Giuseppe Daniele Conenna INSIDE PHYSICAL THERAPY VOL. 1 ELECTROTHERAPY INDICE 0. Prefazione 1. Cosa è l’elettroterapia 2. Struttura interna di un apparecchio per elettroterapia 3. Struttura esterna di un apparecchio per elettroterapia 4. Tipologie di correnti 5. Gli elettrodi ed il “circuito paziente” 6. La manutenzione ordinaria, straordinaria e la sicurezza 7. Tips&Tricks 8. Trattamenti estetici “Le idee geniali non timbrano il cartellino…” Anonimo PREFAZIONE Questa opera recepisce ed ha lo scopo di soddisfare compiutamente l’esigenza da parte della classe medica di comprendere la realtà in merito alle caratteristiche, impiego e sicurezza delle apparecchiature elettromedicali. In questi ultimi anni, a fronte delle tante pubblicità presenti sui vari media, abbiamo assistito ad una diffusione esponenziale delle apparecchiature elettromedicali. Gli operatori professionali, siano essi fisioterapisti, fisiatri, massoterapisti o similia, si trovano ad essere subissati da proposte commerciali, di nuove “mode“ terapeutiche, di apparecchiature sempre più “prestazionali” e sempre più costose; da ciò l’esigenza di “capire” quando e quanto siano utili le terapie strumentali, soprattutto poter valutare se vengono impiegate correttamente. Ricordiamo che le apparecchiature elettromedicali sono degli ausilii, non devono sostituire l’uomo e che dietro ad ogni apparecchiatura elettromedicale c’è sempre la mano e la mente dell’operatore, questo per sottolineare l’importanza dell’addestramento all’impiego e dello spirito critico nell’utilizzo sul paziente. Abbiamo iniziato con l’elettroterapia sia perché rappresenta la tipologia più diffusa di elettromedicali sul mercato, sia per la grande versatilità di impiego della stessa; questo primo volume, tratta gli aspetti tecnici ed applicativi legati all’elettroterapia, con particolare attenzione verso la sicurezza e le applicazioni reali, oltre a fornire gli strumenti conoscitivi necessari a permettere una scelta ponderata delle apparecchiature da acquistare e di come impiegarle: vengono approfonditamente trattate le varie tipologie di elettrodi, tutti gli accessori, i TIPS&TRICKS, ovvero i “trucchi” che si imparano solo con l’esperienza e che sono sconosciuti ai più, ma fanno la differenza nell’ottenere i risultati terapeutici. Viene anche affrontato il problema della disinfezione e della prevenzione di eventuali contaminazioni sia del paziente che delle apparecchiature; ampio spazio infine alle tabelle terapeutiche rapide, al posizionamento degli elettrodi ed alla struttura interna ed esterna delle apparecchiature e quindi all’impiego delle stesse, considerando il paziente come facente parte dell’apparecchiatura stessa. Il taglio dell’intera opera è squisitamente tecnico ed applicativo, con digressioni teoriche limitate al minimo necessario ad ampliare la conoscenza, d’altronde durante il corso di studi universitario è proprio la parte teorica che viene affrontata, mentre la parte pratica è demandata al tirocinio, che ovviamente non può essere esaustivo delle varie problematiche riscontrabili nella pratica quotidiana (es. terapia domiciliare). Siamo fiduciosi del positivo riscontro da parte dei nostri lettori e ribadiamo il nostro impegno ad ampliare gli argomenti trattati. Ringraziamenti a tutte le persone che hanno aiutato nella stesura, revisione critica di questo primo volume, ai miei colleghi e tanti amici che hanno sostenuto questa iniziativa. COSA E’ L’ELETTROTERAPIA La elettroterapia, in tutte le sue varianti attualmente utilizzate, è la metodica strumentale attualmente più impiegata in ambito medico ed estetico, sia per la versatilità di correnti generabili, che per l’ efficacia terapeutica nei trattamenti delle diverse patologie. Le correnti elettriche di interesse fisiologico si dividono in due famiglie: correnti alternate (elettrostimolazione muscolare, Tens, correnti di Kotz, c. di Traebert, diadinamiche, CP, LP, etc.) cui è associato l’ effetto eccitomotore della muscolatura, effetto lipolitico e dimagrante indiretto, effetto antalgico / analgesico; correnti continue (galvanica, ionoforesi, idroforesi, iontoforesi, crioforesi), i cui effetti terapeutici sono dovuti in gran parte alle proprietà dei farmaci e/o principi attivi veicolati tramite la cute. Le correnti vengono generate da apposite apparecchiature, chiamate elettrostimolatori, ed applicate al paziente tramite cavi ed elettrodi in materiale conduttivo (gomma conduttiva, che può determinare reazioni avverse, dovute alla bassa biocompatibilità, o silicone, decisamente da preferire, perché di costo è identico e ben più duraturo); tali elettrodi devono essere sufficientemente conduttivi da poter trasferire ai tessuti le correnti e molto flessibili, per ottenere l’ideale contatto meccanico ed elettrico con il tessuto bersaglio ed evitare disomogeneità nella stimolazione o assorbimento dei principi attivi. Molto spesso, nell’attività di consulenza e negli interventi di assistenza tecnica, ci troviamo di fronte ad elettrodi metallici (una sottile lastra di acciaio flessibile), magari inseriti nella apposita spugnetta conduttiva. Ebbene questi elettrodi sono da evitare, poiché spesso si ossidano a causa dei depositi di farmaco impiegato nella ionoforesi, in ogni caso non sono tanto flessibili da “seguire” le curve del corpo che, ricordiamo, è tutto tranne che ricco di superfici piane. Immaginate semplicemente cosa succederebbe se usassimo un elettrodo metallico su una zona quali gomito, cervicale, volto; ben difficilmente cederebbe avvolgendo opportunamente la zona, per cui si verificherebbe una eccessiva concentrazione di corrente solo ove lo stesso tocca la cute, col rischio di ustioni, se ciò avviene durante una ionoforesi o, per lo meno, GROSSI fastidi per il paziente (contrazioni instabili, nel caso di elettroterapia muscolare). Oltre a rischiare di somministrare la corrente solo in una piccola zona e non su tutta la superficie del muscolo. Accoppiamento di elettrodo metallico su sezione del braccio Accoppiamento di elettrodo siliconico su sezione del braccio La corrente si concentra solo nell’area di contatto La corrente si distribuisce su tutta la superficie dell’elettrodo Ovviamente è necessario interporre tra l’elettrodo e la cute sottostante uno strato di materiale conduttivo, quale gel conduttivo per ultrasuono terapia (non c’è nessuna differenza tra il gel per ultrasuono e per elettroterapia) o un pezzo di panno-spugna opportunamente bagnato. Da notare, nell’utilizzo degli elettrodi in silicone e/o gomma conduttiva, il fenomeno di ingottimento o “indurimento” che avviene sia per il trascorrere del tempo sia per il contatto con sostanze chimiche come il cloro contenuto nell’amuchina, fin troppo impiegata per “sterilizzare” gli elettrodi, o gli olii per massaggio, infine per reazione con i farmaci impiegati per jonoforesi. Molto spesso vediamo operatori convinti che sia sufficiente sostituire le spugnette da paziente a paziente o sterilizzare le stesse per evitare la contaminazione di pazienti. Nulla di più errato: a rigor di logica tutto quello che viene a contatto con il paziente può essere contaminato e deve essere sterilizzato con appositi liquidi per la sterilizzazione a freddo (perasafe, steril-c), ovvero: elettrodi, spugnette, e parte terminale del cavo portaelettrodi che tocca quasi sempre il paziente. cavo paziente fascia portaelettrodi spugna idratabile Sterilizzare non significa impiegare un disinfettante o prodotti a base di cloro, ma utilizzare gli sterilizzanti a freddo, altrimenti si effettua una sola disinfezione che NON PROTEGGE totalmente l’operatore ed i pazienti da infezioni varie. E’ noto che i liquidi a base di cloro hanno il difetto di usurare prematuramente gli elettrodi in silicone, l’indurimento dello spinotto e del cavo a contatto con la stessa sostanza; infine il cloro si fissa alle fibre della spugnetta e dell’elettrodo (classico l’effetto “zebrato” degli elettrodi) determinando problemi di conducibilità (difficoltà a regolare la corrente percepita dal paziente o funzionamento instabile). Ecco perché in teoria si potrebbe utilizzare, in pratica bisognerebbe sciacquare benissimo gli elettrodi per ridurre la contaminazione degli elettrodi da parte del cloro liberato. Si verifica, proprio con il passaggio della corrente continua, la liberazione del cloro rimasto fissato sulla spugnetta. Più precisamente, se effettuate una ionoforesi impiegando spugnette sterilizzate con prodotti a base di cloro, il rischio di ustioni si eleva perché durante la terapia si libera il gas di cloro che può irritare la cute, aumentando i rischi già insiti nella ionoforesi. Meglio è disinfettare la cute del paziente prima di qualsiasi trattamento con un disinfettante per uso esterno (citrosil, lisoform medical, etc.), in maniera da limitare la contaminazione e a trattamento terminato, sterilizzare le spugnette, gli elettrodi e la parte terminale del cavo.N.B.: non consigliamo di asciugare le fasce portaelettrodi e gli elettrodi vicino a forti fonti di calore (caloriferi), perché si danneggerebbero rapidamente , meglio asciugare gli stessi tamponandoli molto bene con uno strappo di lenzuolino medico in cellulosa e riporli in un luogo asciutto ed areato. Ulteriore consiglio nel caso dobbiate scollegare un elettrodo dal relativo spinotto a banana (*): per rendere più facile l’operazione, mettete qualche goccia di alcool denaturato nel punto in cui lo spinotto entra nell’elettrodo, lo stesso alcool funzionerà da lubrificante e sgrassante fino a che rimane liquido, facilitando l’estrazione o il reinserimento dello spinotto nella presa, senza alcun sforzo e rischio di rompere la parte terminale del cavo, molto delicata proprio ove entra nello spinotto. (*) spinotto a banana maschio da 4 mm procedura di estrazione/inserimento dello spinotto a banana dall’elettrodo ELETTROSTIMOLATORI: STRUTTURA ESTERNA Le caratteristiche standard di un elettrostimolatore per uso professionale includono: a) 4 ad 6 canali di uscita (in totale 8-12 elettrodi), con regolazioni indipendenti della corrente erogata; b) un display alfanumerico per la visualizzazione delle funzioni; c) alimentazione tramite corrente di rete e/o batteria ricaricabile (verificare ovviamente che l’autonomia sia sufficiente per l’uso previsto); d) almeno le seguenti correnti: Tens, elettrostimolazione muscolare, preriscaldamento, ionoforesi, Kotz. Esempio di elettrostimolatore a 6 uscite bipolari, con evidenziato il primo canale. Da notare che ogni canale deve erogare corrente indipendentemente dagli altri su una sola coppia di elettrodi R-N collegabile ad un solo fascio muscolare o segmento corporeo. Cosa si intende per canale di uscita? Introduciamo la definizione empirica: “Per canale di uscita si intende la parte di qualsiasi elettroterapia ove siano identificabili distintamente i seguenti elementi: pulsanti o manopola di regolazione della corrente, connettore di uscita e cavo paziente con due elettrodi terminali (1 elettrodo rosso e 1 nero), ciò ovviamente ripetuto tante volte quanti sono i canali di uscita.“ Ogni canale deve permettere di regolare la corrente sulla relativa coppia di elettrodi in modo indipendente e contemporaneo alle altre uscite; consigliamo di utilizzare tutti i canali disponibili in egual misura, poiché statisticamente tendiamo ad impiegare soprattutto i canali posti alla nostra sinistra (a causa del modo di leggere), ovvero il canale 1 e 2, usurandoli prematuramente, con ovvio aggravio delle spese di manutenzione delle apparecchiature. Un apparecchio dotato di queste funzioni è sufficiente a trattare in maniera efficace le principali forme di dolore cronico, ipotonia muscolare, cellulite, etc. E’ importante che l’apparecchio sia dotato di certificazioni CE e CEI 62.xx, allegate al manuale d’impiego e che riporti sul pannello posteriore i marchi CE, CEI, i dati di targa (modello, fabbricante, dati di alimentazione, norme di riferimento, etc.); spesso, infatti, vengono vendute apparecchiature fuori norma, con ovvii rischi penali e civili per l’incauto acquirente. Questi dispositivi medici sono costruiti per generare molteplici correnti elettriche al fine di sfruttarne, a scopo terapeutico, gli effetti biologici indotti sui segmenti corporei vengono interessati dall’attraversamento della corrente selezionata, opportunamente regolata in intensità ed applicata per mezzo di elettrodi conduttivi al paziente. La generazione di tali correnti avviene attraverso la conversione della tensione di rete o della tensione fornita da una batteria (di solito ricaricabile) in correnti con particolari caratteristiche, per mezzo di un dispositivo elettronico costituito essenzialmente da: uno stadio alimentatore, uno stadio logico, che genera i segnali, pilota il display e fornisce la interfaccia con l’operatore ed uno stadio finale, che modifica i segnali per renderli funzionali a livello terapeutico, infine il PAZIENTE, collegato tramite elettrodi appositi. Semplicemente osservando il pannello frontale di una qualsiasi apparecchiatura per elettroterapia è possibile identificare le varie sezioni funzionali della stessa, ovvero: logica potenza • la sezione logica. Permette all’operatore di scegliere i parametri di emissione delle correnti, la durata della terapia ed altre funzioni, facilmente identificabile per la presenza di un display ove visualizzare i parametri e le funzioni ed un dispositivo di immissione dei dati, ovvero tastiera o manopola (encoder rotativo) • la sezione di potenza. Permette all’operatore di regolare il livello di ogni canale di uscita, identificabile per la presenza di manopole o pulsanti di regolazione della potenza e connettori di uscita ai quali collegare i cavi e gli elettrodi paziente • i cavi e gli elettrodi per il paziente, sui quali ci soffermeremo a lungo. Questo vale per la parte frontale dell’apparecchio; altrettanto importante è la parte posteriore ove sono presenti: la presa di alimentazione dell’apparecchio, l’interruttore di alimentazione, i fusibili di protezione e soprattutto l’etichetta con i dati di targa che consentono di identificare l’apparecchio tramite gli appositi contrassegni di legge, prescritti dalla normativa CEI e valida in tutta la Comunità Economica Europea. Per maggiore chiarezza, riportiamo l’elenco delle norme vigenti, relative alle apparecchiature per elettroterapia: CEI 62.5, CEI 62.50, CEI 62.51, CEI 62.81, CEI 62.24, oltre al marchio CE sotto riportato. A seguire, riportiamo un esempio di etichetta riportante i dati di targa: L’aspetto normativo è di estrema importanza per le conseguenze legate all’impiego delle apparecchiature elettromedicali sul paziente, per i rischi connessi alle stesse e per le responsabilità dirette dell’operatore, considerando che la sicurezza d’impiego degli elettromedicali è legata all’utilizzo con un impianto elettrico a norma, cosa che spesso non avviene nella esecuzione delle prestazioni domiciliari di terapia fisica. Altro principio base nella terapia strumentale è quello del minimo rischio assoluto, ovvero: limitare i collegamenti apparecchiature elettromedicali-pazienti ad uno per volta, ovvero, pur in presenza di apparecchiature multicanali che possano permettere il trattamento su più pazienti contemporaneamente, effettuare la terapia sempre e solo su un paziente; in caso di malfunzionamenti si limiteranno i danni. Inoltre, vale il criterio della rintracciabilità, per cui ogni apparecchio, accessorio e complemento medico, ha un numero di matricola che segue il prodotto dalla fabbrica, al rivenditore fino al paziente, allo scopo di ricondurre eventuali responsabilità solo a chi compete (difetto di fabbricazione, errore di conservazione o scadenza, errato impiego sul paziente, etc). ELETTROSTIMOLATORI: STRUTTURA INTERNA L’apparecchio è formato da: • una sezione logica, che permette di generare gli impulsi e scegliere i parametri di emissione delle correnti, oltre a pilotare un display ed una serie di comandi, quali tastiere, commutatori rotativi, necessari per “dialogare con l’apparecchio”. Tipicamente, la parte logica è identificabile vicino al microcontrollore (il “cervello” dell’apparecchio) ovvero vicino al connettore del display, in maniera semplice, che in questo caso abbiamo contrassegnato con marker rosso e blu. • una sezione di alimentazione che provvede a regolare e stabilizzare la tensione di alimentazione (batteria o rete 220 Vac), di importanza fondamentale per il funzionamento dell’apparecchio. E’ una parte critica in tutte le apparecchiature poiché deve regolare potenze elevate e dissipa calore, oltre a risentire da eventuali sbalzi di tensione della rete 220 Vac; è facilmente identificabile per la presenza dei condensatori di livellamento e del ponte raddrizzatore. • una sezione di potenza, che elabora gli impulsi forniti dalla parte logica per trasformarli in segnali elettrici con funzionalità terapeutica, identificabile dalla vicinanza con i connettori che portano i segnali alle prese di uscita dei canali, dalla presenza di componenti di potenza e/o trasformatori elevatori (non sempre). Dallo stadio di potenza dipendono gran parte delle prestazioni di un apparecchio per elettroterapia; distinguiamo fondamentalmente due tipologie di stadio finale: • stadio finale con trasformatore elevatore in cui vengono generati gli impulsi, poi amplificati da un piccolo trasformatore elevatore ed accoppiati al paziente. Questa tipologia pur essendo meno “precisa”, offre il notevole vantaggio di isolare il paziente da ciascun canale di uscita e, soprattutto, permette di evitare l’arrossamento della cute dovuto alla dissociazione elettrolitica dei liquidi intracorporei. L’accoppiamento con il paziente è in corrente alternata per cui si evitano i difetti legati alla componente continua, tant’è che questa tipologia di stadio finale non si può impiegare per la ionoforesi ma solo per le altre forme di elettroterapia; • stadio finale con modulatore a corrente costante da sostituire l’immagine In questo stadio, gli impulsi vengono generati e poi applicati a componenti di potenza che “modulano opportunamente” l’alta tensione ricavata dall’alimentatore; per pi essere applicati al paziente. Questa tipologia offre il vantaggio di essere molto “precisa” e permette di impiegare lo stesso stadio di uscita, e quindi il canale, sia per la ionoforesi che per le elettroterapie, addirittura miscelando le due in maniera variabile, offrendo maggiore versatilità rispetto al sistema precedente, ma con il difetto che, QUALSIASI sia la corrente selezionata (tens, jono, elettrostimolazione, etc.) in caso di apparecchiatura non perfettamente tarata, si avrà sempre un residuo passaggio di corrente continua, arrossamento della cute e rischio di ustioni, del tutto assenti con il precedente sistema a trasformatore elevatore. In generale, le apparecchiature con la possibilità di miscelare sulla stessa uscita sia la corrente continua (jono, nell’esempio sottostante) che la corrente alternata (pulse, nell’esempio sottostante) sono più versatili nell’impiego, ma determinano la somministrazione di corrente continua anche quando non richiesto, perché il valore medio di queste correnti, nel caso di queste apparecchiature, è diverso da zero. Le apparecchiature con la possibilità di erogare le elettroterapie alternate (tens, jono, elettrostimolazione) su canali separati da quelli della jonoforesi sono da preferire per motivi di sicurezza del paziente, pur essendo meno versatili. Ripetiamo l’importanza di far effettuare un controllo della funzionalità e taratura delle apparecchiature elettromedicali, troppo spesso si trascura l’aspetto fondamentale della affidabilità dei dispositivi medici cosa che può determinare l’inefficacia delle terapie erogate. TIPOLOGIE DI CORRENTI Le correnti elettriche provocano importanti effetti biologici; questi sono influenzati da parametri in gran parte regolabili dall’utente, ovvero: frequenza, pausa e durata della stimolazione, intensità ed ampiezza degli impulsi, forma d’onda, etc. e dal posizionamento, dalle dimensioni ed accoppiamento degli elettrodi. In questi anni si è diffuso l’ impiego di apparecchiature per elettroterapia con tantissime funzioni più o meno “innovative”, sulla cui validità terapeutica sussistono forti dubbi; lo stesso Ministero della Salute, la FDA, la WHO (o OMS), non hanno inserito nuove tipologie di elettroterapia da alcuni anni ad oggi, per cui spesso le innovazioni servono a giustificare immotivati incrementi del costo delle apparecchiature e “spingere” l’immissione sul mercato di nuovi modelli, semplicemente cambiando il nome delle terapie o l’aspetto estetico delle stesse apparecchiature. Bisogna considerare tra l’altro, che qualsiasi impulso applicato alla cute si appiattisce, sia esso esponenziale, rettangolare, sinusoidale, etc. a causa di molteplici parametri non facilmente controllabili, rendendo inutile proporre apparecchiature con funzioni e correnti più o meno “fantasiose”. Variazione degli impulsi applicati al corpo umano Schema elettrico equivalente della resistenza cutanea Uno degli aspetti principali indagati dalla fisica medica è lo studio delle interazioni tra i tessuti biologici (sia sani che in condizione patologica) con le varie forme di energia (luce, elettricità, impulsi meccanici, etc.) e soprattutto la DOSIMETRIA, ovvero capire quali siano i livelli minimi di tali energie sufficienti per ottenere un effetto curativo ed i livelli oltre i quali si verificano effetti avversi o reazioni parossistiche. Nel caso della corrente elettrica, i principali effetti derivanti dall’interazione con tessuti umani sono: l’effetto chimico, la vasodilatazione, l’effetto eccitomotorio, l’effetto antalgico e l’effetto termico. Parametro di fondamentale importanza nella elettroterapia (AD ESCLUSIONE DELLA JONOFORESI) è la “SOGLIA DI REOBASE”, necessaria per la corretta effettuazione delle terapie, ovvero il livello di corrente minimo necessario per ottenere una contrazione muscolare appena visibile; al di sotto di tale soglia, qualsiasi stimolazione sarà di tipo antalgico, dal livello di reobase in poi, la stimolazione sarà di tipo eccitomotorio e quindi muscolare. La corretta regolazione della corrente, erogata tramite gli elettrodi al paziente, è fondamentale per il raggiungimento dei fini terapeutici di nostro interesse, poiché, spesso, è minima la differenza tra una stimolazione inefficace (<soglia di reobase) e la soglia del dolore, rendendo difficile una corretta esecuzione della terapia. E’ il motivo per cui bisogna impiegare elettrodi di dimensioni opportune in base al tessuto bersaglio ed ecco perché si richiede all’operatore anche il controllo “de visu” dell’ampiezza delle eventuali contrazioni. Come si può notare dal grafico in figura, la soglia di reobase e la soglia del dolore variano al variare della frequenza, da cui la necessità di regolare la corrente erogata a seconda dell’effetto terapeutico desiderato, pur mantenendo uguali gli elettrodi impiegati ed il posizionamento sul paziente. Spesso, nella esecuzione di terapia antalgica in zone delicate (es. cervicale) vengono impiegati elettrodi più grandi del necessario, ottenendo contrazioni muscolari anche ove non richiesto; questo determina difficoltà nell’erogare la terapia ed eventuale inefficacia della stessa. Riportiamo a seguire una indicazione grafica che può far ben comprendere l’importanza di quanto detto: Elettrodo 40*50 mm Elettrodo 60*80 mm Possiamo vedere come, variando le dimensioni degli elettrodi a parità di zona trattata e di corrente erogata, vari l’intervallo tra la soglia di reobase e la soglia del dolore. Più precisamente, impiegando elettrodi più grandi del dovuto, è molto facile ottenere contrazioni muscolari indesiderate, poiché si restringe tale intervallo, mentre impiegando elettrodi più piccoli di quanto indicato, l’intervallo si allarga e può essere difficile ottenere le contrazioni desiderate per l’insufficiente reclutamento delle fibre muscolari ed unità motorie. 1. Correnti ad azione antalgica: • CORRENTI DIADINAMICHE • IONOFORESI-IONTOFORESI-IDROFORESI-CRIOFORESI-CORRENTE GALVANICA (grazie ai principi attivi veicolati) • T.E.N.S. 2. Correnti ad azione eccitomotoria: • DIADINAMICHE • RETTANGOLARE • ESPONENZIALE • FARADICA • KOTZ 2. Correnti continue: • IONOFORESI-IONTOFORESI-IDROFORESI-CRIOFORESI- CORRENTE GALVANICA • CORRENTI DIADINAMICHE Le correnti diadinamiche sono correnti unidirezionali semisinusoidali a bassa frequenza, inventate da Barnard negli anni 193035, con effetto principalmente eccitomotore (elettrostimolante) ed effetto analgesico / miorilassante. Barnard propose più tipi di correnti diadinamiche caratterizzate da differenti combinazioni di frequenze, con diversi effetti biologici. • Corrente Monofase Fissa: costituita da impulsi semisinusoidali della durata di 10 mSec, seguiti da pause della stessa durata, frequenza di 50 Hz, con effetto elettromotore nei confronti della muscolatura liscia; • Corrente Difase Fissa: • composta da impulsi emisinusoidali della durata di 10 mSec, pausa della stessa durata e frequenza di 100 Hz, con effetto elettromotore nei confronti della muscolatura liscia ed effetto antalgico a basse potenze (al di sotto della soglia di reobase), di rapida insorgenza e breve durata (circa 4-6 ore); • Corrente Corto Periodo: costituita da treni di impulsi mono e bifase, della durata di 2-3 secondi ciascuno, con azione eccitomotrice nei confronti della muscolatura liscia e striata. Grazie a questa azione, il corto periodo determina la contrazione dei muscoli striati, migliora lo stato di nutrizione dei tessuti e facilita il riassorbimento degli edemi postraumatici, inoltre drena i tessuti affetti da cellulite edematosa. • Corrente Lungo Periodo: costituita da una treni di impulsi monofase e difase, della durata di 5-6 secondi ciascuno. La corrente lungo periodo ha prevalentemente azione antalgica e miorilassante nei confronti della muscolatura striata. • Diadinamiche automatiche Correnti composte dalla scansione automatica delle quattro correnti diadinamiche: monofase, difase, corto periodo, lungo periodo, con ciclo di 10-15 secondi per ciascuna corrente. La scansione automatica delle correnti diadinamiche viene utilizzata per evitare il fenomeno dell’assuefazione. Principali indicazioni per le correnti diadinamiche: • Postumi dolorosi di traumi articolari • Elettrostimolazione muscolare (non muscoli denervati o fortemente ipotonici) • Artropatie acute e croniche • Algie muscolari • Tendinite • IONOFORESI-IONTOFORESI-IDROFORESI-CRIOFORESI-CORRENTE GALVANICA Corrente continua, con intensità max 10 mA/cm2 in fisioterapia e di 3 mA/cm2, in estetica. La ionoforesi è una metodica che utilizza corrente continua (a basso livello < 2-3 mA) per veicolare all’interno dei tessuti biologici gli ioni di un farmaco a basso peso molecolare disciolto in soluzione acquosa. E’ indicata nel trattamento di patologie che interessano strutture non profonde, non fortemente vascolarizzate e dove non siano presenti patologie di interesse dermatologico o vascolare (angiomi, vene varicose, fragilità capillare) che risentano del passaggio di correnti continue. Il suo impiego è iniziato dopo gli studi di Leduc, che nei primi anni dello scorso secolo dimostrò la permeabilità della cute agli ioni dei principi attivi se veicolati tramite corrente continua. E’ particolarmente efficace nelle patologie del gomito, polso, mano, ginocchio e tibio-tarsica, in alcune patologie dermatologiche (iperidrosi, cellulite ed adiposità localizzate, etc.). Da notare che quale che sia la tecnica di somministrazione (iono-idro-iontoforesi) l’eventuale parte del principio attivo che dovesse arrivare nel derma verrebbe ulteriormente captata e dispersa per via sistemica dal letto vascolare, rendendo inutile il prolungare la terapia o impiegare elevate correnti per “spingere più farmaco più in profondità”. Il letto vascolare della mano Numerose risultano essere le affezioni trattabili con la ionoforesi perché a seconda del principio attivo utilizzato, questa metodica svolge azione antalgica, antinfiammatoria, antiedematosa, miorilassante, ricalcificante e sclerotizzante. Apparecchio per idroforesi Dispenser a rullo per iono-idroforesi Riportiamo a seguire, una tabella di selezione dei principi attivi veicolabili per via ionoforetica (ad uso medico): Alfa-chimotripsina Vitamine gruppo B Bicloridrato di istamina Benzidamina Carbaina Citrato di potassio Cloruro di calcio Salicilato di sodio Cloruro di zinco soluzione 1 per 1000 soluzione 0.2 per 1000 soluzione 5 per 100 soluzione 5 per 100 soluzione 1 per 1000 soluzione 2 per 100 soluzione 2 per 100 soluzione 1 per 100 positivo positivo positivo positivo positivo positivo positivo negativo positivo Ioduro di potassio Jaluronidasi Nitrato di aconitina Nitrato di argento Thiomucase Salicilato di litio Cloruro di sodio Solfato di zinco soluzione 2 per 100 150 U. pomata soluzione 0.25 per 1000 soluzione 2 per 100 pomata o fiale soluzione 2 per 100 soluzione 2 per 100 soluzione 1 per 100 negativo positivo positivo positivo negativo positivo negativo positivo Per quanto concerne la polarità di principi attivi di cui sia ignota la concentrazione ionica, consigliamo, durante la prima applicazione, di impiegare due spugnette uguali, distribuendo il 50% del prodotto sotto l’elettrodo positivo ed il rimanente 50% sotto l’elettrodo negativo, effettuando la terapia regolarmente. Alla fine dell’ applicazione, la polarità corretta del farmaco corrisponderà a quella dell’elettrodo sotto al quale è rimasto MENO prodotto, dunque trasferito per via ionoforetica in maniera più efficiente. Dalla successiva seduta, il principio attivo verrà veicolato esclusivamente tramite l’elettrodo di polarità opportuna, posizionato al centro della zona da trattare, mentre l’altro elettrodo (cosiddetto indifferente) sarà accoppiato tramite una spugnetta bagnata con acqua. In anni recenti si è molto diffusa la IDROFORESI, proposta come apparecchiatura che permette di veicolare i principi attivi fino a notevoli profondità (anche 10 cm) in maniera controllata, ovviamente a prezzi esorbitanti; ebbene tali apparecchiature offrono realmente solo (sic!) la possibilità di erogare livelli di corrente superiori a quanto non riesca la ionoforesi ed hanno il vantaggio di limitare notevolmente (a parità di corrente) il rischio di ustioni chimiche nelle zone sottostanti gli elettrodi, limite pratico di questa terapia. Durante una seduta di ionoforesi, applicati gli elettrodi alla cute, si verifica un passaggio di corrente continua associato al trasferimento (degli ioni) del principio attivo presente sulla spugnetta idratabile, purtroppo questa corrente continua determina anche la cosiddetta “dissociazione elettrolitica” dell’acqua contenuta nei tessuti (da notare che ne siamo composti circa al 60%), ovvero, partendo dall’acqua, abbiamo: H2O > elettrodo negativo: 2 H+ + 2 e- → H2 elettrodo positivo: 2 OH- → ½ O2 + H2O + 2 e- lo stesso avviene nei confronti dei sali contenuti nei tessuti (ad esempio: NaCl) NaCl > elettrodo negativo: Na+ elettrodo positivo: Cl- come si può notare, sotto gli elettrodi si verifica un accumulo di cloro, di sodio ed idrogeno che determinano variazioni del PH ed ustioni anche di grave entità, con lunghi tempi di guarigione. Spesso durante la terapia ionoforetica i pazienti si lamentano di “non sentire nulla”, ovviamente ciò è vero perché la ionoforesi non implica alcun effetto eccitomotore, in tal caso consigliamo di spiegare che ciò è assolutamente normale e che già a correnti > 2 mA, pur senza alcuna sensazione si possono verificare ustioni chimiche, financo a porre gli elettrodi della apparecchiatura (col paziente disconnesso) in contatto ai bordi e regolare l’intensità di uscita a 6-10 mA, si vedranno infatti le scintille dovute al passaggio di corrente (!). Consigliamo dunque di rispettare la prescrizione di impiegare basse correnti (1-2 mA), curando la perfetta idratazione della cute sottostante ed evitando le zone arrossate o abrase, infine nel caso di terapia giornaliera, è preferibile spostare ogni volta gli elettrodi. Nel caso in figura, ad esempio, si possono usare gli elettrodi nella posizione A e B alternandoli al fine di non danneggiare eccessivamente sempre le stesse zone. Ad esempio: LU-ME-VE: elettrodi in posizione A MA-GI-SA: elettrodi in posizione B Posiz. A Posiz. B Ovviamente questo accorgimento può essere esteso a qualsiasi segmento corporeo. Data la grande versatilità della terapia ionoforetica e la possibilità di trattare zone più o meno estese, si possono effettuare le somministrazioni sia impiegando elettrodi in silicone che in tessuto conduttivo, imbevendo la spugna idratabile con il principio attivo oppure impiegare appositi dispenser (vedi pag. 30) ove miscelare il principio attivo con gel conduttivo neutro e distribuire lo stesso tramite il rullo, in maniera da poter trattare anche zone estese. Immagini relative al posizionamento degli elettrodi nella ionoforesi ed idroforesi: N.B: un relativo arrossamento della cute sottostante gli elettrodi è del tutto normale: ricordarsi di rispettare i limiti di corrente sopra indicati (1-2 mA), facendo attenzione se il paziente dovesse avvertire formicolio in tale zona (rischio di ustioni!), in tal caso, fermare subito l’erogazione, spostare gli elettrodi come suindicato e verificare che non ci siano danni, eventualmente applicare una pomata lenitiva. Ustione chimica da errato dosaggio della corrente ionoforetica • ELETTROSTIMOLAZIONE MUSCOLARE Indicata per lo sviluppo ed il potenziamento muscolare simmetrico, anche nella cura della cellulite (per via indiretta in quanto aumenta il dispendio energetico) e come terapia di mantenimento nel caso di paresi ed atrofie o atonie muscolari: con questa funzione si ottiene una stimolazione sia della muscolatura liscia che striata, un notevole incremento della microcircolazione sanguigna e della volumetria muscolare, attraverso un ciclo di contrazione che prevede una fase di stimolazione minima, una fase di incremento della forza espressa dal muscolo, una fase di contrazione massima, (impostata dall’operatore) ed una fase di decontrazione muscolare che si ripetono con caratteristiche variabili a seconda della risposta muscolare e del livello di resistenza del muscolo, in maniera da evitare contrazioni troppo violente (ricordiamo che si chiamano contrazioni tetaniche!). Essendo questo un trattamento che sottopone il muscolo ad un intenso lavoro meccanico, è necessario far precedere l’ elettrostimolazione muscolare (quale essa sia) da un trattamento di preriscaldamento, in maniera da aumentare la irrorazione sanguigna a livello locale (incremento della sintesi dell’ ATP e quindi maggiore forza/massa muscolare); in ogni caso se il paziente lamenta algie a livello della muscolatura da trattare, necessita preventivamente del trattamento antalgico. Gli elettrodi possono essere posizionati sia agli estremi del muscolo che all’estremo del muscolo e sulla placca motrice dello stesso (posta a metà del muscolo), come da esempi riportati; ovviamente in maniera simmetrica rispetto al corpo (per esempio: lato destro e sinistro, parte anteriore e posteriore, ovviamente con differenti correnti), per evitare alterazioni posturali. La potenza degli impulsi deve essere proporzionate al livello di resistenza del muscolo, in maniera da ottenere una isotrofia del lato destro e sinistro del corpo, anche in considerazione del fatto che normalmente si impiega maggiormente la parte destra del corpo. Nel caso di trattamenti della muscolatura addominali, al fine di evitare alterazioni della lordosi fisiologica, è necessario trattare sia la muscolatura addominale che quella lombare corrispondente (ovviamente questi ultimi muscoli si tratteranno con potenza inferiore a quella necessaria alla contrazione degli addominali); così come è possibile trattare sia il bicipite (Dx ed Sx) che il tricipite (Dx ed Sx), ponendo l’elettrodo di una uscita sull’estremo superiore del bicipite e l’altro elettrodo sull’estremo inferiore del tricipite e regolando la potenza fino ad ottenere una contrazione visibile. Nel trattamento addominale è importante posizionare correttamente gli elettrodi simmetricamente rispetto alla linea che unisce l’ombelico alla base dello sterno; l’elettrodo di una uscita sarà posizionato a circa 3-5 cm (a seconda dell’altezza del paziente) al di sotto dell’ombelico, a metà del tratto che separa l’ombelico dal lato destro del corpo, l’altro elettrodo, sarà posizionato ad una distanza di 10-15 cm (a seconda dell’altezza del paziente) dall’ ombelico ed allineato verticalmente con l’elettrodo positivo. Gli elettrodi di una seconda uscita impiegata saranno collocati simmetricamente rispetto all’ asse che unisce l’ombelico alla base dello sterno, soltanto che saranno spostati a sinistra di tale linea. Il trattamento di stimolazione isometrica prevede innanzitutto l’alternanza con il trattamento isocinetico (un trattamento di iperossigenazione + isometrica è seguito da un trattamento di iperossigenazione + isocinetica a distanza di 48 ore), l’impiego di potenze elevate, tali da indurre contrazioni ben visibili; nel caso di marcate ipotrofia si possono usare due coppie di elettrodi per trattare i singoli gruppi muscolari, suddividendo il muscolo lungo l’asse maggiore in maniera da allineare di seguito sullo stesso gli elettrodi di due canali. Le sedute devono essere effettuate a giorni alterni e, in ogni caso, con una durata massima di 30-40 minuti, partendo da una potenza degli impulsi tale da indurre la sensazione di un formicolio ben avvertibile ed aumentando la potenza durante le sedute fino ad avvertire delle contrazioni che diventeranno tanto più intense quanto maggiore sarà il trofismo muscolare raggiunto. Durante le prime 3-4 sedute (sempre a giorni alterni), consigliamo di iniziare con 20 minuti di preriscaldamento e a seguire un trattamento di 10 minuti (o meno, a seconda della resistenza del muscolo) di elettrostimolazione muscolare, per proseguire con le sedute successive in cui si ridurrà gradualmente la durata della fase di preriscaldamento (in ogni caso non deve essere inferiore a 5 minuti), incrementando la fase di elettrostimolazione ( fino ad un massimo di 30-35 minuti ). Sedute iniziali (muscolo ipotonico) Trattamenti avanzati (muscolo normotonico) Consigliamo di utilizzare sempre elettrodi di limitate dimensioni (circa 50x50 mm) sulla zona cervicale (evitando la parte anteriore del collo, in quanto sono presenti i recettori della pressione arteriosa), polpacci, braccia, pettorali, zona lombare e dorsale o ed in ogni caso se la zona da trattare è limitata a 10-20 cm; altrimenti (addominali, dorsali, lombari, glutei, gambe) utilizzare elettrodi con dimensioni superiori (60x80 mm) posizionati parallelamente lungo l’asse maggiore degli stessi. Riportiamo a seguire le tabelle di trattamento per la elettrostimolazione muscolare, da ripetersi per più cicli. Tabella elettroterapia muscolare (terapia di attacco) Numero seduta Terapia Preriscaldamento 1-4-7-10 20>5 minuti Aumento massa 5>20 minuti Aumento forza 2-5-8-11 20>5 minuti 3-6-9-12 20>5 minuti 5>20 minuti Definizione/Kotz 5>20 minuti Tabella elettroterapia muscolare (terapia di mantenimento) Terapia Preriscaldamento Aumento resistenza Aumento forza esplosiva Definizione/Kotz 1-4-7-10 5 minuti 20 minuti Numero seduta 2-5-8-11 3-6-9-12 5 minuti 5 minuti 20 minuti 20 minuti • T.E.N.S. Costituita da treni di impulsi con durata di 0,1-0,3 millisecondi (msec) e con regolazione della frequenza, da pochi Hertz a 200 Hz circa, tali impulsi hanno una componente positiva responsabile della stimolazione nervosa, seguita da un picco negativo (spike) molto breve, con ampiezza pari a 1/3 dell’impulso positivo, che serve a contrastare i fenomeni di accomodamento ed assuefazione alla terapia; tale impulso è detto anche ONDA H o ONDA CINESE per la similitudine dei meccanismi terapeutici sovrapponibili a quelli della agopuntura tradizionale, tant’è che con elettrodi appositi si può effettuare l’elettroagopuntura proprio con questi impulsi, sui trigger point. La parola T.E.N.S. deriva dalla sigla inglese “Transcutaneous electrical nerve stimulator”, ossia “Elettro Stimolazione Nervosa Transcutanea”. Questa corrente è stata sviluppata dopo la elaborazione della “teoria del cancello di Melzack e Wall” ed ha conquistato rapidamente un ruolo primario nella terapia del dolore, grazie alla sua efficacia. N.B.: la terapia TENS risolve i sintomi dolorosi, ma non la patologia scatenante gli stessi; nel caso in cui a seguito della terapia il dolore non sia ridotto, probabilmente il paziente ha riduzioni o alterazioni della sensibilità, che possono giustificare le difficoltà nell’erogare il giusto livello di stimolazione necessaria a raggiungere l’analgesia. Nella terapia TENS è importante che vengano trattate le zone effettivamente interessate al processo doloroso; alcuni casi di mancata rispondenza alla terapia sono dovuti al fatto che la zona trattata è solo di “dolore riflesso” e che il posizionamento degli elettrodi deve essere effettuato altrove, esplorando i tessuti tramite digitopressione e cercando l’arco riflesso conseguente (es. terapia della lombosciatalgia). Le apparecchiature T.E.N.S. erogano impulsi rettangolari di breve durata (100-300 µSec.) seguiti da un impulso negativo, onde evitare fenomeni di assuefazione e non produce danni delle membrane cellulari; per questi motivi, il trattamento può essere ripetuto più volte al giorno (fino a tre sedute), per lunghi periodi. La durata delle applicazioni è di circa 20-40 minuti cadauna ed è molto importante regolare i parametri di corrente in maniera da far avvertire al paziente una sensazione di forte formicolio, analoga all’addormentamento di un arto ed assolutamente non raggiungere la soglia di reobase, in quanto la pur minima contrazione muscolare impedisce una ottimale analgesia. Dopo qualche minuto, il paziente non avvertirà più tale sensazione a causa dell’azione antalgica delle β-endorfine messe in circolo, per cui si dovrà aumentare la corrente degli impulsi, in maniera da far riavvertire nuovamente il formicolio di cui sopra; ciò ripetutamente, in maniera graduale, al fine di rendere il paziente via via più insensibile al dolore. Le principali indicazioni della corrente TENS sono: • Dolori radicolari ed erniari • Nevralgie post-erpetiche • Artrite reumatoide, artrosi e processi reumatici di tipo cronico • Artralgie e mialgie localizzate ed estese (lombosciatalgia) Nella terapia TENS bisogna prestare attenzione al posizionamento degli elettrodi, che devono essere paralleli ed includere completamente l’area dolorante; normalmente vengono impiegati elettrodi monouso autoadesivi, che consentono l’applicazione in zone più critiche (quali la cervicale, il gomito, etc.), senza fasce portaelettrodi, per un maggiore comfort. Per quanto concerne la polarità degli elettrodi, esistono diverse scuole di pensiero; in generale, possiamo affermare che tale parametro non è critico, in quanto non c’è effetto eccitomotore e gli elettrodi stessi sono posizionati agli estremi delle aree doloranti. Consigliamo di impiegare elettrodi di piccola superficie (40*50 mm) per la cervicale, il gomito, il seno, la caviglie e la zona scapolare, mentre conviene impiegare elettrodi più grandi (50*70 mm) per la parte toraco-addominale, i glutei, il ginocchio e la parte superiore della gamba. Il volto e la mano devono essere trattati esclusivamente con elettrodi piccoli, quali PG10S e/o PG470, in maniera da limitare l’ampiezza degli impulsi e l’area trattata; più precisamente, nel caso di nevralgie, si può impiegare un elettrodo PG470 sotto il mento, come riferimento ed elettrodi PG10S sulla parte dolorante del volto. E’ possibile stimolare anche zone molto limitate o delicate (mano, polso, viso, etc.), impiegando elettrodi a manipolo con terminale a fungo o a sfera, utilizzando piccole quantità di gel conduttivo, onde migliorare lo scorrimento del terminale sulla cute. Riportiamo lo schema standard per i trattamenti antalgici tramite TENS; il ciclo consiste in 12 sedute, a cadenza giornaliera, della durata di circa 20-30 minuti ciascuna, seguite da una pausa di 2 giorni per verificare la risoluzione della sintomatologia dolorosa e proseguire con eventuali trattamenti di altro tipo. 1-2° giorno 3-4-5° giorno Dal 6 al 12mo giorno TENS ad alta TENS a media TENS a bassa frequenza 13-14mo giorno Nessuna terapia antalgica frequenza frequenza (2<f<10 Hz) o (verifica della tenuta terapeutica) f>100 Hz 20 Hz<f<80 Hz TENS alta+media frequenza Riportiamo a seguire le tavole relative al posizionamento degli elettrodi per la terapia TENS Trattare con TENS ad alta frequenza (20-30 minuti) sia la zona cervicale che entrambi i deltoidi, al fine di ridurre il dolore muscolare presente e bloccare la trasmissione nervosa degli impulsi dolorifici nel canale cervicale. Terminata la terapia antalgica, rimuovere gli elettrodi sulla zona cervicale e trattare con correnti decontratturante (15 minuti circa) i soli deltoidi, al fine di rilassare la muscolatura. Trattamento cervicalgie Trattamento lombosciatalgie Trattare con TENS a.f. + TENS m.f. (15+15 minuti), sia la zona anteriore (es.: canale 1), che posteriore (es.: canale 2) in corrispondenza dell’anca; se necessario effettuare due trattamenti al giorno (mattina e sera), in maniera elevare la soglia del dolore il più possibile. Spesso nel caso di dolori bilaterali, la terapia deve essere erogata contemporaneamente su anche e ginocchia, in quanto tale sindrome dolorosa è associata a gonalgie (vedi immagine a pag. 5) Trattamento b-block colonna vertebrale Trattamento algie dell’anca • RETTANGOLARE Corrente unidirezionale ad impulso di tipo rettangolare con durata regolabile fino a 500 mSec e pausa regolabile fino a 10 Sec, è l’impulso base per la elettrostimolazione muscolare. • ESPONENZIALE Corrente unidirezionale ad impulso di tipo esponenziale con durata massima di 99 millisecondi e regolazione della pausa fino a 9 secondi. Entrambe sono correnti ad impulsi regolabili in intensità, durata e pausa capaci di determinare la risposta contrattile del muscolo denervato, parzialmente denervato e innervato o ipotonico (pazienti obesi). Muscoli parzialmente denervati: L’elettrostimolazione dei muscoli parzialmente denervati viene attuata con impulsi esponenziali. Questi impulsi determinano la risposta contrattile delle fibre muscolari denervate senza stimolare le fibre già reinnervate, le quali si accomodano alla lenta crescita dello stimolo. Inoltre gli impulsi esponenziali non arrecano fastidio al paziente, in quanto determinano l’accomodazione anche delle fibre nervose sensitive. Nel caso di muscoli totalmente denervati si possono utilizzare impulsi rettangolari o esponenziali, mentre nel caso di muscoli normoinnervati la stimolazione viene effettuata con impulsi rettangolari. L’impiego di impulsi esponenziali richiederebbe, a causa del fenomeno dell’accomodazione, intensità elevate e di conseguenza meno tollerate. Nel trattamento di queste patologie occorre prestare particolare attenzione alla disposizione degli elettrodi e nella scelta dell’elettrodo attivo. Gli elettrodi vanno posizionati secondo la tecnica monopolare per stimolare i piccoli muscoli (l’elettrodo stimolante è di piccole dimensioni e può avere forma di penna) e secondo la tecnica bipolare per attivare i muscoli di maggiori dimensioni. Elettrodo a penna per terapia con tecnica monopolare Elettrodi in silicone o tessuto conduttivo per terapia con tecnica bipolare Dato che le fibre muscolari hanno perduto la loro integrità funzionale mediata dal collegamento nervoso, lo stimolo elettrico deve interessare direttamente le singole fibre. • FARADICA Corrente unidirezionale a bassa frequenza, treni di impulsi di forma triangolare con durata 1 millisecondo (mS) e pausa regolabile fino a max 9 secondi. E’ una corrente a bassa frequenza, che viene utilizzata per l’elettrostimolazione del muscolo normalmente innervato, dal momento che per le sue caratteristiche è quella che, tra tutte le contrazioni prodotte dalle correnti eccitomotorie, più assomiglia alla contrazione muscolare volontaria. Gli effetti biologici della corrente faradica sono rappresentati dalla: • Azione eccitomotoria • Vasodilatazione L’indicazione elettiva della corrente faradica è l’ipotrofia muscolare da non uso, ovvero in pazienti con scarso tono muscolare, ad esempio in seguito a rapidi cali ponderali o a traumi. Il suo impiego è particolarmente indicato qualora il paziente non sia in grado di attivare volontariamente i muscoli a causa di deficit di collaborazione o per soppressione funzionale dell’immagine motoria. • La stimolazione faradica può essere utilizzata per provocare la contrazione di quei muscoli che nel paziente emiplegico permangono flaccidi a distanza di parecchie settimane dall’ictus cerebrale. • In presenza di paralisi funzionali, di tipo ischemico, vanno impiegati valori di intensità piuttosto alti, in modo da determinare una reazione di difesa. • Nel caso di trasferimento chirurgico delle inserzioni di un muscolo per la compensazione di deficit funzionali consolidati l’elettrostimolazione del muscolo trapiantato favorisce l’apprendimento del nuovo schema motorio. • ELETTROLINFODRENAGGIO Indicato per il drenaggio degli accumuli di linfa e liquidi , con questa funzione si ottiene un effetto di pompaggio verso il dotto toracico (il “cuore” del sistema linfatico) dei ristagni di liquidi eventualmenti presenti nei distretti periferici (gambe, braccia, etc.), attraverso la elettrostimolazione selettiva dei muscoli posti al lato dei vasi linfatici di nostro interesse. Da notare che quando si effettua il drenaggio linfatico delle gambe o delle braccia, l’ampiezza degli impulsi deve essere tale da indurre un forte formicolio (mai contrazioni), mentre nel caso di impiego di questa funzione per tonificare la schiena (elettrotrazione muscolare) la potenza deve essere tale da indurre contrazioni muscolari percepibili a vista (corrente>reobase). E’ fortemente consigliata l’assunzione di liquidi (almeno 1.5 litri di acqua) circa un’ ora prima del trattamento, al fine di eliminare i residui catabolici con maggiore efficacia e rapidità, aumentando la fluidità dei liquidi presenti in circolo e l’impiego nelle ore successive al trattamento di tisane diuretiche. Nella terapia drenante delle gambe, gli elettrodi devono essere posizionati a coppie paralleli secondo il seguente schema: • elettrodi della uscita 1: lateralmente alla caviglia destra (in opposizione rispetto alla stessa) • elettrodi della uscita 2: lateralmente alla caviglia sinistra(in opposizione rispetto alla stessa) • elettrodi della uscita 3: sulla estremità superiore del polpaccio destro (distanziati simmetricamente di 2-4 cm rispetto all’asse verticale dello stesso polpaccio) • elettrodi della uscita 4: sulla estremità superiore del polpaccio sinistro (distanziati simmetricamente di 2-4 cm rispetto all’asse verticale dello stesso polpaccio) • elettrodi della uscita 5: circa 4 cm sotto il gluteo destro (distanziati simmetricamente di 4-5 cm rispetto all’asse verticale) • elettrodi della uscita 6: circa 4 cm sotto il gluteo sinistro (distanziati simmetricamente di 4-5 cm rispetto all’asse verticale della gamba) Nella terapia drenante delle braccia, gli elettrodi devono essere posizionati a coppie (elettrodi allineati) secondo lo schema: • elettrodi della uscita 1: sull’avambraccio destro, 1-2 cm al di sotto del polso e a 10 cm dal polso • elettrodi della uscita 2: sull’avambraccio sinistro, 1-2 cm al di sotto del polso e a 10 cm dal polso • elettrodi della uscita 3: sull’avambraccio destro, 10-12 cm al di sotto dell’incavo del gomito e 1-2 cm al di sotto dell’incavo del gomito • elettrodi della uscita 4: sull’avambraccio sinistro, 10-12 cm al di sotto dell’incavo del gomito e 1-2 cm al di sotto dell’incavo del gomito • elettrodi della uscita 5: sulla parte posteriore del braccio destro (zona tricipitale), un elettrodo deve essere posizionato 23 cm al di sopra del gomito e l’altro elettrodo deve essere posizionato 3-4 cm al di sotto dell’incavo ascellare • elettrodi della uscita 6: sulla parte posteriore del braccio sinistro (zona tricipitale), un elettrodo deve essere posizionato 2-3 cm al di sopra del gomito e l’altro elettrodo deve essere posizionato 3-4 cm al di sotto dell’incavo ascellare La durata del trattamento di drenaggio linfatico è di 30-40 minuti (nel caso di trattamento singolo, altrimenti può essere ridotto a 15 minuti); tale trattamento può essere effettuato singolarmente e in ogni caso alla fine di ogni trattamento di elettrostimolazione muscolare o anticellulite, specie se effettuato a livello di addome o gambe, in quanto trattamenti quali elettrostimolazione muscolare, preriscaldamento ed elettrolipolisi implicano il rilascio di residui catabolici in circolo che devono essere drenati il più rapidamente possibile. Consigliamo di far assumere almeno due volte/dì una tisana diuretica al paziente in trattamento, per render maggiore la capacità di escrezione delle tossine tramite le urine. I trattamenti succitati devono essere effettuati a distanza di almeno 36 ore (a giorni alterni sarebbe l’ideale) e consigliamo di utilizzare sempre elettrodi di limitate dimensioni (PG 470 o PG 970). • KOTZ La corrente di Kotz, sperimentata negli anni ’70 sugli sportivi della ex URSS, viene impiegata per il potenziamento dei muscoli normalmente innervati e permette il massimo reclutamento muscolare con la minore sensazione dolorosa. L’effetto eccitomotorio di questa corrente si realizza nei muscoli profondi. Infatti è stato dimostrato che la cute diminuisce la sua impedenza elettrica con l’aumento della frequenza; questo aumento crea una dissociazione tra la soglia di contrazione muscolare e quella della sensazione dolorosa. A queste frequenze (circa 2500 Hertz), gli impulsi elettrici stimolano le fibre nervose motorie e non quelle della sensibilità dolorifica e, pertanto, provocano delle contrazioni muscolari praticamente indolori. Nell’utilizzo di questa tecnica occorre, però, adoperarsi affinché gli elettrodi siano posizionati, in modo mirato, alle estremità del ventre muscolare, secondo la tecnica bipolare e si imposti l’apparecchiatura in modo da effettuare 2-3 secondi di stimolazione e 4-6 secondi di pausa. E’ stato dimostrato che la forza di contrazione massima si riduce dopo 4-5 secondi di stimolazione e dopo pause brevi, inferiori a 4 secondi, a causa del fenomeno dell’accomodazione. Il dosaggio della corrente va effettuato lentamente sino a provocare una valida contrazione muscolare, senza alcuna sensazione dolorosa. Le principali indicazioni di questa corrente sono: • potenziamento muscolare degli atleti • elettrostimolazione per uso estetico • scoliosi idiomatica • patologie muscolari paravertebrali La tecnica di trattamento delle scoliosi con corrente di Kotz è chiamata SPES (Stimolazione Paravertebrale Elettrica Superficiale) e consiste in cicli di elettrostimolazione, costituiti da 15 sedute della durata di 30 minuti, effettuate tre volte alla settimana e ripetuti trimestralmente. Gli elettrodi vanno posizionati in sede paravertebrale, sul lato ove è stata trovata alla valutazione elettromiografica una minore attività muscolare. La tecnica di trattamento muscolare con corrente di Kotz consiste in cicli di elettrostimolazione, costituiti da 10-20 sedute della durata di circa 20 minuti, effettuate tre volte alla settimana, previo trattamento di preriscaldamento a bassa potenza; il posizionamento degli elettrodi normalmente è previsto sulle zone interessate a livello locale. A seguire riportiamo una applicazione tipica delle correnti di Kotz: la elettrotonificazione della muscolatura paravertebrale, impiegata anche nel trattamento di tonificazione del seno, conseguenza del sollevamento dei muscoli dorsali. Abbiamo sperimentato questa tecnica per circa 4 anni (1999-2003) ottenendo ottimi risultati sui pazienti con patologie dolorose della schiena, protusioni discali ed ernie, al fine di tonificare i muscoli e farli diventare portanti nei confronti della colonna vertebrale, riducendo il carico sui dischi intervertebrali, con miglioramento della sintomatologia dolorosa e riduzione delle recidive. E’ risaputo che nei pazienti con patologie a carico della schiena la riduzione di peso corporeo e quindi delle sollecitazioni meccaniche, determina notevoli miglioramenti del quadro clinico. Come si può notare, trattando opportunamente i muscoli paravertebrali, migliora la sintomatologia dolorosa dei pazienti, l’importante è trattare tutta la colonna vertebrale, partendo dai glutei fino alla zona dorsale, regolando la corrente di ogni canale in maniera da avere eguale ampiezza delle contrazioni visibili ed effettuando i trattamenti ogni due giorni. Qualora il paziente lamenti contratture muscolari, consigliamo di effettuare prima del trattamento una seduta di terapia con lampada ad infrarossi in maniera da migliorare il microcircolo e la risposta muscolare (da NON effettuarsi in corrispondenza di lombosciatalgia o episodi dolorosi acuti quali ernie, protusioni). • ELETTROLIPOLISI Questo tipo di corrente, ad indirizzo esclusivamente estetico, viene indicata per il trattamento di panniculopatie resistenti ai trattamenti e come terapia di mantenimento nel caso di ipotrofie o ipotonie, poiché con questa funzione si ottiene un incremento della vascolarizzazione tissutale, il drenaggio dei liquidi interstiziali e una localizzata ipertermia. Essendo un trattamento che sottopone il tessuto muscolare ad un limitato stress meccanico, è necessario far seguire l’applicazione da un linfodrenaggio (manuale o strumentale) in maniera da eliminare l’accumulo dei residui catabolici derivanti dalla elettrolipolisi; in ogni caso se il paziente lamenta algie a livello della muscolatura da trattare, necessita preventivamente il trattamento antalgico (TENS), per diversi giorni, fino alla remissione del dolore, un periodo di 48 ore di riposo e, a seguire, si potrà iniziare il trattamento con la elettrolipolisi. Gli elettrodi (dimensioni: 90x100 mm, codice PG17) devono essere posizionati orizzontalmente (ovvero parallelamente alla fascia addominale) ed agli estremi della zona da trattare (come da esempi riportati), ovviamente in maniera simmetrica rispetto al corpo (per esempio: lato esterno della gamba destra e lato esterno della gamba sinistra, interno coscia destra, interno coscia sinistra) e con potenze degli impulsi proporzionate all’estensione dell’area in oggetto. Consigliamo di alternare i trattamenti anticellulite a trattamenti muscolari (preriscaldamento 15’ + elettrostimolazione muscolare 15’), al fine di ottener sia l’incremento della massa magra, che la riduzione della massa grassa e di trattare il lato esterno della gamba, l’interno coscia e i polpacci ovviamente di ambedue le gambe, terminando il trattamento con il linfodrenaggio. Il trattamento di stimolazione anticellulite prevede l’impiego di potenze medie, leggermente superiori alla soglia di reobase; nel caso di marcate ipotrofia, si possono usare due coppie di elettrodi per trattare i singoli gruppi muscolari, suddividendo il muscolo lungo l’asse maggiore in maniera da allineare di seguito sullo stesso gli elettrodi di due canali. Le sedute devono essere effettuate a giorni alterni ed in ogni caso con una durata massima di 40-50 minuti, partendo da una potenza degli impulsi tale da indurre la sensazione di un formicolio ben avvertibile, aumentando la potenza durante le sedute fino ad avvertire leggere contrazioni. Durante le prime sedute, consigliamo di effettuare inizialmente una fase di preriscaldamento muscolare con apposita funzione dell’apparecchio per elettroterapia e a seguire un trattamento di 10’-20’ (o meno, a seconda della resistenza del muscolo) di elettrolipolisi; dopo aver effettuato almeno 3-4 trattamenti come sopra, si possono effettuare trattamenti che prevedano soltanto la fase anticellulite (30-50 minuti) ed il drenaggio, da effettuarsi sempre per ultimo. Consigliamo di utilizzare sempre elettrodi di limitate dimensioni (50x90 mm, ottenuto tagliando a metà l’elettrodo PG17) sulle braccia, pettorali, zona lombare e dorsale o ed in ogni caso se la zona da trattare è limitata a 10-20 cm; altrimenti (addominali, dorsali, lombari, glutei, gambe) utilizzare elettrodi con dimensioni superiori (PG17) posizionati perpendicolarmente all’asse maggiore degli stessi. N.B.: questi elettrodi devono essere impiegati interponendo tra la striscia conduttiva metallica e la pelle una piccola quantità di gel conduttivo, onde migliorare la trasmissione degli impulsi elettrici. CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE E RELATIVE Come ogni forma di terapia, anche l’elettrostimolazione, la ionoforesi e le forme di somministrazione di correnti elettriche nel corpo umano presentano controindicazioni; esistono più precisamente, controindicazioni assolute e relative. Le controindicazioni assolute riguardano tutti i pazienti e sono motivate dai rischi insiti in ogni tipologia di elettroterapia; le controindicazioni relative sono riferite a pazienti con particolare stati patologici, nei quali la elettroterapia può interferire con l’evoluzione della malattia o con la terapia in atto. A seguire riportiamo le controindicazioni ad oggi esistenti: 1. Pazienti portatori di pace maker (stimolatori cardiaci) interni o esterni: a causa del comprovato rischio di interferenza delle correnti stimolanti con il regolare funzionamento dello stimolatore cardiaco, si consiglia di evitare la zona cardiaca e la parte anteriore del collo. 2. Pazienti affetti da disturbi cardiaci: anche in questo caso l’attività cardiaca, già compromessa, risulta essere ulteriormente alterata dalla elettroterapia. 3. Pazienti affetti da epilessia, anche non conclamata: la elettroterapia (e tutti i fenomeni ripetitivi, quali luci intermittenti) può determinare l’ insorgenza di crisi convulsive anche in pazienti apparentemente non interessati dalla patologia. 4. Lesioni cutanee, abrasioni, cicatrici: in questo caso, la differente conducibilità dei tessuti interessati da processi di cicatrizzazione, può determinare ustioni chimiche, dovute alla difficoltà di regolare la corrente erogata, può inoltre causare interferenze nel processo di riparazione dei tessuti. 5. Varici, angiomi, fragilità capillare: le contrazioni muscolari possono determinare microrotture dei capillari e vasi nella zona di cute compresa tra gli elettrodi ed aggravio delle patologie. A tal proposito, sconsigliamo di impiegare elettrodi a fascia (es. per liposcultura) in quanto possono determinare facilmente ustioni superficiali ed aggravio di patologie vascolari; nell’ impiego di tali elettrodi a fascia, infatti, non è possibile regolare la corrente sulle singole aree cutanee. 6. Pazienti con protesi articolari ed osteosintesi metalliche: in presenza di mezzi di sintesi, si può verificare il passaggio di corrente nelle protesi e la veicolazione degli impulsi in tessuti profondi; più specificatamente, la ionoforesi può provocare l’elettrolisi del metallo della protesi e lesioni caustiche nei tessuti ad essa vicini. 7. Pazienti con ridotta sensibilità nervosa o patologie neurologiche: in questo caso la ridotta sensibilità cutanea può impedire al paziente di avvertire il dolore in caso di malfunzionamenti dell’apparecchio elettrostimolante e/o l’erronea applicazione delle correnti. 8. Donne in stato di gravidanza: anche se non del tutto accertata la dannosità della elettroterapia sul feto, comunque è bene evitarne l’uso in quanto possono verificarsi contrazioni uterine involontarie. 9. Pazienti portatrici di IUD (dispositivi intrauterini): in conseguenza di applicazioni elettroterapiche nella zona pelvica, sui glutei ed interno cosce, possono verificarsi piccole contrazioni uterine e lo spostamento della spirale. 10.Pazienti con affezioni cutanee (herpes, micosi, infezioni batteriche): l’elettroterapia non interagisce direttamente con tali patologie, ma l’applicazione locale degli elettrodi su aree cutanee interessate da affezioni di questo tipo, può determinare la contaminazione degli stessi e la trasmissione di patologie ad altri pazienti. Necessita quindi una efficace e continua sterilizzazione degli elettrodi, manipoli, spugne e fasce portaelettrodi, tramite i liquidi per disinfezione e sterilizzazione. 11.Ad oggi sono ipotizzabili eventuali rischi di neuropatie che possano essere causate da un abuso di elettrostimolazione, cominciano ad emergere interazioni tra il SNP e la stimolazione elettrica muscolare o nervosa, per cui in virtù del principio del minimo rischio assoluto è consigliabile limitare allo stretto necessario l’impiego degli elettrostimolatori, specie in assenza di precisa indicazione medica. 12.In caso di pazienti da trattare con la TECAR terapia, assolutamente da evitare è la contemporanea somministrazione di terapie strumentali di qualsiasi specie (a maggior ragione se elettroterapia), si deve necessariamente eliminare qualsiasi collegamento fisico tra il paziente connesso alla TECAR ed altre terapie, per il rischio di shock elettrico GLI ELETTRODI ED “IL CIRCUITO PAZIENTE” La corretta scelta della tipologia di elettrodi da impiegare, nonché il posizionamento degli stessi, riveste grande importanza, in quanto tramite gli elettrodi si veicolano le correnti di interesse terapeutico. Troppo spesso si pubblicizza la ricchezza di funzioni delle apparecchiature per elettroterapia, senza curare l’assortimento di cavi ed elettrodi. Prima di applicare qualsiasi elettrodo sulla pelle è necessario verificare che la stessa sia integra e non presenti segni che possano indicare la presenza di affezioni cutanee micotiche, batteriche o virali, onde evitare la contaminazione degli elettrodi e dei pazienti successivi. Una semplice lampada di WOOD (a luce nera) permette di verificare la presenza di alterazioni micotiche della pelle, semplicemente illuminando la cute da una distanza di 2-3 cm ed osservando (in penombra) la comparsa di eventuali aree biancastre fluorescenti. Conviene impiegare sempre guanti monouso per ciascun paziente, effettuare la disinfezione della cute con prodotti appositi (bactofen, disinfettante a freddo, etc.) e curare la sterilità di elettrodi, spugnette, cavi, fasce portaelettrodi, con appositi liquidi per sterilizzazione a freddo (steril-c, perasafe, etc.); ovviamente se la pulizia della cute è un presidio indispensabile, la sterilizzazione di elettrodi e materiali riutilizzabili non viene effettuata con gli elettrodi monouso, purchè impiegati sempre sullo stesso paziente. Nell’impiego pratico delle apparecchiature elettromedicali, è necessario curare al massimo la disinfezione e sterilizzazione dei dispositivi contaminabili e potenziali vettori di affezioni di vario genere, come riportato a seguire: Dispositivo Indicazioni dei dispositivi da sterilizzare Elettroterapia-jonoforesi Elettrodi riutilizzabili, cavi e spinotti a contatto col paziente, fasce portaelettrodi, spugnette Magnetoterapia-PST Ultrasuonoterapia Laserterapia Tecarterapia idratabili Lettino paziente, solenoide, applicatori magnetici, parte terminale dei cavi Testine U.S. mobili e fisse, parte terminale dei cavi, fasce portatestine Lettino paziente, manipolo laser a puntale Lettino paziente, manipolo resistivo e capacitivo, elettrodi resistivo e capacitivo, parte terminale Onde d’urto Pressoterapia Mobilizzatore passivo dei cavi, piastra paziente Lettino paziente, applicatore manuale o fisso, parte terminale del cavo Lettino paziente, gambale o bracciale pressorio (con soluzione spray) Lettino paziente, tutte le parti metalliche e i supporti paziente A fronte dei rischi di contaminazione microbica, virale (HIV, epatite) e micotica, è obbligatoria la sterilizzazione dei dispositivi a contatto degli operatori e delle persone sottoposte a trattamenti medici. Sconsigliamo l’impiego delle sterilizzatrici a palline di quarzo o ad aria calda, in quanto non offrono i necessari requisiti di disinfezione e sterilità, mentre consigliamo uno schema standard di pulizia-sterilizzazione a freddo, meno aggressivo della sterilizzazione a caldo (autoclave) ma altrettanto (se non superiore) valido quanto a risultati. Riportiamo a seguire le varie fasi del processo di sterilizzazione dei materiali e del paziente: Fase 1: Fase 2: Fase 3: Fase 4: Fase 5: preparazione trattamento pulizia meccanica pulizia ad ultrasuoni sterilizzazione 1.Disinfezione cute e 1.Esecuzione dei 1.Disinfezione cute e zone 1.Pulizia ad ultrasuoni degli Sterilizzazione a freddo zone da trattare trattamenti strumentali trattate strumenti, elettrodi e degli strumenti, elettrodi dispositivi a contatto prima e dispositivi a contatto puliti meccanicamente prima puliti 2.Risciacquo degli stessi 2.Conservazione degli o manuali 2.Disinfezione 2.Disinfezione operatore operatore ed utilizzo stessi in ambiente sterile DPI (guanti, camice, oppure risciacquo, mascherina) conservazione in 3.Pulizia meccanica (acqua + ambiente protetto e 3.Disinfezione spugnetta abrasiva) degli successiva strumenti, elettrodi e strumenti, elettrodi e sterilizzazione a freddo dispositivi a contatto dispositivi a contatto impiegati prima dell’impiego Per la disinfezione della cute consigliamo l’impiego di disinfettanti di superficie, comunemente reperibili nei supermercati. Per la protezione dell’operatore consigliamo l’impiego di materiale monouso: guanti, camice e mascherina (per evitare l’inalazione di eventuali particelle contaminate), specie durante la terapia manuale. Per la pulizia meccanica consigliamo di impiegare guanti monouso e di pulire gli strumenti sotto acqua corrente con una spazzola a setole metalliche (da pulire e sterilizzare successivamente), mentre per la fase di pulizia ad ultrasuoni consigliamo di impiegare lavatrici ad u.s. da almeno 2 litri di capacità (potenza di almeno 1500 Watt) e di riporre gli strumenti (precedentemente puliti meccanicamente) nella vaschetta della lavatrice in ordine incrociato, per consentire l’ideale azione di detersione degli ultrasuoni. Errato posizionamento nella lavatrice u.s. Corretto posizionamento nella lavatrice u.s. Al termine della pulizia ad ultrasuoni, è necessario risciacquare gli oggetti puliti ed immergerli completamente (impiegando guanti monouso nuovi) in una vaschetta protetta contenente la soluzione per la sterilizzazione a freddo (attenzione alla manipolazione in quanto prodotti aggressivi), per il tempo necessario ad una perfetta sterilizzazione (fare sempre riferimento alle indicazioni d’uso). Lavatrice ad ultrasuoni Terminata la sterilizzazione a freddo, ripulire con soluzione fresca gli strumenti e conservare gli stessi in ambiente protetto. Dimensioni e posizionamento degli elettrodi Nell’impiego pratico delle apparecchiature per elettroterapia, riveste grande importanza la corretta scelta delle dimensioni degli elettrodi ed il posizionamento degli stessi. Riportiamo a seguire la tabella riassuntiva per una corretta selezione degli elettrodi, in base alle dimensioni standard: Dimensioni 35 * 45 mm Modello elettrodo monouso silicone conduttivo tessuto conduttivo PG 470 PG 970 PG 702 PG 473 ---------------------- -------------------------- ------------- PG 980 PG 703 ------------- PG 912 PG 704 PG 10 S PG 925 -------------------------- ------------- PG 950 -------------------------- rettangolare 45* 80 mm rettangolare 60 * 80 mm rettangolare 80* 120 mm rettangolare 25 mm diametro rotondo 50 mm diametro rotondo Elettrodo monouso Elettrodo silicone conduttivo Elettrodo tessuto conduttivo A seguire la tabella riassuntiva per una corretta selezione degli elettrodi, in base alle zone da trattare: Applicazione TENS cervicale, seno, gomito, zona Modello elettrodo Note monouso PG 470 silicone cond.vo PG 950-970 tessuto conduttivo PG 702 PG 473 PG 980 PG 703 PG 470 PG 473 PG 17 PG 10S PG 470 PG 470-473 PG 473 PG 473 PG 473 PG 473 PG 473 PG 950-970 PG 980 ------------------------------PG 950-970 PG 950-970-980 PG 980 PG 980 PG 980 PG 980-912 PG 980 PG 702 PG 703 ------------------------------PG 702 PG 703 PG 703 PG 703 PG 703 PG 703-704 PG 703 scapolare, mano, caviglia, piede TENS colonna vertebrale, addome, glutei, gamba Nevralgia Lombosciatalgia Elettrolipolisi Elettrostimolazione viso Elettrostimolazione cervicale Elettrostimolazione pettorali Elettrostimolazione addome Elettrostimolazione lombare Elettrostimolazione dorsale Elettrostimolazione glutei Elettrostimolazione quad. femorale Usare 4 elettrodi Elettrostimolazione interno cosce Elettrostimolazione polpacci Elettrostimolazione braccia Elettrostimolazione mani Ionoforesi PG 473 PG 470-473 PG 470-473 PG 10S -------- PG 950-970-980 PG 950-970-980 PG 970-980 PG 325 PG 980-912 PG 703 PG 703 PG 702-703 PG 702 PG 702-703 Usare spugnetta aggiuntiva per PG 702-703 Sconsigliamo di impiegare elettrodi rotondi perché per motivi di fabbricazione a parità di superficie attiva sono notevolmente più costosi degli elettrodi di forma rettangolare. In fase di fabbricazione la parte evidenziata in rosso viene eliminata A parità di superficie gli elettrodi di forma rettangolare hanno una maggiore resa produttiva e quindi minore costo per superficie rispetto agli elettrodi rotondi. Altro aspetto molto importante è quello della connessione tra il cavo paziente e gli elettrodi, esistono moltissimi spinotti, adattatori, che ovviamente si possono interscambiare tra loro, molto spesso si ignora la possibilità di adattare elettrodi con prestazioni superiori alla apparecchiatura impiegata, ottenendo maggiore versatilità e prestazioni con un minimo costo; ad esempio gli elettrodi in silicone conduttivo, comunemente impiegati in molte apparecchiature professionali, sono commercializzati in due differenti versioni: con presa femmina da 2 o 4 mm e spinotto maschio da 2 o 4 mm. Elettrodo con presa femmina 4 mm Elettrodo con spinotto maschio da 4 mm A parità di superficie utile e tecnologia (ovvero affidabilità) l’elettrodo con spinotto maschio costa quasi il doppio della versione con presa femmina, basta allora farsi modificare il cavo paziente, sostituendo il corrispettivo spinotto a banana 4mm femmina all’estremità con lo spinotto a banana 4mm maschio che permette di impiegare l’elettrodo economico per ottenere gli stessi risultati terapeutici con un notevole risparmio, ovviamente ciò vale anche per gli spinotti a banana da 2 mm. spinotto a banana 4mm maschio spinotto a banana 4mm femmina Altra possibilità di espansione delle prestazioni delle apparecchiature elettromedicali sono gli adattatori interserie che permettono, ad esempio, di impiegare gli elettrodi monouso con attacco a clip, adatti per terapia su zone quali il volto, la parte superiore della colonna vertebrale, i pettorali ed altre zone delicate Elettrodo monouso 35*45 mm ed elettrodo monouso 45*80 mm con le apparecchiature dotate di spinotti a banana da 2 o 4 mm, tipicamente impiegati con gli elettrodi riutilizzabili in silicone conduttivo. Con gli stessi adattatori interserie è possibile sostituire gli elettrodi monouso con attacco femmina volante da 2 mm, diffusi con alcuni elettrostimolatori portatili con i corrispettivi elettrodi monouso dotati di attacco a clip, molto più economici. Elettrodo monouso con attacco volante femmina da 2 mm Elettrodo monouso con attacco a clip Esistono due grandi categorie di elettrodi: monouso e riutilizzabili Elettrodi monouso: a questa famiglia appartengono gli elettrodi PG 10S, PG 15, PG 17, PG 470, PG 473, PG 100, PG 200, F 7805 e F 7815. Questi elettrodi, normalmente con attacco a clip, integrano uno strato di gel conduttivo autoadesivo, che ne permette l’impiego senza spugnette e senza fasce portaelettrodi; ovviamente la durata di questo strato adesivo è limitata a 2-3 applicazioni, per poi diventare inutilizzabili (attenzione a verificare sempre la data di scadenza riportata sulla confezione, prima dell’acquisto!). Esiste un metodo semplice ed economico per prolungare la durata di tali elettrodi: prima dell’applicazione, è necessario pulire la cute del paziente con un batuffolo imbevuto di alcool denaturato, in maniera da eliminare il film idrolipidico che riveste la pelle e (se non eliminato) deteriora rapidamente l’adesivo degli elettrodi monouso. Una volta asciugata la pelle, si potrà applicare l’elettrodo sul paziente e procedere alla seduta di elettroterapia. L’elettrodo monouso non è più utilizzabile se perde la adesività e quando il paziente avverte una sensazione di fastidio (analoga a punture di spillo), questo perché il gel autoadesivo non è più uniformemente conduttivo e la corrente passa solo in pochi punti dell’elettrodo, determinando il disturbo suddetto. E’ molto importante ricordare che gli elettrodi monouso possono essere impiegati solo per elettroterapia muscolare, TENS, etc. e non per la ionoforesi e simili, in quanto non è possibile interporre una spugnetta idratabile tra gli stessi e la cute; inoltre non possono essere impiegati su cute abrasa o lesionata ed in presenza di peli, perché si comportano da isolanti. Alla fine dell’ applicazione, gli elettrodi monouso devono essere riposti sul supporto plastico sul quale sono incollati, facendo attenzione ad eliminare le bolle di aria eventualmente presenti con una adeguata pressione effettuata con le dita, conservati nella confezione richiudibile in cui sono contenuti, ovviamente ben richiusa e conservata in luogo fresco ed asciutto, al fine di preservare il più a lungo possibile le caratteristiche del gel autoadesivo; con tali precauzioni si possono impiegare tali dispositivi fino a 8-10 volte, sempre sullo stesso paziente. Sconsigliamo di utilizzare gli elettrodi monouso su zone ove siano presenti peli poiché gli stessi tendono a separare meccanicamente gli elettrodi dalla cute e si comportano da isolanti, necessitando una efficace tricotomia, spesso non praticabile. Teoricamente si dovrebbero impiegare solamente gli elettrodi monouso, soprattutto per motivi di igiene, purtroppo il costo delle singole applicazioni sarebbe proibitivo, ciononostante il loro uso si sta diffondendo sempre più. Elettrodi riutilizzabili: elettrodi riutilizzabili in silicone conduttivo quali: PG 970, PG 980, PG 912 Questi elettrodi, normalmente con attacco a spinotto da 2 o 4 mm (diametro), possiedono ottime doti di resistenza all’impiego (sono i più robusti disponibili sul mercato) abbinate a grande flessibilità che ne consente l’utilizzo su quasi tutti i distretti corporei, sia per elettroterapia, che per ionoforesi. Consigliabile l’impiego solo di elettrodi in silicone dotati di connettore femmina con diametro di 4 mm, in quanto si coniuga l’ ottima resistenza meccanica e la maggiore economia di acquisto. Per consentire il buon funzionamento degli stessi, è necessario interporre tra l’elettrodo e la cute uno strato di gel conduttivo (spessore: 1,5-2 mm circa), tale da rendere uniforme il passaggio di corrente ed evitare fastidio al paziente oppure una spugnetta idratabile di opportuno spessore (3-4 mm), reperibile nei supermercati (panno spugna) e tagliata con dimensioni leggermente superiori a quelle dell’ elettrodo e che funga da serbatoio di acqua aggiuntivo e mantenga la ideale conducibilità degli elettrodi. Tale spugnetta, alla fine del trattamento, deve essere sottoposta ad una sterilizzazione a freddo con appositi prodotti e risciacquata con abbondante acqua. Ovviamente tali elettrodi devono essere mantenuti in sede tramite apposite fasce portaelettrodi elastiche (PG945/4, PG 945/8, PG 945/10, PG 945/15) di lunghezza idonea, dotate di velcro per il fissaggio. Alla fine dell’ applicazione, gli elettrodi devono essere sterilizzati con gli appositi liquidi ed asciugati con carta assorbente. Ulteriore possibilità di impiego degli elettrodi in silicone conduttivo è insieme a lastre di gel autoadesivo PG907, che permettono (una volta ritagliate seguendo la forma e le dimensioni dell’elettrodo ed applicate sullo stesso) di trasformare temporaneamente un elettrodo in silicone in un elettrodo autoadesivo che non necessita di fasce, gel conduttivo e/o spugnette idratabili per essere impiegato. Una volta terminata la terapia, si può riporre l’elettrodo autoadesivo sul supporto di plastica ed eventualmente riutilizzarlo per altre terapie (sullo stesso paziente). Anche in questo caso valgono le indicazioni già date per l’impiego degli elettrodi monouso autoadesivo: pulire la cute con alcool prima dell’applicazione, evitare zone irritate e con peli; è necessario ricordarsi di sostituire il supporto autoadesivo rimovibile quando perde le caratteristiche di adesività e/o il paziente avverte la sensazione di punture di spillo. elettrodi riutilizzabili in tessuto conduttivo quali: PG 702, PG 703, PG 704, PG 723, PG 724 Questi elettrodi, normalmente con attacco a clip, possiedono buone doti di resistenza all’impiego e versatilità d’impiego (integrano anche un supporto di spugna idratabile) abbinate a grande flessibilità che ne consente l’utilizzo su quasi tutti i distretti corporei, sia per elettroterapia, che per ionoforesi; esistono in molteplici versioni (anche maschera elettroconduttiva). Avvertenza fondamentale è di utilizzare questi elettrodi interponendo tra gli stessi e la cute una ulteriore spugna idratabile bagnata, poiché il supporto idratabile di cui sono dotati è molto sottile e tende ad asciugarsi rapidamente, alterando il regolare trasferimento della corrente ai tessuti. Tale spugnetta, alla fine del trattamento, deve essere sottoposta ad una sterilizzazione a freddo con appositi prodotti e risciacquata con abbondante acqua. Ovviamente tali elettrodi devono essere mantenuti in sede tramite apposite fasce portaelettrodi elastiche (PG945/4, PG 945/8, PG 945/10, PG 945/15) di lunghezza idonea, dotate di velcro per il fissaggio. Alla fine dell’ applicazione, gli elettrodi devono essere sterilizzati con gli appositi liquidi ed asciugati con carta assorbente. Manipoli ed accessori per elettrostimolazione: manipoli PG 320, PG 325 Questi elettrodi, normalmente con attacco a spinotto da 2-4 mm, sono dotati di adattatori terminali conduttivi di vario tipo: forma rotonda, con sezione piatta adatti sia per stimolare singoli punti motori del viso, che nel caso di applicazione locale di piccole quantità di prodotto (iono ed idroforesi), sul viso ed il seno; adattatori terminali con forma sferica che ne permettono l’impiego nella elettrostimolazione muscolare del viso e della mano; al fine di evitare disuniformità nella erogazione delle correnti, conviene interporre tra l’elettrodo e la cute una piccola quantità di gel elettroconduttivo, per consentire un più facile scivolamento dell’elettrodo e un corretto trasferimento della corrente sui punti trattati. terminali con forma a rullo che non vengono impiegati per elettroterapia, ma esclusivamente per veicolare su tessuti caratterizzati da superficie irregolari, farmaci in soluzione acquosa, come nel caso della ionoforesi ed idroforesi. Nell’ impiego di tali elettrodi è di fondamentale importanza mantenere costante il contatto con la cute, impiegare basse correnti (1-1,5 mA max.) e spostare continuamente l’elettrodo a rullo sul tessuto da trattare, al fine di evitare ustioni superficiali, impiegando gel conduttivo per consentire un migliore scorrimento sulla pelle (non usare olio). Nel caso in cui si debba staccare l’elettrodo dal paziente durante la terapia, è necessario prima ridurre a 0 la corrente del canale interessato o meglio interrompere momentaneamente la erogazione. Alla fine dell’ applicazione, gli elettrodi devono essere sterilizzati con gli appositi liquidi ed essere asciugati all’ aria, onde evitare fenomeni di ossidazione o corrosione. A seguire alcuni schemi di posizionamento degli elettrodi nella elettroterapia muscolare, per uso estetico e medico; è importante sia il posizionamento degli elettrodi che le dimensioni degli stessi, al fine di reclutare solo i fasci muscolari voluti ed ottenere contrazioni muscolari adeguate, senza eccessiva produzione di acido lattico. Trattamento addominali Trattamento bicipiti Trattamento quadricipite femorale Trattamento glutei Trattamento pettorali Trattamento interno coscia Connettori per elettrodi Ai connettori è affidato il collegamento meccanico ed elettrico dell’elettrodo al cavo paziente e da quest’ultimo all’apparecchio terapeutico. Purtroppo tali componenti, in quanto sottoposti a numerose sollecitazioni meccaniche, tendono a danneggiarsi ed a danneggiare anche il cavo, nel punto di entrata nel connettore. Il perfetto funzionamento dei connettori e delle relative prese sull’apparecchio terapeutico, garantiscono l’efficacia della seduta terapeutica; statisticamente, circa il 30 % dei malfunzionamenti delle apparecchiature elettromedicali è dovuto a danni dei connettori. Periodicamente, l’operatore deve controllare il funzionamento di connettori e prese, verificando il perfetto bloccaggio delle viti di fissaggio, delle ghiere, l’integrità del corpo del connettore e del cavo (onde evitare cortocircuiti) ed infine controllare che il cavo paziente non presenti interruzioni (applicare una lieve trazione al cavo, tenendo bloccato il connettore e verificare che il cavo non ceda, se ciò avviene, il cavo è interrotto all’interno). Per verificare se un cavo è interrotto, basta mettere in cortocircuito gli elettrodi alla sua estremità e controllare se, aumentando la corrente, il relativo canale di uscita funziona correttamente; in caso contrario, utilizzare un altro cavo funzionante e ripetere la procedura; se il problema sussiste, il canale di uscita è danneggiato, in caso contrario il cavo o gli elettrodi saranno da sostituire. Procedura di collaudo per una uscita/cavo non funzionante Periodicamente sono da controllare tutti i cavi paziente in maniera da evitare falsi contatti ed errate terapie, considerando che basta applicare una trazione tra il cavo ed il connettore all’estremità per verificare eventuali interruzioni del filo interno, in caso di danneggiamento vedremo come il cavo ceda alla trazione, denunciando la rottura del conduttore interno. Cavi per elettroterapia Esistono tantissimi modelli di cavi per elettroterapia: i migliori cavi ad oggi disponibili sono in silicone, in quanto soddisfano le esigenze di robustezza, flessibilità e leggerezza; purtroppo il costo è elevato, rispetto a modelli analoghi in altro materiale e soprattutto, non sono facilmente reperibili cavi in silicone a piattina ma singoli, per cui l’impiego degli stessi è decisamente scomodo, in quanto si attorcigliano facilmente. I cavi in silicone vengono impiegati soprattutto per la realizzazione di adattatori e prolunghe, in virtù delle caratteristiche di leggerezza e flessibilità. La maggior parte dei cavi paziente sono realizzati in materiale plastico (PVC), meno resistente del silicone, ma economico e disponibile in piattine, per cui risulta di comodo impiego. Normalmente la lunghezza dei cavi per elettroterapia è di circa 1,5-2 metri, misure differenti implicano rispettivamente scarsa versatilità di impiego e tendenza all’attorcigliamento, con ovvi difficoltà di impiego. Fasce portaelettrodi Esistono due tipologie di fasce portaelettrodi: elastiche in tessuto sintetico, molto diffuse ed economiche, rappresentano il metodo di fissaggio per gli elettrodi più diffuso, anche per la versatilità d’impiego e di bloccaggio in posizioni intermedie, grazie al velcro regolabile. Sono disponibili differenti lunghezze, riportate nella tabella a seguire: Modello fascia portaelettrodo PG 945 / 4 PG 945 / 8 PG 945 / 10 PG 945 / 15 Dimensioni in (altezza * lunghezza) 8 cm * 40 cm allungabile fino a 50 cm 8 cm * 80 cm allungabile fino a 95 cm 8 cm * 100 cm allungabile fino a 115 cm 8 cm * 150 cm allungabile fino a 170 cm ed in gomma para, non elastiche, maggiormente resistenti e decisamente costose. Le fasce in gomma para possono, inoltre (come tutti i prodotti a base di lattice), determinare fenomeni allergici nei pazienti, per cui sono di impiego limitato; tra l’altro, necessitano, per essere bloccate in situ, di appositi bottoni plastici atraumatici. Sdoppiatori di uscite Molto diffusi nella pratica della elettroterapia, gli sdoppiatori o moltiplicatori di uscite sono degli accessori che servono a distribuire la corrente erogata da una singola coppia di elettrodi su zone ampie, moltiplicando appunti gli elettrodi a disposizione per la terapia. Esistono varie tipologie di sdoppiatori: fondamentalmente, sono dei cavi con una presa da collegare al posto dell’elettrodo originario e più uscite da collegare agli elettrodi da attaccare al paziente. Il vantaggio offerto da questi dispositivi è soltanto aleatorio, poiché ogni muscolo ha una propria soglia di reobase ed un tempo di cronassia diverso dagli altri, inoltre la resistenza superficiale dell’epidermide, varia a seconda della zona; applicare uno sdoppiatore ad un canale di uscita singolo, per stimolare con la stessa corrente due muscoli differenti è errato, infatti i parametri impiegati daranno differenti risultati sui vari muscoli collegati agli sdoppiatori, con inefficacia del trattamento. Molto meglio sarebbe effettuare più terapie sui vari distretti impiegando di volta in volta i canali a disposizione, certo ciò implica più tempo e costo, ma sicuramente è preferibile all’effettuare una terapia sbagliata. TIPS&TRICKS Riportiamo a seguire alcuni considerazioni frutto dei tanti anni di assistenza tecnica e progettazione di apparecchiature elettromedicali. Spesso si tende a credere, per motivi sconosciuti (sic!), che dietro al pannello frontale delle apparecchiature elettromedicali ci sia chissà quale avanzata tecnologia, per cui gli operatori della medicina si pongono in una sorta di “sudditanza psicologica”, del tutto analoga a quella che ha portato allo scandalo di calciopoli,. La riflessione, che amo sempre fare durante i congressi cui sono relatore è la seguente: “come mai l’elettronica di consumo va verso la riduzione delle dimensioni, l’incremento delle prestazioni e l’abbassamento dei prezzi e l’elettronica in ambito medico a parità di tecnologia è sempre più costosa?” Potere dei commerciali, della pubblicità? Stranamente, ogni volta viene pubblicizzata una nuova terapia, i prezzi sono stratosferici, come le prestazioni terapeutiche e poi, con il tempo scemano gli uni che le altre. Come mai? Potere dell’euro? Eppure i cellulari, i tv lcd et similia scendono sempre più di prezzo ed incrementano le prestazioni! Ai posteri l’ardua sentenza… A seguire alcune FAQ particolarmente interessanti che agitano le notti dei nostri amici utilizzatori di elettromedicali: Qual è la reale utilità delle valigette multifunzioni, così tanto pubblicizzate? Dunque, se da un lato tali apparecchiature offrono l’indubbio vantaggio di permettere più terapie fisiche con un solo dispositivo (tipicamente: elettroterapia, magnetoterapia, laser ed ultrasuonoterapia), dall’altro hanno anche difetti da ben ponderare prima dell’acquisto, ovvero: in caso di guasto si perde la possibilità di effettuare non una, bensì quattro (di solito) terapie differenti, con elevata perdita economica ed operativa. Qualunque sia il guasto, il costo della riparazione sarà sempre elevato, proprio in virtù delle perdite di cui sopra e per i tempi di assistenza tecnica, che raramente sono inferiori alla settimana. Inoltre avendo più terapie nello stesso apparecchio mobile, sottoposto quindi ad urti, sbalzi di tensione, stress termico (non dimentichiamo che le valigette viaggiano col terapista, al caldo ed al freddo), si moltiplica il rischio dei guasti. Infine, per motivi di omologazione normativa e soprattutto di miniaturizzazione, è impossibile mettere in una valigetta ben 4 apparecchiature elettromedicali distinte, sia come canali di uscita che funzioni; da ciò i notevoli limiti prestazionali di questi dispositivi (scarsa potenza di uscita del laser, della magnetoterapia e/o dell’ultrasuonoterapia, 1 o al massimo 2 canali per la elettroterapia). Infine una piccola nota: anche riducendo e miniaturizzando l’elettronica come si potrebbero unire tante funzioni o canali di uscita, presenti sulle stesse apparecchiature in versione singola, visto che ci sono dei criteri di ergonomia del pannello dei comandi e che lo stesso non è molto grande? Ovviamente sarebbe ideale un’apparecchio portatile che integrasse una elettroterapia a 4 canali, un laser a puntale, una magnetoterapia a 2 uscite ed un ultrasuono “seri”; purtroppo ci sarebbero tanti di quei pulsanti, display, connettori, cavi di uscita da utilizzare, il tutto su un pannello di controllo di 30 x 10 cm che le dita si ingarbuglierebbero! • Qual è il numero ideale di canali per un apparecchio di elettroterapia? Partendo da una semplice considerazione di fisiologia, ovvero che il corpo umano è simmetricamente divisibile secondo un piano sagittale (lato destro e sinistro) ed un piano frontale (lato anteriore e posteriore), e che, in ogni caso, quando si applica una elettroterapia, specie di tipo eccitomotore bisognerebbe trattare contemporaneamente sia il dato dx che sx o il lato anteriore da quello posteriore, per evitare errori propriocettivi ed alterare la simmetria del corpo stesso; è elementare considerare che il numero dei canali di uscita dovrà essere per forza pari, ovvero multiplo di 2 (4-6 canali). Se integriamo, a quanto su detto, la necessità di erogare correnti continue (ionoforesi) ed alternate (Tens, Kotz, etc.), per offrire un ventaglio terapeutico il più ampio possibile, mantenendo separati i canali di uscita in base proprio alla necessità di erogare sia le une che le altre terapie, ne ricaviamo che il minimo numero di canali di uscita è 4, ovvero: 2 per ionoforesi + (almeno) 2 per elettrostimolazione. D’altronde il costo della terapia è legato alla durata della stessa, per cui è improbabile che, avendo solo 4 canali nella configurazione di cui sopra, per trattare zone appena più estese di un piccolo segmento corporeo (basti pensare al trattamento tens per la cervicale) si debba sottoporre un paziente a due sedute successive di terapia, con ovvio aggravio dei costi. Realisticamente il numero dei canali di elettroterapia, per ottenere un giusto compromesso tra prezzo e prestazione terapeutica è di 2 canali per ionoforesi + 4 canali per elettrostimolazione. • Quando conviene usare la TENS? Come noto, la TENS risolve solo la sintomatologia dolorosa e non ne cura la causa; in generale consigliamo nel caso di trattamenti manuali o strumentali su pazienti in fase algica cronica o post-acuta di effettuare la TENS prima della manipolazione, al fine di innalzare la soglia del dolore e far rilassare i muscoli. Diversamente nel caso di pazienti in fase algica (specie se acuta) per infiammazioni di varia specie, conviene prima risolvere la causa con terapie quali ad esempio la TECAR, ad esempio e dopo utilizzare la TENS, poiché la terapia antalgica renderebbe il paziente insensibile all’ipertermia associata alla TECAR (alla radarterapia o all’ ipertermia) e più difficoltosa la regolazione dei parametri della stessa, con elevato rischio di insuccesso. • Come mai le apparecchiature elettromedicali sono sempre più delicate? Spessissimo sentiamo rivolgerci questa domanda dagli operatori di maggiore esperienza, che si chiedono come mai le apparecchiature più datate siano molto più robuste delle apparecchiature moderne. La risposta è semplice, poiché le apparecchiature moderne integrano prestazioni molto maggiori in dimensioni minori che non in passato, ciò implica un tasso di guasti superiore, nonostante la maggiore affidabilità dell’elettronica; questo accade perché il mercato è talmente pressante da obbligare le aziende a ridurre ai minimi termini il time-to-market, ovvero il tempo che passa dalla progettazione all’immissione in commercio, a detrimento della affidabilità dei prodotti. A conclusione di questo argomento bisogna considerare un aspetto fondamentale (sconosciuto ai più) che determina l’affidabilità degli apparecchi elettronici ed a maggior ragione degli elettromedicali: il THERMAL DESIGN, ovvero la progettazione delle schede fatta in maniera da considerare anche il fattore temperatura. Qualunque componente elettronico impiegato in una apparecchiatura offre delle prestazioni ed una durata che sono fortemente influenzate dalla temperatura e dai parametri di progetto, ad esempio un comune condensatore di filtraggio funziona correttamente per 10000 ore a 25 °C e per 250 ore a 50 °C; è ben comprensibile che basta costruire l’apparecchiatura in maniera da non assicurare un ricambio d’aria opportuno, che la stessa dopo pochi mesi di utilizzo si romperà. Purtroppo questo aspetto fondamentale non viene citato mai dalle schede tecniche, tantomeno dai depliant pubblicitari o dai commerciali. L’unica maniera per verificare l’affidabilità di una apparecchiatura, è il rivolgersi ad un laboratorio specializzato in elettromedicali per una verifica del caso. TRATTAMENTI DI TIPO ESTETICO Al fine di svolgere una efficace azione terapeutica, è necessario acquisire la maggiore quantità possibile di informazioni sul paziente, attraverso una scheda diagnostica per elaborare un protocollo che sarà gioco forza personalizzato e modificabile durante il corso dei trattamenti, al fine di ottimizzare il percorso terapeutico. Appurata l’assenza di patologie di interesse e competenza esclusivamente medica, si potrà procedere con la elaborazione dei protocolli necessari al trattamento degli inestetismi di nostra competenza. Come risaputo, alla terapia strumentale, bisogna associare forme di rieducazione alla salute, attraverso le diete e l’attività fisica, nonché un fondamentale supporto psicologico; soprattutto, non si può prevedere il numero dei trattamenti, variabili perché certi disturbi multifattoriali, quali la cellulite, sono difficilmente affrontabili e ci vuole tempo per affrontare e risolvere (…) situazioni oramai consolidate negli anni, semprechè non di origine fisiologica. Nel caso dei trattamenti della cellulite, rilassamento cutaneo, ipotrofia o ipotonia muscolare, potremo efficacemente impiegare sia l’elettroterapia muscolare (e/o ionoforesi) che l’ultrasuonoterapia. A seguire una tabella di sintesi che indica le indicazioni di elezione di elettroterapia ed ultrasuonoterapia ed i programmi di interesse estetico: Algia Ultrasuono continuo Ultrasuono impulsato Jonoforesi + p. attivo Elettroterapia muscolare Kotz Tens Elettrolipolisi Elettrolinfodrenaggio Cellulite fibrosa Cellulite edematosa Ipotonia muscolare Rilassamento cutaneo OK OK OK OK OK OK OK OK OK OK OK OK OK OK OK Opzionalmente: Infrarosso OK OK Prima di impiegare una qualsiasi terapia strumentale, bisogna valutare lo stato di benessere della persona e risolvere, se necessario, qualsiasi sindrome dolorosa, con la funzione TENS, per un ciclo di circa 10-12 sedute di 25-35 minuti, al fine di ottenere una prolungata analgesia della zona trattata. A seguire la risoluzione delle sindromi dolorose, si sospenderà la somministrazione delle TENS per due giorni e verificata la scomparsa dei dolori, si potrà cominciare il trattamento con le varie forme di elettroterapia ed ultrasuonoterapia. Indichiamo uno schema terapeutico di massima per i trattamenti estetici strumentali: Algia Elettroterapia antalgica TENS per 25’-35’ al dì, per 12 giorni, pausa di 2 giorni, verifica della tenuta del trattamento antalgico. N.B.: regolare la corrente periodicamente in maniera da far avvertire un forte formicolio, senza alcuna contrazione. Scopo: migliorare il comfort e trattare il dolore cronico o sub-cronico. Ipotonia muscolare Se presente algia: elettroterapia antalgica TENS per 25’-3’5 al dì, per 12 giorni, pausa di 2 giorni, poi inizio terapia. Scopo: migliorare il comfort e la risposta neuromuscolare, alterata da sindromi dolorose ev. presenti. Trattamento di elettrostimolazione muscolare (preriscaldamento 10’ + elettrostimolazione muscolare per 20’-30’) a giorni alterni (es. LU-ME-VE). In caso di mancata risposta motoria, impiegare le correnti di KOTZ al posto della elettrostimolazione muscolare. Scopo: tonificare i muscoli, prevenire il rilassamento cutaneo. Cellulite fibrosa Se presente algia: elettroterapia antalgica TENS per 25’-35’ al dì, per 12 giorni, pausa di 2 giorni, poi inizio terapia. Scopo: migliorare il comfort e la risposta neuromuscolare, alterata da sindromi dolorose ev. presenti. Trattamento di elettrostimolazione muscolare (preriscaldamento 10’ + elettrostimolazione muscolare 20’-30’) a giorni alterni (es. lu-me-ve); in caso di mancata risposta motoria, impiegare le correnti di KOTZ al posto della elettrostimolazione muscolare. A seguire: massaggio drenante (ev. elettrolinfodrenaggio per 20’ + drenaggio manuale) ed eventuali prodotti di mantenimento. Bere molta acqua, prima e dopo i trattamenti. Scopo: tonificare i muscoli, prevenire il rilassamento cutaneo, migliorare l’efficienza del sistema linfatico, prima di trattamenti più aggressivi. Al raggiungimento di un buon tono muscolare, effettuare trattamento della cellulite con elettroterapia + ultrasuono: LU: Trattamento di elettrostimolazione muscolare come sopra (evitando il drenaggio). ME: Trattamento demolitivo tramite ionoforesi (impiego di principi attivi anticellulite) o mesoterapia (effettuata da un medico), ultrasuono a testine fisse, emissione pulsata (10-25%), durata 40-50 minuti, potenza di circa 2-2.5 Watt/cm2. Far bere molta acqua (1.5-2 litri) prima del trattamento, in maniera da stimolare la diuresi. Completare il trattamento con ultrasuono a testina mobile, emissione continua, potenza di 1-1,5 Watt/cm2, per circa20-40 minuti, descrivendo traiettoria a spirale, al fine di drenare le zone trattate precedentemente con le testine fisse. A fine trattamento, effettuare un profondo massaggio drenante e stimolare la diuresi. N.B.: è molto importante che il paziente arrivi con la vescica piena (somministrare 1.5-2 litri di acqua) ed urini il più possibile tra le varie fasi del trattamento con ultrasuonoterapia e/o elettrolipolisi. VE: Trattamento di elettrolipolisi con elettrodi di superficie, per 20 minuti (evitando il drenaggio). A fine trattamento, effettuare un profondo massaggio drenante e stimolare la diuresi. Scopo: demolire le strutture fibrotiche (emissione impulsata) ed effettuare un drenaggio dei liquidi interstiziali (emissione continua), stimolare con la diuresi il drenaggio del sistema linfatico. Cellulite edematosa Se presente algia: elettroterapia antalgica TENS per 25’-35’ al dì, per 12 giorni, pausa di 2 giorni, poi inizio terapia. Scopo: migliorare il comfort e la risposta neuromuscolare, alterata da sindromi dolorose ev. presenti. Trattamento di elettrostimolazione muscolare (preriscaldamento 10’ + elettrostimolazione muscolare 20’) a giorni alterni (es. LU-ME-VE). A seguire: Trattamento di elettrolipolisi con elettrodi di superficie, per 20 minuti ed infine massaggio drenante ed eventuali prodotti di mantenimento. Bere molta acqua, prima e dopo i trattamenti, impiegare tisane drenanti. Scopo: tonificare i muscoli, prevenire il rilassamento cutaneo, migliorare l’efficienza del sistema linfatico, prima di trattamenti più aggressivi. Al raggiungimento di un buon tono muscolare, effettuare trattamento della cellulite con elettroterapia + ultrasuono: LU-VE: Trattamento di elettrostimolazione muscolare ed elettrolipolisi come sopra. ME: Trattamento drenante tramite ionoforesi (impiego di principi attivi anticellulite) o mesoterapia (effettuata da un medico), ultrasuono a testina mobile, emissione continua, potenza di 1-1,5 Watt/cm2, per circa 20-40 minuti, descrivendo traiettoria a spirale, al fine di drenare le zone interessate. Far bere molta acqua (1.5-2 litri) prima del trattamento, in maniera da stimolare la diuresi. A fine trattamento, effettuare un profondo massaggio drenante e stimolare la diuresi. N.B.: è molto importante che il paziente arrivi con la vescica piena (somministrare 1.5-2 litri di acqua) ed urini il più possibile tra le varie fasi del trattamento. Scopo: drenare i liquidi interstiziali e stimolare con la diuresi il drenaggio del sistema linfatico. Rilassamento cutaneo Se presente algia: elettroterapia antalgica TENS per 25’-35’ al dì, per 12 giorni, pausa di 2 giorni, poi inizio terapia. Scopo: migliorare il comfort e la risposta neuromuscolare, alterata da sindromi dolorose ev. presenti. Trattamento di elettrostimolazione muscolare (preriscaldamento 10’ + elettrostimolazione muscolare 20’-30’) a giorni alterni (es. LU-ME-VE). Curare molto l’idratazione tissutale con appositi prodotti cosmetici (specie sul viso). Scopo: tonificare i muscoli, prevenire il rilassamento cutaneo, migliorare l’idratazione. Al raggiungimento di un buon tono muscolare, effettuare il trattamento di mantenimento LU: Trattamento di elettrostimolazione muscolare come sopra. ME: Trattamento tramite preriscaldamento 10’ + ionoforesi 20’ (impiego di principi attivi idratanti) Completare il trattamento con un massaggio ed idratare con appositi prodotti cosmetici. VE: Trattamento di elettrostimolazione muscolare come sopra. Scopo: tonificare i muscoli, prevenire il rilassamento cutaneo, migliorare la circolazione e l’idratazione tissutale. E’ necessario considerare sempre, oltre alle controindicazioni delle varie forme di terapia strumentale, anche le eventuali interazioni delle stessee con altre forme di terapia strumentale. Nel caso della elettroterapia, non ci sono interazioni conosciute con altre metodiche strumentali di norma impiegate in medicina estetica, ovviamente ciò implica la somministrazione di correnti separatamente dalla somministrazioni di altre terapie o principi attivi. Normalmente la terapia di patologie multifattoriali (quali la cellulite), prevede diversi approcci e strumenti che devono agire sinergicamente in maniera controllata. E’ implicito che la elettroterapia debba essere effettuata su pazienti in buone condizioni fisiche e, soprattutto, prima di altri trattamenti (I.R., massaggi, sauna, etc.) questo per evitare di sollecitare muscoli eventualmente già affaticati in precedenza. Importantissimo è non effettuare la elettroterapia durante il ciclo mestruale e su cute bagnata/sudata, come può avvenire dopo una sauna o un trattamento di ipertermia ad infrarossi, poiché la resistività superficiale sarebbe alterata così il risultato della terapia. E’ altresì da evitare la ionoforesi su cute irritata (es. fanghi, ceretta), per cui deve essere effettuata sulla pelle perfettamente integra ed asciutta. D’altro canto l’approccio olistico, basato anche su prodotti e terapie naturali, correlati al più ampio benessere psico-fisico, rappresenterà una ulteriore arma nella lotta agli in estetismi ed alla conquista del benessere. Il futuro è legato sempre più all’integrazione tra gli approcci strumentali, diagnostici e “biologici”, poiché ripetiamo la cellulite è una patologia multifattoriale. Speriamo che sia i produttori di dispositivi elettromedicali, che i produttori o promotori delle filosofie alternative, trovino un comune trait d’union, al fine di rendere più semplice ed omogeneo questo interessante settore di attività, finora polverizzato tra migliaia di aziende, rivenditori, guru di questa o quella opportunità di trattamento,etc., tutto ciò nell’ interesse di chi si rivolge agli operatori specializzati, chiedendo di essere aiutato.