la donna in nero - Sillabe, casa editrice

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Stephen Mallatratt - Susan Hill
LA DONNA IN NERO
Traduzione di
Tommaso Spinelli
Introduzione di
Marco Vichi
sillabe
THE WOMAN IN BLACK
Original Novel The Woman in Black copyright © 1983 Susan Hill
Adaptation copyright © 1989 Susan Hill/Stephen Mallatratt
Tutti i diritti riservati. Per qualsiasi richiesta di rappresentazione
teatrale professionale e amatoriale dell’opera, si prega di rivolgersi
a: The Agency (London) Ltd, 24 Pottery Lane, Holland Park,
London W11 4LZ; e-mail [email protected]. Non è
consentito alcun utilizzo dell’opera senza previo consenso scritto
da parte di The Agency (London) Ltd.
Titolo originale: The Woman in Black
Traduzione dall’inglese: Tommaso Spinelli
ISBN 978-88-8347-831-4
© s i l l a b e s.r.l.
www.sillabe.it
Prima edizione: maggio 2016
© collana editoriale - Arcadia & Ricono
diretta da Anna Ashton Parnanzini
direzione editoriale: Maddalena Paola Winspeare
coordinamento: Laura Belforte, Giulia Perni
redazione: Giulia Bastianelli, Edy Quaggio (per A&R)
impaginazione: Simonetta Geppetti
Foto di Stephen Mallatratt: © Emma London
Foto di Susan Hill: © Susan Hill
La Donna in nero (The Woman in Black) è andata in scena
per la prima volta allo Stephen Joseph Theatre in the Round, a
Scarborough, l’11 dicembre 1987, con il seguente cast:
Attore John Strickland
Kipps Dominic Letts
La Donna Lesley Meade
Regia di Robin Herford
Scenografia di Michael Holt
Successivamente al Lyric Hammersmith di Londra, prodotto
da Peter Wilson e da H.M Tennent Ltd, l’11 gennaio 1989,
con il seguente cast:
Attore Charles Kay
Kipps John Duttine
La Donna Nicola Sloane
Regia di Robin Herford
Scenografia di Michael Holt
La produzione è poi passata allo Strand Theatre, Londra, il
25 gennaio 1989, alla Playhouse, Londra, il 18 aprile 1989
e al Fortune Theatre, Londra, il 7 giugno 1989 con lo stesso
cast, dove è andata in scena per cinque anni con varie modifiche al cast. La Donna in nero, da allora non ha mai smesso
di essere rappresentata, soprattutto nel West End, ma anche
in tutto il mondo.
Paura…
Cos’è la paura, se non lo smarrimento di fronte all’ignoto?
Ma si sa che l’ignoto è anche affascinante, ci attira con la
sua oscurità che dobbiamo cercare di illuminare. È questa
emozione che a volte cerchiamo in un libro, in un film, in
un’opera teatrale, o anche scavalcando di notte il muro di
un cimitero. Credo che abbia a che fare con il desiderio di
conoscenza, generalmente innato nell’uomo, che unisce
insieme l’ormai famoso binomio paura-desiderio.
Chi si avventura in un territorio sconosciuto è spinto
dal desiderio di scoperta, ma vive anche la paura di ciò che
ancora non conosce. Per alcuni è una spinta irrefrenabile:
primo fra tutti l’Ulisse dantesco, che dopo aver attraversato
mille pericoli ed essere finalmente approdato a casa,
regola i conti con i proci, dà qualche bacio a Penelope
e si rimette in viaggio, assetato di conoscenza, quasi
potremmo dire in “astinenza da ignoto”. Ogni uomo, nel
bene e nel male, desidera affrontare nuove sfide. Lo fa
con apprensione, con paura, ma non può farne a meno.
Altra cosa, però, è la paura che proviamo per ciò che ci
appare davanti al di là della nostra volontà. Ad esempio
un fantasma, archetipo dell’ignoto, paradigma di ciò
che sfugge alla nostra comprensione, rappresentante del
regno dei morti, la più alta manifestazione di ciò che non
possiamo conoscere. Eppure a guardar bene dovrebbe
rassicurarci, visto che ci rivela l’esistenza di un’altra vita
oltre quella terrena. È però vero che non tutti i fantasmi
sono gentili, La Donna in nero ne è la dimostrazione…
Marco Vichi
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Nota dell’adattatore
È difficile che un regista abbia dimestichezza con
testi teatrali che trattano di fantasmi, ce ne sono
relativamente pochi in giro, quindi, a costo di apparire
ovvio, spenderò due parole sulla messa in scena. Ho
visto vari allestimenti de La Donna in nero in giro per
il mondo, alcuni molto efficaci, altri meno.
L’intento del testo è spaventare, se non ci riesce
ha poco senso. Paura non tanto visiva o viscerale,
ma immaginaria. Non si vedono gocce di sangue o
nessun altro degli effetti speciali più elementari.
Il buio è un potente alleato del terrore, un elemento
che si intravede in un angolo di sfuggita è molto più
spaventoso che se osservato da vicino. La scenografia
funziona meglio quando serve questo scopo – ossia
quando permette a oggetti misteriosi di trovarsi in
posti nascosti.
Ho assistito a una produzione dove la Donna era
completamente in luce al centro del palco durante
tutte le sue manifestazioni. Non c’è niente di meno
spaventoso. Nella produzione londinese al pubblico
è negata la soddisfazione di vederla se non alla fine, e
solo allora la si vede nel pieno della sua disperazione
terrificante.
L’unico aspetto dell’opera che vanta una certa
complessità è la drammaturgia sonora. C’è anche la
possibilità, senza alcun obbligo, di un gran numero
di cambi luce. In generale più un allestimento è
semplice e diretto, più è efficace. Per esempio, ci
sono uno o due momenti in cui è sufficiente alzare
il volume di una battuta per far saltare il pubblico
dalla sedia.
Il testo contiene anacronismi e inesattezze
geografiche. Non si tratta di errori, ma di tracce di
questo luogo sospeso, questa isola che non c’è in cui ci
troviamo quando si ha a che fare con la Donna in nero.
Stephen Mallatratt
Gennaio 1998
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La Donna in nero
di Stephen Mallatratt e Susan Hill
Personaggi
Attore
Kipps
La Donna
(Bentley)
(Samuel Daily)
(Tomes)
(Proprietario)
(Jerome)
(Keckwick)
(Voce del Prete)
(Voce della giovane donna)
L’azione si svolge in un piccolo teatro vittoriano.
I personaggi tra parentesi sono interpretati dall’Attore,
mentre le Voci sono fuoriscena.
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primo ATTO
Un piccolo teatro vittoriano.
Il proscenio è intarsiato d’oro e cherubini, il sipario è
aperto sui due lati e rivela il palcoscenico impreparato a
una messa in scena e privo di scenografia. Un ammasso
di stracci, scatole e mobili. Questo disordine si trasformerà
secondo le esigenze di scena – ma dovrebbe includere un
paio di sedie di cui una a dondolo, uno sgabello alto, una
coperta e un cassone o un grande baule. Un velo divide il
fondo palco dal proscenio. Dietro, seppur nascosti finché
non illuminati, una serie mobili coperti da teli assumono
le forme più strane. L’azione, laddove indicato, si svolge
sul proscenio e nel corridoio di platea. Sul lato del palco
c’è una porta ben chiusa, presumibilmente rimasta lì dalla
produzione precedente.
Le luci di sala rimangono accese e sul palco si accendono
anche quelle di servizio.
Entra un uomo di mezza età. Ha un copione in mano.
È in piedi sul palco. Quest’uomo, il cui nome è Kipps, non
sarà chiamato “Kipps” ma “Attore” – anche se è evidente
che non lo sia.
Dalla platea, in mezzo alle poltrone, entra un giovane.
Quest’uomo, che è un attore, non sarà chiamato “Attore”
ma “Kipps”.
Le luci di sala rimangono accese anche mentre l’Attore
comincia a leggere il suo copione.
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