La Polonia è uno dei primi Paesi della Ue per popolazione e

Mondo | Uno sguardo a Est
La Polonia è uno dei primi Paesi della Ue per popolazione e dimensione del Pil
La lunga
corsa
dell’economia
polacca
Dalle ceneri del regime comunista è nata
una realtà molto dinamica. Con due punti fermi:
formazione della manodopera e salari bassi,
entrambi appetibili per le multinazionali
interessate a investire. Questo ha consentito
a Varsavia non solo di reggere alla crisi mondiale
ma di crescere a livelli paragonabili solo ai Paesi
emergenti. Ma il gigante russo alle porte
rinfocola i nazionalismi
di Ugo Bertone
anche, multinazionali Usa e dall’Asia. E
società di servizi di ogni tipo. Non passa
giorno, in pratica, in cui non si presenti
qualche azienda che non si informi sui vantaggi
di aprire bottega a Danzica, il porto del mar Baltico, finora nota più che altro per i vecchi cantieri navali dove si scatenò la rivoluzione di Solidarnosc. Acqua passata. Oggi si celebrano l’arrivo di Toshiba, dell’americana State Street o di
Deutsche Bank. In tutto cinquemila posti di lavoro a regime, entro il 2016, destinati per lo più
a diplomati e ai laureati della locale università,
circondata da uffici e laboratori di start-up. Benvenuti nella capitale dell’outsourcing, che ormai
rappresenta il 30 per cento dell’attività economica della città baltica. Un migliaio di dipendenti
di Thomson Reuters raccolgono e distribuiscono
da qui le informazioni finanziarie che arrivano
sui terminali delle sale operative dell’economia
globale. Pochi chilometri più in là sorge la cen-
B
In alto, Andrzej Duda,
eletto a maggio 2015
presidente della Polonia.
A sinistra, alcuni simboli
del Paese: Danzica
e i suoi cantieri, dove è nata
la lotta di Solidarnosc,
e il palazzo icona
del defunto potere sovietico
al centro di Varsavia
SETTEMBRE/OTTOBRE 2015 - OUTLOOK
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La Polonia è l’unica economia in Europa a non avere mai avuto
in questi anni il segno meno. Ha una crescita del 20,1 per cento contro
lo 0,9 patito dalla Ue a 28 membri. I successi economici hanno reso
possibile l’avanzata della diplomazia polacca, culminata nella nomina
dell’ex premier Donald Tusk (sotto) a presidente del Consiglio europeo
trale It che gestisce il traffico aereo di Lufthansa. Anche un’altra multinazionale tedesca, la Bayer, ha scelto Gdansk (la vecchia Danzig dell’impero guglielmino)
come sede per l’amministrazione delle sue attività industriali. E presto seguiranno il loro esempio la ThyssenKrupp, la danese Atla, l’americana Staples e l’inglese PwC. Non manca neppure una multinazionale
indiana, la Wipro: anche, Bangalore, la Silicon Valley
asiatica del software, ha scelto Gdansk, che fu la scintilla dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e l’inizio della fine dell’impero sovietico. Negli ultimi tempi il tasso di crescita dell’occupazione è stato del 15 per
16 OUTLOOK - SETTEMBRE/OTTOBRE 2015
cento. «E credo che potremo procedere a questo ritmo
anche in futuro», ha scritto Marcin Piatkowski, presidente dell’agenzia di sviluppo della Pomerania, «almeno finché sapremo garantire l’offerta di personale qualificato». A basso costo, of course. «Anche se non abbiamo i capitali o il know-how finanziario di altre metropoli europee», ha dichiarato con orgoglio il sindaco di
Danzica Pawel Adamowicz, «possiamo offrire una
merce competitiva: i nostri cervelli e la nostra preparazione professionale». Ovvero una manodopera
istruita e poliglotta che è l’asset più prezioso per far
strada nell’economia globale.
Ecco la vetrina della Polonia, la Tigre del Baltico,
sesto Paese dell’Unione europea per popolazione (38,5
milioni di abitanti), il settimo per dimensioni del prodotto interno lordo (400 miliardi di euro), seppur dietro a Repubblica Ceca e Slovacchia nella classifica del
Pil pro capite. Un Paese che vanta stretti legami con
l’Italia che è al quinto posto nella classifica dell’import, al quarto per le dimensioni dell’export, preceduta solo da Germania, Cina e Russia. Oltre al positivo
saldo della bilancia commerciale, attorno a 1,6 miliardi, l’Italia è al nono posto nella classifica degli investimenti diretti dal 1990 in poi. A Tychy sorge il più importante stabilimento europeo di Fiat Chrysler, Unicredit controlla Bank Pekao, la seconda banca polacca.
Ma è presente anche Ferrero, assieme a una nutrita
schiera di imprese medie e grande: Mapei, Marcegaglia, Brembo, Ict, Sofidel e altre ancora, attratte dal
clima economico di questa nazione antica, seppur giovane, che ha potuto contare sui contributi Ue (utilizzati in maniera eccellente) combinati con una forza lavoro preparata e un ambiente amministrativo e legislativo favorevole al business.
La terra di papa Giovanni Paolo II ha però rialzato
la testa, resistendo meglio di altri ai venti della crisi:
I NUMERI DELLA POLONIA
Pil*
Pil pro capite *
Crescita Pil reale (variaz. %)
Consumi privati (%)
Flussi Ide sul Pil (%)
Bilancia commerciale*
* milioni di dollari
** previsioni
2011
514.900
19.848
4,5
1,6
3,4
-14.107
2013
517.100
21.235
1,5
0,8
-1,1
3.067
2015**
574.100
23.552
3,5
2,7
1,3
689
Fonti:
The Economist Intelligence Unit;
Ocse; EIU World Investment
dal 2008, il Paese, l’unico in Europa a non avere mai
avuto in questi anni il segno meno, ha una crescita economica del 20,1 per cento contro lo 0,9 per cento di
recessione patito dall’Europa a 28. I successi economici hanno reso possibile, tra l’altro, l’avanzata della diplomazia di Varsavia, culminato nella nomina dell’ex
premier Donald Franciszek Tusk a presidente del Consiglio europeo. «Nel 2004, quando sono andata in mis-
Da sinistra:
un enorme ritratto
di papa Giovanni
Paolo II campeggia
su una chiesa
di Varsavia;
il Palazzo
della Cultura
e della Scienza,
donato dall’Urss
nel 1955,
che domina
il quartiere
finanziario
della capitale;
con i suoi 230,5
metri di altezza
e 42 piani,
l’edificio è tuttora
il più imponente
del Paese
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sione a Bruxelles», ha commentato a «The Economist»
una funzionaria polacca, «negli uffici non mi dedicavano più di dieci minuti di attenzione. Oggi ho un’agenda
zeppa di richieste di colloqui».
E la congiuntura continua a giustificare le fresche
ambizioni di leadership diplomatica della democrazia
polacca: dopo il rallentamento del 2012 (+2 per cento)
e del 2013 (+1,7 per cento) in coincidenza con la domanda internazionale più debole e con la riduzione dei
fondi europei nel corso del 2013, il Pil è tornato ad accelerare nel 2014 (+3,3 per cento), grazie a una domanda interna in forte crescita (+4,6 per cento), assieme agli investimenti (+9,4 per cento) mentre il tasso di disoccupazione è sceso all’11,2 per cento, in netto miglioramento (era al 13,2 per cento a fine 2013). Le prospettive sono buone, sia per quest’anno sia per il 2016.
Grazie anche (o soprattutto) ai 100 miliardi abbondanti di fondi strutturali e di contributi agricoli che l’Unione europea ha previsto per il piano 2014-2020. Per
non parlare di altri benefici, come l’aver strappato una
deroga sulla normativa ambientale anche se continua
a dipendere per il 90 per cento dal carbone per la pro-
La Polonia in questi anni ha investito molto per garantirsi
una manodopera istruita e poliglotta, un asset prezioso
nella competizione globale. «Anche se non abbiamo i capitali
o il know-how finanziario di altre metropoli europee», spiega
il sindaco di Danzica Pawel Adamowicz, «possiamo offrire una merce
competitiva: i nostri cervelli e la nostra preparazione professionale»
duzione di energia elettrica.
Una buona collezione di successi, insomma «Ma il
difficile viene adesso», ammonisce Piotr Buras, analista da Varsavia per conto dell’European Council for Foreign Relations. «Finora il Paese ha avuto dalla sua
una situazione politica ed economica ideale, potendo
contare sui fondi Ue per gli investimenti infrastrutturali e sfruttare i vantaggi diplomatici legati all’ingresso nella comunità di Bruxelles. Ma adesso dovrà inventarsi un nuovo modello di sviluppo basato sull’innovazione piuttosto che sul basso costo del lavoro. Per
non parlare del possibile ingresso nell’area dell’euro
abbandonando lo zloty. È un tema assai impopolare,
ma a lungo andare il non fare parte della moneta comune avrà un costo crescente per la Polonia, che destina tre quarti del suo export in Paesi dell’area. Insom-
Sopra,
il sindaco di Danzica
Pawel Adamowicz.
In alto, i cantieri
della città polacca
SETTEMBRE/OTTOBRE 2015 - OUTLOOK
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La Polonia ha un saldo positivo della bilancia commerciale,
attorno a 1,6 miliardi di dollari, ed è al 9° posto nella graduatoria
degli investimenti diretti dal 1990 in poi. Le relazioni con l’Italia sono
intense: il nostro Paese è al 5° posto nella classifica dell’import
e al 4° in quella dell’export, preceduta solo da Germania, Cina
e Russia. Oltre a Fiat Chrysler sono presenti anche Ferrero, Mapei,
Marcegaglia, Brembo, Ict, Sofidel e molte altre, attratte anche
da un ambiente amministrativo e legislativo favorevole al business
Nello stabilimento
di Tychy, in Slesia,
regione del sud
della Polonia,
Fiat produce alcune
delle sue vetture
di maggior
successo,
a cominciare
dalla nuova 500
ma, occorrono scelte precise. E in tempi brevi. Soprattutto se si stringeranno i cordoni della borsa Ue».
Urge, insomma, un cambio di passo con l’obiettivo
di modernizzare le strutture dell’economia, sfida improbabile finché la Polonia dedicherà alla ricerca e sviluppo solo lo 0,8 per cento del Pil, continuando a fare
affidamento sul costo del lavoro leggero: il salario medio si aggira sui 900 euro al mese (in crescita del 19 per
cento dal 2008), la paga minima è di 300.
Ma tutte queste considerazioni sono sovrastate dall’ombra del potente vicino dell’Est: ogni calcolo deve
fare i conti con il rapporto con la Russia e l’andamento
della crisi dell’Ucraina, il vicino a rischio collasso poli-
20 OUTLOOK - SETTEMBRE/OTTOBRE 2015
tico e militare, oltre che economico. La questione russa
è onnipresente in Polonia. «Se si vive a Varsavia, a poca distanza dai silos di bombe atomiche di Kaliningrad, si ha una percezione diversa della minaccia di Mosca rispetto a Roma o Madrid», dichiara Roman Kuzniar, consigliere dell’ex presidente Bronisław Komorowski, che non nasconde l’irritazione verso i Paesi che
vorrebbero un atteggiamento più morbido verso la
Russia. Per capire l’irrequietezza politica della Polonia, destinata a culminare nelle prossime elezioni politiche di ottobre, si deve partire dalla miscela di pulsioni che attraversano il Paese in una delicata fase di transizione. Sul piano economico la Polonia è a metà del guado, piena di orgoglio per quel che ha saputo combinare
nel recente passato ma anche consapevole di dovere
ancora compiere il grande passo, da satellite della subfornitura a protagonista del manufacturing e dei servizi. Anche sul piano sociale è a metà del guado, tra richieste di nuovo welfare e i passi da compiere per completare un sistema flessibile. Intanto, sul piano politico e militare, si manifestano tentazioni nazionalistiche. Il rapporto con l’Europa resta solido ma in Polonia
Una piccola innovazione può diventare
un grande valore. Proteggila
"REVETTIPERINVENZIONEs-ODELLIDIUTILITÌs$ISEGNIEMODELLIs-ARCHIs$IRITTODAUTOREs6ARIETÌ6EGETALI
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INFO MAROSCIAIT
Mondo | Uno sguardo a Est
A preoccupare
è il potente vicino
dell’Est:
la questione russa
è onnipresente
in Polonia.
«Se si vive a poca
distanza dai silos
di bombe
atomiche
di Kaliningrad,
la percezione
della minaccia
di Mosca
è diversa rispetto
a Roma o Madrid»,
dichiara Roman
Kuzniar,
consigliere
dell’ex presidente
Bronisław
Komorowski
Sopra,
Bronisław
Komorowski,
ex presidente
dello Stato polacco.
In alto,
soldati ucraini
a Kramatorsk,
nella zona est
del Paese,
dove continuano
i combattimenti
con le milizie
separatiste
cresce la diffidenza per le colombe in casa Ue: fino a
che punto Bruxelles sceglierà la linea della fermezza
con Mosca? Fino a che punto va rispettata la tabella di
marcia che prevede l’ingresso nella zona euro tra il
2016 e il 2018? O, al più, nel 2020?
Anche così si spiega l’apparente stranezza polacca:
un Paese che non ha conosciuto la crisi economica che
ha sconvolto il resto dell’Europa e che ha incassato (e
incassa) il dividendo della più lunga stagione democratica della sua storia, eppure mostra sintomi di irrequietezza e di instabilità politica analoghi (seppur di
segno diverso) ai Paesi dell’Ovest. Il primo terremoto
elettorale si è verificato in occasione delle elezioni presidenziali. A sorpresa, Andrzej Duda, candidato del
movimento di destra Diritto & Giustizia, ha battuto il
centrista Komorowski, esponente della maggioranza
di governo che ha pagato a caro prezzo la «promozione»
dell’ex premier Donald Tusk ai vertici del consiglio europeo. È stato un vero colpo di scena: il partito di Duda
non vinceva elezioni da dieci anni, quando poteva contare su Lech Kaczynski, perito in un incidente aereo
nel 2010 su un Tupolev Tu-154 in fase di atterraggio a
Smolenk dove si stava recando per la commemorazione dell’anniversario del massacro di Katyn. All’epoca
Duda, il cui mandato presidenziale comincia l’8 agosto, era il segretario generale dell’allora presidente, veterano della lotta dei cantieri navali di Danzica. Passato alla storia, tra l’altro, per i rapporti tutt’altro che
idilliaci con la Germania, guardata con grande sospet-
22 OUTLOOK - SETTEMBRE/OTTOBRE 2015
to ai tempi dei grandi accordi sul gas tra Vladimir Putin e Gerhard Schröder. Una scelta che Duda sembra
voler seguire: in campagna elettorale il neo presidente
ha infatti promesso di «riequilibrare» i rapporti con
Berlino, accusando Tusk di subordinazione ad Angela
Merkel. A giudicare dal programma elettorale, la Polonia si presenterà alla Ue più euroscettica, decisa a
rivendicare, in scia alle richieste della Gran Bretagna,
il ritorno allo Stato nazionale di alcune materie passate alla competenza europea. Intanto, filoamericano convinto, Duda ha già chiesto l’insediamento di basi Usa
sul territorio polacco e un maggiore impegno a difesa
dell’Ucraina, e si prepara ad accogliere con grande solennità a Varsavia il vertice Nato del 2016.
Però non sono state tanto le sue opinioni in politica
estera a provocare un ribasso alla Borsa di Varsavia,
semmai i suoi orientamenti in politica economica e nel
welfare. Al centro della sua campagna c’è la sua promessa di cancellare la riforma della previdenza, che
prevede il ritiro in pensione solo a 67 anni (con la rinuncia a un risparmio di 19 miliardi nei prossimi cinque anni). Altro punto caldo, un beneficio fiscale per i
bassi redditi, da alleggerire con un taglio delle imposte
per chi guadagna da 800 a 2.100 dollari al mese (cinque miliardi di tasse in più per redditi più elevati).
Infine, la proposta più clamorosa: imporre alle banche
di trasformare i mutui in franchi svizzeri (assai diffusi
nei Paesi dell’Est Europa) in zloty, scaricando sulle
banche il costo provocato dal cambio tra le due valute.
Mondo
Non è detto che le elezioni politiche
d’autunno premino questa linea. Ma Diritto & Giustizia è in testa nei sondaggi
mentre, dopo otto anni di governo, Piattaforma Civica, è in evidente difficoltà. Anche per le conseguenze dello scandalo delle
intercettazioni telefoniche che ha investito
il partito di maggioranza. La pubblicazione dei verbali di un’inchiesta della magistratura ha avuto effetti devastanti: il premier Ewa Kopacz, nel tentativo di rilanciare il governo e il partito, ha imposto le
dimissioni di sei ministri, oltre a quelle del
presidente del Parlamento, Radosław Sikorski, registrato in un ristorante di Varsavia mentre lanciava pesanti accuse, condite da parole spinte, contro Stati Uniti e
Regno Unito, troppo morbide verso Mosca.
O peggio, ai giornali è stata consegnato il
colloquio tra il governatore della Banca
centrale e membri di governo sull’opportunità di svalutare lo zloty prima del voto.
Uno scandalo che fa quasi tenerezza, se
si pensa alle cronache di casa nostra. Ma
che fa il suo effetto in una democrazia giovane, alle prese con un vicino aggressivo, e
deciso a non perdere velocità nella sua corsa verso un relativo benessere. L’ascesa
irresistibile della rockstar Pawel Kukiz,
terzo incomodo alle presidenziali con uno
straordinario 20,8 per cento che l’ha reso
l’ago della bilancia nella sfida tra i partiti,
è la conferma del disagio che accomuna
Varsavia al resto del Vecchio Continente
investito dall’onda populista. Appesa la
chitarra al chiodo, invoca la riforma della
Costituzione in senso presidenzialista,
lancia accuse di fuoco ai partiti, promette
di allearsi con la destra più radicale. «Il
successo di Kukiz riflette la frustrazione
dei polacchi, specie dei più giovani, che
nutrono sempre meno speranze sul futuro,
sempre più incerto», commenta il politologo dell’Università di Varsavia Rafał Chwedoruk.
Parole che, tutto sommato, con poche
varianti potrebbero valere per tutti i grandi Paesi della vecchia Europa, a conferma
che ormai la Tigre del Baltico è a pieno titolo uno dei motori, non solo economici, della
Comunità.
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