Materiali del 28sett_1_e_2 _ott

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Remember always that a language is what the
speakers do and not what someone thinks they
ought to do
Leonard Bloomfield
sono un ragazzo fortunato perché m’hanno regalato un sogno
sono fortunato perché non c'è niente che ho bisogno
(Sono un ragazzo fortunato, Jovanotti)
voglio una vita che non è mai tardi
di quelle che non dormi mai
(Vita spericolata, Vasco Rossi)
In italiano standard la congiunzione che è propria di alcune frasi subordinate: le
oggettive (vedo che ti stai comportando bene; ➔ oggettive, frasi), le soggettive (è
possibile che io sia in ritardo domani; ➔ soggettive, frasi), le dichiarative (su questo
siamo d’accordo, che la crisi sta mettendo in ginocchio il paese; ➔ dichiarative, frasi) e
le relative quando l’antecedente del pronome relativo è un soggetto o un
complemento oggetto (l’uomo che ha preso la parola è suo fratello; la ragazza che hai
incontrato è una nostra studentessa; ➔ relative, frasi). Si trova inoltre in molti altri tipi
di subordinate avverbiali, spesso associato al modo congiuntivo.
Nella lingua d’oggi, soprattutto nell’italiano parlato colloquiale o di uso medio (➔
colloquiale, lingua), è però diffusa la tendenza a estendere l’uso del che, con
significato generico, anche come introduttore di subordinate che nell’italiano standard
avrebbero più spesso congiunzioni subordinanti semanticamente più precise.
Giuliana Fiorentino
http://www.treccani.it/enciclopedia/chepolivalente_%28Enciclopedia_dell%27Italiano%29/
Inglese: who, which, whom, whose… e that
Le regole
e
le eccezioni
Regole prescrittive:
Calcio: Un calciatore si trova in posizione di fuorigioco quando si trova nella metà del
terreno di gioco avversaria ed è più vicino alla linea di porta avversaria sia rispetto al
pallone, sia rispetto al penultimo avversario.
Briscola: Una volta mischiato il mazzo ogni giocatore riceve tre carte, distribuite
insieme ed in senso antiorario, viene poi scoperta la prima carta del mazzo che
designerà il seme di Briscola. Quest'ultima viene messa per metà sotto al restante
mazzo coperto cosicché resterà sempre visibile ai giocatori durante lo svolgimento del
round e sarà l'ultima carta ad essere pescata. Una volta distribuite le carte e designato
il seme di Briscola ha inizio la partita.
Monopoli: Tutti i giocatori, dopo aver posizionato i propri segnalini sulla casella del
VIA!, lanciano i due dadi e chi totalizza il punteggio più alto comincia il gioco.
Il giocatore di turno lancia i dadi e muove il proprio segnalino di un numero di
caselle pari al punteggio ottenuto, procedendo nel senso indicato dalla freccia che si
trova sulla casella del VIA!, esegue le eventuali operazioni collegate alla casella di
arrivo e, poi, passa i dadi a chi è seduto alla sua sinistra, che diventa il nuovo giocatore
di turno.
…
ci sono regole prescrittive, che ci dicono come dovremmo parlare, e ci sono regole
descrittive, che cercano di afferrare le regolarità che emergono dal nostro modo
spontaneo e condiviso di parlare, cioè dall’uso. Inoltre, il nostro comportamento
linguistico non consiste solo nel seguire delle regole, ma – in larga parte – nello
scegliere, all’interno dei repertori che la lingua ci offre, i mezzi di espressione che ci
sembrano più adatti ai nostri scopi comunicativi (Prandi / De Santis, 2011: XIX).
Eccezione: “fatto, situazione, caso che esce dalla norma, dalla regola; l’eccezione
infrange per una volta una regola, un’abitudine ” GRADIT
L’eccezione è dunque occasionale, spesso imprevedibile, non generalizzabile, non
classificabile.
Le eccezioni sono il contrario e simmetrico delle regole e le presuppongono:
non è concepibile un’eccezione senza una regola.
Cfr. Simon / Wiese (2011: 3): “an ‘exception’ necessarily implies a
rule, which it violates”.
Errori generati dalla presenza di eccezioni:
io ando (io vado), io piangio (io piango)
Una eccezione blocca l’applicazione della regola e determina la creazione di una
forma di fatto inspiegabile: io vado (io piango)
L’analogia è notoriamente un processo paradigmatico che mira a livellare le
incongruenze all’interno di paradigmi, sulla base del quarto proporzionale: cantare :
canto = andare : X. La forma analogica ando è il prodotto naturale della applicazione
della stessa ‘regola’ che lega canto e cantare, mangio e mangiare, cammino e
camminare, ecc.
Tuttavia essa è un errore, secondo la grammatica dell’italiano.
Vado è la forma corretta, sebbene essa non sia giustificabile nei termini
dell’applicazione di una regola: è una eccezione.
McMahon (1994: 21) rileva il paradosso della situazione:
“analogy is irregular but creates regularity”.
Nel passaggio dal latino alle lingue romanze la vocale breve tonica in sillaba aperta
dittonga (dĕce(m) > dieci; pĕde(m) > piede, ecc.; bŏnu(m) > buono, ecc.).
sŏno > suono
sŏnāre > sonare
(Es. Canzoni da sonare a una, due, tre et quattro di Girolamo Frescobaldi, 1634).
Il paradigma del verbo sonare in italiano si caratterizza dunque inizialmente per
un’allomorfia del morfema radicale, prodotta dall’evoluzione del vocalismo tonico
(quindi, in sostanza, da una regola che agisce in diacronia).
Questo paradigma parzialmente incongruente subisce un prevedibile livellamento
analogico (canto : cantare = suono : X), che produce la forma suonare, ufficialmente
‘sbagliata’, in quanto non riconducibile ai meccanismi evolutivi
appena tracciati, che soppianta, nel tempo, la forma ‘corretta’
sonare
Cfr. oggi l’aggettivo sonoro
Simon e Wiese (2011: 7), “what appears to be an exception in one scientific account is an
instantiation of the rules in a competing analysis”.
Cfr. La divisione tra numeri e lo zero
Una divisione tra numeri si può sempre eseguire, tranne quando il divisore è zero
E’ una eccezione o un’altra regola che non ammette eccezioni?
Ciò che esce dalla regola non è sempre, di default, eccezionale
Suffisso –bile: forma aggettivi deverbali, il cui significato è riassumibile nella parafrasi
‘che può essere V (dove V sta per il participio passato del verbo di base).’
mangiabile ‘che può essere mangiato’, cantabile ‘che può essere cantato’, percorribile
‘che può essere percorso’, digeribile ‘che può essere digerito’, ecc.
Questa generalizzazione, tuttavia, non coglie appieno il comportamento del suffisso:
forme come papabile o carrabile non possono essere descritte in questi termini, visto
che la base è indubbiamente nominale. Esse non paiono tuttavia derubricabili al rango
di mere eccezioni, sia perché il loro significato non è affatto imprevedibile (appare del
tutto compatibile con la parafrasi menzionata poco sopra), sia perché sono in buona - e
nutrita - compagnia: camionabile, ciclabile, tascabile, ecc.
O si ipotizza la presenza di due regole distinte, seppur
parzialmente sovrapponibili, o si allargano le maglie della rete e
si attenuano i vincoli relativi all’entrata del processo in esame,
ammettendo che i processi di formazione di parola possano
avere un grado di flessibilità superiore a quanto si è a lungo
ritenuto.
Regole, eccezioni e probabilità (Lenci, 2015)
Una grammatica è un modello delle regolarità di una lingua, che possiamo
caratterizzare, con le parole di Zellig S. Harris, come deviazioni dall’equiprobabilità
(“departures from equiprobability”) […].
Lo stato di equiprobabilità o randomness corrisponde alla situazione ipotetica in cui
qualunque permutazione dell’ordine delle parole sia legittima e in grado di veicolare
esattamente lo stesso contenuto di informazione. Il linguaggio è ovviamente una
costante violazione di tale randomness: la sequenza il cane ha morso un uomo è
una frase grammaticale, mentre la sua permutazione cane il morso ha un uomo non
lo è. La sequenza un uomo ha morso il cane è altrettanto grammaticale della frase
originale, ma veicola un contenuto informativo molto differente. Il modello
tradizionale della grammatica rappresenta tali deviazioni dall’equiprobabilità
attraverso la dicotomia tra strutture linguistiche possibili, ovvero
grammaticali, ed impossibili, ovvero non grammaticali, usando la
nozione di regola come strumento per tracciare i confini di tale
partizione esclusiva.
La variazione nella frequenza di uso delle strutture linguistiche è un fattore che non
viene rappresentato nelle regole formali. La grammatica opera in termini di opposizioni
categoriali e qualitative: grammaticale vs. non grammaticale, nome vs. verbo,
argomento vs. aggiunto, transitivo vs. intransitivo, animato vs. non animato, ecc. Un
caso esemplare è la rappresentazione dei vincoli semantici che regolano le
combinazioni predicato-argomento. I predicati corrispondono a funzioni associate a tipi
semantici che specificano le categorie legittime di argomenti. Si consideri ad esempio
la seguente coppia di frasi:
(1)
a.
b.
Il sasso ha ucciso l’uomo.
* L’uomo ha ucciso il sasso.
Un sistema simbolico può riconoscere il contrasto di grammaticalità di queste frasi
avendo a disposizione le seguenti informazioni rappresentate come regole formali:
(2)
a.
b.
c.
d.
R(x:) A:  R(A)
uccidere: [SNogg: [+ANIMATO]]
uomo: [+ANIMATO]
sasso: [ANIMATO]
La regola (2a) stabilisce una condizione generale sulla combinazione di predicati ed
argomenti: un predicato R(x) può essere applicato a un argomento A se e solo se il
tipo semantico di A è equivalente a quello richiesto da R. La regola in (2b) specifica
invece un vincolo di selezione lessicale del verbo uccidere: l’oggetto diretto deve
essere animato. Una volta combinati i vincoli (2a,b) con le informazioni sui tipi
semantici di uomo e sasso in (2c,d), un sistema computazionale a regole può
derivare la grammaticalità di (1a) e la non grammaticalità di (1b).
Per essere grammaticale un’espressione linguistica non deve violare alcuna regola
della grammatica, a meno che essa non venga dichiarata esplicitamente come
eccezione.
Eccezioni?
(3)
a.
b.
c.
d.
La burocrazia uccide le idee.
Il terrorismo uccide la democrazia.
Hai ucciso il mio amore.
Chi taglia le radici uccide l’albero.
A differenza dei sistemi che rappresentano le regolarità della lingua con regole
discrete e qualitative, i modelli statistici le rappresentano come vincoli probabilistici.
La probabilità serve per modellare matematicamente eventi aleatori, che possono
avere esiti diversi e con gradi variabili di incertezza sul loro accadimento. La
probabilità è uno strumento quantitativo che ci consente di ragionare in una
situazione di incertezza, facendo previsioni sul possibile verificarsi di un evento
I valori della probabilità variano con continuità tra zero, che quantifica l’impossibilità
di un evento, e uno, il valore assunto da un evento che accade con assoluta certezza.
Lo spazio delle regole probabilistiche non è discreto, e le strutture linguistiche
possibili in una lingua sono modellate con il continuum delle distribuzioni di
probabilità, senza ridursi a pure opposizioni categoriali. Le probabilità dei vincoli della
grammatica sono ricavate automaticamente dalla distribuzione statistica degli eventi
linguistici osservati in corpora testuali. La frequenza di occorrenza di un evento
linguistico viene infatti usata per stimarne la sua probabilità. Le regole della
grammatica sono dunque rappresentate come generalizzazioni induttive che
catturano regolarità statistiche presenti nell’uso linguistico. Nei sistemi probabilistici,
il ruolo del linguista non è “scrivere” le regole della grammatica, bensì addestrare il
sistema a svolgere un dato compito, individuando la metodologia migliore che
consenta al sistema stesso di estrarre dalla distribuzione statistica dei dati linguistici i
vincoli e le regole per svolgerlo.
Le regole probabilistiche sono per loro intrinseca definizione violabili. Invero,
superano la dicotomia stessa di regole ed eccezioni, nella misura
in cui strutture produttive e strutture eccezionali sono
rappresentate nel medesimo spazio probabilistico.
(4)
a.
b.
c.
d.
e.
f.
P(uomo|uccidereogg) = 0,04
P(amore|uccidereogg) = 0,0016
P(idea|uccidereogg) = 0,0013
P(democrazia|uccidereogg) = 0,0008
P(albero|uccidereogg) = 0,0003
P(sasso|uccidereogg) = 0
La natura ‘eccezionale’ di idea o albero come oggetto diretto di uccidere, rispetto alla
‘regolarità’ di uomo, viene rappresentata attraverso la differenza delle loro
probabilità. L’impossibilità di sasso diventa solo l’estremo di un continuum che
contempla anche casi magari poco probabili, ma pur sempre possibili. Mentre i
sistemi di regole formali modellano la “departure from equiprobability” della
grammatica con la dicotomia tra strutture possibili e impossibili, i modelli
probabilistici sono invece in grado di riempire lo spazio che intercorre tra questi due
insiemi, individuando variazioni di probabilità all’interno dell’insieme
delle strutture legittimate dalla grammatica.
Lo ‘spazio’ della lingua, dunque, è molto più
ampio (e dinamico!) di quello racchiuso nel
perimetro della grammatica ‘ufficiale’.
Il ruolo delle scelte
Quando l’eccezione diventa regola
Comparativo latino:
a. ego sapientior te sum
b. ego sapientior sum quam tu
‘Io sono più saggio di te’.
In realtà, già in latino arcaico, la regola di formazione del comparativo prevedeva
un’eccezione: quando per ragioni fonetiche non era possibile aggiungere -ior
all’aggettivo, si ricorreva ad un comparativo perifrastico con plus o magis. Posto che,
accanto alle costruzioni ‘canoniche’ di comparativo, esistevano una serie di altri
costrutti con analoghe funzioni ‘meno integrati nella grammatica’, tanto da poter
affermare che “the history of comparison in Latin is rather the history of how the
canonical constructions survived until they were ousted and replaced
by new formations, which remain current in Romance”
(Cuzzolin, 2011: 549), il dato interessante è che le costruzioni
con plus o magis venivano usate con una certa libertà, e non
solo quando la norma grammaticale lo imponeva (2011: 600).
Si veda l’esempio in (5.a), dove infestus è usato con plus,
nonostante ammetta il suffisso di comparativo (5.b):
(5)
a.
Tibi infesta solist / plus quam cuiquam
‘A te solo lei è ostile più che a chiunque altro’.
(Pl., Cas. 676-677)
b.
Non estis vos illis infestiores, quam civitas est ipsa
‘Voi non siete più ostili a loro di quanto non lo sia la nostra stessa
città’.
(Liv., 45.24.6)
Dunque, il mutamento dal comparativo sintetico latino a quello analitico italiano può
essere riscritto come la sostituzione di una regola prevista dalla grammatica con una
sua eccezione, attraverso il superamento dell’originario ambito di applicazione
dell’eccezione stessa: il costrutto con plus viene esteso prima ‘liberamente’,
poi sistematicamente e regolarmente, anche ad aggettivi che
ammettevano la combinazione con -ior.
(Napoli 2015, 128-129)
Cambia il grado di probabilità di magis
/ plus rispetto a -ior
‘eccezione’ sarà definibile come ciò che non è altamente frequente o
sufficientemente predicibile. Ciò implica che l’eccezione possa configurarsi non solo
come un elemento che, ridefinendo il campo di applicazione della regola per tutti i
parlanti, appartiene alla grammatica ed è dunque condivisa dalla comunità, ma
anche come un elemento che appartiene al singolo parlante, da cui può essere
introdotta. Questo tipo di eccezione può avere qualche utilità rispetto alla nostra
riflessione sul mutamento?
La risposta parrebbe affermativa alla luce di quegli studi che, cercando di indagare le
cause del mutamento, sono giunti a riconoscere l’importanza del ruolo del parlante e
del suo uso creativo della lingua (già a partire da Langacker, 1977: 107). […].
Questa forza creativa individuale è chiaramente uno degli elementi che determinano
la variazione sincronica propria dei parlanti e delle lingue, ma può avere un effetto
significativo anche sullo sviluppo diacronico […]. Riformulando tutto questo in
termini più vicini al nostro tema, il parlante può usare ed usa le regole della sua
lingua, ma può decidere di variare tali regole per particolari scopi
comunicativi ed espressivi, ma anche sociali (Keller, 1994),
ovviamente sempre nel rispetto della mutua comprensione con
l’ascoltatore.
Ciò vuol dire che anche la creatività linguistica è regolamentata da principi: più
che prevedere la violazione arbitraria delle regole di una lingua, il che porterebbe
alla incomunicabilità, essa consiste, ad esempio, in un uso innovativo delle regole
già esistenti e nella loro estensione ad ambiti a cui prima non si applicavano.
(Napoli 2015, 127-128)
Le regole
Regole di co-variazione
due o più modi diversi di dire la stessa cosa, ciascuno dei quali correlato a qualche fatto
sociale. Ad esempio, la pronuncia del suffisso -ing è una variabile sociolinguistica
dell'inglese. La variabile, notata convenzionalmente come (ing), ha come variante
standard [ɪŋ] (es. cooking ['kʊkɪŋ]) e come variante sub-standard [ɪn] (['kʊkɪn]); la
seconda correla con la collocazione sociale bassa dei parlanti e il parlato spontaneo non
accurato. […] Si tratta dunque di regole che operano sulle correlazioni fra singole
varianti, ossia tratti linguistici, e fatti sociali.
(Cerruti 2015, 102)
Una regola variabile esprime dunque un certo pattern di variazione; ovvero, una certa
configurazione di co-variazione fra tratti linguistici e fatti sociali, data anche da rapporti
gerarchici tra fattori. Tale gerarchia è determinata dalla probabilità che ha ciascun
fattore di influire sulla realizzazione della regola. La probabilità è calcolata
statisticamente a partire da dati empirici, relativi alla frequenza con cui
la regola si realizza in un certo corpus
(Cerruti 2015, 103)
Ci si può chiedere ancora se conoscano eccezioni. La questione è fondamentale, dal
momento che queste regole danno spiegazioni probabilistiche; e le spiegazioni
probabilistiche, per loro natura, non sono falsificabili […]. I casi inattesi non
contraddicono una regola, ma al massimo ne correggono il grado di probabilità.
Ciò nondimeno, occorre chiedersi prima in che cosa consista un’eccezione a una
regola variabile. Come si è detto, una regola variabile esprime un pattern di
variazione. Un’eccezione alla regola consisterà quindi in un’eccezione non rispetto a
un valore di probabilità ma rispetto a un pattern di variazione; ovvero, sarà data da un
pattern di variazione diverso.
In questi termini, una regola variabile conosce eccezioni.
(Cerruti 2015, 104)
Le regole di co-occorrenza […], che intenderei, alla pari delle regole di co-variazione,
nel senso di regole come istruzioni (cfr. Berruto, questo volume), governano
dunque il presentarsi insieme di un certo numero di tratti linguistici
in dipendenza dagli stessi fattori sociali. Le eccezioni a queste
regole si danno in misura diversa a seconda di quanto siano
forti i legami fra tratti.
(Cerruti 2015, 108)
Le regole di formazione di parole / word formation rules
Una regola di formazione di parola può essere astrattamente rappresentata come
segue (Scalise 1994: 99):
a. [P]X

[Tα]
b. semantica di Y
[[P]X + Suf]Y
[Tα] [Tβ]
“Una parola con la categoria lessicale X e con determinati tratti [Tα] viene riscritta
come una parola complessa con struttura interna, che consiste nella parola di base, di
un confine «+», e di un suffisso. La parola risultante ha la categoria lessicale Y e i tratti
[Tβ]. Associata a questa parte «formale» della regola, vi è anche una parte semantica,
una «lettura» composizionale che viene data generalmente in forma di parafrasi”.
Secondo questo modello, una parola come desiderabile può essere
schematizzata nel modo seguente (Scalise 1994: 100):
[desidera]V  [[desidera]V + bile]A
[+ tr]
[+ tr]
‘che può essere desiderato’
Largamente ispirate al paradigma generativista, le regole della morfologia
derivazionale, nella loro versione originaria, consistevano principalmente in una
serie di operazioni atte ad ottenere un determinato risultato a partire da uno o più
input. La prima formulazione del concetto di ‘Regola di Formazione di Parola’ (RFP, in
inglese Word-Formation Rule) è quella di Halle (1973), ma trattamento più completo
è quello proposto da Aronoff (1976), il quale ha contribuito a rendere popolare una
nozione che, con vari adattamenti, è alla base di gran parte delle teorie morfologiche
attuali […]. La natura deterministica delle RFP, nella loro forma originaria, è
fortemente problematica quando tale nozione è applicata ad un ambito, quello
lessicale, che è per sua natura aleatorio e ampiamente condizionato da fattori
extralinguistici.
(Montermini 2015, 63)
Nella loro versione originaria, le RFP erano meccanismi rigidi che
possedevano la doppia caratteristica di essere selettive e
deterministiche. Selettive, perché ogni regola definisce in maniera
univoca e discreta l’insieme degli input possibili (nel caso della
morfologia derivazionale, dei lessemi base) e di quelli impossibili.
Deterministiche, perché, dato un certo input, esiste un solo output
accettabile, il quale è dotato di caratteristiche che sono
interamente prevedibili.
(Montermini 2015, 70)
Regola sequenziali, additive, direzionali
catechismo
catechizzare
catechista
‘Corollario’ di ipotesi legate alle RFP / WFR
Ipotesi della base unica
Ipotesi dell’uscita unica
Ipotesi della base non flessa
….
Segmentabilità
Attribuire una porzione discreta di significato alle varie sottoparti di una parola
complessa significa considerare che, dal punto di vista formale, esse sono sempre
chiaramente distinguibili e che ogni unità elementare del piano formale […] può essere
attribuita univocamente all’una o all’altra di queste sottoparti. La difficoltà (e forse la
vanità) di una tale operazione, tuttavia, dovrebbe già essere chiara ai
morfologi da tempo, data la longevità di domande come
“in amministrazione il suffisso sarà -azione, -zione o -ione?”
(Scalise 1999: 457),
Composizionalità
è possibile determinare il significato di un’espressione linguistica
a partire dal significato degli elementi che la costituiscono
Esaustività
l’ipotesi secondo cui, in una parola derivata, tutto il materiale morfologico presente
svolge una funzione semantica, contribuendo alla costruzione del significato
dell’insieme.
Quando verremo dalle tue parti... ci condurrai in luoghi di perdizione culinaria e
birrologica.
[http://www.mmorpgitalia.it/site/printthread.php?t=72208&pp=7&page=3684]
Son tornato su, ho riattaccato tutto in fretta e mi sono sbizzarrito, "suonando" molto
meglio di prima, la gente apprezzava, ballettava e mi richiedevano di continuo altri
pezzi!
[http://djforum.it/viewtopic.php?f=1&t=9185]
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