Il concetto di trauma nella letteratura psicoanalitica
Dott.ssa Luisa Corda
Psicologa, psicoterapeuta, Roma
Nella concezione psicoanalitica classica il trauma psichico è un evento
improvviso ed inatteso che, per la sua particolare intensità, oltrepassa le capacità di
elaborazione dell’Io ed ha effetti patogeni durevoli nell’organizzazione psichica. Nelle
elaborazioni freudiane il concetto di trauma assume varie forme, e accompagna in un
certo senso le evoluzioni speculative dell’autore. Negli Studi sull’isteria del 1892-95,
scritti con Breuer, i sintomi dell’isteria sono strettamente connessi con un trauma
motivante (molto spesso sono episodi dell’infanzia legati alla sessualità), alcune volte
in maniera palese, altre volte tra il fatto originario e il fenomeno patologico vi è
soltanto una connessione simbolica, “come la relazione che la persona sana può
stabilire anche in sogno”1. Dove per trauma psichico si intende qualsiasi esperienza
che provochi gli affetti penosi del terrore, dell’angoscia, della vergogna, del dolore
psichico, e dipende ovviamente,
dalla sensibilità della persona colpita
se
l’esperienza stessa agisce come trauma. In queste prime dissertazioni il trauma
psichico rappresenta una reazione ad un trauma reale (teoria della seduzione), ed
ha a che fare anche con le “sensibilità” individuali, vale a dire con l’intrapsichico.
In particolare, la causa dell’isteria è da ricercarsi in una seduzione sessuale subita
da parte di un adulto durante l’infanzia, il cui ricordo è rimosso e quindi non
abreagito, Freud scrive:
“…Contenuto del ricordo è, di solito, o il trauma psichico che, per la sua intensità,
era atto provocare l’insorgere dell’isteria nel malato, oppure l’evento che, per essere
occorso in un determinato momento, si è trasformato in trauma. Nei casi della così
detta isteria traumatica, questo meccanismo è evidente anche all’osservazione più
grossolana, ma è riconoscibile anche nell’isteria che non comporta un grosso
trauma. In questo caso si riscontrano piccoli traumi ripetuti, oppure ricordi, in sé
indifferenti, divenuti traumatici per eccesso del fattore della disposizione. Il trauma si
dovrebbe definire per un incremento di eccitamento nel sistema nervoso, che questo
non è riuscito a liquidare a sufficienza mediante reazione motoria. L’attacco isterico si
deve forse interpretare come un tentativo di compiere la reazione al trauma”.2
La visione del trauma è legata alla descrizione metapsicologia e ha una forma
prevalentemente economica. Con la pratica clinica, Freud S. si rese conto che non
tutti i ricordi infantili che riportavano i malati isterici erano legati ad eventi
concreti realmente accaduti, ma, parte di essi corrispondevano a costruzioni
fantasmatiche successivamente inventate, e anche in quei casi in cui vi è un
evidente realtà di seduzione infantile l’elemento fantasmatico ha un’importanza
predominante. Questa scoperta lo porta a dare maggiore enfasi all’attività
fantasmatica nella produzione dei traumi e dei loro effetti patogeni, senza però mai
rinunciare del tutto al ruolo concomitante degli eventi reali. L’esplorazione della vita
sessuale dei bambini porta ad ampliare il ventaglio di eventi potenzialmente
traumatici e ad una revisione della teoria metapsicologica del trauma, che Freud
presenta nelle lezioni “Introduzione alla psicoanalisi” del 1915-17. Le conseguenze
disastrose del conflitto mondiale riattivano in lui un rinnovato interesse per le nevrosi
traumatiche e le nevrosi di guerra, e lo porteranno ad una revisione delle sue
1
Feud S., Studi sull’isteria e altri scritti, 1886-1895, pag. 176-177, Opere Vol. I, Edizioni Boringhieri, Torino,1991
2
Freud S. , 1892-1894, pp.155-156
1
speculazioni teoriche, e all’introduzione della pulsione di morte. Riacquista
importanza il concetto di trauma psichico, come inondazione di energia proveniente
dall’esterno, come frattura, che va ad integrarsi con quello di trauma sessuale
infantile, puntiforme, inserito sempre in una concezione economica. Il trauma
psichico è soggetto all’universalità dell’ “a posteriori” (Nachträglichkeit), vale a dire
che esso si manifesta posteriormente, a partire da ricordi infantili che acquistano
valore traumatico solamente molto tempo dopo l’evento reale e in funzione di nuovi
eventi scatenanti. Questo concetto che Freud aveva già descritto nel 1895 nel suo
incompleto Progetto, e in seguito nel caso dell’uomo dei lupi,
sottolinea
l’importanza e il ruolo che ha il tempo “storico e individuale” nel manifestarsi
del trauma sessuale che si presenta in due tempi: anche nel caso di una seduzione
infantile puntiforme, la traccia mnestica di tale evento, pur rimanendo nella psiche,
non costituisce in sé un trauma, vale a dire non provoca effetti patogeni fino a
quando le condizioni maturative o eventi posteriori non convertano il primo evento in
trauma; solo in questo momento emergono le conseguenze patogene. Siamo
davanti ad una azione causale retroattiva del presente verso il passato, l’a posteriori
è un concetto dialettico della causalità e introduce un modello “a spirale” della
temporalità dove passato e futuro si condizionano e acquistano reciprocamente
senso nella strutturazione del presente. “E’ su questa causalità e su questa
temporalità che si regge la possibilità di un’azione terapeutica specifica della
psicoanalisi: se non esistesse questa retroattività nella costituzione del trauma, non
vi sarebbero nemmeno la possibilità di modificare la nostra storia” 3. La circolarità del
tempo crea uno spazio per possibili trasformazioni dialettiche, sia nel campo delle
rappresentazioni (tempo storico) che in quello degli affetti. Nel 1926 Freud diede il
suo ultimo grande contributo al concetto di trauma. E’ in Inibizione, sintomo e
angoscia, che il concetto di trauma in rapporto all’angoscia acquista la sua forma
definitiva di “situazione traumatica”, che dà
contemporaneamente ragione
dell’interazione di
situazioni
interne ed esterne e del
carattere
interstrutturale di tutte le situazioni
traumatiche.
In questo scritto le
situazioni traumatiche sono legate principalmente a delle esperienze di perdita,
perdita della madre, dell’affetto e dell’amore della madre, dell’amore degli oggetti,
dell’amore del Super-Io ecc, esperienze che mettono l’individuo in uno stato di
impotenza psichica e fisica davanti l’inondazione di stimoli di origine interna ed
esterna. La situazione traumatica fondamentale è quella dell’impotenza a cui tutte le
altre fanno seguito:
“Chiamiamo traumatica una simile situazione vissuta di impotenza; abbiamo allora
un buon motivo per distinguere la situazione traumatica dalla situazione di
pericolo ….In base allo svolgimento della serie angoscia – pericolo – impotenza
(trauma), possiamo riassumere così l’esposizione precedente: la situazione di
pericolo è la situazione riconosciuta, ricordata, attesa, d’impotenza. L’angoscia è la
reazione originaria all’impotenza vissuta nel trauma, reazione la quale, in seguito, è
riprodotta nella situazione di pericolo come segnale di allarme. L’Io, che ha vissuto
passivamente il trauma, ripete ora attivamente una riproduzione attenuata dello
stesso, nella speranza di poterne orientare autonomamente lo sviluppo”.4
Una caratteristica del trauma è quella di manifestarsi in modo ripetitivo (gli attacchi
isterici):
3
W., M. Baranger, Il trauma psichico infantile dai giorni nostri a Freud: trauma puro, retroattività e ricostruzione. In “La situazione
Cortina, Milano 1990
4
Freud S., Inibizione sintomo e angoscia, 1925. Opere, Vol. X, Edizioni Boringhieri, Torino, 1991
2
psicoanalitica come campo bipersonale”. Pag. 162, Ed. Raffaello
“…Gli effetti del trauma sono di due tipi: positivi e negativi. I primi sono
sforzi di rimettere in vigore il trauma, cioè di ricordare l’esperienza dimenticata, o
meglio ancora di renderla reale, di viverne di nuovo una ripetizione, oppure, anche
se si trattava solo di una relazione affettiva da lungo tempo trascorsa, di farla rivivere
in una relazione analoga con un'altra persona. Questi sforzi vengono catalogati
insieme come fissazioni al trauma e coazione
a ripetere”5. Gli effetti negativi sono invece quelli che fanno si che il trauma non sia
né ricordato né ripetuto; sono le così dette reazioni di difesa, le cui principali
manifestazioni sono le elusioni, che possono accrescersi fino a diventare delle
inibizioni e delle fobie.
“…Queste reazioni negative concorrono più di ogni altra cosa alla determinazione del
carattere. Fondamentalmente sono fissazioni al trauma, proprio come il loro opposto,
solo che sono fissazioni con un intento contrastante. I sintomi della nevrosi in senso
stretto sono formazioni di compromesso in cui partecipano tutt’e due le tendenze
derivanti dai traumi, in modo che trova in essi espressione preponderante l’apporto
ora dell’una, ora dell’altra direzione”.6
I meccanismi psichici della tendenza a ripetersi (coazione a ripetere), la regressione
e la fissazione porteranno Freud a teorizzare l’esistenza di una forza oppositiva, la
pulsione di morte, come fondamento ultimo del conflitto psichico. Il collegamento fra
il trauma e l’istinto di morte si può inferire anche nel lavoro del 1926, Inibizione,
sintomo e angoscia, quando Freud asserisce:
“Può accadere abbastanza spesso che in una situazione di pericolo, valutata
correttamente come tale, una parte di angoscia pulsionale venga ad aggiungersi alla
angoscia reale. La pretesa pulsionale, di fronte al cui soddisfacimento l’Io arretra
spaventato, sarebbe allora quella masochistica; la pulsione di distruzione diretta
contro la propria persona. Forse questo elemento supplementare spiega quei casi in
cui la reazione di angoscia risulta eccessiva, inadeguata, paralizzante”.7
La pulsione di morte è una forza che separa, la cui sede è interna al corpo e che si
orienta innanzitutto verso l’interno senza essere immediatamente percepita come
distruttiva (la Negazione); la sua funzione principale è quella di disgiungere, aprendo
ulteriormente la strada a una nuova congiunzione nei casi che hanno una prognosi
favorevole. Negli sviluppi psicoanalitici più recenti il concetto di trauma ha assunto
progressivamente un significato più esteso, e alla prospettiva pulsionale freudiana si
è aggiunto un riferimento costante al campo relazionale che amplia la comprensione
delle esperienze traumatiche nelle prime fasi dello sviluppo in relazione ai primi
rapporti oggettuali. Per Winnicott (1962) il trauma si organizza anche per una
inadeguata risposta dell’oggetto ad una condizione mutilante dell’Io. In tal modo
viene mantenuto un nucleo primitivo di Hilflosingkeit , mancanza di aiuto, che si
riattiva nel corso della vita. Gli impingments, urti del bambino per un’alterata
funzione di contenimento della madre-ambiente (holding), si traducono in alterazioni
della struttura dell’Io. Balint (1969) definisce la situazione traumatica all’interno della
relazione e precisa che perché ci sia un trauma è indispensabile la presenza di
almeno due persone, una nel mondo interno e una nel mondo esterno. Le
esperienze precoci tra la madre e il bambino, basate su un non riconoscimento e
una non risposta ai bisogni del bambino, portano ad un fraintendimento
nella loro relazione, che nel suo disadattamento può anche provocare dei traumi.
Masud Khan (1974) introduce il concetto di trauma cumulativo: la madre in condizioni
5
Freud S., 1938,“L’uomo Mosè e al religione Monoteista”. Op. vol.11. Ed. Boringhieri, To, 1990, pag.398
6
ibidem, 1938, pag.399
7
Freud S. Inibizione Sintomo e angoscia, 1926. Opere pag. 313
3
favorevoli di sviluppo fornisce al bambino una barriera protettiva, che ha la funzione
di scudo protettivo e Io ausiliario; davanti a una incapacità della madre di adattarsi ai
bisogni del bambino, provocando degli urti al suo vulnerabile psiche-soma, che il
bambino non riesce a fronteggiare, tale barriera diventa carente e provoca delle
brecce, che favoriscono il costituirsi di un nucleo di reazioni patogene. Queste
brecce, prese singolarmente, non sono traumatiche quando si verificano, ma si
accumulano silenziosamente e invisibilmente nel corso del tempo e diventano
traumatiche cumulativamente e retrospettivamente. Negli anni più recenti Arnold
Modell (1991), tornando sulla controversia intrapsichico / ambientale, sottolinea il
ruolo patogeno di un trauma precoce e ripetitivo, dove il trauma è dato
dall’irresponsività affettiva e dall’ipocrisia affettiva di chi fornisce le cure, e
dall’influenza cronica e continuativa dell’incapacità dell’oggetto primario di
riconoscere e supportare i bisogni affettivi del bambino. Giaconia e Racalbuto
(1997), riprendendo il concetto di Freud di "corpo estraneo” riferito a quella parte
del trauma che non è integrabile dal soggetto,
definiscono i fantasmi “formazioni psichiche inconsce non rappresentativamente
elaborabili”, come tracce mnestiche grezze, tracce di esperienza slegate da un
contesto rappresentativo linguistico. Il fantasma non può dare origine ad una
fantasia, né conscia né inconscia. La memoria del trauma o della situazione
traumatica viene ridotta ad una opaca e concreta trascrizione dell’esperienza, essa
non è il “ricordo”, ma è la reificazione della realtà che si comporta nella psiche come
un corpo estraneo, non mentalizzabile. Queste ipotesi si riallacciano a degli studi
sulle funzioni della memoria, che partono dalle idee rivoluzionarie proposte
dall’immunologo Gerard Edelman8 secondo cui la memoria non è una mera
registrazione permanente nel cervello, isomorfa del passato, ma è piuttosto una
riattivazione dinamica contesto – dipendente, una ricategorizzazione del passato
in base al presente. Ricordare è quindi una ritrascrizione personale dell’esperienza,
come aveva comunque proposto lo stesso Freud con i suoi concetti di “coazione a
ripetere” e di “a posteriori”. La memoria si potrebbe definire come l’insieme dei
processi con cui gli avvenimenti della nostra vita possono influenzare, direttamente o
indirettamente, il cervello in modo tale da alterare la sua successiva attività in modo
specifico. Sul piano epistemologico e clinico perde così d’importanza la vecchia
diatriba sull’etimologia traumatica/esterna o conflittuale/interna della sofferenza
mentale. Una produzione scientifica piuttosto consistente è oggi in grado di
dimostrare come all’origine di gravi disturbi dissociativi, d’ansia, di personalità (in
maggior parte borderline), dell’umore (soprattutto depressione) vi sia anche un
evento traumatico. Dalle ricerche su memoria e trauma emergono dei dati importanti
da cui non è più possibile prescindere, e che confermerebbero la connessione tra
situazioni traumatiche e i su citati disturbi psichici, esse sono:
a)
Le esperienze positive quanto quelle negative influenzano il
cervello in
maniera diretta, sia a livello metabolico sia a livello strutturale;
b)
L’esperienza soverchiante del trauma, codificata dal cervello in modo diverso dai
ricordi comuni, determina una stimolazione psiconeurologica
in grado di
produrre modificazioni a lungo termine del funzionamento cerebrale, stimolando
meccanismi che inibiscono i processi della memoria esplicita, determinando un
blocco nella capacità di rievocazione di questi ricordi;
c)
La relazione tra disturbo della memoria ed evento traumatico si può esprimere
sia con ipermnesia (ricordi intrusivi e continui, sensazioni di rivivere l’evento
8
1972, Premio Nobel per la medicina, con R. Porter, per ricerche sulla struttura delle molecole degli anticorpi.
4
traumatico), sia con amnesia (dissociazione, rimozione, incapacità di ricordare
l’evento);
d)
la dissociazione è un meccanismo di difesa contro sensazioni di intensa
sofferenza, ed è considerato il segnale della presenza di un ricordo traumatico
non elaborato.
Questo meccanismo, adattivo al momento del trauma, produce cambiamenti e
alterazioni dei processi psichici che, nel tempo, possono tradursi in modelli di
relazione e strategie di difesa disadattivi e compromettere, così il senso di continuità
della propria persona. Alla luce di ciò l’evento traumatico focale si inserisce in un
contesto già di per
sé
“traumatico” e acquista un significato determinante
accanto all’incapacità cronica dei genitori (patologici) di appagare i bisogni psicologici
del bambino in crescita.
Attualmente in psichiatria infantile il trauma viene studiato sia associato ai parametri
del Disturbo Post-Traumatico da Stress, sia in rapporto alla strutturazione della
personalità, in funzione cioè del condizionamento sullo sviluppo psicopatologico.
5