progettazione di un complesso residenziale

POLITECNICO DI BARI
I FACOLTÀ DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA EDILE
DIPARTIMENTO DI
ARCHITETTURA E URBANISTICA
______________________________________________
TESI DI LAUREA
PROGETTAZIONE DI UN COMPLESSO
RESIDENZIALE.
SCELTE PROGETTUALI PER LA RIDUZIONE DEI
CONSUMI ENERGETICI AI FINI DELLA
CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI.
Relatore:
Chiar.mo Prof. Ing. Giovanni FUZIO
Correlatore:
Prof. Ing. Emilia CONTE
Tutor E.N.E.A.:
Ing. Vincenzo LATTANZI
Laureando:
Riccardo MILANO
MATR. 502585 C
ANNO ACCADEMICO 2005-2006
1
INDICE
Introduzione
pag. 4
Parte prima
Capitolo I.1
Paragrafo I.1.1
Paragrafo I.1.2
Progetti bioecologici
Esempi di sviluppo sostenibile
Alcune considerazioni
pag. 7
pag. 7
pag. 12
Capitolo I.2
Edifici energeticamente efficienti:
la certificazione energetica ed
il Life cycle assessment
Edifici energeticamente efficienti
La certificazione energetica
Il LCA
pag. 14
pag. 14
pag. 17
pag. 21
Paragrafo II.1.1
Paragrafo II.1.2
Paragrafo II.1.3
Paragrafo II.1.4
Paragrafo II.1.5
Paragrafo II.1.6
Paragrafo II.1.7
Il sole nel progetto di architettura:
luce ed energia
Premesse
L’energia solare
Il percorso del sole
La luce
L’illuminazione naturale
La progettazione della luce naturale
I materiali
pag. 22
pag. 22
pag. 23
pag. 24
pag. 25
pag. 26
pag. 27
pag. 28
Capitolo II.2
Paragrafo II.2.1
Paragrafo II.2.2
Paragrafo II.2.3
Paragrafo II.2.4
Tecniche di controllo della luce naturale
Premesse
La componente trasparente
La componente schermante
La componente di conduzione della luce
pag. 29
pag. 29
pag. 29
pag. 30
pag. 31
Capitolo II.3
Paragrafo II.3.1
Paragrafo II.3.2
L’involucro edilizio
Generalità
Requisiti e prestazioni
pag. 32
pag. 32
pag. 33
Capitolo II.4
Evoluzione del controllo ambientale
in architettura
Il concetto di comfort
L’approccio storico al controllo
ambientale in architettura
pag. 38
Il microclima e le scelte architettoniche
I fattori ambientali
Le scelte progettuali
pag. 42
pag. 42
pag. 44
Paragrafo I.2.1
Paragrafo I.2.2
Paragrafo I.2.3
Parte seconda
Capitolo II.1
Paragrafo II.4.1
Paragrafo II.4.2
Capitolo II.5
Paragrafo II.5.1
Paragrafo II.5.2
2
pag. 36
pag. 36
Paragrafo II.5.3
Sistemi speciali per il controllo ambientale pag. 46
Capitolo II.6
Paragrafo II.6.1
Paragrafo II.6.2
Il solare termico e fotovoltaico
Premesse
Conversione in energia termica ed in
energia elettrica dell’energia solare
Conclusioni
pag. 49
pag. 49
Il progetto
Descrizione delle tipologie edilizie
Il progetto del risparmio delle risorse
Metodologia di calcolo
Il software Recal PE
L’analisi costi-benefici
pag. 54
pag. 54
pag. 57
I calcoli
Calcolo manuale del fabbisogno
energetico per la “casa isolata”
Calcolo mediante Recal PE per le
quattro tipologie. Analisi dei risultati
Analisi costi-benefici. Analisi dei risultati
pag. 70
Paragrafo II.6.3
pag. 50
pag. 51
Parte terza
Capitolo III.1
Paragrafo III.1.1
Paragrafo III.1.2
Paragrafo III.1.3
Paragrafo III.1.4
Capitolo III.2
Paragrafo III.2.1
Paragrafo III.2.2
Paragrafo III.2.3
pag. 58
pag. 67
pag. 70
pag. 70
pag. 75
Conclusioni
pag. 77
Bibliografia
pag. 78
Appendice A
Stralcio di P.P. per la maglia 22
pag. 81
Appendice B
Il progetto
pag. 82
Appendice C
Tavole per il calcolo del fabbisogno
energetico
pag. 107
Calcoli manuali del fabbisogno
energetico per la “casa isolata”
pag. 111
Analisi costi-benefici
pag. 136
Appendice D
Appendice E
Ringraziamenti
pag. 141
3
INTRODUZIONE
In Italia, come in altri paesi industrializzati, il settore edilizio è responsabile del
consumo del 40% circa delle risorse energetiche nazionali. Tale aliquota potrebbe
essere ridotta se si modificassero i processi costruttivi e se gli edifici fossero
progettati e realizzati seguendo criteri bioclimatici, di risparmio energetico e di
risorse naturali, di ricorso alle fonti alternative di energia.
I paesi scandinavi, da sempre molto sensibili alle questioni ambientali, già da
alcuni decenni hanno elaborato strategie mirate alla riduzione dei consumi. Da
alcuni anni, tuttavia, l’aumento esponenziale del prezzo del petrolio, la fonte
fossile più utilizzata per la produzione di energia, unito alla crescente attenzione
nei confronti dell’ambiente, ha spinto anche altri paesi a promuovere le fonti
energetiche alternative e quelle rinnovabili. L’“edilizia ecologica” nasce come
reazione alla grave crisi ambientale di cui l’attività del costruire è in parte
responsabile.
La ricerca e la tecnologia nel settore edilizio si sono dimostrate pronte nella
sperimentazione di soluzioni per la riduzione del consumo di risorse nelle diverse
fasi di vita dell’organismo edilizio. Purtroppo, però, tali soluzioni, pur essendosi
rivelate valide, non sono ancora diventate la regola del costruire.
Solo negli ultimi anni si sta assistendo ad un cambiamento nei comportamenti per
una sempre maggiore sensibilità verso i problemi ambientali che, si auspica, possa
condurre verso una sempre maggiore applicazione concreta di soluzioni
sostenibili.
Dovrebbe divenire un obiettivo comune quello di progettare e realizzare edifici
confortevoli, ma più sani e meno inquinanti. Case, uffici, scuole sono edifici in
cui trascorriamo la maggior parte del nostro tempo, perciò è necessario che essi ci
garantiscano il comfort richiesto; contemporaneamente, però, non dobbiamo
essere esposti a sostanze nocive per la salute e devono ridursi al massimo le
emissioni inquinanti nell’ambiente. Se in un’abitazione, per esempio, gli ambienti
sono correttamente disposti, con le camere da letto che si affacciano su zone
tranquille e silenziose, gli ambienti giorno e studio ben illuminati da luce naturale
per molte ore al giorno, il verde opportunamente utilizzato intorno all’edificio, si
sarà utilizzato un approccio corretto al progetto con un insieme di accorgimenti
utili a perseguire il comfort senza una elevata richiesta energetica.
Materiali, componenti, sistemi utilizzati nell’edilizia sono generalmente molto
costosi in termini di energia di produzione e di gestione e hanno un notevole
impatto sull’ambiente. Per la costruzione di un edificio per civile abitazione di
medie dimensioni, ad esempio, occorrono circa 3/5 TEP (tonnellate equivalenti di
petrolio) di energia; per la sua successiva gestione energetica è necessario più di 1
TEP di energia l’anno. Ciò indica che, in meno di cinque anni, la gestione di un
edificio costa, in termini energetici, quanto la sua realizzazione.
Scegliere le soluzioni meno energivore e di minore impatto ambientale diventa
quindi uno dei presupposti del progettare sostenibile. Talvolta ciò può determinare
un aumento dell’investimento iniziale ma consente di ottenere vantaggi
successivi. È difficile superare l’abitudine del risparmio immediato; perciò, è
4
compito di diversi attori del processo edilizio sensibilizzare l’utente finale verso la
richiesta di efficienza energetico-ambientale. D’altronde, è ormai dimostrato da
molteplici realizzazioni che i maggiori investimenti iniziali vengono compensati
in pochi anni da spese ridotte, con contemporanea riduzione dell’inquinamento
ambientale.
Un promotore indispensabile dello sviluppo, e quindi dell’edilizia, sostenibile è
certamente l’amministrazione, considerata a tutti i suoi livelli poiché tuttora i
buoni propositi di un’amministrazione locale potrebbero non essere da soli
sufficienti, come testimonia la tecnologia del solare fotovoltaico, ad esempio, che
non risultando ancora competitiva a livello di costi viene incentivata dalle
amministrazioni di livello sovralocale.
L’obiettivo principale del presente lavoro di tesi è stato allora quello di progettare
edifici residenziali mirando alla riduzione dei consumi energetici, e quindi dei
relativi costi di gestione, rispetto all’edilizia costruita in modo convenzionale.
Attraverso opportune scelte progettuali si è cercato di limitare il fabbisogno di
energia di gestione degli edifici, ridurre quindi la loro richiesta di combustibile e
di conseguenza le emissioni inquinanti. È stato dimostrato, poi, che tale
atteggiamento non solo giova all’ambiente ma si traduce anche in risparmio
economico per chi sostiene i costi di gestione.
Come caso di studio, si è scelto di elaborare un progetto nel rispetto dei criteri per
la partecipazione al Bando pubblico di concorso per l’individuazione dei soggetti
attuatori dei programmi di edilizia residenziale pubblica agevolata (cooperative
edilizie e loro consorzi, non proprietari dei suoli) per l’assegnazione in diritto di
proprietà ai sensi dell’art.35 l.865/71 e s.m.i. dei suoli nell’ambito dei piani
particolareggiati nelle maglie 20 - 21 - 22 e nelle zone di espansione c1 e c2 del
PRG che si dovessero rendere disponibili, emanato da Comune di Bari il 7
Febbraio 2006, in cui l’amministrazione ha espresso la volontà di promuovere
un’edilizia sostenibile per l’ambiente e la salute dell’uomo, tanto che il punteggio
per la formazione degli elenchi degli aventi diritto viene assegnato anche sulla
base dei criteri di bioedilizia utilizzati nel progetto.
Fra i principi espressi del paragrafo Criteri generali del suddetto bando si legge,
al capo 2) del paragrafo A), che lo stesso è stato predisposto per consentire
l’utilizzo di materiali, tecnologie ed impianti in linea con i principi della
Bioarchitettura e della Bioedilizia e finalizzato quindi alla realizzazione di edifici
sani, capaci di consentire risparmi di materie ed energia e l’utilizzo di fonti
rinnovabili assicurando contemporaneamente benessere e salubrità agli spazi
interni nonché uno sviluppo armonioso e sostenibile del territorio, dell’ambiente
urbano e dell’intervento edilizio e che, come prevede la Comunicazione della
Commissione Europea COM(2004)60 del 11.02.2004 intitolata “Verso una
strategia tematica sull’ambiente urbano”, gli interventi edili dovranno essere
allineati con quanto già previsto dalla Direttiva Comunitaria 2002/91/CE del 16
dicembre 2001, pubblicata su GUCE L1/65 del 4/1/2003 sulla certificazione
energetica degli edifici e coerenti con i principi della Bioarchitettura e della
bioedilizia e quindi utilizzare materiali, processi e metodi edilizi rispettosi della
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salute degli abitanti, possibilmente di origine naturale ed a basso impatto
ambientale.
Il progetto di tesi è stato elaborato espressamente per le maglie 21 e 22 incluse nel
Bando, soggette naturalmente agli strumenti urbanistici di cui è dotato il Comune
di Bari, in particolare il P.P. (Piano Particolareggiato) adottato
dall’Amministrazione il 7 Aprile 1998, che però visto il periodo della sua
redazione non risponde ai criteri riferiti nel Bando.
Le tipologie edilizie progettate per il lavoro di tesi, allora, talvolta hanno rispettato
le indicazioni del P.P. altre se ne sono discostate per proporre edifici dal
comportamento ambientale ed energetico ritenuto più efficiente.
La tesi si è svolta in collaborazione con l’ENEA “Dipartimento Tecnologie per
l’Energia, fonti rinnovabili e risparmio energetico” – Bari, che ha fornito
competenze specifiche e supporto software per la verifica energetica.
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CAPITOLO I.1 – PROGETTI BIOECOLOGICI
Nel presente capitolo sono riferiti alcuni esempi di insediamenti progettati,
realizzati e gestiti con attenzione particolare alla tutela dell’ambiente ed al
contenimento del consumo di risorse.
PARAGRAFO I.1.1 - ESEMPI DI SVILUPPO SOSTENIBILE
Il quartiere Vauban a Friburgo (Germania)
Nel 1992 i francesi resero al governo tedesco una caserma, sita nella periferia di
Friburgo, denominata Vauban. Gli amministratori della città e molti cittadini
videro in quest’area dismessa un’occasione unica per creare un nuovo quartiere
residenziale. Il Comune di Friburgo, quindi, acquistò dal governo l’area, ampia
circa 38 are, per realizzare un quartiere ad alta densità per differenti gruppi sociali,
e le lasciò in nome di Vauban.
L’area dista dal centro città circa 2 km e confina con una zona verde destinata allo
sport ed allo svago.
Alcuni dei vecchi edifici militari furono ceduti dal Comune alle organizzazioni
studentesche affinché li trasformassero in alloggi per studenti; l’area rimanente fu
suddivisa in piccoli lotti venduti dal Comune principalmente a privati ed a gruppi
locali per i quali si auspicava l’insediamento in prossimità del centro città. Questa
lottizzazione si rivelò presto un’idea vincente perché facilitò la creazione di
differenti tipologie abitative ed architettoniche.
Dopo un lungo dibattito, il Consiglio comunale decise la demolizione degli edifici
di minor pregio presenti sull’area, ad eccezione della mensa ufficiali destinata ad
essere trasformata in un “centro del cittadino”.
Si decise, però, di non integrare nel progetto di recupero alcune aree
temporaneamente prese in prestito, prima dei lavori di risistemazione, da un
accampamento di nomadi, da una cucina per persone senza tetto, dall’Esercito
della Salvezza e da un centro autonomo giovanile, affinché non si corresse il
rischio di allontanare gli investitori privati. Restarono invece allo studio iniziative
che prevedevano la trasformazione in centri culturali e sociali di alcuni degli
edifici militari rimasti.
Il Comune di Friburgo formulò gli obiettivi da raggiungere con il progetto
secondo il concetto di “pianificazione didattica”, che implicava un’elevata
flessibilità nel reagire a nuove esigenze emergenti e nuove proposte da parte della
cittadinanza. Le azioni centrali furono individuate in:
- creazione di abitazioni in prossimità del centro città;
- creazione di alloggi per differenti categorie sociali;
- commistione delle funzioni abitative e lavorative;
- suddivisione in lotti piccoli e medi per consentire la creazione di differenti stili
abitativi;
- conservazione/sviluppo delle aree verdi esistenti e creazione di nuove;
- smaltimento naturale e uso delle acque piovane;
- priorità assegnata ai trasporti pubblici e creazione di vie pedonali e ciclabili;
- allaccio di tutti gli edifici alla centrale termica comunale;
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- progettazione e realizzazione di tutti gli edifici a basso consumo energetico;
- creazione di un centro di quartiere con negozi e servizi di necessità quotidiana;
- creazione di un ambiente accogliente per famiglie e bambini;
- costruzione di una scuola elementare ed altri servizi per bambini;
- partecipazione attiva della cittadinanza al progetto.
Ne nacque il “Forum Vauban” costituito da cittadini sensibili che vedevano nel
recupero e nella riqualificazione dell’area militare un’occasione unica per
realizzare un prototipo di quartiere residenziale ecologico. Il forum si organizzò in
gruppi di lavoro programmando campagne d’informazione ed altre manifestazioni
relative allo sviluppo del quartiere. Costituito come associazione senza fini di
lucro, il forum ha circa 300 soci ed oggi è responsabile della partecipazione della
cittadinanza ai processi progettuale, realizzativo e gestionale del quartiere. Il
concetto di quartiere socio-ecologico è nato proprio dal lavoro dei gruppi, aperti a
tutta la cittadinanza.
Il forum è membro consultivo del gruppo consigliare del Comune. Nelle riunioni
del gruppo, i consiglieri del Comune ed i rappresentanti dell’amministrazione
discutono le questioni relative allo sviluppo del quartiere, prima del voto in
Consiglio comunale. Molti suggerimenti della popolazione pertanto sono stati
portati, con successo, dal forum al voto del Consiglio.
Nella fase iniziale, un lavoro di massima importanza consisteva
nell’individuazione dei futuri abitanti del quartiere. A questo scopo, il forum,
insieme all’amministrazione comunale, organizzò la campagna “Primavera
dell’abitare a Friburgo”, nell’ambito della quale fu presentato al grande pubblico
l’indirizzo ecologico del progetto. La campagna consistette nella distribuzione di
volantini, nell’affissione di manifesti, nonché in una mostra mobile presente nelle
piazze della città ed in occasione di mercatini.
Per il loro impegno esemplare e la cooperazione con la cittadinanza, la città di
Friburgo ed il forum sono stati scelti dal governo tedesco per presentare il lavoro
svolto alla conferenza mondiale dell’abitare Habitat II ad Istanbul nel 1992.
Negli anni 1997-1999, per la coordinazione del progetto “Realizzazione del
quartiere sostenibile Vauban”, il forum ricevette un sostegno finanziario da parte
dell’UE nell’ambito del programma LIFE.
Nel 1999, il forum ha pubblicato il libro “Lo sviluppo sostenibile inizia nel
quartiere” (www.vauban.de), un manuale rivolto ad urbanisti, amministratori
comunali, cooperative ed iniziative di cittadini.
Nel 1999, il forum ha anche pubblicato un manuale rivolto ad urbanisti,
amministratori comunali, cooperative ed iniziative di cittadini.
Il quartiere solare “Am Schlierberg” di Friburgo (Germania)
Il quartiere solare “Am Schlierberg” dell’architetto Rolf Disch sorge a sud del
centro storico di Friburgo ed è stato costruito secondo criteri di “ecologia” e di
“efficienza energetica”. In bicicletta, il centro della città è raggiungibile in soli
dieci minuti. Nelle immediate vicinanze si trovano tutti i servizi per la vita
quotidiana: supermercati, panetterie, farmacie, studi medici, ecc.
Il progetto comprende 50 case a schiera immerse nel verde che producono più
energia di quella consumata dagli abitanti.
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Le falde dei tetti, esposte verso sud, sono interamente ricoperte da pannelli
fotovoltaici che producono energia elettrica. Le case diventano così vere e proprie
centrali che forniscono energia senza inquinare e per i proprietari rappresentano
anche una fonte di guadagno.
Per questa ragione le case del complesso “Am Schlierberg” sono state fregiate del
titolo Plusenergiehäuser, attribuito agli edifici che producono l’energia di cui
hanno bisogno.
Le case possiedono un isolamento termico molto efficiente ed un impianto di
ventilazione che consente di riscaldare l’aria fredda invernale con quella calda
esausta. Una casa solare di questo tipo richiede per il suo riscaldamento solo un
decimo dell’energia necessaria per una casa convenzionale. A questo contribuisce
anche il sole, che in inverno penetra dalle finestre esposte a sud, mentre in estate il
tetto solare ed i balconi ombreggiano le finestre stesse e, pertanto, le temperature
rimangono sempre gradevoli.
Il sistema costruttivo delle case si compone di telai in legno ed elementi di
tamponatura, anch’essi legnei, con uno spesso strato di isolamento termico
esternamente rivestito con doghe in legno. Le finestre sono le stesse utilizzate
negli edifici passivi, aventi trasmittanza estremamente ridotta. I balconi sono
costituiti da costruzioni metalliche montate davanti alle facciate a sud come
elementi indipendenti, in modo tale da non creare ponti termici. Materiali naturali
ed un design ricercato creano un ambiente abitativo salubre e piacevole.
Ogni famiglia ha a disposizione una piccola costruzione annessa per attrezzi da
giardinaggio, biciclette e motorini.
Come nel quartiere Vauban, anche nell’“Am Schlierberg” la programmazione e la
progettazione seguono il concetto di “pianificazione didattica”.
Il quartiere Nancystrasse a Karlsruhe (Germania)
L’insediamento di Nancystrasse sorge sull’area di un ex campo sportivo: tipico
esempio di quartiere urbanistico ecosostenibile, è un rione solare senza
automobili, integrato nella rete delle piste ciclabili della città di Karlsruhe. Il suo
progetto è stato elaborato da un gruppo di studenti di architettura in
collaborazione
con
l’“Iniziativa
Architettura
e
Sostenibilità
(www.nancystrasse.oekosiedlungen.de), un’associazione che si occupa di edilizia
ecologica.
Nancystrasse è costituito da 140 unità abitative di differente taglio per 416 abitanti
(persone singole, famiglie, anziani, comunità) che sorgono su un’area complessiva
di 26.700 m2, assieme a locali a destinazione terziaria e per attività collettive. Vi
sono solo 36 posteggi per automobili, invece dei 140 richiesti dal regolamento
urbanistico, di cui alcuni riservati all’asilo, agli uffici ed ai negozi, essendo
previsto un servizio di CarSharing.
Una centrale di cogenerazione alimentata con biomassa fornisce oltre all’acqua
calda sanitaria e per il riscaldamento anche una parte del fabbisogno elettrico.
Gli edifici per abitazione, che sfruttano l’energia solare in maniera passiva ed
attiva, sono stati realizzati secondo differenti tipologie architettoniche e, va
sottolineato, con pareti composte di doghe di legno accatastate
(Brettstapelbauweise) e con isolamento termico di fibre di canapa e fiocchi di
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cellulosa, tutti materiali naturali. Sui tetti e sulle facciate sono previsti collettori
solari e pannelli fotovoltaici e nelle abitazioni sono previsti servizi igienici con
sistema di scarico sottovuoto per il risparmio idrico.
Il processo urbanistico previde un’intensa partecipazione dei futuri abitanti, ai
quali fu data l’opportunità di intervenire nella progettazione della propria
abitazione.
Il bilancio ecologico del quartiere è la specificità del progetto eseguito
dall’architetto Holger Wolpensinger quale argomento della sua tesi di laurea. Per
poter valutare il progetto dal punto di vista della qualità ambientale, sono stati
analizzati e valutati tre scenari:
- il “caso convenzionale”, che si basa sui dati statistici relazioni alle attuali
costruzioni;
- il “caso migliore” (best case), che si ha quando nel progetto sono
sistematicamente utilizzate tutte le buone soluzioni derivanti dalle esperienze
sperimentate in altri quartieri ecologici;
- il “caso peggiore” (worst case), che si ha quando si verificano grandi sprechi di
risorse.
Per tutti e tre gli scenari è stato eseguito un bilancio ecologico che non si limita
solamente agli aspetti urbanistici ed edilizi, ma include anche la mobilità e lo stile
di vita degli abitanti.
Per quanto riguarda gli edifici, nel bilancio ecologico si è tenuto conto dei
seguenti parametri:
- sistema costruttivo, mediante il confronto di una costruzione in muratura ed in
cemento armato con una costruzione in legno;
- tipologia degli edifici (villetta, palazzo residenziale, edificio compatto);
- consumo d’energia primaria (CEP) dell’edificio;
- CEP dei materiali da costruzione, inclusi i relativi trasporti;
- efficienza dell’isolamento termico;
- EP per il riscaldamento e la produzione d’acqua calda sanitaria;
- CEP derivante dai consumi elettrici;
- CEP legato all’approvvigionamento d’energia e d’acqua.
Vi sono alcune significative riflessioni che si possono condurre a seguito
dell’applicazione di un bilancio ecologico ad un progetto.
Secondo le statistiche ufficiali, ogni europeo consuma mediamente 45.000 kWh di
energia primaria all’anno, di cui 39.000 kWh sono determinati dalla tipologia
urbanistica ed architettonica e dallo stile di vita. Lo scenario “caso migliore”
dimostra che sarebbe possibile ridurre i consumi energetici nella misura del 75%.
Questa riduzione è realizzabile con l’attuazione di tutte le misure di risparmio di
cui oggi si dispone.
L’abitante che già conduce una vita ecologica, consuma solo prodotti naturali,
viaggia poco in automobile, spesso vive in una casa che ha un isolamento termico
insufficiente ed è riscaldata da una normale caldaia a gas; consuma così solo la
metà dell’energia primaria rispetto ad un cittadino con altro stile di vita, ma
potrebbe risparmiarne ancora di più se la sua casa fosse termicamente ben isolata
ed utilizzasse fonti alternative di energia.
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Il bilancio ecologico è quindi un ottimo strumento per scoprire le potenzialità di
risparmio energetico in molti settori e per quantificare i singoli impatti ambientali.
Sono oggi disponibili vari software che consentono di calcolare questi bilanci nel
corso della progettazione.
L’intervento di edilizia residenziale nei lotti 1A e 1B del comparto di
espansione C1.9 del comune di Ozzano dell’Emilia (BO)
Con questo piccolo intervento di edilizia residenziale (sono previste due palazzine
di tre piani l’una, ognuna comprendente sei alloggi), il comune di Ozzano si
propone di creare un luogo edificato che assicuri “il miglior comfort abitativo ed
un’elevata qualità della vivibilità, secondo criteri biocompatibili, a vantaggio
dell’ambiente in generale e degli occupanti in particolare” come si può leggere
nel commento dei progettisti.
Per perseguire tali obiettivi, il bando del Comune suggerisce l’utilizzo di soluzioni
a basso impatto ambientale, l’impiego di materiali da costruzione ecologici e
biocompatibili, di sistemi energetici e tecnologici a basso consumo e, per quanto
possibile, non inquinanti.
È stato studiato un assetto tipologico che, per entrambi i lotti, consideri
indifferentemente di:
- massimizzare l’esposizione Est-Ovest delle pareti finestrate di tutti gli alloggi;
- massimizzare la quantità di superficie permeabile effettiva.
È evidente che, assumendo questi come criteri guida della progettazione, si sono
operate alcune scelte di semplificazione della morfologia, ed in particolare è
sembrato opportuno, data anche la modesta dimensione dell’intervento, limitare
l’offerta a due sole tipologie di alloggio, ripetendole per i tre piani dell’edificio.
I dispositivi attivi e passivi adottati a favore della compatibilità ambientale sono:
- i pannelli solari ad acqua;
- i pannelli fotovoltaici;
- le coperture delle autorimesse interrate realizzate come un tetto verde;
- i frangisole posti a difesa delle finestre ad Ovest;
- gli importanti aggetti delle falde di copertura;
- i sottotetti ventilati;
- le murature di forte spessore e di grande massa.
In particolare, i sistemi attivi sono costituiti principalmente da:
- pannelli solari disposti in copertura, utilizzati per la produzione di acqua calda
sanitaria e per il riscaldamento;
- pompa di calore ad alto rendimento, funzionante solo per temperature ambiente
superiori a 20°;
- cellule fotovoltaiche per la trasformazione dell’energia solare in energia
elettrica, collegate ad un accumulo di batterie, ad una rete di corrente continua per
luci di sicurezza, lampioni ed apparecchiature tecnologiche varie.
È previsto anche un sistema di accumulo delle acque piovane, raccolte dalle
coperture, filtrate e convogliate in una vasca interrata, da riutilizzare nelle
abitazioni per scarichi e altri fini.
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PARAGRAFO I.1.2 - ALCUNE CONSIDERAZIONI
L’“edilizia ecologica” nasce come reazione alla grave crisi ambientale di cui
l’attività del costruire è in parte responsabile. L’applicazione dei criteri di
bioedilizia incontra ancora diverse difficoltà dato che i committenti per primi non
sono propensi a valutare le conseguenze ambientali delle scelte costruttive
adottate. Solo negli ultimi anni si sta assistendo ad un cambiamento nei
comportamenti per una sempre maggiore sensibilità verso i problemi ambientali
che, si auspica, possa condurre verso una sempre maggiore applicazione concreta
di soluzioni sostenibili.
È sufficiente anche solo una rapida analisi delle strategie architettoniche antiche,
per rendersi conto che l’applicazione di principi bioclimatici non è affatto nuova.
Infatti, per scarsità di risorse energetiche e per limitazione tecnologica, l’unico
modo in cui l’uomo poteva proteggersi dalle condizioni climatiche avverse
avveniva tramite l’architettura stessa. Per citare un solo esempio significativo, il
noto “trullo” pugliese sfrutta la capacità termica dei materiali dell’involucro
edilizio per mantenere quasi costante durante tutto l’anno la temperatura
ambientale interna.
Purtroppo, dopo la scoperta dell’energia elettrica, si è perso quasi del tutto il
ricorso a tali principi.
Ora però la situazione è cambiata. Le problematiche energetiche e quelle relative
all’inquinamento ambientale ci costringono a ripensare al modo in cui usiamo le
risorse energetiche.
Bisogna affrontare la situazione in un’ottica diversa, cercando di offrire buoni
livelli di comfort ambientale ma, allo stesso tempo, minimizzando l’uso delle
risorse energetiche inquinanti ed aumentando l’uso di fonti energetiche
rinnovabili e pulite, come l’energia solare.
Il “sesto carburante”, cioè il risparmio energetico ottenibile mediante un migliore
isolamento termico, costituisce potenzialmente la maggiore componente di
risparmio. La riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento, allora, è
uno dei fattori su cui si è concentrata l’attenzione dei progettisti che hanno voluto
sperimentare nuove soluzioni progettuali e tecnologiche. Una coibentazione ben
progettata e realizzata correttamente è la via più pratica ed al tempo stesso più
economica per la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento generato dai gas
di scarico dei sistemi di riscaldamento a combustione.
I progettisti si sono interrogati anche sulla scelta dei materiali da adoperare: il
cemento armato, l’asfalto, le guaine bituminose, ecc, oramai divenute
praticamente le uniche tecnologie impiegate a servizio del costruire, sono adesso
sempre più frequentemente sostituite da materiali naturali quali le fibre, il legno,
ecc; questi ultimi, sono facilmente riciclabili, poco inquinanti e, una volta
terminata la loro funzione nelle costruzioni, possono essere riciclati o riassorbiti
nei cicli naturali dell’ambiente. L’utilizzo di materiali naturali e di soluzioni
tecniche volte ad una maggiore qualità edilizia garantiscono benefici in termini di
salubrità e quindi garanzia per la salute.
12
L’obiettivo generale dell’edilizia ecologica è allora quello di progettare e costruire
edifici che non provochino sprechi e che non esercitino gravi effetti negativi
sull’ambiente e sulla salute degli abitanti. Bisogna quindi:
1. valutare seriamente i fabbisogni e usare razionalmente il territorio;
2. progettare in rapporto al clima locale e sfruttare l’energia solare;
3. ridurre i consumi di energia non rinnovabile ed usare fonti energetiche
rinnovabili;
4. evitare emissioni dannose (fumi, gas, acque di scarico, rifiuti);
5. ridurre gli sprechi di acqua potabile e garantire uno smaltimento sicuro delle
acque reflue;
6. costruire edifici di più alta qualità, durevoli, salubri e sicuri anche in caso di
incendio e di calamità naturali;
7. non mettere in pericolo la salute dei lavoratori e degli abitanti;
8. utilizzare materiali ottenuti da materie prime rigenerabili, locali e riciclabili;
9. gestire ecologicamente i rifiuti da cantiere;
10. rispettare la vegetazione, la fauna, il paesaggio, ecc.
13
CAPITOLO I.2 – EDIFICI ENERGETICAMENTE EFFICIENTI: LA
CERTIFICAZIONE ENERGETICA ED IL LIFE CYCLE ASSESSMENT
PARAGRAFO I.2.1 – EDIFICI ENERGETICAMENTE EFFICIENTI
Sono considerati edifici energeticamente efficienti gli edifici a basso consumo
energetico, gli edifici passivi e gli edifici a consumo energetico zero (definizione
attribuita sul sito www.miniwatt.it).
Per rendere un edificio energeticamente efficiente sono necessarie alcune scelte
progettuali.
Orientamento
L’orientamento migliore sarebbe quello verso sud: esso, infatti, consente lo
sfruttamento degli apporti solari anche in inverno. Questo orientamento, però, non
è indispensabile come dimostrato da molti edifici energeticamente efficienti che
hanno un orientamento differente.
Rapporto superficie/volume
Un rilevante fattore per il fabbisogno energetico è la compattezza dell’edificio
espressa dal rapporto tra superficie (S) dell'involucro e il volume (V) che lo
racchiude. Il rapporto S/V dovrebbe essere <0,6.
Isolamento termico
L’isolamento termico è la misura più efficace e più economica per ridurre il
fabbisogno termico. I costi d’investimento si recuperano già entro pochi anni
tramite i risparmi energetici ottenuti. Un kWh risparmiato mediante l’isolamento
termico vale di più di un kWh prodotto dalla più efficiente caldaia, perché la vita
dei materiali termoisolanti è molto più lunga di quella degli impianti.
Assenza di ponti termici
I ponti termici aumentano notevolmente il fabbisogno termico e pertanto devono
essere evitati al massimo. Balconi e ad altri elemento che normalmente sporgono
dalla facciata possono essere costruiti anche senza diretto contatto con l’edificio.
Impermeabilità dell’involucro
L’involucro di un edificio energeticamente efficiente deve essere impermeabile al
vento, perché le infiltrazioni incontrollate d’aria fredda aumentano il fabbisogno
termico.
Finestre
Le finestre devono garantire la captazione degli apporti solari, ma anche ridurre le
perdite di calore per trasmissione. Le finestre degli edifici energeticamente
efficienti hanno una trasmittanza molto ridotta (U < 1,8 W/m2K) e una trasparenza
che fa penetrare almeno lo 0,55 % della luce incidente. Le finestre vanno
dimensionate, tra l’altro, in maniera tale da evitare il rischio di surriscaldamenti
estivi.
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Ventilazione controllata
Gli edifici energeticamente efficienti possiedono un impianto di ventilazione che
controlla il ricambio d’aria che deve essere di almeno 30-36 m3/h persona. Il
ricambio d’aria deve essere regolabile individualmente: per esempio, in presenza
di fumatori deve essere possibile aumentare la ventilazione.
Recupero di calore
La ventilazione meccanica consente il recupero del calore contenuto nell’aria in
uscita per mezzo di scambiatori di calore che lo trasferiscono all’aria in entrata.
Per ottenere un buon risultato di recupero, questi scambiatori devono avere un
rendimento di almeno il 60-75 %.
Scambiatori di calore interrati
Gli scambiatori interrati, in uso già da molto tempo in sistemi di riscaldamento,
consentono di riscaldare o raffreddare l’aria in entrata, perché alla profondità di
100-150 cm, la temperatura rimane quasi costante per tutto l’anno. L’aria esterna,
prima di entrare nel sistema di ventilazione, passa per lo scambiatore interrato
riscaldandosi o raffreddandosi. In inverno, l’aria di 0°C, passata per lo
scambiatore, può acquistare una temperatura fino a 10-12°C, mentre in estate,
l’aria con una temperatura oltre 30°C si raffredda fino a 25-27°C.
Riscaldamento
Negli edifici ad alta efficienza energetica si sfrutta, in primo luogo e in maniera
passiva, l’energia solare, ma, nei giorni più freddi dell’anno, questa non è
normalmente sufficiente per portare la temperatura all’interno dell’edificio ai
desiderati 19-20°C per cui si ha bisogno anche di un impianto di riscaldamento.
La produzione di calore è normalmente affidata ad una caldaia a condensazione o
ad una pompa di calore; in certi casi è sufficiente anche un collettore solare ad
acqua.
Collettori solari
La produzione d’acqua calda sanitaria con collettori solari riduce notevolmente i
consumi energetici ed è pertanto economica. Con il risparmio energetico ottenuto
i costi di un collettore si recuperano in pochi anni.
Pannelli fotovoltaici
I pannelli fotovoltaici generano corrente continua a 12 o 24 V. Normalmente
conviene trasformare tale corrente in corrente alternata a 220 V ed immettere
questa nella rete elettrica col vantaggio di garantire la disponibilità d’energia
anche nei periodi in cui l’impianto fotovoltaico non produce abbastanza.
15
Un indicatore dell’efficienza: il FEP
Un indicatore dell’efficienza energetica degli edifici è il FEP, fabbisogno
energetico per metro quadrato e per anno (kWh/m2a) necessario per il
riscaldamento e per la produzione di acqua calda. A tale componente
bisognerebbe aggiungere il fabbisogno di energia per il raffrescamento estivo
(nelle regioni climatiche caratterizzate da estati calde) nonché quello per
l’illuminazione e per il funzionamento degli apparecchi elettrici.
Secondo la classificazione adottata dall’Enea, che rispetta la “Bozza di decreto
sulle linee guida della certificazione energetica” (non ancora cogente) il
fabbisogno per il riscaldamento, in funzione della Classe dell’edificio, vale:
Classe A+
Classe A
Classe B
Classe C
Classe D
Classe E
Classe F
Classe G
Classe H
Classe I
≤ 40 %
≤ 70 %
≤ 100 %
≤ 100 %
≤ 100 %
≤ 120 %
≤ 140 %
≤ 170 %
≤ 200 %
> 200 %
EPli (2010)
EPli (2010)
EPli (2010)
EPli (2008)
EPli (2006)
EPli (2006)
EPli (2006)
EPli (2006)
EPli (2006)
EPli (2006)
dove EP rappresenta l’indice di prestazione energetica limite determinato in base
al rapporto S/V dell’edificio e ai GG (gradi-giorno) della zona climatica.
In questa scala di classificazione i valori limite che separano una classe dalla
successiva non sono fissi poichè determinati in funzione del rapporto S/V e della
zona climatica in cui è situato l’edificio.
Esistono altre classificazioni, come quella proposta da Casaclima della Provincia
Autonoma di Bolzano, che, invece, impongono valori di separazione tra le classi
indipendenti dai suddetti parametri. Tali classificazioni sono dette perciò “a classi
fisse”.
La maggior parte degli edifici non rispetta le recenti normative sul risparmio
energetico anche perché occorre un sostanziale impegno progettuale per realizzare
edifici energeticamente efficienti.
Come già accaduto per gli elettrodomestici (dei quali si consiglia l’acquisto solo
se di Classe A), anche per gli edifici si sta cercando di introdurre un’“etichetta
energetica” indicante la classe di consumo energetico di appartenenza, con la
speranza, tra l’altro, che tale classe energetica rappresenti un plusvalore in caso di
compravendita.
16
Sono considerati edifici a basso consumo energetico quei fabbricati che hanno un
fabbisogno termico inferiore a 50 kWh/m2a.
L’efficienza si ottiene partendo da semplici accorgimenti: giusto orientamento e
compattezza della forma. Occorre inoltre un involucro edilizio termicamente ben
isolato, impermeabile e senza ponti termici.
Il tasso di ricambio d’aria per infiltrazione deve essere compreso tra lo 0,2 e lo
0,6/h.
Le finestre servono in primo luogo per illuminare gli ambienti con la luce
naturale; in secondo luogo anche per captare gli apporti termici solari. In inverno,
le finestre fanno perdere molto calore rispetto alle pareti, perché la loro
trasmittanza è molto maggiore di queste ultime. Le finestre usate negli edifici a
basso consumo energetico hanno una trasmittanza ridotta (U < 1,8 W/m2K) e una
trasparenza che fa penetrare più dello 0,55 % della luce incidente. La dimensione
delle finestre deve essere tale da non creare surriscaldamenti in estate.
Le schermature svolgono varie funzioni: devono ombreggiare le finestre quando
c’è troppo sole ed impedire abbagliamenti e surriscaldamenti, riflettere la luce
nella profondità dei locali migliorando l’illuminazione naturale. Per svolgere
queste funzioni le schermature dovrebbero essere regolabili.
Gli edifici passivi sono quelli caratterizzati da un fabbisogno energetico che non
supera i 15 kWh/m2a. Le perdite di calore sono così ridotte che gli apporti solari
(attraverso finestre e vetrate), il calore recuperato dall’aria in uscita e quello
prodotto da sorgenti interne (persone, apparecchiature, macchinari, illuminazione
artificiale) possono coprire quasi tutto il fabbisogno termico del riscaldamento
invernale. Di conseguenza, non occorre un impianto di riscaldamento
convenzionale. Le strutture finora costruite in tale modo hanno dimostrato che un
edificio passivo può essere realizzato anche a costi competitivi.
Le finestre di un edificio passivo devono garantire apporti solari che
controbilanciano le perdite giornaliere di calore per trasmissione. Le finestre di
edifici passivi possiedono un'elevata proprietà termoisolante (U < 0,8 W/m2K) e
vetri con una trasmittanza energetica globale di almeno lo 0,55%. Per evitare
eventuali surriscaldamenti degli ambienti la superficie delle finestre esposte a Sud
è da limitare a quella indispensabile per procurare gli apporti solari necessari.
La ventilazione negli edifici passivi è meccanica e controllata. L’impianto deve
fornire un ricambio di almeno 30 m3/h e persona, ossia un tasso di ricambio di
0,4/h.
I costi di una casa passiva sono alti se paragonati a quelli di una comune
costruzione, ma sono concorrenziali rispetto a quelli degli edifici che rispondono
alle normative sul risparmio energetico perché l’eliminazione dell’impianto
termico convenzionale compensa in parte l’aumento dei prezzi causato dal
massiccio isolamento.
In Italia, grazie alle condizioni climatiche più favorevoli, i parametri degli edifici
passivi si raggiungono con minor sforzo.
PARAGRAFO I.2.2 – LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA
Con la Legge 9 gennaio 1991, n. 10 “Norme per l'attuazione del Piano energetico
nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di
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sviluppo delle fonti rinnovabili di energia” l’Italia recepì la direttiva CEE n.
93/76. All’articolo 30 era previsto che, nei casi di compravendita e di locazione, il
certificato di collaudo e la certificazione energetica dovevano essere portati a
conoscenza all’acquirente o al locatario dell’immobile.
Il certificato energetico avrebbe consentito di:
- conoscere il consumo standard dell’edificio o del singolo alloggio;
- rendere più trasparenti i rapporti con chi fornisce il calore o il combustibile;
- dare una prima indicazione sulla necessità di prevedere interventi di risparmio
energetico.
Apprezzata dalle amministrazioni di tutta Europa, la L.10 non ha portato i risultati
sperati a seguito della mancata emanazione dei decreti attuativi.
Maturata la consapevolezza che il settore residenziale assorbe, come già detto, il
40% circa del fabbisogno energetico, l’Unione Europea ha emanato la Direttiva
2002/91/CE relativa al “Rendimento energetico degli edifici” vincolando tutti gli
Stati dell’Unione a recepirla entro il 4 Gennaio 2006. L’Italia ha provveduto con il
Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192 “Attuazione della direttiva
2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”, pubblicato nel
supplemento Ordinario n. 158/L della Gazzetta Ufficiale del 23 settembre 2005 n.
222. Dal 4 gennaio 2003 è quindi in vigore, in tutta la Comunità Europea, la
Direttiva UE del 16 dicembre 2002 che rende obbligatoria la certificazione
energetica degli edifici.
La Direttiva impone che tutti i locatori ed i venditori di abitazioni debbano
presentare agli affittuari ed agli acquirenti un certificato che indichi i consumi
energetici per il riscaldamento e la produzione di acqua calda, nonché le emissioni
di CO2. Il certificato deve inoltre riportare informazioni sull’involucro edilizio e
sugli impianti tecnologici installati.
La certificazione energetica degli edifici dovrebbe:
- rendere più trasparente il mercato immobiliare, perché consente un confronto dei
consumi energetici correlati all’immobile;
- informare sugli impianti ed i potenziali di risparmio energetico;
- documentare lo standard energetico e tecnologico dell’immobile;
- stimolare i proprietari a procedere al miglioramento energetico dei loro
immobili;
- essere uno strumento di marketing;
- contribuire alla tutela dell’ambiente.
I nuovi edifici con più di 1000 m2 di superficie utile devono far uso delle energie
rinnovabili e della cogenerazione. La Direttiva richiede l’aggiornamento ogni
dieci anni dei dati riportati nel certificato.
L’obiettivo è quello di contenere il consumo energetico affrontando il problema in
maniera globale, ovvero considerando la richiesta di energia per il riscaldamento,
la ventilazione, la produzione di acqua calda sanitaria, il raffrescamento e
l’illuminazione.
Le disposizioni contenute nella direttiva obbligano gli Stati membri dell’UE a:
18
- definire una metodologia a livello nazionale e regionale per il calcolo del
rendimento energetico degli edifici;
- individuare i requisiti minimi in materia di rendimento energetico degli edifici
sia esistenti (in caso di ristrutturazione degli stessi) sia di nuova costruzione;
- introdurre l’obbligo della certificazione energetica degli edifici;
- prevedere l’ispezione periodica di caldaie, impianti termici e condizionatori.
In Italia la L.10, per poter essere pienamente operativa, aveva bisogno di decreti
applicativi. Tali decreti, nel 2002, erano stati emanati solo in parte e per questo
motivo, va da sé, gli obiettivi della L.10, davvero elevati visto che la stessa non
difettava di disposizioni atte a regolamentare con precisione tutti gli aspetti
correlati alla gestione energetica degli edifici, sono stati largamente disattesi.
Per la precisione, l’ultimo decreto applicativo in ordine di tempo ad essere stato
emesso è stato il D.M. del 27 Luglio 2005 pubblicato sulla G.U. del 2 Agosto
2005, appena diciassette giorni prima del D.M. 192!
L’emanazione di questo decreto (prodotto, per la precisione, da Ministero delle
Infrastrutture) ha destato non poche perplessità in quanto avvenuta mentre era in
corso di approvazione il recepimento della Direttiva 2002/91/CE che avrebbe
prodotto il D.M. 192.
Le principali novità introdotte dal D.M. del 27 Luglio 2005 sono state:
- adozione dei valori di CD limite maggiormente restrittivi rispetto ai precedenti;
- valutazione dell’inerzia termica delle chiusure opache come fattore premiante ai
fini della determinazione della loro trasmittanza termica;
- introduzione di valori limite della trasmittanza per pareti, solai e strutture
vetrate.
Il D.M. 192/05 presenta un testo molto articolato in cui vengono previste sia le
modalità applicative per il periodo transitorio che quelle definitive; ovviamente
richiede anche una serie di decreti attuativi per poter diventare pienamente
operativo.
Le principali novità introdotte dal D.M. 192 sono:
- differenziazione degli adempimenti in relazione al diverso tipo di intervento
(ristrutturazione totale o parziale, nuova edificazione ecc.);
- nuove metodologie di calcolo e nuovi criteri progettuali;
- obbligo della certificazione energetica per gli edifici di nuova costruzione;
- obbligo di redigere una certificazione tecnica (nel periodo transitorio, da stilare
secondo l’Allegato E dello stesso decreto);
- disposizione di un regime transitorio secondo cui il calcolo della prestazione
energetica degli edifici per la climatizzazione invernale è disciplinato dalla L.10 e
suoi decreti attuativi e dall’Allegato 1:
- abrogazione delle norme UNI secondo le quali erano stati eseguiti i calcoli
relativi alle prestazioni energetiche fino ad allora;
- è introdotto un nuovo descrittore della prestazione energetica dell’edificio: il
FAEP, Fabbisogno Annuo di Energia Primaria, espresso in kWh/m2a, parametro
che va confrontato con i valori imposti dalla legge differenziati per zona
climatica;
19
- al calcolo e successiva verifica del CD è sostituito l’obbligo del rispetto, per le
strutture opache e trasparenti, di valori limite della trasmittanza U secondo valori
imposti dalla legge differenziati per zona climatica;
- il FEN va calcolato ma non più confrontato con quello limite;
- per gli impianti è previsto il raggiungimento di performance superiori del 10%
secondo il parametro del Rendimento Globale Minimo.
Gli adempimenti richiesti dal decreto 192 sono differenziati a seconda del tipo di
intervento:
1) Per:
- edifici di nuova costruzione;
- ristrutturazione integrale di edifici aventi superficie utile superiore a 1000 m2;
- demolizione e ricostruzione di edifici aventi superficie superiore a 1000 m2;
- ampliamento di edifici superiore al 20% della costruzione preesistente;
si dovrà verificare il rispetto del FAEP limite e dei valori delle trasmittanza delle
chiusure, opache e trasparenti e l’assenza di condensazioni superficiali ed
interstiziali. Qualora non fosse rispettato solo il FAEP la verifica avrebbe
comunque esito positivo se il Rendimento Globale Medio Stagionale risultasse
maggiore di quello limite (indicato, ovviamente, nel Decreto).
2) Per:
- ristrutturazione totale o parziale di edifici aventi superficie utile inferiore a
1000 m2;
occorrerà verificare solo il rispetto dei valori limite delle trasmittanze delle
chiusure, opache e trasparenti e l’assenza di condensazioni superficiali ed
interstiziali.
3) Per:
- nuove installazioni di impianti termici in edifici esistenti (per qualsiasi valore
della potenza installata);
- ristrutturazione degli stessi impianti (per qualsiasi valore della potenza
installata);
dovrà essere rispettato il valore del FAEP limite ovvero i valori calcolati dovranno
essere pari a quelli del precedente punto 2) maggiorati del 50%.
4) Per:
- nuove installazioni di impianti termici,aventi potenze inferiori a 100 kW, in
edifici esistenti;
- ristrutturazione di impianti termici, aventi potenze inferiori a 100 kW, in edifici
esistenti;
- sostituzione di generatori di calore;
si riterranno rispettate le prescrizioni in materia di contenimento energetico se:
- i generatori di calore sono dotati di marcatura a tre o quattro stelle secondo la
classificazione prevista all’Allegato II del D.P.R. 660/96;
- la temperatura media del fluido termovettore non supera i 60°;
- l’impianto è dotato di apparecchiature di termoregolazione;
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- nel caso di installazione di generatori con potenza maggiore di 35 kW, tale
potenza non sia superiore a quella installata in precedenza maggiorata del 10%.
Qualora questi requisiti non siano soddisfatti, si dovrà procedere al controllo sia
del FAEP limite che del Rendimento di Produzione Globale Medio Stagionale
Limite.
Inoltre il decreto 192 dispone che:
- per le abitazioni residenziali in Zona Climatica C, D, E, F, il valore della
trasmittanza termica dei divisori tra alloggi confinanti non superi gli 0,8 W/m2K;
- per tutte le categorie di edifici (tranne specificate eccezioni) nelle zone
climatiche A, B, C e D dove il valore dell’irradianza solare orizzontale nel mese
di massima insolazione sia maggiore o uguale a 250 W/m2, la massa superficiale
delle strutture opache dovrà risultare superiore a 230 kg/ m2.
All’articolo 6, il decreto 192 cita l’obbligo di redigere l’Attestato di Certificazione
Energetica, reso obbligatorio a partire dall’8 Ottobre 2006. tale certificato è
richiesto per le due seguenti tipologie di intervento:
- realizzazione di un nuovo edificio;
- ristrutturazioni totali o parziali di edifici aventi superficie utile non inferiore a
1000 m2.
PARAGRAFO I.2.3 – IL LCA (LIFE CYCLE ASSESSMENT)
Valutare se un prodotto o un sistema sia eco-compatibile (environmentally
frendly) non è semplice poiché una valutazione oculata dei prodotti e dei sistemi
deve considerare il loro intero ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime,
alla produzione, all’utilizzo, alla dismissione e riciclo, ed infine allo smaltimento.
La valutazione degli edifici energeticamente efficienti, allora, non dovrebbe
considerare solo i consumi energetici relativi alla fase di gestione; occorrerebbe
infatti tenere conto di tutto il ciclo di vita dell’edificio per poi esprimere una
valutazione complessiva di impatto energetico ed ambientale. Questo tipo di
approccio viene indicato con l’acronimo anglosassone LCA (Life Cycle
Assessment) e si occupa di valutare i sistemi ed i prodotti in tutto il loro ciclo di
vita, partendo dalle fasi di reperimento delle materie prime fino allo smaltimento.
L’approccio LCA, indicato anche con l’espressione anglosassone from cradle to
grave (dalla culla alla tomba) si articola in quattro fasi:
1) estrazione delle materie prime;
2) produzione effettiva dei manufatti in stabilimento;
3) uso del prodotto;
4) dismissione e riciclo del prodotto.
Poiché l’impatto ambientale di un prodotto può variare durante le diverse fasi
della sua vita, l’LCA tiene conto degli impatti relativi a tutte le fasi.
21
CAPITOLO II.1 – IL SOLE NEL PROGETTO DI ARCHITETTURA:
LUCE ED ENERGIA
PARAGRAFO II.1.1 – PREMESSE
Ormai non è raro pensare a quanto sarebbe conveniente poter immagazzinare il
calore offerto dal sole in estate e poterlo poi riutilizzare in inverno. Non si tratta di
un'idea inusitata ma di una ipotesi operativa dettata dalla sensibilità cui l'attuale
precaria situazione energetica e ambientale ci ha abituati.
Il nostro Paese, purtroppo con altri, è fortemente dipendente dalle importazioni di
combustibili fossili: il nostro fabbisogno energetico dipende per più di due terzi
dal petrolio. Utilizzare le fonti rinnovabili come il sole significa risparmiare
risorse economiche ed ambientali, limitare le emissioni di gas serra ed utilizzare
di meno e più razionalmente gli idrocarburi tuttora essenziali per alcune
lavorazioni, ad esempio per la produzione delle materie plastiche e per i solventi
industriali, che sono causa di un forte degrado dell’ambiente.
Anche l’edilizia contribuisce in modo non trascurabile al consumo delle risorse
non rinnovabili ed all’inquinamento ambientale: dalla estrazione delle materie
prime, alla lavorazione delle stesse, alla posa in opera di parti e componenti, e
soprattutto durante la vita dell’edificio per l’uso degli impianti di climatizzazione
e riscaldamento, per concludersi poi con lo smaltimento dei rifiuti da cantiere in
caso di ristrutturazione o demolizione. In quest’ottica si inserisce l’attualità del
Progetto di edilizia sostenibile: un nuovo modo di pensare alla progettazione
architettonica ed ingegneristica che miri alla salvaguardia dell’ambiente ed all’uso
razionale delle risorse non rinnovabili, pur garantendo il benessere degli abitanti.
Sino a pochi decenni fa, pensando che le risorse petrolifere sarebbero state
illimitate, si poneva scarsa attenzione alle tematiche energetiche: gli edifici
venivano progettati e costruiti con pareti sottili, grazie alle strutture a telaio, e
però altamente dispersive. Così, al calore necessario al riscaldamento
dell’ambiente interno si sommava il calore necessario al riscaldamento delle pareti
stesse, aumentando consumo energetico e inquinamento.
Le pareti sottili degli edifici, inoltre, non rappresentavano solo la causa delle
dispersioni di calore invernali ma non garantivano neanche un buon
comportamento estivo, confermando ma non applicando quanto la corretta tecnica
costruttiva aveva sino ad allora insegnato: ovvero che le masse murarie poco
consistenti hanno cattive prestazioni sia in d’inverno sia d’estate vista la loro
scarsa inerzia termica.
A partire dagli anni ‘70, con il susseguirsi di crisi petrolifere e più attente
valutazioni sulla reale entità dei giacimenti che indicarono il forte spreco in atto
delle risorse non rinnovabili, cominciò a crescere la coscienza ambientale e con
essa la necessità di rivedere il modo in cui, sino ad allora, si progettava e
costruiva. Allora si cercò di aggiungere alle pareti qualcosa che, almeno
d’inverno, trattenesse all’interno dell’edificio il calore prodotto con gli impianti di
riscaldamento: si svilupparono i sistemi di coibentazione e vennero prodotti nuovi
materiali isolanti.
22
I cambiamenti climatici e la richiesta di una sempre migliore qualità di vita, nel
frattempo hanno fatto crescere l’esigenza di ripararsi non solo dal freddo invernale
ma anche dall’afa estiva: gli impianti di climatizzazione, a partire dagli anni ’80,
si sono diffusi sempre più e negli anni ’90 sono diventati alla portata di tutti,
ormai diffusissimi anche a livello domestico. Il loro avvento ha prodotto
un’ulteriore richiesta energetica, sottoforma di energia elettrica, estesa non più
solo ai mesi invernali ma anche a quelli estivi.
Da ciò si deduce che ormai, sia in estate sia in inverno, la richiesta energetica
degli edifici raggiunge picchi elevatissimi: la progettazione energeticamente
sostenibile richiede che siano valutati con criterio tutti i parametri che
condizionano tale richiesta al fine di ridurne l’entità.
La corretta progettazione dell’involucro dell’edificio, regolando lo scambio
termoigrometrico con l’esterno, costituisce una componente significativa del
risparmio energetico e della riduzione dell’inquinamento ambientale.
PARAGRAFO II.1.2 - L’ENERGIA SOLARE
Il sole invia verso la Terra energia radiante la cui quantità può essere espressa per
mezzo della costante solare, definita come l’energia (o la potenza) incidente
nell’unità di tempo sull'unità di superficie esposta perpendicolarmente al sole al di
fuori dell’atmosfera, il cui valore è pari a circa 1367 W/m2.
Nell'attraversare l'atmosfera, l'energia radiante solare subisce tre modifiche:
- una riduzione dovuta all’assorbimento atmosferico ed alla riflessione;
- una variazione della distribuzione spettrale;
- una dispersione nell'atmosfera (scattering) per effetto di riflessioni multiple.
Al suolo, oltre alla radiazione proveniente direttamente dal sole (radiazione
diretta), giunge anche radiazione proveniente da tutta la volta celeste (radiazione
diffusa).
Si definisce densità di potenza l’energia incidente nell'unità di tempo sull'unità di
superficie a terra. Essa si misura in W/m2, dipende dalla giacitura del piano cui
appartiene la superficie ed è somma di tre componenti:
- la componente diretta, che dipende dall'angolo di incidenza e il cui valore risulta
massimo per angolo di incidenza nullo (radiazione normale);
- la componente diffusa, che dipende dalla frazione di cielo “vista” dalla
superficie, e quindi dalla sua inclinazione rispetto al piano orizzontale, e il cui
valore risulta massimo per superficie orizzontale;
- l’albedo (in caso di superficie non orizzontale), che è la componente riflessa dal
terreno e dipende dal coefficiente medio di riflessione del terreno e dall'angolo di
inclinazione della superficie rispetto all'orizzontale.
La potenza totale (detta globale) incidente sulla superficie è data quindi dalla
somma di tali tre componenti. L'energia incidente in un giorno è data dall'integrale
di tale somma esteso all'intera giornata.
Rispetto alla costante solare, la radiazione realmente incidente al suolo si abbassa
a circa 1 kW/m2, cioè al 75% della radiazione extratmosferica.
23
La costante solare in una certa località può essere stimata mediante dati rilevati
sperimentalmente la cui elaborazione permette di ricavare i valori della radiazione
solare globale giornaliera media, relativa a ciascun mese, su superficie
orizzontale (kWh/ m2 - giorno o MJ/ m2 - giorno).
PARAGRAFO II.1.3 – IL PERCORSO DEL SOLE
Stabilito un sistema di riferimento quale quello dei punti cardinali, si descrivere la
posizione del sole rispetto ad un punto sulla superficie terrestre mediante:
- l’angolo azimutale λ, angolo tra due piani passanti per la verticale del luogo,
uno contenente il sole, l'altro passante per il Sud. Di conseguenza λ sarà uguale a
zero quando il sole è sul piano meridiano, cioè a mezzogiorno, e avrà valori
positivi verso Ovest e negativi verso Est;
- la latitudine L, angolo che la retta passante per la località considerata ed il
centro della Terra forma con il piano dell'equatore; L è positiva nell'emisfero
settentrionale e negativa in quello meridionale;
- l'altezza o altitudine solare α, angolo formato tra la direzione dei raggi solari ed
il piano orizzontale (il suo complementare, cioè l'angolo tra la retta sole-punto e la
verticale locale è l'angolo zenitale z). Il complemento di α, cioè l'angolo tra la
retta sole-punto e la verticale locale, è chiamato angolo zenitale;
- l'azimut solare a, angolo formato tra la proiezione sul piano orizzontale dei
raggi solari e la direzione sud (è positivo prima del mezzogiorno solare);
- l'angolo orario h: è la distanza angolare tra il Sole e la sua posizione a
mezzogiorno lungo la sua traiettoria apparente sulla volta celeste; è anche pari
all'angolo di cui deve ruotare la Terra affinché il Sole si porti sopra il meridiano
locale. Tale angolo è positivo nelle ore antimeridiane. Esso risulta pari al numero
di ore di distanza dal mezzogiorno moltiplicato per 15 (poiché la Terra ruota di
15° all'ora alla velocità nominale di 360°al giorno);
- la declinazione solare δ: è l'angolo che la direzione dei raggi solari forma a
mezzogiorno, sul meridiano considerato, col piano equatoriale; risulta anche pari
all'angolo che i raggi solari formano a mezzogiorno con la direzione dello zenit
sull'equatore e coincide inoltre con la latitudine geografica alla quale in un
determinato giorno dell'anno il Sole a mezzogiorno sta sullo zenit (il che può
accadere solo fra i tropici); è positiva quando il Sole sta al di sopra del piano
equatoriale ed è negativa quando il Sole è al di sotto di esso.
Non è quindi difficile trarre le seguenti deduzioni:
- la superficie orizzontale è quella che riceve il massimo di radiazione in estate ed
il minimo in inverno (valori tipici del rapporto tra minimo e massimo alle nostre
latitudini sono: 1:4 - 1:5). Da ciò si può ricavare l'indicazione che tale
orientamento è particolarmente inadatto per aperture (lucernari) in climi
mediterranei quali i nostri;
- la superficie verticale Sud è quella che riceve il minimo di radiazione in estate e
valori prossimi al massimo in inverno;
- l'orientamento Sud con inclinazione di 60° sull’orizzontale risulta quello cui
corrisponde il massimo di energia incidente nei mesi invernali ovvero il massimo
di energia ricevuta nel corso dell'anno. Si tratta quindi dell'orientamento da
preferire per sistemi che intendano raccogliere energia durante tutto l'anno, come,
24
ad esempio, sistemi solari attivi per la produzione di acqua calda per uso sanitario
e per il riscaldamento.
I grafici del percorso del sole sono nati per rappresentare le posizioni che il sole
occupa nel cielo nel corso dell’anno. Essi:
- permettono di verificare se e quando una certa parte di un edificio sarà esposta
alla radiazione diretta dal sole e la direzione da cui arriveranno i raggi solari nei
diversi periodi dell'anno;
- servono a prevedere le ombre che altri edifici circostanti, alberi, rilievi montuosi,
ecc. proietteranno su una data superficie e quando;
- consentono di progettare elementi atti a generare le ombre che si desiderano.
Mentre le superfici orizzontali, a meno della presenza di ostacoli, vedono tutta la
volta celeste e ricevono sempre i raggi solari, quelle verticali, quali le pareti di un
edificio, vedono solo metà del cielo. Questo si rappresenta molto semplicemente
sul diagramma, tracciando una linea orientata come la parete in questione e
“oscurando” la metà della volta corrispondente.
Grazie ai grafici del percorso del sole si possono dimensionare e posizionare
diversi componenti edilizi atti a produrre le ombre necessarie ad evitare eccessivi
guadagni di energia solare nei periodi caldi, causa di un aumento rilevante del
carico termico nell’edificio.
PARAGRAFO II.1.4 – LA LUCE
La luce è la parte dell'energia radiante percepita dall'occhio umano. L'occhio è
sensibile solo alle lunghezze d'onda comprese in un intervallo molto ristretto (0.38
- 0.78 µm, ovvero 380 - 780 nm). Inoltre, all'interno di questo intervallo, la
sensibilità dell'occhio non è costante, ma varia in funzione della lunghezza d'onda
λ e anche del rapporto giorno/notte: mentre di giorno l’occhio è più sensibile alla
lunghezza d'onda λ =555 nm (visione fotopica), a cui corrisponde una luce gialloverde, di notte lo è alla lunghezza d'onda λ=507 nm, relativa ad una luce verdeazzurra (visione scotopica).
La luce solare è fondamentale per la vita; in genere, comunque, è la luce, naturale
o artificiale, a permetterci di svolgere le funzioni ed i compiti di ogni giorno.
Le grandezze fotometriche utilizzate in illuminotecnica sono:
- il flusso luminoso Φ, misurato in lumen [lm], che è la somma pesata secondo λ
della potenza emessa secondo la distribuzione spettrale;
- l’intensità luminosa I, misurata in candele [cd=lm/steradiante], che è il flusso
luminoso emesso, in una data direzione, per angolo solido;
- l’illuminamento E, misurato in lux [lx=lm/m2], che è il flusso ricevuto
dall’unità di superficie;
- la luminanza L, misurata in nit o stilb [rispettivamente cd/m2 e cd/cm2], che è
l’intensità luminosa emessa da un’unità di superficie colpita dalla radiazione
solare, in una data direzione;
- la radianza M, valutata in lx su bianco, che è il rapporto tra il flusso emesso
dalla superficie e quello che si sarebbe avuto nel caso essa fosse stata bianca,
25
ovvero riflettente al 100%, a parità di flusso incidente. Se E è l’illuminamento che
la superficie riceve, M è pari a E*r, dove r = riflessività è pari ad 1 nel caso di
superficie bianca, minore di 1 in tutti gli altri casi.
Le prime due grandezze sono riferite alla sorgente luminosa, la terza all’effetto, le
ultime due a sorgenti e/o superfici riflettenti, cioè non capaci di emettere un flusso
luminoso bensì di rifletterlo se da esso colpite.
Nello studio del benessere visivo, si definisce compito visivo la capacità di
riconoscere un dettaglio. Per ogni compito visivo viene studiata la distribuzione
dell'illuminamento per esso ottimale. È detta invece prestazione visiva l'influenza
che le condizioni di illuminazione hanno sulla velocità e sulla accuratezza con cui
viene svolto il compito visivo desiderato.
Tutti gli esperimenti mostrano che la prestazione dipende dalle seguenti
grandezze:
- l'illuminamento sull'area di osservazione;
- il contrasto di luminanza e/o di colore tra dettaglio e sfondo;
- le dimensioni angolari del dettaglio;
- la difficoltà del compito.
Si parla di abbagliamento quando si ha la presenza, nel campo visivo, di sorgenti
luminose con una luminanza molto maggiore della media delle luminanze delle
altre sorgenti presenti.
Le sorgenti luminose possono essere primarie (lampade, cielo) o secondarie
(superfici riflettenti). Se la sorgente disturbante è del primo tipo si parla di
abbagliamento diretto, mentre se è del secondo tipo si parla di abbagliamento
riflesso (o indiretto). A seconda dell'entità, poi, si parla di fastidio da
abbagliamento, o, nei casi più gravi, di riduzione della capacità visiva dovuta
all'abbagliamento
Per evitare l'abbagliamento indiretto, solitamente, è sufficiente l'uso di superfici
non speculari (scabre, diffondenti) in vicinanza dell'area di osservazione (ad
esempio, la superficie della scrivania), oppure il posizionamento opportuno della
sorgente. Per evitare l'abbagliamento diretto, le sorgenti luminose presenti nel
campo visivo non devono presentare luminanze eccessive.
PARAGRAFO II.1.5 – L’IILUMINAZIONE NATURALE
All'interno di un ambiente il flusso luminoso totale è il risultato di tre contributi:
- il flusso che arriva sul punto direttamente dal cielo (componente cielo);
- il flusso che arriva sul punto per effetto di riflessioni da parte di superfici poste
all'esterno (componente riflessa esterna);
- il flusso che arriva sul punto per effetto di riflessioni da parte di superfici poste
all'interno (componente riflessa interna).
Per valutare se la luce in un punto interno ad un ambiente è sufficiente allo
svolgimento del compito visivo è stato introdotto un parametro detto fattore di
luce diurna (traduzione italiana dell’inglese daylight factor): esso é il rapporto
tra l'illuminamento in quel punto, dovuto ad una distribuzione di luminanza del
cielo nota o assegnata, e l'illuminamento su superficie orizzontale esterna, in
26
assenza di ostruzioni, prodotto dalla volta celeste con la stessa distribuzione di
luminanza.
Per entrambi gli illuminamenti si esclude la componente solare diretta.
Il calcolo del fattore di luce diurna è stato sviluppato assumendo i modelli di cielo
proposti dalla C.I.E. (Commission Internationale d’Eclairage): coperto o a
luminanza uniforme. In quest’ultimo caso il fattore non dipende né dall'ora del
giorno, né dal periodo dell'anno, ovvero al variare del tempo, è costante il
rapporto tra illuminamento interno ed esterno.
Più recentemente sono state proposte estensioni del metodo anche a condizioni di
cielo differenti, come la distribuzione clear e la distribuzione average (che
rappresenta una media di distribuzioni di cielo reali).
PARAGRAFO II.1.6 – LA PROGETTAZIONE DELLA LUCE NATURALE
Se l’involucro dell’edificio ha disponibilità completa di luce naturale, ovviamente
quando questa c’è, il presupposto di una corretta progettazione illuminotecnica è
quello di farla pervenire anche nelle zone più interne dell'edificio. Essendo la
radiazione solare pari qualche centinaio di W/m2 e la sua efficienza luminosa pari
a 100-120 lm/W, si può stimare il flusso luminoso naturale incidente su 1 m2 di
involucro esterno, che risulta quindi dell’ordine di grandezza di alcune decine di
migliaia di lumen.
Tale flusso luminoso basterebbe ad illuminare varie decine di metri quadrati di
superficie di lavoro: il problema è che, nel penetrare nell’edificio, esso non si
distribuisce omogeneamente a causa delle riflessioni sulle pareti, del loro
assorbimento, ecc., cosicché il livello di illuminamento decresce molto
rapidamente al crescere della distanza dall'apertura.
Per ottenere una penetrazione quanto più profonda ed omogenea della luce dentro
gli edifici, sono state sviluppate varie tecnologie e diverse soluzioni
architettoniche. Talvolta esse hanno dimostrato grossi limiti, come ad esempio
quello di provocare surriscaldamenti degli ambienti o di essere efficaci solo in
alcune stagioni dell’anno, ovvero solo per determinate inclinazioni della
radiazione solare.
Già anticamente era evidente che aumentando la superficie laterale dell'involucro
cresceva l'area “illuminabile” con luce naturale: ecco perché nel progetto
architettonico venivano previsti chiostrine, cortili, ecc. Tali soluzioni, si intuisce
facilmente, provocano però anche un sostanziale aumento delle dispersioni di
calore in inverno.
Molto interessanti si sono dimostrate le soluzioni tecnologiche quali mensole di
luce, pannelli prismatici, film olografici, ecc., che deviano una parte del flusso
luminoso incidente sull’involucro edilizio verso il soffitto, il quale, se ha un
coefficiente di riflessione elevato e se è sagomato opportunamente, rinvia la luce
in profondità nell'ambiente. Questi sistemi, inoltre, riducendo l'illuminamento in
27
prossimità delle aperture, evitano anche alcuni disturbi come l’abbagliamento in
prossimità delle stesse.
Altre tecnologie, evoluzione di quelle appena accennate, mirano a trasportare la
luce naturale nelle zone buie mediante condotti rivestiti di materiali altamente
riflettenti: sono nati così i condotti di luce, i captatori solari, ecc. All’avanguardia
è poi l’utilizzo di fasci di fibre ottiche, che trasmettono il flusso concentrato
all’esterno da collettori solari parabolici.
PARAGRAFO II.1.7 – I MATERIALI
Pensando alla penetrazione della luce negli ambienti, si coglie l’importanza che
assumono le caratteristiche fotometriche dei materiali di finitura dell’ambiente
interno. Una volta attraversato l’involucro dell’edificio, laddove esso è
trasparente, i raggi luminosi incidono sulle superfici dell'ambiente interno e
vengono da queste in parte assorbiti ed in parte riflessi.
Una semplice classificazione dei materiali, sia opachi sia trasparenti, si può fare
sulla base della forma e dell'ampiezza del solido fotometrico riflesso (materiali
opachi) o trasmesso (materiali trasparenti):
A: speculari, se c'è assenza totale di diffusione;
B: perfettamente diffondenti, se il solido fotometrico è una sfera;
C: con diffusione ampia;
D: con diffusione stretta;
E: diffondenti-speculari, quando i due comportamenti coesistono;
F: complessi, quando il flusso emergente forma un solido fotometrico molto
irregolare o con discontinuità, spesso molto variabile con l'angolo di incidenza ed
anche, a parità di questo, con la direzione.
28
CAPITOLO II.2 – TECNICHE DI CONTROLLO DELLA LUCE
NATURALE
PARAGRAFO II.2.1 – PREMESSE
L’AIDI (Associazione Italiana di Illuminazione) definisce finestra l’“elemento
multiparte integrato di controllo della radiazione luminosa proveniente
dall’esterno, di schermatura visiva e di aerazione”. A tutta ragione, possiamo
estendere all’intero involucro, quando trasparente, tale definizione, ovvero il
compito che essa svolge nel controllo del rapporto ambiente esterno/interno.
I sistemi di controllo della radiazione solare sono preposti a quattro funzioni
fondamentali:
- controllo della quantità di luce in ambiente;
- controllo della radiazione solare diretta;
- controllo della luminanza della superficie vetrata;
- controllo del colore della luce naturale in ambiente.
Le modalità con cui queste funzioni vengono espresse si basano su due tipi di
azioni:
- attenuazione della radiazione solare incidente;
- ridirezionamento della radiazione solare incidente;
- riflessione, che può avvenire verso l’esterno o verso l’interno quando si volesse
spingere la luce in profondità negli ambienti;
- rifrazione, ovvero la deviazione che i raggi di luce subiscono nel passare da un
mezzo ad un altro a densità diversa (esempio, dall’aria al vetro);
- diffrazione, ovvero la riflessione multipla dovuta all’attraversamento di un
ostacolo, per la quale la luce risulta semidiffusa.
Bisogna aggiungere che la luce subisce anche il fenomeno naturale della
diffusione, ovvero della deviazione omnidirezionale. È questo il fenomeno per cui
il cielo è luminoso e la luce da esso proveniente uniforme.
Nella pratica, la finestra e anche l’involucro trasparente espletano le proprie
funzioni attraverso i cosiddetti sistemi di controllo che si classificano in relazione
a:
- la componente trasparente;
- la componente schermante;
- la componente di conduzione della luce.
Nei successivi paragrafi tali componenti vengono sinteticamente descritte.
PARAGRAFO II.2.2 – LA COMPONENTE TRASPARENTE
Quando si parla di componente trasparente viene subito in mente il vetro
semplice: storicamente, infatti, esso è stato il materiale più frequentemente
utilizzato. Oggigiorno, invece, il suo utilizzo è ormai quasi limitato alle sole
29
finestre, mentre, per quanto riguarda l’involucro, esso è stato sostituito con
materiali a più alte prestazioni.
La componente trasparente viene classificata secondo le indicazioni dell’AIDI, di
seguito riportate:
Componente
trasparente
Pellicole
Vetri riflettenti
Selettivi
angolare)
(selettività
Componente
Tradizionale
Vetri chiari
Vetri trattati in massa
(colorati)
Vetri
trattati
in
superficie
Componente
Innovativo
Cromogenici
Fotocromici
Termocromici
Elettrocromici
Cristalli liquidi
Film olografici
Pannelli prismatici
Pannelli laser-cut
PARAGRAFO II.2.3 – LA COMPONENTE SCHERMANTE
I sistemi di schermatura vengono classificati in base al seguente schema:
In base alla posizione dell’elemento schermante rispetto alla componente
trasparente
elevati costi di installazione e
manutenzione;
invasività del prospetto esterno.
Sistemi interni/esterni
Hanno caratteristiche intermedie tra
quelli appena descritti.
Sistemi in intercapedine
efficacia nella schermatura sia della
radiazione diretta che di quella
diffusa;
efficacia nell’attenuazione del carico
termico
elevati costi di installazione e
manutenzione.
Sistemi interni
facile regolabilità da parte degli
utenti;
protezione dall’abbagliamento;
economicità;
scarsa attenuazione del carico
termico;
possibile limitazione della vista verso
l’esterno.
Sistemi esterni
efficacia nell’attenuazione del carico
termico;
facile regolabilità da parte degli
utenti;
efficacia nella schermatura sia della
radiazione diretta che di quella
diffusa
In base alla flessibilità di movimento
possibilità di orientarsi in base alla
direzione del sole;
costo elevato.
Fissi
economicità;
impossibilità di essere regolati.
Mobili
30
In base alla configurazione geometrica
sono costituiti da una serie di lamelle
e quindi consentono anche all’aria di
fluire.
Continui
sono formati da elementi opachi privi
di interruzione.
Discontinui
In base al comportamento rispetto alla radiazione incidente
Speculari (lucidi)
possibilità di ridirezionare la luce;
rischi di abbagliamento.
Diffondenti (opachi)
illuminazione uniforme;
basso livello di illuminamento.
In base alle molteplici tecnologie attualmente disponibili, le componenti
schermanti vengono anche classificate come di seguito:
Componente schermante
Interni
Light-shelf
Tenda
Tenda veneziana
Esterni
Mensola orizzontale
Light-shelf
Mensola verticale
Mensola mista
Frangisole a lamelle
Frangisole a griglia
Tenda
Tenda veneziana
Frangisole in vetro
Frangisole fotovoltaico
Interni/esterni
Light-shelf
In vetrocamera
Tenda
Tenda veneziana
PARAGRAFO II.2.4 – LA COMPONENTE DI CONDUZIONE DELLA
LUCE
Tale componente è quella più squisitamente architettonica nel campo
dell’illuminazione naturale degli edifici: consiste nel portare la luce dentro la
struttura operando opportune scelte di forma. Per citare alcuni esempi:
camino di luce;
atrio luminoso;
galleria vetrata.
Comunemente, la tipologia di illuminazione degli edifici prevede che la luce entri
dalle superfici laterali mediante aperture più o meno grandi; occasionalmente a
tali aperture se ne accompagnano altre sulla chiusura orizzontale superiore.
31
CAPITOLO II.3 – L’INVOLUCRO EDILIZIO
PARAGRAFO II.3.1 – GENERALITA’
In quasi tutti gli edifici che ci circondano possiamo constatare che la chiusura
esterna coincide con la struttura portante. Ciò è vero soprattutto nelle strutture in
muratura ma anche in quelle in cemento armato, dove i vuoti lasciati dallo
scheletro, perimetralmente, vengono riempiti dalla tompagnatura e poi rivestiti,
creando così l’involucro dell’edificio.
Storicamente, forse solo l’architettura gotica ha ricercato una maggiore
trasparenza dell’“involucro” e l’ha realizzata mediante grandi vetrate, che
bucavano, comunque, muri portanti resi solo più sottili dalle volte acute proposte
da tale stile.
Nell’architettura moderna, invece, si definisce “parete” il tamponamento esterno
dell’edificio, tenendolo separato, nella definizione, da quanto attiene alla struttura
portante. Ecco perché al termine “chiusura” si sostituisce sempre più spesso
quello di involucro, proprio a voler rilanciare con nuova accezione di tale
componente tecnologica.
La Norma UNI 8290 classifica le componenti del sistema tecnologico; la UNI
8369, invece, scende nello specifico della chiusura esterna e ne definisce le
prestazioni, non prima, però, di aver definito Parete perimetrale verticale la
classe di elementi tecnici verticali del sistema edilizio che costituiscono la
separazione tra l’ambiente esterno ed interno di un edificio, impediscono il
passaggio di oggetti, persone e animali, di materiali solidi, liquidi e gassosi e che
regolano il passaggio di energia. La moderna concezione dell’involucro edilizio
sta tutto in queste parole: esse sanciscono il discostamento dalla struttura muraria
ed in generale da qualsiasi obbligata funzione portante della chiusura e ne
sottolineano la funzione tecnica e tecnologica all’interno del sistema edilizio.
Prima di passare ad altre trattazioni, bisogna qui soffermarsi su un aspetto che le
definizioni tecniche fanno passare in secondo piano: l’involucro esterno
dell’edificio è quello che ne definisce l’immagine architettonica. Anticamente,
quando la parete esterna dell’edificio era il muro portante dello stesso, la sua
massività connotava fortemente il suo aspetto. Le possibili decorazioni erano un
posticcio o, al più, un gioco di lesene e di accostamenti di diversi rivestimenti.
Nell’architettura moderna, invece, la forma si libera dalla struttura e la membrana
che la definisce pure. Agli inizi del ‘900 i maestri dell’architettura moderna
misero al bando l’ornamento: la forma doveva denunciare la funzione; oggi, un
secolo dopo, l’involucro dell’edificio, sempre libero dalla struttura, ridiviene la
sua forza espressiva soprattutto quando si sperimentano nuove soluzioni
tecnologiche o nuovi materiali.
Valga per tutti l’esempio del Museo Guggenheim a Bilbao di Frank O.Gehry: il
suo involucro è una pelle in titanio, la cui gradazione cromatica, simile a quella
del piombo ma più lucente perché non soggetta ad ossidazione, è la stessa del
cielo della città dal clima atlantico; esso si modella senza alcuna aderenza alla
32
storica verticalità delle pareti scaricando il proprio peso su una struttura portante a
traliccio, interna, non visibile e svincolata dal rivestimento stesso. Possiamo
definire questa opera un capolavoro della moderna architettura già per il fatto di
aver rotto con qualsiasi tradizione morfologica, e ciò rispettando la moderna
concezione dell’involucro edilizio.
PARAGRAFO II.3.2 – REQUISITI E PRESTAZIONI
La Norma UNI 7959 determina i requisiti della parete perimetrale verticale.
Innanzi tutto, si definisce requisito la richiesta di funzionalità a cui deve
rispondere l’elemento tecnologico, tale da soddisfare le esigenze degli utenti,
mentre si definisce prestazione la risposta quantitativa dell’elemento tecnologico
nel soddisfare il requisito richiesto.
I requisiti di una parete perimetrale verticale, come da Norma UNI 7959, sono:
Requisiti relativi alla sicurezza
Stabilità
Si valuta relativamente ai carichi, alle sollecitazioni, agli assestamenti ecc., con
prove sia in laboratorio che in opera
Vento
Le UNI ENV 1991, UNI EN 13116, UNI EN 12179, normano, rispettivamente, la
valutazione dell’entità del carico meccanico dovuto al vento, i requisiti
prestazionali delle facciate sottoposte all’azione del vento, i metodi di prova
Urti
Si valuta l’attitudine a sopportare la sollecitazione dovuta ad un urto, ovvero ad un
evento localizzato, come descritto dalle UNI 9269 P, UNI ISO 7892 E UNI EN
949
Resistenza al fuoco
Si valuta secondo il rischio d’incendio in base alla circolare del Ministero degli
Interni n°91 del 14-09-1961. Vale la definizione di R.E.I.: stabilità, tenuta e
isolamento termico
Intrusioni
Sia di animali che di persone, si valutano in base ai fattori “tempo” e
“attrezzature” impiegati da un possibile intrusore secondo la UNI 7959
Fenomeni elettromagnetici
Il loro studio è in evoluzione; attualmente è normato dalla CEI 11-8 e dalla CEI
64-8
Requisiti relativi alle esigenze igrometriche
Permeabilità all’aria
Viene controllata in base alla Norma UNI EN 12153
Tenuta all’acqua
Fa riferimento all’acqua piovana in condizioni di pressione statica secondo le
Norme UNI EN 12154 e UNI EN 12155
Controllo della condensa interstiziale
33
Affinché non vi sia condensa, deve essere: p vapore < p saturaz. Gli strati
maggiormente interessati al fenomeno sono quelli di barriera al vapore e quelli
comunque impermeabili, come quelli in vetro.
Isolamento termico
A partire dalla Legge 10/’91 sono stati forniti i parametri per determinare il
fabbisogno energetico degli edifici valutando il bilancio tra apporti esterni ed
interni. La Norma UNI 10351 parla della conduttività termica e della resistenza al
vapore dei materiali da costruzione
Requisiti relativi alla purezza dell’aria
Non emissione di odori da parte dei materiali
Non emissione di gas, polveri, radiazioni
Requisiti relativi alle esigenze acustiche
Si tratta della protezione degli ambienti interni dai rumori provenienti dall’esterno
(raramente del contrario) e dai rumori impattivi. L’argomento è normato da varie
leggi, prima tra tutte la Legge 447/’95 sui requisiti acustici dell’edificio e
dell’ambiente, e le Norme UNI ISO 140 e UNI 7170/7171
Requisiti relativi alle esigenze di aspetto
Planarità
Regolarità delle finiture
Omogeneità di insudiciamento
Requisiti relativi alle esigenze tattili
Si ha benessere tattile quando c’è assenza di superfici taglienti, o che si
surriscaldino ecc.
Requisiti relativi alle esigenze di attrezzabilità
L’attrezzabilità è la capacità di una parete di sopportare carichi ad essa appesi su
una o entrambe le sue facce. Le Norme UNI ISO 7892 e UNI 9269 P descrivono
le modalità di esecuzione di una prova atta a valutarla.
Requisiti relativi alla durabilità
La durabilità è la capacità di mantenimento delle prestazioni in adeguate
condizioni di manutenzione.
Le azioni degradanti sono quelle qui riportate.
Meccaniche (relativa resistenza agli urti)
Termiche
Chimico-meccaniche
34
Requisiti relativi alle fasi di produzione e di montaggio
Massa
Ingombro
Modalità di immagazzinamento
Montaggio
Requisiti relativi alle esigenze di manutenzione
Punibilità
Riparabilità
35
CAPITOLO II.4 – EVOLUZIONE DEL CONTROLLO AMBIENTALE IN
ARCHITETTURA
PARAGRAFO II.4.1 – IL CONCETTO DI COMFORT
Si definisce comfort ambientale il benessere indotto dalle condizioni ambientali in
un dato ambiente; analogamente si può definire discomfort la situazione in cui le
condizioni ambientali non producono una tale sensazione di benessere.
Sono tre i fattori in base ai quali si “misura” la sensazione di comfort: quelli
termo-igrometrici, quelli luminosi e quelli acustici; tali fattori sono misurabili
perché rappresentano manifestazioni energetiche e fisiche.
Però, oltre che dai fattori ambientali, la sensazione di comfort dipende anche da
alcuni parametri oggettivi dell'utente quali i bisogni biologico/fisiologici,
sociologici, psicologici nonché l’attività che si sta svolgendo. È perciò che nel
capoverso precedente il termine “misura”, riferito alla stima del livello di comfort,
è stato posto tra virgolette: la sensazione di benessere, infatti, non è in sé
misurabile; dovendo però riferirla a parametri quantitativamente valutabili, e non
essendo tale la percezione umana, si è soliti valutare il comfort attraverso la
misura dei parametri fisici dell’ambiente e la loro comparazione con quelli
statisticamente reputati accettabili dall’uomo secondo l’attività svolta.
Quindi, avendo indicato quali fattori influenti sul comfort quelli termoigrometrici, quelli luminosi e quelli acustici, risultano parametri di valutazione
idonei a definire il livello di comfort la temperatura, il grado igrometrico, la
luminosità ed infine il livello sonoro.
Per quanto concerne il comfort climatico e termico, non sono solo la temperatura e
l’umidità ad influenzarne la valutazione ma anche altri fattori quali la qualità
dell'aria ed il ricambio della stessa; la richiesta umana di tali fattori dipende
dall’attività svolta, dalle condizioni fisiche individuali ecc.
Negli ambienti confinati è la stessa presenza umana ad influenzare i parametri
termo-igrometrici dato che il corpo umano produce calore a causa del suo
metabolismo, che è definito come “la produzione energetica del corpo umano
dovuta all'alimentazione”. Tale calore viene poi dissipato attraverso la pelle con
un meccanismo che, dal punto di vista fisico-tecnico, vede il corpo umano
comportarsi come una macchina termica che scambia energia attraverso la propria
frontiera con l’ambiente esterno (la pelle per l’appunto).
Tale scambio dipende da:
- la temperatura dell'aria;
- la temperatura radiante;
- l’umidità relativa dell'aria;
- la velocità dell'aria.
Matematicamente, viene quantificato attraverso l’“Equazione di Gironi”:
M - W ± R ± C - E = ∆Q
in cui:
36
M
W
R
C
E
∆Q
metabolismo
energia trasformata in lavoro meccanico
scambio di calore per irraggiamento
scambio di calore per convezione
raffrescamento evaporativo per traspirazione
variazione di contenuto di calore del corpo
Il comfort visivo dipende essenzialmente da tre fattori: la quantità di luce, la sua
qualità e l’abbagliamento.
C’è comfort visivo se il livello di illuminamento è sufficiente allo svolgimento
del “compito visivo” ovvero se permette di distinguere i dettagli degli oggetti
osservati senza abbagliamento.
La gradazione cromatica richiesta dipende invece dall’attività svolta: ad esempio,
nelle sale di lettura, nelle classi scolastiche e in altri ambienti a simile
destinazione la luce deve essere bianco-calda (possibilmente prodotta da lampade
ad incandescenza) perché tale gradazione cromatica è quella che evita
l’affaticamento dell’occhio; le luci a neon, invece, sono sconsigliate dove si
debbano consumare i pasti poiché alterano il colore dei cibi, e altro ancora.
Anche l’abbagliamento, definito come “eccessivo contrasto di luminanza in
campo visivo”, rappresenta una condizione da evitare in quanto determina
discomfort per la vista. È opportuno qui ricordare che esso può essere di tre tipi:
- velante: quando si ha un punto luminoso su fondo molto scuro;
- per adattamento: quando si verifica disadattamento alla luminanza media in
campo visivo nello svolgimento di un dato compito visivo;
- diretto o indiretto: a seconda che il raggio di luce colpisca o meno la retina
direttamente dalla sorgente o dopo una o più riflessioni.
Il comfort acustico, al pari dei precedenti, dipende molto dall’attività svolta: se in
una sala da ballo sono richiesti livelli sonori, in decibel, anche molto elevati, in
locali dedicati ugualmente allo svago ma per attività differenti, quali bar o
ristoranti, è richiesto un livello sonoro molto più basso, al fine di favorire la
conversazione e la socializzazione; conviene infine sottolineare quanto sia
importante il silenzio nelle abitazioni e nelle zone residenziali.
Definendo genericamente suono la “sensazione suscitata dai fenomeni che
stimolano il senso dell’udito”, si è soliti indicare col termine rumore un suono che
non porti alcuna informazione utile all’uomo ovvero un suono che risulti molesto
per lo stesso e l’attività che sta svolgendo.
Si definisce rumore di fondo un suono continuo privo di informazione per l’uomo
e la sua attività; nonostante il livello del rumore di fondo normalmente sia
inferiore alla soglia di dolore o di fastidio, le ricerche mediche sono concordi
nell’affermare che esso, protraendosi, può risultare molto nocivo per l’integrità
dell’apparato uditivo umano e addirittura per l’equilibrio psichico. Oggigiorno, i
rumori di fondo sono una costante nelle città, in strada o nel traffico, ma anche
negli ambienti chiusi a causa della ventilazione degli impianti di climatizzazione e
di altri fattori. La corretta progettazione ambientale deve tener conto delle
problematiche sanitarie connesse coi rumori di fondo e mirare a ridurli, soprattutto
37
negli ambienti dove l’uomo trascorre molto tempo, come la casa, la scuola o il
luogo di lavoro.
A conclusione di questa rapida carrellata sui fattori influenti sul comfort, va
evidenziato che è tendenza attuale parlare e valutare il comfort globale, ovvero la
sensazione di benessere estesa a tutti gli stimoli a cui l’uomo è normalmente
sottoposto. La sua valutazione va eseguita comparando i già citati parametri
ambientali oggettivi con quelli ritenuti accettabili per l’uomo in funzione
dell’attività svolta.
PARAGRAFO II.4.2 – L’APPROCCIO STORICO AL CONTROLLO
AMBIENTALE IN ARCHITETTURA
Considerando l’architettura sia antica sia moderna, si rilevano due approcci
fondamentalmente usati per il controllo ambientale:
- l’approccio costruttivo, che concepisce il controllo ambientale mediante sistemi
stabili e statici, quali i componenti dell'edificio e che ha prodotto i cosiddetti
metodi naturali passivi di controllo degli edifici;
- l’approccio energetico, che sceglie il consumo delle risorse come parametro di
controllo e che ha prodotto i metodi energetici di controllo ambientale.
All’inizio della propria storia sulla terra, l’uomo abitava le grotte al fine di trovare
rifugio dagli eventi climatici e dalle belve. Un fuoco acceso all’interno della grotta
era l’unico sistema che egli conoscesse per ripararsi dal freddo. Successivamente,
quando cominciò a costruire da sé le case dove abitare, il modello di riferimento
restò quello della grotta: un luogo preposto a ripararsi dalle intemperie, dai venti,
dal freddo o dal sole battente, articolato attorno ad un fuoco centrale. Nelle prime
abitazioni realizzate dall’uomo non si palesava alcuna tecnica di controllo dei
parametri ambientali (fuoco a parte) dato che evidentemente all’epoca egli non
aveva ancora né coscienza né sapienza del controllo che poteva esercitare
sull’ambiente.
Nell’abitazione mediterranea, giovanissima rispetto ai tempi storici, si riscontrano
passi avanti decisivi e significativi rispetto al semplice sistema “fuoco-centrico”:
in essa, per la prima volta, si assiste allo studio non solo architettonico ma anche
tecnologico della morfologia della casa, cosa tanto più vera quanto più
l’abitazione era destinata ai ceti agiati e non al popolo.
Che l’uomo stesse prendendo consapevolezza della propria capacità di controllare
lo spazio lo notiamo nella Grecia antica dove, oltre alla casa, fu rilevante
l’invenzione del teatro: uno spazio dalla specifica funzione in cui si esercitava un
controllo ambientale ben definito, quello acustico. Le conclusioni prodotte dallo
studio dell’acustica in questa civiltà sono sorprendentemente corrette e nella
pratica vengono applicate ancora oggi.
Qualche secolo dopo, nella Roma imperiale, non si può non rilevare come la
magnificenza delle opere pubbliche si manifestava anche nella ricercatezza delle
loro soluzioni tecnologiche. Le terme, ad esempio, primi grandi ambienti a
38
controllo termico, avevano un riscaldamento indiretto mediante gas combusto.
Nei teatri fu utilizzato l’espediente di rafforzare il suono con una riflessione
prodotta da una parete nella parte posteriore della scena, oppure con condotti
realizzati sotto le gradinate degli spettatori o ancora con vasi interrati sotto le
gradinate che contribuivano, pare, ad amplificare il suono come casse di
risonanza. Per quanto riguarda l'abitazione, si ritrova la casa con ampio spazio
aperto centrale, il patio, avente molteplici funzioni tra cui alcune relative al
controllo climatico degli ambienti che su di essa si affacciavano. Nell’insula
urbana, complessa struttura con portici, scale ecc, invece, si assiste, forse per la
prima volta, ad un altro comportamento umano purtroppo presente anche oggi: si
perde attenzione ai fattori ambientali che, fino ad allora, avevano contribuito a
localizzare e orientare gli edifici, a causa della speculazione edilizia.
Qualche secolo dopo, le costruzioni del medioevo venivano realizzate
prevalentemente in legno o in pietra. Il legno, soprattutto nei paesi nordici,
rappresentava la materia prima più accessibile e risolveva contemporaneamente il
problema dell’isolamento termico. La pietra era riservata agli edifici più
importanti, tra cui le chiese, i conventi ed i palazzi nobiliari. A livello urbano,
d’inverno, si era soliti accendere grandi fuochi nelle piazze per creare un po’ di
calore e anche, in occasione di malattie, per sconfiggere i germi. La rilevanza data
a tali “fuochi a terra” era tale che le dimensioni di una città venivano talvolta
indicate in base al numero degli stessi.
Nelle case il fuoco aveva ancora una funzione predominante: serviva a riscaldare,
a cuocere i cibi, ecc. Dapprima acceso liberamente nello spazio costruito, venne
poi inserito nei camini per favorire lo smaltimento dei fumi, precedentemente
smaltiti solo attraverso grate e finestre poste in alto negli ambienti. In proposito,
sono medioevali due interessanti esempi spagnoli di controllo termico degli
ambienti: l’esco catalano, una stanza-focolare di ridotte dimensioni, e la gloria
castigliana, un sistema di condotte all’intradosso del pavimento che trasportavano
i fumi caldi prodotti dalla combustione di carbone nei piani bassi della casa. Ma
non bisogna scordare il braciere-camino inglese, che prevedeva un fuoco centrale
attorno al quale si scaldavano le persone, e la stanza-stufa tedesca, una stanza
chiusa ermeticamente con all’interno un fuoco che la scaldava lentamente.
Una considerazione tecnologica: mentre il braciere-camino prevedeva un ricambio
d'aria attraverso ventilazione circolare, dimostrando una certa sensibilità ai temi
che oggi definiremmo di qualità e di purezza dell'aria (pur creando discomfort
negli utenti nonché un basso rendimento termico), la stanza stufa, assolutamente
sigillata, offriva una qualità dell'aria decisamente scadente pur offendo un
rendimento elevato della combustione.
L'uso del vetro per le aperture cominciò ad affermarsi nel XV secolo. Fino ad
allora si utilizzavano panni oleati o sottili fogli di alabastro (nelle case patrizie,
ovviamente). Con l’introduzione del vetro, lo spazio divenne più luminoso e
inoltre il vetro, impermeabile all'aria, eliminò gran parte delle correnti d'aria
nell'abitazione.
La casa del XIX secolo venne dotata di nuovi sistemi di controllo delle condizioni
ambientali. Il riscaldamento mediante circolazione di acqua calda con radiatori
39
come punti di calore può essere fatto risalire a questo secolo e, come sappiamo,
l’acqua è tuttora il fluido vettore più frequentemente utilizzato per il
riscaldamento.
Se, da un lato, il crescente uso di combustibili fossili e la riduzione d’utilizzo di
materiali naturali provocarono l’inizio della distruzione dell'ecosistema, dall’altro
fu in quest’epoca che l’uomo cominciò a prendere coscienza della necessità di
maggiore salubrità e benessere degli spazi fruiti.
Fondamentale fu l’invenzione della lampada di Edison: l'illuminazione artificiale
delle strade e delle case ebbe come conseguenza il prolungamento della giornata
ovvero l’aumento delle ore utili per lo svolgimento delle attività lavorative e
personali. Il cambiamento indotto dall’illuminazione artificiale, quindi, non fu
solo un’evoluzione tecnologica ma anche una trasformazione di carattere
sociologico.
Nelle fabbriche, la corrente elettrica permise l’inserimento di sistemi di
ventilazione forzata atti ad espellere l’aria inquinata a causa della produzione. Ma
la sensibilità inglese alla qualità dell’aria non si limitò solo ad esse: il medico
igienista John Hayward, nella sua abitazione di Liverpool, l’Octogon House, ideò
e realizzò un sistema di ventilazione di tutte le stanze per l'espulsione dell'aria
viziata. Un caso singolare, ma significativo.
Nonostante la storiografia architettonica stenti a riconoscerlo, con l'introduzione
di nuove tecnologie nacquero nuovi tipi architettonici. Ciò non era ancora vero nel
XIX secolo quando solo raramente le nuove tecnologie entravano a far parte
dell'immagine generale dell'edificio: il linguaggio architettonico dell’epoca
ignorava palesemente le soluzioni tecnologiche che non venivano mai
formalmente dichiarate. Decenni dopo, gli edifici con paramento murario leggero
e a scarsa inerzia termica, le grandi superfici vetrate, gli edifici a piastra con zone
interne prive di illuminazione, divennero possibili solo grazie alle nuove tecniche
di riscaldamento e di illuminazione artificiale.
A scapito dell’ambiente, però, le tecniche di controllo seguivano così sempre
meno l’approccio costruttivo e sempre più quello energetico.
I sistemi costruttivi del secondo dopoguerra hanno consentito di costruire con uno
scheletro strutturale e un tamponamento (pelle) normalmente sottile e pertanto
quasi sempre poco idoneo al controllo delle condizioni termiche. si pensava che la
risorsa dei combustibili fossili sarebbe stata illimitata e ciò faceva propendere per
un controllo energetico del comfort indoor.
A partire dalla crisi energetica del 1973 la situazione si è lentamente ribaltata: da
un lato si è ricominciato a pensare all'involucro come elemento di controllo
(ovvero si è riabilitato l’approccio costruttivo), dall'altro una maggiore sensibilità
ambientale ha indirizzato verso la ricerca di nuove fonti energetiche, in particolare
rinnovabili, alternative ai combustibili fossili.
Dai primi esempi di edifici realizzati in modo tradizionale ma integrati da
captatori solari, si è passati agli edifici realizzati con "sistemi passivi", in cui la
radiazione solare viene utilizzata per il riscaldamento e per altri usi, senza
aggiungere elementi costruttivi o impiantistici, ma utilizzando la forma e i
materiali per raggiungere un migliore rendimento energetico. Inoltre, si è
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affermata l’“architettura bioclimatica”, con l’obiettivo di una conservazione più
attenta dell'ambiente, al risparmio energetico, ad un corretto inserimento
dell'edificio nel paesaggio, ecc. purtroppo, però, si riscontra ancora una certa
inerzia nel praticare tali soluzioni progettuali.
È difficile ipotizzare cosa accadrà in futuro, ma è certamente utile che si continui
a sviluppare un approccio intelligente alla progettazione, che produca edifici in
cui sia risolto un controllo integrato di tutti i fattori ambientali, naturali ed
energetici, magari considerando che tecniche di controllo che seguono l’approccio
costruttivo generalmente riducono i costi di gestione del controllo, sia economici
che ambientali, come testimoniano anche le architetture del passato.
41
CAPITOLO
II.5
–
ARCHITETTONICHE
IL
MICROCLIMA
E
LE
SCELTE
PARAGRAFO II.5.1 – I FATTORI AMBIENTALI
L’edificio non è mai un oggetto isolato: quand’anche lo fosse urbanisticamente,
ossia anche se si trovasse lontano dal resto dell’abitato, risulterebbe in ogni modo
“immerso” nell’ambiente naturale del sito, soggetto ai fattori climatici locali,
illuminato e riscaldato dal sole, a contatto col piano di sedime su cui sorge, ecc.
Modificare l’ambiente che circonda l’edificio, o meglio progettare tenendo conto
delle caratteristiche di tale ambiente, è il primo passo per usare nella progettazione
un approccio bio-climatico, il primo mezzo anche per il controllo ambientale
interno.
Da tale punto di vista, sarebbe ideale potere scegliere dove collocare l’edificio:
purtroppo però la scelta della localizzazione è spesso condizionata dalle
disposizioni urbanistiche e dalla disponibilità fondiaria.
Si elencano ora alcuni fattori ambientali determinanti e il modo in cui essi
influenzano il microclima che circonda l’edificio. In taluni casi, verranno anche
indicate alcune possibili modifiche capaci di apportare correzioni al microclima
generato.
Topografia del sito
Riguardo la morfologia del sito in cui è collocato l’edificio, i parametri in gioco
sono:
- altezza del terreno su cui sorge l’edificio e altezza relativa degli elementi naturali
e artificiali esistenti;
- pendenza della superficie su cui sorge l’edificio;
- orientamento della superficie su cui sorge l’edificio.
Questi tratti morfologici hanno influenza su:
- l'effetto luminoso, poiché possono produrre ostruzione della volta celeste
riducendo così la quantità di luce disponibile. Inoltre l'orientamento a nord
produce un livello di illuminamento inferiore ed una diffusione della luce
maggiore; quello a sud, invece, un illuminamento maggiore ma anche il rischio di
abbagliamento;
- l'effetto acustico, perché la morfologia del terreno può schermare, o viceversa
riflettere ed amplificare, le onde acustiche. Una sorgente sonora a valle
dell'ascoltatore, lungo un terreno in pendenza, si udirà chiaramente; una sorgente
a monte si udirà meno poiché l'ascoltatore si troverà, rispetto ad essa, in una zona
d'ombra.
- l'effetto climatico. Pendenza ed orientamento modificano il soleggiamento e
quindi, in modo molto determinante, le caratteristiche microclimatiche. Le zone a
valle, in mancanza di vento, sono sede di ristagno d'aria umida e fredda e di
produzione di foschia la quale, a sua volta, attenua la radiazione solare impedendo
il riscaldamento dell’aria e quindi l'innescarsi dei moti convettivi; le zone in
altura, invece, sono normalmente più ventilate. I versanti a sud sono quelli più
caldi e soleggiati, talvolta più secchi; quelli a nord sono più freddi ed umidi. Alle
nostre latitudini, dove il clima è temperato, l'esposizione da favorire per le
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costruzioni è quindi quella sui versanti sud e sudest, cercando di evitare i venti
freddi e cercando invece di captare le brezze.
Relazione con l'acqua
Dal punto di vista climatico, l'acqua ha una notevole importanza poiché la sua
inerzia termica è superiore a quella della terra e quindi funge da stabilizzatore
termico; ciò accade anche a molti chilometri dalla costa ed è infatti noto che, in
prossimità del mare, le condizioni termiche siano più stabili. Le brezze, infine,
aiutano a combattere l'umidità. Per quanto riguarda luce e suono, invece, gli
specchi d'acqua influiscono sensibilmente sull'abitato solo se sono
sufficientemente estesi.
Relazione con la vegetazione
Una vegetazione costituita da fusti molto alti e ricchi di fogliame genera, in
prossimità dell'edificio, il rischio di scarso soleggiamento dello stesso. Ciò è tanto
più vero quanto maggiore è la latitudine in cui ci si trova, ovvero quanto meno
perpendicolari alla superficie terrestre sono i raggi solari. Alle nostre latitudini,
tuttavia, il rischio di ombreggiatura eccessiva è molto ridotto; anzi, alcune volte, è
addirittura ricercato per ridurre il guadagno solare dell'edificio durante il periodo
estivo.
L'effetto climatico della vegetazione, quindi, considerando che la luce solare viene
appunto in parte schermata e aggiungendo che la vegetazione rallenta i venti, è
quello di abbassare di alcuni gradi la temperatura ed eventualmente di trattenere
l'umidità.
Nei climi caldo-aridi, allora, è corretto posizionare il costruito nella vegetazione
folta, come i boschi; nei climi freddo-umidi, invece, lontano dalle aree vegetali;
nei climi temperati, infine, ai margini delle stesse nella direzione in cui spirano i
venti freddi facendo in modo che la vegetazione protegga l’edificato proprio dai
venti.
Acusticamente, la vegetazione può rappresentare un'ottima barriera al rumore:
ecco perché spesso si tende a circondare le aree residenziali, soprattutto quando in
prossimità di grandi strade, con alberi o siepi alte.
Forma urbana
Anche l’urbanizzato influenza il microclima; ciò avviene secondo:
- il tipo di forma urbana e la sua densità;
- l'effetto luminoso, ovvero quanto gli edifici occultano la volta celeste;
- l'effetto acustico prodotto dalla densità edilizia e dalla presenza di strade ed
infrastrutture.
Va inoltre ricordato che i venti possono favorire la propagazione del rumore e che
le barriere acustiche, molto spesso utilizzate per proteggere le zone residenziali,
possono essere inefficaci alle basse frequenze a causa del fenomeno della
diffrazione dei suoni gravi.
Questi appena elencati sono i quattro fattori ambientali che influenzano il
microclima che circonda l’edificio. Eventualmente, si possono apportare delle
modifiche agli stessi per migliorare l'intorno.
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Alcuni esempi sono:
- la realizzazione di schermi naturali, artificiali o arborei per la protezione dai
rumori;
- la creazione di specchi d'acqua per il controllo dell’umidità (ovviamente privi
d'effetto, se non addirittura dannosi in zone marittime quali la nostra);
- il rinvigorimento della vegetazione, che risulta sempre una decisione corretta
grazie ai benefici effetti, anche psicologici, che il verde ha sulle persone.
Nel suo insieme, comunque, l’interazione climatica sito-edifici su fattori quali
soleggiamento, umidità, venti, capacità di accumulare calore, ecc. diventa molto
complessa da simulare.
PARAGRAFO II.5.2 – LE SCELTE PROGETTUALI
Come descritto nel paragrafo precedente, l’ambiente in cui è collocato l’edificio
genera il microclima dell’intorno edificato; sebbene le caratteristiche ambientali
possano essere modificate, è ritenuto confacente ai principi di una corretta
progettazione bioclimatica che vengano rispettate.
Forma dell’edificio
Sicuramente è uno dei fattori che più influenza il rapporto dell’edificio con
l’esterno; perciò si cerca di valutare il comportamento della struttura mediante
alcuni parametri quantificabili:
- compattezza: è il rapporto tra superficie esterna e volume dell’edificio.
Si assume, quale riferimento, tale rapporto calcolato usando la superficie di una
sfera avente come volume quello complessivo dell’edificio (che è la superficie
minima che lo spazio occupato da tale volume può assumere) e l’effettiva
superficie esterna della struttura. La compattezza è tanto minore quanto maggiore
risulta la differenza dal primo del secondo valore calcolato.
Il fattore compattezza influenza i seguenti aspetti:
- più l’edificio è compatto meno dissipa; però, è anche da tenere presente che
normalmente più è compatto meno si avvantaggia dei guadagni solari;
- più l'edificio è compatto meno è sottoposto agli effetti della ventilazione;
producendo rientranze nell'edificio purché protette dai venti (studiando la loro
direzione dominante) si possono invece creare zone con microclima molto
gradevole;
- più l'edificio è compatto meno gli ambienti interni subiscono l'influenza del
clima esterno.
In conclusione, è opinione condivisa che gli edifici compatti siano più idonei ai
climi estremi; Infatti, quanto più è irregolare la forma dell’edificio, tanto meno
offre opportunità di correggere con l'orientamento il bilancio termico;
- porosità: esprime il rapporto tra volume pieno dell'edificio e volume dei vuoti,
nel quale si comprendono patii e spazi simili.
Un'alta percentuale di vuoti normalmente favorisce l'illuminamento degli ambienti
più interni; dal punto di vista climatico, ciò significa che aumenta il contatto coi
fattori ambientali esterni e può migliorare la ventilazione.
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I patii, citati come esempio di “vuoto”, sono da preferirsi nei climi caldo-aridi e
aumentano la possibilità di illuminazione naturale degli ambienti interni;
- snellezza: fa riferimento allo sviluppo in verticale dell'edificio. Negli edifici
molto snelli, la superficie di contatto col suolo diminuisce mentre aumenta quella
di contatto con l'aria.
Più un edificio è alto, più luce (e quindi energia termica) riceverà dal sole; però,
più è alto e maggiormente sarà sottoposto ai fattori atmosferici (primo tra tutti il
vento). Inoltre, l'altezza provoca problemi di stratificazione dell'aria all’interno
degli edifici stessi.
Climaticamente, un edificio molto snello non è mai consigliato; ovvero, non esiste
alcuna condizione climatica in cui un edificio di questo tipo offra concreti
vantaggi. Dove il clima è caldo, e alle basse latitudini, tali edifici sono sottoposti
ad un’intollerabile radiazione solare; nei climi freddi, dissipano enormi quantità di
calore, soprattutto in zone caratterizzate da forte ventilazione;
Caratteristica dell'involucro
Anche la natura della superficie esterna dell’edificio, che poi è la sua pelle,
influisce nel rapporto tra edificio ed ambiente. La progettazione dovrà tenere
conto di una serie di caratteristiche dell’involucro che hanno peso su tale relazione
e che possiamo brevemente elencare in:
- trattamento superficiale: fa riferimento allo strato più esterno dell’involucro ;
- permeabilità: si riferisce alla percentuale di aperture;
- pesantezza: è legata al tipo di materiali scelti;
- trasparenza: è legata al passaggio della luce;
- isolamento: si riferisce alla resistenza dell’involucro al passaggio di calore;
- rugosità: si riferisce ad eventuali volumi rientranti o sporgenti dalle facciate;
- trama: si riferisce al tipo di finitura superficiale dell’involucro;
- colore.
Ostruzioni vegetali ed artificiali
Le ostruzioni sono progettate per difendere l’edificio dai fattori ambientali,
ovvero da luce e irraggiamento solare eccessivi, vento e rumori indesiderati.
Per quanto riguarda la radiazione solare, è consigliabile porre le ostruzioni ad est
ed ovest in modo tale che i raggi solari siano intercettati in estate e non in inverno.
Per quanto riguarda il vento, è ovvio che gli ostacoli possono modificarne
sensibilmente il percorso, soprattutto a quote basse, e proteggere l’edificio le cui
pareti, quando sottoposte a ventilazione, aumentano la propria dispersività. La
brezza, invece, soprattutto nei climi caldi, favorisce il raffrescamento e la
dispersione dell'umidità ed è quindi da ricercare.
La protezione dal rumore è molto complessa e dipende dalla topografia del
terreno, dalla forma del tessuto urbano, dalla presenza di infrastrutture, ecc. Si
utilizzano spesso le barriere acustiche che, però, hanno il limite di rivelarsi poco
efficaci alle basse frequenze.
Orientamento degli elementi dell'involucro
Bisogna favorire gli orientamenti che consentano la protezione dai guadagni
termici, dai rumori fastidiosi e dai venti sfavorevoli.
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In caso di pareti trasparenti, gli orientamenti migliori sono quelli verso est ed
ovest; a sud, possono risultare eccessivi i guadagni termici, mentre verso nord si
ottiene un illuminamento inferiore rispetto a quello degli altri fronti per quanto
molto uniforme.
La trasparenza della copertura diventa pericolosa alle nostre latitudini, soprattutto
d'estate perché i raggi solari sono quasi verticali e provocherebbero un eccessivo
irraggiamento.
Facendo parte dell’involucro, l’orientamento delle aperture è anch’esso fattore
determinante: orientate a sud consentono l'ingresso di aria calda, mentre se
orientate a nord provocano l’ingresso di aria fredda. Se collocate su fronti opposti,
favoriscono la ventilazione e quindi il ricambio d’aria; ciò influisce positivamente
sul comportamento climatico estivo soprattutto se l'orientamento delle aperture
asseconda quello delle brezze.
Il problema dell'isolamento acustico viene risolto orientando le aperture
possibilmente in direzione opposta alla fonte dei rumori prevalenti oppure su
spazi intermedi.
Per quanto riguarda il colore dell’involucro bisogna sottolineare che esso
contribuisce ai guadagni termici e di ciò va tenuto conto. Bisogna notare che le
superfici scure, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, se non accompagnate
da masse d’accumulo termico, non consentono un guadagno termico invernale
maggiore, poiché la maggiore energia assorbita viene compensata dalla maggiore
emissione.
PARAGRAFO II.5.3 – SISTEMI SPECIALI PER IL CONTROLLO
AMBIENTALE
Si definisce “sistema speciale” un insieme di componenti architettonici che
lavorano in maniera interrelata al fine di migliorare il funzionamento ambientale
dell’edificio. Tra i sistemi speciali per il controllo ambientale, quelli per la
climatizzazione naturale dell’edificio sono anche detti “passivi” perché non
utilizzano alcuna fonte di energia se non quella solare, mentre si definiscono
“attivi” quelli che consumano energia ausiliaria per migliorare il proprio
rendimento. Oltre a questi sistemi, naturali, per quanto riguarda la ventilazione
vanno ricordati i sistemi di trattamento dell'aria mediante impianti elettrici e/o di
movimentazione forzata della stessa.
I sistemi passivi per il controllo ambientale possono essere raggruppati in quattro
famiglie:
- sistemi captanti della radiazione solare;
- sistemi che sfruttano l'accumulo termico;
- sistemi che sfruttano la ventilazione quale regolatrice;
- sistemi che proteggono l'edificio dall'eccesso di radiazione solare.
Sistemi captanti della radiazione solare
Si basano sul seguente funzionamento: captazione dell'energia solare e suo
trasferimento all’interno dell’edificio sotto forma di calore. Il guadagno
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energetico può essere diretto o indiretto a seconda che l'energia radiante entri
direttamente o meno negli ambienti da climatizzare: ciò che varia tra i sistemi a
guadagno energetico diretto e quelli a guadagno energetico indiretto è soprattutto
il rendimento.
Sistemi che sfruttano l'accumulo termico
Si tratta di parti o componenti dell’edificio che incrementano la massa costruita
rispetto a quella iniziale e agiscono stabilizzando la temperatura interna rispetto
alle oscillazioni termiche esterne. All'edificio visto nel suo complesso, in altre
parole, viene fornita maggiore inerzia termica.
I sistemi di questo genere possono essere di tre tipi:
- sistemi ad accumulo sotterraneo;
- sistemi ad accumulo interno;
- sistemi ad accumulo di copertura.
I sistemi ad accumulo sotterraneo si ottengono interrando o ricoprendo di terra
totalmente o parzialmente l’edificio. Lo strato di terra, se di spessore almeno pari
a 20-30 cm, offre una notevole inerzia termica e quindi le parti dell'edificio a
contatto con esso sono praticamente immuni dagli sbalzi di temperatura. Tali
sistemi sono indicati per i climi estremi.
I sistemi ad accumulo interno sono formati da elementi di grande capacità termica
collocati all'interno dell'edificio. Agiscono smorzando le oscillazioni della
temperatura interne indotte dai guadagni e dalle perdite energetiche dell'edificio
stesso. Normalmente vengono realizzati con materiali pesanti o con acqua.
Porre in atto dei sistemi ad accumulo di copertura risulta corretto perché in questa
parte dell'edificio le oscillazioni energetiche sono notevoli. Altresì risulta sempre
piuttosto complesso, per ragioni statiche di massa del sistema, realizzare tali
sistemi di accumulo.
Sistemi che sfruttano la ventilazione
Hanno come scopo quello di favorire la circolazione dell’aria nell’edificio ed
eventualmente di trattarla al fine di usarla come regolatrice dei parametri termoigrometrici. Normalmente la loro efficacia viene valutata in termini di “numero di
ricambi di aria l’ora”.
Nei climi caldo-umidi, e in quelli temperati nella stagione estiva, è consigliabile il
sistema di regolazione incrociata che consiste nel porre le aperture dell’edificio su
due prospetti contrapposti, possibilmente allineate con la direzione delle brezze.
Un altro sistema è l’effetto camino che consiste nell'estrazione dell’aria dagli
ambienti attraverso aperture poste in alto nell’edificio e collegate ad un condotto
verticale di estrazione, detto appunto “camino”. La differenza di densità dell'aria
dovuto alla temperatura fa sì che l’aria calda, meno densa, esca da queste aperture,
raffrescando l’ambiente.
Questo sistema è ottimo per evitare la stratificazione dell'aria, un po’ meno per
quanto riguarda il numero di ricambi termici. Inoltre, non funziona al meglio
quando anche la temperatura esterna è elevata.
Un sistema molto interessante per l'estrazione dell'aria interna è quello a camera
solare. All'ambiente viene sovrapposto un volume (la “camera solare” per
l'appunto) avete superficie verso l’esterno scura e forma conica. Quando la
radiazione solare riscalda l’aria contenuta nella camera solare, questa tenderà ad
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uscire dall'alto: allora, basterà un'apertura posta in alto nell'ambiente sottostante
affinché anche l'aria calda alla sua sommità venga aspirata verso l'esterno. Per
funzionare al meglio le camere solari vanno orientate sempre nella direzione di
massima intensità della radiazione solare; inoltre, è corretto prevedere, in basso
negli ambienti, delle prese d’aria che favoriscano la sua circolazione
(suggerimento valido anche nel caso si utilizzino camini).
Gli aspiratori statici rappresentano un sistema di estrazione dell'aria efficace
soprattutto nelle zone ventilate: si favorisce il ricambio d'aria nel locale mediante
un sistema di bocchette regolabili poste in alto ed in basso nell’ambiente.
Le torri del vento producono una circolazione di aria esattamente opposta a quella
offerta dai sistemi citati sinora: il flusso d'aria è diretto cioè verso l'interno
dell’edificio. Si realizzano nel seguente modo: sulla copertura viene realizzata una
torre (più alta della copertura stessa) con apertura orientata nella direzione
predominante del vento il quale entra nella torre stessa e scende negli ambienti.
Questo sistema funziona nei climi caldi con venti intensi e frequenti. Ha il
vantaggio di poter essere integrato con altri sistemi, ad esempio coi camini.
Sistemi che sfruttano la ventilazione sotterranea
La ventilazione sotterranea consiste nel favorire l'ingresso in ambiente di aria fatta
passare attraverso dei condotti interrati. Il terreno, come noto, ha una notevole
inerzia termica e questa viene sfruttata per regolare la temperatura dell’aria che
poi viene introdotta negli ambienti. È un sistema tanto più efficace quanto più i
condotti si spingono in profondità: ciò sia perché in profondità la temperatura è
davvero costante, sia perché lo scambio termico tra terreno ed aria avviene molto
lentamente.
Sistemi che proteggono l'edificio dall'eccesso di radiazione solare
Appartengono a questa categoria tutti gli elementi ed i componenti che
proteggono l'involucro edilizio dall'eccesso di radiazione solare o dalla radiazione
solare diretta. Possono essere permeabili all'aria, come ad esempio i sistemi
lamellari, o meno.
Gli esempi che si possono citare sono notevoli:
- pergolati, sistemi lamellari, brise-soleil;
- cornicioni e sporti opachi o trasparenti: proteggono sia dalla radiazione solare
che dalla pioggia; progettati con considerazione dell'angolo solare, permettono di
intercettare la radiazione solare in estate e di accedervi in inverno; sono efficaci
soprattutto per le facciate a sud, meno per quelle ad est e ovest;
- piante rampicanti a foglia caduca;
- umbracoli: strutturalmente, sono delle serre, addossate all'edificio, aventi come
scopo quello di produrre ombra sullo stesso.
Se l’apporto energetico da parte del sole, in climi quali il nostro, è notevole e da
ridurre in estate, non è praticamente mai da evitare l’apporto di luce naturale.
Architettonicamente, nelle costruzioni l’uomo ha sempre cercato di realizzare
spazi che fossero luminosi ma che permettessero anche il controllo climatico.
Gallerie vetrate, porticati, serre addossate agli edifici, patii, atri, condotti di luce,
atri vetrati, lucernari e cupole sono il prodotto di studi che miravano e mirano a
controllare l’ingresso di luce ed energia nell’edificio.
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CAPITOLO II.6 – IL SOLARE TERMICO ED IL FOTOVOLTAICO
PARAGRAFO II.6.1 – PREMESSE
Al giorno d’oggi lo sfruttamento sistematico dell’energia del sole è ormai
economicamente conveniente e tecnologicamente possibile: le tecnologie del
fotovoltaico e del solare termico ne sono un esempio.
Le regioni meridionali sono particolarmente indicate ad ospitare impianti solari
per la produzione di energia elettrica visto l’intenso soleggiamento a cui sono
soggette per molti mesi all’anno. Tipicamente i valori di potenza specifica
orizzontale possono arrivare in Italia, al livello del mare, durante una bella
giornata estiva di sole, a 900 ÷ 1100 W/m2.
Per utenze isolate o di limitata entità (tipo villette unifamiliari) il solare è già
abbastanza competitivo per la copertura delle esigenze energetiche della
residenza; grazie agli incentivi statali volti a favorirne la diffusione di utilizzo,
molti privati si sono dotati di piccoli impianti di questo tipo. Talvolta accade
addirittura che la produzione di tali impianti superi il fabbisogno dell’utenza:
l’ente nazionale può così comperare i kWh prodotti in eccesso.
L’impianto fotovoltaico può essere dotato di opportuni sistemi di conservazione
dell’energia prodotta in eccesso d’estate affinché questa sia sfruttata in inverno,
quando l’insolazione cala.
Progenitori degli impianti fotovoltaici sono stati i pannelli solari. La realizzazione
del primo pannello solare è attribuita allo scienziato svizzero Horace Benedict de
Saussure nel XVIII secolo: si trattava di una semplice “scatola” di legno con un
vetro nella parte esposta al sole e la base di colore nero, capace di assorbire la
radiazione solare termica intrappolata nella scatola stessa grazie a un locale
“effetto serra” e alla scarsa dispersione dovuta alle caratteristiche termiche isolanti
del legno. Il pannello consentiva di raggiungere temperature del fluido vettore di
circa 87ºC. Nel 1953 i laboratori della Bell Telephone realizzarono dei pannelli
solari tecnologicamente simili a quelli che utilizziamo oggi; il loro sviluppo vide
un rapido incremento a partire dalla crisi petrolifera dei primi anni ‘70. In Italia le
prime ricerche sistematiche per il riscaldamento solare dell’acqua furono
effettuate agli inizi degli anni ‘60 dal Politecnico di Milano nell’ambito di un
programma finanziato dal CNR, che comprendeva la sperimentazione di diverse
tipologie di impianto a Cortina d'Ampezzo.
Negli ultimi decenni sono stati installati nel mondo circa 30*106 di metri quadrati
di pannelli solari, di cui 5,6*106 in Europa: il 40% del mercato mondiale dei
collettori solari riguarda i paesi europei e mediterranei. Bisogna evidenziare, però,
che in Europa l’utilizzo di impianti solari è più sviluppato nei paesi a minore
insolazione, come l’Austria, la Danimarca, la Svezia e la Germania, che non in
quelli dove l’insolazione è maggiore, come l’Italia, la Spagna e la Francia; tale
contraddizione deriva, probabilmente, dalla maggiore sensibilità ambientale dei
primi che ha costituito un importante fattore di stimolo nell’adozione di specifiche
politiche per lo sviluppo del solare nei paesi del Nord Europa.
Comunque molti enti amministrativi sovvenzionano l’installazione di impianti
solari a servizio della residenza con lo scopo di dimostrare la possibilità di ridurre
49
i costi degli stessi attraverso interventi su larga scala; la disponibilità di nuove
tecnologie per la costruzione di edifici (per esempio i nuovi materiali isolanti
trasparenti alla luce) sta aprendo la strada all’utilizzo di pannelli solari nella
climatizzazione invernale ed estiva di abitazioni e edifici.
PARAGRAFO II.6.2 – CONVERSIONE DELL’ENERGIA SOLARE IN
ENERGIA TERMICA ED ELETTRICA
In campo edile le principali applicazioni relative allo sfruttamento dell’energia
solare sono il solare termico ed il fotovoltaico.
La radiazione solare può essere utilizzata per riscaldare fluidi (acqua, aria o
soluzioni varie ognuna caratterizzata da un certo valore del calore specifico) da
far circolare in scambiatori di calore o direttamente in tubazioni e corpi radianti
posti nei locali da riscaldare, o per far evaporare le sostanze volatili che vengono
utilizzate nei cicli di refrigerazione. È questo il concetto di “solare termico”:
utilizzare l’energia solare per produrre un fluido caldo da adoperare, poi,
direttamente o in un ulteriore ciclo produttivo.
I metodi per raccogliere l’energia solare sotto forma di energia termica sono due:
- con concentrazione, mediante specchi o lenti che riflettono la radiazione verso
pannelli o caldaie le quali o utilizzano direttamente l’acqua calda o la impiegano
per la produzione di vapore da convogliare in impianti a turbina;
- senza concentrazione, mediante pannelli applicati o integrati nelle chiusure
degli edifici.
In entrambi i casi le superfici possono essere orientabili o meno ma, per
economicità e semplicità di gestione, soprattutto per le applicazioni su piccola
scala, è senz’altro preferibile raccogliere direttamente l’energia solare su pannelli
fissi, opportunamente orientati.
Un sistema solare per la produzione di acqua calda consiste essenzialmente di:
- un pannello solare o collettore solare piano, che può essere vetrato, se
realizzato esclusivamente in vetro, oppure non vetrato, se realizzato in
polipropilene, polietilene, PVC o PDM;
- un serbatoio termicamente isolato, destinato all’accumulo dell’acqua calda;
- un circuito di collegamento di questi due componenti e dei relativi sistemi di
regolazione e controllo.
Il problema dell’accumulo dell’energia intrappolata dai pannelli non ha l’unica
soluzione del serbatoio coibentato, anche se essa è la più pratica e forse l’unica
utilizzabile in edifici esistenti.
Recenti applicazioni ibride funzionano riscaldano il fluido vettore utilizzando il
retro di pannelli fotovoltaici, ottenendo anche il risultato di abbassare la
temperatura di questi ultimi, con miglioramento della loro efficienza.
Quanto detto sinora riguarda i panelli solari che riscaldano un fluido da utilizzare
direttamente o per altre produzioni; il fotovoltaico, invece, consente di trasformare
l’energia associata alla radiazione solare in energia elettrica. Esso sfrutta il
cosiddetto effetto fotovoltaico che è basato sulle proprietà di alcuni materiali
semiconduttori (fra cui il silicio, elemento molto diffuso in natura) di generare
elettricità quando colpiti da radiazione solare.
50
Il dispositivo più semplice capace di operare tale conversione è la cella
fotovoltaica: un modulo fotovoltaico tipo, formato da 36 celle, ha una superficie
di circa mezzo metro quadrato ed eroga, in condizioni ottimali, circa 50W di
potenza. Un metro quadrato di moduli produce quindi un’energia media
giornaliera compresa tra 0,4 e 0,6 kWh (a seconda dell’efficienza di conversione e
dell’intensità della radiazione solare). Un insieme di moduli, connessi
elettricamente tra loro, costituisce un campo fotovoltaico.
Tecnologicamente i sistemi fotovoltaici si classificano secondo diversi aspetti.
Una prima distinzione può essere fatta tra sistemi isolati (stand-alone) e sistemi
collegati alla rete (grid connected).
Nei sistemi isolati, in cui la sola energia è quella prodotta dal fotovoltaico, occorre
prevedere un sistema di accumulo (in genere costituito da batterie simili a quelle
utilizzate per le auto e dal relativo apparecchio di controllo e regolazione della
carica) che è reso necessario dal fatto che il generatore fotovoltaico può fornire
energia solo nelle ore diurne, mentre spesso la richiesta maggiore si ha durante le
ore serali (illuminazione o apparecchi radio-TV). È opportuno prevedere quindi
un dimensionamento del campo fotovoltaico in grado di permettere, durante le ore
di insolazione, sia l’alimentazione del carico, sia la ricarica delle batterie di
accumulo. Poiché l’energia prodotta dal generatore fotovoltaico è sotto forma di
corrente continua (CC), qualora si debbano alimentare apparecchi che funzionino
con corrente alternata (CA), è necessario introdurre nel sistema un dispositivo
elettronico, detto inverter, che provvede alla conversione da CC a CA. Nei sistemi
collegati alla rete l’inverter è sempre presente mentre, al contrario degli impianti
stand-alone, non è previsto il sistema di accumulo in quanto l’energia prodotta
durante le ore di insolazione viene immessa nella rete; viceversa, nelle ore
notturne il carico locale viene alimentato dalla rete: un meter provvede a scalare la
differenza dal contatore.
Un sistema grid connected è, dal punto di vista della continuità di servizio, più
affidabile di un sistema isolato. Quest’ultimo può tuttavia essere integrato con una
fonte tradizionale, come, ad esempio, il diesel (sistema ibrido dieselfotovoltaico), o innovativa, come le celle a combustibile (ciclo dell’idrogeno da
elettrolisi). I sistemi fotovoltaici offrono grandi vantaggi ambientali, in quanto
non producono emissioni chimiche, termiche o acustiche. Essi, inoltre, non hanno
parti in movimento e sono, quindi, affidabili e a bassa manutenzione.
PARAGRAFO II.6.3 – CONCLUSIONI
Le applicazioni del fotovoltaico sono notevoli. Un piccolo sistema fotovoltaico
isolato ha il vantaggio di produrre energia elettrica esattamente dove serve e nella
quantità vicina alla effettiva domanda. Gli impianti isolati vengono utilizzati per
diverse applicazioni sia nel settore residenziale sia in quello industriale o agricoloturistico. Un impianto fotovoltaico inferiore a 1 kW può, ad esempio, far
funzionare gli apparecchi elettrici (lampade, televisore, frigorifero) di una normale
abitazione lontana dalla rete. In Italia esistono oltre 5.000 impianti fotovoltaico
per l’elettrificazione (illuminazione, alimentazione elettrodomestici, pompaggio
dell’acqua) di case rurali isolate e rifugi di montagna. Un generatore fotovoltaico,
con una gamma di potenze molto variabile, è in grado di alimentare un sistema di
pompaggio.
51
L’illuminazione stradale di aree non collegate alla rete elettrica è un’altra
applicazione che può risultare economicamente vantaggiosa. Una semplice
applicazione è la ricarica delle batterie di servizio per auto, caravan e
imbarcazioni in aree di campeggio o porticcioli turistici.
Tra le applicazione definite industriali, si può annoverare, come una delle
applicazioni di maggior successo e affidabilità, l’alimentazione di stazioni per le
telecomunicazioni (ponti radio per telefonia e ripetitori TV). Il fotovoltaico si è
confermato un’ottima soluzione anche per sistemi di segnalazione del traffico
ferroviario, aereo e marittimo e per le stazioni di monitoraggio ambientale, quasi
sempre situate in località isolate.
Il fotovoltaico appare, almeno nel lungo periodo, tra le più promettenti tecnologie
“rinnovabili” in grado di produrre energia elettrica su grande scala, soprattutto in
Italia dove i livelli di insolazione (e la dipendenza dall’estero per gli
approvvigionamenti di combustibili) sono elevati. Il Piano Energetico Nazionale
(PEN) del 1988, nell’intento di diversificare le fonti di produzione e di ridurre la
percentuale di energia importata, attribuiva al fotovoltaico un ruolo rilevante
nell’ambito delle fonti rinnovabili definendo diverse azioni per il suo sviluppo.
Per quanto riguarda le applicazioni energetiche dei sistemi FV, ribaltando una
situazione di generalizzato disinteresse, l’Italia è al primo posto tra i paesi
europei.
L'area occupata dai moduli fotovoltaici di un impianto isolato da 1 kW è circa 10
m2: stabilito in 2500-5000 kWh il consumo tipico di una famiglia di 4 persone in
un anno, l’area di un generatore fotovoltaico che può soddisfare la domanda di
questa famiglia tipo è di circa 15-30 m2 in una località dell’Italia meridionale.
Volendo centralizzare l'impianto, una centrale di 1 MW può fornire l’energia
necessaria a soddisfare la domanda di circa 1000 utenti: l’area occupata è di circa
2 ettari (20.000 m2). L’impegno del territorio è dovuto per il 50% alle aree
occupate dai moduli e dalle parti del sistema, e per l'altro 50% alle aree “di
rispetto”, di fatto libere, ma necessarie per evitare l’ombreggiamento reciproco
delle file di moduli.
Gli esperti concordano sul fatto che la sorte “finale” del fotovoltaico (e in generale
delle rinnovabili) si giocherà su tempi lunghi in tutto il mondo (ma
particolarmente nei paesi sviluppati e in quelli in via di forte sviluppo che sono i
più energivori) su uno scacchiere che dovrà necessariamente considerare la
necessità di salvaguardia dell’ambiente insieme al progressivo impoverimento
delle risorse di combustibili fossili. Dal punto di vista della tecnologia, è opinione
diffusa che nei prossimi anni, a livello di produzione industriale, continuerà a
regnare la tecnologia del silicio cristallino. Pertanto gli sforzi di ricerca e sviluppo
su di essa continuano al fine di facilitare la sempre maggiore diffusione del
fotovoltaico consentendo allo stesso tempo la redditività delle industrie.
Un contributo essenziale al raggiungimento della economicità dell’energia da FV
deve essere dato dalle azioni sui componenti non FV del sistema (il cosiddetto
52
BOS – Balance of System): ciò è particolarmente vero per la tecnologia del silicio
cristallino che ha dei limiti intrinseci di costi raggiungibili (circa 2-3 $/W).
In questo settore è indispensabile il contributo delle società elettriche, che
purtroppo in Italia è ancora sotto la sufficienza.
Per quanto riguarda la ricerca sulla tecnologia del futuro sembra plausibile che
essa possa essere basata sui film sottili: l’efficienza delle celle al silicio amorfo è
ormai giunta, negli USA, fino al 12% contro il 18% del silicio cristallino (l’ENEA
di Portici ha realizzato il record europeo con il 9,1%), e promettenti risultati sono
stati ottenuti, a livello di laboratorio, su vari tipi di composti (diseleniuro di indio
e rame, tellururo di cadmio, ecc.). Lo sviluppo industriale dei film sottili è
comunque un obiettivo di mediolungo termine che coinvolge anche problemi di
organizzazione, gestione e finanziamento di ricerca finalizzata da condurre su
appropriata scala mediante collaborazione fra centri di ricerca universitari,
governativi ed industriali.
53
CAPITOLO III.1 – IL PROGETTO
Le Maglie 20, 21 e 22 sono quelle interessate dal bando di concorso di cui si è già
scritto nell’introduzione, sulla base del quale si è proposto il progetto di tesi.
La Maglia 20 si trova oltre la tangenziale di Bari, a destra dello Stadio San Nicola.
Le Maglie 21 e 22, invece, si trovano a Sud-Est della città di Bari, sul tratto di
costa che parte dal Lido San Vito ed arriva fino a San Giorgio.
Nella maglia 20 si possono raggiungere altezze fino a 30 metri; mentre nelle
Maglie 21 e 22 il limite di altezza massima è imposto a 15 metri, ciò consentendo
la realizzazione di edifici delle tipologie di case unifamiliari, a schiera ed in linea.
Il P.P. impone che il 60% della cubatura disponibile sia destinata a realizzazioni
da privati mentre il 40% ad edilizia residenziale pubblica; di tale 40%, il 36%
deve essere destinato ad edilizia sovvenzionata, il restante 64% ad edilizia
convenzionata ed agevolata. Da ciò risulta chiaro lo scopo: promuovere la
realizzazione di un nuovo quartiere con criteri di integrazione tra fasce socioeconomiche differenti.
Oltre a queste indicazioni, il P.P. impone che:
- il pianoterra degli edifici sia porticato;
- si conservino gli alberi secolari ed il verde di nuovo impianto sia coerente con la
vegetazione mediterranea locale;
- i materiali ed i colori rispettino la tradizione locale.
Le tipologie edilizie progettate per il lavoro di tesi sono specificatamente riferibili
alla Maglia 22, di cui si evidenzia l’importanza attribuita dal P.P al boulevard
centrale che segue la linea di costa e si snoda da un’estremità all’altra della maglia
stessa. Ai suoi lati sono previsti i complessi residenziali.
Le tipologie progettate sono state quindi quelle di casa isolata, edificio in linea e
raggruppamento di case a schiera; ma poi, per completare la casistica ai fini
dell’analisi energetica, si è progettato anche un edificio torre, inammissibile nella
Maglia 22 (vista l’altezza limite imposta a 15 metri) ma proponibile nella Maglia
20.
Le tavole del Progetto sono riportate in Appendice B.
PARAGRAFO III.1.1 – DESCRIZIONE DELLE TIPOLOGIE EDILIZIE
La casa in linea
Per la casa in linea si è riproposto quanto impostato dal P.P. per le sottomaglie
M2/6, M3/3 ed M3/6 della Maglia 22. È stata progettata una stecca lunga 72
metri e profonda 10,35 metri, parallela alla linea di costa. La stecca suddetta, in
realtà, si compone di due corpi di fabbrica separati, tra loro simmetrici.
Come indicato dal P.P., l’altezza è di 13 metri fuori terra; includendo un
pianoterra porticato e tre piani di alloggi articolati intorno a quattro vani scala.
54
L’edificio prevede anche un piano interrato destinato a ripostigli (uno per ogni
unità abitativa) e locali tecnici.
Sono stati progettati tre tagli di alloggio per rispondere alle molteplici esigenze
dei nuclei familiari contemporanei.
- Alloggio di taglio piccolo (m2 40): l’alloggio prevede un ingresso, un soggiornopranzo con angolo cottura, un bagno ed una camera da letto doppia. Tale alloggio
è stato pensato per coppie di anziani oppure per giovani coppie senza figli, o
anche per singoli.
- Alloggio di taglio medio: (m2 65) l’alloggio prevede un soggiorno-pranzo con
angolo cottura, due bagni e due camere da letto, per rispondere in maniera
soddisfacente alle esigenze della famiglia media composta da genitori con uno o
due figli; conseguentemente, gli alloggi di taglio medio sono in numero prevalente
sugli altri, e nello specifico pari alla metà del totale.
- Alloggio di taglio grande: (m2 95) l’alloggio prevede un’ampia zona giorno e
un’ampia zona pranzo con angolo cottura, e tre camere da letto ognuna servita da
un bagno. Una delle camere da letto, eventualmente, può essere utilizzata come
studio o per lo svolgimento di attività lavorativa. Tale alloggio è stato pensato per
famiglie con molti figli o per famiglie cosiddette “allargate”, in cui con il nucleo
familiare di base convivono nonni, figli di precedenti legami familiari, badanti,
ecc.
Come già scritto, l’edificio è disposto parallelamente alla linea di costa. Tutti gli
ambienti giorno si affacciano a nord-est, sul mare, e proprio su questo lato sono
disposte le terrazze. La struttura delle terrazze è separata da quella dell’edificio,
per una precisa scelta progettuale, quella di non avere ponti termici e quindi
dispersione di calore. Dopo mezzogiorno, tra l’altro, le terrazze sono in ombra e
quindi possono essere utilizzate, durante la bella stagione, per pranzare e per
godere della brezza marina.
Le camere da letto sono invece disposte a sud-ovest; al profilo del fabbricato è
stata data una sagoma scalettata in modo tale che le finestre di tali stanze
affaccino direttamente ad ovest e prendano luce nel pomeriggio quando,
verosimilmente, i figli, o anche altri componenti del nucleo familiare, le utilizzano
per lo studio o l’intrattenimento. Per ridurre il guadagno solare estivo da tali
finestre, è previsto un sistema di brise-soleil, che può anche integrare celle
fotovoltaiche.
I bagni ed i disimpegni si trovano nella fascia centrale dell’edificio.
Le case a schiera
Il P.P. prevede due aggregazioni di case a schiera poste alle estremità del
boulevard centrale.
L’aggregato composto da tali alloggi ha forma di ventaglio: ciò implica che, per
ogni unità abitativa, gli affacci dei diversi ambienti variano lungo un semicerchio,
con differente comportamento energetico.
Si è pensato allora di proporre una forma di aggregazione alternativa, a maggiore
efficienza energetica, in maniera tale da avere i lati ciechi della schiera orientati
ad est e ad ovest, per ridurre i guadagni solari, ed ampie terrazze ombreggiate a
55
sud; ciò si spiega facilmente se ricordiamo che, nei mesi più caldi, l’irraggiamento
maggiore avviene ad est e ad ovest e che invece a sud, essendo il sole quasi allo
zenit, è sufficiente avere opportuni aggetti orizzontali per proteggersi
dall’eccessiva radiazione solare.
La schiera, avente superficie utile pari a 105 m2, si compone di:
- un piano rialzato di accesso, con ingresso-soggiorno esposto a nord, pranzo e
cucina a sud;
- un primo piano con due camere da letto doppie.
L’edificio ha anche un piano seminterrato destinato ad autorimessa e locale
tecnico di superficie di 75 m2 netti.
Il vano scala ed i bagni, uno per piano, si trovano nella fascia centrale del corpo di
fabbrica.
Per eseguire i calcoli relativi al fabbisogno energetico è stata considerata
un’aggregazione di cinque unità abitative.
La casa isolata
Il P.P., pur proponendo la tipologia di casa isolata, non riferisce indicazioni in
merito.
È la tipologia, quella della casa isolata monofamiliare, sotto certi aspetti più
difficile da far rientrare negli standard imposti dal risparmio energetico (a causa
dello sfavorevole rapporto S/V) ma anche quella per cui si possono utilizzare più
convenientemente i sistemi solari, termico e fotovoltaico, proprio per la limitata
richiesta di energia espressa da una singola famiglia.
Come la casa a schiera, anche la casa isolata progettata per questo lavoro di tesi si
compone di un piano seminterrato, destinato ad autorimessa, depositi e locali
tecnici, un piano rialzato ed un primo piano.
Ipotizzando l’affaccio di ogni casa su viabilità con un certo traffico, l’asse stradale
a nord, ed una zona posteriore più tranquilla e riservata, a sud, con al più la sola
viabilità di servizio, è stato deciso di non disporre, come di solito avviene, la zona
giorno a piano rialzato e quella notte al primo piano, ma di distribuire ambienti
giorno e notte sui due livelli. Precisamente, a nord sono stati disposti l’ingresso ed
il soggiorno nonché una stanza adibita a studio a piano rialzato, e la zona pranzo e
la cucina al primo piano; a sud, sono state disposte le camere da letto sia a piano
rialzato sia al primo piano.
La loggia, come la terrazza nella tipologia in linea e per gli stessi motivi, è esposta
a nord-est.
Ogni livello si articola su di una superficie netta pari a circa 100 m2.
La casa a torre
Come già indicato all’inizio del capitolo, la tipologia di casa a torre non è
ammissibile, secondo il P.P., per le maglie 21 e 22, dove gli edifici non devono
avere altezze superiori ai 15 metri; mentre sarebbe ammessa nella maglia 20,
comunque interessata dal bando di concorso.
56
La casa a torre, rispetto ad altre tipologie, ha un favorevole rapporto S/V e può
consentire un efficiente comportamento energetico. Ai fini di ampliare i risultati
dell’applicazione di ricerca e consentire valutazioni energetiche di confronto tra
diversi edifici, si è deciso quindi di progettarla.
La casa torre progettata prevede, oltre a due piani interrati destinati a cantinole ed
a locali tecnici, un piano terra pilotis di accesso all’edificio e otto piani di
abitazione.
Ad ogni livello vi sono quattro alloggi, due di taglio medio e due di taglio grande,
aventi superficie pari, rispettivamente, a 75 e 105 m2, disposti intorno ad un vano
scala cieco.
La distribuzione in pianta del piano tipo è simmetrica. A nord-est e nord-ovest, a
destra ed a sinistra del vano scala, si trovano gli alloggi di taglio medio; a sud-est
e sud-ovest, quelli grandi.
Le camere da letto dei quattro alloggi affacciano sui fronti est ed ovest, mentre le
zone giorno sono poste al centro dell’edificio, con affaccio a Nord negli alloggi di
taglio medio e con affaccio a Sud negli alloggi di taglio grande. I servizi ed i
disimpegni sono articolati lungo una fascia che separa la zona notte dalla zona
giorno.
Anche la casa a torre prevede le logge, che però, diversamente dalle altre tipologie
progettate, sono disposte indifferentemente a nord ed a sud, visto proprio il tipo
edilizio in cui gli alloggi sono distribuiti intorno al vano scala in modo compatto e
perciò non possono avere tutti il medesimo orientamento.
PARAGRAFO III.1.2 – IL PROGETTO DEL RISPARMIO DELLE
RISORSE
Per tutte le tipologie progettate è prevista la realizzazione di un sistema di
recupero delle acque piovane e delle acque grigie. Le prime, raccolte in cisterne,
saranno utilizzate per irrigare i giardini condominiali; le seconde, filtrate,
serviranno per gli sciacquoni dei wc.
Quello del risparmio della risorsa idrica, anche tramite il recupero delle acque, è
un altro aspetto importante del progettare sostenibile. Nelle abitazioni solo il 4%
dell’acqua utilizzata richiede effettivamente la caratteristica di essere potabile; la
restante aliquota serve per usi domestici e per l’igiene personale e, per ben il 40%,
per gli sciacquoni dei water. Riutilizzando a tale scopo l’acqua grigia, ovvero
quella degli scarichi di lavandini e sanitari diversi dai water, invece che smaltirla
direttamente, quasi si dimezzerebbe il fabbisogno d’acqua per uso domestico.
Per il risparmio energetico, naturalmente, bisogna opportunamente coibentare dal
punto di vista termico tutto l’involucro edilizio; inoltre è determinante usare
impianti di riscaldamento a bassa temperatura, che possono essere supportati
anche dal solare termico, e caldaie ad alta efficienza.
Di conseguenza, per le chiusure verticali esterne di progetto è stata scelta una
coibentazione “a cappotto” che, per rispettare i valori limite delle trasmittanze
imposti dal D.M. 192/2005 è stata realizzata con pannelli in lana di vetro dello
spessore di 8 cm. Si sono selezionati pannelli con opportuna resistenza meccanica
alla compressione (tra i diversi prodotti commerciali, ad esempio, si è fatto
57
riferimento ai pannelli in lana di vetro “Extrawall” prodotti dalla Isover StGobain,
le cui caratteristiche sono indicate sul sito dell’azienda produttrice, www.isover.it)
per poterli svoltare sotto il muretto d’attico così da non interrompere il “cappotto”
e correggere il ponte termico chiusura verticale esterna – chiusura orizzontale di
copertura. Anche in corrispondenza delle aperture, la coibentazione è stata
svoltata fino a filo del serramento, sempre col chiaro intento di abbattere il ponte
termico.
La chiusura orizzontale di copertura è stata coibentata con lo stesso tipo di
isolante utilizzato per le chiusure verticali esterne. Lo strato coibente è
direttamente poggiato sul solaio laterocementizio; a seguire vi è il massetto delle
pendenze, il manto impermeabilizzante, uno strato di frizione in sabbia, uno strato
di allettamento e la pavimentazione del lastrico solare.
La chiusura orizzontale di base è realizzata mediante un massetto in cls
laterocementizia su i cosiddetti “granchi”, casseri a perdere in PVC che evitano il
contatto diretto col terreno (tra i diversi prodotti commerciali, ad esempio, si è
fatto riferimento ai granchi prodotti dall’azienda PFB, le cui caratteristiche sono
indicate sul sito www.projectforbuilding.it).
Per garantire l’isolamento acustico tra gli alloggi, anche le pareti di separazione
tra gli stessi sono state coibentate con pannelli in lana di vetro dello stesso tipo
utilizzato per le chiusure d’involucro. Come garantito dalla casa produttrice,
infatti, i pannelli impiegati sono fonoassorbenti oltre che termoisolanti.
Il sistema di riscaldamento scelto è quello a pannelli radianti a pavimento, che si
sta affermando come sistema più confortevole di altri e più efficiente
energeticamente. Questi sistemi prevedono l’uso di uno strato di coibenza termica
per non disperdere il calore negli ambienti adiacenti; per l’orizzontamento
intermedio, tale strato funge anche da isolamento acustico, con l’accorgimento di
risvoltare fin dietro il battiscopa il giunto di espansione laterale del sistema a
pannelli radianti, così da garantire un funzionamento a pavimento galleggiante per
ridurre i rumori impattivi.
Si è supposta l’utilizzazione di caldaie a condensazione; al pari del sistema di
riscaldamento a pannelli radianti a pavimento, tali caldaie rappresentano la
tecnologia attualmente più all’avanguardia nel campo del risparmio energetico.
Le chiusure trasparenti utilizzate nel progetto sono tutte con telaio metallico a
taglio termico e doppio vetro (5-9-5 mm), anch’esse progettate in maniera tale da
non superare i valori limite di trasmittanza imposti.
PARAGRAFO III.1.3 – METODOLOGIA DI CALCOLO. IL SOFTWARE
RECAL PE
Esistono in commercio molti software che consentono di eseguire i calcoli del
fabbisogno energetico degli edifici.
In questo lavoro di tesi è stato utilizzato il Recal PE, programma di calcolo
elaborato dall’ENEA (Ente Nazionale per l’Energia e l’Ambiente), ente che opera
per migliorare l’efficienza energetica, diffondere la cultura del risparmio
58
energetico ed introdurre nuove tecnologie di produzione dell’energia orientate alla
salvaguardia dell’ambiente.
Prima di eseguire il calcolo del fabbisogno energetico mediante il software
suddetto per tutte le tipologie edilizie di progetto, si è effettuato il calcolo
“manuale” del fabbisogno energetico per la tipologia di “casa isolata”, come
mezzo per approfondire la conoscenza di norme e procedure necessarie a
perseguire l’obiettivo preposto al lavoro, ed acquisire la padronanza
indispensabile per controllare e valutare i risultati prodotti dal software.
Oltre a quanto indicato nel D.M. 192/2005 e nel successivo D.L. 311/2006
relativamente ai valori limite delle trasmittanze, nonché all’Allegato A “Linee
guida e raccomandazioni progettuali” ed all’Allegato I (modificato proprio dalla
Legge 311 del 29 Dicembre 2006) dello stesso D.M. 192/2005, è stato fatto
riferimento anche alle seguenti Norme UNI:
− 946 - Resistenza e trasmittanza termica;
− 10077-1 - Trasmittanza termica di porte e finestre;
− 10344 - Calcolo del fabbisogno di energia;
− 10348 - Rendimenti dei sistemi di riscaldamento;
− 10349 - Dati climatici;
− 10351 - Conduttività termica e permeabilità al vapore;
− 10355 - Resistenze termiche di murature e solai;
− 10379 - Fabbisogno energetico convenzionale normalizzato;
− 13370 - Trasferimento di calore attraverso il terreno;
− 13786 - Caratteristiche termiche dinamiche;
− 13789 - Coefficiente di perdita di calore per trasmissione;
− 13790 - Thermal performance of buildings – Calculation of energy use for
space heating;
− 14683 - Coefficiente di trasmissione termica lineica.
Procedura manuale
La procedura seguita è descritta, nell’ordine, ai successivi 12 punti.
1) Definizione dei dati climatici
I dati, da riferirsi alla zona in esame (ovvero Bari per il caso di studio della tesi),
sono relativi a:
− località;
− latitudine;
− regione di vento;
− zona climatica - gradi giorno;
− classificazione dell'’edificio;
− determinazione temperatura interna in funzione della categoria;
− determinazione del numero di giorni di riscaldamento in funzione della zona
climatica;
59
− temperatura dell’aria esterna media stagionale;
− velocità del vento media giornaliera;
− irradianza solare media mensile su piano orizzontale stagionale nel mese di
massima insolazione.
2) Studio dell’edificio
Oltre ai parametri geometrici, quali il volume lordo riscaldato dell’edificio, la
superficie disperdente del volume riscaldato, il rapporto S/V,
sono state individuate tutte le componenti attraverso cui avviene la dispersione di
calore, ovvero:
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
−
CO_sup
CO_bas
CO_tor
CO_int
CV_est
CV_int
P1
P2
P3
Cass
F1
F2
F3
F4
F5
F6
F7
F8
PT 1
PT 2
PT 3
Chiusura orizzontale superiore;
Chiusura orizzontale di base;
Chiusura orizzontale del torrino;
Chiusura orizzontale intermedia;
Chiusura verticale esterna;
Chiusura verticale interrata;
Portellone del garage;
Porta di ingresso dall’esterno;
Porta del torrino vano scala;
Cassonetto delle tapparelle;
Finestra locale interrato;
Finestra bagno locale interrato;
Porta finestra a quattro ante;
Finestra ad anta scorrevole;
Porta finestra a due ante;
Finestra semplice;
Finestra del bagno;
Finestra ad anta scorrevole piccola;
Soletta dei balconi - muro esterno;
Angolo convesso;
Angolo concavo.
Successivamente, l’edificio è stato suddiviso in due “zone termiche”: quella
riscaldata (R) e quella non riscaldata (NR). Per la casa isolata assoggettata a
calcolo manuale, ricadono nella prima zona gli ambienti giorno e notte, i bagni, le
cucine ed anche il vano scala; mentre fanno parte della seconda zona i locali
interrati ed il torrino del vano scala.
3) Calcolo delle trasmittanze delle componenti opache
La differenza di temperatura tra le due superfici di definizione di una chiusura,
cioè le superfici esterna ed interna per una chiusura verticale o le superfici
intradossale ed estradossale per una chiusura orizzontale, provoca la trasmissione
di calore.
60
Lo studio della trasmissione del calore è estremamente complesso; perciò, lo si
semplifica ipotizzando le seguenti condizioni:
- regime stazionario (ovvero, flusso di calore costante nel tempo);
- parete piana di estensione infinita;
- materiali omogenei ed isotropi;
- facce esterne della parete considerate isoterme.
La trasmittanza U è il flusso di calore che attraversa una superficie unitaria
sottoposta ad una differenza di temperatura pari a 1°C (secondo la UNI 6946).
Essa viene calcolata come:
U = RT -1
Dove:
RT = Rsi + Ri + Rse
con:
- Rsi =
- Ri =
- Rse =
resistenza superficiale interna;
resistenza termica utile di ciascuno strato;
resistenza superficiale esterna.
Ri viene determinato come:
R=d/λ
con:
-d
-λ
=
=
spessore del materiale;
conduttività termica utile.
Per Rsi e Rse vale, invece, la seguente tabella (estratta dalla norma UNI 6946):
Ascendente
Resistenza termica
superficiale interna
Resistenza termica
superficiale esterna
direzione del flusso termico
Orizzontale
Discendente
0,100
0,130
0,170
0,040
0,040
0,040
I valori calcolati sono stati poi confrontati con quelli che il D.M. 192/2005
impone a partire dall’anno 2010; per la zona climatica C (quella in cui ricade il
comune di Bari), i limiti imposti sono:
componenti opachi verticali
componenti opachi orizzontali
pavimenti
componenti trasparenti
U = 0,40 W/m²K
U = 0,38 W/m²K
U = 0,42 W/m²K
U = 2,60 W/m²K
61
La tabella è stata utilizzata anche per calcolare la Massa superficiale Msi e la
Capacità termica areica delle strutture (dati necessari per la verifica dell’inerzia
termica delle strutture).
4) Calcolo delle trasmittanze delle componenti finestrate
La trasmittanza termica di una finestra Uw, è determinata, secondo la Uni 100771, mediante l’equazione:
Uw = (Ag * Ug + Af * Uf + Ig * ψl ) / (Ag / Af )
dove Ug, trasmittanza termica della vetrata, è determinata mediante la formula:
Ug = ( Rse + S (dj / λj ) + S Rsj + Rsi ) -1
con:
- Ag
- Ug
- Af
- Uf
- Ig
- ψl
=
=
=
=
=
=
- Rse =
- Rsi
=
- Rsj
- dj
- λj
=
=
=
area della vetrata
trasmittanza termica della vetrata
area del telaio fisso
trasmittanza termica del telaio fisso
lunghezza della vetrata
trasmittanza termica lineare
della vetrata
resistenza termica superficiale
interna
resistenza termica superficiale
esterna
resistenza termica dell’intercapedine
spessore dello strato j-esimo
conduttività termica del materiale
componente lo strato j-esimo
[m²]
[W/m²K]
[m²]
[W/m²K]
[m]
[W/mK]
[m²K/W]
[m²K/W]
[m²K/W]
[m]
[W/mK]
Se è presente un accessorio oscurante (ad esempio una serranda), si introduce una
resistenza termica aggiuntiva e la trasmittanza termica risultante Uws diviene pari
a:
Uws = ( Uw -1 + ∆ R ) -1
dove:
∆ R = 0,55 * Rsh + 0,11 (chiusure con permeabilità media)
con:
-∆R =
- Rsh =
Resistenza termica addizionale
Fattore ricavato dalla Uni 10077-1
62
[m² K/W]
Il valore medio della trasmittanza del componente trasparente Uwm è poi
determinato tenendo conto della variazione della trasmittanza nel tempo. Si
utilizza la formula:
Uwm = ( Uw * tw + Uws * tws ) / ( tw + tws )
dove:
- tw = periodo di tempo in cui il componente ha trasmittanza Uw;
- tws = periodo di tempo in cui il componente ha trasmittanza Uws;
tw e tws sono pari, sempre secondo la Uni 10077-1, a 43.200 secondi.
5) Definizione degli ombreggiamenti
Calcolate le trasmittanze delle componenti trasparenti, si passa alla definizione
degli ombreggiamenti eventualmente presenti per le stesse.
Per le esposizioni a Sud, Ovest ed Est si determina, graficamente, l’angolo
formato dagli aggetti orizzontali e/o verticali sulle finestrature.
Questo dato servirà successivamente per il calcolo dei guadagni solari.
6) Calcolo della dispersione termica per trasmissione
Note le trasmittanze di tutti i componenti dell’involucro edilizio, si passa al
calcolo della dispersione termica dell’edificio per trasmissione di calore tra
ambienti a temperature differenti.
Si procede, in questa fase, considerando tutti i luoghi dell’edificio in cui la
trasmissione del calore avviene:
− dagli ambienti riscaldati verso l’esterno;
− dagli ambienti riscaldati verso gli ambienti non riscaldati;
− dagli ambienti non riscaldati verso l’esterno;
ottenendo un valore del coefficiente di dispersione termica per trasmissione Ld,
espresso in W/K.
7) Calcolo della dispersione termica per ventilazione
Indicando con:
V
=
n
V°
ρa
ca
ρa * ca
=
=
=
=
=
volume
(dell’edificio o della parte di esso interessata)
numero di ricambi d’aria (0,3 [h-1])
portata d’aria di rinnovo dell’edificio = V*n
la densità dell’aria
il calore specifico dell’aria
0,34 [Wh/m3K]
63
si ha che il che il coefficiente di dispersione termica per ventilazione vale: Hv =
V° * ρa * ca [W/K].
Anche in questo caso si procede distinguendo la dispersione dai locali riscaldati
verso l’esterno, dai locali riscaldati verso i non riscaldati e dai locali non riscaldati
verso l’esterno.
8) Calcolo del coefficiente di dispersione termica globale dell’edificio, H
Con R=zona riscaldata, NR= zona non riscaldata, ed E=esterno, i calcoli eseguiti
nelle fasi precedenti forniscono i seguenti valori:
− Ld coefficiente di dispersione termica per trasmissione relativo
all’accoppiamento termico R/E, in W/K;
− Ld,iu coefficiente di dispersione termica per trasmissione relativo
all’accoppiamento termico R/NR, in W/K;
− Ld,eu coefficiente di dispersione termica per trasmissione relativo
all’accoppiamento termico NR/E, W/K;
− Ls coefficiente di perdita di calore attraverso il terreno, W/K (nullo nel caso
in cui i locali interrati non siano riscaldati, come nel progetto di tesi);
− Hv coefficiente di dispersione termica per ventilazione, W/K, suddiviso in tre
aliquote,
Hv
R - E,
Hv iu R - NR,
Hv eu NR - E.
In base a tali valori, si calcolano:
− Hiu
− Heu
come Liu + Hv iu;
come Leu + Hv eu;
che consentono di determinare il coefficiente b, detto “fattore correttivo per zone
non riscaldate”, in particolare
b = Heu/(Hiu+Heu).
Il coefficiente b consente di omogeneizzare le zone NR alle zone R. Calcolato b,
si determinano:
Hu = Liu * b [W/K]
coefficiente di perdita di calore attraverso spazi non riscaldati;
Ht = Ld + Ls + Hu [W/K]
coefficiente di dispersione termica per trasmissione;
H = Ht + Hv [W/K]
coefficiente di dispersione termica globale.
64
9) Determinazione dell’energia termica totale, QL
QL = H * ( Ti - Te) * t
[J]
dove:
QL
H
Ti
Te
t
energia termica totale;
coefficiente di dispersione termica;
temperatura interna di progetto ( 20°C);
temperatura esterna (°C);
durata in secondi (86.400 al giorno).
Il valore di QL viene calcolato mese per mese per il periodo di riscaldamento
ammesso nel luogo considerato; per Bari, in cui si colloca il caso di studio della
tesi, il periodo da considerare è da metà novembre alla fine di marzo.
Anche i valori medi mensili della temperatura esterna variano da luogo a luogo; a
Bari sono:
Te (°C)
Novembre
14,00
Dicembre
10,20
Gennaio
8,60
Febbraio
9,20
Marzo
11,10
10) Calcolo degli apporti gratuiti Qg
Gli apporti gratuiti sono somma di tre contributi:
− gli apporti interni Qi;
− gli apporti solari Qs su componenti trasparenti;
− gli apporti solari Qs su componenti opache.
I primi sono dovuti alla presenza di persone e componenti elettriche ed
impiantistiche nell’edificio. La legge fornisce, a seconda della tipologia di
edificio, un coefficiente per la loro determinazione.
Gli apporti solari sono somma di due contributi: il primo, offerto dalla radiazione
solare che penetra dalle finestre e che dipende dal tipo di vetro e dallo spessore
dell’infisso nonché dall’ombreggiatura fornita da aggetti orizzontali e verticali, se
presenti, e dalle ostruzioni; , il secondo, dal riscaldamento delle pareti esterne,
sempre dovuto alla radiazione solare.
11) Calcolo del fattore di utilizzazione degli apporti gratuiti, µ
I guadagni solari dipendono dall’inerzia termica delle componenti dell’edificio.
La differenza tra il calore offerto dall’irraggiamento solare ed il calore che
l’edificio è capace di trattenere viene individuato attraverso il fattore di
utilizzazione.
Per il calcolo di tale fattore, si fa riferimento alla capacità termica ed alla costante
di tempo dell’edificio.
65
12) Calcolo del fabbisogno termico per il riscaldamento, Qh
Noti QL, µ e Qg, si può infine determinare il fabbisogno termico dell’edificio
come:
Qh = QL - µ Qg
Come ultimo passo della procedura, noti QL e Qh, si determina il fabbisogno
termico per il riscaldamento dell’edificio.
È necessario, a questo punto, ipotizzare l’utilizzo di una specifica caldaia; grazie
ai dati forniti dal produttore della stessa ed a quelli relativi al tipo di impianto, di
distribuzione e di emissione, si determina infine il “Fabbisogno mensile di
Energia Primaria” dell’edificio espresso in kWh/m2a.
Il software Recal PE
La procedura descritta attraverso i precedenti 12 punti è stata utilizzata sia per il
calcolo manuale sia per quello assistito dal software dedicato.
Per il calcolo manuale si sono raccolti e gestiti tutti i dati mediante l’uso di
software di foglio elettronico, nello specifico Excel.
Il calcolo eseguito mediante software dedicato, nello specifico Recal PE, come è
intuibile, offre il vantaggio di eseguire tutte le operazioni richieste in modo più
agevole ed integrato, senza dover gestire più fogli di calcolo
contemporaneamente.
Nel software Recal PE, la prima fase è quella di immissione dei dati, ed in
particolare i:
− parametri relativi all’edificio;
− dati generali dell’edificio (volume riscaldato, superficie esterna disperdente,
numero di piani, temperatura interna di progetto e tipo di destinazione d’uso);
− dati climatici del luogo in cui sorge l’edificio;
Successivamente sono richiesti i dati relativi ad eventuali fattori di schermatura:
ostruzioni esterne, aggetti verticali e/o orizzontali.
Si procede quindi “disegnando” le parti opache; di conseguenza, il software, in
base agli spessori ed ai materiali utilizzati, ne calcola conduttività termica ed
inerzia termica e valuta gli eventuali rischi di condensa.
Vanno poi definiti i serramenti, indicandone i dati geometrici (area totale occupata
dal serramento nonché del solo vetro, perimetro del vetro, ecc.). Il software
permette di scegliere tra varie soluzioni sia per la parte vetrata (vetro singolo,
doppio vetro, ecc.) sia per il telaio (legno, metallico a taglio termico, ecc.). Se
presente, si indica anche il sistema di oscuramento.
Terminata la fase di immissione dati relativa all’edificio nel suo insieme, si passa
all’inserimento dei dati relativi ai singoli alloggi e/o ai singoli ambienti.
66
Di ogni componente che li definisce, va indicato, procedendo per ordine partendo
dalle pareti esposte a nord e continuando per gli altri tre orientamenti, l’entità
geometrica e l’eventuale fattore di schermatura.
Infine, si introducono i dati relativi all’impianto di riscaldamento scelto.
I dati in uscita, calcolati dal software, sono:
− il coefficiente di dispersione volumica, che indica le dispersioni dell’edificio;
− il rendimento stagionale, cioè l’efficienza dell’intero sistema impiantistico,
comprendendo la caldaia, la rete di distribuzione, i corpi (scaldanti ed i sistemi di
regolazione;
− il fabbisogno energetico normalizzato per il riscaldamento, cioè la quantità di
energia richiesta dall’edificio e dall’impianto per mantenere la temperatura
ambiente a 20 °C per l’intera stagione di riscaldamento.
L’ultimo dato indicato è il FEP, fabbisogno annuo di energia primaria, in base al
quale si verifica l’edificio e se ne determina la corrispondente classe energetica.
Oltre i dati aggregati, il software offre anche dati utili per un’analisi più
dettagliata dell’edificio come, per esempio, l’entità delle dispersioni delle varie
componenti e la loro incidenza percentuale; l’entità della dispersione attraverso i
ponti termici; i guadagni solari.
PARAGRAFO III.1.4 – L'ANALISI COSTI-BENEFICI
Nel lavoro di tesi è stata poi condotta un’analisi costi-benefici delle scelte operate
al fine di dimostrare che ridurre i consumi energetici presenta anche un ritorno
economico per chi pagherà i costi di gestione dell’edificio.
L’analisi costi-benefici
L’analisi costi-benefici è utilizzabile in tutti quei casi in cui sia in gioco un
investimento che si desidera produca una serie di benefici. Il suo risultato
fornisce una serie di indici di convenienza che definiscono l’eventuale vantaggio
del porre in opera la decisione progettuale analizzata.
La procedura consiste in un raffronto tra il denaro speso per l’investimento ed il
denaro o i benefici monetizzabili che si presume saranno generati
dall’investimento stesso nell’arco della sua vita.
Affinché l’analisi abbia validità, i termini da raffrontare devono riferirsi allo
stesso istante temporale: si sceglie di solito l’attualità, dove è collocato
l’investimento iniziale Io, e di conseguenza si attualizzano tutti i profitti futuri.
Il fattore che rende possibile il confronto tra quantità di denaro spese o
guadagnate in tempi differenti è l’interesse.
Se “i” è l’interesse annuo, la regola di “capitalizzazione composta”, che fissa
l’equivalenza tra un capitale Ko odierno ed un capitale Kn disponibile tra n anni, è
la seguente:
Kn = Ko ( 1 + i ) n
67
da cui si deduce la regola secondo cui attualizzare un capitale Kn disponibile tra n
anni:
Ko = Kn / ( 1 + i ) n
Supponendo che un investimento Io, operato attualmente, dia origine nel futuro ad
un “flusso di cassa” FCj, dove j sono gli anni per i quali l’investimento produrrà
un profitto, il valore attuale di tali profitti potrà essere calcolato attualizzando gli
FCj.
Definendo VA(FCj) il valore così determinato, si può introdurre il “valore attuale
netto” VAN, che rappresenta la differenza tra la somma dei benefici individuata
dalla precedente equazione e l’investimento iniziale:
VAN = VA(FCj) - Io
Se il VAN relativo ad una data ipotesi progettuale è positivo, al termine della vita
dell’investimento i benefici prodotti corrisponderanno ad un importo superiore
all’investimento stesso; l’ipotesi sarà, quindi, remunerativa e ciò consiglierebbe di
porla in atto. In caso contrario non sarà produttivo, in termini economici,
realizzarla.
L’analisi finanziaria deve considerare anche l’effetto generato dall’inflazione o
dall’aumento differenziato dei prezzi. Questi fattori modificano il tasso di
interesse da adoperare secondo la relazione:
i = r – f – f’
dove:
- r = tasso bancario;
- f = inflazione;
- f’ = deriva del costo dell’energia.
Per definire la convenienza di un intervento, oltre al VAN si utilizzano i due
indicatori seguenti:
- l’Indice di Profitto IP = VAN / Io;
- il Tempo di ritorno attualizzato TRa = Io / FC.
IP è utile per stabilire una scala di priorità degli interventi: un intervento è tanto
più conveniente quanto più tale indice è elevato.
TRa, che presuppone di poter considerare costanti negli anni i FCj, indica il
risparmio annuo conseguibile in seguito alla realizzazione dell’intervento.
68
Applicazione al caso di studio
L’analisi costi-benefici è stata utilizzata per valutare la validità economica
dell’intervento scelto nel progetto di tesi per incrementare il risparmio energetico:
la coibentazione a cappotto sia per le C.V.E. sia per le C.O..
Il FEP [kWh/m2a] di ogni edificio è stato calcolato nelle due ipotesi di presenza
ed assenza della coibentazione a cappotto; successivamente è stata calcolata la
differenza tra i due valori ricavati.
Da tale differenza si può calcolare l’Ec [KWh/a] ovvero l’Energia risparmiata in
un anno, pari a FEP * Sup utile dell’alloggio.
Considerato il Potere Calorifico del Metano Pc, pari a 9,70 [KWh/m3], si è potuto
calcolare il risparmio annuo di combustibile CC [m3/a] in base al rapporto Ec/Pc.
Infine, fissato il prezzo del metano Cc a 0,516 €/m3, si può calcolare il flusso di
cassa FC, ovvero il risparmio economico annuo derivante dal risparmio di
combustibile, come FC = Cc * CC [€/a].
Capitalizzando Fc in 20 anni (vita media di un intervento di coibentazione a
cappotto) si otterrà il valore precedentemente indicato come VA(FCj) da cui si
potrà calcolare il VAN, il TRa e l’IP.
69
CAPITOLO III.2 – I CALCOLI
PARAGRAFO III.2.1 – CALCOLO MANUALE DEL FABBISOGNO
ENERGETICO PER LA CASA ISOLATA
I fogli di calcolo implementati per condurre la procedura manuale per la
determinazione del fabbisogno energetico della “casa isolata” progettata sono
contenuti nell’Allegato D.
PARAGRAFO III.2.2 – CALCOLO MEDIANTE RECAL PE PER LE
QUATTRO TIPOLOGIE. ANALISI DEI RISULTATI
Il software Recal PE offre l’opportunità di modificare le chiusure ipotizzate nel
progetto ed ottenere celermente il valore delle trasmittanze delle chiusure, del FEP
dell’edificio e di altri parametri nella condizione così modificata.
Per le quattro tipologie edilizie progettate (per la tipologia “a schiera”, va
ricordato, si è fatto riferimento ad un aggregazione di cinque unità) è stato
determinato il fabbisogno di energia primaria nelle tre seguenti condizioni:
Caso 1
Murature esterne in laterizio da 25 cm, solai laterocementizi 25+5 cm e nessuna
coibentazione;
Caso 2
Murature esterne in laterizio da 25 cm coibentate a cappotto con pannelli dello
spessore di 8 cm, solai laterocementizi 25+5 cm coibentati con pannelli dello
stesso spessore;
Caso 3
Murature esterne in laterizio da 25 cm coibentate a cappotto con pannelli dello
spessore di 10 cm, solai laterocementizi 25+5 cm coibentati con pannelli dello
stesso spessore.
Verifica dei valori limite per le trasmittanze
La prima analisi riguarda il valore delle trasmittanze delle strutture opache. Nel
Caso 1, laddove non c’è attenzione verso i temi del risparmio energetico, i valori
limite imposti dal decreto, cioè:
componenti opachi verticali
componenti opachi orizzontali
pavimenti
U = 0,40 W/m²K,
U = 0,38 W/m²K,
U = 0,42 W/m²K,
non sono mai verificati; nello specifico, la C.V.E. presenta una trasmittanza pari a
1,065 W/m2K, il pavimento 0,993 W/m2K, la C.O.C. 0,899 W/m2K con rischio di
condensa interstiziale.
Nel Caso 2 e nel Caso 3, invece, i valori di trasmittanza risultano inferiori a quelli
limite imposti è non è mai presente il rischio di condensa interstiziale.
Precisamente, utilizzando pannelli da 8 cm del coibente scelto, la C.V.E. presenta
una trasmittanza pari a 0,291 W/m2K, il pavimento 0,265 W/m2K e la C.O.C.
0,257 W/m2K; utilizzando invece i pannelli da 10 cm, la C.V.E. presenta una
70
trasmittanza pari a 0,246 W/m2K, il pavimento 0,228 W/m2K e la C.O.C. 0,221
W/m2K.
Ne scaturisce una prima considerazione fondamentale per il progetto: non è
assolutamente ammissibile realizzare l’involucro dell’edificio con gli spessori
convenzionalmente utilizzati nella pratica se non si accompagnano interventi
mirati ad aumentare la resistenza termica delle chiusure.
Ponti termici
Una seconda considerazione riguarda i ponti termici. Nel progetto delle tipologie
“in linea” e “a schiera” la scelta di coibentare con un cappotto esterno rigirato al
di sotto del muretto d’attico e fino a filo degli infissi permette di correggere i
ponti termici generati dalla maglia strutturale in cls armato e dalle aperture; le
strutture aggettanti, inoltre, sono separate dall’edificio e questa scelta evita il
ponte termico corrispondente alla soluzione della soletta a sbalzo.
Nella tipologia “a torre” e nella “casa isolata”, invece, sono state considerate due
ipotesi: quella in cui le strutture aggettanti fanno parte della struttura dell’edificio
e quella in cui, come nei casi precedenti, sono separate da essa.
I dati relativi alla prima ipotesi mostrano che l’incidenza percentuale dei ponti
termici sulle dispersioni dell’edificio è pari a circa il 10% del totale, un valore
assimilabile a quello delle dispersioni della C.O.C. e circa la metà di quello
relativo alle dispersioni della C.V.E.
Classificazione energetica degli edifici
L’analisi della variazione del FEP degli edifici nelle diverse ipotesi progettuali
fornisce i dati riferiti nella seguente Tab. III.2.2.a (si ricordi che per le tipologie “a
schiera” ed “in linea” sono stati eliminati tutti i ponti termici):
VALORI DEL FEP [kWh/m2a]
ISOLATA SCHIERA LINEA TORRE
0,76
0,56
0,48
0,33
rapporto S/V
non coibentata
coibentata con 8 cm
coibentata con 10 cm
coib 10 eliminaz pt term
73,41
38,12
35,99
32,99
47,34
35,91
33,71
55,91
29,07
27,37
36,96
29,16
28,22
25,08
Tabella III.2.2.a – Valori del FEP
1) Classificazione secondo le Linee guida nazionali per la certificazione
energetica degli edifici
Lo schema di classificazione energetica proposto dall’Enea nel rispetto delle
Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, già descritto
71
nel Paragrafo I.2.2, viene riportato nella seguente Tab. III.2.2.b insieme ai valori
relativi alle diverse ipotesi di progetto.
Classe A+
Classe A
Classe B
Classe C
Classe D
Classe E
Classe F
Classe G
Classe H
Classe I
al 2010
al 2008
al 2006
≤ 40 % EPli (2010)
≤ 70 % EPli (2010)
≤ 100 % EPli (2010)
≤ 100 % EPli (2008)
≤ 100 % EPli (2006)
≤ 120 % EPli (2006)
≤ 140 % EPli (2006)
≤ 170 % EPli (2006)
≤ 200 % EPli (2006)
> 200 % EPli (2006)
ISOLATA
S/V
0,76
FEP
51,03
58,30
63,52
20,41
35,72
51,03
58,30
63,52
76,22
88,93
107,98
127,04
127,04
SCHIERA
LINEA
TORRE
0,56
0,48
0,33
39,11
44,31
48,22
15,64
27,38
39,11
44,31
48,22
57,86
67,51
81,97
96,44
96,44
34,34
38,71
42,11
13,74
24,04
34,34
38,71
42,11
50,53
58,95
71,59
84,22
84,22
25,39
28,22
30,63
10,16
17,77
25,39
28,22
30,63
36,76
42,88
52,07
61,26
61,26
Tabella III.2.2.b – Valori limite del FEP
Risulta facile, allora, identificare a quale classe di consumo energetico
corrispondono le diverse tipologie studiate al variare delle scelte di coibentazione
termica e correzione dei ponti termici, come riportato nella seguente Tab.
III.2.2.c:
VALORI DEL FEP [kWh/m2a]
rapporto S/V
non coibentata
coibentata con 8 cm
coibentata con 10 cm
coib 10 eliminaz pt term
ISOLATA SCHIERA LINEA
0,76
0,56
0,48
73,41
47,34
55,91
38,12
35,91
29,07
35,99
33,71
27,37
32,99
TORRE
0,33
36,96
29,16
28,22
25,08
CLASSI DI CONSUMO ENERGETICO
rapporto S/V
non coibentata
coibentata con 8 cm
coibentata con 10 cm
coib 10 eliminaz pt term
ISOLATA SCHIERA LINEA TORRE
0,76
0,56
0,48
0,33
E
D
F
F
B
B
B
D
B
B
B
C
A
B
Tab III.2.2.c – Identificazione delle Classi di consumo energetico
72
Il miglioramento di prestazione energetica è evidente quando si passa dalla
condizione descritta nel Caso 1 a quelle descritte nei Casi 2 e 3.
È significativo evidenziare l’andamento del FEP in funzione del rapporto S/V.
Normalmente, a parità di altre variabili, al decrescere del rapporto S/V,
diminuisce anche il FEP.
In alcuni casi, però, questo legame si inverte, ad esempio, nel passaggio dalla
tipologia “a schiera” a quella “in linea” nell’ipotesi di assenza di coibentazione .
Il dato, apparentemente anomalo, si spiega analizzando il rapporto:
Superficie disperdente trasparente / Superficie totale disperdente
e ricordando che la trasmittanza di una chiusura trasparente è (quasi in ogni caso)
superiore a quella di una chiusura opaca.
Considerando che il rapporto Strasp/Stot disp è pari al 3,5% per la tipologia “a
schiera”, mentre è pari all’8% per la tipologia “in linea”, si comprende la ragione
del citato andamento.
È importante sottolineare che la tipologia di “casa isolata”, quella più difficile per
rapporto S/V, se coibentata passa dalla Classe E alla Classe B della classificazione
adottata; si riesce a portarla in Classe A se si correggono tutti i ponti termici.
2) Classificazione secondo Casaclima
Se, invece della classificazione proposta dall’Enea, si fa riferimento ad una
classificazione a “classi fisse” quale quella proposta da Casaclima e riportata in
Tab III.2.2.d:
Classe
Fabbisogno di Calore
Classe A
≤ 30 kWh/m2 anno
Classe B
≤ 50 kWh/m2 anno
Classe C
≤ 70 kWh/m2 anno
Classe D
≤ 90 kWh/m2 anno
Classe E
≤ 120 kWh/m2 anno
Classe F
≤ 160 kWh/m2 anno
Classe G
≥ 160 kWh/m2 anno
Tabella III.2.2.d – Valori limite del FEP proposti da Casaclima
73
le classi di consumo energetico, in funzione del FEP, risulterebbero come nella
seguente Tab. III.2.2.e:
VALORI DEL FEP [kWh/m2a]
rapporto S/V
non coibentata
coibentata con 8 cm
coibentata con 10 cm
coib 10 eliminaz pt term
ISOLATA SCHIERA LINEA
0,76
0,56
0,48
73,41
47,34
55,91
38,12
35,91
29,07
35,99
33,71
27,37
32,99
TORRE
0,33
36,96
29,16
28,23
25,08
CLASSI DI CONSUMO ENERGETICO
rapporto S/V
non coibentata
coibentata con 8 cm
coibentata con 10 cm
coib 10 eliminaz pt term
ISOLATA SCHIERA LINEA TORRE
0,76
0,56
0,48
0,33
D
B
C
B
B
B
A
A
B
B
A
A
B
A
Tabella III.2.2.e – Identificazione delle Classi di consumo energetico secondo la
classificazione Casaclima
Secondo questo tipo di classificazione verrebbero “premiati” gli edifici con
rapporto S/V ridotto (tra i casi di studio, la casa “a torre” e “in linea”) che
apparterrebbero alla Classe A già con la sola coibentazione da 8 cm. Tipologie
con rapporto S/V elevato come la casa “a schiera” e la “casa isolata”, invece,
apparterrebbero al più alla Classe B nonostante la coibentazione e la correzione di
tutti i ponti termici.
Alcune considerazioni sui tipi di classificazione
Il diverso risultato ottenuto per gli stessi edifici adottando due differenti sistemi di
classificazione energetica permette un confronto tra i sistemi stessi e, in
particolare, un confronto tra una classificazione a “classi variabili” ed una
classificazione a “classi fisse”.
Un limite indicato da molti al sistema Casaclima è relativo all’individuazione
delle classi basata sui dati climatici dell’area della Provincia Autonoma di
Bolzano dove, si intuisce facilmente, il clima alpino differisce notevolmente da
quello di altre regioni italiane ed in particolare da quello tipicamente mediterraneo
delle province costiere e meridionali. Questa considerazione indurrebbe a
proporre, nel caso si volesse adottare un criterio a “classi fisse”, almeno a fissare
scale di classificazione differenti per ogni zona climaticamente omogenea.
74
In un sistema a “classi variabili” come quello proposto dalle Linee guida invece i
valori limite sono determinati in funzione della “zona climatica”, ma anche
secondo il rapporto S/V; di conseguenza, gli edifici aventi tale rapporto elevato
riescono a rientrare anche in classi alte, cioè di buon comportamento energetico.
Ciò non accade con i sistemi di classificazione a parametri fissi, che piuttosto
inducono i progettisti ad orientarsi verso forme dell’edificio compatte (le quali,
per questioni geometriche, tendono ad avere un rapporto S/V basso).
Il dibattito sul tipo di sistema di classificazione da preferire è ampio e molto
attuale e ci si augura che produca presta un sistema condiviso ed efficace di
valutazione del comportamento energetico degli edifici, dovunque essi sorgano e
sia che si tratti di nuovo edificato sia che si tratti di già costruito. Certamente,
qualunque sistema si adotti o si adotterà dovrebbe garantire di avere davvero
edifici con un comportamento energeticamente efficiente, perché l’obiettivo
ultimo è il risparmio energetico.
PARAGRAFO III.2.3 – ANALISI COSTI BENEFICI. ANALISI DEI
RISULTATI
In Allegato E sono riportati i fogli di calcolo grazie ai quali sono stati determinati
gli indicatori economici VAN, TRa ed IP per le quattro tipologie edilizie in
relazione alle diverse soluzioni progettuali.
Tali indicatori sono riportati schematicamente nella seguente Tab. III.2.3:
VAN = Valore attuale netto
Coib. pann. 8 cm
ISOLATA
SCHIERA
LINEA
TORRE
ISOLATA
SCHIERA
LINEA
TORRE
3.223,97
1.900,61
13.151,96
7.659,93
Coib. pann. 10 cm
Coib. pann. 10 cm + eliminaz ponti
term
2.966,01
3.385,41
1.885,47
=
12.931,58
=
5.907,86
14.230,65
TRa = Tempo di ritorno attualizzato
Coib. pann. 10 cm
Coib. pann. 8 cm Coib. pann. 10 cm + eliminaz ponti
term
4,32
5,40
5,00
7,50
8,33
=
2,92
3,64
=
7,83
9,27
6,81
75
IP = Indice di profitto
Coib. pann. 8 cm
ISOLATA
SCHIERA
LINEA
TORRE
1,89
0,66
3,27
0,59
Coib. pann. 10 cm
Coib. pann. 10 cm + eliminaz ponti
term
1,31
1,49
0,50
=
2,42
=
0,34
0,83
Tabella III.2.3 – Indicatori economici: VAN, TRa, IP
Il dato più interessante è quello relativo al tempo di ritorno dell’investimento.
Considerato che esso varia, per le diverse tipologie progettate nei diversi casi
esaminati, da 2 a 9 anni e che, invece, la vita media di una coibentazione a
cappotto è di circa 20 anni, l’analisi economica dimostra che essa è sempre
consigliabile.
Valutata la differenza di costo, secondo il listino ARIAP 2006 delle opere edili
della Regione Puglia, dei pannelli dello spessore di 8 cm (3,63 €/m2) rispetto a
quelli da 10 cm (4,81 €/m2), si evidenzia un incremento del TRa pari al 20% circa
nel caso si usi la coibentazione da 8 cm rispetto al caso in cui si utilizzino pannelli
coibenti da 10 cm di spessore.
La differenza di prezzo influisce negativamente anche sull’IP dell’investimento
che, come si evince dalla tabella, diminuisce del 30% nel passaggio dal Caso 1 al
Caso 2.
Questo dato, unito alla considerazione che sia con la coibentazione da 8 cm sia
con quella da 10 cm gli edifici restano nella stessa classe energetica, porta a
sconsigliare, in termini economici, l’intervento più costoso, ovvero quello
realizzato con i pannelli di maggiore spessore.
76
CONCLUSIONI
Le scelte progettuali elaborate in questo lavoro di tesi hanno cercato di perseguire
l’obiettivo di avere residenze che garantissero elevati livelli di benessere agli
utenti ma senza dispendio di energia, mediante soluzioni d’involucro edilizio ad
alta resistenza termica, con una conseguente riduzione delle dispersioni di calore
verso l’esterno e notevole risparmio energetico.
La caratteristica principale di un progetto oggigiorno deve essere quella di essere
mirata al risparmio energetico: bisogna progettare edifici che consumino poco e
che, possibilmente, prendano la piccola quantità di energia di cui hanno bisogno
dalle fonti rinnovabili. La classificazione energetica, per quanto ancora da
condividersi nel sistema di classi da utilizzare, non è quindi solo un obbligo
burocratico, ma lo strumento utile e necessario per perseguire tale obiettivo.
L’analisi costi-benefici, che offre una valutazione finanziaria delle scelte, ha
dimostrato che i maggiori investimenti iniziali sono recuperabili in tempi brevi e
ciò promuove gli interventi per il risparmio energetico a fronte del maggiore costo
iniziale. Va aggiunto che, anche laddove l’analisi consiglia come più conveniente
una soluzione piuttosto di un’altra, dovrebbe in ogni caso farsi rientrare nella
valutazione il beneficio indotto dalla riduzione del FEP. Se diminuisce l’energia
primaria necessaria, infatti, diminuiscono di conseguenza le emissioni di CO2 in
atmosfera e, al di là delle analisi economiche, questo sarebbe un risultato
importante ed in linea con gli obiettivi del ben noto Protocollo di Kyoto.
Non bisogna dimenticare che gli edifici realizzati finora hanno consumato ed
inquinato troppo e che, maturata la consapevolezza di poter contribuire alla
creazione di condizioni di vita migliori e ad uno sviluppo più sostenibile, il
progettista deve ora pensare al progetto del risparmio e del recupero delle risorse
insieme con tutti gli altri fattori di progettazione.
In proposito, non va dimenticato che, finalizzate a questo obiettivo, non ci sono
solo le scelte sull’involucro edilizio ma anche quelle sugli impianti e quelle
relative all’adozione di sistemi per l’utilizzazione delle fonti rinnovabili. Grazie a
queste tecnologie si possono davvero costruire edifici che soddisfino l’esigenza di
ridurre cospicuamente i consumi energetici e l’inquinamento ambientale, pur
garantendo la massima fruibilità ed il migliore comfort.
77
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Zevi B. (a cura di), “Manuale dell’Architetto”, Mancosu Editore, città, 2000
Norme UNI:
− 946 - Resistenza e trasmittanza termica;
− 10077-1 - Trasmittanza termica di porte e finestre;
− 10344 - Calcolo del fabbisogno di energia;
− 10348 - Rendimenti dei sistemi di riscaldamento;
− 10349 - Dati climatici;
− 10351 - Conduttività termica e permeabilità al vapore;
− 10355 - Resistenze termiche di murature e solai;
− 10379 - Fabbisogno energetico convenzionale normalizzato;
− 13370 - Trasferimento di calore attraverso il terreno;
− 13786 - Caratteristiche termiche dinamiche;
− 13789 - Coefficiente di perdita di calore per trasmissione;
− 13790 - Thermal performance of buildings – Calculation of energy use for
space heating;
− 14683 - Coefficiente di trasmissione termica lineica.
Rivista “Energia solare, Fotovoltaici”, n° 6, novembre-dicembre 2006
Rivista “Ilsoleatrecentosessantagradi”, numeri del 2005, 2006, 2007
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www.arpa.it
www.assa-cee.org
www.autorita.energia.it
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www.cesi.it
www.cti2000.it
www.edilio.it
www.edilportale.com
www.educazionesostenibile.it
www.etaflorence.it
www.icmq.org
www.ilsolea360gradi.it
www.isesitalia.it
www.legambiente.it
www.miniwatt.it
www.nancystrasse.oekosiedlungen.de
www.rifiutinforma.it
79
www.rmi.org
www.safeonline.it
www.schuco.com
www.vauban.de
www.velta.com
www.zeroemission.eu
Inoltre è stato utilizzato materiale didattico gentilmente messo a disposizione
dall’ing. Lattanti
80
Appendice A – Stralcio di P.P. per la maglia 22
81
Appendice B – Il progetto
82
83
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
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95
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97
98
99
100
101
102
103
104
105
106
Appendice C – Tavole per il calcolo del fabbisogno energetico
107
108
109
110
Appendice D – Calcoli manuali del fabbisogno energetico
per la tipologia “casa isolata”
111
112
113
114
115
116
117
118
119
120
121
122
123
124
125
126
127
128
129
130
131
132
133
134
135
Appendice E – Analisi costi-benefici
136
137
138
139
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Non sarei riuscito a portare a termine questo lavoro di tesi senza l’aiuto ed il
sostegno di alcune persone.
Ringrazio infinitamente i mie correlatori per avermi insegnato molto su come
perseguire l’obiettivo e l’ing. Giorgio Borrelli dell’Ufficio Tecnico del Comune di
Bari, già mio insegnante di scuola superiore, per la sua estrema disponibilità.
Ringrazio infinitamente i miei genitori per aver sempre creduto in me, e i miei
fratelli e quegli amici che hanno saputo dire o fare la cosa giusta quando ne ho
avuto bisogno.
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