Remember always that a language is what the speakers do and not what someone thinks they ought to do Leonard Bloomfield sono un ragazzo fortunato perché m’hanno regalato un sogno sono fortunato perché non c'è niente che ho bisogno (Sono un ragazzo fortunato, Jovanotti) voglio una vita che non è mai tardi di quelle che non dormi mai (Vita spericolata, Vasco Rossi) In italiano standard la congiunzione che è propria di alcune frasi subordinate: le oggettive (vedo che ti stai comportando bene; ➔ oggettive, frasi), le soggettive (è possibile che io sia in ritardo domani; ➔ soggettive, frasi), le dichiarative (su questo siamo d’accordo, che la crisi sta mettendo in ginocchio il paese; ➔ dichiarative, frasi) e le relative quando l’antecedente del pronome relativo è un soggetto o un complemento oggetto (l’uomo che ha preso la parola è suo fratello; la ragazza che hai incontrato è una nostra studentessa; ➔ relative, frasi). Si trova inoltre in molti altri tipi di subordinate avverbiali, spesso associato al modo congiuntivo. Nella lingua d’oggi, soprattutto nell’italiano parlato colloquiale o di uso medio (➔ colloquiale, lingua), è però diffusa la tendenza a estendere l’uso del che, con significato generico, anche come introduttore di subordinate che nell’italiano standard avrebbero più spesso congiunzioni subordinanti semanticamente più precise. Giuliana Fiorentino http://www.treccani.it/enciclopedia/chepolivalente_%28Enciclopedia_dell%27Italiano%29/ Inglese: who, which, whom, whose… e that Le regole e le eccezioni Regole prescrittive: Calcio: Un calciatore si trova in posizione di fuorigioco quando si trova nella metà del terreno di gioco avversaria ed è più vicino alla linea di porta avversaria sia rispetto al pallone, sia rispetto al penultimo avversario. Briscola: Una volta mischiato il mazzo ogni giocatore riceve tre carte, distribuite insieme ed in senso antiorario, viene poi scoperta la prima carta del mazzo che designerà il seme di Briscola. Quest'ultima viene messa per metà sotto al restante mazzo coperto cosicché resterà sempre visibile ai giocatori durante lo svolgimento del round e sarà l'ultima carta ad essere pescata. Una volta distribuite le carte e designato il seme di Briscola ha inizio la partita. Monopoli: Tutti i giocatori, dopo aver posizionato i propri segnalini sulla casella del VIA!, lanciano i due dadi e chi totalizza il punteggio più alto comincia il gioco. Il giocatore di turno lancia i dadi e muove il proprio segnalino di un numero di caselle pari al punteggio ottenuto, procedendo nel senso indicato dalla freccia che si trova sulla casella del VIA!, esegue le eventuali operazioni collegate alla casella di arrivo e, poi, passa i dadi a chi è seduto alla sua sinistra, che diventa il nuovo giocatore di turno. … ci sono regole prescrittive, che ci dicono come dovremmo parlare, e ci sono regole descrittive, che cercano di afferrare le regolarità che emergono dal nostro modo spontaneo e condiviso di parlare, cioè dall’uso. Inoltre, il nostro comportamento linguistico non consiste solo nel seguire delle regole, ma – in larga parte – nello scegliere, all’interno dei repertori che la lingua ci offre, i mezzi di espressione che ci sembrano più adatti ai nostri scopi comunicativi (Prandi / De Santis, 2011: XIX). Eccezione: “fatto, situazione, caso che esce dalla norma, dalla regola; l’eccezione infrange per una volta una regola, un’abitudine ” GRADIT L’eccezione è dunque occasionale, spesso imprevedibile, non generalizzabile, non classificabile. Le eccezioni sono il contrario e simmetrico delle regole e le presuppongono: non è concepibile un’eccezione senza una regola. Cfr. Simon / Wiese (2011: 3): “an ‘exception’ necessarily implies a rule, which it violates”. Errori generati dalla presenza di eccezioni: io ando (io vado), io piangio (io piango) Una eccezione blocca l’applicazione della regola e determina la creazione di una forma di fatto inspiegabile: io vado (io piango) L’analogia è notoriamente un processo paradigmatico che mira a livellare le incongruenze all’interno di paradigmi, sulla base del quarto proporzionale: cantare : canto = andare : X. La forma analogica ando è il prodotto naturale della applicazione della stessa ‘regola’ che lega canto e cantare, mangio e mangiare, cammino e camminare, ecc. Tuttavia essa è un errore, secondo la grammatica dell’italiano. Vado è la forma corretta, sebbene essa non sia giustificabile nei termini dell’applicazione di una regola: è una eccezione. McMahon (1994: 21) rileva il paradosso della situazione: “analogy is irregular but creates regularity”. Nel passaggio dal latino alle lingue romanze la vocale breve tonica in sillaba aperta dittonga (dĕce(m) > dieci; pĕde(m) > piede, ecc.; bŏnu(m) > buono, ecc.). sŏno > suono sŏnāre > sonare (Es. Canzoni da sonare a una, due, tre et quattro di Girolamo Frescobaldi, 1634). Il paradigma del verbo sonare in italiano si caratterizza dunque inizialmente per un’allomorfia del morfema radicale, prodotta dall’evoluzione del vocalismo tonico (quindi, in sostanza, da una regola che agisce in diacronia). Questo paradigma parzialmente incongruente subisce un prevedibile livellamento analogico (canto : cantare = suono : X), che produce la forma suonare, ufficialmente ‘sbagliata’, in quanto non riconducibile ai meccanismi evolutivi appena tracciati, che soppianta, nel tempo, la forma ‘corretta’ sonare Cfr. oggi l’aggettivo sonoro Simon e Wiese (2011: 7), “what appears to be an exception in one scientific account is an instantiation of the rules in a competing analysis”. Cfr. La divisione tra numeri e lo zero Una divisione tra numeri si può sempre eseguire, tranne quando il divisore è zero E’ una eccezione o un’altra regola che non ammette eccezioni? Ciò che esce dalla regola non è sempre, di default, eccezionale Suffisso –bile: forma aggettivi deverbali, il cui significato è riassumibile nella parafrasi ‘che può essere V (dove V sta per il participio passato del verbo di base).’ mangiabile ‘che può essere mangiato’, cantabile ‘che può essere cantato’, percorribile ‘che può essere percorso’, digeribile ‘che può essere digerito’, ecc. Questa generalizzazione, tuttavia, non coglie appieno il comportamento del suffisso: forme come papabile o carrabile non possono essere descritte in questi termini, visto che la base è indubbiamente nominale. Esse non paiono tuttavia derubricabili al rango di mere eccezioni, sia perché il loro significato non è affatto imprevedibile (appare del tutto compatibile con la parafrasi menzionata poco sopra), sia perché sono in buona - e nutrita - compagnia: camionabile, ciclabile, tascabile, ecc. O si ipotizza la presenza di due regole distinte, seppur parzialmente sovrapponibili, o si allargano le maglie della rete e si attenuano i vincoli relativi all’entrata del processo in esame, ammettendo che i processi di formazione di parola possano avere un grado di flessibilità superiore a quanto si è a lungo ritenuto. Regole, eccezioni e probabilità (Lenci, 2015) Una grammatica è un modello delle regolarità di una lingua, che possiamo caratterizzare, con le parole di Zellig S. Harris, come deviazioni dall’equiprobabilità (“departures from equiprobability”) […]. Lo stato di equiprobabilità o randomness corrisponde alla situazione ipotetica in cui qualunque permutazione dell’ordine delle parole sia legittima e in grado di veicolare esattamente lo stesso contenuto di informazione. Il linguaggio è ovviamente una costante violazione di tale randomness: la sequenza il cane ha morso un uomo è una frase grammaticale, mentre la sua permutazione cane il morso ha un uomo non lo è. La sequenza un uomo ha morso il cane è altrettanto grammaticale della frase originale, ma veicola un contenuto informativo molto differente. Il modello tradizionale della grammatica rappresenta tali deviazioni dall’equiprobabilità attraverso la dicotomia tra strutture linguistiche possibili, ovvero grammaticali, ed impossibili, ovvero non grammaticali, usando la nozione di regola come strumento per tracciare i confini di tale partizione esclusiva. La variazione nella frequenza di uso delle strutture linguistiche è un fattore che non viene rappresentato nelle regole formali. La grammatica opera in termini di opposizioni categoriali e qualitative: grammaticale vs. non grammaticale, nome vs. verbo, argomento vs. aggiunto, transitivo vs. intransitivo, animato vs. non animato, ecc. Un caso esemplare è la rappresentazione dei vincoli semantici che regolano le combinazioni predicato-argomento. I predicati corrispondono a funzioni associate a tipi semantici che specificano le categorie legittime di argomenti. Si consideri ad esempio la seguente coppia di frasi: (1) a. b. Il sasso ha ucciso l’uomo. * L’uomo ha ucciso il sasso. Un sistema simbolico può riconoscere il contrasto di grammaticalità di queste frasi avendo a disposizione le seguenti informazioni rappresentate come regole formali: (2) a. b. c. d. R(x:) A: R(A) uccidere: [SNogg: [+ANIMATO]] uomo: [+ANIMATO] sasso: [ANIMATO] La regola (2a) stabilisce una condizione generale sulla combinazione di predicati ed argomenti: un predicato R(x) può essere applicato a un argomento A se e solo se il tipo semantico di A è equivalente a quello richiesto da R. La regola in (2b) specifica invece un vincolo di selezione lessicale del verbo uccidere: l’oggetto diretto deve essere animato. Una volta combinati i vincoli (2a,b) con le informazioni sui tipi semantici di uomo e sasso in (2c,d), un sistema computazionale a regole può derivare la grammaticalità di (1a) e la non grammaticalità di (1b). Per essere grammaticale un’espressione linguistica non deve violare alcuna regola della grammatica, a meno che essa non venga dichiarata esplicitamente come eccezione. Eccezioni? (3) a. b. c. d. La burocrazia uccide le idee. Il terrorismo uccide la democrazia. Hai ucciso il mio amore. Chi taglia le radici uccide l’albero. A differenza dei sistemi che rappresentano le regolarità della lingua con regole discrete e qualitative, i modelli statistici le rappresentano come vincoli probabilistici. La probabilità serve per modellare matematicamente eventi aleatori, che possono avere esiti diversi e con gradi variabili di incertezza sul loro accadimento. La probabilità è uno strumento quantitativo che ci consente di ragionare in una situazione di incertezza, facendo previsioni sul possibile verificarsi di un evento I valori della probabilità variano con continuità tra zero, che quantifica l’impossibilità di un evento, e uno, il valore assunto da un evento che accade con assoluta certezza. Lo spazio delle regole probabilistiche non è discreto, e le strutture linguistiche possibili in una lingua sono modellate con il continuum delle distribuzioni di probabilità, senza ridursi a pure opposizioni categoriali. Le probabilità dei vincoli della grammatica sono ricavate automaticamente dalla distribuzione statistica degli eventi linguistici osservati in corpora testuali. La frequenza di occorrenza di un evento linguistico viene infatti usata per stimarne la sua probabilità. Le regole della grammatica sono dunque rappresentate come generalizzazioni induttive che catturano regolarità statistiche presenti nell’uso linguistico. Nei sistemi probabilistici, il ruolo del linguista non è “scrivere” le regole della grammatica, bensì addestrare il sistema a svolgere un dato compito, individuando la metodologia migliore che consenta al sistema stesso di estrarre dalla distribuzione statistica dei dati linguistici i vincoli e le regole per svolgerlo. Le regole probabilistiche sono per loro intrinseca definizione violabili. Invero, superano la dicotomia stessa di regole ed eccezioni, nella misura in cui strutture produttive e strutture eccezionali sono rappresentate nel medesimo spazio probabilistico. (4) a. b. c. d. e. f. P(uomo|uccidereogg) = 0,04 P(amore|uccidereogg) = 0,0016 P(idea|uccidereogg) = 0,0013 P(democrazia|uccidereogg) = 0,0008 P(albero|uccidereogg) = 0,0003 P(sasso|uccidereogg) = 0 La natura ‘eccezionale’ di idea o albero come oggetto diretto di uccidere, rispetto alla ‘regolarità’ di uomo, viene rappresentata attraverso la differenza delle loro probabilità. L’impossibilità di sasso diventa solo l’estremo di un continuum che contempla anche casi magari poco probabili, ma pur sempre possibili. Mentre i sistemi di regole formali modellano la “departure from equiprobability” della grammatica con la dicotomia tra strutture possibili e impossibili, i modelli probabilistici sono invece in grado di riempire lo spazio che intercorre tra questi due insiemi, individuando variazioni di probabilità all’interno dell’insieme delle strutture legittimate dalla grammatica. Lo ‘spazio’ della lingua, dunque, è molto più ampio (e dinamico!) di quello racchiuso nel perimetro della grammatica ‘ufficiale’. Il ruolo delle scelte Quando l’eccezione diventa regola Comparativo latino: a. ego sapientior te sum b. ego sapientior sum quam tu ‘Io sono più saggio di te’. In realtà, già in latino arcaico, la regola di formazione del comparativo prevedeva un’eccezione: quando per ragioni fonetiche non era possibile aggiungere -ior all’aggettivo, si ricorreva ad un comparativo perifrastico con plus o magis. Posto che, accanto alle costruzioni ‘canoniche’ di comparativo, esistevano una serie di altri costrutti con analoghe funzioni ‘meno integrati nella grammatica’, tanto da poter affermare che “the history of comparison in Latin is rather the history of how the canonical constructions survived until they were ousted and replaced by new formations, which remain current in Romance” (Cuzzolin, 2011: 549), il dato interessante è che le costruzioni con plus o magis venivano usate con una certa libertà, e non solo quando la norma grammaticale lo imponeva (2011: 600). Si veda l’esempio in (5.a), dove infestus è usato con plus, nonostante ammetta il suffisso di comparativo (5.b): (5) a. Tibi infesta solist / plus quam cuiquam ‘A te solo lei è ostile più che a chiunque altro’. (Pl., Cas. 676-677) b. Non estis vos illis infestiores, quam civitas est ipsa ‘Voi non siete più ostili a loro di quanto non lo sia la nostra stessa città’. (Liv., 45.24.6) Dunque, il mutamento dal comparativo sintetico latino a quello analitico italiano può essere riscritto come la sostituzione di una regola prevista dalla grammatica con una sua eccezione, attraverso il superamento dell’originario ambito di applicazione dell’eccezione stessa: il costrutto con plus viene esteso prima ‘liberamente’, poi sistematicamente e regolarmente, anche ad aggettivi che ammettevano la combinazione con -ior. (Napoli 2015, 128-129) Cambia il grado di probabilità di magis / plus rispetto a -ior ‘eccezione’ sarà definibile come ciò che non è altamente frequente o sufficientemente predicibile. Ciò implica che l’eccezione possa configurarsi non solo come un elemento che, ridefinendo il campo di applicazione della regola per tutti i parlanti, appartiene alla grammatica ed è dunque condivisa dalla comunità, ma anche come un elemento che appartiene al singolo parlante, da cui può essere introdotta. Questo tipo di eccezione può avere qualche utilità rispetto alla nostra riflessione sul mutamento? La risposta parrebbe affermativa alla luce di quegli studi che, cercando di indagare le cause del mutamento, sono giunti a riconoscere l’importanza del ruolo del parlante e del suo uso creativo della lingua (già a partire da Langacker, 1977: 107). […]. Questa forza creativa individuale è chiaramente uno degli elementi che determinano la variazione sincronica propria dei parlanti e delle lingue, ma può avere un effetto significativo anche sullo sviluppo diacronico […]. Riformulando tutto questo in termini più vicini al nostro tema, il parlante può usare ed usa le regole della sua lingua, ma può decidere di variare tali regole per particolari scopi comunicativi ed espressivi, ma anche sociali (Keller, 1994), ovviamente sempre nel rispetto della mutua comprensione con l’ascoltatore. Ciò vuol dire che anche la creatività linguistica è regolamentata da principi: più che prevedere la violazione arbitraria delle regole di una lingua, il che porterebbe alla incomunicabilità, essa consiste, ad esempio, in un uso innovativo delle regole già esistenti e nella loro estensione ad ambiti a cui prima non si applicavano. (Napoli 2015, 127-128) Le regole Regole di co-variazione due o più modi diversi di dire la stessa cosa, ciascuno dei quali correlato a qualche fatto sociale. Ad esempio, la pronuncia del suffisso -ing è una variabile sociolinguistica dell'inglese. La variabile, notata convenzionalmente come (ing), ha come variante standard [ɪŋ] (es. cooking ['kʊkɪŋ]) e come variante sub-standard [ɪn] (['kʊkɪn]); la seconda correla con la collocazione sociale bassa dei parlanti e il parlato spontaneo non accurato. […] Si tratta dunque di regole che operano sulle correlazioni fra singole varianti, ossia tratti linguistici, e fatti sociali. (Cerruti 2015, 102) Una regola variabile esprime dunque un certo pattern di variazione; ovvero, una certa configurazione di co-variazione fra tratti linguistici e fatti sociali, data anche da rapporti gerarchici tra fattori. Tale gerarchia è determinata dalla probabilità che ha ciascun fattore di influire sulla realizzazione della regola. La probabilità è calcolata statisticamente a partire da dati empirici, relativi alla frequenza con cui la regola si realizza in un certo corpus (Cerruti 2015, 103) Ci si può chiedere ancora se conoscano eccezioni. La questione è fondamentale, dal momento che queste regole danno spiegazioni probabilistiche; e le spiegazioni probabilistiche, per loro natura, non sono falsificabili […]. I casi inattesi non contraddicono una regola, ma al massimo ne correggono il grado di probabilità. Ciò nondimeno, occorre chiedersi prima in che cosa consista un’eccezione a una regola variabile. Come si è detto, una regola variabile esprime un pattern di variazione. Un’eccezione alla regola consisterà quindi in un’eccezione non rispetto a un valore di probabilità ma rispetto a un pattern di variazione; ovvero, sarà data da un pattern di variazione diverso. In questi termini, una regola variabile conosce eccezioni. (Cerruti 2015, 104) Le regole di co-occorrenza […], che intenderei, alla pari delle regole di co-variazione, nel senso di regole come istruzioni (cfr. Berruto, questo volume), governano dunque il presentarsi insieme di un certo numero di tratti linguistici in dipendenza dagli stessi fattori sociali. Le eccezioni a queste regole si danno in misura diversa a seconda di quanto siano forti i legami fra tratti. (Cerruti 2015, 108) Le regole di formazione di parole / word formation rules Una regola di formazione di parola può essere astrattamente rappresentata come segue (Scalise 1994: 99): a. [P]X [Tα] b. semantica di Y [[P]X + Suf]Y [Tα] [Tβ] “Una parola con la categoria lessicale X e con determinati tratti [Tα] viene riscritta come una parola complessa con struttura interna, che consiste nella parola di base, di un confine «+», e di un suffisso. La parola risultante ha la categoria lessicale Y e i tratti [Tβ]. Associata a questa parte «formale» della regola, vi è anche una parte semantica, una «lettura» composizionale che viene data generalmente in forma di parafrasi”. Secondo questo modello, una parola come desiderabile può essere schematizzata nel modo seguente (Scalise 1994: 100): [desidera]V [[desidera]V + bile]A [+ tr] [+ tr] ‘che può essere desiderato’ Largamente ispirate al paradigma generativista, le regole della morfologia derivazionale, nella loro versione originaria, consistevano principalmente in una serie di operazioni atte ad ottenere un determinato risultato a partire da uno o più input. La prima formulazione del concetto di ‘Regola di Formazione di Parola’ (RFP, in inglese Word-Formation Rule) è quella di Halle (1973), ma trattamento più completo è quello proposto da Aronoff (1976), il quale ha contribuito a rendere popolare una nozione che, con vari adattamenti, è alla base di gran parte delle teorie morfologiche attuali […]. La natura deterministica delle RFP, nella loro forma originaria, è fortemente problematica quando tale nozione è applicata ad un ambito, quello lessicale, che è per sua natura aleatorio e ampiamente condizionato da fattori extralinguistici. (Montermini 2015, 63) Nella loro versione originaria, le RFP erano meccanismi rigidi che possedevano la doppia caratteristica di essere selettive e deterministiche. Selettive, perché ogni regola definisce in maniera univoca e discreta l’insieme degli input possibili (nel caso della morfologia derivazionale, dei lessemi base) e di quelli impossibili. Deterministiche, perché, dato un certo input, esiste un solo output accettabile, il quale è dotato di caratteristiche che sono interamente prevedibili. (Montermini 2015, 70) Regola sequenziali, additive, direzionali catechismo catechizzare catechista ‘Corollario’ di ipotesi legate alle RFP / WFR Ipotesi della base unica Ipotesi dell’uscita unica Ipotesi della base non flessa …. Segmentabilità Attribuire una porzione discreta di significato alle varie sottoparti di una parola complessa significa considerare che, dal punto di vista formale, esse sono sempre chiaramente distinguibili e che ogni unità elementare del piano formale […] può essere attribuita univocamente all’una o all’altra di queste sottoparti. La difficoltà (e forse la vanità) di una tale operazione, tuttavia, dovrebbe già essere chiara ai morfologi da tempo, data la longevità di domande come “in amministrazione il suffisso sarà -azione, -zione o -ione?” (Scalise 1999: 457), Composizionalità è possibile determinare il significato di un’espressione linguistica a partire dal significato degli elementi che la costituiscono Esaustività l’ipotesi secondo cui, in una parola derivata, tutto il materiale morfologico presente svolge una funzione semantica, contribuendo alla costruzione del significato dell’insieme. Quando verremo dalle tue parti... ci condurrai in luoghi di perdizione culinaria e birrologica. [http://www.mmorpgitalia.it/site/printthread.php?t=72208&pp=7&page=3684] Son tornato su, ho riattaccato tutto in fretta e mi sono sbizzarrito, "suonando" molto meglio di prima, la gente apprezzava, ballettava e mi richiedevano di continuo altri pezzi! [http://djforum.it/viewtopic.php?f=1&t=9185]