Lezione La corrente elettrica e la legge di Ohm

Lezione
La corrente elettrica e la legge di Ohm
1
Corrente elettrica
La corrente elettrica descrive a livello macroscopico il moto delle cariche elettriche (per esempio, ma non necessariamente, all’interno di un materiale conduttore), ed è ancora una volta definita in analogia alla portata (di volume o
di massa) di un fluido: data una superficie fissata, si chiama corrente elettrica
la quantità di carica che attraversa la superficie (in un verso pre-determinato)
nell’unità di tempo.
!
v
A v dt Figura 1: corrente che attraversa la sezione A di un cilindro retto in cui sono
presenti cariche puntiformi che si muovono tutte con velocità ~v parallela all’asse
del cilindro
Se per semplicità consideriamo il caso di un cilindro di sezione A, in cui si
muovono particelle puntiformi (in numero molto grande) tutte dotate di carica
q e velocità vettoriale ~v diretta parallelamente all’asse del cilindro. Se definiamo positivo il verso di attraversamento della sezione da sinistra verso destra
in figura ??, il numero di particelle che attraversa la superficie nel tempo infinitesimo dt sarà quello contenuto del cilindro di base A e altezza vdt, cioè
dN = n A vdt, dove v è il modulo della velocità e n la densità media di particelle per unità di volume. La quantità di carica che attraversa la superficie sarà
dunque dQ = n A vdt, e la corrente
dQ
= qnvA = JA
dt
dove la quantità J = nqv rappresenta una densità di corrente per unità di
superficie.
I≡
1
La corrente è una grandezza scalare, e la sua unità di misura nel Sistema
Internazionale è l’ampère:
1A = 1Cs−1
Calcoliamo ora la corrente che attraversa la superficie A nel caso in cui le
particelle cariche non abbiano tutte la stessa velocità ~v . Per semplificare il ragionamento, consideriamo il caso in cui le velocità possibili siano un insieme
discreto ~v1 , ~v2 , . . . ~vk , e che per ogni valore possibile della velocità ci sia una corrispondente densità di particelle (che supporremo sempre tutte di carica uguale
q) per unità di volume n1 , n2 , . . . , nk . Prendiamo inoltre l’asse x delle coordinate cartesiane diretto da sinistra a destra e parallelo all’asse del cilindro (ossia
perpendicolare alla superficie A).
!
v
A x vx dt Figura 2: se la velocità ha una direzione generica, importa solo la componente
lungo l’asse del cilindro.
Per ogni valore possibile di ~v possiamo a questo punto ripetere il ragionamento precedente, osservando che la distanza dalla parete a entro cui una particella
deve trovarsi per attraversarla nel tempo dt in generale non è vdt ma da vx dt,
essendo determinata dalla distanza percorsa lungo l’asse x. Dunque le particelle
con velocità ~v1 che attraverseranno la parete saranno dN1 = n1 v1x dt, quelle con
velocità ~v2 saranno dN2 = n2 v2x dt, ecc.
Il numero totale di attraversamenti nel tempo dt è quindi dato da
dN = qAn1 v1x dt + qAn2 v2x dt + · · · + qAnk vkx dt
e la carica totale che attraversa la parete nello stesso intervallino di tempo
vale
dQ = qA(n1 v1x dt + n2 v2x dt + · · · + nk vkx dt) = qnA hvx i dt
dove n = n1 + n2 + · · · + nk è la densità totale di particelle cariche per unità
di volume, e
hvx i =
n1 v1x + n2 v2x + · · · + nk vkx
n
2
(1)
è per definizione il valor medio (coincide con la media aritmetica!) della
componente x della velocità.1
Osservando che vx = ~v · x̂, sostituendolo in ogni termine della somma in ??
e raccogliendo a fattor comune x̂, otteniamo
hvx i = h~v i · x̂
e quindi, per la corrente
I=
dQ
= qnA hvx i = qnA h~v i · x̂ ≡ J~ · n̂A
dt
(2)
dove n̂ rappresenta il versore normale alla superficie A (x̂ nel nostro caso)
e non va confuso con la densità di particelle cariche n. La corrente è cioè il
prodotto tra la superficie A e la componente della densità di corrente J~ = qn h~v i
perpendicolare all’area stessa: in altre parole il flusso di J~ attraverso la superficie
A. Naturalmente anche qui i versori possibili sono due: scegliere uno o l’altro
è una questione di convenienza, e l’unica differenza è ovviamente il segno della
corrente.
È chiaro a questo punto che, generalizzando a una superficie qualunque,
usiamo la definizione generale di flusso:
Z
J~ · n̂dA
(3)
I=
A
n̂
!
J
!
J
!
J
n̂
dA !
J
n̂
n̂
!
J
n̂
Figura 3: La corrente che attraversa una superficie data (aperta a sinistra, chiusa
~ che in generale non
a destra è data dal flusso del vettore densità di corrente J,
è uniforme e dipende dal punto.
1 Un calcolo molto simile è stato fatto per il calcolo del numero di particelle che urtano
contro una parete determinando pressione nella teoria cinetica dei gas. In quel caso, come si
ricorderà, la media in questione riguarda il quadrato della velocità lungo x, e si deve introdurre
un fattore 1/2 nel conteggio delle particelle per ter conto del fatto che solo quelle con velocità
positiva urtano la parete. In questo caso invece anche le cariche con vx < 0 contribuiscono alla
corrente, definita come la quantità netta di carica che attraversa la superficie in un dato verso,
e a questa contribuiscono sia le cariche che si muovono verso destra sia, con segno opposto,
quelle che si muovono verso sinistra e si trovano quindi inizialmente a destra della superficie
considerata.
3
Per finire con le generalizzazioni, se le particelle presenti nello spazio in
questione non hanno tutte la stessa carica q ma hanno diversi valori possibili
(per esempio nel caso di soluzioni elettrolitiche in cui sono presenti ioni di carica
diversa), la ?? si generalizza facilmente sommando i contributi delle varie specie
di portatore di carica:
I = q1 n1 A h~v1 i · x̂ + q2 n2 A h~v2 i · x̂ + · · · = J~1 · n̂A + J~2 · n̂A + · · · = J~tot · n̂A
con
J~tot = J~1 + J~2 · · ·
Notiamo per esempio che se ci sono cariche positive e negative di ugual
modulo (per esempio gli ioni Na+ e Ci− in una soluzione di cloruro di sodio), le
cariche positive che si muovono in una direzione e quelle negative che si muovono
in direzione opposta daranno contributi dello stesso segno alla corrente totale.
1.1
Legge di continuità
Se estendiamo il flusso a una superficie chiusa, bordo di un volume V , e orientiamo in ogni punto la normale n̂ nel verso uscente dal volume racchiuso, la
corrente I rappresenta la quantità di carica che esce dal volume V nell’unità di
tempo (fig. ?? a destra).
Ora, è un fatto sperimentale che la carica elettrica si conserva, ossia non
può essere creata o distrutta, e si conserva localmente: questo significa che non
può scomparire in un punto e ricomparire in un altro punto disgiunto senza
“spostarsi” dall’uno all’altro dando luogo a una corrente. Questo si esprime
matematicamente con la cosiddetta equazione di continuità, la quale non fa altro
che esplicitare in formule quanto detto sopra: nel caso del volume V delimitato
dalla superficie chiusa A, dire
H che la carica si conserva localmente equivale a
dire che la carica dQu = dt A J~ · n̂ dA uscita attraverso la superficie nel tempo
dt è esattamente uguale al decremento della carica Qint contenuta nel volume
V , ossia dQu = −dQint .
In altri termini, per ogni superficie chiusa A,
I
dQ
I=
J~ · n̂ dA = −
(4)
dt
A
dove per semplicità abbiamo eliminato gli indici da Iu e Qint , e con I intendiamo la corrente uscente dalla superficie chiusa, con Q la carica da essa
racchiusa. Se vogliamo, possiamo prendere questa come la vera definizione, più
rigorosa, di corrente elettrica.
Notiamo che nei casi di situazioni stazionarie, in cui nessuna grandezza
dipende dal tempo, si ha dQ/dt = 0 e l’equazione di continuità si riduce a
I
J~ · n̂ dA = 0
A
La densità di corrente J~ è in casi stazionari un vettore che, come il campo
elettrico in assenza di cariche o come il campo di velocità di un fluido incomprimibile, ha flusso sempre nullo su qualunque superficie chiusa. Detto a parole,
4
se non ci sono accumuli di carica nel tempo, la somma delle correnti entranti e
uscenti da una data superficie chiusa è nulla (tanta carica entra quanta ne esce,
in un dato dt).
• Esempio: legge dei nodi di Kirchhoff
I2 I1 I3 Figura 4: Nel “nodo” rappresentato in figura la somma algebrica delle correnti
entranti o uscenti è nulla: nel tempo dt tanta carica entra nella superficie chiusa
rappresentata dal cerchietto, quanta ne esce. Scegliendo arbitrariamente i versi
positivi delle correnti come indicato dalle frecce, nel caso rappresentato questo
implica che I1 = I2 + I3 .
Se in un circuito elettrico si ha un cosiddetto “nodo”, ossia una diramazione dei fili conduttori percorsi da corrente, poiché in genere non si possono
creare accumuli di carica in corrispondenza del nodo stesso (quel caso verrebbe schematizzato da un condensatore), applicando la legge di continuità
a una superficie chiusa che racchiude il nodo si trova che
la somma algebrica delle correnti entranti nel nodo è nulla.
2
La legge di Ohm
La legge di Ohm riguarda alcuni materiali conduttori (soprattutto metalli),
detti appunto “ohmici”, per i quali si verifica sperimentalmente che, entro certi
intervalli di validit dipendenti dal materiale stesso e dalle condizioni esterne (per
esempio temperatura), a corrente che scorre in un tratto filiforme (di lunghezza
molto maggiore delle dimensioni trasversali) di conduttore è proporzionale alla
differenza di potenziale elettrico tra i due capi del filo stesso:
I ∝ ∆V
Di solito la legge è espressa nella forma
5
∆V = IR
(5)
dove la quantità R, in prima approssimazione indipendente da I e da V , è
detta resistenza e dipende solo dalle caratteristiche del conduttore considerato,
dalla geometria del filo e da altri parametri come la temperatura.
2.1
Legge di Ohm locale
La legge di Ohm ?? è essenzialmente sperimentale, ma può essere spiegata da
un semplice modello meccanico, che descriveremo sommariamente, enza entrare
troppo nei dettagli matematici. In questo modello (detto modello di Drude) i
portatori di carica sono particelle di massa m e carica q, libere di muoversi in
un reticolo formato da altre particelle ferme, contro cui possono urtare elasticamente. I portatori si muoveranno quindi di moto libero nel vuoto, nell’intervallo
di tempo tra un urto e il successivo.
Figura 5: Modello meccanico per la legge di Ohm locale: i portatori di carica
urtano elasticamente contro gli ioni fermi del metallo, rimbalzando in direzioni
casuali e azzerando quindi la velocità media indipendentemente dalle condizioni
iniziali.
Se si suppone che nell’urto con una delle particelle ferme del reticolo il portatore di carica rimbalzi in media in una direzione qualunque (questo è vero per
esempio nel caso di urto elastico contro una superficie sferica) si ha che, indipendentemente dalle condizioni iniziali, se i portatori di carica sono in numero
molto grande, basta che tutti subiscano almeno un urto (~vi → ~vi0 ) per far sı̀ che
la velocità vettoriale media si annulli
h~v i ≡
N
N
1 X 0
1 X
~vi →
~v ≈ 0
N i=1
N i=1 i
dato che i vettori ~v 0 dopo l’urto puntano in direzioni totalmente casuali (se
si preferisce è proprio questa la definizione di “direzione totalmente casuale”).
6
In assenza di forze esterne, dunque, il sistema di N portatori di carica, indipendentemente dalle condizioni iniziali, raggiungeranno molto rapidamente (in
tempi dell’ordine dell tempo medio tra due collisioni) una velocità media nulla. Come nel caso delle molecole di un gas all’equilibrio, questo non significa
naturalmente che le singole molecole sono ferme ma che, preso un qualunque
volumetto piccolo dal punto di vista macroscopico ma molto grande dal punto
di vista microscopico, la quantità di moto totale dei portatori di carica presenti
nel volumetto, proporzionale alla velocità media, sarà in ottima approssimazione
nulla.
~ (che supponiamo
Se nel conduttore è presente un campo elettrico esterno E
uniforme nel volume considerato) si ha che, tra un urto e il successivo, ogni
~ e acquista dunque una
portatore di carica viene accelerato da F~ = m~a = q E,
velocità
q ~
∆~v = ~a∆t = E∆t
m
Supponiamo per comodità che gli urti avvengano tutti allo stesso istante, e
siano tutti separati dallo stesso ∆t (tempo medio tra le collisioni). Abbiamo
visto prima che a ogni urto la velocità media dei portatori di carica si annulla;
tra un urto e il successivo quindi, poiché tutti i portatori acquistano lo stesso
∆~v , questo coinciderà con la velocità media immediatamente prima dell’urto
successivo; a questo punto la velocità media si annulla di nuovo, e nel successivo
q ~
E∆t. Si capisce che in questo modo, essendo il
∆t torna a essere uguale a m
tempo ∆t piccolo per l’osservatore macroscopico, l’effetto misurato è quello di
~
una velocità media proporzionale al campo elettrico esterno E:
~
~v ∝ E
(6)
e dunque
~
J~ ∝ E
Nel paragrafo seguente il risultato è dedotto in maniera più rigorosa, per chi
non ama le affermazioni non dimostrate.
2.2
Approfondimento: dimostrazione più rigorosa (modello di Drude)
Consideriamo un intervallo infinitesimo di dt tale che la probabilità che un dato
portatore urti una qualunque particella del reticolo sia molto bassa e proporzionale a dt, e valga p = dt/τ , dove τ ha le dimensioni di un tempo, e p 1.
Si tratta di un’ipotesi ragionevole, che descrive una vasta gamma di fenomeni
casuali in cui la probabilità del singolo evento non dipende dalla storia precedente, per esempio i decadimenti radioattivi (se un evento ha una bassissima
probabilità di avverarsi in un dato intervallo di tempo, aspettando un tempo
doppio ci aspettiamo che la probabilità raddoppi).
Per definizione di probabilità,2 questo significa che, se prendiamo un numero
molto grande N di portatori di carica al tempo t, al tempo t+dt un certo numero
2 Prendiamo
come definizione di probabilità la cosiddetta definizione frequentista: la probabilità p che si verifichi un certo evento è data dal limite della frequenza f = Nv /N di eventi
verificatisi Nv facendo N prove, nel limite in cui il numero di prove N tende a infinito.
7
di essi dN avrà urtato uno ione fermo, con dN/N = p = dt/τ . Le particelle che
non hanno urtato in quell’intervallo infinitesimo sono
dt
N 0 = N − dN = N (1 − p) = N 1 −
τ
Consideriamo adesso la velocità media dei portatori di carica. Questa al
tempo t è data per definizione da
h~v i (t) =
N
1 X
~vi (t)
N i=1
~ (che consideriamo uniforme nel
Se è presente un campo elettrico esterno E
volume preso in esame), al tempo t + dt abbiamo che tutte le N 0 particelle che
non hanno urtato contro uno ione fermo si sono mosse nel vuoto sotto l’azione
~ e la velocità di ciascuna è aumentata della stessa
della forza costante F~ = q E,
quantità
q ~
E dt
m
La velocità media al tempo t + dt è data da
~vi (t + dt) = ~vi (t) +
 0

N
N
dN
X
X
X
1 
1
~vi (t + dt) =
h~v i (t + dt) =
~vi (t + dt) +
~vj (t + dt)
N i=1
N i=1
j=1
La seconda sommatoria tra parentesi quadre è la velocità totale delle particelle che hanno urtato uno ione fermo. Per l’ipotesi di completa casualità
della direzione uscente, questa sommatoria è nulla: solo il primo termine nella
parentesi contribuisce.
Dunque abbiamo
N0
N0
1 X
1 Xh
q ~ i
h~v i (t + dt) =
~vi (t + dt) =
~vi (t) + E
dt
N i=1
N i=1
m
PN 0
cioè, ricordando che i=1 ~vi (t) = N 0 h~vi i (t) (la media fatta su N 0 coincide
in prima approssimazione con quella fatta su N )
h~v i (t + dt) =
N0 h
q ~ i
dt h
q ~ i
h~vi i (t) + E
dt = 1 −
h~vi i (t) + E
dt
N
m
τ
m
Sviluppando il prodotto a destra ed eliminando il termine in (dt)2 otteniamo
1
q ~
h~v i (t + dt) − h~vi i (t) = − h~vi i (t) + E dt
τ
m
cioè, dividendo per dt,
d h~vi i
1
q ~
= − h~vi i + E
dt
τ
m
8
(7)
un’equazione differenziale per la velocità media h~vi i (t) che dovrebbe essere
ormai notissima, identica a quella per la velocità di un grave in presenza di
attrito viscoso. La soluzione generale è data da
~ e−t/τ + qτ E
~
h~vi i (t) = A
m
(8)
~ dipende dalle condizioni iniziali) il cui andamento asintotico per
(dove A
t τ (la soluzione particolare) è una velocità media limite
h~vi i =
qτ ~
E
m
e
nq 2 τ ~
~
E ≡ σE
J~ = nqh~vi i =
m
dove n è la densità dei portatori di carica (elettroni, nei metalli) e q la loro
carica. Si noti che il risultato, contenendo q 2 , non dipende dal segno della carica.
Si può dimostrare, usando la definizione di media statistica, che il tempo τ ,
oltre a rappresentare il tempo caratteristico di decadimento della parte esponenziale nella soluzione ??, è esattamente uguale al tempo medio che intercorre
tra una collisione e la successiva.
2.3
Legge di Ohm locale e conducibilità
Il risultato che ci interessa è che per i materiali ohmici vale la relazione locale
(cioè valida in un intorno di ogni punto, al solito preso piccolo dal punto di
vista macroscopico ma di dimensioni molto grandi rispetto alle distanze interatomiche) di proporzionalità diretta tra il campo elettrico presente all’interno
del materiale e la corrente che si crea (in tempi dell’ordine del tempo medio di
collisione tra i portatori di carica e gli ioni fermi)
~
J~ = σ E
La costante di proporzionalità σ dipende dalle caratteristiche del materiale,
ma anche dalla sua temperatura (attraverso il tempo medio di collisione), ed è
chiamata conducibilità elettrica.3
2.4
Legge di Ohm integrata e resistenza
~ non necessaConsideriamo un conduttore in cui è presente un campo elettrico E,
riamente uniforme, e prendiamo un piccolo un volumetto cilindrico di lunghezza
~ e quindi anche a
d` e area di base A, con l’asse orientato parallelamente a E
~
J~ = σ E:
La corrente che attraversa la base A è data da I = J~ · n̂A, dove n̂ è il versore
normale alla base e uscente dal cilindretto.
Sostituendo la legge di Ohm locale, abbiamo
~ · n̂A
I = J~ · n̂A = σ E
3 Attenzione a non confonderla con la densità superficiale di carica, molto indicata con la
stessa lettera greca σ.
9
!
!
J =σE
A !
dℓ
Figura 6: Cilindretto di conduttore ohmico percorso da corrente
cioè
~ · n̂ = I
E
σA
la caduta di potenziale tra la base di sinistra e quella di destra del cilindro
vale quindi
~ =E
~ · d`
~ · n̂d` = I d`
dV = E
σA
cioè
dV = IR
A
dove R = ρ d`
è chiamato resistenza del tratto di conduttore lungo d`, e
1
ρ ≡ σ è detta resistività del materiale ohmico.
In generale, integrando lungo un tratto finito di conduttore percorso da
corrente I, la caduta di potenziale ai suoi capi vale
Z
1
∆V = Iρ
d` = IR
A
con
Z
1
R=ρ
d`
A
Se la sezione del conduttore (come accade per i cavi) è costante, la formula
diventa semplicemente
R=ρ
d`
A
La resistenza di un tratto di conduttore di resistività nota è proporzionale
alla sua lunghezza e inversamente proporzionale alla sua sezione.
Nel Sistema Internazionale l’unità di misura della resistenza è l’ohm:
1Ω = 1V/1A
10
2.5
Effetto Joule
La legge di Ohm è conseguenza di un meccanismo con effetti molto simili all’attrito viscoso in meccanica. Come in quel caso, anche qui la presenza di un
attrito è collegata a una dissipazione di energia meccanica, che viene convertita
in energia termica.
Consideriamo un volume in cui sono presenti una densità di corrente J~ e
~ Sappiamo che la velocità media dei portatori di carica è
un campo elettrico E.
~
legata a J da
~
h~v i = J/nq
Su una singola carica q il campo elettrico compie nel tempo dt un lavoro
~ · d~r = q E
~ · ~v dt
dWi = q E
In un volumetto unitario ci sono n portatori di carica, e dunque nel tempo dt il
lavoro compiuto dal campo elettrico sulle cariche del volumetto vale
~ · ~v dt = J~ · E
~
dw = nq E
(dove dw è un’energia per unità di volume).
~ e per il cilindretto di figura ??, di
Nel caso materiale ohmico si ha J~ = σ E,
volume Ad`, il lavoro fatto nel tempo dt vale
~ = Ad` JE = Ad` σE 2 = Ad` J 2 /σ
dW = (Ad`) dw = Ad` J~ · E
~ sono paralleli.
dove abbiamo usato che J~ e E
Ricordando che, sempre con questa geometria, JA = I è la corrente che
scorre nel cilindretto, e Ed` = dV è la differenza di potenziale tra le due basi
del cilindro, abbiamo
dW = Ad`JE = IdV = I 2 R
dove abbiamo usato la forma della legge di Ohm dV = IR.
Il lavoro dW compiuto dal campo elettrico nel tempo dt non si traduce in
energia meccanica (macroscopica) delle cariche, che mantengono la loro velocità
media h~v i. L’energia viene convertita in energia meccanica microscopica (energia termica): dal punto di vista macroscopico, si tratta di energia meccanica
dissipata in calore (la resistenza si scalda, come sa chiunque abbia toccato una
lampadina a incandescenza o un ferro da stiro). Il fenomeno in questione è
chiamato effetto Joule, ed è espresso dalla legge
W = I 2R
3
Generatori di tensione ideali
Supponiamo di fornire una differenza di potenziale costante V0 ai capi di un
tratto di conduttore di resistenza nota R. Per far questo usiamo un generatore
ideale di tensione (una batteria). Non ci interessiamo in questa sede di come
funzioni un generatore di tensione (ancor meno un generatore ideale): ci basta
sapere che sfrutta in genere reazioni elettrochimiche per separare cariche positive
e negative contro la forza elettrostatica che tenderebbe a riunirle, avendo come
11
effetto quello di garantire una differenza di potenziale costante e nota ai suoi
capi.
Se colleghiamo i capi di un generatore ideale di tensione V0 a una resistenza nota R (dal punto di vista circuitale questo si schematizza rappresentando
la resistenza tutta concentrata in un tratto del filo conduttore la cui resistenza è rappresentata convenzionalmente da una linea a zig-zag), nella resistenza
scorrerà in situazione stazionaria una corrente tale che
V0 = IR
B A V0 c c R I D C Figura 7: La resistenza R è collegata a un generatore ideale di tensione V0 . Nel
circuito scorre la corrente I = V0 /R.
Se moltiplichiamo entrambi i membri di questa equazione per I, otteniamo
la sua interpretazione in termini di bilancio energetico:
IV0 = I 2 R
Il termine a sinistra W = IV0 rappresenta la potenza fornita dal generatore, il quale per garantire una differenza di potenziale costante ai suoi capi
nonostante lo scorrimento di corrente separa cariche positive dalle negative al
suo interno, spostando di fatto una carica dq = Idt da potenziale minore a
potenziale maggiore, e compiendo un lavoro W dt = dqV0 = IdtV0 . ll termine
a destra W = I 2 R rappresenta invece la potenza dissipata per effetto Joule
dalla resistenza. L’equazione dunque esprime semplicemente la conservazione
dell’energia: la potenza fornita dal generatore viene tutta dissipata (convertita
in energia termica) dalla resistenza.
4
Resistenze in serie e in parallelo
Due resistenze (tratti di conduttore ohmico) R1 e R2 si dicono collegate in serie
quando sono sullo stesso ramo di un circuito (nelle due scorre la stessa corrente),
in parallelo quando sono su due rami diversi, e vengono sottoposte alla stessa
differenza di potenziale. La trattazione è elementare una volta nota la legge di
Ohm.
12
A B R1 V0 A B I=I1+I2 c V0 c R2 E c C I C c R1 I1 D F I=I1+I2 R2 c c I2 E D Figura 8: Resistenze collegate in serie (a sinistra) e in parallelo (a destra).
Resistenze in serie: Nelle due resistenze scorre la stessa corrente I (trattandosi dello stesso ramo di circuito o, se si preferisce, a causa dell’equazione di
continuità applicata a una superficie chiusa che racchiude una delle resistenze,
o entrambe) pertanto
VB − VC = IR1
VC − VD = IR2
Poiché i tratti AB e DE non hanno resistenza nella nostra schematizzazione,
lungo quei tratti il potenziale rimane costante
VA = VB
e
VD = VE
Il generatore di tensione ideale garantisce che, indipendentemente dal valore di
I,
VA − VE = V0
Mettendo tutto insieme si ottiene
V0 = IR1 + IR2 = IReq
con
Req = R1 + R2
Due resistenze collegate in serie sono equivalenti a un’unica resistenza pari alla somma delle due. Ai capi di ciascuna resistenza si ha una caduta di
potenziale proporzionale alla resistenza stessa:
VC − VD =
R2
V0
R1 + R2
(partitore di tensione).
13
Resistenze in parallelo: Le correnti che scorrono nelle due resistenze sono
diverse: le relazioni sono in questo caso
VB − VE = I1 R1
VC − VD = VB − VE = I2 R2
dove abbiamo usato che i tratti BC e DE sono allo stesso potenziale non
avendo resistenza apprezzabile nella nostra schematizzazione.
Il generatore ideale garantisce VA − VF = V0 , da cui
V0 = I1 R1 = I2 R2
La legge di Kirchhoff dei nodi ci garantisce che nel nodo B la somma algebrica
delle correnti entranti è nulla, il che implica
I = I1 + I2
dove I è la corrente che percorre il ramo AB (e anche il ramo EF : è lasciato
al lettore come esercizio dimostrare che le due correnti sono uguali).
Sostituendo I1 e I2 otteniamo
1
1
V0
I = V0 /R1 + V0 /R2 = V0
+
=
R1
R2
Req
con
1
1
1
≡
+
Req
R1
R2
Due resistenze collegate in parallelo sono equivalenti a una resistenza il cui
inverso è la somma degli inversi delle resistenze date. Si noti che Req < R1 ,
Req < R2 . La corrente si suddivide tra i due rami in maniera inversamente
proporzionale alle rispettive resistenze:
I1
R2
=
I2
R1
4.1
Generatori di tensione reali
Uno dei modi in cui si schematizza il comportamento di un generatore reale
per differenziarlo da quello ideale è quello di attribuirgli una resistenza interna
Rint che viene considerata collegata in serie a un generatore ideale di tensione.
Collegandone i capi a una resistenza esterna (resistenza di carico) R, si ha che
la caduta di potenziale effettiva ai capi di quest’ultima sarà determinata dalla
relazione trovata sopra per le resistenze in serie, in questo caso uguali a Rint e
R
Vef f = V0
R
< V0
R + Rint
La caduta di potenziale efficace ai capi del generatore reale tende alla tensione nominale V0 nel limite R Rint .
14
5
Scarica del condensatore
Supponiamo di avere un condensatore di capacità nota C inizialmente carico
con carica Q0 , che supponiamo per chiarire le idee positiva (in realtà il segno di
Q0 non ha nessuna importanza) Questo significa che tra l’armatura con carica
Q0 e quella con carica −Q0 sussiste una differenza di potenziale ∆V = QC0 .
Supponiamo ora di stabilire al tempo t = 0 un contatto elettrico tra le
due piastre attraverso un filo di resistenza nota R, Il fatto che il collegamento
avvenga al tempo t = 0 viene realizzato con la chiusura di un interruttore
(rappresentato aperto nel disegno di sinistra in figura), che connette due tratti
di circuito prima sconnessi, facendoli diventare di fatto lo stesso conduttore e
permettendo il passaggio di carica
A B c A B Q Q0 c D c c C D dQ
I =−
dt
c C Figura 9: Scarica di un condensatore. A sinistra, il condensatore è inizialmente
carico e l’interruttore è aperto. A destra, l’interruttore è chiuso e nel circuito
circola una corrente I = −dQ/dt.
Prima della chiusura dell’interruttore il sistema è all’equilibrio elettrostatico
ed è diviso in due conduttori distinti, che si trovano ciascuno a un valore del
potenziale: i punti A, D, C si trovano tutti a un potenziale che possiamo per
convenzione prendere uguale a zero.
VA = VC = VD = 0
Il punto B si trova su un conduttore sconnesso dal resto e sta a un potenziale
VB . Sappiamo dalla definizione di capacità che
Q0
C
Quando chiudiamo l’interruttore (t > 0) il circuito si chiude e il sistema
diventa un unico conduttore, i cui punti non sono inizialmente tutti allo stesso
VB = VB − VC =
15
potenziale: non siamo in condizioni di equilibrio, e all’interno del conduttore ci
sarà uno spostamento di cariche (cioè un passaggio di corrente) per ristabilire
l’equilibrio.
Sappiamo già quale sarà la situazione di equilibrio finale: il conduttore si
troverà tutto allo stesso potenziale, dunque VB = VC e la carica finale sul condensatore sarà nulla. Dunque la carica Q si sposta dall’armatura superiore a
quella inferiore, dando luogo a una corrente positiva che circola in senso antiorario nel circuito (figura ?? a destra). In realtà il verso della corrente è puramente
convenzionale, come il segno della carica: l’importante, scelta una convenzione,
è accertarsi di usare i segni corretti nelle relazioni tra i vari contributi nelle
equazioni.
Avendo preso per convenzione positiva la carica sull’armatura superiore del
condensatore, e la corrente circolante in senso antiorario nel circuito chiuso
ADCB, abbiamo che in ogni istante sono vere le seguenti relazioni:
VB − VC =
Q(t)
C
VA = VB
VC = VD
VA − VD = I(t)R
dove l’ultima relazione è la legge di Ohm applicata al tratto AD in cui
supponiamo concentrata la resistenza del conduttore. Osserviamo che il segno
è coerente con la nostra convenzione di corrente positiva circolante in senso
antiorario: se una corrente positiva scorre da A verso D, l campo elettrico
all’interno della resistenza va da A a D, dunque VA − VD = IR > 0. Le quattro
relazioni sono in realtà un esempio di applicazione (facile) della prima legge di
Kirchhoff sui circuiti: la somma algebrica delle differenze di potenziale
lungo un percorso chiuso del circuito (maglia) è nulla.
Mettendo insieme le quattro relazioni (di cui due in realtà totalmente banali)
otteniamo
Q(t)
(9)
C
Rimane da stabilire la relazione tra I(t) e Q(t), che otteniamo dall’equazione
di continuità, considerando una superficie chiusa attorno all’armatura superiore
del condensatore: I(t) rappresenta la corrente uscente dalla superficie, secondo
la nostra convenzione, e Q(t) la carica interna. Dunque
I(t)R =
dQ
dt
Si noti il segno meno, che dipende dalla nostra scelta di convenzione (la
corrente presa positiva quando circola in senso antiorario).
Mettendo tutto insieme otteniamo un’equazione differenziale per Q(t)
I(t) = −
dQ
1
=−
Q(t)
dt
RC
16
È la solita equazione differenziale del prim’ordine, lineare e a coefficienti
costanti, che ha come soluzione
t
Q(t) = Q0 e− RC
La carica presente sul condensatore decresce esponenzialmente nel tempo, tendendo a zero con tempo caratteristico τ = RC.
La corrente I(t) ha un andamento esponenziale con lo stesso tempo caratteristico, e si ottiene derivando Q(t) o tramite l’equazione ??:
I(t) =
5.1
Q0 − t
Q(t)
=
e RC
RC
RC
Bilancio energetico
Moltiplicando la ?? per I(t) a destra e a sinistra dell’uguale, otteniamo
I 2R = I
Q(t)
C
cioè, ricordando che nel nostro caso I(t) = − dQ
dt ,
I 2R = −
dQ Q
d
=−
dt C
dt
1 Q2
2 C
=−
dU
dt
Di nuovo, possiamo interpretare l’equazione in termini di bilancio energetico:
2
l’energia U = 12 QC immagazzinata nel condensatore diminuisce nel tempo, e questa perdita è esattamente uguale all’energia dissipata (in calore) dalla resistenza
per effetto Joule.
6
Carica del condensatore
Consideriamo ora il problema della carica di un condensatore di capacità nota.
Per caricarlo inseriamo nel circuito precedente un generatore ideale di tensione
V0 .
Prima della chiusura dell’interruttore (figura ?? a sinistra), se il condensatore è scarico le differenze di potenziale ai suoi capi è nulla. Nel circuito non
scorre corrente ed entrambe le armature si trovano allo stesso potenziale del
polo negativo della pila.
VB = VC = VD
Nel circuito non scorre corrente perché, per ipotesi, si trova all’equilibrio
elettrostatico.
I(t < 0) = 0
Al tempo t = 0 si chiude l’interruttore: il punto B viene portato istantaneamente a potenziale V0 , e cosı̀ il punto C, visto che all’inizio il condensatore
è scarico e quindi non vi è differenza di potenziale tra le armature. Dunque
inizialmente si ha che VC − VD = V0 e dunque nella resistenza inizia a scorrere
una corrente positiva I0 = V0 /R da C verso D, cioè in senso orario nel circuito.
Al solito, nello scrivere le equazioni il verso scelto come positivo per la corrente
17
A B c A B Q V0 c c c V0 c c c D dQ
I=
dt
C D C Figura 10: Carica di un condensatore. A sinistra, il condensatore è inizialmente
scarico e l’interruttore è aperto. A destra, l’interruttore è chiuso e nel circuito
circola una corrente I = dQ/dt.
è ininfluente, a patto che la scelta venga mantenuta coerentemente per tutte le
relazioni coinvolte.
Nel nostro caso, se prendiamo positiva la corrente che circola nel circuito in
senso orario, abbiamo che le differenze di potenziale ai capi dei vari elementi a
un dato istante t sono:
VA − VD = V0
VA = VB
(non ci sono resistenze tra A e B)
VB − VC =
Q(t)
C
VC − VD = I(t)R
Mettendo tutto insieme otteniamo l’equazione del circuito (prima legge di
Kirchhoff):
Q
+ IR
C
dove stavolta la relazione tra I e Q è data da
V0 =
I=
dQ
dt
18
come possiamo verificare osservando che per come abbiamo scelto i segni
convenzionali, se I > 0 la carica Q sull’armatura superiore del condensatore
aumenta.
L’equazione differenziale per Q(t) diventa quindi
dQ
Q
V0
+
=
dt
RC
R
L’equazione è di nuovo differenziale lineare del prim’ordine, questa volta
non omogenea, e ha come soluzione la somma di una soluzione dell’omogenea
associata e di una soluzione particolare.
t
Q(t) = Ae− RC + Q̄
Una soluzione particolare facile si trova imponendo la stazionarietà
da cui
dQ
dt
= 0,
Q̄
V0
=
RC
R
cioè
Q̄ = V0 C
che coincide con il limite asintotico (nella situazione di nuovo equilibrio la
differenza di potenziale ai capi del condensatore carico sarà uguale a quella del
generatore, e nella resistenza non scorrerà più corrente).
La costante generica A è determinata dalle condizioni iniziali, nel nostro caso
Q(t = 0) = 0. Imponendole otteniamo A = −V0 C, cioè
t
Q(t) = V0 C 1 − e− RC
La carica parte da zero e tende (con un esponenziale decrescente rovesciato)
al valore asintotico V0 C.
Derivando Q(t) otteniamo l’andamento della corrente
V0 − t
e RC
R
La corrente vale inizialmente I(0) = V0 /R, come ci aspettavamo dal ragionamento qualitativo, e tende a zero esponenzialmente con il tempo caratteristico
τ = RC (lo stesso che descrive la scarica del condensatore), che non dipende da
V0
I(t) =
6.1
Bilancio energetico
Moltiplicando di nuovo l’equazione del circuito per I otteniamo il caso più generale del bilancio energetico visto sopra (di cui quelli esaminati in precedenza
sono casi particolari)
d Q2
+ I 2R
dt 2C
La potenza fornita dal generatore va in parte ad aumentare l’energia U
immagazzinata nel condensatore, e in parte viene dissipata per effetto Joule
nella resistenza.
V0 I =
19