Scrittura e sistema nervoso - Associazione Internazionale di

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA
Facoltà di Psicologia
Corso di Laurea Specialistica in Psicologia Clinica e Neuropsicologia
L’ANALISI PSICOGRAFOLOGICA
COME EFFICACE RISORSA DIAGNOSTICA
IN AMBITO CLINICO.
Studio comparativo sulle scritture di pazienti sottoposti all’asportazione
chirurgica di gliomi frontali a lento accrescimento.
Relatore: Prof. Angelo MARAVITA
Tesi di laurea di:
Cinzia ARIAZZI
Matricola N. 079284
Anno Accademico 2008-2009
RIASSUNTO
L’analisi della scrittura, se correttamente eseguita, è uno strumento di indagine in
grado di fornire importanti informazioni di natura neurofisiopsicologica sul soggetto
che l’ha vergata.
In questa ricerca l’attenzione è stata rivolta alle caratteristiche peculiari che
contraddistinguono gli scritti di individui sottoposti all’asportazione chirurgica di gliomi
frontali a lento accrescimento: per ognuno dei quattro soggetti partecipanti è stato
raccolto un campione di scritture composto da uno scritto prodotto nei giorni
immediatamente precedenti l’intervento, uno in quelli subito successivi ed uno risalente
ad alcuni anni prima, o ad un periodo di tempo nel quale si stima che la patologia
potesse essere assente, con l’obiettivo di indagare analogie e differenze tra le
fenomenologie grafiche presenti.
In una seconda fase è stato svolto uno studio comparativo a partire da quanto
emerso per ciascun soggetto, al fine di verificare l’esistenza di elementi trasversalmente
riscontrabili in tutti i pazienti, focalizzando l’attenzione sul tipo di evoluzione dei
singoli segni grafici e dei sintomi di compromissione frontale, ad essi corrispondenti in
termini ipotetici.
I risultati ottenuti suggeriscono importanti spunti di riflessione: la totalità dei
sintomi frontali, pur con livelli di sviluppo differenti, è stata registrata in tutti i soggetti
coinvolti e ciò è risultato vero già nell’analisi della scrittura remota. È stato inoltre
possibile isolare alcune fenomenologie grafiche specifiche che rappresenterebbero, più
di altre, il rischio patologico nelle scritture remote e la compromissione delle funzioni
attribuite alla corteccia frontale in quelle successive.
Questi dati, in linea con quanto riportato da altre ricerche (Matozza & Ortiz, 2006),
saranno parte integrante di un futuro studio longitudinale (nel quale saranno analizzate
le scritture dei soggetti anche a distanza di un anno dall’intervento con lo scopo di
indagare i cambiamenti del quadro fisio-psicologico) e sottolineano l’efficacia di un
approccio interdisciplinare.
PAROLE CHIAVE: gliomi frontali a lento accrescimento, analisi grafologica, sintomi
di compromissione frontale.
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ABSTRACT
Handwriting analysis is a tool of investigation which provides important
neurophysiological information on the subject which has been drawn up.
The aim of this research was to examine the characteristic features which mark the
handwriting of individuals who have been submitted to frontal low-grade gliomas
surgical extirpation. For every single analysed subject, a handwriting sample was taken.
The sample was made up of handwriting which had been produced during the days
immediately preceding the operation. The first sample belonged to the days which
followed the operation, while the others went back to a few years before it (or even to a
period of time where the pathology was still absent). The aim was to analyse analogies
and differences between the different graphic phenomenologies.
The following phase consisted of a comparative study of every subject, with the
purpose of verifying the existence of transversally verifiable elements in every single
subject, by focusing the attention on the kind of evolution of single graphic marks and
the corresponding symptoms of frontal compromising.
The results suggest important insights. All the frontal symptoms, despite different
levels of development, were recorded in all the subjects involved and this had emerged
from the handwriting analysis. It was also possible to isolate some specific graphic
phenomenologies which could represent, more than others, the pathological risk in the
various handwriting samples and the frontal compromising in the following ones.
This data, in line with what was reported by other researches (Matozza & Ortiz,
2006), will form part of a future longitudinal study (which will analyse the writings of
the subjects at a distance of a year from the operation with the aim of investigating
physio-psychological changes) and underline the effectiveness of an interdisciplinary
approach.
KEY WORDS: frontal low-grade gliomas, graphological analysis, symptoms of
frontal compromising.
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CAPITOLO 2: I GLIOMI FRONTALI A LENTO
ACCRESCIMENTO
I gliomi sono neoformazioni che originano dalle cellule gliali, ovvero dalle cellule
di sostegno del tessuto nervoso deputate a svolgere importanti funzioni come la
produzione di mielina, la sostanza bianca che riveste i nervi permettendo che l’impulso
nervoso si trasmetta. Sono i tumori cerebrali che si presentano con più frequenza.
Le cellule gliali costituiscono circa la metà del volume dell’encefalo e provvedono
alla protezione e al sostentamento dei neuroni; hanno un grande potenziale di crescita
anomala, determinando così la fonte principale di degenerazione tumorale. Sono da
cinque a dieci volte più frequenti dei neuroni e costituiscono circa la metà del volume
dell’encefalo.
I tumori della serie gliale rappresentano circa il 50% di tutte le neoplasie
intracraniche (quasi il 70% nei bambini). Ogni anno si rilevano 4 nuovi casi ogni
100.000 persone.
Circa la metà dei tumori primitivi dell’encefalo appartiene alla categoria delle
neoplasie gliali, all'interno della quale si possono distinguere, a seconda dei tipi di
cellule da cui originano, gli astrocitomi, gli oligodendrogliomi, i glioblastomi
multiformi e gli ependimomi.
I tumori invadono e distruggono il tessuto cerebrale circostante, causando
compromissione delle funzioni sensorimotorie e cognitive, aumento della pressione
intracranica, edema cerebrale, compressione del tessuto encefalico, dei nervi cranici e
dei vasi cerebrali.
I gliomi si localizzano con frequenza massima a livello degli emisferi cerebrali, più
raramente nel tronco encefalico (gliomi del tronco), nel cervelletto e nel nervo ottico
(gliomi del nervo ottico).
Confrontati con gli infarti cerebrali, i gliomi a basso grado hanno una frequenza
relativamente minore. Per esempio, in una popolazione di un milione di persone, solo in
10-20 individui ogni anno verranno diagnosticati gliomi a basso grado (Wessels, Weber,
Raven et al., 2003; Walker & Kaye, 2003).
I gliomi di basso grado sono tumori primari del cervello che crescono nell’arco di
molti anni. Durante questa lenta evoluzione, la maggior parte dei pazienti riporta esami
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clinici nella norma (Walker & Kaye, 2003), anche se lievi segnali di disordini cognitivi
possono essere scoperti usando ampie valutazioni (Taphoorn & Klein, 2004). Infatti,
nell’80% dei pazienti, i gliomi a basso grado non vengono rivelati da deficit
comportamentali, ma da una crisi improvvisa (DeAngelis, 2001).
La maggior parte di essi evolve in un glioma di alto grado, una neoplasia che ha
spesso una diagnosi infausta (Danchaivijitr, Waldman, Tozer et al., 2008). I pazienti
con gliomi di basso grado sono spesso molto giovani e rimangono senza segni clinici
evidenti per molti anni; purtroppo in un momento imprevedibile della loro vita il tumore
si modifica in una forma molto aggressiva.
2.1. SINTOMATOLOGIA
Le manifestazioni di un tumore celebrale dipendono soprattutto dalla sua
localizzazione e dalle dimensioni della massa: poiché ogni zona è responsabile di una
funzione specifica, sarà quella stessa funzione ad essere più o meno compromessa, con
una grande varietà di sintomi. Per esempio, le neoplasie del lobo frontale sono
caratterizzate da una grande debolezza ed incapacità di muovere una parte del corpo,
disturbi dell’umore e confusione.
I tumori del lobo parietale, invece, si manifestano genericamente con convulsioni,
paralisi, impossibilità a compiere movimenti complessi come lo scrivere o il tenere in
mano un oggetto.
Quelli che partono dal lobo occipitale provocano disturbi visivi fino alla cecità,
allucinazioni e convulsioni, mentre le neoplasie che interessano il lobo temporale si
manifestano con disturbi dell’equilibrio e del senso dello spazio, incapacità a
comprendere e svolgere comandi molto semplici, convulsioni ed impossibilità di
parlare.
Se il tumore colpisce il cervelletto, il malato presenta molte difficoltà a mantenere
l’equilibrio e a coordinare i movimenti, soffre di forti cefalee, nausea e vomito.
I tumori dell’ipotalamo provocano disturbi emotivi e della percezione del freddo e
del caldo; se il malato è un bambino ritardano la crescita ed interferiscono con l’appetito
e la nutrizione.
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Via via che il tumore cresce invade i tessuti circostanti, ma nel cervello lo spazio a
disposizione è molto ridotto e si verifica presto la formazione di liquido che comprime
le parti ossee, generando forti mal di testa che non passano con i farmaci analgesici
quali gli antinfiammatori. Il mal di testa intrattabile è quindi uno dei sintomi più
comuni, insieme alle crisi epilettiche, dovute all’effetto irritante della massa tumorale.
La sintomatologia è causata dalla lesione di parti cerebrali vitali e/o dall’aumento
della pressione sul cervello, poiché il tumore cresce dentro lo spazio limitato del cranio.
La sintomatologia può anche essere causata da rigonfiamento ed accumulo di
liquido intorno al tumore, condizione chiamata edema. Inoltre, può essere provocata da
idrocefalo, situazione che si manifesta quando il tumore blocca il flusso del liquido
cerebrospinale causandone un accumulo nei ventricoli cerebrali.
Le manifestazioni sintomatologiche saranno più lente e meno evidenti nei tumori a
lenta crescita e progressione.
2.2. DIAGNOSI
Per cercare la causa della manifestazione sintomatologica, il medico di prassi pone
al paziente domande sulla sua storia medica personale e familiare e prosegue con un
esame fisico e neurologico completo. Infine, sulla base di tale valutazione fisica e
neurologica, richiede ulteriori esami. Le principali tecniche di indagine diagnostica
sono:
•
le tecniche di neuroimmagine, che rappresentano il principale strumento di
diagnosi dei tumori cerebrali. Sono indispensabili per effettuare la
pianificazione di un intervento chirurgico e forniscono informazioni
fondamentali in merito alla corretta eziologia della malattia;
•
la Risonanza Magnetica che permette di visualizzare il tumore e la sua
connessione con i tessuti parenchimali che lo circondano; la RMI
funzionale permette di ottenere la misurazione delle variazioni del flusso
sanguigno in particolari regioni del cervello e di visualizzare chiaramente
la separazione tra il tumore e il resto del cervello prima dell’intervento
attraverso una migliore risoluzione;
6
•
la Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) che, sebbene sia stata
ampiamente sostituita dalla RM (considerata la modalità diagnostica di
scelta nei tumori cerebrali), è raccomandata come la tecnica diagnostica
più rapida in situazioni di emergenza, per esempio nel caso di un paziente
non stabile con sospetta emorragia cerebrale;
•
la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) si basa sul principio che nei
tumori maligni il processo metabolico è più veloce rispetto ai tessuti
circostanti e che quindi il consumo di glucosio è superiore. Nei pazienti
con glioma a basso grado di malignità la decisione di ritardare l’intervento
potrebbe essere confortata dalla presenza di diffuse aree ipometaboliche
rilevate con PET, mentre la necessità di biopsia o trattamento potrebbe
essere suggerita dalla presenza di aree ipermetaboliche;
•
l’elemento fondamentale per una corretta diagnosi di tumore cerebrale è
l’esame istologico del prelievo bioptico, che si ottiene con la metodica
stereotassica oppure con resezione. I progressi ottenuti con le nuove
tecniche chirurgiche, supportate dall’uso di computer, hanno permesso di
migliorare il grado di sicurezza della resezione chirurgica, della biopsia
stereotassica e dell’ultrasonorografia intraoperatoria: tecniche utilizzate per
localizzare i tumori in fase di intervento chirurgico. Già in sala operatoria il
medico può eseguire, su una striscia o una sezione congelata di tessuto, una
valutazione
preliminare
del
sottotipo
istologico.
Disponendo
di
un’informazione supplementare il chirurgo potrebbe scegliere di procedere
ad asportare una porzione più ampia, come accade nei casi di glioma a
bassa invasività.
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2.3. TRATTAMENTI
Il trattamento dei tumori cerebrali dipende da uno svariato numero di fattori, tra i
quali troviamo il tipo, la localizzazione e la dimensione del tumore, l’età e la salute
generale del paziente. La maggior parte delle neoplasie cerebrali richiede un approccio
multidisciplinare (chirurgico, radioterapico e chemioterapico) con l’aggiunta di
eventuali interventi di tipo riabilitativo.
La cura dei gliomi a basso grado di malignità rimane controversa (Danchaivijit,
Waldman, Tozer et al., 2008). Sebbene in alcuni centri queste lesioni vengono trattate in
modo aggressivo al momento della diagnosi, diversi studi condotti su ampi campioni
non hanno evidenziato un miglioramento dopo una chirurgia radicale o una radioterapia
precoce (Johannesen, Langmark & Lote, 2003; Van de Bent, Afra & De Witte, 2005).
L’intervento chirurgico rappresenta il primo atto terapeutico e, a seconda della
situazione, può essere seguito o meno dalla radioterapia e/o dalla chemioterapia.
Nell'eventualità di una ricaduta, solo pochi pazienti possono essere sottoposti ad un
secondo intervento, mentre la chemioterapia rimane la principale risorsa terapeutica.
Durante l’ultimo decennio la resezione preventiva dei gliomi a basso grado è diventata
l’opzione terapeutica principale. Si è scoperto che le regioni più “eloquenti” del cervello
possono essere rimosse senza indurre deficit permanenti (Desmurget, Bonnetblanc &
Duffau, 2007).
I gliomi a basso grado di malignità devono, se possibile, essere rimossi,
sottoponendo successivamente il paziente a terapia radiante. Il termine basso grado
significa una crescita estremamente lenta. Per quanto nel tempo l’ingrandimento è
molto lento, il rischio maggiore è che il danno si trasformi in una lesione ad alta
malignità per cui l’evoluzione diventi poi estremamente rapida. Queste lesioni si
presentano con una conformazione anatomica che varia da forme molto circoscritte
dove è possibile un’asportazione radicale a quelle estremamente infiltranti dove può
essere indicata solamente una biopsia per l’accertamento diagnostico.
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2.3.1. Chirurgia
Per rimuovere un tumore cerebrale il neurochirurgo esegue una craniotomia che
consiste nel raggiungere il tumore aprendo la scatola cranica. Quando possibile, si cerca
di asportare tutta la massa tumorale, altrimenti si asportano quelle parti che sono
responsabili dei disturbi invalidanti e le parti rimaste verranno trattate con radio o
chemioterapia.
L’intervento chirurgico è un intervento altamente invasivo e, per la sua estrema
difficoltà, può portare a un danneggiamento di tessuto cerebrale sano. Tale evento
provoca edema cerebrale, che a sua volta è causa di debolezza, problemi di
coordinamento motorio, alterazioni delle personalità e difficoltà di linguaggio e
pensiero. Tale sintomatologia si manifesta per lo più nei primi giorni dopo l’intervento e
con gravità dipendente dal grado di invasività dello stesso, ma tende a scomparire
spontaneamente o con l’aiuto di farmaci.
2.3.2. Radioterapia (o terapia radiante)
Consiste nell’utilizzare raggi ad alta potenza per distruggere le cellule cancerose e
bloccarne la crescita. Viene impiegata per distruggere la massa tumorale che non può
essere rimossa con la chirurgia, oppure per eliminare le cellule residue dopo
l’asportazione chirurgica.
2.3.3. Chemioterapia
Consiste nell’impiego di farmaci per distruggere le cellule tumorali. Possono venire
impiegati uno o più farmaci insieme, somministrati in linea di massima per via
endovenosa e in alcuni casi anche per via orale. Il trattamento può richiedere in alcuni
casi una breve degenza ospedaliera.
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2.4. SINTOMI COMPORTAMENTALI IN SOGGETTI
CON LESIONI FRONTALI
2.4.1. La corteccia frontale
La corteccia frontale umana costituisce almeno 1/3 dell’intera superficie cerebrale.
I lobi frontali sono arbitri e giudici imparziali di tutto il nostro comportamento.
Elkhonon Goldberg, neuroscienziato, allievo del neurofisiologo Aleksandr Lurjia, ha
studiato per tutta la sua vita il significato dei due lobi frontali considerati i vertici
dell’organizzazione cerebrale. Vengono definiti come leader del cervello che guidano
l’individuo nelle novità, nelle innovazioni e nelle avventure della vita (Goldberg, 2001).
L’intenzionalità dell’individuo è, oggi, completamente attribuita ai lobi frontali, i quali
sono essenziali per la coscienza superiore, il giudizio, l’immaginazione e l’empatia
(Soresi, 2005).
La parte più anteriore è denominata corteccia prefrontale e presenta diffuse
connessione con il resto del cervello. La corteccia prefrontale, a sua volta, può essere
suddivisa in un’area dorsolaterale, una mediale ed una regione orbifrontale.
Quest’ultima, collocata sopra le orbite degli occhi, e per questo chiamata orbifrontale,
ha delle connessioni molto sviluppate con le strutture sottocorticali implicate nella
motivazione e nell’emozione. La distruzione delle connessioni tra queste e la OFC
(corteccia orbifrontale) compromettono l’abilità di ottimizzare una scelta (Vicenzi,
Giorgi & Pessa, 2006; Fuster, 1997).
Lesioni al lobo frontale dorsolaterale molto probabilmente colpiscono la
pianificazione e le altre funzioni cognitive più elevate, mentre lesioni alla corteccia
orbifrontale, con le sue connessioni al sistema limbico, hanno un effetto maggiore sul
comportamento sociale e sulle emozioni (Lezak, 1983; Barbas & Pandya, 1991).
Soprattutto il settore dorsolaterale è stato collegato con l’abilità di ricordare fatti per un
breve periodo di tempo (Goldman-Rakic, 1987; Fuster, 1991; D’Esposito, Shin, Detre
et al., 1995; Smith, Jonides, Koeppe et al., 1995; Courtney, Ungerleider, Keil et al.,
1997).
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Le persone con delle lesioni alla corteccia prefrontale hanno difficoltà a progettare
le proprie azioni (Nauta, 1971): tendono a ripetere sempre le stesse, sembrano
inchiodate al presente ed incapaci di proiettarsi nel futuro (LeDoux, 2004).
Sebbene, a volte, possa sembrare che la cosa migliore, riguardo azioni specifiche,
sia prendere decisioni in modo estremamente rapido, senza doverle nemmeno pensare, i
lobi frontali ci offrono la possibilità di ritardare (inibire) tali decisioni, a favore dell’uso
di un’altra facoltà, il pensiero. Il pensiero può essere visto come un agire immaginario,
mentre si sta ancora valutando l’eventuale, probabile risultato dell’azione potenziale.
Ciò si ottiene facendo partire i programmi dell’azione prevista, ma, allo stesso tempo,
bloccando (inibendo) l’uscita motoria. Il pensiero origina, quindi, dall’agire senza
azione: esso sarebbe, cioè, un gesto immaginario con, alla sua origine, il meccanismo
dell’inibizione quale prerequisito e mezzo stesso del pensiero.
I lobi prefrontali maturano dopo la nascita, principalmente nel corso di due periodi
di sviluppo particolarmente rigogliosi, intorno all’età di due e rispettivamente cinque
anni. La loro crescita continua però, seppur più lentamente, per tutti i primi vent’anni di
vita. Essi risentono notevolmente degli “influssi dell’esperienza”. Anzi, le esperienze
che attivano questi meccanismi esecutivi nei primi anni di vita ne determineranno la
struttura individuale. L’operatività di tali intrinseche capacità inibitorie (di natura
neurochimica) è, di conseguenza, letteralmente plasmata dalle figure parentali che
guidano tale aspetto dello sviluppo del bambino durante i primi anni critici. Tale
processo sembra essere governato, in primo luogo, da ciò che i genitori fanno; in
secondo luogo da quello che essi dicono (Solms & Turnbull, 2004).
2.4.2. Sintomi frontali
Lesioni ai lobi frontali producono un’insolita gamma di cambiamenti emotivi,
cognitivi e motori. Una caratteristica del danno al lobo frontale negli esseri umani è
l’ostinazione, l’incapacità di smettere di fare qualcosa che non è più appropriato
(Milner, 1963, 1982). Se questi pazienti stanno eseguendo una procedura in cui devono
applicare una regola, provano grande difficoltà a cambiare comportamento se la regola
viene modificata. In un esperimento, un paziente riceve un mazzo di carte, su ognuna
delle quali sono riportati uno o più simboli colorati. Il paziente devi scoprire, sulla base
dell’informazione che gli viene data a ogni risposta giusta, qual è l’elemento (colore,
forma, numero) della soluzione. Una volta che ne scopre il principio (la forma, per
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esempio) non sbaglia più. Ma se il principio cambia e se la soluzione diventa il colore,
continua lo stesso ad applicare la regola precedente. A volte sa perfino quello che
dovrebbe fare, ma non riesce a far combaciare il proprio comportamento con le
informazioni che possiede. Persevera, rigido ed inflessibile, anche quando è ovvio che il
suo comportamento non è adatto alla situazione e questo sembra anche caratterizzare il
suo comportamento nella vita (LeDoux, 2004).
Nei pazienti frontali si presenta una persistente apatia, alternata a periodo di euforia
e senso di benessere. Le convenzioni sociali vengono dimenticate per lasciare spazio ad
un comportamento decisamente impulsivo (Levin, Goldstein, Williams et al., 1991).
Mostrano inoltre ridotta sensibilità al dolore ed un diffuso disinteresse per il passato ed
il futuro. Negli umani l’euforia, l’irresponsabilità e la mancanza di interesse possono
essere la conseguenza di un danno al lobo frontale (Damasio, 1994; Kolb & Whishaw,
1996; Rolls, 1999a; Hecan & Albert, 1978), in particolare alla corteccia orbifrontale
(Rolls, Hornak, Wade et al., 1994; Hornak, Rolls & Wade, 1996).
I pazienti con un danno ai lobi frontali hanno spesso difficoltà a controllare il loro
comportamento (Alexander, Stuss, Picton et al., 2007). Questo può assumere diverse
forme: impulsività, scarsa consapevolezza dei rischi, motivazione ridotta, intrusività,
inadeguata capacità di pianificazione ed altre. Tale mancanza di controllo potrebbe
essere il risultato di compromesse valutazioni emotive o dell’incapacità di determinare
le conseguenze dei comportamenti, ma una delle più comuni difficoltà conseguente a
lesioni frontali è un difettoso controllo del comportamento di fronte a scelte o ambiguità
(Burgess & Shallice, 1996).
Anche se il QI sembra rimanere inalterato, i pazienti frontali mostrano generale
smemoratezza per compiti che richiedono attenzione sostenuta o per compiti a risposta
ritardata (ad esempio al paziente si fa pescare una carta da un mazzo e gli si chiede di
guardarla, quindi gli si fa eseguire un compito diverso dal precedente, dopodiché gli si
chiede quale carta avesse estratto dal mazzo).
Joaquin Fuster dell’Università della California di Los Angeles e Pat GoldmanRakic di Yale hanno studiato a fondo il rapporto tra memoria di lavoro e corteccia
prefrontale laterale. Delle lesioni in quell’area interferiscono con la memoria di lavoro,
a prescindere dall’informazione che viene usata come stimolo (Pedrides, 1994; Fuster,
1989). Grazie alle tecniche di imaging funzionale, l’attività della corteccia prefrontale
laterale è stata osservata anche in soggetti alle prese con procedure di memoria di
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lavoro. In una ricerca recente, si è chiesto ad alcuni soggetti di svolgere una procedura
verbale e una visiva, una alla volta oppure simultaneamente (D’Esposito, Detre, Alsop
et al., 1995); in quest’ultimo caso la corteccia prefrontale laterale era attivata e metteva
a dura prova le funzioni della memoria di lavoro.
Con le tecniche di neuroimmagine funzionale in soggetti umani si è visto che, nella
memoria di lavoro e nelle relative procedure cognitive, si attiva un’altra area del lobo
frontale, la corteccia anteriore cingolata, anatomicamente interconnessa con la corteccia
prefrontale laterale (D’Esposito, Detre, Alsop, et al., 1995). Entrambe le regioni
rientrano nella rete attentiva del lobo prefrontale, un sistema cognitivo che interviene
nell’attenzione selettiva, nell’assegnazione delle risorse mentali, nei processi decisionali
e nel controllo volontario del movimento.
I pazienti frontali mostrano inoltre incapacità di pianificazione, sia motoria che
temporale. Si riscontra un inadeguato impiego di strategie di problem solving con
tendenza alle perseverazioni nei propri errori. Le osservazioni comportamentali poste in
atto nei confronti di questi pazienti, mettono in evidenza la loro tendenza ad imitare gli
altri. È stata descritta una sindrome caratterizzata da imitazione spontanea dei gesti e del
comportamento dell’esaminatore. Se l’esaminatore era intento a scrivere o manipolare
oggetti, il paziente frontale ripeteva, consapevolmente e minuziosamente, i gesti
dell’esaminatore. Le principali caratteristiche della sindrome frontale individuata da
Lhermitte e colleghi, sono definite di tipo disesecutivo e comprendono: riduzione delle
capacità di giudizio, di pianificazione, di introspezione e organizzazione temporale,
discontinuità cognitiva, disturbi della programmazione motoria, riduzione della cura
personale. Si pensa che alcuni aspetti di questo disturbo derivino dalla perdita del
controllo frontale (inibitorio) sulla corteccia parietale, che controlla alcuni aspetti
dell’attività senso motoria. Le connessioni tra corteccia parietale e frontale potrebbero
mettere in relazione l’individuo con l’ambiente e favorire l’autonomia individuale
(Lhermitte, Pillon & Serdau, 1986). Dopo una lesione frontale molti pazienti diventano
disinibiti, ma molti altri diventano apatici. Tipicamente il paziente mostra difficoltà ad
interpretare nuove informazioni, può non ricordare impegni o appuntamenti da svolgere
nell’immediato futuro, ha difficoltà di concentrazione, di progettazione e di
ragionamento logico. Anche la personalità può subire delle modificazioni. Oltre a
episodi di ansia e depressione dovuti ad una più o meno piena consapevolezza della
propria condizione psicofisica, possono osservarsi: una scarsa tolleranza alle richieste e
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alle frustrazioni, facile irritabilità, perdita del controllo ed episodi di collera, repentini
cambiamenti di umore, perdita di interesse verso attività prima gradite. Tutte queste
difficoltà possono portare all’isolamento sociale e determinare un calo o una totale
incapacità relativamente all’efficienza lavorativa, al rendimento scolastico, alla sfera
sessuale e alle diverse attività quotidiane.
Quello di Phineas Gage è stato, dal punto di vista storico, il primo caso di sindrome
frontale riportato in letteratura e ha consentito di introdurre l’idea secondo la quale i
lobi frontali sono coinvolti nella capacità di giudizio, presa di decisioni, condotta
sociale e personalità (Bechara & Damasio, 2004). Gage era un capocantiere di 25 anni
che il 13 settembre 1849 rimase vittima di un bizzarro incidente (Damasio, Grabowski,
Frank et al., 1994). Stava lavorando alla costruzione di una linea di binari negli Stati
Uniti centro-occidentali. Stava inserendo una carica di dinamite all’interno di una
formazione rocciosa, usando un picchetto di ferro, quando improvvisamente i suoi colpi
innescarono l’esplosivo. Lo scoppio proiettò la sbarra ad altissima velocità attraverso il
cranio del malcapitato, passando sotto il suo osso zigomatico, entrando poi nel lobo
frontale del cervello, per fuoriuscire dal vertice al termine del suo tragitto intracranico.
La barra non distrusse completamente il cervello di Gage, ma risultò compromessa
solo un’area relativamente piccola del tessuto frontale: Gage non perse nemmeno
conoscenza e poté in seguito guarire molto rapidamente, almeno dal punto di vista
fisico. Il medico di Gage, tuttavia, dovette descrivere alcuni cambiamenti interessanti
pubblicando le sue osservazioni sul paziente, pochi anni dopo l’incidente, su una rivista
locale di medicina. Il dottor Harlow notò, infatti, che, nonostante l’ottimo recupero
fisico e l’estensione del danno cerebrale relativamente contenuta, il suo paziente era
radicalmente mutato proprio come persona: era cambiata le sua personalità. Prima
dell’incidente Gage era il capomastro della sua squadra, posizione di una certa
responsabilità; veniva considerato dai sottoposti come un uomo affidabile e autorevole
(Solms & Turnbull, 2004). Ma ecco il resoconto steso da Harlow dello stato di Gage
dopo l’incidente: “La sua salute fisica è buona, e sono portato a dire che egli sia guarito,
ma l’equilibrio o il bilanciamento fra le sue facoltà intellettive e le sue tendenze
animalesche,
sembra
sia
andato
distrutto.
Si
mostra
bizzoso,
irriverente,
abbandonandosi a volte alle più volgari insolenze (cosa che non era prima suo costume),
manifestando ben poco rispetto per i suoi simili e appare insofferente agli obblighi o ai
consigli se questi entrano in conflitto con i suoi desideri; è a volte incredibilmente
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ostinato o anche capriccioso e volubile; elabora piani di azioni future che vengono
presto abbandonati. In questo senso la sua mente ha subito un cambiamento radicale, in
maniera tanto netta che amici e conoscenti hanno dichiarato che egli non era più Gage”
(Harlow, 1868).
Il messaggio giunge chiaro: Gage non era più lui, proprio a causa della lesione
cerebrale subita. Quando tentò di tornare al vecchio lavoro come capocantiere di
costruzioni, la compagnia trovò che era così cambiato in peggio da licenziarlo. La
conclusione incontrovertibile è stata che la personalità di Gage, ciò che costituiva la
base della sua identità personale, in qualche modo dipendeva da quei pochi centimetri
cubici di tessuto cerebrale danneggiati nell’incidente. La lesione dei lobo frontali di
entrambi gli emisferi portò Gage a comportarsi come un bambino maleducato, dando
espressione ad una interminabile successione di forti emozioni. Il suo sfortunato
incidente fu una delle prime dimostrazioni dell’importante ruolo che i lobi frontali
giocano nelle emozioni e nella loro espressione.
Oggi sappiamo, dall’osservazione di innumerevoli casi simili a questo, che il danno
a tale area di tessuto produce quasi sempre lo stesso tipo di modificazioni della
personalità riscontrate nel caso di Gage. Vi può essere una minima variabilità
dipendente soprattutto dalla personalità premorbosa, cioè antecedente alla lesione, ma
tipicamente nel quadro clinico si ritrova invariabilmente che questi pazienti sono
incostanti e irriverenti, mostrano poca considerazione per gli altri, non tollerano consigli
se questi entrano in conflitto con i loro desideri, ecc. Quelle appena descritte sono
caratteristiche cardinali di quella che è ora conosciuta come la “personalità del lobo
frontale”. Anderson e collaboratori (1999) hanno recentemente osservato che le
“emozioni sociali” non si sviluppano nei bambini con un danno cerebrale a questa parte
dei lobi frontali; inoltre Raine e collaboratori (2000) hanno mostrato che il volume del
lobo frontale è ridotto negli psicopatici.
Alcuni studi hanno messo in evidenza cambiamenti molto marcati nel
comportamento sociale dei soggetti che hanno subito ampie lesioni ventrali o
ventromediali prefrontali, causate da un vicino danno cerebrale, aneurisma, ecc.
(Bechara, Damasio, Damasio et al., 1994; Rolls, Hornak, Wade et al., 1994). Pazienti
con lesioni alla corteccia prefrontale ventromediale compiono scelte che conducono a
perdite finanziarie a lungo termine o anche alla compromissione di amicizie o relazione
familiari (Eslinger & Damasio, 1984).
15
Rolls (1994, 1996) ha scoperto che le più comuni alterazioni comportamentali
riscontrabili nei soggetti con una lesione alla corteccia prefrontale ventrale, sono:
-
comportamento disinibito e socialmente inappropriato;
-
incapacità di interpretare l’umore delle altre persone, da cui deriva una
difficoltà a relazionarsi con gli altri, soprattutto con i familiari e ciò può
originare divorzi e separazioni (Hornak, Rolls & Wade, 1996);
-
impulsività;
-
indifferenza o sottovalutazione della gravità della propria condizione;
-
mancanza di iniziativa.
Inoltre i pazienti che dimostrano di essere disinibiti e socialmente inappropriati,
sono spesso aggressivi, incapaci di controllare il loro comportamento sessuale,
vanagloriosi e con un senso dell’umorismo infantile (Hornak, Bramham, Rolls et al.,
2003).
Il settore ventromediale della corteccia prefrontale è stato descritto come
l’interfaccia tra la motivazione, l’emozione e la cognizione ed è stato estesamente
considerato come influente nella giuda delle decisioni basate sull’utilità attesa
(Kringelbach, 2005; Davidson & Irwin, 1999; Rolls, 1999b; Damasio, 1994; Moretti,
Dragone & di Pellegrino, 2008).
I soggetti con una lesione della corteccia prefrontale bilaterale sono insensibili alle
conseguenze future, positive o negative, e sono principalmente guidati dalla prospettiva
immediata. Risultano quindi incapaci di valutare le conseguenze a lungo termine
(Bechara, Tranel & Damasio, 2000). Questi individui sviluppano una grave
compromissione nella capacità decisionale in ambito personale e sociale, mentre, al
contrario, le abilità intellettuali vengono preservate (Damasio, 1991). In seguito
all’esordio della lesione mostrano difficoltà ad imparare dai loro errori precedenti, come
manifestato dalla ripetuta assunzione di decisioni che conducono a conseguenze
negative. Nel complesso sembrano avere una miopia per il futuro perché non
conservano memoria delle conseguenze delle loro azioni e sono guidati solo dalla
prospettiva immediata (Bechara, Damasio, Damasio et al., 1994). Tale miopia per il
futuro si mantiene anche in seguito all’aumentare della gravità delle conseguenze future
avverse.
16
In contrasto con la compromissione della capacità di prendere decisioni nella vita
reale, molti di questi pazienti mantengono un intelletto normale, con particolare
riferimento alle abilità di memoria e problem solving (Eslinger & Damasio, 1985;
Damasio, Tranel & Damasio, 1990; Damasio, 1994; Bechara, Damasio, Tranel et al.,
1998). La memoria è la capacità di assimilare informazioni alle quali attingere quando
necessario. È una funzione complessa, comprendente diverse componenti sottodistinte
anatomicamente, ognuna con funzione propria. Una prima fondamentale distinzione
concerne le componenti implicate nella ritenzione temporanea in opposizione alla
ritenzione duratura: si tratta, rispettivamente, della memoria a breve termine o memoria
primaria e della memoria a lungo termine o secondaria. La memoria a breve termine
può contenere una quantità limitata di informazioni per un tempo assai breve (alcuni
secondi) dopo di che tali informazioni vanno rapidamente incontro all’oblio. La
memoria a lungo termine invece ha una capacità molto maggiore ed il ricordo può
perdurare per un tempo molto lungo, l’oblio è lento (Papagno, 2003).
Alcuni Autori hanno sostenuto che la corteccia orbifrontale è di importanza critica
per la valutazione delle associazioni degli stimoli con i rinforzi, ovvero quel tipo di
associazioni coinvolte nelle emozioni (Rolls, 2000, 2004; Rule, Shimamura & Knight,
2002). La corteccia orbifrontale è una struttura critica del sistema neurale alla base della
presa di decisione. Tuttavia la corteccia orbifrontale da sola non media la presa di
decisioni. Essa sorge da un sistema a larga scala che include altre componenti corticali e
subcorticali tra cui l’amigdala, la corteccia somatosensoriale ed insulare e il sistema dei
neuroni periferici. Le funzioni della corteccia prefrontale non possono svilupparsi
interamente fino all’età di 21 anni.
Rolls ha ipotizzato che il comportamento sociale inappropriato mostrato dai
pazienti frontali sia correlato ad una disfunzione della capacità di modificare
adeguatamente il comportamento in risposta ad un cambiamento delle condizioni di
rinforzo (1999a).
2.4.3. Gambling Task come indicatore della compromessa capacità di
prendere decisioni
Inizialmente questo compito è stato progettato per esaminare i deficit nella presa di
decisioni propria degli individui con danni alla corteccia orbifrontale. Il test si svolge in
tempo reale e assomiglia a situazioni realistiche. In questo tipo di test si chiede ai
17
soggetti di selezionare una carta alla volta, estraendola da uno dei quattro mazzi
disponibili e denominati A, B, C e D per un totale complessivo (sconosciuto agli stessi
partecipanti), di 100 prove.
La selezione di ogni carta prevede che sia seguita o da una vincita o da una perdita,
espresse in denaro. Per due mazzi (A e B) la scelta di una carta inizialmente è seguita da
una vincita molto elevata ma successivamente conduce a perdite nettamente superiori.
Per altri due mazzi (C e D) la vincita immediata è più piccola, ma lo sono ugualmente le
perdite future. Il sistema delle ricompense così strutturato vede dunque più vantaggiose
le scelte di prelevare dai mazzi C e D e non da A e B che costano in punizioni più di
quanto facciano guadagnare. È un test che richiede il supporto di un personal computer
dotato di casse (dal momento che vincite e perdite sono accompagnate da distinti
segnali acustici) (Vicenzi, Giorgi & Pessa, 2006).
Soggetti che non hanno lesioni alla corteccia ventromediale prefrontale, con il
progredire del gioco, riescono a migliorare le loro performance, di fatto prelevano più
spesso dai mazzi C e D. Negli individui normali, la corteccia prefrontale ventromediale,
contiene circuiti neurali che collegano la configurazione dello stimolo del mazzo
indicato (stimolo neutro) con le rappresentazioni sia dei premi che delle punizioni
(Bechara, Tranel, Damasio et al.,1996).
Invece i pazienti con lesioni ventromediali falliscono nel dimostrare questo
spostamento di comportamento. Nella maggior parte dei casi scelgono più carte dai
mazzi svantaggiosi. I pazienti con lesione ventromediale preferiscono i mazzi con
un’elevata ricompensa immediata a quelli con una ricompensa minore, anche se più
vantaggiosi a lungo termine. Preferiscono anche i mazzi con una bassa perdita
immediata rispetto a quelli con una perdita immediata più alta, anche se questi ultimi
sono più vantaggiosi a lungo termine. Quindi il profilo della loro performance è
comparabile con la loro incapacità nella vita reale di prendere decisioni vantaggiose in
situazioni che richiedono di scegliere tra un premio o una punizione immediata versus
dilatata nel tempo. Questo è vero soprattutto nelle questioni personali e sociali, un
dominio per il quale nella vita, come nel compito, un calcolo esatto delle conseguenze
future non è possibile e le scelte devono spesso essere basate su approssimazioni,
sospetti e supposizioni.
Prima di somministrare il compito vengono date alcune istruzioni e ci si assicura
che vengano comprese. Viene detto ai soggetti che di fronte a loro ci sono 4 mazzi di
18
carte che appaiono identici tra loro. Il compito consiste nel prendere una carta alla volta
dal mazzo che scelgono. Devono poi mostrare la carta all’esaminatore. Quest’ultimo
darà al soggetto dei soldi ogni volta che verrà scelta una carta. Il soggetto scoprirà
quanti soldi ottiene solo durante lo svolgimento del compito e potrà passare liberamente
da un mazzo all’altro come desidera. Lo scopo del gioco è vincere più soldi possibile o
evitare il più possibile di perderne. Non si può sapere in anticipo quando il gioco finirà.
Il colore delle carte è irrilevante e non esiste un modo per scoprire quando si perdono
soldi. Si consiglia di considerare il denaro usato nel gioco come denaro vero. All’inizio
l’esaminatore fa un prestito al soggetto di 2000 dollari e alla fine lo ritirerà constatando
quanto denaro è stato vinto o perso.
Con il Gambling Task è stata testata la compromissione della capacità di prendere
decisioni dei soggetti con lesione bilaterale della corteccia prefrontale ventromediale.
Questi ultimi, così come quelli dipendenti da sostanze, mostrano comportamenti simili:
-
negano o non sono consapevoli di avere un problema;
-
quando si trovano di fronte alla possibilità di continuare il corso di
un’azione che porta a una ricompensa immediata, con il rischio di
incorrere in future conseguenze negative, incluso la perdita della
reputazione, lavoro, casa e famiglia, scelgono la ricompensa immediata
e ignorano le conseguenze future (Bechara, Damasio, Damasio et
al.,1999; Bechara, Damasio, Damasio et al., 1994; Bechara, Tranel &
Damasio, 2000).
Sia i dati neuropsicologici che di neuroimmagine funzionale suggeriscono che il
danno nel prendere decisioni connesso con una disfunzione delle corteccia
ventromediale, potrebbe essere il cuore del problema della dipendenza da sostanze
(Bechara, Dolan, Denburg et al., 2001).
2.4.4. Ipotesi del marker somatico
Il paradigma del Gambling Task è stato usato per testare l’ipotesi del marker
somatico, proposta al fine di fornire una spiegazione neurale del difetto in merito alla
capacità di prendere decisioni nella vita reale di questi pazienti.
Il punto principale di tale ipotesi è che la presa di decisioni è un processo guidato
dalle emozioni (Bechara, Damasio, Damasio et al., 1999). C’è un legame tra le
19
alterazioni nelle emozioni e sentimenti di questi pazienti ed il loro grave danno nel
giudicare e nel prendere decisioni nella vita reale.
Per capire il motivo a causa del quale questi pazienti sono miopi verso il futuro, è
stata indagata una misura psicofisiologica mentre erano impegnati nel Gambling Task
con l’obiettivo di valutare l’attivazione dello stato somatico quando prendevano
decisioni. Sono stati studiati 2 gruppi: i soggetti normali e quelli con lesione
ventromediale. I dati a disposizione erano quindi la loro performance al Gambling Task
e la risposta di conduttanza cutanea (Bechara, Tranel, Damasio et al., 1996). Dai
risultati ottenuti è emerso che sia i soggetti normali che i ventromediali generano
risposte di conduttanza cutanea dopo aver raccolto la carta e quando viene comunicato
loro che vincono o perdono dei soldi. La differenza più importante tuttavia è che i
controllo, diventando esperti con il compito, cominciano a generare le risposte di
conduttanza cutanea prima della selezione di alcune carte, per esempio quando devono
decidere da quale mazzo scegliere. Queste risposte di conduttanza cutanea sono più
pronunciate prima di prendere la carta dai mazzi rischiosi A e B, se comparate con
quelle associate ai mazzi vantaggiosi C e D (Bechara, 2004).
I pazienti ventromediali falliscono interamente nel generare qualsiasi risposta di
conduttanza cutanea prima della scelta della carta (Bechara, Damasio, Tranel et al.,
1997b). Questi risultati forniscono un forte supporto all’ipotesi secondo cui la presa di
decisioni è guidata da segnali emotivi (o stati somatici) che sono generati in anticipo
sugli eventi futuri. Quindi secondo questa ipotesi il soggetto nel porsi di fronte ad una
situazione, sarebbe in grado di scegliere il comportamento appropriato in base alla
sensazione soggettiva di malessere o benessere. Esso agisce come un segnale
anticipatorio d’allarme, che dice “attenzione al pericolo che ti attende se scegli
l’opzione che conduce a tale esito”. Quando un marcatore somatico negativo è
giustapposto ad un particolare esito futuro, la combinazione funziona come un
campanello d’allarme; quando invece interviene un marcatore positivo, esso diviene un
incentivo.
In breve, i marcatori somatici assistono il processo decisionale, selezionando
alcune opzioni (pericolose o promettenti) e facilitando le scelte successive
dell’individuo. I marcatori somatici vengono acquisiti attraverso l’esperienza, sotto il
controllo di un sistema di preferenze interne e l’influenza di un insieme esterno di
circostanze che si estende ad includere convenzioni sociali e norme etiche.
20
L’ipotesi del marcatore somatico fornisce un’evidenza neurobiologica a supporto
del concetto per cui le persone spesso compiono scelte e formulano giudizi sulla base di
sensazioni e valutazioni soggettive (Damasio, 1994; Loewenstein, Weber, Hsee et al.,
2001; Schwartz & Clore, 1983; Tversky & Kahneman, 1981; Zajonic, 1984).
2.4.5. Settori della corteccia prefrontale da cui dipende la performance
al Gambling Task
La corteccia ventromediale, ma non quella dorsolaterale, è il settore della corteccia
che pregiudica la performance al Gambling Task (Bechara, Damasio, Tranel et al.,
1998). Gli studi di neuroimmagine funzionale che usano la PET (Tomografia ad
Emissione di Positroni) indicano che l’area ventromediale è attiva durante la
performance al Gambling Task (Grant, Contoreggi & London, 2000).
Gli studi elettrofisiologici in pazienti con elettrodi impiantati nell’area
ventromediale hanno rivelato un aumento di attività elettrofisiologica in quest’area,
soprattutto nella fase precedente la selezione della carta, per esempio nel momento in
cui il paziente sta decidendo da quale mazzo scegliere (Adolphs, Bechara, Kaufman et
al., 2000).
Nei pazienti con lesione ventromediale bilaterale, o lesioni circoscritte alla regione
ventromediale destra, l’incapacità di mantenere un impiego remunerativo è uno dei
segni cardine del loro danno alla capacità decisionale. I pazienti con lesione circoscritta
soprattutto alla corteccia ventromediale sinistra, tendono a conservare la capacità di
mantenere un lavoro e la loro performance al Gambling Task rientra nel range normale.
Da questi risultati si può capire che il tipo di presa di decisione misurata dal Gambling
Task può dipendere principalmente dalla corteccia ventromediale dell’emisfero destro.
Un ipo-funzionamento della corteccia prefrontale sinistra potrebbe essere associata
con la non sensibilità per le conseguenze positive e probabilmente aumenta la sensibilità
al negativo. Al contrario, l’ipo-funzionamento della corteccia prefrontale destra è
associato con l’insensibilità per le conseguenze negative e aumenta la sensibilità per il
positivo.
La corteccia prefrontale ventromediale è coinvolta in modo significativo
nell’evitamento delle scelte rischiose. La lesione dei settori ventrale e mediale della
corteccia prefrontale, porta ad un comportamento che è guidato da ricompensa
21
immediata o dalle proprietà punitive degli stimoli piuttosto che dalle conseguenze future
(Bechara, Damasio, Tranel et al., 1997a).
Studi recenti hanno evidenziato la loro attivazione sia nell’aspettativa di premi o
perdite monetarie (Bretier, Aharon, Kaneman et al., 2001; O’Doherty, Kringelbach,
Rolls et al., 2001), che nella predizione di errori in condizioni appetitive (O’Doherty,
Dayan, Friston et al., 2003).
I pazienti con danni alla corteccia prefrontale ventrale e mediale falliscono
nell’imparare dai riscontri monetari negativi del Gambling Task (Bechara, Damasio,
Tranel et al., 1998), così come falliscono nella vita reale nell’adattare il loro
comportamento, a partire da un erroneo collegamento tra le aspettative e la scelta
ottenuta (Oya, Adolphs, Kawasaki et al., 2005).
Lesioni al settore ventromediale della corteccia prefrontale determinano dei
peggioramenti del processo di presa di decisione che compromettono seriamente la
qualità delle decisioni nella vita quotidiana. Questi pazienti prima del danno avevano
intelligenza e creatività normali. Dopo il danno sviluppano difficoltà nel pianificare il
loro lavoro quotidiano ed il futuro, difficoltà nel scegliere gli amici, partner ed attività
(Bechara, Damasio & Damasio, 2000; Bechara, Tranel & Damasio, 2002).
22
CAPITOLO 3: LA RICERCA
3.1. INTRODUZIONE ALLA RICERCA:
OBIETTIVI ED IPOTESI
L’obiettivo della ricerca qui presentata consiste nell’indagare alcune caratteristiche
comportamentali e di personalità, già evidenziate da studi e osservazioni precedenti, in
pazienti sottoposti all’asportazione chirurgica di gliomi frontali a lento accrescimento.
Tra i segni di compromissione frontale che possono manifestarsi in questi pazienti, vi
sono tipicamente la riduzione della capacità decisionale, l’incapacità di interpretare lo
stato d’animo altrui, l’impulsività, l’indifferenza o la sottovalutazione della gravità della
propria condizione, il comportamento disinibito e socialmente inappropriato, le
difficoltà mnemoniche, le variazioni della personalità e dell’umore, l’inerzia,
l’affaticamento, il desiderio di dormire, la perdita di interesse per le attività quotidiane,
l’abulia e l’assenza di spontaneità. Parte della sintomatologia tende a regredire nei primi
giorni dopo l’intervento mentre altri disturbi possono permanere per un periodo più
prolungato e con gravità variabile a seconda del paziente e del grado di invasività della
lesione.
L’obiettivo che si intende perseguire è valutare l’utilità dell’analisi grafologica
come efficace risorsa diagnostica in questo ambito clinico, mettendo in evidenza i
cambiamenti intercorsi nei pazienti in seguito all’intervento e, quindi, le differenze più
salienti tra le fasi immediatamente precedente (baseline) e successiva (post-chirurgica
precoce) all’operazione. Trattandosi di tumori a lento accrescimento che producono una
sintomatologia limitata, è inoltre possibile cogliere alcuni segni specifici caratterizzanti
23
la scrittura dei pazienti nella fase di baseline, rispetto ad una fase verosimilmente
precedente alla patologia (baseline remota).
Sarà impiegata questa metodica per valutare la condizione psicologica dei pazienti
che devono affrontare interventi neurochirurgici e per cogliere eventuali cambiamenti,
conseguenti all’intervento.
L’indagine grafologica potrebbe essere utile per evidenziare sintomi sfumati, o
anche subclinici, presenti altresì prima dell’intervento in seguito all’espansione subdola
della massa tumorale. Ciò potrebbe permettere, per esempio, di valutare la capacità del
paziente di decidere autonomamente se sottoporsi all’intervento chirurgico e di valutare
le possibili conseguenze dell’intervento, preparandosi ad esse nella maniera migliore.
Inoltre la diagnosi psicografologica potrebbe permettere di avere un quadro più
completo dei disturbi eventualmente insorti in seguito all’intervento, in modo da attuare
opportune strategie terapeutiche.
La rilevazione di caratteristiche psicologiche comuni a questo tipo di pazienti
potrebbe essere utile per mettere in atto strategie preventive rivolte a pazienti che si
troveranno, in futuro, nella stessa situazione.
24
3.2. MATERIALE
L’indagine è stata condotta presso il reparto di Neurochirurgia dell’ospedale
Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena di Milano, su quattro pazienti, tutti
uomini, di età media di anni 43 (range 29-69), affetti da gliomi frontali a lento
accrescimento.
Tutti i soggetti partecipanti hanno fornito il loro consenso informato per la
partecipazione alla ricerca ed è stato raccolto un campione di scritture composto, per
ciascun paziente, da uno scritto prodotto nei giorni immediatamente precedenti
l’operazione, uno in quelli subito successivi ed uno risalente ad alcuni anni prima (o ad
un periodo di tempo nel quale si stima che la patologia potesse essere assente).
La valutazione delle scritture vergate in momenti antecedenti la diagnosi clinica
può essere interessante per verificare se certi segni grafologici erano già presenti, a
quale livello di frequenza e se potevano essere già considerati significativi come marker
di una patologia sottostante. È stata, quindi, condotta l’analisi relativa alle differenze più
salienti attinenti la dinamica della neuropsicomotricità grafica.
Sarà inoltre mio interesse, nell’ottica di uno studio longitudinale, che andrà oltre il
lavoro descritto in questa tesi, raccogliere ed analizzare le scritture dei soggetti anche a
distanza di un anno dall’intervento (follow-up) con l’obiettivo di studiare analogie e
discrepanze tra gli scritti e, a partire da esse, indagare i miglioramenti del quadro
psicologico occorsi nel paziente.
È necessario che la scrittura sia spontanea per essere esaminabile. Spontanea
significa che il soggetto scriva senza posa, ma naturalmente, come se la scrittura
dovesse leggerla solo il soggetto. La scrittura si forma con la personalità ed è indice
grafologico quando la mano ha la facoltà di correre sulla carta. Si matura ed invecchia
col maturarsi e invecchiarsi dell’uomo senza mai perdere la propria fisionomia, come
non la perde l’uomo col maturarsi ed invecchiarsi. Anche la scrittura segue le fasi della
25
vita: la stessa parabola in cui ad una fase evolutiva segue la maturità e successivamente
la fase involutiva caratterizzata dalla terza età (Tarantino, 2005).
Perché sia vera, l’analisi grafologica deve arrivare a cogliere le sfumature più
delicate della personalità (Palaferri, 1999). Per tratti di personalità si intendono le
modalità particolari, più significative, del comportamento che sono relativamente
durature e si manifestano in numerose e svariate situazioni. Riflettono, nella loro
semplicità, le orme individuali dell’aggiustamento ed i relativi difetti. Ogni tratto della
personalità ha il suo opposto in cui trapassa per gradi (Dalla Volta, 1974).
Per ben condurre a termine un esame grafologico, è necessario che la scrittura sia
corrente, cioè non distesa in un modo studiato come quando si fa la scrittura
calligrafica. Bisogna che la scrittura sia come quella, ad esempio, che si distende in una
lettera da mandarsi ad un amico o ad una persona familiare. Lo scrittore deve essere in
una posizione comoda, cioè la mano deve poter avere l’agio di correre senza difficoltà
sulla carta in un modo tutto naturale. Se il tavolo dove si scrive è basso, colui che
scrive, per scrivere in modo naturale, dovrà mettersi a sedere. Non importa se lo scritto
esaminando sia copiato oppure spontaneo, perché la grafologia non esamina se non la
forma grafica della scrittura che si propone alla sua osservazione. Sarebbe bene, però,
che colui che scrive non abbia l’impressione di essere esaminato (Moretti, 1985).
Per rendersi conto dell’organizzazione del cervello che l’ha prodotta, la scrittura
non dev’essere troppo breve, di poche parole o di occasione come un bigliettino di
auguri o di partecipazione. La grafia potrebbe, infatti, risentire negativamente sia dello
spazio ridotto sia della preoccupazione di effetto. Altrettanto si dica della cartolina
illustrata che, oltretutto, viene spesso scritta in piedi.
È anche utile disporre di più documenti di uno stesso soggetto, possibilmente
eseguiti in tempi diversi, onde rendersi conto della stabilità emotiva, della continuità del
comportamento o anche del processo evolutivo o involutivo. Sarebbe importante
conoscere se il soggetto nell’atto di scrivere, attraversava un particolare stato emotivo di
stanchezza, di sofferenza o di malattia.
Anche il mezzo con cui o su cui il soggetto ha scritto, ha la sua importanza ai fini
dell’analisi. Una cattiva penna tende ad irritare la sensibilità nervosa ed estetica (se
esistente) di uno scrivente. Una penna a punta grossa pone a disagio un soggetto dotato
di fine sensibilità, come una troppo fine innervosisce chi ha poca agilità. La carta ben
liscia può rendere più scorrevole un grafismo abitualmente difficoltoso, come può
26
innervosire uno scrivente che ha bisogno di esprimere forza e contrasto. Ha anche
importanza la posizione in cui il soggetto ha scritto, potendo o meno consentire una
condizione di rilasciamento favorevole alla sana interazione delle coppie muscolari
coinvolte nell’attività scrittoria. Un piano ampio e comodo è assai più favorevole di uno
piccolo o non adeguato alla statura del soggetto (Palaferri, 1999).
3.3. METODO
Questa indagine verrà effettuata sulla base dell’analisi della scrittura e in
particolare di quelle caratteristiche (segni) del tracciato grafico che sono più
direttamente connesse ai sintomi comportamentali riscontrabili in questi pazienti.
L’analisi della scrittura è una metodica largamente utilizzata in campo diagnostico
psicologico, in ambito sanitario, medico-legale ed evolutivo (Lazzaroni Redaelli, 2000;
Pizzi, 2007; Tarantino, 2005). Infatti la grafologia è lo studio della scrittura intesa come
sintesi della complessa attività neuro-fisio-psicologica di ogni individuo, per cui
l’espressione grafica risulta essere la fedele ed esatta registrazione della dinamica del
cervello umano (Bevilacqua, 1994). Può essere definita anche come scienza
sperimentale che dal solo gesto grafico di uno scritto umano, rileva le tendenze sortite
da natura o innate (Moretti, 1985).
La scrittura è la combinazione del linguaggio interno con quello comunicato, e fa
un tutt’uno del comportamento neuro-fisio-psicologico interiore con quello scrittorio
manifesto: l’impronta morfologica neuro-psicosomatica e quella grafologica sono
inscindibili (Palaferri, 1993).
L’analisi grafologica vera e propria, deve essere preceduta da un momento di
incontro e di attesa, durante il quale il grafologo si pone in una condizione di
“contemplazione” dell’intero grafismo con totale distacco, astenendosi da ogni
valutazione (Palaferri, 1999).
Il gesto grafico, per chi sa vederlo, è, per così dire, l’anello di congiunzione tra il
visibile e l’invisibile, richiama all’attualità relazioni con una realtà lontana, ma
significativa e in esso sono incise le nostre storie, piccole e grandi, con i connotati dello
stress, delle relazioni familiari gratificanti oppure corrosive, delle riserve mentali o delle
aperture. Tantissimi sono infatti i giochi possibili che la mano conduce: la scrittura
solca la pagina con leggerezza oppure con pesantezza, gli spazi interletterali si
27
restringono oppure si allargano, i tratti scendono perpendicolarmente o trasversalmente.
Amore, gioia, tristezza, paura, rancore sono stati d’animo, ma sono soprattutto
condizioni corporee; il segno che li riconosce e li definisce in Psicologia della Scrittura
ne è il disegno analogico. Perciò tutto ciò che è pertinenza del corpo ha un suo
linguaggio, una sua esistenza che non può essere celata (Gattulli, 2003).
Molti studiosi hanno affrontato l’interpretazione del tracciato grafico sotto il
profilo neuro-fisio-psicologico. Una cosa è certa: nonostante le lacune che ancora
presenta la conoscenza del cervello, qualcosa tuttavia si può dire in fatto
d’interpretazione neuropsicologica del grafismo, e così risalire alle strutture e ai
comportamenti cerebrali di chi l’ha prodotto (Bornoroni, 1993).
Nel campo medico, in particolare, l’indagine grafologica potrà forse acquisire
legittimamente i requisiti di una “chiave interpretativa” per quelle malattie classificate
“psicosomatiche” che si manifestano quando s’instaurano nella persona alterazioni
psicoaffettive gravi e recidive (Bevilacqua, 1994).
La grafologia non consiste nell’applicare una o più regole grafologiche, ma nel
mettere insieme molti criteri grafologici, per sommarli, moltiplicarli, dividerli,
eliminarli, secondo il complesso intellettuale, morale e somatico che l’esaminando ci
presenta con la sua scrittura (Moretti, 1985).
Un segno potrà significare tendenze disparate solo tirato e congiunto con altri
segni, o meglio, il segno può essere affievolito, assorbito o accentuato dalla
congiunzione con altri segni. Per Moretti il “singolo segno” è una “sintesi psicologica e
dinamica” della personalità totale. Il segno ha una sola propria natura, ma questa cambia
come esso entra in combinazione con altri segni favorevoli o contrari (Palaferri, 1999).
La grafologia studia il rapporto tra gli elementi visibili, i segni della scrittura, e gli
elementi invisibili, le caratteristiche psicologiche inconsce che sottendono al
tracciamento dei segni. Per segno grafico si intende ogni caratteristica della scrittura,
come ad esempio la dimensione delle lettere, il grado di pressione, il grado di originalità
(che si riflette nell’adeguamento o nella devianza rispetto al modello calligrafico),
l’accuratezza, il disordine, la rapidità, la lentezza, la fluidità o la stentatezza del gesto, la
decisione o il tentennamento del tracciato, la curvità o la acutezza la forma dei tagli
delle t o dei punti sulle i, ecc.
Il materiale ottenuto è stato esaminato a occhio nudo, con strumenti ottici (lente di
ingrandimento) e con strumenti elettronici (scanner). È fondamentale osservare le
28
scritture ingrandite con scanner ottico oppure con l’ausilio di un’ottima lente di
ingrandimento, per poter rilevare quelle fenomenologie grafiche che diversamente non
si potrebbero cogliere.
L’analisi di una scrittura consiste sostanzialmente nel rilievo dei singoli segni in
essa presenti e della loro intensità. La scrittura di ognuno di noi esprime pensieri,
tendenze, sentimenti e desideri; rappresenta simbolicamente noi stessi come proiezione
di un modo di esistere, di essere, di funzionare e di reagire.
29
3.4. ANALISI DEI DATI
3.4.1. C. P.: primo soggetto partecipante
SESSO: M
ETA’: anni 40
SCOLARITA’: anni 13
PROFESSIONE: impiegato
CONDIZIONE CLINICA: astrocitoma 2° grado. Lesione: insulo-temporo-frontoparietale destra.
DATA OPERAZIONE: 27.05.2009
DATA SCRITTURA REMOTA: 2004/2005
DATA SCRITTURA PRE-INTERVENTO: 23.05.2009
DATA SCRITTURA POST-INTERVENTO PRECOCE: 03.06.2009
30
3.4.1.1. Scritture prodotte1
Figura 3.2: BASELINE REMOTA 2004/2005.
1
Per ovvie ragioni di impaginazione grafica i campioni qui riportati sono ridotti del 20%.
31
Figura 3.3: BASELINE PRE-INTERVENTO 23.05.2009.
32
Figure 3.4: POST-INTERVENTO PRECOCE 03.06.2009.
33
3.4.1.2. Analisi comparativa
L’analisi dei tre scritti raccolti si è basata sulle valutazioni dell’intensità e della
frequenza delle singole fenomenologie grafiche di seguito riportate (vedi tab. 3.2).
LEGENDA:
0
Segno assente
+
Segno presente in media intensità e frequenza
++
Segno presente in alta intensità e frequenza
ANDAMENTO CRONOLOGICO:
↑
Aumento per intensità e frequenza del segno e quindi del sintomo frontale
corrispondente. Aggravamento del quadro psicofisiologico
↓
Diminuzione per intensità e frequenza del segno e quindi del sintomo frontale
corrispondente. Miglioramento del quadro psicofisiologico
=
Segno rimasto invariato per intensità e frequenza, così come il sintomo frontale
corrispondente ed il quadro psicofisiologico
34
SINTOMI DI
COMPROMISSIONE
FRONTALE
1) SCARSA
ENERGIA,
AFFATICAMENTO
, PERDITA DI
INTERESSE PER
LE ATTIVITA’
QUOTIDIANE,
ABULIA
CORRISPONDENTI
SEGNI O
FENOMENOLOGIE
GRAFICHE
BASELINE
REMOTA
(2004/2005
)
BASELINE
PREINTERVENTO
(23.05.2009)
POSTINTERVENTO
PRECOCE
(3.06.2009)
1a. ATONICA
++
++
1b. ALLENTATA
++
ANDAMENTO
CRONOLOGICO
BASELINE
REMOTA/
PREINTERVENO
PRE/
POSTINTERVENTO
+
=
↓
++
0
=
↓
+
++
+
↑
↓
2a. ATONICA
++
++
+
=
↓
2b. GRANDE
++
++
++
=
=
+
+
0
=
↓
++
++
+
=
↓
+
+
0
=
↓
1c. GLADIOLATA
1d.
DISCENDENTE
1e. ACCORCIATA
INFERIORMENTE
1f. ACCORCIATA
SUPERIORMENTE
1g. OMITTENTE
CONFUSA
2c. STRETTA DI
LETTERA
2) COMPROMISSIONE
2d. RICCIUTA
DELL’ATTENZION
E SOSTENUTA
2e. PARALLELA
2f. RITORNANTE
2g.
ANTIESTETICA
3a. PIATTA
3) DIFFICOLTA’
MNEMONICHE
3b. ATONICA
3c. ARRUFFATA
3d. OMITTENTE
CONFUSA
35
4a. ATONICA
++
++
+
=
↓
4c. STRETTA TRA
PAROLE
+
++
+
↑
↓
4d. PARALLELA
+
+
0
=
↓
+
+
+
=
=
+
++
+
↑
↓
++
++
++
=
=
++
++
0
=
↓
+
++
+
↑
↓
4b.
DISORDINATA
4) COMPROMISSIONE DELLA
CAPACITA’
DECISIONALE
4e. SLEGATA
4f. OMITTENTE
CONFUSA
5a. STRETTA DI
LETTERA
5b. STRETTA TRA
PAROLE
5c. RICCIUTA
5) INDIFFERENZA
O
5d. OSCURA
SOTTOVALUTAZIONE DELLA
5e. OCCHIONI
GRAVITA’ DELLA
PROPRIA
5f. RICCI DELLA
CONDIZIONE
FISSAZIONE - R,
S, V, Z
5g. OCCHIELLI
INTRA-FERENTI
E/O
ATTRAVERSATI
6) MIOPIA PER IL
FUTURO,
INSENSIBILITA’
PER LE
CONSEGUENZE
FUTURE
6a. STRETTA TRA
PAROLE
36
7a.
INTERLETTERA
STRETTA
7b. STRETTA TRA
PAROLE
7) COMPROMISSIONE DELLA
CAPACITA’ DI
IMPARARE DAI
PROPRI ERRORI
+
++
+
↑
↓
++
++
++
=
=
8c. SOLO
PENDENTE
+
+
+
=
=
8d. STRETTA TRA
PAROLE
+
++
+
↑
↓
8e.
DISCENDENTE
+
++
+
↑
↓
+
++
0
↑
↓
9b. OCCHIELLI
CHIUSI
++
+
0
↓
↓
9c. NON
OSCILLANTE O
PARALLELA
+
+
0
=
↓
7c. PIATTA
7d. RITORNANTE
7e. RICCI DELLA
FISSAZIONE - R,
S, V, Z
8a. FLUTTUANTE
8b.
DISORDINATA
8) VARIAZIONI
DELL’UMORE
8f. ASCENDENTE
9) INCAPACITA’
DI LEGGERE ED
INTERPRETARE
LE EMOZIONI
PROPRIE E
ALTRUI
9a. FILETTI
GROSSI
37
10a. STRETTA
TRA PAROLE
+
++
+
↑
↓
+
+
+
=
=
+
++
++
↑
=
+
+
++
=
↑
11c. SOLO
PENDENTE
+
+
+
=
=
11d. STRETTA
TRA PAROLE
+
++
+
↑
↓
10b.
ANTIESTETICA
10c. SOLO
PENDENTE
10d. RAPIDA
10e. PRESSIONE
10) IMPULSIVITA’ ARBITRARIA
10f. STRETTA DI
LETTERA
10g. TAGLI T
LUNGHI E/O
AVANZATI
10h. RICCI DELLA
BRUTALITA’
10i. LINEE
ORIZZONTALI
GROSSE
11a. OSCURA
11) COMPORTAMENTO
DISINIBITO E
SOCIALMENTE
INAPPROPRIATO
11b.
ANTIMODELLO
38
12a. GRANDE
++
++
++
=
=
12d. FLUIDA
+
+
+
=
=
12e. SCATTANTE
+
+
+
=
=
+
+
0
=
↓
12b.
ASCENDENTE
12c. ASTE
MOLTO GROSSE
12)
AGGRESSIVITA’
12f. TESA/ACUTA
12g.
RICCI DEL
SOGGETTIVISMO
12h. RICCI DELLA
BRUTALITA’
12i. OMITTENTE
DINAMICA
12l. ARRUFFATA
12m.
CONTRASTATA
39
13) MALESSERE
FISIOLOGICO
13a. OCCHIELLI
INTRA-FERENTI
E/O
ATTRAVERSATI
(vedi fig. 3.5, 3.6,
3.7, 3.8)
++
++
0
=
↓
13b. TRACCIATO
INTERROTTO E
RIPRESO FUORI
ASSE –
PARAPRASSIE
(vedi fig. 3.9,
3.10, 3.11, 3.12)
++
++
+
=
↓
++
++
+
=
↓
13d. TRACCIATO
DISPNOICO
(vedi fig. 3.13,
3.14, 3.15)
+
++
++
↑
=
13e. OCCHIELLO
ATONICO
(vedi fig. 3.16,
3.17, 3.18)
++
++
+
=
↓
13c. ATONICA
Tabella 3.2: Tabella di analisi e confronto tra gli scritti del primo soggetto coinvolto
nella ricerca.
Figura 3.5: esempi di Occhielli intra-ferenti.
40
Figura 3.6: esempi di Occhielli intra-ferenti.
Figura 3.7: esempi di Occhielli attraversati.
41
Figura 3.8: esempi di Occhielli intra-ferenti e attraversati.
Figura 3.9:esempio di Tracciato interrotto e ripreso fuori asse.
Figura 3.10: esempio di Tracciato interrotto e ripreso fuori asse.
Figura 3.11: esempio di Tracciato interrotto e ripreso fuori asse.
42
Figura 3.12: esempio di Tracciato interrotto e ripreso fuori asse.
Figura 3.13: esempio di Tracciato dispnoico.
43
Figura 3.14: esempi di Tracciato dispnoico.
Figura 3.15: esempi di Tracciato dispnoico.
44
Figura 3.16: esempio di Occhiello atonico.
Figura 3.17: esempio di Occhiello atonico.
45
Figura 3.18: esempio di Occhiello atonico.
3.4.1.3. Profilo psicografologico
Baseline remota 2004/2005 (vedi fig. 3.2)
Scarsa energia, affaticamento, perdita di interesse per le attività quotidiane, abulia
Il tracciato grafico complessivo è decisamente atonico, sconfina spesso al di sotto
del rigo e presenta allentamenti visibili nei raccordi tra lettere, come indicato dai segni
Atonica, Discendente e Allentata (vedi tab. 3.2). L’interazione di queste fenomenologie
grafiche è il riflesso di un sistema neuromuscolare non pienamente efficace e di deficit
del quid energetico, sentimenti di inadeguatezza, scarsa attesa per le proprie prestazioni,
atteggiamenti rinunciatari e di allontanamento da compiti particolarmente impegnativi.
Compromissione dell’attenzione sostenuta
46
La poca energia fisica e la contenuta capacità di concentrazione affievoliscono la
tensione attentiva in modo continuativo nel tempo, come segnalato dai segni Atonica,
Grande e Parallela (vedi tab. 3.2).
Difficoltà mnemoniche
La ridotta capacità di concentrazione attenua l’efficacia di una memoria già poco
selettiva, per cui non sempre recupera i dati idonei al contesto, come evidenziato dai
segni Atonica e Arruffata (vedi tab. 3.2).
Compromissione della capacità decisionale
La capacità decisionale è interferita dalla difficoltà di far convergere con attenzione
costante l’attività mentale su un pensiero, con relativa riduzione della capacità di
riflettere e formulare giudizi critici, osservazione unidirezionale della realtà e difficoltà
nella costruzione di nessi logici necessari ad esaminare le situazioni nella loro globalità
e ad elaborare una visione sintetica, come espresso dai segni Atonica, Stretta tra parole,
Parallela e Slegata (vedi tab. 3.2).
Indifferenza o sottovalutazione della gravità della propria condizione
L’inadeguato rapporto con la realtà limita la già carente istanza di salute, ossia la
capacità di prendere cognizione del proprio disagio, come mostrato dai segni Stretta tra
parole, Ricci della fissazione, r, s, v, z e Occhielli intra-ferenti e/o attraversati (vedi tab.
3.2).
Miopia per il futuro, insensibilità per le conseguenze future
Per scarso auto dominio centro associativo non sempre inquadra la situazione nella
giusta prospettiva, riducendo così la visione di insieme, come rivelato dal segno Stretta
tra parole (vedi tab. 3.2).
Compromissione della capacità di imparare dai propri errori
In questa configurazione sono presenti indicatori di duttilità comportamentale,
come comprensibile dai segni Larga di lettere, Aste curve, discreto Interlettera e Curva
(vedi Appendice 1), che attenuano la compromissione della capacità di imparare per
prove ed errori. È tuttavia necessario rilevare la presenza di una certa tendenza al
47
monoideismo, come messo in luce dai segni Ricci della fissazione, r, s, v, z e Stretta tra
parole (vedi tab. 3.2).
Variazioni dell’umore
Alternanza di stati d’animo, con successione incoerente, data dalla facile
interazione, in contraddizione con fasi di rientro, come indicato dai segni solo Pendente,
Stretta tra parole e Discendente (vedi tab. 3.2).
Incapacità di leggere ed interpretare le emozioni proprie e altrui
La carenza di capacità di cogliere ed elaborare il vissuto emotivo è data da irrisolte
tensioni interiori, che hanno orientato il soggetto ad una chiusura nel tentativo di
risolverle in modo autonomo, confinando però contemporaneamente la possibilità di
sviluppare una piena comprensione dell’altro da sé per prove ed errori, nonostante la
compresenza di un tratto estroversivo, che aumenta il repertorio delle contraddizioni
non ancora risolte, come espresso dai segni Filetti grossi, Occhielli chiusi, Parallela e
Pendente (vedi tab. 3.2).
Impulsività
In questo quadro i tratti impulsivi sono dati dalla contenuta capacità di valutazione
delle conseguenze degli atti personali a cui si accompagna un’interazione immediata
con l’altro da sé, la tendenza a parlare prima di pensare a quanto si sta esponendo
unitamente all’inclinazione ad imporre la propria visione delle cose, come dai segni
Stretta tra parole, solo Pendente, Tagli t lunghi e/o avanzati e alcune Linee orizzontali
grosse (vedi tab. 3.2).
Comportamento disinibito e socialmente inappropriato
La trasmissione rapida delle sensazioni dalla periferia al centro comporta una
ricezione immediata ed una scarsa elaborazione degli stimoli ambientali, con
corrispondente immediatezza di risposta, come dai segni solo Pendente e Stretta tra
parole (vedi tab. 3.2).
Aggressività
48
In questa configurazione, pur essendo presenti indici di autoaffermazione, come
mostrato dai segni Grande, Fluida, Scattante e Arruffata (vedi tab. 3.2), l’aggressività
non è endemica ma può insorgere di fronte ad ipersollecitazioni esterne, per cui è più
imputabile all’impulsività ed alla scarsa capacità di esercitare controllo sulle proprie
azioni, come rivelato dai segni Stretta tra parole, solo Pendente, Tagli t lunghi e/o
avanzati e Linee orizzontali grosse (vedi tab. 3.2).
Malessere fisiologico
La poca disponibilità di risorse energetiche crea una situazione di disagio pervasivo
e di ansia che il soggetto tende a riversare su se stesso e lo rende facile preda di stress,
situazione amplificata dalla forte ed anomala discontinuità del filo grafico, come
evidenziato dai segni Atonica, Occhielli intra-ferenti e/o attraversati, Tracciato
interrotto e ripreso fuori asse e Tracciato dispnoico (vedi tab. 3.2). Questa situazione ha
dirette ricadute sulle capacità di resilienza e produce sentimenti di inadeguatezza, a cui
si affianca il rischio di esposizione a sindromi depressive, come reso noto dai segni
Atonica, Discendente, Allentata e Occhiello atonico (vedi tab. 3.2).
Baseline pre-intervento 23.05.2009 (vedi fig. 3.3)
Dall’analisi comparativa tra la scrittura baseline remota 2004/2005 (vedi fig. 3.2) e
quella baseline pre-intervento 23.05.2009 (vedi fig. 3.3) emerge che il paziente,
nell’arco di 4-5 anni, ha mostrato una diminuzione dell’energia, dell’interesse per le
attività quotidiane, un aumento della tendenza ad affaticarsi facilmente e dell’abulia,
come indicato dal segno Discendente, che è maggiormente presente nella scrittura preintervento (vedi tab. 3.2).
La compromissione della capacità decisionale e di imparare dai propri errori, così
come il livello di sottovalutazione o indifferenza per la gravità della propria condizione,
49
l’insensibilità per le conseguenze future ed il comportamento disinibito, si sono
aggravati, come evidenziato dal segno Stretta tra parole, presente in intensità e
frequenza maggiori nella scrittura pre-intervento (vedi tab. 3.2).
Anche altri sintomi, in particolare l’impulsività e la variazione dell’umore, si sono
intensificati, come segnalato dalle fenomenologie grafiche Stretta tra parole, Tagli t
lunghi e/o avanzati e Discendente, maggiormente presenti nella scrittura pre-intervento
(vedi tab. 3.2).
Nel tempo il soggetto ha sperimentato un indurimento emotivo ed un
peggioramento dell’incapacità di leggere ed interpretare le emozioni proprie e altrui,
come rivelato dal segno Filetti grossi, aumentato nella scrittura pre-intervento (vedi tab.
3.2), ma anche un compresente bisogno di apertura emotiva, come espresso dal segno
Occhielli chiusi, che è diminuito nella scrittura pre-intervento (vedi tab. 3.2).
Infine è importante puntualizzare che anche il malessere fisiologico ha conosciuto
un incremento, come messo in luce dal segno Tracciato dispnoico, aumentato per
intensità e frequenza nella scrittura pre-intervento (vedi tab. 3.2).
Post-intervento precoce 03.06.2009 (vedi fig. 3.4)
Dallo studio comparativo tra la scrittura pre-intervento 23.05.2009 (vedi fig. 3.3) e
la scrittura post-intervento precoce 03.06.2009 (vedi fig. 3.4), vergate a distanza di 10
giorni, è scaturita una sensibile diminuzione delle manifestazioni di cedimento: il gesto
grafico è ora complessivamente più consistente, ha riacquisito integrità, è più aperto,
espansivo, morbido e meno controllato; l’accuratezza, e con essa la tensione, diminuisce
a favore di una maggiore spontaneità ed elasticità.
C’è un accenno di aumento di spazio tra parole (vedi tab. 3.2 ed in particolare lo
spazio tra qui - non quinto rigo; e tra poi - ho, settimo rigo della fig. 3.4), cui
50
corrisponde una relativa diminuzione dell’impulsività. Questa si è però trasferita sul
piano di una incrementata verbosità, come indicato dai segni Linee orizzontali grosse e
Tagli t lunghi e premuti, presenti in elevata intensità e frequenza nella scrittura postintervento precoce (vedi tab. 3.2).
Diversi sintomi sono andati incontro ad un miglioramento: è diminuita
l’insensibilità per le conseguenze future, la compromissione della capacità di imparare
dai propri errori ed il comportamento disinibito, come evidenziato dal segno Stretta tra
parole, presente in misura minore nella scrittura post-intervento precoce (vedi tab. 3.2).
Si è assistito inoltre ad un’attenuazione delle difficoltà mnemoniche, della
compromissione dell’attenzione sostenuta e della capacità decisionale, come indicato
dai segni Atonica, Parallela, Arruffata e Stretta tra parole, che sono stati riscontrati in
minor grado nella scrittura post-intervento precoce (vedi tab. 3.2).
Le manifestazioni di malessere fisiologico si sono ridotte a favore del benessere del
soggetto, come rivelato dai segni Occhielli intra-ferenti e/o attraversati, Tracciato
interrotto e ripreso fuori asse, Atonica e Occhiello atonico, la cui presenza è diminuita
nella scrittura post-intervento precoce (vedi tab. 3.2).
Si osserva un cambiamento inusuale, soprattutto in termini di una così breve
vicinanza temporale: i filetti sono più sottili, gli occhielli più scoperti, la disposizione
assiale è leggermente più oscillante (vedi tab. 3.2). Ad essi corrisponde nell’ordine un
incremento dell’attenzione emotiva, dell’apertura all’altro e della comprensione
psicologica. Si liberano quindi le vie dell’emotività, come se fosse stato rimosso un
blocco, e questo cambiamento è generalmente possibile grazie ad un trattamento
psicoterapico, con tempi ovviamente più lunghi.
Sarebbe importante considerare, con la necessaria attenzione, il mutamento
evolutivo in atto nel soggetto e valorizzare questa sua predisposizione, così come la
maturata consapevolezza in merito alla propria condizione clinica ed il ridotto
affaticamento, come testimoniato dai segni Atonica, Allentata, Discendente, Stretta tra
parole e Occhielli intra-ferenti e/o attraversati, che hanno mostrato un decremento nella
scrittura post-intervento precoce (vedi tab. 3.2).
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