte le interfacce e la situazione che si ha è schematizzata nella figura 3: fig.3 la quale mostra come il valore di γ che deve essere considerato è in realtà la risultante dalla somma delle componenti lungo la superficie solida per le quali vale l’equazione di Young in cui θ è l’angolo di contatto: γ cos θ = γ − γ lg sg sl Da ciò si deduce che in generale, quando si parla di γ, si fa riferimento a γlg e che per bagnabilità si intende l’angolo di contatto. Se andiamo a considerare un capillare la situazione che si presenta è schematizzata in figura 4: fig.4 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 6 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) In questo caso la curvatura del menisco viene definita da un valor medio rm che è legato al raggio del capillare rp dalla relazione rp = rm cosθ dove θ è l’angolo di contatto formatro dalla parete del capillare con la tangente alla superficie del menisco nel punto di intersezione con la parete stessa. Per quanto detto prima, combinando l’equazione di Laplace con quella di Young si ottiene l’equazione di Washburn del capillare: 2 γ cos θ ∆P = rp dove ∆P non rappresenta altro che la pressione all’interno del capillare Pc in Pascal. In un sistema così semplice, potendo trascurare ogni altro tipo di forza ed ammettendo, in modo più che ragionevole, che la densità dell’aria sovrastante il menisco sia piccola rispetto a quella dell’acqua, all’equilibrio la pressione capillare eguaglierà quella della colonna di acqua. Applicando la legge di Stevino otteniamo la condizione di equilibrio: heq = 2 γ cos θ rp ⋅ ρ H2O ⋅ g Per rendersi conto dell’effettiva forza della capillarità, oltre a pensare ad alberi alti decine di metri che la sfruttano come “ascensore per l’acqua”, si può far riferimento alla tabella seguente in cui sono contenuti alcuni valori di γ per le più comuni interfacce ed alcuni relativi angoli di contatto: Interfaccia acqua / aria Hg / aria olio / aria acqua / aria γ (N/m) -3 73×10 -2 48×10 -2 48×10 -3 24×10 3 ρ(H2O)= 1000 kg/m 2 g= 9.80665 m/s θ ≈0° 141.3° ----- tab.2 si ottiene che per un capillare di diametro pari ad 1µm l’altezza di equilibrio raggiunta dal menisco è di 15.6 m !!! Per fluidi perfettamente bagnanti, come lo è l’acqua rispetto alla superficie idrofila dei litoidi comuni, la figura 4 fornisce un andamento delle altezze di equilibrio in funzione del raggio dei pori (deve essere rappresentato in scala logaritmica !): Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 7 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) E’ evidente, dunque, che nel processo di imbibizione, la forza motrice dell’ammaloramento è questa e che è fondamentale la distribuzione delle porosità. - Questa, purtroppo, non è la sede per una trattazione esaustiva sul fenomeno di trasporto dell’acqua all’interno della matrice litoide dunque proseguiremo occupandoci solo dei problemi quantitativamente più significativi. - La domanda successiva che è necessario porsi è: dato un gradiente di pressione come quello generato dalla capillarità, quanto impiega, almeno indicativamete, l’acqua per risalire? Per rispondere si può cominciare con l’utilizzare la legge di Darcy che governa il trasporto di fluidi attraverso le matrici permeabili sotto l’azione di un gradiente di pressione: Q= k ⋅ ρ ⋅ A ∂P ⋅ η ∂x dove: Q k ρ A η dP x kg / s 2 m 3 Kg / m 2 m Pa sec Pa m portata massica del fluido permeabilità densità sezione attraversata dal fluido viscosità cinematica gradiente di pressione altezza del fluido Se introduciamo la pressione capillare e trascuriamo la pressione della colonna fluida, compiendo un’approssimazione del tutto lecita se si considerano altezze molto lontane da quella di equilibrio, si ottiene (alle differenze finite): Q= e sapendo che: Q ρ si ottiene: x ⋅ ∂x = = k ⋅ ρ ⋅ A 2 γ ⋅ cos θ ⋅ η rp ⋅ x ∂v ∂x = A⋅φ⋅ ∂t ∂t k ⋅ 2 γ ⋅ cos θ ⋅ ∂t η ⋅ φ ⋅ rp che integrata dà: x= 4 ⋅ k ⋅ γ ⋅ cos θ t η ⋅ φ ⋅ rp Quasi tutti i parametri contenuti nell’equazione sono noti tranne k che deve essere determinato empiricamente attraverso misure di porosità oppure stimato secondo le relazioni empiriche: k= Dp 2 ⋅ φ 3 150(1 − φ ) 2 ; Dp = 6 S p / Vp dove Sp e Vp sono rispettivamente la superficie ed il volume delle particelle di cui, idealmente, si compone la matrice litoide. La relazione trovata ammette una serie di ipotesi assai rigide: 1)fluido newtoniano; 2)fluido monofasico e non interagente con la superficie della matrice ma in generale, la velocità di risalita del fronte umido di imbibizione segue sempre una relazione del tipo: X = cos t ⋅ t Ciò che realmente importa è, però, che almeno l’ordine di grandezza di cost è valido. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 8 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) La figura 5, qui di seguito, mostra il modello considerato: fig.5 Se si assume, come ipotesi ragionevole, che il raggio medio dei pori sia uguale a 0.1µm e che essi circondino dei cluster quasi sferici di 10µm di diametro si ottiene che in un intervallo di tempo pari a circa 4.5 anni il fronte di risalita può raggiungere 1.5m di altezza. Tutto questo è molto realistico e serve soprattutto per dare un’idea del fatto che se fosse possibile introdurre un campo di forze che sia almeno 10 volte superiore alla forza di capillarità si otterrebbe l’asciugatura del muro in meno di 6 mesi! Risultati comparabili si ottengono anche considerando il modello del capillar-array e l’equazione di Posuille per stimare la resistenza alla rilasita del fluido. Tutte queste considerazioni teoriche servono anche per comprendere meglio alcune relazioni pratiche riportate anche in manuali importanti: 1) Sulla pubblicazione DIMOS dell’Istituto Centrale del Restauro, Modulo I Parte II pag.24 viene indicata un’equazione che permette di stabilire la massima altezza di equilibio del fronte di risalita in un muro una volta noto il raggio medio dei pori, in condizione di perfetta verticalità, come: 2 X max = ⋅ 15 ⋅ 10 −6 rm 2) Le norme francesi NFB 10-502 del maggio 1980, forniscono un’equazione utile per il calcolo dei tempi di salita del fronte come: C⋅S M= t 100 Dove M è la massa in grammi, C il coefficiente di capillarità in g cm-2 min-1/2, S la sezione del campione in cm2 e t in minuti. Le medesime norme riportano anche la seguente tabella di valori indicativi: (per comparazione abbiamo aggiunto C/ρ in unità [SI]) Materiale C [cgs] C/ρ [SI] 1 5 10 15 20 30 80 50 1.29×10 -5 6.45×10 -4 1.29×10 -4 1.94×10 -4 2.58×10 -4 3.87×10 -3 1.03×10 -4 6.45×10 Calcestruzzo vibrato Mattone Grès Intonaco Calcare duro Calcare tenero Calcare molto tenero Gesso tab.3 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 -5 9 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Se consideriamo le unità di misure SI in luogo di quelle del sistema cgs si ottiene che è C(SI)=1.29C(cgs), mentre se si tien conto dell’uguaglianza in [cgs] : 4 ⋅ k ⋅ γ ⋅ cos θ C = η ⋅ φ ⋅ rp ρ ⋅ 100 si scopre che il coefficiente cinematico di capillarità trovato è decisamente realistico e corrisponde approssimativamente a quello di un materiale tipo grès. Anche se abbiamo trascurato altre fonti di approvvigionamento di acqua come quella di condensazione, dipendente dall’ UR ambientale, ed i flussi indotti dai gradienti locali di concentrazione salina, ci si può ulteriormente chiedere quale sia la forma della superficie del fronte di risalita. La risposta a quest’ultima domanda, anche se non è funzionale a quanto verrà trattato di seguito, è utile per comprendere il perchè a volte si osservano delle geometrie “strane”. In questo caso ci viene in aiuto la geometria frattale. Il modello considerato prevede l’esistenza di una matrice porosa costituita da un reticolo cubico regolare, di passo a, di canalicoli, di raggio r comunicanti tra loro, entro il quale un fluido di viscosità η1 si diffonde contro un altro fluido di viscosità η2. Utilizzando l‘equazione di Posuille avremo che il flusso entro i pori è governato da: Q= π ⋅ r4 ( P1 − P2 + Pc ) 8⋅a⋅η dove Pc è la pressione capillare mentre P1-P2 è la differenza tra la pressione idrostatica e la tensione di vapore del gas in eqilibrio con il liquido in diffusione ed η è la media pesata dei due valori. Diversi autori hanno compiuto esperimenti su sistemi reali e simulazioni numeriche su reticoli sia bi che tridimensionali. Alcuni risultati delle simulazioni numeriche sono mostrati nelle successive figure 6 e 7 : fig.6 (Immagini e teoria tratti da “Fractal and Disordered Systems” di A.Bunde, S. Havlin; Springer) Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 10 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) fig.7 (Immagini e teoria tratti da “Fractal and Disordered Systems” di A.Bunde, S. Havlin; Springer) Al di là della complessità generale della teoria, l’aspetto più interessante è costituito dal fatto che l’enorme varietà delle forme del fronte di crescita è sostanzialmente governata da due parametri adimensionali, M e C, definiti come: Q ⋅ µ2 η ;M = 1 C= A ⋅ γ ⋅ cos θ η2 Le immagini riportate corrispondono a delle simulazioni numeriche compiute da R. Lenormand e corrispondono ad un modello che descrive un esperimento di iniezione di un fluido entro una matrice porosa. Per alti valori di M e C si ottiene il cosiddetto regime stabile, fig.7.a/d, che corrisponde alla situazione in cui la forza dominante è la viscosità del fluido iniettato, mentre capillarità e pressione idrostatica sono trascurabili; per valori di M molto bassi si ottiene il regime viscoso, fig.7.b/e, ed in questo caso è il secondo fluido, quello iniettato, ad essere il più viscoso; per valori molto bassi di entrambi, ovvero nel caso di pressione di iniezione assai bassa se confrontata con la capillarità, si ottiene il regime capillare, fig.7.c/f. Nel caso di una muratura reale, ci si trova nella regione di “capillary fingering” ed il fronte di avanzamento può possedere delle notevoli disuniformità (macchie), come dimostra l’immagine 7c. Il calcolo rapido di C ed M, note almeno indicativamente le caratteristiche della matrice reale, ci può mettere nelle condizioni di avere una ragionevole idea di come potrebbe essere “frastagliato” il fronte di risalita e ciò può risultare utilissimo per le murature di grande spessore. A tale fine si adotta il cosiddetto diagramma di fase dei regimi di invasione, che è mostrato nella figura 8 ed è un piano log-log sul quale sono individuati i confini delle regioni i cui punti corrispondono a comportamenti simili del fronte di risalita. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 11 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Fig.8 (Immagini e teoria tratti da “Fractal and Disordered Systems” di A.Bunde, S. Havlin; Springer) Quanto detto sino ad ora deve far riflettere anche sul fatto che se il sistema muro fosse costituito da una serie di tubi capillari verticali di determinata distribuzione nei diametri, il capillar-array, sarebbe sempre possibile utilizzare l’equazione di Posuille per calcolare la portata di acqua di imbibizione. Per maggiore aderenza alla realtà, invece, si utilizza la legge di Darcy che cerca di dirimere lo stesso problema ma che, attraverso l’introduzione del coefficiente di permeabilità k, tiene implicitamente conto degli effetti dovuti ai canalicoli intercomunicanti ed alla tortuosità τ del percorso del fluido. Le figure 9 e 10 danno un’idea di quanto appena detto: fig.9 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 12 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) fig.10 Nella figura 9 si vede chiaramente che se il fluido è costretto a percorrere il tratto L’ anzichè L, allora la caduta di pressione lungo il percorso sarà maggiore. La figura 10, inoltre ci permette di avere un’idea di come definire τ ovvero come L’ medio diviso L; in questo caso si osserva che per ogni percorso considerato è : L' τ= = 2 L La tortuosità può essere valutata attraverso misure di diffusione gassosa entro la matrice, tenendo conto del fatto che se D noto è il coefficiente di diffusione molecolare del gas, allora il valore misurato per il campione considerato Deff è legato alla tortuosità dalla relazione: Deff = φ eff D τ La permeabilità e la porosità sono, dunque, legate tra loro da una legge piuttosto semplice, anche se questa ha un valore solamente locale, poichè le matrici reali non sono affatto omogenee. Quanto detto è mostrato nella figura 11, nella quale sono rappresentati gli andamenti di K e φ in funzione della profondità per una sequenza di arenaria (materiale simile ad un mattone). Si tenga conto che nella comune pratica l’unità di misura della permeabilità è il Darcy (d) definito come la permeabilità di un setto poroso cubico, avente lo spigolo di 1 cm, che alla differenza di pressione di 1 atm si lascia attraversare da una velocità di flusso di un fluido pari ad 1 cm/s quando la viscosità di esso è di 1cP, ovvero [d = cm2 cP atm-1 s-1]. Nel sistema SI 1d = 0.9869µm2. fig.11 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 13 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Prima di concludere questo paragrafo è necessario spendere qualche parola sull’influenza che possiedono temperatura e concentrazione salina sul valore della tensione superficiale γ tra acqua e aria: in generale γ aumenta al diminuire della temperatura e all’aumentare della concentrazione salina. Quanto detto, mostrato nelle tabelle 4 e 5, spiega ampiamente il perchè in inverno e in luoghi di grande abbondanza salina, il fronte di salita dell’umidità sembra essere particolarmente rapido nel produrre i suoi effetti anche quando le condizioni di UR non sono affatto sfavorevoli. T (°C) 0 5 10 15 18 20 25 30 40 50 60 70 80 100 γ (N/m) -3 75.6 × 10 -3 74.9 × 10 -3 74.22 × 10 -3 73.49 × 10 -3 73.05 × 10 -3 72.75 × 10 -3 71.97 × 10 -3 71.18 × 10 -3 69.56 × 10 -3 67.91 × 10 -3 66.18 × 10 -3 64.4 × 10 -3 62.6 × 10 -3 58.9 × 10 tab.4 (Dati tratti da “Handbook of Chemistry and Physics” 55th edition 1974-1975”; CRC Press) % p/p NaCl (a 20 °C) 0.0 0.58 2.84 5.43 10.46 14.92 22.62 25.92 γ (N/m) -3 72.75 × 10 -3 72.92 × 10 -3 73.75 × 10 -3 74.39 × 10 -3 76.05 × 10 -3 77.65 × 10 -3 80.95 × 10 -3 82.55 × 10 tab.5 (Dati tratti da “Handbook of Chemistry and Physics” 55th edition 1974-1975”; CRC Press) Si può osservare che, almeno superficialmente, concentrazioni saline del 10% e oltre, in sinergia con temperature superficiali prossime allo 0°C, possono aumentare l’efficienza del processo di risalita capillare anche del 10% ! Ecco perché la stagione invernale è la peggiore per gli effetti di ammaloramento da risalita capillare. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 14 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) SE γ E’ IL MALE ζ PUO’ ESSERE UNA CURA ! LE ORIGINI STORICHE DELL’ELETTROSMOSI La scoperta del fenomeno dell’elettroosmosi risale al 1809 da parte di F.Reuss che, nel medesimo periodo, scoprì e studiò anche l’elettroforesi. Ci vollero circa cinquanta anni prima di poter giungere ad un modello teorico (G. Quincke, 1861) che fosse in grado di spiegare quantitativamente l’elettroosmosi e ciò fu possibile anche grazie agli studi di Faraday, Helmoltz e molti altri. Il concetto chiave che aprì le porte ai molti successivi studi di carattere elettrochimico fu quello di “ doppio strato elettrico “ e venne introdotto da Helmoltz nel medesimo periodo. L’importanza di quel modello è grande se si pensa che tutti i FENOMENI ELETTROCINETICI (elettroosmosi e potenziale di flusso, elettroforesi e potenziale di sedimentazione) vengono spiegati utilizzandolo come base di partenza. CONSIDERAZIONI GENERALI L’ELETTROOSMOSI consiste nel movimento di un liquido attraverso un capillare (o attraverso gli innumerevoli capillari di un diaframma poroso) per effetto dell’applicazione di una differenza di potenziale elettrico agli estremi di esso. Come regola generale se la costante dielettrica della fase mobile è superiore a quella della fase stazionaria, allora il fluido tende a spostarsi verso l’elettrodo negativo e ciò e proprio quel che accade in un muro con acqua in eccesso. fig.12 (Immagini tratte da “CHIMICA GENERALE con elementi di inorganica” M. Nardelli; Editrice Ambrosiana Milano 1973) Come è mostrato schematicamente nella figura 12, applicando una differenza di potenziale mediante i due elettrodi E1 ed E2 ai due lati opposti del setto poroso S, il menisco M si sposta in C a causa del flusso di liquido che si stabilisce nei capillari del setto poroso. La quantità di liquido trasferita attraverso il setto S è proporzionale all’intensità della corrente che ha attraversato il setto ed è indipendente dall’area e dallo spessore di questo. La generazione di POTENZIALE DI FLUSSO è il fenomeno inverso dell’elettroosmosi : quando un liquido fluisce attraverso un diaframma poroso S, agli estremi di esso si genera una differenza di potenziale che è direttamente proporzionale alla differenza di pressione che genera il flusso ed è indipendente dall’area e dallo spessore del diaframma. (figura 13) Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 15 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) fig.13 (Immagini tratte da “CHIMICA GENERALE con elementi di inorganica” M. Nardelli; Editrice Ambrosiana Milano 1973) Già dalle considerazioni generali appare evidente la duttilità del principio e la sua semplice estensibilità a diaframmi porosi grandi quanto una muratura da risanare. Per comprendere meglio il fenomeno è necessario introdurre il modello del doppio strato elettrico di potenziale elettrocinetico ζ ed osservare meglio quello che avviene all’interfaccia di contatto tra la superficie solida ed il liquido all’interno del capillare. IL DOPPIO STRATO ELETTRICO Come si è detto pocanzi all’interno del capillare tra le due fasi quella che si carica positivamente è quella che possiede la costante dielettrica maggiore. Questo fatto è fisicamente spiegabile in modo assai semplice considerando due cariche elettriche opposte puntiformi, +q e –q, situate all’interno di un sistema di riferimento costruito entro un materiale che possieda una zona di separazione tra due valori differenti della permittività dielettrica; Il potenziale di un qualunque punto dello spazio che si trova sulla superficie di separazione, ammettendo che ciascuna delle due cariche sia collocata all’interno di una delle due zone, può essere espresso mediante l’equazione: q 1 q 1 V= ⋅ − ⋅ 4 πε 0 ε + r+ 4 πε 0 ε − r− dove r+ ed r- sono le distanze del punto generico P rispettivamente da +q e da –q mentre ε+ ed ε- sono rispettivamente i due valori di permittività relativa. Poichè, la configurazione più stabile di una distribuzione di cariche è quella di minor potenziale, si ha che V è minimo quando ε+>εovvero, quando la carica negativa è collocata entro la regione a permittività dielettrica inferiore. Quanto appena affermato giustifica di per sè la separazione di cariche sulla superficie del capillare. Il caso dell’acqua con il suo contenuto di cariche libere è quello più intuitivo da considerare ma in generale è sempre possibile avere una piccola separazione di cariche ed esse si disporranno sempre seguendo la regola enunciata; ciò che effettivamente cambia è l’efficienza del fenomeno perchè la quantità di cariche separate è molto piccola. La tabella 6 riporta i valori di costante dielettrica relativa per varie sostanze ed in essa è intuibile il fatto che il fenomeno elettrosmotico è possibile in una miriade di situazioni diverse da quella che andiamo a considerare. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 16 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Sostanza H2O H2O Acetone Dietiletere Alcool metilico Alcool etilico Cloroformio Benzene n-esano n-dodecano acido oleico Quarzo Quarzo fuso Malachite Zircone Porcellana Allumina Pyrex 7740 Pyrex 1710 Corning 8870 Vycor 7910 Resina fenolo-formaldeide Nylon 66 Paraffina Polimetilmetacrilato (plexiglass) Polistirene Neoprene Resine epossidiche Gomme siliconiche Teflon (PTFE) εr 80.37 78.54 20.7 4.34 32.63 24.3 4.806 2.284 1.890 2.014 2.46 4.3 ∼4 7.2 12 6.0 ↔ 8.0 4.5 ↔ 8.4 5 6 9.5 3.8 4.4 3.4 2.0 ↔ 2.5 2.76 ↔ 3.12 2.54 4.5 ↔ 6.6 4.03 ↔ 3.35 3.06 ↔ 3.18 2.1 T (°C) 20 25 25 20 25 25 20 20 20 20 20 --------------------------------------- tab.6 (Dati tratti da “Handbook of Chemistry and Physics” 55th edition 1974-1975”; CRC Press) Appare evidente che in un comune capillare di silice, il fluido verrebbe egualmente attratto verso il catodo se, anzichè l’acqua, avessimo del metanolo o dell’etanolo, mentre nel caso del benzene avremmo lo spostamento nella direzione opposta; un capillare di teflon, inoltre, sarebbe ancora più efficiente di quello in pyrex nei confronti dell’acqua. E’ importante sottolineare che, in generale, il flusso di campo elettrico attraverso una qualunque superficie che racchiuda tutto il sistema capillare-fluido è nullo ma che un secondo campo elettrico applicato dall’esterno attraverso questa superficie è in grado di generare un movimento di cariche. La matrice solida porosa è quasi sempre costituita da materiali di tipo silicatico, se si trascurano per ora i marmi. Ciò che accade all’interno delle porosità di un comune mattone è, dunque, assai simile a quello che avviene in un capillare di silice. La struttura dei silicati è costituita essenzialmente dal ripetersi nelle tre dimensioni dello spazio degli elementi tetraedrici SiO44- aventi gli ossigeni in comune, dando origine, nel caso della silice, ad un reticolo di stechiometria SiO2. La superficie di confine del reticolo rimane, quindi, piena di terminazioni –O- che, per il principio di elettroneutralità, sono saturate da cationi per un ammontare complessivo di cariche pari, in valore assoluto, a quello della superficie del reticolo. I cationi legati alla superficie, a loro volta, possono fungere da centri di adsorbimento degli anioni presenti nella soluzione facendo sì che la superficie del capillare diventi più negativa della soluzione che, al contrario, diventa più positiva a causa dell’impoverimento del contenuto anionico. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 17 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Quanto appena detto è illustrato nella figura14: Na O O O O O Ca O O O O O O O O O Cl Cl Cl Mg O O O O O O O O O O O O O O K O O O O O O O O O O O O Na O O O O O Ca O O O O O Cl Cl O O O O Na O O O O O O O O O O Cl O O O O O O Na O O O O O O O O O O fig.14 Quella rappresentata è una struttura bidimensionale ma rende ugualmente bene l’idea del fatto che, sebbene la superficie di confine del reticolo sia nel complesso elettroneutrale, i cationi alcalini ed alcalino terrosi su di essa hanno ugualmente la possibilità di attrarre ioni di carica opposta anche se con legami meno intensi. Gli anioni in questione possono essere di vario tipo anche se nella figura compaiono solo quelli cloro. Il fenomeno appena descritto, in generale, non è una condizione necessaria al verificarsi dell’elettrosmosi ma è un processo che ne amplifica gli effetti e ne massimizza l’efficienza: se, ad esempio, si considera un sistema tipo teflon-acetone, è necessario che il fluido perda elettroni e che questi diffondano entro la fase solida; la situazione non muta di molto se nella fase liquida si discioglie un sale lipofilo come l’esafluorofosfato di tetrabutilammonio poichè anche se la quantità di cariche negative è estremamente più grande, la probabilità che esse diffondano nella fase stazionaria è troppo bassa e quindi la dissimmetria di distribuzione di carica tra le fasi rimane, in ogni caso, molto piccola. Nel caso del nostro sistema silice-acqua, al contrario non è necessario che le cariche negative diffondano nel solido perchè il meccanismo di adsorbimento prima descritto si occupa del loro parziale ancoraggio alla superficie; come ogni caso di adsorbimento, tuttavia, l’ambiente chimico influenza fortemente l’efficienza dello stesso. La separazione di cariche tra la soluzione e la superficie interna del capillare viene detta doppio strato di Helmoltz ed è assimilabile ad un condensatore piano le cui armature sono costituite dalla superficie interna del capillare, su cui sono adsorbiti gli anioni, e da un sottile film di soluzione in prossimità dell’interfaccia solido-soluzione, entro cui si addensa l’eccesso di cariche positive non bilanciate. La differenza di potenziale esistente fra le due armature-strati è chiamata potenziale elettrocinetico ζ il quale può assumere valori che vanno da un minimo di alcune decine di mV ad un massimo osservato di quasi 200mV. Per un sistema tipo silice(particella colloidale)-acqua ζ= -44mV mentre la distanza tra gli strati-armature, in generale, può variare da un minimo di circa 3Å ad un massimo di circa 300 Å. Il primo a proporre il modello del doppio strato fu Helmoltz ma una trattazione matematica più evoluta è dovuta a Gouy e Chapman, i quali proposero anche una struttura più articolata costituita da un primo strato più compatto, ove si collocano gli ioni più strettamente adsorbiti ed un secondo strato, detto diffuso, costituito da ioni assai meno strettamente legati ed ancora solvatati, sui quali l’agitazione termica ha un effetto di rimescolamento. Questo secondo modello è quello più generalmente accettato perchè descrive meglio il fenomeno del “doppio strato” ed è in migliore accordo con i risultati sperimentali. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 18 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) La figura 15 illustra quanto detto: IHP OHP SOLUZIONE - - - fig.15 IHP è l’Inner Helmoltz Plane vale a dire lo strato interno e compatto, mentre OHP è l’Outer Helmoltz Plane, ovvero lo strato diffuso che si estende fino alla soluzione lontana nella quale si ha una distribuzione di cariche completamente simmetrica ed uniforme. Il potenziale ζ viene valutato dalla superficie OHP fino alla soluzione lontana; all’interno del volume compreso tra OHP e la soluzione lontana si concentrano anche tutti i cationi non cotrobilanciati a causa dell’adsorbimento dei corrispettivi controioni entro IHP. Con queste definizioni date si può procedere ad uno studio più approfondito del profilo di potenziale di questo doppio strato, tenedo conto che nel nostro caso la carica effettiva della superficie del capillare è dovuta agli anioni specificamente adsorbiti e non ad una carica indotta dall’esterno come nel caso di una superficie elettrodica. Se immaginiamo di suddividere lo strato diffuso in un insieme di piani paralleli ad OHP e distanziati tra loro di una lunghezza ∂x, si ottiene una serie di “stati” equipotenziali e con la medesima degenerazione ma ad energia differente, per i quali è possibile applicare la distribuzione di Boltzmann. Se ni0 è il numero di cariche per unità di volume nella soluzione lontana, allora la concentrazione di carica in ogni lamina dello strato diffuso sarà: −z ⋅ e ⋅ φ ni = nio ⋅ exp i k ⋅T dove φ è il potenziale misurato rispetto alla soluzione lontana, zi il numero di cariche posseduto dallo ione in valore assoluto, e la carica dell’e- (1.602177×10-19C), k la costante di Boltzmann (1.380658×10-23JK-1molec-1) e T la temperatura del sistema in K. Se si introduce l’equazione di Poisson della densità volumica di carica in una sola dimensione, ρ(x) e si tien conto dell’equazione precedente, si ottiene: −z ⋅ e ⋅ φ ∂2φ ρ( x ) = − ε 0 ε r ⋅ 2 = ∑ ( ni0 ⋅ zi ⋅ e ⋅ exp i ) ∂x k ⋅T i con un pò di calcoli e tenendo conto che nella soluzione lontana è φ=0 e ∂φ/∂x=0 si ottiene: 8k ⋅ T ⋅ n 0 ∂φ z⋅e⋅φ =− ⋅ sinh ∂x ε0 ⋅ εr 2k ⋅ T Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 19 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) sotto l’ipotesi che l’elettrolita considerato sia z:z valente. Dall’integrazione di questa ultima equazione, sotto la condizione che per x=0 è φ=φ0, si ottiene l’equazione del profilo del potenziale del doppio strato diffuso: z⋅e⋅φ 4k ⋅ T = e − χ⋅ x z ⋅ e ⋅ φ0 tanh 4k ⋅ T tanh χ= 2n0 ⋅ z 2 ⋅ e2 = ( 3. 29 × 10 9 ) ⋅ z ⋅ C * ε0 ⋅ εr ⋅ k ⋅ T Il profilo che si ottiene è rappresentato nella figura 16: fig.16 (Immagine tratta da “ELECTROCHEMICAL METHODS”Allen J. Bard, Larry R. Faulkner; John Wiley & Sons Editore) Nell’immagine è possibile osservare che lungo lo spessore dello strato compatto il profilo di potenziale è lineare mentre nello strato diffuso esso è di tipo esponenziale. Il potenziale φ0 che compare nell’equazione è proprio ζ; χ, espressa in m-1, è detta costante di decadimento del potenziale in funzione della distanza ed il suo valore reciproco rappresenta una distanza caratteristica del doppio strato. 1/χ non è esattamente il valore dello spessore del doppio strato ma viene usualmente utilizzato come parametro di riferimento infatti, gran parte delle considerazioni successive sono valide nell’ipotesi che il diametro del capillare sia grande se comparato a 1/χ. La concentrazione C* non è altro che la concentrazione effettiva del sale z:z valente entro la soluzione. Come è ben visibile la dimensione caratteristica del doppio strato varia in funzione della concentrazione salina. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 20 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) La tabella 7 riporta alcuni valori della lunghezza caratteristica in Å per diverse concentrazioni di un elettrolita 1:1 valente (come NaCl) a 25°C: C*(M) 1 -1 10 -2 10 -3 10 -4 10 1/χ χ (Å) Å) 3.0 9.6 30.4 96.2 304 tab.7 (Dati tratti da “ELECTROCHEMICAL METHODS”Allen J. Bard, Larry R. Faulkner; John Wiley & Sons Editore) E’ evidente il fatto che tanto più bassa è la concentrazione, tanto maggiore è la lunghezza caratteristica. Dall’equazione della distribuzione di Boltzmann, opportunamente modificata tenendo conto che k=R/NA (NA=6.023×1023 numero di Avogadro ed R=8.314JK-1mol-1 costante dei gas perfetti) ed F=eNA (costante di Faraday) si ottiene: ζ = ζ0 ± R⋅T ln C * z⋅F la quale rappresenta l’andamento del potenziale elettrocinetico in funzione della concentrazione di un elettrolita z:z valente entro l’intervallo di validità della stessa; si tenga presente che qui ζ=φ0 mentre ζ0 è il valore del potenziale elettrocinetico estrapolato a concentrazione nulla. Questo valore è comunque solo teorico poichè l’acqua per autoidrolisi dà sempre origine a ioni ed il fenomeno del doppio strato si origina lo stesso anche se a spese di un aumento dell’acidità della soluzione. Un aspetto che è importante sottolineare è che il sistema di riferimento per misurare i potenziali è puramente arbitrario e che pertanto quello scelto per comodità di calcolo predice un valore negativo per ζ ed uno strato diffuso positivo fino al valore nullo della soluzione lontana. Per questo motivo lo strato diffuso viene attratto verso il catodo. La situazione che si ha all’interno di un capillare quando agli estremi di esso è applicata una differenza di potenziale lungo l’asse longitudinale è illustrata nella figura 17: fig.17 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 21 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Nel momento in cui viene applicata una differenza di potenziale, si raggiunge una situazione di stato stazionario quando la forza del campo elettrico sulle cariche elettriche positive è contobilanciato dalla forza dell’attrito viscoso esercitata sulle stesse dalla soluzione; se ρ è la densità volumica di carica v la velocità di efflusso ed η la viscosità dinamica (Pa⋅s) si ha: ∂2v E ⋅ρ = η⋅ 2 ∂x dove E e v sono grandezze vettoriali ma per la geometria del problema si possono omettere i relativi formalismi; x è lungo il raggio del capillare. Introducendo nuovamente l’equazione di Poisson in termini del potenziale ζ lungo il raggio del capillare si ottiene: ∂ 2 v ε ⋅ E ∂ 2ζ = ⋅ ∂x 2 η ∂x 2 che opportunamente integrata sotto le condizioni che a grande distanza dalla superficie del capillare sia ζ che il suo gradiente siano nulli e che pure il gradiente di velocità sia nullo dà origine all’equazione di Helmoltz-Smoluchowski: − v= ε ⋅ E ⋅ζ η v= ε ⋅U ⋅ζ η⋅l la quale afferma che la velocità di efflusso della soluzione lontana è direttamente proporzionale alla intensità del campo elettrico applicata e al potenziale elettrocinetico. La velocità di efflusso è rapidamente correlabile alla differenza di potenziale U applicata all’esterno tenendo conto del fatto che è E = V/l, dove l è la lunghezza del capillare in metri, e alla portata di liquido se si considera che D=S⋅v, dove S è la sezione del capillare. De = ε ⋅ ζ ⋅ r2 ⋅ U l De è chiamata permeabilità elettrosmotica ed ha le dimensioni di una portata volumica (m3/s se tutte le altre grandezze sono espresse in unità SI). E’ importante sottolineare che le considerazioni fin qui fatte sono valide ed egregiamente in accordo con la realtà sperimentale, solo se il raggio del capillare è grande rispetto a 1/χ e se per ε ed η si accettano dei valori corretti per il fatto che la permittività dielettrica e la viscosità dinamica della soluzione entro il doppio strato non sono esattamente coincidenti con quelli della soluzione. Nella realtà sperimentale, infatti, viene introdotto un coefficiente per tenere conto di quanto detto prima, anche se esso non modifica eccessivamente i valori desunti dall’equazione. Se si introducono la conduttanza specifica della soluzione k’ e la seconda legge di Ohm si ottiene che: k' ⋅ S U= I l da cui: De = ε ⋅ζ⋅ I η ⋅ k' che rappresenta la legge enunciata all’inizio, ovvero il flusso di liquido all’interno del capillare è direttamente proporzionale alla corrente che circola nel sistema ed indipendente dalla sezione e dalla lunghezza di questo. L’efficienza maggiore del sistema la si ottiene altresì quando è grande la permittività dielettrica del liquido. A questo proposito si tenga conto che è ε=ε0∆εr dove ∆εr rappresenta la differenza tra la costante dielettrica relativa della soluzione e quella del materiale del capillare; da ciò si comprende anche quanto detto all’inizio dell’influenza di ε sull’efficienza del sistema e che nel caso di materiali silicei e soluzioni acquose questa relazione influisce in modo marginale. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 22 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Quell’equazione affema anche che, considerato un intervallo di tempo, la quantità di acqua spostata è proporzionale alla quantità di carica circolata. Poichè si parla di circolazione di cariche, è interessante osservare che gli anioni adsorbiti sulla superficie del capillare e, soprattutto, quelli ancora solvatati in prossimità della stessa, migrano in controdiffusione verso l’anodo e ciò perchè in caso contrario sarebbe enorme l’accumulo di cariche; tale flusso è chiamato corrente di convezione. Il circuito elettrico si chiude agli elettrodi esterni mediante processi elettrolitici. Quanto appena detto giustifica sia il fatto che l’anodo deve essere sempre protetto dalla corrosione, sia il fatto che i sali possiedono direzioni di migrazione differenti. Questo ultimo fenomeno è dovuto sia ai differenti numeri di trasporto dei vari ioni presenti in una soluzione reale sia all’effetto “colonna” esercitato dalla parete del capillare o del poro sugli anioni ma anche sui cationi. E’ inoltre possibile correlare la differenza di potenziale applicata U con la pressione esercitata dal processo; per fare ciò si fa ricorso alla legge di Posuille enunciata a pagina 8 ottenendo: ∆P = 8ε ⋅ ζ ⋅ U 8ε ⋅ ζ ⋅ l ⋅ I = r2 π ⋅ r 4 ⋅ k' Questa equazione, tuttavia, esprime un valore di pressione dinamica, ovvero il valore della caduta di carico che il sistema riesce a sostenere durante lo scorrimento del flusso di ioni entro il capillare, in funzione della differenza di potenziale applicata U. Il fenomeno del flusso elettrosmotico, infatti, è dovuto al trascinamento dell’acqua per effetto dell’attrito viscoso da parte degli ioni in eccesso in migrazione, quindi anche se in realtà la pressione esercitata può essere valutata come misura statica di una colonna di liquido all’interno del capillare, è l’attrito viscoso del flusso ionico a sostenere la colonna quando viene raggiunta la condizione stazionaria; quella, dunque, è una pressione di trascinamento ed il calcolo è fatto ponendosi la domanda di quale differenza di pressione è necessario applicare agli estremi di un capillare per ottenere un flusso di fluido pari a quello che si ha per elettrosmosi. - Il passo successivo consiste nello stabilire, almeno relativamente al modello del capillare, quale potenziale è necessario applicare al fine di ottenere l’equilibrio con una pressione di risalita capillare. Ciò è ottenibile eguagliando l’ultima espressione ottenuta con l’equazione di Washburn e risolvendo rispetto ad U, ottenendo: Ueq = r ⋅ γ ⋅ cos θ 4ε ⋅ ζ Inserendo nell’equazione i valori delle costanti γ = 78E-3 N/m; ε = 80×8.854E-12 F/m; cosθ =1 e ζ = 0.1 V si può diagrammare l’andamento di Ueq in funzione del raggio del capillare in un diagramma bilogaritmico come quello mostrato in figura 18. 1000 Ueq (V) 100 fig.18 10 1E-7 1E-6 r (m) Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 1E-5 23 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Dalla lettura del grafico è evidente l’influenza del diametro dei pori sul valore della tensione di equilibrio: per un poro capillare avente raggio di circa 10-8m Ueq ≈ 2.75V, per r = 0.1µm Ueq ≈ 27.5V mentre per un raggio di 1µm la tensione di equilibrio raggiunge il valore di ben 275V. In generale, fortunatamente, non ci si trova mai di fronte a materiali con porosità diffuse così ampie, e se tali pori capillari pure esistono, essi rappresentano solo una esigua minoranza. Un materiale comune come un mattone contiene essenzialmente porosità di raggio dell’ordine di grandezza compresa tra 10-8m e 10-7m da cui differenze di potenziale dell’ordine di 10V. Se si prende in considerazione l’equazione che coinvolge la corrente circolante nel sistema, si può determinare, con procedura analoga, il valore della corrente di equilibrio Ieq, ottenendo: Ieq π ⋅ r 3 ⋅ k ' ⋅ γ ⋅ cos θ = 4ε ⋅ ζ ⋅ l Andando a sostituire i valori per le costanti, assumendo sempre cosθ =1, l =1m, k’= 0.1 Ω-1m-1 e considerando il precedente capillare di r = 0.1µm si ottiene Ieq ≈ 8.65×10-14A. Un simile valore sembra enormemente piccolo, ma nei materiali reali è necessario tenere presente che vi è un numero enorme di porosità capillari collocate in parallelo tra loro, e ciascuna di esse contribuisce alla circolazione globale della corrente. Di quanto detto è possibile fare un semplice esempio considerando una serie di capillari lunghi 1m e di raggio pari a 0.1µm, collocati longitudialmente in un campione di “ragionevole” porosità efficace pari al 5% v/v. Per semplificare la geometria del problema si considerano i capillari come aventi sezione perfettamente circolare. Se il campione è un cubo di volume 1m3 per la geometria dei capillari potremo dire che le loro basi occupano 0.05m2 di superficie di base disponibile e, dunque, vi saranno 1.59×1012 capillari, ovvero un numero altrettanto enorme, tanto che la corrente globale circolante nel sistema viene ad essere di circa 0.138 A ! Il valore appena ottenuto è pittosto grande perchè il modello è eccessivamente grezzo, tuttavia, affinandolo tenedo conto di una porosità efficace “un pò meno efficace” oltre che della tortuosità del sistema e del fatto che non tutta la volumetria capillare è distribuita verticalmente, ci si avvicina alla realtà sperimentale ed operativa sul cantiere: per un fronte di risalita dell’umidità di 1m e per un 1m2 di sezione di muro considerata, la corrente circolante massima rilevabile nella realtà non supera di molto alcune decine di mA per metro quadro di sezione. Si tenga presente che il valore di corrente testè calcolato, è relativo ad un potenziale di circa 27V; per avvicinarci alla realtà si deve tener presente che esiste un mix di capillari con diametri diversi, in questo senso, un modello assai più realistico potrebbe essere costituito da una “miscela” di un 10% di superficie occupata da capillari con raggio di 0.1µm ed il 90% occupata con capillari di raggio 0.01µm. Si immagini altresì di applicare una normale tensione da cantiere pari a 12.7V. In tal caso avremo che per i capillari più grandi la capillarità viene solo rallentata mentre per quelli più piccoli ci si trova in condizioni di decisa inversione della direzione di avanzamento del fronte. Come detto a pagina 20, la velocità di efflusso è inversamente proporzionale alla lunghezza del capillare e per questo motivo il tempo di svuotamento dipende da l; per integrazione si ottiene: η ⋅ l2 ts = ε ⋅ζ ⋅U Considerando sempre l=1m e tenendo conto che 2.7V sono spesi per contrastare la pressione di capillarità, si hanno 10V disponibili. Il valore che si può calcolare è di 7.06×105s ovvero circa 8 giorni per eliminare il 90% dell’acqua rimuovibile presente! Nella realtà vi è il problema della tortuosità che può anche triplicare i percorsi medi, rendendo questo tempo più vicino ai 4-5 mesi. La corrente circolante, in un simile esperimento, sarebbe più o meno dello stesso ordine di grandezza mentre la potenza spesa sarebbe dell’ordine di una decina di Watt. Una considerazione importante da fare è a proposito del fatto che nel momento in cui il fronte dell’acqua discende entro il capillare si perde la continuità elettrica del circuito motore. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 24 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Questo accade solo nel modello ideale proposto in quanto considerato “monodirezionale”, nella realtà la struttura presenta dei raccordi laterali ovvero è assai simile a quello che accade in una spugna e i capillari più grandi, ovvero quelli il cui fronte non si muove, stabiliscono delle sorte di “dorsali” conduttive a favore degli altri che, dunque, sono nella condizione di essere alimentati in più punti lungo il percorso. Il modello tipo network structure, anche se più complesso da trattare, e’ sicuramente il più realistico e interessante. Un altro fenomeno ancora da trattare è quello del potenziale di flusso. Allorchè un flusso di soluzione è forzato all’interno del capillare, agli estremi di esso si ottiene una differenza di potenziale misurabile. Quanto accade può essere spiegato considerando il fatto che il flusso indotto trascina la parte più interna della soluzione mantenedo a velocità praticamente nulla lo strato che è più aderente alla superficie. In questo modo, a causa del fatto che vi è una concentrazione separata di cariche, si genera una corrente di convezione I’ che a sua volta origina una differenza di potenziale agli estremi del capillare. A causa della conducibilità della soluzione, tuttavia, si ottiene una controcorrente di conduzione I che si oppone alla precedente; al raggiungimento dello stato stazionario è I’ = I. Sfruttando l’equazione di Poisson ed integrando in modo analogo a quanto già fatto, all’equilibrio avremo: k ' ⋅ πr 2 ⋅ U ε ⋅ ζ ⋅ πr 2 =− ∆P l η⋅l da cui: Uf = ε ⋅ζ ∆P ' η⋅ k dove è interessante osservare che essa è caratteristica del sistema e non dipende dalla sua geometria, ovvero nè dalla sezione del capillare e/o setto poroso, nè dalla lunghezza di questo; il segno meno è stato eliminato ma il gradiente di Uf è orientato in verso opposto alla direzione della forza applicata. Ci si può chiedere quale potenziale di flusso Uf è generato dalla pressione capillare, in tal caso si ottiene: ε ⋅ ζ 2 γ ⋅ cos θ ⋅ Uf = η ⋅ k' r Per il solito capillare di raggio 0.1µm è Uf = 1100mV. In generale tale potenziale è inversamente proporzionale al raggio del capillare ma è assai significativo il fatto che si sia ottenuto un valore così vicino alla realtà sperimentale applicando un modello tanto semplificato. Nella realtà i valori misurabili possono anche raggiungere i 1000mV ma è difficile che superino tale soglia. Se equipariamo il capillare (r =0.1µm; l =1m) ad un generatore elettrico ne possiamo stimare la potenza nominale come il prodotto della sua corrente di cortocircuito per la tensione di carico nullo. La differenza di potenziale in assenza di carico elettrico è proprio Uf mentre la corrente di cortocircuito può essere sovrastimata nella sola corrente di trascinamento ovvero di convezione I’, ottenendo un’espressione non rigorosa di stima per eccesso come la seguente: π ⋅ r 2 ⋅ (ε ⋅ ζ)2 ( ∆P )2 η2 ⋅ k ' ⋅ l considerando come forza motrice la capillarità si ha che cortocirquitando gli estremi del capillare la potenza spesa dalla forza capillare ovvero dal sistema acqua-aria-solido a spese della propria energia interna è pari a circa 3.8×10-15W. L’espressione sopra mostrata, anche se non è stata ricavata in modo rigoroso attraverso delle considerazioni di tipo termodinamico ma compiendo una semplice sovrastima, è comunque molto interessante perchè dimostra che la potenza che il sistema dissipa in caso di cortocircuitazione del capillare è di circa 626 volte più piccola di quella che è necessario spendere attraverso un generatore esterno per contrastare il fenomeno, pari al prodotto UeqIeq. Wnom = Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 25 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Da queste semplici considerazioni si ricava, in generale, che, in generale, il metodo dell’elettrosmosi passiva non è scientificamente incosistente ma semplicemente inefficace poichè quasi 3 ordini di grandezza di differenza tra W nom e UeqIeq sono praticamente incolmabili, anche nelle migliori condizioni possibili di geometria della porosità efficace dato che tanto più grande è la conducibilità della soluzione tanto più bassa è W nom e tanto più grande è Ieq. Nelle situazioni reali la differenza può arrivare anche a oltre le 105 volte. In tutte le equazioni riportate entra a far parte la quantità εζ, che in molti testi è denominata momento elettrosmotico. Questa è anche la vera grandezza che può essere determinata in misure sperimentali su sistemi reali sia attraverso misure di permeabilità elettrosmotica che di potenziale di flusso. Questo accade perchè, rigorosamente parlando, non è possibile separare ζ da ε0εr in quanto in prossimità dell’interfaccia solido-soluzione, ovvero entro il doppio strato, εr non ha il medesimo valore che ha nella soluzione lontana. Nel corso di tutta la trattazione sin qui fatta ci si è riferiti al modello del capillare e si è fornito solo qualche accenno ai modelli dei materiali porosi reali poiché solo per i primi esistono equazioni rigorose. Sempre a proposito delle equazioni presentate sino ad ora, è necessario sottolineare che in alcuni testi viene utilizzato il sistema di misura elettrostatico e non l’SI da cui la comparsa di un fattore 4π che qui non si trova. L’ INFLUENZA DEI SALI Un capitolo a parte rappresentato dal problema dei sali, qui trattato per ultimo anche se, in generale, la sua risoluzione rappresenta una delle prime preoccupazioni nel cantiere. Come già visto nel corso della trattazione la concentrazione di elettroliti nell’acqua capillare influenza praticamente tutti i parametri fondamentali del problema ovvero γ, ζ e k’. Per quanto riguarda l’influenza su ζ si è già accennato alla relazione ricavata applicando alle sezioni del doppio strato la distribuzione di Boltzmann per i potenziali: ζ = ζ0 ± R⋅T ln C * z⋅F Dalla teoria si può osservare che, partendo da misure di permeabilità elettrosmotica e di potenziali di flusso si può valutare con eguale precisione il momento elettrosmotico del sistema, conoscendo η e k’: De U f ε ⋅ζ = = ∆P η ⋅ k ' I alcuni risultati ottenuti per ζ in funzione della concentrazione variabile di alcuni sali, per un sistema capillare tipo pyrex-soluzione acquosa, sono mostrati nella figura 19: fig.19 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 26 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Dall’osservazione del diagramma appare subito evidente che i valori maggiori si ottengono con la soluzione di idrossido di potassio, e ciò è spiegabile con il fatto che i fenomeni di adsorbimento superficiale che intervengono nel corso della formazione del doppio strato sono maggiormente efficienti nei confronti degli anioni ossidrile. Il secondo aspetto che si evidenzia è che l’andamento previsto teoricamente, almeno in questo ristretto intervallo di concentrazioni, è rispettato e che il più logico significato di ζ0 è quello di potenziale elettrocinetico estrapolato a concentrazione ionica nulla. Il terzo aspetto da considerare, infine, è il fatto che il potenziale elettrocinetico è assai sensibile alla valenza del catione; a questo proposito si osservi, che il valore di z nell’equazione è valido solo per elettroliti z:z valenti, mentre Ba(NO3)2, per esempio, è 2:1 valente. L’effetto generale che si osserva e che viene considerato attraverso l’introduzione di opportuni coefficienti correttivi, è quello di una diminuzione generalizzata e più rapida di ζ al crescere della carica cationica. L’equazione teorica mostrata prevede sia il raggiungimento di una concentrazione critica di annullamento di ζ che addirittura un’inversione dello stesso; nel caso dell’elettroforesi la condizione critica di annullamento del potenziale elettrocinetico corrisponde al fenomeno della coagulazione dei colloidi tramite aggiunte di sali. Se, invece, si considera l’elettrosmosi, sia l’annullamento critico che l’inversione di ζ sono normalmente osservabili; l’unica differenza nel comportamento è relativa all’andamento, il quale si discosta sensibilmente da quello previsto teoricamente nel momento in cui si amplia l’intervallo di concentrazioni considerato. Quanto appena detto è mostrato nella figura 20: fig.20 Le situazioni reali, fortunatamente, sono assai meno critiche di quelle rappresentate nel grafico. Il primo motivo risiede nel fatto che i maggiori colpevoli dell’inversioni di campo, ovvero i sali di cationi polivalenti, sono i meno rappresentati ovvero: nel caso di Th4+ (radioattivo), Ba2+ e La3+, si tratta solo di metalli pesanti usati in laboratorio, gli alcalino terrosi Ca2+ e Mg2+, responsabili della cosiddetta durezza dell’acqua, sono piuttosto assai fortemente insolubili come carbonati e nell’ambiente litoide, generalmente piuttosto alcalino o neutro, la CO2 che si può disciogliere nella soluzione dall’ambiente circostante ne rende bassa la concentrazione. I cationi “liberi” maggiormente diffusi, quindi, sono quelli alcalini Na+ e K+, entrambi monovalenti. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 27 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Per quanto riguarda le tipologie di anioni i più diffusi sono indubbiamente cloruri, nitrati e solfati. In generale l’importante è che il potenziale elettrocinetico non si annulli, perchè nel caso in cui esso si inverte di segno, è sufficiente applicare dall’esterno un potenziale di contrasto in senso contrario. Da un punto di vista meccanicistico l’influenza dei cationi su ζ è spiegabile con il fatto che se nella soluzione sono presenti ioni positivi di tipo diverso da quelli supportati dalla superficie silicatica, allora esiste una probabilità che questi ultimi vengano sostituiti. Se un catione presente sulla superficie solida viene sostituito da un secondo catione avente carica maggiore, allora la carica superficiale diventa maggiormente positiva, anche se da un punto di vista termodinamico il sistema risulta egualmente stabile, e l’elettroneutralità deve coinvolgere anioni presenti in soluzione. Questo fatto, tuttavia, altera la struttura del doppio strato, rendendola meno netta e con un gradiente di potenziale tra la fase solida e la soluzione lontana assai meno elevato. Da un altro punto di vista vi è da sottolineare il fatto che, come illustrato in tab.7, una maggiore concentrazione salina determina una contrazione del doppio strato e ciò non costituisce un fatto del tutto negativo poichè dato che la validità delle equazioni presentate dipende dalla condizione r << χ-1allora ci si trova comunque nelle condizioni di “ingegnerizzare” l’intervento anche in condizione di porosità capillare assai fine senza l’introduzione di un numero eccessivo di coefficienti correttivi empirici di difficile stima. A livello orientativo, nella tabella 8 sono riportati i valori di concentrazione e conducibilità per alcune soluzioni di sali comunemente presenti nelle soluzioni interne delle porosità: NaCl % (p/p) M (mol/l) 0.10 0.017 0.20 0.034 0.30 0.051 0.40 0.069 0.50 0.086 0.60 0.103 0.70 0.120 0.80 0.137 0.90 0.155 1.00 0.172 1.50 0.259 2.00 0.356 2.50 0.435 3.00 0.523 3.50 0.613 4.00 0.703 4.50 0.794 5.00 0.885 5.60 0.995 6.00 1.069 6.60 1.181 7.00 1.256 7.60 1.369 8.00 1.445 8.60 1.560 9.00 1.637 9.60 1.754 10.0 1.832 10.5 1.930 11.0 2.029 11.5 2.129 12.0 2.229 12.5 2.330 Dr. Pierpaolo Fallini η/η η0 1.002 1.004 1.006 1.007 1.009 1.011 1.013 1.015 1.016 1.018 1.019 1.034 1.042 1.050 1.058 1.066 1.045 1.083 1.056 1.102 1.113 1.122 1.134 1.143 1.156 1.166 1.181 1.191 1.204 1.218 1.233 1.248 1.264 -1 -1 k’ (Ω Ω m ) 0.17 0.33 0.50 0.66 0.82 0.98 1.14 1.29 1.44 1.60 2.32 3.02 3.71 4.40 5.07 5.73 6.38 7.01 7.75 8.24 8.94 9.41 10.1 10.5 11.2 11.6 12.2 12.6 13.1 13.6 14.0 14.5 14.9 Edizione 2005 % (p/p) 13.0 13.5 14.0 14.5 15.0 16.0 17.0 18.0 19.0 20.0 % (p/p) 0.50 1.00 2.00 3.00 4.00 5.00 6.00 7.00 8.00 9.00 10.0 % (p/p) 0.50 1.00 1.50 2.00 2.50 3.00 3.50 4.00 NaCl M (mol/l) η/η η0 2.432 1.280 2.534 1.297 2.637 1.314 2.741 1.331 2.845 1.349 3.056 1.385 3.270 1.421 3.486 1.460 3.706 1.504 3.928 1.554 NaNO3 M (mol/l) η/η η0 0.059 1.002 0.118 1.005 0.238 1.010 0.359 1.016 0.482 1.023 0.607 1.030 0.733 1.035 0.861 1.047 0.991 1.057 1.123 1.067 1.256 1.079 Na2SO4 ⋅ 10H2O M (mol/l) η/η η0 0.035 1.011 0.071 1.024 0.107 1.039 0.143 1.056 0.180 1.072 0.216 1.089 0.254 1.106 0.291 1.124 -1 -1 -1 -1 -1 -1 k’ (Ω Ω m ) 15.4 15.8 16.3 16.7 17.1 17.9 18.6 19.3 19.9 20.4 k’ (Ω Ω m ) 0.54 1.06 2.04 2.95 3.80 4.62 5.42 6.17 6.89 7.58 8.26 k’ (Ω Ω m ) 0.59 1.12 1.57 1.98 2.39 2.79 3.18 3.55 28 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) % (p/p) 4.50 5.00 5.50 6.00 6.50 7.00 7.50 8.00 8.50 9.00 9.50 10.0 Na2SO4 ⋅ 10H2O M (mol/l) η/η η0 0.329 1.142 0.367 1.161 0.406 1.180 0.445 1.200 0.484 1.221 0.523 1.242 0.563 1.264 0.603 1.286 0.644 1.310 0.685 1.334 0.726 1.360 0.768 1.387 -1 -1 k’ (Ω Ω m ) 3.92 4.27 4.61 4.94 5.25 5.55 5.83 6.11 6.37 6.63 6.88 7.11 Dove η, riferita all’acqua è pari a 0.1002 Pa s tab.8 (Dati tratti da “Handbook of Chemistry and Physics” 55th edition 1974-1975”; CRC Press) Per uniformità con gli esempi riportati in molti testi si è utilizzato per i calcoli un valore di ζ = 0.1V, equivalente ad un sistema che possieda una concentrazione salina interna dell’ordine di 10-2M. Nella realtà queste concentrazioni possono essere assai più grandi: prendiamo come riferimento un materiale generico piuttosto comune e bagnato sino a saturazione in modo da contenere circa il 2% in peso di acqua. Si supponga che il campione sia stato prelevato e polverizzato in modo da non far diminuire il suo contenuto di acqua e altresì, per brevità di calcolo, che tutta l’acqua sia libera e che tutto il contenuto salino sia disciolto nell’acqua. A questo punto è ragionevole che un referto di analisi affermi che il contenuto di cloruri è dello 0.1%p/p espresso come Cl- equivalente. E’ evidente che la concentrazione di Cl- nella soluzione è del 5% p/p e, se si considera il sale reale, essa dovrà essere moltiplicata per il rapporto fra il peso molecolare di NaCl e quello di Cl, ottenendo una concentrazione in cloruro di sodio di circa 8.2% da cui, consultando la tabella, si può risalire alla stima dei parametri fondamentali. Questo esempio, nella sua enorme semplificazione, mostra come nella realtà vi possano essere delle concentrazioni assai elevate di elettroliti da cui la procedura, spesso applicata, del “lavaggio elettrosmotico correttivo” che consiste nell’immettere acqua nel sistema, anzichè toglierla per creare un fronte assai più diluito che sospinge quello ammalorato, il fronte nuovo, successivamente, viene sospinto anch’esso verso il basso come una normale risalita capillare. Questa procedura è possibile in quanto ζ, con cationi monovalenti, non si annulla totalmente per concentrazioni dell’ordine di 1M ma residua una possibilità di sfruttare il fenomeno elettrosmotico anche se con potenziali applicati decisamente più elevati. In generale, quando ci si avvicina ad un novo sistema i vari parametri salienti vengono prima misurati, poi ricalcolati per osservarne gli scostamenti prima di poter fare delle previsioni sull’andamento successivo all’applicazione degli elettrodi. Un esempio di andamento della corrente di scarica in funzione del tempo è offerto dal campionamento effettuato presso il cantiere della Biblioteca di Salsomaggiore Terme (PR). La figura 21 mostra come la corrente dell’impianto diminuisca nel tempo con un andamento che è approssimativamente esponenziale decrescente ma che risente di ogni perturbazione dovuta all’aumento della pressione capillare. Nei sistemi reali, la disponibilità di acqua per la risalita capillare non è nè costante nè, tantomeno, uniforme; nel caso illustrato una gettata di cemento ed il cedimento di un collettore pluviale hanno determinato un’improvvisa grande disponibilità di acqua nel sistema che, in tal modo, ha incrementato sia la spinta capillare che la conducibilità. L’impianto, dunque, è intrinsecamente in grado di autoregolare la propria capacità di contrasto all’ascesa dell’acqua capillare. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 29 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) Andamento della corrente nel tempo in un sistema reale. 1100 1000 900 mA 800 700 600 500 400 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 giorni Fig.21 Nel caso di un lavaggio correttivo, invece, l’andamento delle conducibilità è mostrato nella figura 22. 1.15 conducibilità relativa 1.10 1.05 1.00 0.95 0.90 0.85 0.80 0.75 0.70 1 2 3 4 5 6 rilevamento Fig.22 Nel caso della figura 22 ci si riferisce ad una stalla in ristrutturazione che presentava un contenuto estremamente alto di nitrati derivanti dalla decomposizione, nel tempo, delle deiezioni animali. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 30 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) I valori rappresentati sono stati ricavati misurando, in 9 siti differenti, la conducibilità della muratura in direzione parallela a quella del suolo. La misurazione avviene per semplice lettura della corrente circolante all’interno della porzione litoide considerata, applicando una differenza di potenziale alternata di 12.8VAC, 50Hz, a due chiodi di rame dorato infissi nella malta tra mattone e mattone, per una profondità di 10mm. Anche se la metodica di misurazione è un pò originale, è evidente che la miglior capacità di condurre corrente è posseduta da un setto poroso impregnato di soluzione ricca di elettroliti e, pertanto, una lettura che mostri un andamento in calando fornisce un’indicazione ragionevole della diminuzione di ioni disponibili all’interno del sistema litoide. I valori di figura 22, in particolare, si riferiscono ad una serie di campionamenti effettuati ad intervalli regolari di 4 giorni, dimostrando così che le velocità di propagazione dei fronti elettrosmotici sono all’incirca dell’ordine di grandezza previsto dalla teoria e che dipendono dal valore del momento elettrosmotico, dunque da ζ. E’ evidente come i diversi siti abbiano mostrato differenti livelli di efficienza del lavaggio: quelli in cui la situazione salina era peggiore sono stati anche gli ultimi ad essere risanati. In generale, purtroppo, il muro in cui il lavaggio risulta essere più efficiente è anche quello che ha meno bisogno di essere corretto, tuttavia, è solo questione di un pò di pazienza in più, infatti, i siti che nei primi 24 giorni non hanno quasi mostrato miglioramenti nei successivi 30 hanno diminuito la propria conducibilità di un 10%, mentre quelli che hanno reagito immediatamente si sono poi stabilizzati. Come ultima indicazione si avverte che il potenziale di flusso Uf è normalmente misurabile anche con un semplice tester. Ciò che si legge con tale strumento è il potenziale del materiale litoide, più che quello posseduto dalla soluzione interna, pertanto esso risulta essere negativo, secondo la convenzione che il puntale positivo va collocato sempre sopra il fronte di risalita, mentre quello negativo verso terra. La misura effettuata, inoltre, soffre di instabilità per il fatto che a causa delle esigue superfici di contatto la polarizzazione dei puntali determina una sensibile deriva del valore. Per evitare questo effetto indesiderato è necessario adottare strumenti ad elevata impedenza di ingresso, ovvero 1011↔1012Ohm contro un valore di 106↔107Ohm di uno strumento comunemente reperibile in commercio. La differenza che intercorre fra il comune tester e lo strumento per uso elettrochimico è una sorta di “interfaccia di impedenza”ovvero un circuito basato su operazionali, chiamato amplificatore strumentale che, nel caso specifico, va impostato con Guadagno unitario, e che è schematizzato in figura 23. Il tester va collegato tra V0 e REF mentre i puntali tra +Vin e –Vin. + Vin+ OA1 - REF + Rg O A3 + Vin- OA2 - Fig.23 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 V0 31 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) LA TECNOLOGIA DEL SISTEMA GLI ELETTRODI Se si escludono, per evidenti motivi di costo, Oro, Platino, Rutenio, Rodio o Iridio, gli altri metalli non danno alcuna garanzia di durabilità a causa della loro tendenza ad essere ossidati nell’ambiente chimico in cui si trovano e dei potenziali a cui vengono sottoposti. Per i motivi sopra esposti è necessario trovare delle soluzioni differenti ovvero, nel nostro caso, dei materiali polimerici opportunamente “caricati” i quali abbiano delle rese in scarica accettabili. La capacità di scarica di un metallo è sempre assai più grande di un qualunque elettrodo polimerico reperibile, ma si può trovare un congruo compromesso tenendo conto che la superficie di scarica in gioco in un comune impianto, se raffrontata alle correnti necessarie, non richiede al materiale delle densità di corrente superficiale così grandi da richiedere obbligatoriamente un metallo. Se consideriamo un circuito-impianto di 100m di sviluppo lineare, si richiede, nella media dei casi, una corrente globale iniziale di 2A ovvero, a sezione costante, di 20mA/m. Se lo standard di accettabilità nella caduta di tensione è di 1V, allora si richiede che il conduttore di scarica non possieda una resistenza per unità di lunghezza superiore a 50 Ωm. Generalmente questa è una specifica piuttosto rigida ma la si può anche superare. Il segreto di tutto sta nella scelta della matrice polimerica in rapporto al tipo di “carica” con cui viene “drogata”. La figura 24 mostra le caratteristiche di scarica del nostro elettrodo in raffronto ad un elettrodo di comune reperibilità in commercio, basato su una matrice di LDPE (low density poli-ethylene): 1000 800 mA 600 400 200 0 0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000 mV fig.24 E’ evidente come la scelta più opportuna della matrice possa influire sulle capacità di scarica dell’elettrodo. Le prove di scarica vengono compiute utilizzando due placche di alluminio nelle quali sono stati scavati due incavi entro i quali racchiudere una porzione di elettrodo pari a 100mm. Le due placche vengono successivamente serrate a carico noto e la corrente che si misura è quella che circola fra il cavo metallico interno e le placche. La figura 24 mostra anche che la quantità di corrente circolante nel nostro cavo è così grande che la dissipazione di calore per effetto joule fa aumentare la resistenza del sistema, in controtendenza rispetto al comportamento dello stesso. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 32 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) In generale i cavi elettrodo non possiedono un comportamento lineare; la loro resistenza è una funzione della tensione, R=R(V). La figura 24 mette in risalto il fatto che nell’intervallo 0↔4 V la corrente segue una legge quadratica con buona approssimazione . Evidentemente, l’intervallo di tensione che interessa è quello tra 0V e 5V perchè non è possibile tollerare cadute di tensione superiore, pena l’applicazione di potenziali troppo elevati per il sistema. La figura 25 illustra, nel dettaglio, il comportamento resistivo del nostro elettrodo in 05V: Resistenza per unità di lunghezza di RM 5.0 4.5 4.0 Ohm x m 3.5 3.0 2.5 2.0 1.5 1.0 0.5 0.0 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500 5000 5500 mV fig.25 Si può osservare come la tendenza iniziale sia quella di una diminuzione della resistenza in funzione della tensione applicata, caratteristica, questa, assai pregevole nell’intervallo di cadute ammesse di non più 1V. Nella figura 26 è mostrato il comportamento di un comune elettrodo basato sulla matrice di polietilene a bassa densità: Resistenza per unità di lunghezza per l'elettrodo LDPE 700 600 Ohm x m 500 400 300 200 100 0 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 mV fig.26 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 3500 4000 4500 5000 5500 33 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) L’andamento iniziale è sempre decrescente ma vi sono due ordini di grandezza di differenza! In particolare, se si richiede che la caduta non superi 1V allora la differenza è di circa 1.5Ωm contro circa 300Ωm ovvero 200 volte tanto. Chi utilizza elettrodi ad elevata impedenza è costretto ad applicare elevate differenze di potenziale all’impianto oltre che ad utilizzare fasci di elettrodi multipli. Quest’ultima pratica, entro certi limiti, è giustificata dal fatto che gli scaricatori basati sul LDPE sono assai più economici del nostro. Vi sono altri test che vengono effettuati per caratterizzare i cavi elettrodo, tra questi citiamo la determinazione degli effetti capacitivi, mediante alimentazione in AC e lo studio della forma della curva di corrente in funzione della tensione per intervalli ampi di tensione. (figure 27 e 28) Curva di scarica per elettrodo LDPE 100 80 mA 60 40 20 0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 mV fig.27 Curva di scarica per elettrodo RM 700 600 500 mA 400 300 200 100 0 0 500 1000 1500 2000 mV fig.28 Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 2500 3000 3500 4000 34 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) GLI ADDITIVI PER MALTE Come accennato nel corso della trattazione sull’elettrosmosi, gli elettrodi devono essere inseriti all’interno della muratura ammalorata mediante delle opportune tracce, gli avelli elettrodici, generalmente collocate nella fuga tra mattone e mattone. Gli scopi fondamentali della malta che ricopre il cavo scaricatore sono di trattenerlo a stretto contatto con la massa della muratura e coadiuvare l’azione di conduzione elettrica. Al fine, soprattutto, di raggiungere questo scopo è necessario introdurre delle sostanze che abbiano la capacità di accrescere notevolmente la scarsa conducibilità della comune malta cementizia utilizzata. Il nostro gruppo sul campo, dopo ricerche ed anni di esperienza ha sostuito la comune grafite minerale in polvere, peraltro non completamente hazard-free in fase di manipolazione, con un parente stretto della stessa: le fibre di carbonio in chip. La tecnologia delle fibre di carbonio è ormai in grandissimo sviluppo e l’industria petrolchimica è in grado di fornire, segmenti di filato della lunghezza di circa 1mm che possono essere semplicemente aggiunti in betoniera nell’opportuna proporzione. Ciascun segmento di fibra, a sua volta, è costituito da circa 1000 microfibre che si separano e disperdono per azione del mescolamento della malta. Rispetto alla comune grafite si ottiene una maggiore capacità di scarica e si elimina il fastidioso problema della polvere impalpabile. Sia la grafite naturale che le fibre di carbonio hanno la medesima struttura, costituita da una serie bidimensionale di anelli aromatici condensati formanti dei piani continui sovrapposti tra loro, come rappresentato in figura 32: fig.32 Tutti i doppi legami presenti, coniugati fra loro, possiedono una struttura bidimensionale che si estende continuativamente su ogni piano, permettendo agli elettroni coinvolti di essere mobili e, dunque, di condurre elettricità. Quando più granuli o fibre si trovano ad avere i bordi adiacenti, si forma un cluster di conduzione che estende il fenomeno della conduzione all’interno della matrice. Quando, infine, la quantità di granuli o fibre è sufficiente per originare dei cluster adiacenti ma non a determinare il collasso del sistema a strutture tipo macroraggruppamenti isolati allora, la matrice, nel suo complesso, mostra capacità di conduzione. Questo fenomeno è detto conduzione per corrente di percolamento ed è sfruttato ampiamente anche per la realizzazione dei cavi-elettrodo. Poichè i costi della materia prima, catrame di carbone, non sono eccessivi le polveri di grafite pirolitica o le microfibre di carbonio rappresentano una soluzione ormai accettabile rispetto alla tradizionale grafite minerale o al carbon-black. Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005 35 di 35 ELETTROSMOSI NEL CANTIERE EDILE (REL 2004) NOTE: - Tutte le variabili contenute nel presente testo devono rigorosamente essere riferite a valori espressi in unità coerenti SI. In alcuni testi viene utilizzato il sistema di misura elettrostatico da cui la comparsa di un fattore 4π che non si trova nelle equazioni di elettrostatica qui riportate. Nel sistema SI il termine 4π viene incluso nell’equazione di Culomb della forza di interazione elettrostatica. Ringrazio tutti coloro che in questi anni mi hanno permesso di realizzare le prove sul campo ed i test di laboratorio. L’AUTORE Dr. Pierpaolo Fallini L. Chimica Industriale Dr. Pierpaolo Fallini Edizione 2005