Gli altri DSA - Associazione Europea Disgrafie

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Gli altri DSA:
dislessia, discalculia, disortografia
Dott.ssa Lorenza Giangregorio
Esperta ed Educatrice del gesto grafico
Ai sensi della legge 4/2013
Indice:
I disturbi non specifici di apprendimento
I disturbi specifici di apprendimento, diagnosi, cause
I campanelli d’allarme
La dislessia
La discalculia
La disortografia
Cosa prevede la legge 170 dell’8 ottobre 2010
Distinguiamo i disturbi dell‟apprendimento in disturbi non specifici (DNSA)
e disturbi specifici (DSA).
I disturbi non specifici di apprendimento
Vediamo innanzi tutto e rapidamente i disturbi non specifici di
apprendimento. Essi concernono disabilità, estese a più settori, ad acquisire nuove
conoscenze e competenze.
I principali sono:
 il Ritardo Mentale, una volta definito oligofrenia, frenastenia, ipofrenia,
insufficienza mentale o imbecillità, risulta dall‟insieme dei deficit dello
sviluppo cognitivo e socio-relazionale. Viene definito dalla compresenza di
un quoziente intellettivo inferiore a 70 e dalla incapacità del soggetto ad
adeguarsi agli standard propri della sua età e del suo ambiente (cura della
propria persona, vita in famiglia, capacità sociali-interpersonali,
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autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro, tempo
libero, salute, sicurezza), insorti entro i 18 anni di età;
 il Livello cognitivo borderline, che trae origine da una potenzialità
cognitiva qualitativamente povera, associata a difficoltà emotive;
 il Disturbo da deficit attentivo e da iperattività, denominato anche
ipercinesia, discinesia, instabilità motoria. Esso è caratterizzato da irrequietezza,
incapacità di stare fermo in un posto o di svolgere a lungo una stessa attività,
incapacità di mantenere a lungo l‟attenzione su qualcosa, impulsività, invadenza,
incapacità di aspettare il proprio turno, tendenza a rispondere precipitosamente,
loquacità eccessiva. Spesso sono presenti anche deficit cognitivi, problemi sociali
e difficoltà di apprendimento. In realtà molte manifestazioni di disattenzione non
sono associate ad una mancanza di attenzione, ma a una sintonizzazione
dell‟attenzione su stimoli diversi da quelli che si vorrebbe. Tale disturbo è spesso
associato alla dislessia;
 l’Autismo ad alto funzionamento o Disturbo di Asperger, nel quale a
fronte di normali intelligenza e capacità verbali risultano invece essere
compromesse la capacità di relazioni e la varietà di interessi sociali;
 i Disturbi d’ansia;
 alcuni quadri Distimici, ossia depressivi;
 le Disprassie, più comunemente indicate come Disturbo di sviluppo della
coordinazione o Disturbo evolutivo specifico della funzione motoria.
I bambini che soffrono di tale disturbo hanno un efficiente sistema neuromotorio
per cui il loro problema consiste non nell‟effettuare un movimento in sé, ma
nell‟uso intelligente di esso (per esempio, il bambino è in grado di compiere tutti i
movimenti richiesti dall‟atto di allacciarsi le scarpe, ma non li sa coordinare in
maniera tale da raggiungere lo scopo desiderato). Spesso questi bambini
presentano anche problemi spaziali per cui hanno difficoltà nel comporre un
puzzle, nel disegnare, nel leggere una carta geografica e così via.
In questa sede noi ci occuperemo esclusivamente dei disturbi specifici di
apprendimento.
I Disturbi specifici di apprendimento
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I Disturbi specifici di apprendimento, ai sensi della Legge n. 170 del 2010, di
cui tratteremo con maggiori dettagli più avanti, oltre alla disgrafia, sono la
dislessia, la discalculia e la disortografia. Nel DSM IV 1 essi sono inquadrati come
Disturbi della Lettura, del Calcolo e dell‟Espressione Scritta.
Una ricerca del 1985 (Lindgren, De Renzi e Richman) individuava 1 bimbo
su 30 colpito da specifici DSA, mentre una ricerca della Università La Sapienza e
della ASL 4 di Roma, presentata al III convegno nazionale dell‟AID a Bologna
nel 2000), individua un‟incidenza del 10% circa nella popolazione scolastica del
ciclo dell‟obbligo.
Questo dato, peraltro controverso, corrisponde anche a una diffusa
percezione degli operatori scolastici e dei servizi sanitari.
Noi non siamo specialisti degli altri DSA, anche se è bene che, sia pure
superficialmente, ne sappiamo qualcosa, visti i frequenti casi di comorbilità con la
disgrafia.
A meno che il bambino non sia stato già certificato, occorre innanzitutto
valutare se ci si trova di fronte a un vero DSA oppure a un disturbo secondario
dovuto a una insufficiente lateralizzazione o discriminazione destra/sinistra che
può incidere, ad es. nel porre i numeri in colonna.
In generale, parliamo di Disturbo Specifico di Apprendimento quando, a test
standardizzati di lettura, scrittura e calcolo, nonostante una adeguata
scolarizzazione, il livello di una o più di queste tre competenze risulta di almeno
due deviazioni standard2 inferiore ai risultati medi prevedibili, oppure l’età di
lettura e/o di scrittura e/o di calcolo è inferiore di almeno due anni all’età
cronologica del soggetto, e/o all’età mentale, misurata con test psicometrici
standardizzati.
Tali disturbi sottendono specifiche disfunzioni neurobiologiche o
neuropsicologiche, isolate o combinate, spesso ereditarie, e frequentemente si
presentano con altre condizioni di handicap (per esempio danno sensoriale,
ritardo mentale, serio disturbo emotivo) o con situazioni esterne ostacolanti, quali
un insegnamento insufficiente o inappropriato o differenze culturali, senza
esserne il risultato.
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Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, noto anche con la sigla DSM derivante dall'originario
titolo dell'edizione statunitense Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, è uno dei
sistemi nosografici per i disturbi mentali più utilizzato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, sia nella
clinica che nella ricerca.
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La deviazione standard ti dice “in media, quanto ogni valore si allontana dalla media aritmetica dei valori”.
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I DSA, in generale, sono dovuti a una più o meno insufficiente o mancata
automatizzazione della conversione segni/simboli in suoni, o viceversa, che si
concretizza nella difficoltà di analizzare i suoni e i segni linguistici, di assimilare
il codice numerico e nell‟avere una limitata memoria a breve termine (MBT) per
cui le attività di lettura, scrittura e calcolo vengono compiute lentamente,
faticosamente, compiendo errori nel passaggio da un codice all‟altro (dallo scritto
all‟orale, nella lettura; dall‟idea allo scritto, nella produzione scritta; dal nome al
numero e viceversa nel calcolo) con l‟inevitabile frustrazione per l‟impegno
profuso a cui non fanno seguito risultati adeguati.
I DSA spesso coesistono perché, pur essendo specifici e settoriali, hanno basi
e/o cause comuni; in funzione della loro pervasività possiamo classificarli in
specifici se riguardano solo competenze circoscritte (es. dislessia), misti se
riguardano più settori dell‟apprendimento (e in questo caso è preferibile, ad es.
parlare di “sindrome dislessica”), generalizzati se le difficoltà riguardano quasi
tutte le abilità scolastiche. Se, la compromissione nelle tre aree è pervasiva, anche
in assenza di prestazioni non significativamente al disotto delle attese, la diagnosi
è di disturbo dell’apprendimento non altrimenti specificato (vedi DSM IV3 e
l‟ICD-104).
Come diagnosticare tali Disturbi? I segnali d’allarme
Non è agevole diagnosticare tali disturbi, perché come abbiamo visto, il più
delle volte essi non si presentano da soli.
Tutti i Dsa hanno delle caratteristiche comuni che possono essere viste
come dei veri e propri “segnali d‟allarme” e che sia gli insegnanti, sia i genitori
possono cogliere osservando i propri bambini.
In primo luogo l‟atteggiamento. Il bambino con DSA, durante la scuola
elementare e in proporzione alla sua età, fatica a compiere numerose attività,
quali acquisire autonomia nel ricordare gli impegni scolastici, a tenere aggiornato
il diario, a tenere in ordine il materiale scolastico... In classe sembra distrarsi
facilmente, oppure appare molto stanco ed “evita” alcune situazioni di
3
Vedi nota 1 a pag. 2.
La ICD-10 è la decima revisione della classificazione ICD, ossia la classificazione internazionale delle malattie e dei
problemi correlati, proposta dall'OMS. Sono classificate oltre 2000 malattie.
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apprendimento come la lettura ad alta voce, l‟esposizione alla classe di lavori
individuali o di gruppo. Capita che questi bambini sembrino svogliati e disfattisti
con scarsa autostima e spesso con sentimenti di frustrazione e di rabbia che
possono sfociare in aggressività, a causa del senso di inadeguatezza di fronte alla
richiesta degli insegnanti e al confronto con i compagni.
Questi atteggiamenti, uniti a un oggettivo riscontro di difficoltà scolastiche
che non migliorano nonostante gli sforzi del bambino e gli accorgimenti didattici
dell‟insegnante, possono essere considerati spie per un DSA e non vanno confusi
con i problemi scolastici derivanti da scarsa motivazione da parte dello studente,
da un ambiente di provenienza privo di stimoli adeguati, da una scuola non in
grado di farsi carico dei problemi dei suoi alunni, da una didattica sbagliata e
inefficace o da ritardi nella maturazione del bambino, anche se possono
concorrere.
Nell‟area della letto-scrittura il bambino dal termine della prima
elementare in poi non riesce a leggere in modo fluente, è molto lento, o anche,
sebbene la lettura sia buona, non comprende quanto ha letto. Per quel che
concerne la scrittura, che richiede al bambino un notevole sforzo per essere
appresa, non essendo un processo naturale, essa è molto lenta, la capacità di
scrivere in corsivo non viene raggiunta e, in alcuni casi, il bambino avverte dolore
alle mani per l‟eccessivo sforzo.
Nell‟area matematica, il bambino non “vede” la quantità a meno che non
la conti unità per unità, non impara le tabelline, non sa effettuare il calcolo
mentale e fatica a leggere e scrivere i numeri dall‟ordine delle centinaia in poi. In
geometria fatica a ricordare naturalmente gli angoli, le figure e le relative
formule, l‟approccio al problema è difficoltoso, anche se tutto ciò, peraltro, può
anche essere un segnale di disturbo visuo-spaziale.
Spesso sono presenti anche altre difficoltà, quali incertezze linguistiche,
spaziali, temporali, motorie, per cui ad es. i bambini fanno fatica a imparare a
leggere l‟orologio, o ad allacciarsi le scarpe, o a praticare sport che richiedano
un‟elevata coordinazione, possono avere difficoltà a ricordare parole che
appartengono a certe categorie, oppure in sequenza (i mesi dell‟anno, o i nomi
delle città, contare all‟indietro) o nello stimare le distanze tra due luoghi. Va
precisato che nessuno di questi sintomi può essere, di per sé, interpretato come un
disturbo dell‟apprendimento, cosi come nessuna attività riabilitativa potrà
focalizzarsi su questi aspetti secondari.
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Quando si hanno dei dubbi è sempre bene prima di tutto instaurare un
dialogo tra insegnanti e famiglia per avviare eventualmente un consulto con un
esperto della Asl o uno specialista privato.
È importante comunque distinguere tra disturbi dell’apprendimento e
difficoltà scolastiche perché se è probabile che un bimbo con disturbi
dell’apprendimento abbia problemi a scuola non è necessariamente vero il
contrario.
I DSA in dettaglio: le cause
Sulle cause dei DSA si è molto discusso in questi ultimi anni.
Le ricerche più recenti sull‟argomento confermano l‟ipotesi di una loro
origine costituzionale: una base genetica e biologica dà la predisposizione al
disturbo, anche se ancora non ne sono stati precisati i meccanismi esatti. È stato
dimostrato ad es. che i soggetti dislessici, in compiti di lettura e di elaborazione
visiva, mostrano un mancato/ridotto funzionamento delle parti posteriori
dell‟emisfero sinistro, cioè dell‟emisfero coinvolto nei processi linguistici [alla
parte destra spetta la percezione globale e complessiva degli stimoli (Shajwitzs,
1998)]. Oltre che da evidenze legate alle neuroimmagini, l‟origine neurobiologica
della dislessia e dei disturbi specifici di apprendimento in genere è supportata
dall‟alta incidenza nel sesso maschile e dalla familiarità del disturbo (circa il 60%
dei dislessici ha un familiare con la stessa problematica).
Possiamo considerare tra le cause anche il miglioramento dell‟assistenza
neonatale che ha permesso una maggiore sopravvivenza di bambini prematuri o
con lievi difficoltà di sviluppo.
Sulla base genetica, però, ad amplificare o contenere il disturbo
contribuisce in modo significativo l‟ambiente.
Fattori quali il livello di istruzione dei genitori, la zona di residenza e la
eventuale appartenenza a minoranze culturali e/o linguistiche possono incidere
più della situazione economica della famiglia. Un alto livello socioculturale quasi
sempre comporta più ricchezza e varietà di stimoli, più libri in casa, maggiore
frequentazione con persone di buona cultura, esposizione a usi linguistici più
ricchi e appropriati, maggiore sensibilità al processo di apprendimento e al valore
della scuola e dell‟istruzione, e così via, così come, al contrario, un bambino che
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provenga da una comunità con lingua e costumi diversi può incontrare difficoltà a
seguire l‟attività scolastica e a trovare aiuto in famiglia.
Non dimentichiamoci che non molti anni orsono, in Germania, una buona
parte dei bambini di famiglie italiane di recente immigrazione venivano
considerati alunni con difficoltà di apprendimento e collocati in apposite classi
“differenziali”...
Importanti sono anche le caratteristiche affettive della famiglia: un clima
sereno e affettuoso facilita l‟apprendimento, mentre al contrario, il bambino
trascurato più facilmente presenta difficoltà.
E ancora vi sono bambini a cui i genitori inculcano obiettivi di prestazione,
piuttosto che di apprendimento, col rischio di un effetto boomerang.
Va comunque precisato che è spesso difficile distinguere fra fattore
primario e conseguenza secondaria, ossia se il bambino ha innanzitutto problemi
emotivo-motivazionali che favoriscono una difficoltà di apprendimento o
viceversa e si è visto che i migliori successi si sono ottenuti quando si è lavorato
su entrambi gli ambiti.
Non bisogna dimenticare inoltre che alcune caratteristiche di personalità
quali una buona coscienza di sé, la tenacia, la capacità di accettare il proprio
problema di apprendimento, di fissare realisticamente i propri obiettivi, di
affrontare stress e frustrazioni sono più favorevoli a un buon apprendimento o alla
capacità di affrontare le sue difficoltà.
Le principali fonti di informazione diagnostica
Particolare attenzione deve essere riservata al momento opportuno per la
diagnosi, che “per quanto riguarda dislessia, disortografia e disgrafia è
preferibile non avvenga prima della fine della seconda classe della scuola
primaria”, mentre per la discalculia il limite è posto “non prima della fine
della terza classe della scuola primaria” (PARCC Panel di aggiornamento e
revisione della consensus conference DSA, 2011).
Tale prudenza si deve alla necessità di lasciare tempo sufficiente a ogni
singolo bambino per arrivare, laddove possibile, all‟automatizzazione delle
procedure.
Le principali fonti di informazione diagnostica sono
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 il colloquio con i genitori e l‟anamnesi
 il rapporto con la scuola e la raccolta di materiale relativo
all‟apprendimento del bambino
 le prove standardizzate di apprendimento
 le prove di approfondimento degli apprendimenti
 il colloquio col bambino
 le scale di osservazione
 i questionari e i test relativi alle sfere emotivo-motivazionale e della
personalità
 i test di intelligenza (risultato non inferiore a Q.I.>70)
 i test cognitivi e neuropsicologici
 l‟esame neurologico
Molto spesso l’anamnesi rivela, come per gli handicap, indicatori precoci
di rischio evolutivo quali disturbi di gravidanza o perinatali, ritardo di sviluppo
neuromotorio e linguistico, problemi temperamentali precoci, quali labilità
emotiva, scarsa socializzazione, difficile impatto iniziale con la scuola materna,
molto utili per valutare quanto primitivo è il problema del bambino.
Il colloquio con i genitori consente di ottenere informazioni molto utili,
quali la presenza di casi di familiarità e, importantissimo, di conoscere
l‟atteggiamento più o meno equilibrato dei genitori di fronte al problema del
figlio e ai suoi probabili scarsi risultati scolastici.
Anche la scuola che ha le registrazioni della carriera scolastica degli allievi
può offrire informazioni preziose per un progetto collaborativo di diagnosi e
intervento.
Infine i servizi sanitari e i rieducatori che utilizzano per la diagnosi
specifici test cognitivi e neuropsicologici, quale il MOT-R5, le macchie di
Rohrschach6, il TAT 7, i test di disegno (per es. della figura umana, dell‟albero,
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Il MOT-R, strumento standardizzato per la valutazione della componente motivazionale presente nei disturbi di
apprendimento, aiutano l‟insegnante a riconoscere, al di là dell‟effettivo apprendimento manifestato, le risonanze
emotive che la vita scolastica ha sul bambino. Il test consiste di 14 tavole che il bambino deve scegliere in base a
una o più figure alternative e di domande verbali per le quali è prevista la scelta multipla. Le prove analizzano
aspetti quali l‟autovalutazione del bambino relativamente all‟attività scolastica e alla lettura, le attribuzioni relative
al successo-insuccesso, il controllo di se stesso, i suoi obiettivi di apprendimento, il suo rapporto con genitori e
insegnanti, la sua disponibilità a impegnarsi nel cambiamento.
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Test psicologico proiettivo mediante l'interpretazione di “disegni ambigui”.
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della famiglia), che consentono di indagare su aspetti non necessariamente
consapevoli, ma più profondamente celati nella psiche del bambino. Si tratta di
strumenti che analizzano singoli aspetti del funzionamento cognitivo, per es. le
abilità di percezione visiva, uditiva, di linguaggio, memoria, controllo motorio, e
così via, ma che vanno utilizzati con prudenza e da personale esperto, perché vi è
una discrezionalità insita nel tipo di osservazione.
Comunque non sempre queste tecniche sono tutte necessarie. Talora molte
di queste procedure diagnostiche possono risultare superflue e può essere
sufficiente un normale esame di routine che preveda semplicemente una breve
intervista con i genitori, una sintetica considerazione del materiale scolastico
disponibile e della storia del bambino, una breve intervista del piccolo, la
valutazione dell‟apprendimento carente mediante una prova standardizzata, alcuni
subtest di approfondimento e una eventuale valutazione del livello intellettivo
generale del bambino.
E adesso vediamoli in dettaglio
La dislessia
Tra i disturbi specifici dell‟apprendimento la dislessia è sicuramente il più
noto.
Il termine dislessia fu coniato da Pringle Morgan, un oculista inglese che
nel 1896 descrisse come “cecità congenita per le parole” un disturbo
caratterizzato dalla inversione nella percezione di simboli omografi: “d/b”, “p/q”,
“il/li”, “a/e”.
Il termine completo dovrebbe però essere quello di “dislessia specifica
evolutiva”, per descrivere una difficoltà o incapacità di leggere che non è dovuta
ad altri fattori, per esempio ad handicap (e quindi è specifica) e che è legata ad un
processo evolutivo mai portato a compimento (e quindi è evolutiva e non
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Il TAT (Thematic Apperception Test) è un test di personalità di tipo proiettivo. Dopo il Test di Rorschach è il
test proiettivo più usato e diffuso al mondo. A differenza del Rorschach, questo è un test tematico, in cui il clinico
è interessato soprattutto al contenuto dei pensieri espressi e alle fantasticherie del soggetto. Questo strumento
permette infatti all'esaminatore di conoscere contemporaneamente emozioni, atteggiamenti e processi cognitivi,
fornendo un'analisi globale dell'intera persona.
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acquisita, come avviene invece quando il disturbo insorge in un soggetto che
possedeva la competenza e poi, in seguito a qualche evento traumatico, acquisisce
una specifica disabilità).
Quali le cause? Uno specifico deficit del sistema fonologico? Difficoltà di
percezione? Difficoltà visuo-spaziali? Lateralizzazione non completa? Un
mancinismo contrastato? Turbe affettive? Insufficiente strutturazione spaziotemporale? Omissioni per difficoltà percettive, attentive e di memoria, in
particolare per la memoria di lavoro o a breve termine 8? Semplice cattivo
apprendimento della lettura e delle strategie di lettura?
Molto spesso il problema sta nell‟integrazione tra loro di queste funzioni, le
quali prese isolatamente possono risultare del tutto normali.
Occorre sottolineare che è stato osservato che sino agli anni ‟50 del secolo
scorso, i dislessici (ma anche i disgrafici, i disortografici e i discalculici) erano
rari e sono aumentati considerevolmente dacché nelle scuole è stato introdotto il
metodo di insegnamento globale che utilizza i circuiti intuitivi e non
l‟apprendimento attraverso gli elementi semplici delle lettere: il cerchio, l‟asta, la
coppa, che preparano alla scrittura. Dagli anni ‟80 con l‟aggiunta della lettura e
della scrittura rapida e silenziosa il numero è esploso.
Che dicono i neurologi? Che la dislessia non è dovuta a una lesione, ma che
pur senza lesioni, i dislessici a lungo andare portano nel cervello tracce visibili
del disturbo, a causa di problemi di cattivo trasferimento tra i due emisferi e di
superattivazione dell‟emisfero destro, la parte del cervello che tratta in maniera
intuitiva i dati spaziali e visivi.
C‟è sicuramente una condizione biologica facilitante che può agire a diversi
gradi di intensità e contribuire, insieme ad altri fattori, nel produrre una più o
meno grave difficoltà di lettura. Il disturbo della lettura e della scrittura riguarda,
come sappiamo, il più delle volte bambini che hanno sviluppato un‟intelligenza
normale, anzi superiore, nelle attività non legate alla lettura o alla scrittura.
Negli anni „60 del secolo scorso le difficoltà di lettura vennero viste come
un segnale di disturbi relazionali e ancora oggi accade che questa sia la prima
risposta che viene data di fronte ad un bambino con disturbi dell‟apprendimento.
È solo dagli anni „70 che emerge una nuova visione della dislessia come
deficit specifico nell‟automatizzazione delle procedure di transcodifica dei segni
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Memoria di lavoro (Working memory) o a breve termine che trattiene ed elabora temporaneamente una parte di
informazione con una capacità e tempo di ritenzione ridotti. Il deficit di tale memoria spesso porta con sé il
Disturbo della comprensione del testo.
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scritti in corrispondenti fonologici, abilità che emerge all‟inizio della
scolarizzazione in soggetti che non abbiano patologie o traumi cui riferire la
difficoltà di acquisizione della letto-scrittura.
La lettura, come la scrittura e le altre abilità di cui andiamo a trattare, è la
decodifica di un messaggio scritto di cui bisogna conoscere il codice.
Passare per il codice richiede più tempo in fase iniziale, ma poi premia ed è
più efficace in termini di memoria a lungo termine e comprensione.
Imparare a leggere necessita di varie fasi:
• l‟apprendimento delle lettere
• l‟apprendimento delle combinazioni delle consonanti con ciascuna
vocale per formare la sillaba, e successivamente di più sillabe per
formare le parole
• l‟accesso al senso, mettendo in relazione i circuiti segni-suono- senso,
attraverso la connessione delle aree visive del cervello con quelle
uditive (aree di Broca e di Wenicke)
• l‟accesso alla memoria attraverso l‟analisi e la riformulazione.
Se uno qualsiasi di questi passaggi manca o non è stato correttamente
appreso, la lettura sarà inefficace in uno di questi livelli, ossia a livello
dell‟oralizzazione, della comprensione o della memoria a lungo termine.
L‟attuale insegnamento della lettura, concepito inizialmente per sordomuti
profondi, non parte dagli elementi, ma dall‟insieme e sfocia in quella che è
chiamata lettura “funzionale”, frutto della pedagogia funzionale.
Ai bambini si insegna inizialmente lo stampatello maiuscolo, poi lo
stampatello minuscolo per la lettura e il corsivo per la scrittura, ma se il bambino
non ha appreso la relazione di tutti questi caratteri con lo stampatello maiuscolo,
se non ha una memoria visiva, se ha caratteristiche dominanti analitiche, per i
quali è necessario partire dall‟elemento, dal codice e dalla combinazione si
perderà, sia nella lettura, sia nella scrittura, imparerà con difficoltà e finirà col
confondere ciò che si assomiglia.
Si finirà col cercare motivazioni fisiche, sociali, psicologiche all‟incapacità
del bambino di leggere e scrivere e il bambino stesso si sentirà incapace e si
demoralizzerà.
I bambini portati per la matematica e l‟informatica, spesso visivi, di solito
non hanno problemi; gli scientifici, spesso cinestetici, che utilizzano il corpo, i
sensi per l‟apprendimento, non avranno problemi a copiare, ma li avranno per l a
scrittura senza modello.
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Ricordiamo che ognuno di noi percepisce la realtà attraverso i cinque sensi.
La Pnl raggruppa i nostri cinque sensi i tre categorie, Visiva, Auditiva e
Cinestesica. Il sistema Visivo, lo dice la parola stessa ha a che fare con la vista.
Lo stesso vale per il sistema Auditivo, che ha a che fare con l‟udito. Infine il
sistema Cinestesico ha a che fare con gli altri sensi, quindi tatto, olfatto e gusto.
Ognuno di noi, nel comunicare, predilige uno stile rispetto agli altri.
Ma cosa comporta essere Visivo, Auditivo o Cinestesico?
Il visivo ragiona per immagini, è quella persona che si muove in maniera
dinamica, parla in modo molto rapido come se dovesse rappresentare una
rapidissima sequenza di immagini e utilizza predicati che richiamano proprio
l‟atto del vedere, ad es. punto di vista, guardare, visionare e così via. L‟auditivo
ha un temperamento più mite e comunica adottando una gestualità piacevole e
armonica e utilizzando predicati quali ascoltare, suonare bene, sentire. Infine il
cinestesico si affida totalmente alle sensazioni, fa respiri lunghi e profondi e
numerose pause. La gestualità è lenta, quasi rilassata. Può apparire introverso,
freddo o insensibile, ma in realtà è in grado di essere estremamente sensibile e
percettivo. Nel parlare utilizza predicati del tipo provare, afferrare, toccare con
mano.
Contrariamente al metodo globale quello alfabetico va bene per tutti,
visivi, auditivi e cinestetici.
La lettura consiste nel mettere in connessione le aree visive con quelle
uditive (del cervello sinistro, analitico, verbale e cosciente).
In generale possiamo individuare tre fasi fondamentali nel percorso di
automatizzazione della letto-scrittura
1. Nei primi due anni di scuola primaria il bambino è impegnato
nell‟acquisizione delle regole di codifica che permettono il passaggio dalla lingua
parlata a quella scritta. Il soggetto con DSA può evidenziare difficoltà e lentezza
nell‟acquisizione del codice alfabetico, e nell‟applicazione della mappatura
grafema/fonema con grossolani errori nella scrittura e nella lettura di parole
(frequenti omissioni di parti di parole, scrittura di parole senza vocali, spesso il
bambino sembra non ricordare le lettere ecc.) che avviene in modo molto lento e
limitatamente ad alcune parole conosciute.
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2. In seguito, i bambini sono impegnati nell‟automatizzazione delle
procedure, e cioè nell‟applicazione in modo efficiente e rapido delle regole
apprese in precedenza. Tra la seconda e la quarta elementare, anche il soggetto
con DSA arriva alla progressiva acquisizione della mappatura grafema/fonema,
ma con scarso controllo delle mappature più complesse per cui la lettura è
stentata, lenta e con frequenti processi d‟iperanticipazione (il bambino legge solo
la prima parte delle parole, poi “inventa”) e compie frequentemente errori
ortografici.
3. Infine, si assiste a una stabilizzazione delle procedure, per cui ciascun
alunno arriva a utilizzare proprie ed efficaci strategie di lavoro. In questa fase
(fine scuola primaria, inizio secondaria primo grado) il soggetto dislessico
evidenzia lentezza nei processi di lettura, lettura scarsamente espressiva, ma
soprattutto difficoltà laddove venga richiesta una lettura come strumento di
apprendimento (es. studiare leggendo da un testo).
Nel Disturbo Specifico della Lettura possono essere disturbate una o
entrambe le strategie con le quali possiamo leggere
 la strategia lessicale, per mezzo della quale guardiamo una parola, la
riconosciamo, quindi la pronunciamo scegliendola tra tutte le parole che
conosciamo;
 la strategia fonologica, per mezzo della quale avviene un riconoscimento
visivo delle singole lettere, che vengono poi fuse per formare la parola.
Questa strategia si usa quando si impara a leggere col metodo alfabetico, o
si legge una lingua straniera, o si legge senza capire.
La dislessia che riguarda la trasformazione dei segni in suoni (processo di
decodifica) viene messa in evidenza attraverso la lettura ad alta voce.
Il bambino dislessico, molto frequentemente presenta anche un
problema linguistico, difficoltà di scrittura e, con discreta probabilità, anche
qualche problema di comprensione del testo scritto e talvolta anche forme di
discalculia.
La capacità di rispettare l‟orientamento sinistra-destra e di distinguere
all‟interno di una parola lettere diverse in base a diversi orientamenti verticali e
orizzontali, necessaria per leggere, si lega allo sviluppo dell‟organizzazione
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spaziale. Molto spesso questa è immatura e oltre a incidere sull‟apprendimento
della lettura crea anche difficoltà in matematica, per esempio, confusione fra
numeri simili, inversione di cifre, difficoltà di decodifica dei simboli numerici,
difficoltà di decodifica del testo del problema, difficoltà a gestire la sequenzialità
nelle operazioni matematiche, difficoltà di organizzazione dello spazio grafico,
difficoltà a memorizzare le tabelline, ma anche difficoltà nel sapersi orientare nel
tempo, nel riuscire a capire in che momento della giornata siamo, a leggere
l‟orologio, a capire la differenza tra ieri e oggi e così via.
La diagnosi di dislessia viene effettuata attraverso la somministrazione di
test di sviluppo/intellettivi, l‟osservazione degli aspetti neuromotori, la
valutazione di eventuali aspetti psicologici connessi con il fallimento scolastico e
la somministrazione di test specifici. Nel processo di diagnosi, si deve valutare
anche il grado di consapevolezza del bambino delle proprie difficoltà e la sua
storia scolastica.
Per identificare il profilo specifico di ogni bambino si usano diversi
materiali quali brani, liste di parole costruite rispettando determinati criteri di
lunghezza, complessità, valore dell‟immagine evocata. Inoltre si propongono
anche liste di “non-parole” o pseudo-parole che non hanno nessun significato, ma
che sono molto importanti perché non volendo dire nulla obbligano il lettore ad
utilizzare le proprie abilità fonologiche.
Vi sono comunque tre criteri guida per valutare il processo di lettura:
l‟analisi della correttezza di lettura, la sua rapidità e la comprensione.
Rientrano nella prima la valutazione e il numero di errori commessi
durante la lettura, mentre per la seconda si guarda il tempo impiegato per leggere
un testo o una lista di parole. È evidente che per avere informazioni su questi due
parametri è necessario che il bambino legga a voce alta, andando a vedere il tipo
di errori commessi. Si dovrà ad esempio osservare se il bambino trasforma le
parole che legge in pseudo-parole (fratello letto come franello), oppure se gli
errori producono parole aventi comunque un loro significato (fratello letto
fraticello).
L‟altra variabile, importante nella valutazione del processo di lettura è la
comprensione, cioè vedere quanto e come il bambino capisce quello che sta
leggendo. È evidente che una cattiva lettura può interferire con la comprensione,
e ciò accade anche se con livelli differenti, a molti bambini con dislessia. Per
valutare la comprensione si utilizzano testi e storie relativamente brevi, che il
bambino può leggere come vuole, anche a bassa voce e per i quali sono previste
Lorenza Giangregorio
Esperta e rieducatrice del gesto grafico
15
un certo numero di domande alle quali egli deve rispondere. Le risposte saranno
un indice importante per vedere il livello di comprensione del testo.
La consuetudine, diffusa in molti contesti, di valutare allo stesso tempo
tutti e tre gli indici citati può creare confusione: il bambino deve essere esaminato
con due testi distinti, l‟uno da leggere ad alta voce in modo da fornire
all‟esaminatore indici di accuratezza e rapidità, l‟altro da leggere nel modo e col
ritmo preferito per poi rispondere a domande di comprensione. Occorre che i
brani non siano conosciuti e corrispondano, per contenuti, organizzazione
linguistica e per caratteristiche tipografiche, a quelli che a quell‟età il bambino è
chiamato ad affrontare: bastano pochi minuti di lettura ad alta voce di un branostandard per riconoscere quanto accurata e spedita è la lettura.
Riguardo alla correttezza di lettura ci sono degli errori “tipici”:
 errori di tipo visivo, che consistono nello scambio di lettere che hanno tratti
visivi simili o speculari (“e” con “ a”, “r” con “e”, “m” con “n”, “b” con
“d”, “p” con “q”).
 difficoltà a leggere i gruppi consonantici, “gn”, “sc”…
 errori di tipo fonologico, riguardanti lo scambio di lettere che hanno la
stessa “radice” (“f” con “v”, “c” con “g”, “d” con “t”).
 errori di “anticipazione”, cioè una parola letta al posto di un‟altra, a cui si
accomuna o per lettere iniziali o per significato (ad es. “Algeri” con
“allegri”, “chissà” con “chiese”, “casetta” con “casa” ecc.).
 errori di sostituzione e inversione di lettere, ad es, “la” con “al”, “vaso”
con “faso” ecc.
 mancato rispetto della punteggiatura
 mancanza di espressività nella lettura
 lentezza, perdita del rigo e utilizzo del dito per seguire
 omissione di lettere, di sillabe o parole o addirittura di righe intere nella
lettura a voce alta
 difficoltà nella comprensione e nella memorizzazione delle informazioni
lette o scritte
 discinesie e tosse durante la lettura
Non tutti coloro che hanno difficoltà nella lettura sono dislessici.
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16
La difficoltà di lettura, infatti, non è di per sé un elemento sufficiente per
definire un soggetto come dislessico. L’O.M.S. ha definito le condizioni che
devono sussistere perché il disturbo di lettura possa essere definito come
dislessia evolutiva:
1. il livello intellettivo del soggetto deve essere nella norma;
2. il livello di lettura deve essere significativamente distante da quello di un
ragazzo di pari età (inferiore a due deviazioni standard rispetto allo
standard previsto per la classe);
3. il soggetto non deve presentare disturbi neurologici o sensoriali;
4. il disturbo deve essere persistente, nonostante la scolarizzazione adeguata e
gli interventi didattici specifici;
5. il disturbo di lettura deve presentare conseguenze sulla scolarizzazione o
nelle attività sociali in cui è richiesto l‟impegno della letto-scrittura.
Va sottolineato, infine, come fin da piccolissimo il bambino si costruisca da
solo delle idee relativamente alla scrittura: è infatti continuamente bombardato da
messaggi scritti in televisione, per strada nelle insegne dei negozi, nei cartelloni
pubblicitari, ma anche nelle confezioni degli alimenti. Il bambino, grazie a questa
precoce esposizione alla lingua scritta, sviluppa delle proprie idee o concezioni
metalinguistiche, relativamente a essa. I bambini molto piccoli, pensano che le
parole non siano dei mezzi per rappresentare gli oggetti, ma le percepiscono come
parte degli oggetti stessi, come una loro qualità e queste idee spesso
continueranno a persistere dentro di lui, tipo a parole lunghe, oggetti grandi ecc.
È importante che nella scuola si tenga conto anche di queste concezioni
personali che il bambino si è fatto del mondo della scrittura, in modo da
correggere in tempo delle idee sbagliate.
La Dislessia, lo abbiamo visto, può anche essere associata ad un disturbo
visuo-spaziale, che comporta difficoltà ulteriori nella decodifica di immagini
disegnate, di grafici, di schemi con numeri, nell‟organizzazione del foglio e nel
padroneggiamento dello spazio.
La difficoltà nella lettura e nella comprensione dei testi e dei numeri, nella
memorizzazione delle definizioni, nella memorizzazione dei termini specifici,
può essere di grado lieve, medio o severo.
In generale, e per sintetizzare
 Il bambino e lo studente con dislessia, non hanno un rapporto “naturale”
con l‟apprendimento che deve avvenire tramite le parole: non è per loro
Lorenza Giangregorio
Esperta e rieducatrice del gesto grafico
17
sufficiente ascoltare per capire e imparare, ma necessitano di spiegazioni che
passino anche attraverso l‟esempio concreto e la sperimentazione. Inoltre, lo
schema riassuntivo o mappa concettuale, dove compaia il “percorso ragionato”
compiuto dall‟insegnante è molto importante. Soprattutto durante gli anni della
scuola Primaria e Secondaria di I grado, l‟alunno con dislessia non sarà in grado
di costruire tale schema in autonomia, ma dovrà esservi guidato. Ciò riguarda
tutte le discipline scolastiche e tutto ciò che il bambino deve apprendere in classe.
 I bambini con dislessia spesso hanno avuto difficoltà di linguaggio nei
primi tre anni di vita: può trattarsi di bambini che hanno imparato a parlare verso i
due anni, altre volte invece hanno imparato verso l‟anno ma poi il loro linguaggio
è rimasto povero, oppure non hanno mai pronunciato bene le parole, o hanno
continuato a usare frasi costruite in modo non del tutto corretto.
 Generalmente, il bambino con dislessia, è particolare anche quando non
legge: quando parla usa parole diverse tra loro credendo che significhino la stessa
cosa, oppure ha poco interesse a parlare in maniera “corretta” e fatica a imparare
il linguaggio specifico delle varie materie. Non memorizza parole nuove con
facilità ed è lento nel ricordare l‟alfabeto, oppure non lo impara del tutto. Quando
ascolta, potrebbe non comprendere del tutto il senso di ciò che gli viene detto, se
il pensiero è ricco di frasi subordinate e se sono pochi gli esempi legati alla realtà
concreta presenti nel discorso.
 Più avanti gli errori tendono a diminuire, mentre rimane la lentezza
esecutiva e possono comparire difficoltà di comprensione e di stesura di un testo.
 Le reazioni emotive al disturbo, se non riconosciuto, tendono a crescere
nel tempo.
 Il controllo della lettura e della scrittura diventa difficilmente
automatico.
 Leggere e scrivere diventano raramente attività piacevoli.
 La curiosità e la voglia di imparare si riducono di fronte alla fatica
necessaria per leggere.
 Il gap tra potenzialità e livello scolastico tende ad aumentare, a meno di
non intervenire in modo adeguato.
 Esiste il rischio di abbandono scolastico e di deriva sociale nei casi non
riconosciuti.
 La lettura favorisce lo sviluppo linguistico e, ovviamente, attraverso
l‟esercizio, il bambino dislessico può migliorare la sua abilità.
 La dislessia si presenta in quasi costante associazione ad altri disturbi
(comorbilità), disortografia (cioè una difficoltà di tipo ortografico, nel 60% dei
Lorenza Giangregorio
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18
casi) e disgrafia (difficoltà nel movimento fino-motorio della scrittura, cioè una
cattiva resa formale, nel 43% dei casi), nel calcolo (44% dei casi) e, talvolta,
anche in altre attività mentali.
L‟approccio interdisciplinare è la prassi clinica maggiormente auspicabile
in considerazione delle caratteristiche del disturbo e vede solitamente coinvolti il
neuropsichiatra infantile, lo psicologo e il logopedista, senza escludere la
partecipazione di altre professionalità per approfondire alcuni aspetti di
funzionamento.
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La discalculia
La discalculia (acalculia nei casi di estrema gravità) è un disturbo che si
manifesta nei processi di calcolo e si può definire come un disturbo delle abilità
numeriche e aritmetiche che si manifesta in bambini a sviluppo tipico, di
intelligenza normale, senza disturbi di natura affettiva e che non hanno subito
danni neurologici 9.
Tale difficoltà si manifesta in un‟estrema lentezza esecutiva nel calcolo,
nella lettura dei numeri, nell‟apprendimento di tabelline e stringhe numeriche, e
diviene maggiormente significativa nel corso del secondo ciclo della scuola
9
Rossi e Malaguti, Batteria di valutazione delle abilità matematiche, ed. Erikson, 1996; Lucangeli, Tressoldi e Fiore,
Test ABCA.- Test delle abilità di calcolo aritmetico, Hoepli, 1998;
http://www.academia.edu/1419010/La_discalculia_evolutiva
Lorenza Giangregorio
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primaria, quando viene richiesta al bambino l‟applicazione rapida dei calcoli per
risolvere i problemi.
Bisogna distinguere tra difficoltà del calcolo e disturbo del calcolo. La
prima con la rieducazione può migliorare in breve tempo, il secondo ha basi
neurologiche e si presenta quasi sempre associato ad altri disturbi
dell‟apprendimento. In questo caso parliamo di discalculia evolutiva, il bambino
nasce così e il problema si sviluppa con la crescita, è difficile da risolvere e si può
solo tamponare.
Distinguiamo ancora tra discalculia primaria e discalculia secondaria. Nella
prima non si sanno applicare le regole dell‟aritmetica più semplice, il bambino
non sa fare i calcoli più semplici, si aiuta con le dita, ecc, nella seconda il disturbo
è legato ad altri DSA.
Si distinguono due profili: la prima tipologia di discalculia è da intendersi
come una sorta di “cecità ai numeri», ovvero, in altri termini, come l‟incapacità
del soggetto di comprendere le numerosità e, di conseguenza, di manipolarle.
Il secondo profilo di discalculia si riferisce invece in modo specifico alla
compromissione del processo di acquisizione delle procedure e degli algoritmi del
calcolo [lettura, scrittura e incolonnamento dei numeri, recupero dei fatti numerici
e degli algoritmi del calcolo scritto (Un algoritmo è un procedimento che risolve
un determinato problema attraverso un numero finito di passi)].
Esempi di scritture di bambini discalculici
Esempio di discalculia
Lorenza Giangregorio e Paola Polidori
Lorenza Giangregorio
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La discalculia è caratterizzata da un mancato rapporto “naturale” con il
numero e con i processi astrattivi riguardanti l‟area matematica. Può essere
associata al disturbo visuo-spaziale e alla dislessia.
Frequentemente questa difficoltà specifica si rileva in soggetti colpiti da
lesioni organiche precisamente localizzate (come si verifica spesso nei traumi
cranici), ma in questo caso non si tratta di discalculia evolutiva..
L‟incidenza di tale disturbo appare molto ristretta, anche se molti studiosi
ritengono che le difficoltà aritmetiche sarebbero molto più frequenti delle
difficoltà di lettura, pur potendo non essere così evidenti come quelle, per il fatto
che difficilmente un alunno è impegnato in una attività prolungata di calcolo,
mentre è normale che lo sia in un compito di lettura.
Sembra che la matematica crei problemi a tantissimi bambini della scuola
elementare, anche in quelli senza nessun problema di apprendimento e le ragioni
possono essere ricercate oltre che in un insegnamento non appropriato,
nell‟essenza stessa della materia, in quanto, essendo l‟errore evidente in maniera
indiscutibile, poiché, normalmente, vi è una sola risposta giusta, nel bambino è
presente una forte paura di sbagliare o di non sapere individuare la strategia adatta
alla risoluzione del problema.
Lorenza Giangregorio
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Una seconda ragione è legata al timore di non sapere come procedere e di
non poter ricorrere alle strategie che normalmente consentono di cavarsela
(diligenza, maggiore impegno, ecc.). E forse, proprio allo scarso aiuto di strategie
di ordine e diligenza si deve il fatto che le bambine, che amano meno il rischio e
rinunciano più facilmente a riprovare dopo un insuccesso, in genere amano meno
dei bambini i compiti matematici.
Una terza ragione può essere associata alla diffusa convinzione che per
riuscire in matematica bisogna essere “portati” e avere una particolare
intelligenza: la preoccupazione di sbagliare può anche essere in relazione con il
timore di dover prendere atto di propri limiti intellettivi.
In generale, e per sintetizzare
La discalculia si manifesta soprattutto, alla fine del percorso di scuola
Primaria. Il bambino discalculico non “vede” senza contare con le dita le
quantità fino a 5 ed entro il 10 e inoltre ha difficoltà:
 nella conta all‟indietro
 nelle sottrazioni
 nelle divisioni
 nel ricordare le procedure di calcolo
 nell‟identificazione e nel riconoscimento dei numeri
 nella scrittura dei numeri
 nell‟associazione del numero alla quantità corrispondente
 nell‟effettuare numerazioni orali in senso ascendente e discendente
 nell‟automatismo dei conti con i “numeri amici” che formano sempre 10
 nella lettura dei numeri e del posizionamento di cifre
 nel memorizzare le tabelline
 nell‟apprendere le tecniche per il calcolo veloce entro la fine della quinta
elementare
 nell‟eseguire con facilità le divisioni e le moltiplicazioni,
 nell‟eseguire il calcolo mentale oppure nell‟eseguirlo velocemente
 nell‟automatismo della lettura dell‟orologio
 nel ricordare la differenza tra i vari tipi di frazione
 nel riconoscere automaticamente i tipi di angolo, di triangolo, le
caratteristiche delle figure
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 nell‟imparare le formule delle aree e dei perimetri dei poligoni e le loro
proprietà
 nell‟interpretare e risolvere i problemi aritmetici, soprattutto se la
discalculia è associata a dislessia.
Leonardo Trisciuzzi in Introduzione alla pedagogia speciale10, evidenzia
come alla base delle competenze matematiche più mature vi sia la conquista di
una qualità del pensiero che il pedagogista Jean Piaget definisce “reversibilità”
che “consiste nella capacità di ripercorrere all‟indietro, mentalmente, l‟azione
eseguita, fino a ritornare al punto di partenza” 11. Questa caratteristica del
funzionamento mentale si sviluppa, generalmente, non prima dei sette anni.
In base al pensiero reversibile si realizza il passaggio dall‟azione
all‟astrazione. Il bambino, in base alla rielaborazione delle proprie azioni, si crea
un insieme di schemi mentali in grado di ordinare l‟esperienza del mondo
circostante che gli consentono di comprendere non solo il significato delle proprie
azioni sulle cose, ma anche quello delle azioni degli altri. Egli si libera così
dall‟immediatezza delle percezioni, ed è in grado di effettuare operazioni mentali
flessibili, suscettibili di trasformazioni e cambiamenti, in virtù delle possibili
combinazioni reciproche.
Tali operazioni mentali, con la classificazione e la seriazione, sono alla
base della matematica: la prima implica la capacità di riconoscere uguaglianze e
differenze fra le cose in base ad un criterio stabilito a priori, mentre la seconda
sottende la capacità di confrontare, comparare gli oggetti tra loro, ordinandoli in
serie (ad esempio dal più piccolo al più grande).
L‟apprendimento della matematica, inoltre, oltre alle abilità di base di
stampo prettamente logico-matematico, sottende un insieme di abilità di tipo
trasversale, comuni a tutti gli apprendimenti scolastici, come lo sviluppo
dell‟organizzazione spaziale e temporale.
Il disturbo del calcolo, infatti, può essere associato con le difficoltà spaziali
che ostacolano la comprensione del valore posizionale, ma soprattutto producono
frequenti errori di allineamento.
10
L. Trisciuzzi, C. Fratini, M. A. Galanti, Introduzione alla pedagogia speciale, Laterza, 2
J. Piaget., L’epistemologia genetica, Bari, Laterza ed., 1973; J. Piaget e al., L’insegnamento della
matematica, Firenze, “La Nuova Italia” ed., 1969
11
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Tali difficoltà possono presentarsi in maniera isolata o associate le une alle
altre e possono essere spie di una discalculia, ma anche di dislessia, oltre che di
disturbo visuo-spaziale.
Come la dislessia, anche la discalculia può presentarsi in grado lieve,
medio o severo, da sola o associata ad altri disturbi dell‟apprendimento, senza
esserne l‟effetto.
Vi presento adesso alcuni classici problemi apparentemente facili, che
mettono in difficoltà anche persone con buona competenza, tant‟è che riescono a
risolverli solo un adulto ogni 50, per cui non c‟è da preoccuparsi se la cosa accade
anche per il bambino.
Una persona deve cucinare in un padellino tre frittelle. Ogni frittella deve
essere cotta due minuti per lato. Il padellino può contenere solo due frittelle per
volta. Qual è il tempo minimo possibile che è necessario per cucinare le tre
frittelle?
La risposta che generalmente viene data, sia dagli adulti in genere, sia dagli
insegnanti di matematica è: 8 minuti. Il procedimento per la soluzione del
problema che viene generalmente adottato è quello della sua scomposizione in
due parti: prima si cucina dai due lati le due frittelle che possono trovare spazio
nel pentolino (quattro minuti) e poi si fa la stessa cosa con la frittella rimasta (altri
quattro minuti): dunque i quattro minuti della prima fase sommati ai successivi
quattro minuti fanno otto minuti. Non si pensa alla possibilità di tenere sempre
completamente occupato il pentolino, cuocendo prima due frittelle da un lato (due
minuti), ma poi lasciandone una sola delle due per l‟altro lato e introducendo la
terza per cuocerla da un lato (altri due minuti) e quindi cuocendo la seconda e la
terza per il lato rimasto da cuocere (due minuti) per un totale di sei minuti.
Un esempio di problema, invece, ove gli adulti incontrano problemi, ma
non gli insegnanti di matematica è il seguente:
Un mattone pesa un chilo più mezzo mattone. Quanto pesa il mattone?
La formulazione linguistica mette molto spesso in difficoltà anche gli adulti
che non riescono a scomporlo in affermazioni distinte e ad arrivare alla
conclusione che, se il mattone è composto di due parti uguali e una parte pesa un
chilo necessariamente anche l‟altra parte pesa un chilo. L‟insegnante di
matematica immediatamente riconosce che si tratta di un problema con incognita
presente in entrambi i termini dell‟uguaglianza e dunque che x = 1 + ½x. La
risposta è 2.
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Invece i bambini con difficoltà nella soluzione di problemi si bloccano
anche con esercizi molto prevedibili, che la scuola propone in continuazione, del
tipo:
a) La mamma compra tre chili di mele a 2 euro al chilo e due chili di arance a 2,4
euro al chilo. Se dà al fruttivendolo un biglietto da 20 euro, quanti soldi riceverà
di resto? 6+4,8=10.8; 20-10.8=9.2
b) Si vuole ricoprire interamente di piastrelline quadrate le pareti di un bagno il
cui perimetro è di 25 metri e l‟altezza di 3 metri. Quante piastrelle sono
necessarie, se ogni piastrella misura 5 cm. per lato? 75 mq di superficie, 25 cm2
ogni piastrella.
Il recupero della discalculia non è facile e dipende dalla precisione della
diagnosi, dalla precocità dell‟intervento e dalla bravura dell‟educatore.
Fondamentale, in ogni caso, a parte specifiche strategie che non ci competono, è
da tenere presente che bisogna accordare al bambino tempi di esecuzione del
compito più lunghi, privilegiando l‟autonomia piuttosto che la velocità e rendere
consapevole il bambino che non esiste un‟unica strada valida per raggiungere
l‟obiettivo.
La disortografia
La disortografia è la difficoltà a tradurre correttamente i suoni che compongono
le parole (secondo le regole della lingua in cui si scrive) in simboli grafici; è
l‟alterazione del contenuto della parola, non (solo) della forma e si accompagna
molto frequentemente alla disgrafia.
Diverse sono le cause a cui attribuire la disortografia. Per una buona
competenza ortografica è necessario che il bambino abbia raggiunto alcune
importanti acquisizioni come l‟orientamento, l‟organizzazione e la strutturazione
spaziale e temporale, una buona lateralizzazione, la capacità di percezione visiva
e uditiva. Vi contribuiscono anche difficoltà di linguaggio e un processo lento
nella simbolizzazione grafica.
L‟incompiuta automatizzazione della scrittura richiede ai bambini
disortografici un‟attenzione eccessiva sugli aspetti di ortografia, con una
maggiore probabilità di errori e, spesso, un peggioramento della grafia.
Il bambino disortografico può commettere errori tanto con le eccezioni
ortografiche, quanto con parole facili, che però richiedono un‟analisi attenta dei
suoni costitutivi o possono essere a disagio in aspetti, in linea di principio non
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collegati, quali il livello di velocità di scrittura, la qualità del grafismo e
dell‟espressione scritta.
La disortografia si presenta con errori sistematici nella scrittura corsiva,
quali:
 confusione tra fonemi simili, ad esempio “F” e “V”; “T” e “D”; “B” e
“P”; “L” e “R”, “C” e “G”, “M” e “N” ecc.;
 confusione tra grafemi morfologicamente simili, ad esempio: “a” e “o”,
“d” e “q”, “n” e “u”, “l” e “b”, “b” e “p”;
 omissioni, ad es. della doppia consonante (“palla-pala”, “posa-possa”),
della vocale intermedia (fuoco-foco); nei digrammi, esempio folia- foglia; in
parole varie, esempio mele per miele; in posizione preconsonantica di l, m, n, r, s:
esempio piagere per piangere; nei dittonghi e nei gruppi vocalici, esempio foco
per fuoco;
 raddoppiamento consonantico generico, esempio libbro per libro; dopo
vocale iniziale esempio alla per ala; in parole che hanno già un raddoppiamento,
esempio proffessore per professore; ripetizione sillabica, esempio, favovola per
favola;
 sostituzioni di vocale, esempio pingui per pingue; di consonante, esempio
cardo per caldo;
 inversioni nella sequenza dei suoni all‟interno della parole, ad esempio
sefamoro anziché semaforo, tartore per trattore, inversioni dovute ad errori di
orientamento spaziale, esempio campo per cambo o nuovo al posto di uovo;
 scorretta scrittura dei gruppi consonantici “sc”, “gn”, “gl”.
Molti errori di scrittura sembrano riflettere un‟incapacità dell‟individuo di
analizzare bene i suoni della lingua e di scomporli nei fonemi costitutivi. Errori
curiosi (e significativi) in scrittura sono quelli che non mutano il suono
dell‟enunciato. Per es. se, al posto di LUNATICO, si scrive L‟UNATICO oppure
LUNA TICO. Se si rileggessero le parole sbagliate si pronuncerebbero allo stesso
modo della parola corretta12. In questo caso la difficoltà del bambino non riguarda
l‟analisi fonologica, ma la conoscenza precedentemente acquisita di come la
parola si scrive o il ragionamento analogico adottato in base ad altre parole note:
Cesare Cornoldi, Le difficolta‟ di apprendimento, (L‟apprendimento difficile), http://www.itcrossano.org/20112012/pubblicazioni%20preside%202012-2013/DSA/Cornoldi-Le_difficolta_di_apprendimento.pdf
12
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per questo motivo tali errori vengono chiamati non-fonologici e vengono associati
all‟uso della via diretta non-fonologica.
Nei testi scritti da bambini disortografici quindi si trovano:
 errori di tipo fonologico (scambi, omissioni, aggiunte, inversioni di
lettere, grafema incompleto);
 errori di tipo non fonologico (grafema omofono, uso dell‟h,
dell‟apostrofo, attaccatura-staccatura delle parole);
Sono questi ultimi gli errori più sensibili ad una modificazione con
l‟apprendimento.
 errori di doppie e di accenti.
Mario Brotini, nel libro Le difficoltà di apprendimento13, distingue in
proposito fra ortografia della parola e ortografia delle regole. Il primo caso
riguarda la scrittura della parola utilizzando tutti i fonemi necessari, collocati nel
modo giusto; il secondo invece si riferisce al giusto utilizzo delle regole
grammaticali, ad esempio uso degli apostrofi, dell‟h, dei segni di interpunzione, e
via dicendo. Sono soprattutto gli errori del primo gruppo che richiedono
interventi correttivi, essendo strettamente legati a deficienze nell‟ambito
percettivo, motorio, dell‟organizzazione spazio-temporale e della lateralizzazione.
L‟ortografia delle regole infatti, è maggiormente legata alla comprensione; molti
bambini acquisiscono queste regole in ritardo, ma con le parole “normali” che
non richiedono l‟uso di particolari competenze, se la cavano bene. Il
disortografico invece commette continui errori di ogni tipo, sia con parole
facili, che con parole che richiedono particolari competenze grammaticali.
Molti errori sono relativi a una cattiva competenza fonologica, all‟incapacità del
bambino di segmentare le parole negli elementi costitutivi.
Per la diagnosi di disortografia vale la consueta regola di una quantità di
errori ortografici che difettano in misura uguale o superiore a due deviazioni
standard rispetto ai risultati medi dei bambini che frequentano la stessa classe.
La procedura più naturale per valutare la competenza ortografica sembra
essere quella del dettato di un brano-standard, anche se vi sono vari problemi da
affrontare, perché la maniera in cui si detta incide fortemente sulla qualità della
prestazione. Per risolvere il problema si è pensato all‟utilizzo di dettati registrati o
13
Mario Brotini, Le difficoltà di apprendimento. Come affrontare disgrafie, disortografie, dislessie e discalculie,
Edizioni del Cerro, 1998
Lorenza Giangregorio
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a far copiare un testo scritto, perché il bambino disortografico commette errori
anche quando copia.
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30
La Legge 170 dell’8 ottobre 2010
La Legge 170 dell‟8 ottobre 2010, come è noto, ha disciplinato i Disturbi
specifici dell‟apprendimento in ambito scolastico e a seconda della disciplina e
del caso specifico, prevede che l‟alunno con DSA possa, per alcune prestazioni
non essenziali ai fini dei concetti da apprendere, essere dispensato:
 dall‟utilizzare contemporaneamente i quattro caratteri (stampatello
maiuscolo, stampatello minuscolo, corsivo minuscolo, corsivo maiuscolo)
 dal leggere ad alta voce
 dallo scrivere sotto dettatura
 dal prendere appunti
 dal copiare dalla lavagna
 dallo studiare mnemonicamente le tabelline
 dallo studiare la lingua straniera in forma scritta
 dal rispettare la tempistica per la consegna dei compiti scritti
 dal rispettare la quantità dei compiti a casa
 dal conoscere a memoria la tabella delle misure
 dal conoscere a memoria la tabella delle formule geometriche
 dal conoscere a memoria lo schema delle procedure di calcolo
 dal conoscere a memoria la tavola dei verbi
 dall‟applicare mappe concettuali delle unità di apprendimento
e può essere autorizzato a usare:




computer con programma di videoscrittura, e correttore ortografico
computer con programma di videoscrittura e sintesi vocale
registratore e risorse audio (sintesi vocale, audiolibri, libri digitali)
calcolatrici
Per quanto concerne le verifiche è possibile:
 programmarle e concordarle con l‟alunno, anche per gli esami conclusivi
dei cicli
 permettere la consultazione degli schemi utilizzati per lo studio
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 dare adeguata attenzione alla forma grafica della prova di verifica
(carattere, spaziatura, interlinea, lunghezza delle righe) per facilitare
l‟autonomia nella fase di decodifica
 prevedere sempre consegne orali in supporto a quelle scritte (soprattutto per
la lingua straniera)
 partire da richieste più facili, aumentando gradualmente la difficoltà
 preferire test di riconoscimento a quelli di produzione
 premiare i progressi e gli sforzi, più che i risultati
 tenere conto del punto di partenza
 prevedere, all‟interno di un compito, più valutazioni, non considerando
eventuali errori di calcolo e di scrittura
 compiere valutazioni che siano più attente alle conoscenze e alle
competenze di analisi, sintesi e collegamento piuttosto che alla correttezza
formale
 far usare strumenti e mediatori didattici nelle prove sia scritte sia orali
(mappe concettuali, mappe cognitive)
 introdurre prove informatizzate
 programmare tempi più lunghi per l‟esecuzione delle prove
 pianificare prove di valutazione formativa
Nel diploma finale rilasciato al termine degli esami non dovrà essere fatta
menzione delle modalità di svolgimento delle prove e della loro
differenziazione.
Per concludere
Non dobbiamo trascurare l‟impatto che un ripetuto fallimento scolastico
può avere sullo sviluppo psichico del bambino a causa degli scarsi risultati
scolastici: il bambino infatti afferma la propria identità e il proprio ruolo a scuola,
dove trascorre la maggior parte del proprio tempo e il suo definirsi passa anche
attraverso il suo “essere scolaro”. Un‟immagine fallimentare come può essere
quella che proviene da un‟esperienza scolastica negativa, con il suo strascico di
senso di frustrazione e impotenza, ha un impatto notevole sul benessere
psicologico.
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32
I bambini con DSA, soprattutto se diagnosticati tardivamente o in modo
non preciso, possono avere vissuti molto negativi delle proprie capacità. Tali
soggetti spesso si vivono come “incapaci”, “stupidi” o con meno valore di altri
compagni, l‟insuccesso scolastico è considerato spesso come espressione di
scarsa intelligenza, scarsa abilità, è vissuto con senso di colpa e di inadeguatezza
rispetto a ciò che pensano che i genitori si aspettino da loro, e come elemento di
disconoscimento da parte dei pari. Ciò contribuisce a svalutare la loro
“autoimmagine”, e a generare sentimenti di scarsa autostima che si mantengono
nel tempo.
In conclusione, i DSA possono essere trattati e la rieducazione può portare
miglioramenti, ma spesso il disturbo persisterà per tutta la vita.
Bibliografia
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2000
Lorenza Giangregorio
Esperta e rieducatrice del gesto grafico