disortografia - Ski College Veneto

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Disortografia
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01/10/2012
Annalisa Scardanzan
INDICE:
1.Premessa
2. La disortografia
3. Diagnosi e riabilitazione
4. Conclusione
Bibliografia
pag. 3
pag. 4
pag. 7
pag. 13
pag. 14
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PREMESSA
Il bambino al momento dell’ingresso nel mondo della scuola primaria, lasciata
da parte l’evidente emozione e preoccupazione per la nuova esperienza, dopo aver
conosciuto nuovi compagni e nuovi insegnanti, si trova a vivere una nuova avventura.
Un mondo fatto di regole (comprese quelle di comportamento), di simboli grafici, di
suoni da associare a questi simboli, di nuove abitudini.
L’apprendimento è un’attività che richiede fatica, non è una cosa automatica, si
deve arrivare ad automatizzare i processi per ottenere i risultati richiesti. Le competenze
si ottengono passo passo.
A volte però ci sono delle difficoltà: quello che alla maggior parte dei bambini
richiede uno sforzo minimo e viene presto eseguito senza grandi difficoltà, per qualcuno
continua a rimanere un ostacolo insormontabile, gli automatismi non riescono ad
ingranare, a consolidarsi. Il bambino si stanca facilmente poiché ogni operazione
richiede uno affaticamento notevole e costante che porta presto a sfiancamento.
Conseguenza di questo è spesso che smette di seguire per potersi riprendere, perdendo
parte di quello che viene spiegato. Se la questione non si risolve in breve tempo si entra
in un vortice pericoloso nel quale il bambino si perde senza via di uscita: distraendosi di
tanto in tanto, chiedendo spesso di uscire, giocherellando per rilassarsi, rimane indietro,
non riesce a recuperare, fa sempre più fatica. Questo meccanismo perverso riguarda tutti
i campi del sapere e dell’apprendimento. Passa per la lettura, la scrittura, la matematica
per estendersi presto a tutte le materie di cui questi elementi sono la base. L’intervento
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per mettere fine a tutto questo deve essere tempestivo per non creare problemi di
autostima al bambino che può arrivare al rifiuto della scuola intesa come fatica di
imparare, fino alla percezione di sé perché incapace di fare.
Grazie ai programmi di screening precoce che vengono effettuati in alcuni casi
già a partire dalla scuola dell’infanzia ma soprattutto nel primo anno della primaria, si
riesce ad individuare presto chi è più in difficoltà e potrebbe avere problemi correlati
all’apprendimento. Queste iniziative su ampia scala possono a volte dare dei falsi
positivi DSA o falsi negativi ma con il monitoraggio costante ed eventuale invio allo
specialista, si riescono ad avere risultati soddisfacenti e soprattutto valutazioni su base
scientifica.
Le difficoltà non sono legate solo alla lettura o alla scrittura in senso stretto
intesa come atto manuale ma possono anche riguardare la mancata automatizzazione
delle regole ortografiche. Si parla in questo caso di disortografia, problematica che si
evidenzia soprattutto a partire dagli otto anni, dalla terza classe della primaria quando
alcuni processi dovrebbero essere ormai consolidati, si richiedono allo scolaro nuove
competenze, la scrittura si fa più autonoma, si inseriscono regole anche grammaticali
più complesse.
2. LA DISORTOGRAFIA
La disortografia evolutiva è
un disturbo specifico dell'apprendimento della
scrittura che è stato riconosciuto e tutelato dalla legge 170 sui DSA. Anche se la
scrittura rappresenta quasi la metà dell’attività che viene svolta in ambito scolastico,
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questo deficit è stato meno studiato e meno trattato dagli studiosi rispetto alla dislessia
che in questi anni è stato l’argomento più approfondito.
Il bambino con disortografia evolutiva ha difficoltà nel tradurre correttamente in
simboli grafici i suoni che compongono le parole, pur essendo indenne dal punto di
vista cognitivo, sensoriale, neurologico, socioculturale e relazionale e avendo usufruito
di normali opportunità educative e scolastiche. Ci si riferisce a problemi
specificatamente ortografici e/o fonologici escludendo i problemi grafo-motori che
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rientrano nella disgrafia.
Il problema riguarda quindi la transcodifica del linguaggio da orale a scritto. Il
bambino in questione presenta un numero eccessivo di errori in considerazione dell’età,
della classe frequentata, del livello di apprendimento atteso, dell’intelligenza dimostrata.
Gli errori riguardano sia la trascrizione di parole che di frasi.
Quello che deve mettere in allarme oltre alla quantità di errori che non possono
essere sempre imputate alla distrazione, è il tipo di errori che vengono commessi e che
si dimostrano costanti, non tendono a diminuire con il passare del tempo e con
l’esercizio costante.
Gli errori più frequenti riguardanti le parole sono elisioni, sostituzioni di fonemi,
inversioni, assenza o uso improprio delle doppie. Nella frase e nel periodo ci possono
essere alterazioni della struttura sintattica, cattivo uso di verbi e tempi, disordine
temporale nelle descrizioni degli avvenimenti, errata separazione delle parole. Le
difficoltà si estendono alla punteggiatura che non sempre viene usata correttamente.
Gli errori vengono distinti in fonologici, se non viene rispettato il rapporto tra i
fonemi e i grafemi ed errori non fonologici rappresentati da un’errata percezione visiva
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delle parole. Nel primo gruppo troviamo lo scambio di grafemi (ad esempio faso per
vaso, bane per pane) l’omissione o l’aggiunta di lettere e di sillabe ( baco per banco
oppure bancoco), inversioni di grafemi in particolare nei monosillabi ( ad esempio il per
li o al per la) o sillabe talovo per tavolo). Nel secondo gruppo non ci sono errori di
rapporto fonema-grafema, ma piuttosto di separazioni illegali di parole (l’ava per lava,
in vito per invito) oppure fusioni illegali frequentemente quando più monosillabi si
incontrano all’interno di un periodo (nonemio per non è mio) o con parole apostrofate
(lago per l’ago). Le difficoltà riguardano anche le parole omofone e con digrammi o
trigrammi. Le parole con “cu” o “qu” diventano un ostacolo insormontabile così come
“cq” o “qq”. Altri errori frequenti riguardano accenti, doppie, “h”.
Il problema per il bambino disortografico è rappresentato dall’incapacità di
automatizzare i processi bassi e quindi scrivendo la sua attenzione deve sempre essere
massima con conseguente affaticamento e aumento di errori nei testi lunghi dove la
fatica diventa eccessiva. Questo non significa che non sia in grado di produrre elaborati
coerenti e maturi per la sua età ma il rischio è di un rifiuto causato dalla frustrazione per
il numero di sbagli commessi.
Il bambino disortografico, ha quindi difficoltà nel recupero dei dati che gli
permettono di scrivere automaticamente i suoni e tradurli in segni sulla carta. In classe
rimane indietro nei dettati, fatica a concludere testi lunghi (che hanno innumerevoli
errori) e questo non per mancanza di capacità nel gesto manuale ma proprio a causa
della maggiore fatica dovuta allo sforzo continuo, sforzo per qualcosa che per gli altri è
naturale, è appreso, è ormai automatizzato. I compiti risultano composti da poche frasi,
perlopiù scorrette; tanto più il soggetto si sente sotto pressione (come nelle verifiche)
oppure costretto a stare in tempi stretti (dettati o prove a tempo) tanti più saranno gli
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errori causati dall’ansia da prestazione e alla stanchezza. Il problema a questo punto da
non sottovalutare è quello di non costringerlo a riscrivere intere pagine invocando un
maggiore impegno, e a sforzarsi di più perché è proprio il grande sforzo (che non viene
riconosciuto) aggravare la situazione; bisogna evitare di sommare delusione per il
compito fallito ad ulteriore richiesta di affaticamento.
Si apre a questo punto la problematica relativa alla correzione degli elaborati:
segnare tutti gli errori è deleterio perché affligge vedere una pagina con prevalenza di
segni rossi ed inoltre il bambino non riesce a spiegarsi perché i segni che ha riprodotto
non corrispondono a quelli richiesti dall’insegnante. Non si possono nemmeno non
segnare perché questo provoca la mancanza di consapevolezza da parte dell’alunno dei
propri limiti. Il filo sul quale ci si deve giostrare è molto sottile e presuppone la
conoscenza delle difficoltà da parte dell’insegnante e la presa di coscienza del problema
nella controparte. Succede a volte, in particolare prima della valutazione, che siano i
genitori stessi ad accusare le maestre perché gli errori dei propri figli non vengono tutti
corretti sui quaderni, con la convinzione che il mancato apprendimento delle regole
legate alla scrittura siano causate dalla mancanza di attenzione dei docenti che non
prestano abbastanza attenzione agli elaborati.
3. DIAGNOSI E RIABILITAZIONE
La velocità di scrittura non è in genere compromessa ma è l’accuratezza a
costituire la problematica maggiore; anche la diagnosi di disortografia tiene conto del
numero di errori confrontato con i parametri di riferimento, non tanto della rapidità che
può essere anche buona.
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La diagnosi tempestiva serve non solo a recuperare la scrittura ma soprattutto
per non minare il senso di autoefficacia del soggetto interessato evitando frustrazione e
perdita di fiducia in se stesso e nella scuola.
I bambini che presentano difficoltà nella scrittura che appaiono eccessive
rispetto alla classe frequentata, all’età e alla situazione sociale, che non traggono
giovamento da un esercizio costante sono generalmente indirizzati al servizio di
neuropsichiatria infantile che provvede ad attenta valutazione per individuare il tipo di
problema. Si inizia dal colloquio e relativa anamnesi familiare per definire se possibile
l’origine del problema o individuare familiarità di disturbi neurologici che abbiano
compromesso l’apprendimento. In Italia gli studi a questo riguardo sono abbastanza
recenti quindi è difficile stabilire se genitori o nonni sono soggetti a disturbi di questo
tipo, ma può essere utile ricostruire il percorso scolastico attraverso ricordi del passato.
Si procede in seguito all’analisi psicometrica intellettiva par individuare il
quoziente intellettivo. Va infatti ricordato che i disortografici come gli altri DSA hanno
normalmente un Q.I. nella norma; appaiono infatti come intelligenti e dotati, seppur con
le difficoltà legate alla decodifica e alla codifica del codice scritto.
Seguono a questa prima fase, la valutazione delle abilità scolastiche con lettura,
scrittura e calcolo per definire meglio il campo che si presenta più problematico. Viene
in seguito analizzata la situazione scolastica .
Considerato che la valutazione ha una durata limitata, per meglio comprendere il
paziente è utile avere a disposizione quanto prodotto dallo stesso anche a partire dagli
“scarabocchi” della scuola dell’infanzia e quanto eseguito in classe. Si ha così un
panorama più ampio e si possono valutare i cambiamenti nel tempo. Per quel che
riguarda la scrittura si valutano le produzioni, il tratto, il tipo di segno usato, la
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direzione del segno, la disposizione nello spazio, il tipo di carattere utilizzato
prevalentemente, le caratteristiche di relazione tra le parole, la grandezza uniforme o
meno dei caratteri, la capacità di riprodurre i suoni della lingua.
Si procede alla dettatura di parole, di non parole, di frasi, di parole omografe o
omofone, per passare all’autodettato attraverso il quale si riesce a percepire le abilità o
le difficoltà legate alla riproduzione attraverso scrittura “delle proprie idee”.
La diagnosi viene effettuata utilizzando test standardizzati che permettono
un’osservazione scientifica e omogenea sul territorio delle difficoltà rilevate. Quelli più
diffusi sono:
• Batteria per la valutazione della scrittura e della ortografia in età scolare -1à
elementare - 3à Media- (Tressoldi e Cornoldi, 2000)
• Batteria per la valutazione della dislessia e disortografia
evolutiva -2à
elementare 3à Media- (Sartori, Job e Tressoldi, 1995)
• Batteria per la valutazione della scrittura -1 à elementare -5à elementare(Rossi e Malaguti, 1998).
Una volta individuato il problema, bisogna intervenire per cercare di porre
rimedio quanto meno al disagio del bambino che per probabilmente avrà avuto per un
periodo, per lui troppo lungo, di frustrazione. Prima ancora di intervenire sulle strategie
da mettere in atto per un proseguo proficuo del percorso scolastico serve innanzitutto
spiegargli perché a lui riesce impossibile fare ciò che per gli altri dopo un po’ di fatica
iniziale diviene automatico.
Il programma di intervento deve essere condiviso tra servizi, scuola e famiglia in
modo che le attività convergano e diventino un unicum. Neuropsichiatra e/o logopedista
si occupano della riabilitazione clinica, la famiglia sostiene gli interventi e segue il
percorso formativo, la scuola provvede allo studio del caso predisponendo dopo
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accurata valutazione il piano didattico personalizzato che funge da punto di riferimento
per tutti i docenti sulle metodologie didattiche più adatte per consentire un percorso
scolastico quanto più “normale” possibile, attraverso l’utilizzo dei mezzi compensativi
più adatti.
La riabilitazione deve tendere ad insegnare il rapporto fonema-grafema, con
esercizi di spelling, di ricostruzione di parole, di fissaggio delle informazioni con l’uso
di colori, ripassando con le dita le lettere in modo che tutto il corpo sia interessato
dall’attività e che le informazioni si possano rinsaldare. Le attività devono essere
proposte in modo ludico e accattivante. Utile il gioco di costruire lettere mobili anche
con la plastilina o creta e utilizzarle per creare parole nuove, sempre più lunghe
coinvolgendo abilità diverse. Il lavoro procede quindi con la scrittura a penna di quanto
creato in precedenza ponendo l’attenzione non tanto sulla velocità ma sull’accuratezza.
Lo schema che solitamente si segue è quello di procedere con monosillabi, bisillabe per
poi passare a parole più lunghi, prima piane, sdrucciole, inserendo poi occlusive, parole
ad iniziale vocale, digrammi e trigrammi e gruppi complessi per i quali occorre un
inserimento graduale e progressivo. Anche in questo caso sono utili i colori che rendono
più semplice l’individuazione delle lettere associate.
Per quel che riguarda l’apprendimento e il consolidamento delle competenze
ortografiche, serve un esercizio mirato per ogni difficoltà riscontrata. Per il
riconoscimento delle doppie è utile un’attività di segmentazione delle parole; per evitare
errori con l’apostrofo è utile disambiguare le parole omofone (l’ago-lago); per l’H è
necessario puntare sulle competenze grammaticali. Lo stesso tipo di esercizi va fatto
con accenti e regole ortografiche complesse sempre in modo graduale e progressivo.
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A volte si assiste, dopo la diagnosi e un primo momento di straniamento da parte
dell’intera famiglia e di incertezze da parte della scuola, ad un piccolo miracolo: tutto
appare più semplice, l’alunno è più disteso e tranquillo. Finalmente si sente capito. I
suoi sforzi (anche se ovviamente gli errori non se ne vanno) sono compresi. La
maggiore tranquillità ha come effetto talvolta anche un lieve miglioramento nelle
produzioni scritte e questo è dovuto alla minore pressione che il bambino si sente
addosso. Non vive più l’errore come un incubo ma come un incidente di percorso, che
non riesce ad evitare ma che gli altri giudicano ora in modo diverso; la consapevolezza
che non sarà più costretto a ricopiare numerose volte pagine sbagliate, che non verrà
sgridato e additato come distratto, svogliato, pigro lo può portare a riconquistare la
fiducia prima di tutto in se stesso, poi nella scuola e vedersi rivalutato anche dalla
famiglia stessa.
A questo deve essere affiancata una metodologia didattica che permetta di
recuperare quanto possibile. Considerando che il problema è di recupero delle
informazioni, di utilizzo di strategie di scrittura non efficaci, si tratta di comprendere
come migliorare le competenze acquisite.
Bisogna studiare la strategia più adatta per risolvere il problema. A livello
scolastico si può intervenire in diversi modi, a seconda della gravità del fenomeno,
dell’età del bambino della sua consapevolezza del problema e della sua propensione a
farsi aiutare e ad interagire.
Nella scuola primaria il bambino continua a scrivere per non perdere quanto
acquisito, ma nelle sue produzioni non sono valutati gli errori grammaticali o lessicali.
E’ consigliabile non insistere con i dettati che mettono sotto pressione in modo
eccessivo. Si può iniziare ad incrementare l’uso del PC in modo da spingere l’alunno al
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suo utilizzo in modo efficace. Per fare questo è necessario insegnargli a scrivere in
modo veloce utilizzando tutte le 10 dita in modo che il computer possa diventare uno
strumento utile e non affaticarlo maggiormente con un uso scorretto. Utili sono a questo
scopo i programmi di dattilografia efficace come “Dieci dita” o “Jump” che consentono
di apprendere giocando e che portano ad avere una velocità tale da poter sostituire la
scrittura manuale. Questa attività va integrata con l’utilizzo di correttori ortografici che
aiutino a riconoscere l’errore e quindi a poter produrre un testo corretto.
Nella scuola secondaria di primo e di secondo grado la scrittura ha una funzione
diversa: è lo strumento che permette di prendere appunti, di rispondere a test di
comprensione, di comunicare in modo libero e non è più la “bella pagina” di grafia.
Anche in questo caso è utile il PC per la produzione scritta libera, per prendere appunti
se la scrittura è compromessa conviene utilizzare un registratore che permetta allo
studente di seguire la lezione in classe senza doversi concentrare sugli appunti, di
ripassare a casa ascoltando se necessario nuovamente quanto esposto, ponendo
l’attenzione sui concetti da memorizzare eventualmente riportandoli su una mappa,
strumento attraverso il quale può sintetizzare gli elementi fondamentali. Utile anche in
questo caso il PC con programmi come “C Maps”, che danno la possibilità di elaborare
gli schemi, integrarli, modificarli.
Considerando l’importanza della vista e la necessità di associare le parole a
qualcosa di conosciuto, utile è la produzione delle mappe ma anche di cartoncini e
“prompt” colorati che fissino in mente non solo i grafemi isolati ma legandoli ad altri
elementi che possono essere di aiuto.
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4. CONCLUSIONE
La disortografia spesso associata alla dislessia crea problemi per quel che
riguarda l’apprendimento scolastico dato che gran parte dell’attività che si svolge a
scuola riguarda la letto-scrittura. La diagnosi e la terapia riabilitativa devono essere
tempestive per non compromettere l’autostima e i risultati scolastici. Nel caso in cui la
riabilitazione non sia efficace si può ricorrere a strumenti compensativi che consentano
di poter seguire un percorso scolastico soddisfacente senza creare scompensi di carattere
psicologico perché più che un alunno bravo si deve puntare ad avere un ragazzo sereno
senza traumi o problemi psicologici legati alle proprie difficoltà di apprendimento.
La legge 170 non ha ancora “fatto il miracolo” rendendo tutti gli insegnanti degli
esperti in materia di DSA ma ha messo in evidenza il problema sensibilizzando i
docenti di ogni ordine e grado di scuola e facendo conoscere su larga scala i disagi
personali e familiari che si vengono a creare.
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BIBLIOGRAFIA:
•
Giacomo STELLA, Enrico SAVELLI, Dislessia Oggi. Prospettive e diagnosi in Italia dopo la
legge 170, Erickson, Trento, 2011.
•
Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di
apprendimento, allegate al Decreto Ministeriale 12 luglio 2011.
•
AA .VV Il bambino e le abilità di lettura: il ruolo della visione, a cura di Silvio MAFFIOLETTI ,
Roberto PREGLIASCO, Letizia RUGGERI, Fondazione IARD , Franco Angeli, Milano, 2005.
•
Dario IANES, Sofia CRAMEOTTI,Monja TAIT,La Dislessia. Il ruolo della scuola e della famiglia,
Erickson, Trento, 2007
•
Legge 107 del 10 ottobre 2010, Gazzetta Ufficiale
•
Disturbo dell’apprendimento DSA. Linee guida per il discente www.icotea.it
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