Manuale di diritto costituzionale per concorsi pubblici

DIRITTO COSTITUZIONALE
MANUALE PER CONCORSI PUBBLICI
GRATUITO
VERSIONE APRILE 2017
Diritto costituzionale
Lo Stato
Introduzione
Il diritto costituzionale è da sempre una delle materie principalmente richieste nell’ambito
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Ver. 09/04/2017 13:34:00
1
Diritto costituzionale
Lo Stato
Capitolo 1°
Lo Stato
1.1. La nozione.
Lo S t a t o può essere definito come una comunità di individui, stabilmente insediata su un
territorio e retta da autonome regole costituenti un ordinamento giuridico1 indipendente ed
originario.
Al riguardo va operata una distinzione tra Stato - istituzione e Stato – Apparato. Per
S t a t o i s t i t u z i o n e si intende il complesso dei gruppi sociali presenti nel territorio.
Per S t a t o a p p a r a t o o S t a t o o r g a n i z z a z i o n e o S t a t o g o v e r n o
(governanti) è quella parte della struttura statale che esercita concretamente la sovranità per
raggiungere i fini dello Stato.
1.2. Elementi costitutivi.
Dalla prima definizione data di “Stato” ne discende che i suoi e l e m e n t i c o s t i t u t i v i
sono: il territorio, il popolo e la sovranità.
Tali elementi devono necessariamente coesistere affinché si possa parlare di Stato
nell’accezione propria del termine. Infatti non è possibile considerare come Stato:

un popolo privo di territorio (si pensi alle popolazioni nomadi);

un popolo stanziato su un territorio, ma privo di autorità di governo (si pensi ai
Curdi);

un popolo stanziato su un territorio la cui sovranità è rivendicata da più soggetti
(l’esempio più recente è quello della Bosnia-Erzegovina);

un popolo stanziato su un territorio e con un’autorità di governo che però non
esercita concretamente alcuna sovranità in quanto essa è attribuita ad uno Stato
terzo (colonie).
1.2.1. Sovranità.
Il termine s o v r a n i t à , indica la potestà di governo assoluto, esclusiva e originaria che fa
capo allo Stato e che viene esercitata sul suo territorio.
Il nostro Stato accoglie la teoria della “s o v r a n i t à p o p o l a r e ”, secondo la quale
deve essere il popolo ad operare (direttamente o indirettamente) le scelte determinanti per
l’azione statale (art. 1 Cost. “La sovranità appartiene al popolo”).
1.2.1.1. Caratteri.
La sovranità dunque presenta i seguenti caratteri:

è o r i g i n a r i a : nasce con l’ordinamento e solo con esso viene meno;
1
O r d i n a m e n t o g i u r i d i c o : complesso di norme dirette a disciplinare una collettività organizzata di
persone sia sotto il profilo dei rapporti che a esse fanno capo, sia sotto quello attinente alla struttura
organizzativa dalle stesse adottata. L’ordinamento è qualificabile come giuridico quando è costituito da norme
con tale carattere, cioè norme vincolanti per i soggetti facenti parte della collettività cui la norma stessa si
riferisce; l’ordinamento giuridico, quindi, di regola prevede anche un complesso di sanzioni destinate ad essere
applicate nei confronti dei componenti della comunità organizzata che non rispettino i principi propri
dell’ordinamento stesso.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
2
Diritto costituzionale
Lo Stato

è e s c l u s i v a : cioè spetta solo allo Stato;

è i n c o n d i z i o n a t a ; non può cioè essere limitata da enti esterni allo Stato
senza il consenso di quest’ultimo.
1.2.1.2. Esterna e interna.
Così inteso il concetto di sovranità presenti due aspetti fondamentali:

s o v r a n i t à e s t e r n a (cd. internazionale): in forza della quale lo Stato è
indipendente da qualsiasi Stato esterno o organizzazione internazionale, almeno ché
tale limitazione non sia stata autorizzato da esso stesso2;

s o v r a n i t à i n t e r n a : in forza della quale lo Stato esercita un potere di imperio
sui propri cittadini ed organizzazione sociali, al fine di fare rispettare le sue leggi e
di far prevalere i suoi interessi.
1.2.2. Il popolo.
Il p o p o l o è costituito dalla pluralità degli individui che sono legati allo Stato, e quindi
fra loro, dal vincolo della cittadinanza.
Dal popolo vanno distinte la p o p o l a z i o n e , cioè il complesso di tutti coloro che si
trovano in un certo momento nel territorio dello Stato, e la n a z i o n e , considerata un’entità
etnico sociale caratterizzata dalla comunanza di lingua, razza, costumi e religione.
1.2.2.1. La
cittadinanza.
La c i t t a d i n a n z a è la condizione giuridica di chi appartiene ad un determinato Stato;
più propriamente è l’insieme dei diritti e dei doveri che l’ordinamento riconosce al cittadino.
1.2.2.1.1. Modi
di acquisto della cittadinanza italiana.
In Italia la cittadinanza si acquista in quattro modi:

p e r n a s c i t a (il figlio di padre o madre cittadini)3;

p e r b e n e f i c i o d i l e g g e (ad esempio lo straniero nato e residente in Italia
che al compimento della maggiore età scelga la cittadinanza italiana)4;

p e r e s t e n s i o n e : il m a t r i m o n i o fa acquistare al coniuge, straniero o
apolide5 la cittadinanza italiana, quando questi risieda da almeno sei mesi nel
territorio dello Stato6;
2
Al riguardo si ricordi l’art. 11 Cost. il quale afferma che: “L’Italia… consente, in condizioni di parità con gli
altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le
Nazioni”.
3
In particolare è cittadino per nascita il figlio di padre o di madre cittadini (ius sanguinis), chi è nato nel
territorio della Repubblica, se entrambi i genitori sono apolidi o ignoti, o se il figlio non segue la cittadinanza dei
genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono (ius soli); il figlio di ignoti trovato nel
territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza. Secondo quanto stabilito
dall’art. 2 D.P.R. 572/93, il figlio, nato in Italia da genitori stranieri, non acquista la cittadinanza italiana per
nascita, qualora l’ordinamento del Paese di origine dei genitori preveda la trasmissione della cittadinanza al
figlio nato all’estero.
4
In particolare lo straniero, del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado
sono stati cittadini italiani, può acquistare la cittadinanza, per beneficio di legge se:
 presta servizio militare o assume un pubblico impiego e dichiara preventivamente di voler acquistare
la cittadinanza stessa;
 al raggiungimento della maggiore età risiede da almeno due anni in Italia e dichiara, entro un anno, di
voler acquistare la cittadinanza italiana.
Anche lo straniero, nato in Italia e che vi ha risieduto ininterrottamente, diviene cittadino se ne fa richiesta entro
un anno dal raggiungimento della maggiore età
Ver. 09/04/2017 13:34:00
3
Diritto costituzionale

Lo Stato
p e r n a t u r a l i z z a z i o n e : la quale quando decorrono determinati presupposti
può essere concessa con decreto p r e s i d e n z i a l e , sentito il Consiglio di Stato7
Oggi è poi possibile avere la d o p p i a c i t t a d i n a n z a 8: la donna straniera che ha
sposato un cittadino italiano acquista infatti, se lo richiede, la cittadinanza del coniuge, senza
rinunciare alla propria cittadinanza di origine.
1.2.2.2. Cittadinanza europea.
Con l’entrata in vigore del Trattato sull’unione europea del 1992, accanto alla cittadinanza
dello Stato di residenza si aggiunge anche c i t t a d i n a n z a e u r o p e a , attribuita a colore
che sono cittadini di uno Stato dell’Unione europea9.
1.2.3. Territorio.
Il t e r r i t o r i o è quella parte dello spazio terrestre entro la quale lo Stato esercita la sua
sovranità.
Il territorio i n s e n s o s t r e t t o comprende:

la t e r r a f e r m a , delimitata dai confini naturali (fiumi, montagne) o artificiali
(stabiliti da trattati o da consuetudini internazionali);

il m a r e t e r r i t o r i a l e , che comprende la fascia di mare costiero10 entro cui lo
Stato esercita la sua sovranità11;

la p i a t t a f o r m a c o n t i n e n t a l e : cioè il sottosuolo marino e la zona di
mare soprastante comprensiva della z o n a e c o n o m i c a e s c l u s i v a che si
5
A p o l i d e : persona priva di cittadinanza, che, di conseguenza, non può rivendicare la tutela da parte di alcuno
Stato. Si è apolidi per nascita, se apolidi sono i genitori; oppure lo si diventa quando si perde la propria
cittadinanza originaria senza acquisirne una nuova: è quanto accade, ad esempio, ai rifugiati (vedi Rifugiato
politico; Diritto d’asilo; Asilo politico). Sul piano internazionale la Convenzione di New York, stipulata nel
1954, disciplina il diritto di ogni individuo ad avere una cittadinanza. In Italia la condizione dell’apolide è
equiparata a quella dei cittadini in tema di diritti civili, ma a quella degli stranieri per quanto riguarda i diritti
politici. Non è ammessa l’estradizione dell’apolide per reati politici.
6
Acquistano la cittadinanza anche il figlio riconosciuto o dichiarato che sia minore d’età.
7
Ad esempio il cittadino di uno stato membro dell’Unione Europea che risieda da quattro anni in Italia, può
richiede la naturalizzazione della sua cittadinanza italiana.
8
Colui che ha una doppia cittadinanza è b i p o l i d e
9
I principiali diritti riconosciuti ai cittadini europei sono:
 libertà di circolazione e soggiorno nel territorio di ciascuno degli Stati membri dell’Unione Europea
 diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali nello Stato di residenza;
 diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni europee nello Stato di residenza;
 facoltà di rivolgere una petizione al Parlamento Europeo;
 facoltà di rivolgersi al mediatore, il quale è abilitato a ricevere le denunce, di qualsiasi persona fisica o
giuridica che rispettivamente risieda o abbia sede in uno Stato membro e di qualsiasi cittadino
dell’Unione, riguardanti i casi di cattiva amministrazione da parte degli organi comunitari.
 la facoltà di godere della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di un altro Stato membro
dell’Unione, qualora si trovi in uno Stato in cui non esiste una rappresentanza del proprio paese.
10
Ogni Stato prevede un’e s t e n s i o n e diversa per il proprio mare territoriale, negli ultimi anni però si
affermata una consuetudine internazionale che fissa il limite esterno del mare territoriale ad u n a m a s s i m a
d i s t a n z a d i 1 2 m i g l i a m a r i n e ( 1 miglio marino = 1, 852 Km).
11
Nell’esercizio della sua sovranità sul mare costiero lo Stato costiero incontra due l i m i t i costituiti:
 dal diritto di passaggio inoffensivo, in base al quale lo Stato deve permettere alle navi di altri Paesi di
attraversare le sue acque territoriali finché ciò non reca pregiudizio alla pace, al buon ordine o alla
sicurezza dello Stato costiero;
 dall’obbligo per lo Stato costiero di non esercitare la propria giurisdizione penale sulle navi straniere,
per fatti puramente interni alle navi stesse, che sono di competenza dello Stato di bandiera.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
4
Diritto costituzionale
Lo Stato
estende fino a 200 miglia dalla costa e al cui interno tutte le risorse economiche
sono di pertinenza dello Stato costiero12;

s o t t o s u o l o e s p a z i o a e r e o sovrastante la terraferma e il mare territoriale,
fino a dove esistono interessi concreti dello Stato;
Il territorio in senso lato (o f l u t t u a n t e ), invece comprende:

le navi e gli aerei mercantili in viaggio, in alto mare e sul cielo sovrastante, che
sono considerati a tutti gli affetti “territorio nazionale” (e quindi sono soggetti alla
sovranità di quest’ultimo) almeno che non si trovino nelle acque territoriali di un
altro Stato;

le navi e gli aerei militari che dovunque si trovino, sono sempre considerati a tutti
gli effetti “territorio nazionale”.
Le convezioni internazionali disciplinano inoltre due situazioni particolari riguardo al
territorio statale:

l’e x t r a t e r r i t o r i a l i t à : le sedi di rappresentanza diplomatica
(ambasciate13), nei confronti dello Stato ospitante godono della cosiddetta
i m m u n i t à t e r r i t o r i a l e , nel senso che quest’ultimo non può esercitarvi
alcun atto di coercizione, se non in seguito ad un esplicito consenso dell’agente
diplomatico accreditato.

l’u l t r a t e r r i t o r i a l i t à : la potestà statale si esercita su edifici siti al di fuori
dal proprio territorio: ad esempio le sedi diplomatiche all’estero.
1.3. Funzioni dello Stato.
Lo Stato al fine di soddisfare le necessità e gli interessi della collettività, per delega del
popolo (titolare della sovranità), svolge direttamente attraverso propri organi (cd. Statoapparato) o indirettamente attraverso enti autonomi (Regioni etc.), le sue f u n z i o n i .

f u n z i o n e l e g i s l a t i v a : consiste nell’emanazione delle norme necessarie
al mantenimento della compagine statale e al suo sviluppo, cioè nella creazione
delle norme generali che regolano in maniera astratta la vita di tutta la collettività;

funzione
esecutiva
o
a m m i n i s t r a t i v a : consiste nella
realizzazione concreta dei fini istituzionali stabiliti dall’ordinamento da parte della
struttura esecutiva (governativa), della sua organizzazione periferica e dai soggetti
autonomi (enti pubblici) che perseguono gli stessi fini dello Stato;

funzione
g i u r i s d i z i o n a l e : consiste nell’attuazione e nel
mantenimento dell’ordinamento giuridico attraverso l’applicazione giudiziaria delle
norme (sostanziale e processuali) ai singoli rapporti tra cittadini e tra gli stessi e lo
Stato14.
12
I diritti dello Stato costiero sulla zona economica esclusiva non possono pregiudicare la libertà degli altri Stati
per quanto riguarda la navigazione ed il sorvolo o comunque l’utilizzo, a fini internazionalmente leciti, dell’area.
13
Per a m b a s c i a t a si intende l’ufficio o sede in cui vengono svolte le funzioni della missione diplomatica
accreditata da uno Stato estero.. È da tener distinta dal c o n s o l a t o in cui vengono svolte funzioni di carattere
prevalente amministrativo a favore di cittadini di uno Stato residenti o dimoranti all’estero.
14
Alcuni autori aggiungono poi a tali funzioni la:
 f u n z i o n e c o s t i t u e n t e : mediante la quale lo Stato organizza se stesso. È attraverso la
Costituzione, infatti, che lo Stato predispone i principi e le regole generali del suo funzionamento;
Ver. 09/04/2017 13:34:00
5
Diritto costituzionale
Lo Stato
La nostra Costituzione da parte sua fa esplicito riferimento:

alla funzione legislativa: all’art. 70 (riservando la stessa alle Camere) e agli artt. 76
e ss. (affidando la funzione in esame eccezionalmente al Governo);

alla funzione esecutiva o amministrativa: all’art. 95 (affidando tale funzione al
Governo) e artt. 97-98 (riguardanti la Pubblica Amministrazione);

alla funzione giurisdizionale: agli artt. 102 (affidando tale funzione alla
magistratura) 101, 103 e seguenti.
1.3.1. Il principio della separazione dei poteri.
Tali funzioni con l’affermarsi dello Stato di diritto, sono state ripartite tra i poteri
legislativo, esecutivo e giurisdizionale secondo la t e o r i a d e l l a s e p a r a z i o n e
d e i p o t e r i e n u n c i a t a d a l M o n t e s q u i e u (1689-1755).
Scopo ultimo di tale separazione è quello di garantire che all’occorrenza un potere possa
arrestare l’altro, evitando che uno di essi possa prevaricare e degenerare nell’assolutismo o in
atteggiamenti tirannici: in pratica esso costituisce la miglior garanzia affinché sia assicurata la
libertà politica dei cittadini.
1.3.1.1. Interferenze funzionali.
Comunque una separazione delle competenze così netta non è attuabile, in quanto non
verrebbe realizzata un’esigenza fondamentale di ogni Stato che è quella della coordinazione
fra i vari poteri. Si rende quindi necessario operare degli spostamenti di competenza per
assicurare un più armonico e ordinato svolgimento delle funzioni statali, attraverso
i n t e r f e r e n z e f u n z i o n a l i dei vari poteri.
Osi nel nostro ordinamento.: I) il potere legislativo svolge sia funzioni materialmente
amministrative (nomina i dipendenti delle Camere) sia funzioni materialmente giurisdizionali,
(porre in Stato di accusa il Presidente della Repubblica); II) il potere esecutivo svolge
funzioni materialmente legislative con efficacia inferiore alle leggi formali (regolamenti) o
con efficacia uguale (decreti legge o legislativi); III) il potere giudiziario svolge funzioni
materialmente amministrative mediante provvedimenti rientranti nella c.d. “volontaria
giurisdizione”.
1.4. Le forme di Stato.
1.4.1. Nozione.
La f o r m a d i S t a t o sta ad indicare il rapporto tra chi detiene il potere e coloro che
ne rimangono assoggettati e quindi il vario modo di realizzarsi della correlazione tra autorità e
libertà
La distinzione che si suole fare delle varie forme di Stato in Stato feudale, assoluto,
moderno, sociale, è fondata sulla diversa misura in cui, in ciascuna di esse, viene assicurata la
partecipazione dei governati o Stato–popolo o Stato–comunità alla direzione politica dello
Stato–apparato (governanti).
1.4.2. Stato feudale
Nello S t a t o f e u d a l e il territorio è patrimonio del sovrano e dei vari feudatari, e il
primo si limita a rappresentare l’unità dei vari rapporti di vassallaggio in un ordinamento che
 f u n z i o n e p o l i t i c a : che consiste nell’effettuazione delle scelte contingenti relative alo
sviluppo della comunità statale.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
6
Diritto costituzionale
Lo Stato
si regge su di una pluralità di comunità politiche autonome non coordinate fra loro. In una tale
forma di Stato non esiste un interesse generale, ma tante società particolari e tanti interessi
localizzati nel feudo.
1.4.3. Stato assoluto.
Lo S t a t o a s s o l u t o sul piano giuridico–costituzionale è caratterizzato dalla cosiddetta
“confusione dei poteri” nella mani del monarca, il quale esercita direttamente sia la funzione
di direzione politica sia la funzione legislativa, e demanda la funzione amministrativa e quella
giurisdizionale ad appositi organi centrali e periferici.
1.4.3.1. Stato
di polizia.
Per S t a t o d i p o l i z i a è un particolare tipo di Stato assoluto, in cui il sovrano deve
provvedere al benessere dei sudditi; tuttavia attualmente si intende per Stato di polizia una
forma di Stato in cui sono imposti forti limiti alle libertà individuali.
1.4.4. Stato moderno o di diritto.
Lo S t a t o m o d e r n o o d i d i r i t t o , nato in seguito alla rivoluzione francese e
americana, appare strutturato su base oligarchica, in quanto esso realizza quella che è stata
definita la “dittatura della borghesia” escludendo dalla partecipazione al governo dello Stato,
chi per censo o per grado di istruzione, non facesse parte di tale classe.
Anche se lo Stato moderno assunse come propri i principi dell’uguaglianza formale, della
tutela dei diritti fondamentali, dell’autorità legittimata dal consenso dei governati e si diede
costituzioni scritte in cui questi principi furono solennemente proclamati, la sfera degli
interessi giuridicamente tutelati ebbe natura sempre settoriale.
Nel significato attuale per Stato di diritto intendiamo lo Stato i cui poteri sono sottoposti
alle leggi; e in cui i cittadini sono uguali di fronte alla legge ed è assicurata la legalità della
pubblica amministrazione (i cittadini hanno, nei confronti dello Stato, diritti soggettivi
pubblici).
1.4.5. Stato autoritario
Nello S t a t o a u t o r i t a r i o , da un lato viene esaltata la collettività nazionale, mentre
dall’altro non la si ritiene capace di autogovernarsi politicamente, cosicché si rende necessaria
la figura di un “capo carismatico”, che la rappresenti e la guidi.
1.4.6. Stato sociale o interventista,
Per S t a t o s o c i a l e o i n t e r v e n t i s t a o w e l f a r e S t a t e ci riferiamo allo Stato
che non limita a garantire l’eguaglianza formale, ma mira ad un’eguaglianza sostanziale,
intervenendo per rimuovere tutti gli ostacoli economici, sociali, sanitari che non consentono ai
cittadini di esercitare i diritti individuali.
1.4.7. Stato socialista.
Lo S t a t o s o c i a l i s t a , si ispira alla dottrina marxista–leninista e si distingue per la
collettivizzazione dei mezzi di produzione, per l’esistenza di un partito unico e per la
prevalenza assegnata al principio di eguaglianza sostanziale rispetto a quello delle libertà
civile e politiche.
1.4.8. Altre distinzioni
Vi è un’altra distinzione tra forme di Stato, che non si basa come quella esaminata finora,
su diverso rapporto tra governanti o Stato - apparato e governati o Stato - popolo, ma riflette il
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Diritto costituzionale
Lo Stato
diverso atteggiassi degli organi supremi dello Stato - apparato: è la distinzione fra Stato
composto, Stato unitario e Unione di Stati.
1.4.8.1. Stato
composto
Lo S t a t o si dice c o m p o s t o , quando il potere sovrano è suddiviso tra uno Stato
centrale e più enti che hanno la caratteristiche di Stati.
1.4.8.1.1. Stato
federale
La forma più diffusa di Stato composto è lo S t a t o f e d e r a l e caratterizzato dalla
coesistenza di più Stati, ciascuno dei quali dispone di propri organi legislativi, amministrativi
e giurisdizionali, e di un altro Stato (centrale), detto federazione o Unione o Stato federale in
senso stretto, il quale dispone anch’esso di organi legislativi, amministrativi e giurisdizionali.
Questi ultimi operano su tutto il territorio nazionale, e quindi anche su quello dei singoli
Stati federati, ma solo in rapporto a talune materie di interesse generale quali la politica estera,
la difesa militare, il sistema monetario e gli indirizzi di politica economica. Gli organi dei
singoli Stati federati si occupano delle altre materie e ciascuno di essi provvede nell’ambito
del proprio territorio.
1.4.8.2. Stato
unitario.
Lo S t a t o si dice u n i t a r i o quando il potere sovrano è attribuita dall’ordinamento ad un
unico ente.
1.4.8.2.1. Accentrato.
Lo S t a t o u n i t a r i o si dice altresì a c c e n t r a t o quando la parte più importante
dell’azione amministrativa è riservata agli organi amministrativi centrali e ad organi
strettamente subordinati a questi, e solo l’azione amministrativa meno significativa è lasciata
a enti o organi eletti dalle comunità locali. Stato accentrato era l’Italia prima dell’introduzione
delle Regioni, allorquando tutta la principale attività amministrativa era espletata dal Governo
centrale e, sotto la direzione di questo, dai prefetti, mentre scarsissimi poteri erano attribuiti
alle provincie e ai comuni.
1.4.8.2.2. Decentrato
Lo S t a t o u n i t a r i o si dice invece d e c e n t r a t o quando ampi poteri di decisione
amministrativa sono attribuiti agli organi statali periferici e soprattutto a enti o organi eletti
dalle frazioni di popolazione stanziate nelle diverse parti del territorio nazionale.
Al riguardo bisogna operare una distinzione tra d e c e n t r a m e n t o i s t i t u z i o n a l e e
d e c e n t r a m e n t o b u r o c r a t i c o o o r g a n i c o : con il primo temine intendiamo la
creazione di enti pubblici autarchici, quali le Regioni, le province e i comuni, a cui vengono
attribuite numerosi poteri in materia amministrativa e legislativa; con il secondo termine ci
riferiamo alla dislocazione territoriale degli uffici centrali dello Stato, le cui funzioni vengono
affidate ad organi periferici in ordine a questioni locali (un esempio di organo periferico è il
prefetto).
1.4.8.2.2.1. Regionale
Una forma accentuata di Stato decentrato è lo S t a t o r e g i o n a l e , il quale è pur sempre
uno Stato unitario ma riconosce, nell’ambito del proprio ordinamento, la presenza e l’attività
di organizzazioni autonome, le Regioni per l’appunto, le quali sono titolari di potestà
legislativa ed esecutiva e dotate anche di una autonomia finanziaria.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Lo Stato
1.4.8.3. Unione di
Stati
Più stati possono anche riunirsi tra loro conservando la loro sovranità per dar vita ad
u n i o n e d i S t a t i di cui oggi la più importante è l’O.N.U.
1.4.8.3.1. Confederazioni
di Stati
Una forma particolare di unione è data, dalla C o n f e d e r a z i o n i d i S t a t i , costituta,
in base ad un trattato, da Stati che conservano la loro sovranità e che si associano al fine di
meglio provvedere alla loro difesa verso l’esterno, di assicurare la libertà dei trattati e degli
scambi e di mantenere un certo regime politico–sociale all’interno di ciascuno di loro, una
esempio di confederazione di Stati e la N.A.T.O.
1.5. Le forme di governo.
La f o r m a d i g o v e r n o è il modo in cui le funzioni statali, in particolare la cosiddetta
funzione di direzione politica, quella legislativa e quella amministrativa, sono distribuite fra i
supremi organi dello Stato. In base alla forma si opera un distinzione tra: governo
parlamentare, governo presidenziale e governo direttoriale.
1.5.1. Governo parlamentare.
Il g o v e r n o p a r l a m e n t a r e è caratterizzato dal rapporto fiduciario che lega il
Parlamento al Governo, per cui quest’ultimo deve ottenere la fiducia delle Camere per iniziare
a svolgere la sua attività e tale fiducia deve mantenere per restare in carica. In seguito a ciò al
Parlamento è affidato un potere di controllo sull’attività politico–amministrativa e finanziaria
del Governo.
1.5.2. Governo presidenziale.
Il g o v e r n o p r e s i d e n z i a l e di cui il prototipo è quello degli Stati Uniti, attua una
separazione dei poteri relativamente rigida, per cui le vari funzioni sono svolte senza
interferenze dei diversi di organi. In questo tipo di Stato non esiste nessun rapporto tra il Capo
dello Stato, che è capo dell’esecutivo, e le Camere, sia perché il Presidente è eletto dal popolo
sia perché i segretari di Stato (ministri) sono scelti da egli stesso, e dovranno rispondere solo
di fronte a lui, e non nei confronti del Congresso (composto dalla Camere dei deputati e dal
Senato).
1.5.3. Governo direttoriale.
Il g o v e r n o d i r e t t o r i a l e è caratterizzato da un organo collegiale, il Consiglio
federale, eletto per quattro anni dalle Camere riunite in assemblea federale, al quale è affidata
la suprema autorità di governo della Confederazione. Il Presidente della Confederazione è
eletto per la durata di un anno fra i membri del Consiglio.
1.6. I caratteri dello Stato italiano.
S e c o n d o l a n o s t r a C o s t i t u z i o n e l ’ I t a l i a è u n o S t a t o : I)
repubblicano; II) democratico; III) fondato sul lavoro; IV) interventista; V) parlamentare; VI)
decentrato; VII) non confessionale; VIII) infine e aperto alla comunità internazionale.
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Diritto costituzionale
Lo Stato
1.6.1. Repubblicano.
L’art. 1, I comma, della Costituzione afferma che il nostro è uno S t a t o
r e p u b b l i c a n o 15. Tale forma di governo viene tutelata in modo imperativo dalla nostra
Costituzione, tante è vero che l’art. 139 Cost., stabilisce che “La forma repubblicana non può
essere oggetto di revisione costituzionale; cosicché, se si volesse restaurare la monarchia in
Italia, si dovrebbe ricorrere o ad una rivoluzione o ad un colpo di Stato.
1.6.2. Democratico.
Il nostro è uno S t a t o d e m o c r a t i c o 16 (“governo del popolo”) perché ammette il
popolo alla partecipazione del governo dello Stato, o indirettamente, attraverso i suoi
rappresentanti designati dal corpo elettorale (d e m o c r a z i a r a p p r e s e n t a t i v a ); o
direttamente, attribuendo al corpo elettorale alcuni poteri di decisione o di impulso in ordine
all’attività di governo (d e m o c r a z i a d i r e t t a ); o anche in maniera decentrata,
consentendo che le società intermedie a carattere politico ed i singoli individui possano
concorrere a determinare l’indirizzo politico dello Stato (d e m o c r a z i a d e c e n t r a t a o
p l u r a l i s t a ). Lo Stato democratico si contrappone concettualmente allo Stato autoritario, in
cui non esiste nessun rapporto tra governati e governanti.
1.6.3. Fondato sul lavoro.
La norma contenuta nell’art. 1 (“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul
lavoro”), collegata alla disposizione che enuncia il diritto dovere al lavoro (art. 4 Cost.), sta a
significare che al lavoro è attribuita una rilevanza costituzionale..
Il lavoro diviene, in tal modo, valore informativo dell’ordinamento, giacché la dignità del
cittadino è commisurata esclusivamente alla sua capacità di concorrere del progresso
materiale o spirituale della società, senza che possano farsi valere posizioni sociali che non
trovano il loro titolo nell’apporto del soggetto all’evoluzione della comunità alla quale
appartiene.
1.6.4. Interventista.
Il nostro è uno S t a t o i n t e r v e n t i s t a o w e l f a r e S t a t e , in quanto non si limita a
garantire l’eguaglianza formale (art. 3° Cost 1° co.), ma mira ad un’eguaglianza sostanziale,
rimuovendo tutti gli ostacoli economici, sociali, sanitari, che non consentono ai cittadini di
esercitare i diritti individuali (art. 3° Cost 2° co.).
1.6.5. Parlamentare.
Il nostro è uno S t a t o p a r l a m e n t a r e , in quanto l’art. 94 1° co., dispone che “Il
Governo deve avere la fiducia delle due Camere”, pertanto il nostro Stato è contraddistinto dal
rapporto di fiducia che intercorre tra Governo e Parlamento, rapporto di fiducia che viene
meno quando il Parlamento da un voto di sfiducia al Governo oppure quanto il Parlamento
non approva una legge sulla quale il Governo ha posto la questione di fiducia.
15
La repubblica, come forma di governo, si contrappone alla monarchia; la distinzione tra repubblica e
monarchia si basa sul criterio di successione del Capo dello Stato, che nel primo caso è elettivo, nel secondo è
ereditario.
16
L’art. 1, I comma, della Costituzione afferma che l’“L ’ I t a l i a è u n a r e p u b b l i c a
d e m o c r a t i c a f o n d a t a s u l l a v o r o ”; in linea teorica quindi lo Stato dovrebbe assicurare a tutti i
suoi cittadini il lavoro, e ogni cittadino avrebbe il dovere di lavorare per concorrere al progresso della società.
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Diritto costituzionale
Lo Stato
1.6.6. Decentrato.
Il nostro inoltre è uno S t a t o d e c e n t r a t o , in quanto ampi poteri amministrativi sono
attribuiti agli enti territoriali autarchici, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni
stanziati nelle diverse parti del territorio nazionale.
Oltre ad un decentramento istituzionale vi è anche un d e c e n t r a m e n t o
b u r o c r a t i c o in quanto lo Stato opera una dislocazione territoriale degli uffici centrali, le
cui funzioni vengono affidate ad organi periferici in ordine a questioni locali.
1.6.7. Non confessionale.
Il nostro è uno S t a t o n o n c o n f e s s i o n a l e . Tale carattere discende da quelle norme
costituzionale che riconoscono la più ampia libertà di religione e l’eguale libertà di tutte le
confessioni religiose ed escludono che la professione di una certa religione possa costituire
criterio discriminante fra i cittadini e che le associazioni od istituzione che abbiano carattere
ecclesiastico o perseguano un fine di religione o di culto possono essere oggetto di
trattamento differenziato17.
1.6.8. Aperto alla Comunità Internazionale
Infine il nostro è uno S t a t o a p e r t o a l l a C o m u n i t à I n t e r n a z i o n a l e , in
quanto numerose disposizione della Costituzione, esprimono un forte vocazione
internazionalista18.
17
Per l’art. 8 Cost., infatti, “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge” e per l’art.
19 “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o
associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari
al buon costume”; ancora l’art. 3 della Cost. dispone che tutti hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge
senza distinzione di religione e l’art. 20 che “Il carattere ecclesiastico e il fine di religione e di culto di una
associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami
fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività”.
18
In particolare lo Stato italiano si è impegnato ad uniformare il suo ordinamento alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute (art. 10 1° co.); a disciplinare la condizione giuridica dello straniero in
conformità delle norme e dei trattati internazionali (art. 10 2° co.); a concedere allo stesso diritto di asilo n(art.
10 3° co.); a ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ed a consentire, in
condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la
pace e la giustizia tra le nazioni (art. 11).
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Diritto costituzionale
Le norme giuridiche e le fonti del diritto
Capitolo 2°
Le norme giuridiche e le fonti del diritto
2.1. La norma giuridica.
Lo studio delle fonti del diritto positivo, vale a dire delle regole istituzionale ed
organizzative (norme giuridiche) vigenti in un determinato momento, presuppone la
conoscenza della norme giuridica.
2.1.1. Nozione
La n o r m a g i u r i d i c a , disciplina una relazione sociale che l’ordinamento ritiene degna
di tutela.
2.1.2. Caratteri.
Le norme giuridiche si differenziano nettamente da tutte le altre norme della vita sociale, in
quanto presentano determinate caratteristiche generali:
 per p o s i t i v i t à si intende che la norma giuridica deve riguardare un effettivo
interesse della collettività;
 per e f f e t t i v i t à si intende l’attitudine della norma ad essere rispettata dalla
maggior parte dei consociati;
 per c o a t t i v i t à si intende, che qualora vi sia l’esigenza, l’ordinamento attraverso
opportuni strumenti giuridici (sanzioni), garantisce l’osservanza della norma giuridica
anche contro la volontà del suo destinatario;
 per e s t e r i o r i t à si intende che la norma giuridica disciplina esclusivamente
rapporti sociali;
 per g e n e r a l i t à si intende che la norma giuridica, nella maggior parte dei casi,
proprio perché destinata all’intera collettività (vale erga omnes), non si riferisce a
specifici soggetti;
 ed infine per a s t r a t t e z z a si intende che la norma giuridica disciplina una
fattispecie ipotetica, che si può verificare una, un milione o neanche una volta.
2.1.3. L’efficacia delle norme nel tempo.
2.1.3.1. L’inizio
dell’obbligatorietà.
Ogni norma diventa obbligatoria a partire da un dato momento di regola coincidente con
l’istante in cui è entrata in vigore la fonte che la pone in essere; tale coincidenza può anche
non verificarsi, come avviene quando l’obbligatorietà della norme è espressamente posticipata
o condizionata al verificarsi di determinati eventi oppure quando è retrodata (in questa ipotesi
si parla di “retroattività della norma”, è mai della fonte).
2.1.3.1.1. Il
principio di irretroattività.
L’art. 11 delle “Preleggi” del Codice Civile stabilisce che “la legge non dispone per
l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” volendo significare che una norma non può essere
applicata a situazioni di fatto o a rapporti giuridici sorti e conclusisi prima della sua entrata in
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Diritto costituzionale
Le norme giuridiche e le fonti del diritto
vigore. Da ciò si evince che l a r e t r o a t t i v i t à d e l l a l e g g e (e degli atti ad essa
equiparati1) c o s t i t u i s c e u n ’ e c c e z i o n e cui si ricorre in casi di estrema necessità.
2.1.3.2. La
cessazione dell’obbligatorietà.
2.1.3.2.1. L’abrogazione delle leggi.
La c e s s a z i o n e d e l l ’ o b b l i g a t o r i e t à o d e l l a v i g e n z a d e l l a
n o r m a può verificarsi in conseguenza di circostanze o di eventi diversi: tra questi l’ipotesi
più importante è quella dell’“a b r o g a z i o n e ” dovuta all’intervento di una norma
successiva, dotta della stessa competenza e gerarchicamente non inferiore alla precedente;
l’abrogazione, quindi, elimina l’“antinomia” che si creerebbe laddove continuasse la vigenza
della vecchia norma2.
2.1.3.2.1.1. Forme
dell’abrogazione.
La norma fondamentale in materia di abrogazione è l’art. 15 delle disp. prelim. al codice
civile, il quale detta “le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori, per dichiarazione
espressa del legislatore o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché
la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore”.
Premesso che l’espressione “legge” è qui usata in senso ampio (cioè come ogni atto
legislativo), notiamo che il cit. art. 15 distingue tra abrogazione
 e s p r e s s a quando la legge successiva dichiara esplicitamente di abrogare una
legge precedente od anche alcuni suoi articoli (in questo caso l’abrogazione è operata
direttamente dal legislatore);
 t a c i t a allorquando, pur in mancanza di una espressa dichiarazione di
abrogazione, la nuova norma si riveli “incompatibile” con quella precedente o perché
con essa in contrasto o perché regola ex novo la materia già regolata dalla norma
precedente (tale tipo di abrogazione è rimessa alla capacità dell’interprete). La regola
dell’abrogazione non si applica quando la legge anteriore sia speciale o eccezionale e
quella successiva generale.
2.1.3.2.1.2. Efficacia
dell’abrogazione.
Coordinando il disposto dell’art. 15 (Abrogazione) con quello dell’art. 11 (Irretroattività)
secondo cui “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” si ricava
che l’abrogazione di regola s i v e r i f i c a e x n u n c , e cioè dal momento in cui entra in
vigore la nuova fonte ed hanno efficacia le norme da essa previste3.
1
La deroga al principio generale della irretroattività, non è invece consentita da parti dei regolamenti che,
appunto perché fonti secondarie, per il criterio della gerarchia, ad un principio contenuto in una fonte primaria
(art. 11 delle “Preleggi”).
2
Il p r i n c i p i o d e l l ’ a b r o g a z i o n e , non è espressamente sancito dalla nostra Costituzione, ma è da
essa presupposto; es.: artt. 75 (referendum abrogativo) che attribuisce allo Stato–comunità la possibilità di
abrogare le leggi e (con alcune eccezioni), 138 (revisione della Costituzione), 25 (in materia di successione di
leggi penali nel tempo; principio di legalità secondo il quale nessuno può essere punito se non in forza ad una
legge entrata in vigore prima del fatto commesso). K e l s e n giustamente osserva che, proprio perché gli organi
legislativi sono autorizzati dai rispettivi ordinamenti a produrre norme suscettibili di essere successivamente
modificate, si può ritenere che l’abrogazione presupponga il principio “lex posterior derogat priori”.
3
Tale principio, però, salvo che in materia penale ove è previsto il principio di retroattività della legge più
favorevole al reo (art. 25 Cost.), può essere derogato dalla legge ordinaria la quale può prevedere anche
l’efficacia ex tunc.
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13
Diritto costituzionale
Le norme giuridiche e le fonti del diritto
L’abrogazione opera sulle norme, e non sulle fonti che al contengono, potendo essa
operare solo parzialmente, e cioè eliminare anche una sola norma delle norma poste dalla
fonte, senza elidere l’intera fonte.
È chiaro, poi, che le norme abrogate non devono considerarsi “estinte”, ma seguitano ad
essere applicate alle situazioni a ai rapporti sorti durante la loro vigenza (principio dei diritti
quesiti) e a volte , anche se raramente, per espressa disposizione della nuova fonte, anche a
rapporti sorti successivamente (c.d. u l t r a t t i v i t à ).
Anche in casi di retroattività delle nuove norme rimangono fermi gli effetti prodotti dalle
norme abrogate; ciò, però non si verifica per i decreti legge emanati dal Governo, e
successivamente non convertiti in legge che si ritiene siano “nati morti”: in tal caso per
salvare gli effetti prodotti “protempore” dal decreto non convertito, le camere possono
emanare una legge che ne riconosce il vigore solo per il periodo di vigenza4.
L’abrogazione, oltre che per le fonti–atto, vale anche per le fonti–fatto: è, infatti, vera e
propria “abrogazione” la cessazione della vigenza di norma consuetudinarie per effetto di un
atto legislativo successivo. Egualmente deve considerarsi “abrogazione” la cessazione di una
consuetudine per il formarsi, su una determinata materia, di una nuova e diversa consuetudine
differente dalla precedente.
2.1.4. L’efficacia delle norme nello spazio.
L’applicabilità delle norme secondo una dimensione spaziale viene ricollegata al
p r i n c i p i o d e l l a t e r r i t o r i a l i t à d e l l a l e g g e , in base al quale l’efficacia delle
norme vige nell’ambito territoriale entro cui lo Stato esercita la sua sovranità. Tale principio è
ovvio ma non esclusivo nel senso che rapporti e situazioni sorti nel territorio italiano possono
essere disciplinati da norme proprie di altri ordinamenti, può accadere anche il contrario.
2.2. Le fonti
2.2.1. Nozione.
In via generale le f o n t i d e l d i r i t t o sono quegli atti o fatti produttivi di diritto,
riconosciuti come tali dall’ordinamento di cui fanno parte5
2.2.2. Classificazioni.
Va precisato d’altro canto che l’espressione “fonti del diritto” merita alcune precisazioni e
distinzioni. Le fonti, infatti, possono essere classificate come:

f o n t i d i p r o d u z i o n e : cioè quegli atti o fatti abilitati dall’ordinamento a
creare le norme giuridiche che costituiscono, nel loro insieme, il cd. diritto
oggettivo6;
4
Tali concetti sono stati fissati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 63(1970 secondo la quale la norma
abrogata è riferibile solo ad una “serie definiti di fatti passati” (e non ad una serie indefinita di fatti futuri come la
norma vigente).
5
Va precisato che rientrano in questa nozione solo le cd. fonti di produzione.
6
Per d i r i t t o o g g e t t i v o , o norma agendi, si intende il complesso di norme giuridiche che prescrivono
ai soggetti un dato comportamento, che può essere positivo (obbligo) o negativo (divieto). Accade che le norme
di diritto oggettivo siano suscettibili di tradursi in norme che garantiscono diritti soggettivi. Tuttavia, tale
possibilità è esclusa quando gli obblighi o divieti imposti dal diritto oggettivo sono funzionalizzati alla
protezione di interessi di natura generale, tali cioè che nessun singolo consociato possa considerarli e tutelarli
come propri (si consideri, ad esempio, l’obbligo di prestare servizio militare, prescritto dall’art. 52 Cost. in
funzione della difesa della Nazione). In tal caso, infatti, si dà vita ad un rapporto giuridico caratterizzato, dal lato
Ver. 09/04/2017 13:34:00
14
Diritto costituzionale
Le norme giuridiche e le fonti del diritto

f o n t i s u l l a p r o d u z i o n e : che, invece disciplinano i procedimenti
formativi delle fonti di produzione, indicando chi è competente ad adottarle e i
modi della loro adozione7;

f o n t i d i c o g n i z i o n e : esse costituiscono gli strumenti attraverso i quali è
possibile venire conoscenza delle fonti di produzione8.
2.2.3. Fonti atto e fonti fatto.
Le fonti di produzione si suddividono in:

f o n t i a t t o , sono quegli atti che derivano da manifestazioni di volontà di
organi a cui l’ordinamento attribuisce potere normativo;

f o n t i f a t t o , consistono in comportamenti oggettivi produttivi di diritto. La
più importante fonte fatto del nostro ordinamento. La più importante fonte fatto nel
nostro ordinamento è la consuetudine (vedi infra).
In via generale la distinzione tra fonti-atto e fonti-fatto corrisponde, alla distinzione t r a
f o n t i s c r i t t e e f o n t i n o n s c r i t t e , in quanto le fonti-atto assumono, negli
ordinamenti contemporanei, di regola, una forma scritta, mentre la consuetudine, tipica fonteatto, è non scritta. È importante ribadire che la Corte Costituzionale può solo sindacare la
conformità delle fonti atto e non delle fonti fatto.
2.2.3.1. La
consuetudine.
La c o n s u e t u d i n e consiste nella ripetizione costante ed uniforme di un data condotta,
da parte di un gruppo sociale, il quale è convinto che tale condotta sia conforme al diritto. La
dottrina distingue due e l e m e n t i c o s t i t u t i v i d e l l a c o n s u e t u d i n e : uno
oggettivo e l’altro soggettivo.
L’e l e m e n t o o g g e t t i v o o m a t e r i a l e (c.d. diuturnitas o usus), è dato dalla
costante e uniforme ripetizione della condotta nel tempo. Ciò non significa che singole e
sporadiche azioni difformi valgono ad impedire il formarsi della consuetudine né ad
interrompere il decorso del tempo necessario al suo formarsi.
Mentre l’e l e m e n t o s o g g e t t i v o o p s i c o l o g i c o (c.d. opinio iuris seu
necessitatis), si risolve nella convinzione che ha il gruppo sociale, che quella determinata
condotta sia conforme al diritto9.
attivo, da una situazione di potestà d’imperio dello Stato o di altro ente pubblico, tale da escludere la presenza di
qualsivoglia diritto soggettivo dei singoli.
7
Tra le fonti sulla produzione si annoverano le “D i s p o s i z i o n i s u l l a l e g g e i n g e n e r a l e ”,
premesse al Codice Civile con le quali si dettano le disposizioni generali in materia di fonti e la stessa
Costituzione, che oltre, ad essere un fonte di produzione, costituisce anche una fonte sulla produzione, dal
momento che disciplina i processi di produzione delle fonti del diritto (come ad esempio le leggi ordinarie).
8
Si fanno rientrare tra le fonti di cognizione i c.d. t e s t i u n i c i d i m e r a c o m p i l a z i o n e che
consistono nella raccolta organica e coordinata delle norme vigenti in una data materia (contenute in più leggi
entrate in vigore in tempi diversi) in unico testo redatto di solito dal Governo (es., T.U. sulla scuola). Tali testi
unici anche se non innovano l’assetto normativo hanno lo steso valore delle “Raccolte di usi” con la conseguenza
che è sempre possibile dimostrare (da parte del cittadino o del giudice), che alcune disposizioni inserite nei T.U.
sono inapplicabili perché precedentemente abrogate, oppure che vigono nell’ordinamento altre norme oltre
quelle inserite nel testo, che anche se omesse nella compilazione del T.U., sono comunque applicabili.
Dai testi unici di mera compilazione occorre tenere distinti i c.d. t e s t i u n i c i l e g i s l a t i v i i quali sono
invece contenuti in veri e propri atti normativi (leggi formali o, più spesso, decreti legislativi delegati) ed hanno
un vero e proprio valore innovativo nel senso che solo le norme in essi riportate debbono ritenersi applicabili
mentre quelle omesse sono da considerarsi abrogate: tra tali testi unici legislativi sono da annoverare i “codici”.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Le norme giuridiche e le fonti del diritto
La consuetudine è considerata fonte di legge quando non sia ne contro la legge, ne vada
oltre la legge e quando sia richiamata dalla legge10. La consuetudine è una fonte non scritta,
anche se gli usi più ricorrenti sono contenuti in fonti ufficiali scritte. Il giudice non è tenuto a
conoscere la consuetudine, se la parte vuole avvalersi della consuetudine deve portarla a
conoscenza del giudice.
2.2.4. Rapporto tra le fonti e risoluzione delle antinomie.
La pluralità di fonti garantisce la conseguente mutabilità dell’ordinamento, che non è
qualcosa di “statico”, ma un organismo in continuo divenire, in relazione alle esigenze sociali.
Da tale mutabilità deriva, naturalmente, la possibilità di a n t i n o m i e tra le norme in
vigore. Tali contrasti devono essere risolti dallo stesso ordinamento con regole e principi,
scritto o non scritti, di natura sostanzialmente costituzionale.
La soluzione delle antinomie è vitale per l’ordinamento affinché, possa riaffermare la
propria unità formale e materiale; cioè avere in sé solo norme prodotte da fonti autorizzate
(unità formale) e che non regolano lo stesso oggetto in maniera contrastante (unità materiale).
In generale, si può dire che, fuori dai casi in cui viene stabilito un’equivalenza fra due o
più fonti, per cui hanno tutte la medesima efficacia normativa; i rapporti tra le fonti sono per
lo più ordinati secondo i seguenti criteri:

g e r a r c h i a : per cui le fonti sono tra loro graduate in una scala gerarchica in cui
la fonte di grado superiore condizione la fonti di inferiore. Il rapporto di gerarchia
implica le seguenti regole generali:
o la norma di grado inferiore non può mai modificare la norma di grado
superiore ne abrogarla;
o la norma di grado superore può sempre modificare o abrogare la norma di
grado inferiore;

c o m p e t e n z a : per cui viene demandata ad un specifica fonte la disciplina di
determinate materie. Il criterio di competenza può presentarsi in due diverse forme:
o tra due fonti può esserci una separazione di competenze fondata sulla
diversità di oggetti regolabili o di ambito territoriale, oppure su entrambi gli
elementi11;
o in altri casi la Costituzione mostra di preferire, per la disciplina di una
particolare materia, una fonte piuttosto che un’altra, senza impedire a
quest’ultima, però di regolarla fino a quando la fonte preferita non abbia
9
Tale elemento è fondamentale, in quanto se il gruppo sociale manterrebbe una condotta, senza la convinzione
che essa sia giuridicamente obbligatoria, non si avrebbe una consuetudine ma una semplice “p r a s s i
s o c i a l e ”.
10
Avuto riguardo ai rapporti con la legge, la consuetudine viene comunemente distinta in: c o n s u e t u d i n e
s e n c o n d u m l e g e m , cioè conforme alla legge, che è quella che si limita a specificare le disposizioni di
una legge; c o n s u e t u d i n e p r a t e r l e g e m , cioè al di là della legge, che è quella che dispone in materia
non disciplinata dalla legge; c o n s u e t u d i n e c o n t r a l e g e m , cioè contraria alla legge, la quale detta
disposizioni contrarie a quelle di quest’ultima. Il primo tipo di consuetudine è ammessa dalla legge, mentre gli
altre due tipi non possono mai essere fonti di diritto.
11
Un esempio di tale separazione si rinviene nei rapporti fra le leggi ordinarie e regolamenti parlamentari, ai
quali la Costituzione riserva in via esclusiva la disciplina dell’organizzazione interna delle Camere e del
procedimento di formazione delle stesse leggi.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
16
Diritto costituzionale
Le norme giuridiche e le fonti del diritto
provveduto ad introdurre la sua disciplina (c r i t e r i o
p r e f e r e n z a )12;

della
c r o n o l o g i c o : quando due norme configgenti sono poste da fonti dello stesso
tipo (due leggi, ad esempio), o due regolamenti, il criterio applicato per eliminare le
antinomie è quello cronologico, in base al quale non si applica (perché si ritiene
abrogata “implicitamente”) la norma precedente, ma quella successiva.
Va detto che solo l’utilizzo del criterio cronologico da luogo ad abrogazione, mentre la
risoluzione dell’antinomia con il criterio gerarchico e della competenza si da luogo ad
annullamento; cioè in quanto sia nel caso di ripartizione di competenza, sia nel caso di
gerarchia l’antinomia, non è più configurata come contrasto tra norme anteriore e posteriore,
bensì tra norma valida e invalida13.
2.2.5. La gerarchia tra le fonti atto.
In base al criterio gerarchico è possibile strutturare le fonti atto n tal modo:

la C o s t i t u z i o n e
e
le
leggi
costituzionali
e
di
r e v i s i o n e c o s t i t u z i o n a l e che si pongono al vertice della piramide
delle fonti del diritto riconosciuto dal nostro ordinamento;

la f o n t i e u r o p e e :
o trattati istitutivi della Comunità europea (e successivi trattati modificativi);
o regolamenti, direttive e decisioni;

le f o n t i p r i m a r i e :
o le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti
legislativi);
o il referendum abrogativo;

le f o n t i s e c o n d a r i e ;
o regolamenti;
o ordinanze;
12
Di preferenza più che di riserva, ad esempio deve parlarsi a proposito dei rapporti fra la legge regionale e
legge statale: la Corte costituzionale, infatti, ha sempre ammesso che il legislatore nazionale possa disciplinare le
materie affidate alle Regioni fino a quanto quest’ultime non abbiano usato delle competenze ad esse
costituzionalmente riconosciute. In tal caso, quindi, le norme di legge statale non sono subito invalide, ma lo
divengono solo nel momento in cui le regioni emanano le loro leggi.
13
Più che nella fase di produzione, i criteri per la soluzione delle antinomie intervengono nel momento
applicativo delle norme. È infatti, nella fase della “qualificazione giuridica” della fattispecie che può sorgere il
problema delle antinomie presentandosi, anche solo apparentemente, più norme suscettibili di applicazione.
Questa fase implica necessariamente il momento della “interpretazione della norma”, rivolta a determinarne
l’esatto significato e la portata; la fase delle “risoluzione delle antinomie” è quella dell’“attuazione
giurisdizionale” e l’interprete competente a eliminare le antinomie è il giudice. Tale eliminazione può avere
effetti limitati a un singolo caso concreto, senza portare alla eliminazione della norma illegittima (es.:
disapplicazione di un regolamento ritenuto illegittimo da parte del giudice civile), oppure può portare alla
definitiva delimitazione della norma dall’ordinamento; in questo caso, però, essa è solo eventuale, essendo
subordinata alla iniziativa di determinati soggetti interessati (è il caso delle nome “incostituzionali” che possono
essere limitate dall’ordinamento solo con sentenza della Corte Costituzionale e solo a seguito di impugnativa da
parte di determinati soggetti secondo le modalità previste dalla Costituzione). Da ciò si deduce che l’unità
dell’ordinamento non è un dato predeterminato, ma un obiettivo che si raggiunge per gradi. È inoltre possibile
che le eventuali “interpretazioni” giurisprudenziali possono essere tra loro contrastanti, ma per garantire
l’unitarietà del diritto, al Costituzione ha sancito che l’interpretazione della Corte di Cassazione, massimo
organo giurisdizionale di legittimità è quella della Corte Costituzionale nel caso si tratti di contrasto fra le
singole norme e la Costituzione, debbono prevalere sulle altre.
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17
Diritto costituzionale

Le norme giuridiche e le fonti del diritto
le f o n t i r e g i o n a l i ;
o Statuti regionali;
o Leggi regionali;
o Regolamenti regionali;

le f o n t i l o c a l i ;
o Statuti provinciali e comunali;
o Regolamenti provinciali e comunali.

le c o n s u e t u d i n i ;
2.2.6. Interpretazioni delle fonti.
2.2.6.1. Nozione.
L’i n t e r p r e t a z i o n e d e l l a n o r m a è quell’attività di indole intellettuale diretta ad
accertare il vero contenuto e la portata della norma, cioè a determinare in modo preciso ciò
che la norma comanda.
Per intendere il significato della norma l’interprete segue due procedimenti:
i n t e r p r e t a z i o n e l e t t e r a l e e l’i n t e r p r e t a z i o n e l o g i c a . La prima determina
il significato proprio delle parole nella loro connessione; la seconda tende a stabilire lo scopo
a cui mira la legge (v o l u n t a s l e g i s ).
2.2.6.2. Classificazione
secondo gli autori.
Secondi i soggetti che la compiono, l’i n t e r p r e t a z i o n e si distingue
 d o t t r i n a l e , quella fatta dagli studiosi del dritto;
 g i u d i z i a l e quella compiuta dal giudice;
 a u t e n t i c a quella compiuta dallo stesso legislatore, vincolando in tal modo gli
interpreti a non attribuire alla legge interpretata un diverso significato.
2.2.6.3. Classificazione
secondo i risultati cui si perviene.
Secondo i risultati a cui perviene, si parla di interpretazione:
 d i c h i a r a t i v a quando i risultati della interpretazione letterale coincidono con
quelli dell’interpretazione logica;
 e s t e n s i v a quando il significato della norma viene esteso dall’interpretazione
logica oltre il senso che si poterebbe ricavare da una semplice lettura del testo;
 r e s t r i t t i v a si ha quando l’interpretazione logica restringe il significato proprio
dell’espressione usata dalla legge.
In seguito all’interpretazione estensiva o restrittiva, il comando della legge non viene
alterato ad arbitrio dell’interprete, ma viene inteso meglio, correggendone un’imperfetta
manifestazione.
Si ha i n t e r p r e t a z i o n e a d e g u a t r i c e quando il significato della norma viene
adeguato ai nuovi principi fondamentale dell’ordinamento. Si ha i n t e r p r e t a z i o n e
e v o l u t i v a quando il significato viene adeguato alle nuove esigenze sociali.
2.2.6.4. Interpretazione
analogica.
L’i n t e r p r e t a z i o n e a n a l o g i c a è l'attività interpretativa che viene espletata
nelle ipotesi in cui un caso concreto non possa essere risolto applicando una norma
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Diritto costituzionale
Le norme giuridiche e le fonti del diritto
preesistente dell'ordinamento giuridico, quando, cioè, ci si trovi in presenza di una lacuna del
diritto.
Quando ciò accade, il secondo comma dell'art. 12 disp. prel. c.c. dispone che il giudiceinterprete tenga conto delle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe e, se il
caso rimane ancora dubbio, decida secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico
dello Stato.
Il procedimento di integrazione del diritto si articola, quindi, in due momenti successivi:

innanzitutto il giudice può avvalersi del ragionamento analogico (cd. a n a l o g i a
l e g i s o a n a l o g i a d i l e g g e ), vale a dire può applicare alla fattispecie
soggetta alla sua attenzione la disciplina prevista per altra fattispecie, laddove
ritenga di poter accomunare entrambe sotto la stessa ratio (o principio), dalla quale
non può che derivare una stessa conseguenza giuridica;

qualora il ragionamento analogico non sia sufficiente a risolvere il caso concreto, il
giudice non può affidarsi a criteri esterni al diritto positivo (diritto naturale,
coscienza individuale del giudice etc.), ma deve ricorrere ai principi generali
dell'ordinamento giuridico, sanciti dalla Costituzione o ricavabili da norme di legge
(a n a l o g i a i u r i s )14.
2.3. La Costituzione in generale.
2.3.1. Nozione.
La C o s t i t u z i o n e è la legge fondamentale dello Stato. Essa contiene le norme e i
principi generali relativi all’organizzazione e al funzionamento della collettività, in un
determinato momento storico, nonché le norme riguardanti i diritti e i doveri fondamentali dei
cittadini.
2.3.2. Classificazioni
Si è soliti distinguere la Costituzione in:

s c r i t t a o c o n s u e t u d i n a r i a a seconda che i principi e gli istituti vengano o
meno consacrati in un documento15;

r i g i d a o f l e s s i b i l e se per modificare o abrogare le disposizioni in esse
contenute sia o no necessario ricorrere a un procedimento diverso ed aggravato
rispetto a quello delle leggi ordinarie;

c o r t e o l u n g h e a seconda che si limitano a disciplinare la materia
strettamente costituzionale o anche materie diverse;

f o r m a l i quando sono racchiuse in una particolare forma giuridica;

b i l a n c i o o p r o g r a m m a se sono rivolte al presente e si propongono di dare
forma giuridica ad una realtà sociale già esistente o se promuovono anche la
trasformazione in tale realtà;
14
La interpretazione analogica non può essere applicata alle norme penali ed eccezionali (art. 14 disp. prel. c.c.);
nel primo caso, ad escluderlo è il principio di legalità penale, sancito dall'art. 25 Cost., in base al quale nessuno
può essere punito per un fatto che non era considerato reato nel momento in cui è stato compiuto; nel secondo è
il carattere derogatorio delle leggi eccezionali ad escluderlo.
15
L’esempio tipico di uno Stato con Costituzione non scritta ci è dato dalla Gran Bretagna, in questo caso la
Cost. è anche flessibile
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19
Diritto costituzionale

Le norme giuridiche e le fonti del diritto
per quanto riguarda il loro procedimento di formazione, le costituzioni si
distinguono in: o t t r i a t e o v o t a t e , si hanno le prime quando il sovrano
concede la Costituzione scritta ai suoi sudditi (es. Statuto Albertino), si hanno le
seconde quando la Costituzione è espressa dal basso e viene redatta e approvata dai
rappresentanti del popolo, riuniti in “assemblea costituzionale”.
2.3.3. Le norme costituzionali.
Esistono tre t i p i d i d i s p o s i z i o n i c o s t i t u z i o n a l i :

le n o r m e i s t i t u t i v e o o r g a n i z z a t i v e sono quelle che danno le linee
generali dell’ordinamento statale, istituiscono i vari organi costituzionali o di
rilevanza costituzionale e ne stabiliscono la loro organizzazione riguardo alla
struttura, alle funzione, alla preposizione alla carica dei loro componenti, ecc. (es.
art. 92);

le n o r m e p r e c e t t i v e sono quelle che attribuiscono al cittadino, ed, in alcuni,
casi, anche al non cittadino, un diritto nei confronti dello Stato (es art. 51);

le n o r m e p r o g r a m m a t i c h e sono quelle che determinano i fini che lo Statoistituzione deve perseguire per realizzare l’assetto politico-sociale prefigurato e
voluto dal Costituente (es.: art. 32).
2.4. La Costituzione italiana.
2.4.1. L’elaborazione, la promulgazione e l’entrata in vigore
Il 16 marzo 1946, a liberazione avvenuta (25 aprile 1945), con un decreto legge
luogotenenziale si dispose che a decidere sulla scelta fra monarchia e repubblica sarebbe stato
chiamato, direttamente il popolo mediante referendum. Il 2 giugno 1946 si ebbero insieme il
referendum e le elezioni per la Assemblea costituente (a suffragio universale, maschile e
femminile). La maggioranza dei voti andò alla repubblica.
L’Assemblea costituente, entro i limiti della forma repubblicana già scelta dal popolo
italiano, si accinse alla lunga discussione ed elaborazione della nostra Costituzione, la quale
venne p o i a p p r o v a t a d a l l a A s s e m b l e a s t e s s a i l 2 2 d i c e m b r e
1947, promulgata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico
De Nicola cinque giorni dopo, ed entrò in vigore il 1
gennaio 1948.
2.4.2. Composizione e struttura
La nostra Costituzione consta di 1 3 9
transitorie e finali.
articoli
e
18
disposizioni
La Costituzione italiana si compone di due parti precedute dall’enunciazione dei principi
fondamentali (art. 1-12). Nella prima parte sono trattati i diritti e doveri dei cittadini (artt. 1354) raggruppati in quattro titoli: Rapporti civili, Rapporti etico-sociali, Rapporti economici,
Rapporti politici.
Nella seconda parte, intitolata Ordinamento della Repubblica, l’attenzione del Costituente
si è rivolta all’organizzazione dell’apparato statale e al suo funzionamento, con la
suddivisione dell’argomento in sei titoli (artt. 55-139): I) il Parlamento; II) il Presidente della
repubblica; III) il Governo; IV) la Magistratura V) le Regioni, le Province, i Comuni; VI)
Garanzie Costituzionali.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
20
Diritto costituzionale
Le norme giuridiche e le fonti del diritto
2.4.3. Caratteri.
La nostra Costituzione è:

v o t a t a , perché è stata adottata volontariamente e liberamente dal popolo
attraverso un apposito organo (l’Assemblea costituente);

r i g i d a , cioè modificabile soltanto a mezzo di leggi emanate con procedimenti
ponderati e aggravati (art. 138 Cost.);

l u n g a , perché oltre le norme sull’organizzazione statale contempla anche i
principi fondamentali dello Stato e i diritti fondamentali dei cittadini;

s c r i t t a , perché è consacrata in un documento formale;

p r o g r a m m a , in quanto contiene norme programmatiche nei fini, ma precettive
nell’applicazione e interpretazione.
2.4.4. L’attuazione.
Alcune d i s p o s i z i o n i c o s t i t u z i o n a l i hanno trovato t a r d i v a a t t u a z i o n e o
non ne hanno ancora trovato affatto. Corte costituzionale, Consiglio superiore della
magistratura, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro sono stati, infatti istituiti dopo
circa un decennio dall’entrata in vigore della Costituzione; per non parlare delle Regioni di
diritto comune (Regioni ordinarie) sorte soltanto nel 1971.
Benché sia stata attuata, anche se non per intero, la parte organizzativa, la parte
programmatica, in cui sono contenuti i principi direttivi per il graduale rinnovamento della
comunità statale, resta ancora oggi del tutto inattuata. Tutto ciò ha comportato la nascita di
una C o s t i t u z i o n e m a t e r i a l e 16 che si discosta radicalmente dalla C o s t i t u z i o n e
f o r m a l e 17.
16
La C o s t i t u z i o n e m a t e r i a l e è il complesso di principi e norme di comportamento effettivamente
regolanti la società statale in un dato momento storico, in quanto conforme all’ideologia del gruppo politico
dominante.
17
La C o s t i t u z i o n e f o r m a l e è il documento solenne contenente i principi e le norme di
organizzazione dello Stato a prescindere dall’effettiva applicazione degli stessi
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Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
Capitolo 3°
Il Presidente della Repubblica
3.1. Nozione e caratteri.
Le Repubbliche hanno un organo di vertice denominato P r e s i d e n t e
Repubblica.
della
L’art. 87 1° co. Cost. afferma che “Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e
rappresenta l’unità nazionale.”
Esso è all’intero del nostro ordinamento, un o r g a n o c o s t i t u z i o n a l e 1, e come tale
la sua presenza è indefettibile.
Il Presidente della Repubblica presenta i seguenti caratteri:

è un o r g a n o m o n o c r a t i c o : in quanto è l’unico “potere dello Stato” a non
essere di tipo collegiale;

è un o r g a n o s u p e r p a r t e s : cioè al di fuori e al di sopra dei vari poteri dello
Stato e delle funzioni che essi rappresentano, avendo il compito di controllare ed
agevolare il funzionamento dell’intero meccanismo costituzionale2;

è g a r a n t e d e l l a c o s t i t u z i o n e e d a r b i t r o t r a i p a r t i t i : nel senso
che nell’esercizio delle sue funzioni vigila sul funzionamento del meccanismo
costituzionale e sull’osservanza delle regole che lo disciplinano, al fine di
assicurare il rispetto della Costituzione e il mantenimento di una corretto equilibrio
fra gli organi cui spetta la direzione politica dello Stato;

è a p o l i t i c o : nel senso che non può imporre al governo o al Parlamento la
propria politica personale, ma esercita tuttavia una funzione di rappresentanza di
indirizzo morale, in quanto fa sentire la sua influenza con il prestigio personale,
derivante dall’autorevolezza della sua figura.
In sintesi nel nostro sistema costituzionale il Presidente della Repubblica deve essere
inteso come p o t e r e n e u t r o , apolitico ed imparziale, che esercita funzioni di garanzia e
controllo sugli organi d’indirizzo politico al di sopra delle tre funzioni tradizionali e con il
fine di equilibrare il sistema senza svolgere funzioni attive di governo.
1
Gli o r g a n i c o s t i t u z i o n a l i sono quelli che si trovano in una posizione di indipendenza o parità
giuridica tra loro, essi sono indefettibili, vale a dire che se un organo venisse meno provocherebbe un mutamento
dell’assetto costituzionale dei poteri. Gli organi costituzionali partecipano in diverso modo alla funzione politica,
cioè prendono parte all’individuazione dei fini che lo Stato è chiamato a perseguire. Sono organi Costituzionali
le cui funzioni e competenze sono enunciate dalla Costituzione: I) il popolo inteso come corpo elettorale; II) il
Presidente della Repubblica; III) la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica; IV) il Governo; V) la Corte
Costituzionale.
Gli o r g a n i a r i l e v a n z a c o s t i t u z i o n a l e o d i r i l i e v o c o s t i t u z i o n a l e , sono invece
organi che pur non partecipando alla funzione politica, né essendo essenziale alla struttura costituzionale dello
Stato, sono individuati, ma non disciplinati, dalla Costituzione che rinvia al legislatore ordinario la disciplina
della loro attività. Essi sono: I) il C.N.E.L.; II) la Corte dei Conti; III) il Consiglio di Stato; IV) il C.S.M.; V) il
Consiglio Supremo di Difesa.
2
Va precisato che il Capo dello Stato, essendo, svincolato dai poteri tradizionali, non può essere in alcun modo
considerato né come organo di governo né come organo della pubblica amministrazione anche se l’art. 87 gli
conferisce particolari attribuzioni riferentesi all’una e all’altra funzione.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
22
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
3.2. Eleggibilità.
A norma dell’art. 84 1° co. Cost.: “Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni
cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età3, e goda dei diritti civili e politici4”.
3.3. Incompatibilità.
A norma dell’art. 84 2° co. Cost.: “L’ufficio del Presidente della Repubblica è
incompatibile con qualsiasi altra carica”5.
In altri termini, il Presidente della Repubblica non può contemporaneamente ricoprire altri
incarichi, di natura pubblica o privata, né svolgere altre attività professionali. Non può, cioè,
essere parte di un rapporto di servizio, sia esso pubblico o privato, retribuito o anche soltanto
onorario.
3.4. Nomina.
3.4.1. Organo elettivo.
Secondo l’art. 83 Cost., il P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a è eletto dal Parlamento
in seduta comune6 integrato da tre delegati7 per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in
modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranza (la Valle l’Aosta ha un solo
delegato)8.
3.4.2. Procedimento.
L’art. 85 2° co. afferma che: “T r e n t a g i o r n i p r i m a c h e s c a d a i l t e r m i n e 9,
il Presidente della Camera dei deputati convoca10 in seduta comune il Parlamento e i delegati
regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica”.
3
L’età minima di cinquant’anni risponde all’esigenza fondamentale di attribuire la più alta carica istituzionale
solo a chi abbia le doti di maturità, esperienza e autorevolezza necessarie per un compito così delicato.
4
Il godimento dei diritti civili esclude dalla eleggibilità a Capo dello Stato chi sia stato interdetto o inabilitato
secondo la legge civile (ad es.: perché infermo di mente e incapace di provvedere ai propri interessi). È privo dei
diritti politici chi sia stato, invece, cancellato dalle liste elettorali.
5
Inoltre, anche se manca un’esplicita previsione costituzionale, è prassi che il Presidente della Repubblica,
appena eletto, si dimetta anche da tutte le cariche che eventualmente ricopre all’interno di un partito politico. Ciò
risponde ad un preciso principio di correttezza costituzionale e mira a rafforzare l’indipendenza del Capo dello
Stato da qualunque formazione politica.
6
S e d u t a c o m u n e : riunione alla quale partecipano sia i membri della Camera dei deputati che quelli del
Senato della Repubblica, nei casi esplicitamente previsti dalla nostra Costituzione. Tali riunioni si svolgono alla
Camera dei deputati, utilizzandone strutture ed uffici, e sono presiedute dal Presidente della Camera.
7
D e l e g a t i p e r o g n i R e g i o n e (o regionali): membri esterni al Parlamento designati dai Consigli
regionali; integrano le Camere riunite in seduta comune per eleggere il Presidente della Repubblica. Godono
delle stesse prerogative dei parlamentari, non devono necessariamente ricoprire la carica di consiglieri regionali
e sono eletti «in modo da assicurare la rappresentanza delle minoranze». Ciò sta a significare che almeno uno dei
tre delegati deve essere espressione delle forze politiche di minoranza.
8
La particolare composizione del collegio elettorale integrato dai delegati regionali sta a sottolineare che il Capo
dello Stato rappresenta non solo lo Stato–persona, ma anche lo Stato–comunità, vale a dire la comunità politica
nazionale complessivamente considerata. La norma mira, quindi, a inserire le Regioni (in rappresentanza delle
autonomie locali) nel vivo delle dinamiche istituzionali e ad allargare la base di consenso, garantendo una più
significativa presenza delle minoranze.
9
Il termine di trenta giorni antecedenti la scadenza del settennato dovrebbe presumibilmente consentire
l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro la scadenza del mandato del predecessore. Se, tuttavia, le
votazioni dovessero prolungarsi oltre i 30 giorni, si avrebbe una seconda ipotesi di prorogatio dei poteri del
Presidente uscente, pur nel silenzio della Costituzione.
10
L’iniziativa di convocare il Parlamento in seduta comune e i delegati regionali è assegnata al Presidente della
Camera dei deputati. Ciò si spiega in quanto al presidente del Senato spetta già il potere di supplenza, e il
costituente è stato attento a mantenere un certo equilibrio tra i massimi organi dello Stato, una costante di tutta
l’architettura del sistema.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per
scrutinio
s e g r e t o 11 e d
a
maggioranza
di
due
terzi
d e l l ’ a s s e m b l e a (cioè a 2/3 dei componenti di entrambi i rami del Parlamento).
Tale maggioranza qualificata è richiesta per le prime tre votazioni, affinché il Presidente
della Repubblica possa godere di un numero di consensi più ampio di quello normalmente
prescritto per le maggioranze governative.
Dopo i primi tre scrutini è, invece, sufficiente la
m a g g i o r a n z a a s s o l u t a (metà dei componenti l’Assemblea + 1), onde evitare un
ulteriore ed eccessivo prolungamento delle operazioni di voto che sminuirebbe il prestigio
dell’eligendo.
3.4.2.1. Nel
caso in cui le camere siano sciolte o manca meno di tre mesi dalla cessazione.
Inoltre l’art. 85 3° co. afferma che: “Se le Camere12 sono sciolte, o manca meno di tre mesi
alla loro cessazione, l’elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere
nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica (prorogatio)”.
Quindi le Camere sciolte o prossime allo scioglimento (cd. C a m e r e “ m o r i b o n d e ” )
non sono abilitate a eleggere il nuovo Capo dello Stato. Si vuole, così, evitare di affidare una
scelta politica importante, come l’elezione del Presidente della Repubblica, a un organo ormai
in scadenza ed i cui membri potrebbero non essere riconfermati con le nuove elezioni.
3.4.2.1.1. Prorogatio
del Presidente della Repubblica
La durata in carica del Presidente della Repubblica è fissata in un settennato, a decorrere
dalla data del giuramento. Tuttavia nel caso in cui si verifichi ritardo nell’elezione del
successore (come nel caso previsto dell’art. 85 3° co.), il Presidente della Repubblica in carica
può vedere prorogati i suoi poteri ( p r o r o g a t i o d e l P r e s i d e n t e d e l l a
Repubblica)
3.5. Il giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservazione della Costituzione.
Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, deve ai sensi dell’art. 91
Cost. presentare g i u r a m e n t o d i f e d e l t à a l l a R e p u b b l i c a e d i
o s s e r v a z i o n e d e l l a C o s t i t u z i o n e dinnanzi al Parlamento in seduta comune13.
In occasione del giuramento, il Presidente della Repubblica rivolge alle Camere un
messaggio, detto “introduttivo” o di “insediamento”, con il quale espone le linee che
caratterizzeranno lo “stile” del suo mandato: si tratta di un messaggio orale, pronunciato
direttamente dinanzi alle Camere, a differenza dei tipici messaggi presidenziali, trasmessi in
forma scritta al Parlamento.
11
S c r u t i n i o s e g r e t o : procedimento di votazione che assicura l’assoluta segretezza (e, di conseguenza,
l’assoluta libertà) della scelta dell’elettore. I regolamenti parlamentari adottano lo scrutinio segreto soltanto nei
casi in cui sia in discussione un argomento che prevede un giudizio sulle persone (ad esempio, elezione e messa
in stato d’accusa del Presidente della Repubblica), mentre la regola generale è quella dello scrutinio palese.
12
C a m e r e : sono i due rami di cui si compone il nostro Parlamento: Camera dei deputati e Senato della
Repubblica.
13
Secondo il dettato costituzionale il giuramento del Presidente della Repubblica dovrebbe essere prestato
soltanto dinanzi al Parlamento in seduta comune; è comunque prassi che il Presidente della Camera inviti anche i
delegati regionali che hanno partecipato all’elezione del Capo dello Stato.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
24
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
3.6. Durata in carica.
Il Presidente ella Repubblica d u r a i n c a r i c a s e t t e a n n i 14, (art. 85 1° co. Cost.)
che decorrono dalla data del giuramento.
3.7. Supplenza e impedimento.
3.7.1. Supplenza
La Costituzione non prevede la carica della vicepresidenza, né la possibilità di delega
volontaria delle funzioni del Capo dello Stato ad altro organo, ma solo l’istituto della
“supplenza” , escludendo anche implicitamente la revoca del Presidente.
La s u p p l e n z a consiste nell’assunzione dei poteri e delle funzioni del Capo dello Stato
da parte del Presidente del Senato (art. 86 Cost. 1° co.15), nelle ipotesi in cui, a causa di un
impedimento temporaneo, il Presidente della repubblica non possa svolgere la propria attività
3.7.2. Impedimento
L’i m p e d i m e n t o 16 può essere:

p e r m a n e n t e in caso di:
o infermità che si protragga in modo irreversibile;
o destituzione dalla carica, comminata dalla Corte Costituzionale nella
sentenza di condanna per alto tradimento o attentato alla Costituzione
(d e s t i t u z i o n e ) ;
o perdita di godimento dei diritti civili e politici (d e c a d e n z a ).

t e m p o r a n e o in caso di:
o sospensione della Carica disposta dalla Corte Costituzionale in pendenza
del giudizio d’accusa per alto tradimento alla Costituzione;
o malattia che non importi guarigione entro breve termine, pur senza
pregiudicare la riassunzione della carica, a guarigione avvenuta;
o viaggio all’estero17.
14
La particolare lunghezza del mandato (superata solo da quella dei giudici costituzionali (9 anni) è giustificata,
innanzitutto, dall’esigenza di svincolare il Presidente della Repubblica dalla maggioranza politica che lo ha
eletto, esaltandone la posizione di imparzialità. Si ricordi, infatti che la durata ordinaria delle Camere è fissata a
soli 5 anni. In secondo luogo, la permanenza in carica per sette anni renderebbe possibile l’acquisizione della
maggior esperienza che la delicatezza dei compiti presidenziali impone. Infine, la durata del mandato evidenzia
le prerogative di organo moderatore che la Costituzione assegna al capo dello Stato, soprattutto allorquando si
verifichi un mutamento dei rapporti di forza tra le parti politiche.
15
Art. 86 1° co. Cost.: “Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle,
sono esercitate dal Presidente del Senato”.
16
Qual è l’organo competente ad accertare e dichiarare l’impedimento del Capo dello Stato nel caso in cui il
Presidente non sia in grado di riconoscere il proprio impedimento? Se il Presidente non vuole o non può
effettuare una dichiarazione spontanea, è necessario individuare quale sia l’organo competente: in dottrina è
stato, di volta in volta, individuato nella Corte Costituzionale, nel Governo, nel Parlamento in seduta comune,
ovvero nello stesso Presidente della Camera. Sono tutte soluzioni che, per un motivo o per un altro, lasciano
perplessi. Nell’unico precedente, in occasione della grave malattia che colpì il Presidente Segni (agosto 1964),
l’accertamento dell’impedimento fu fatto con atto del Governo (comunicato ufficiale del Consiglio dei Ministri).
Quindi il Presidente del Senato, convocati il Presidente della Camera e il Presidente del Consiglio e verificata
con loro la sussistenza delle condizioni previste da questo articolo, assunse temporaneamente l’esercizio delle
funzioni di Capo dello Stato, con la qualifica di Presidente supplente della Repubblica. Non si pervenne,
comunque, a una dichiarazione di impedimento permanente, perché nel frattempo il Presidente Segni rassegnò le
dimissioni.
17
Quest’ultimo caso, anche se in passato si è verificato, appare controverso, in quanto non può considerarsi
«impedito» il Presidente della Repubblica proprio quando è all’estero, in rappresentanza dello Stato italiano e
Ver. 09/04/2017 13:34:00
25
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
Si ricordi che l’impedimento che impone la supplenza è
solo
quello
temporaneo,
in
quanto
l’impedimento
permanente, da luogo a cessazione anticipata della carica.
3.7.3. I poteri del supplente
Il supplente acquista la sua carica automaticamente, cioè senza bisogno di alcuno atto di
investitura e senza che debba prestare giuramento.
I p o t e r i d e l s u p p l e n t e di regola sono limitati ai soli atti di ordinaria
amministrazione, essendo poco opportuno il compimento di atti di carattere palesemente
straordinario (ad es.: scioglimento anticipato delle Camere). La norma non esclude, tuttavia,
la possibilità che il supplente assolva tutte le funzioni presidenziali senza distinzioni, ove ne
ricorra la necessità.
La correttezza costituzionale impone, comunque, al supplente di astenersi dagli atti
destinati ad incidere sugli equilibri tra i vari organi dello Stato. Sarebbe, quindi, del tutto
inopportuno che il Presidente del Senato, nominasse senatori a vita o inviasse messaggi alle
Camere.
3.8. Cessazione.
3.8.1. Ordinaria
Il mandato presidenziale termina in via ordinaria per la scadenza del settennio. Scaduto il
mandato, il Presidente della Repubblica è immediatamente rieleggibile18.
Alla cessazione della carica il Presidente della Repubblica diviene automaticamente
senatore a vita19 (salvo i casi di rinuncia: art. 59 1° co. Cost.).
3.8.2. Anticipata.
La c e s s a z i o n e dell’ufficio può avvenire, oltre che, in via normale per la scadenza del
settennio, anche via a n t i c i p a t a a causa di:

morte;

d i m i s s i o n i 20: le dimissioni del Presidente della Repubblica hanno effetto
immediato: non esiste, infatti, un organo abilitato a riceverle e ad accettarle (e tale
non è neppure il Parlamento), né ciò sarebbe compatibile con la posizione di organo
super partes che è propria del Capo dello Stato. Per tale motivo l ’ a t t o d i
dimissione del Presidente della Repubblica è un
dunque nella pienezza delle sue funzioni. La tesi probabilmente più corretta considera necessaria una «supplenza
parziale», riconoscendo al supplente le sole funzioni non inerenti allo svolgimento della missione all’estero.
18
La rieleggibilità del Presidente della Repubblica (e cioè la possibilità di una sua rielezione, anche immediata,
alla scadenza del settennato) si deduce dal silenzio della Costituzione, che per altri organi espressamente la vieta
(come per i giudici della Corte Costituzionale o per i membri del Consiglio Superiore della Magistratura).
Giorgio Napolitano è fino ad ora l’unico presidente ad essere stato rieletto alla scadenza del settennato .
19
E x P r e s i d e n t i d e l l a R e p u b b l i c a d i v e n u t i s e n a t o r i a v i t a : la loro
posizione è totalmente equiparata a quella degli altri senatori, non essendovi nel testo costituzionale alcuna
disposizione che imponga obblighi o assegni particolari privilegi agli ex Presidenti. Pur non essendovi alcuna
esplicita previsione costituzionale, per anni è invalsa la prassi che gli ex Presidenti della Repubblica siano
ascoltati dal Presidente in carica nel corso delle consultazioni per la formazione del Governo.
20
D i m i s s i o n i : atto libero e personale con cui il titolare di un ufficio dichiara di voler abbandonare
anticipatamente l’incarico. Normalmente le dimissioni hanno effetto solo dopo l’accettazione da parte
dell’organo competente e solo quando sia divenuta effettiva la sostituzione da parte del successore. Si ha,
pertanto, la cd. prorogatio dei poteri del precedente titolare, fino a sostituzione avvenuta.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
26
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
atto personalissimo, e non richiede la controfirma
ministeriale, né la motivazione.

per im p e d i m e n t o p e r m a n e n t e ;

d e c a d e n z a : per il venir meno di uno dei requisiti di eleggibilità (cittadinanza,
godimento dei diritti civili e politici);

d e s t i t u z i o n e , a seguito della condanna per alto tradimento o attentato alla
costituzione, do opera della Corte Costituzionale.
In queste ipotesi, ai sensi dell’art. 86 2° co., “il Presidente della Camera dei Deputati indice
l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior
termine previsto se le Camere sono sciolte o mancano meno di tre mesi alla loro cessazione”.
3.9. Gli atti presidenziali o decreti presidenziali.
Ogni atto emanato dal Capo dello Stato, assume la forma di d e c r e t o
p r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a (D.P.R.).
del
L’elencazione degli atti che devono essere emanati sotto forma di D.P.R., è contenuta nella
Costituzione e nella legge 13/91.
3.9.1. Tipologie.
Gli a t t i p r e s i d e n z i a l i , possono classificarsi in:

atti formalmente presidenziali;

atti formalmente e sostanzialmente presidenziali;

atti sostanzialmente complessi.
3.9.1.1. Formalmente presidenziali
(o atti governativi o ministeriali).
Gli a t t i s o l o f o r m a l m e n t e p r e s i d e n z i a l i , sono gli atti il cui contenuto è
stabilito dal Governo, e sui quali il Presidente apponendo la sua sottoscrizione ne effettua un
controllo di legalità o di merito (quindi la sottoscrizione non ha la funzione di rendere perfetti
tali atti).
Tale controllo ha un efficacia limitata, consentendo al Presidente, ove lo ritenga opportuno,
di arrestare il corso dei medesimi e richiedere un nuovo esame da parte dell’organo che li ha
deliberati.
Tuttavia se l’organo che li ha deliberati o che ha formulato la proposta insiste nel volere
del provvedimento, il Presidente non può ulteriormente rifiutarsi di sottoscriverli.
Rientrano in questa prima categoria: I) decreti legge21; II) decreti legislativi22; III)
regolamenti governativi; IV) gli atti del governo che siano espressione della funzione
amministrativa (ad esempio, la nomina di alti funzionari); V) i provvedimenti relativi ai
rapporti con gli altri Stati (ratifica dei trattati internazionali); VI) gli atti di nomina dei
Ministri proposti dal Presidente del Consiglio; VII) gli atti di esercizio dell’iniziativa
legislativa governativa.
21
D e c r e t o l e g g e : appartiene alla categoria delle ordinanze generali, che si concretano in provvedimenti
provvisori (con forza di legge) adottati dal Governo, di sua iniziativa e sotto la sua responsabilità, in casi
straordinari di necessità e di urgenza. Tali provvedimenti diventano definitivi solo dopo la conversione in legge
effettuata dal Parlamento.
22
D e c r e t o l e g i s l a t i v o : atto con efficacia di legge formale emanato dal Governo in base ad una delega
legislativa (e nei limiti di questa) del Parlamento. La delega del Parlamento è conferita con legge formale
ordinaria.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
27
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
3.9.1.2. Formalmente
e sostanzialmente presidenziali (o atti presidenziali).
Sono a t t i f o r m a l m e n t e e s o s t a n z i a l m e n t e p r e s i d e n z i a l i , quegli atti
che rientrano totalmente nella sfera di discrezionalità del Presidente.
Rientrano in questa seconda categoria: I) la nomina di cinque senatori a vita e di cinque
giudici della Corte costituzionale; II) la nomina di otto esperti componenti il CNEL; III) il
rinvio al Parlamento di una legge; IV) la promulgazione delle leggi; V) i messaggi inviati alle
Camere per segnalare gravi necessità comuni a fare richiamo ad esigenze avvertite in modo
diffuso nel Paese, all’infuori degli schieramenti delle parti politiche.
3.9.1.3. Sostanzialmente complessi.
Infine gli a t t i s o s t a n z i a l m e n t e c o m p l e s s i sono atti il cui contenuto è
determinato sia dal Governo che dal Presidente stesso, e che impegnano la responsabilità di
entrambi allo stesso titolo.
Rientrano in questa categoria: I) la nomina del Presidente del Consiglio; II) lo scioglimento
delle Camere; III) la concessione della grazia.
3.9.2. La controfirma.
Condizione di validità di tutti gli atti emanati23 dal Presidente della Repubblica è la
c o n t r o f i r m a apposta sugli stessi, dal Ministro proponente e anche del Presidente del
Consiglio nel caso di decreti legge o decreti legislativi (art. 89 Cost.).
3.9.2.1. La
funzione svolta dalla controfirma.
A secondo degli atti su cui è apposta la controfirma svolge:

nel caso in cui venga apposta su a t t i g o v e r n a t i v i , la controfirma giustamente
assolve il compito di trasferire ad altri la responsabilità
( p o l i t i c a ) d e l l ’ a t t o f i r m a t o d a l P r e s i d e n t e . Quest’ultimo
esercita soltanto una forma di controllo di legittimità sull’operato del Governo;

nel caso in cui venga apposta su a t t i
formalmente
e
s o s t a n z i a l m e n t e p r e s i d e n z i a l i , la controfirma ha soltanto una
funzione di controllo sull’operato del Presidente da
p a r t e d e l G o v e r n o . In altri termini, in questa caso la posizione dei
Ministri si inverte, in quanto il loro compito non è più di collaborazione attiva alla
formazione dei medesimi, ma piuttosto (oltre che di attestazione delle “autenticità
della sottoscrizione del Presidente”) di controllo diretto ad accertare la
costituzionalità formale dell’atto.
3.10. Responsabilità.
3.10.1. Introduzione.
Sotto il profilo costituzionale sono rilevanti due diverse forme di responsabilità:

r e s p o n s a b i l i t à p o l i t i c a : ricorre quando il comportamento di chi agisce è
valutabile solo secondo parametri di opportunità ed è sottoponibile ad un tipo di
sanzioni che oscillano dalla rimozione o destituzione dalla carica alla sola censura
politica;
23
Deve ritenersi pacifico, comunque, che la controfirma non è richiesta per quegli atti alla cui formazione il
Presidente della Repubblica partecipa, ma che non vengono imputati a lui bensì ad organi collegiali da lui
presieduti (es.: atti del Consiglio Superiore della Magistratura).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
28
Diritto costituzionale

Il Presidente della Repubblica
r e s p o n s a b i l i t à g i u r i d i c a : ricorre quando l’esercizio del potere è
valutabile secondo precisi parametri normativi ed è sottoponibile alle sanzioni
previste dall’ordinamento giuridico, e cioè sanzioni penali, civili o amministrative.
Nel nostro ordinamento costituzionale il Presidente della Repubblica è soggetto sia alla
responsabilità politica, sia a quella giuridica.
3.10.2. Politica.
Quanto alla responsabilità politica occorre distinguere due forme molto diverse fra loro:

r e s p o n s a b i l i t à p o l i t i c a d i f f u s a : è quella di cui il titolare di una
determinata carica politica risponde nei confronti di una generalità di persone (in
questo caso i cittadini) che non possono esercitare nei suoi confronti uno specifico
e diretto potere «sanzionatorio», ma solo un generale diritto di critica;

r e s p o n s a b i l i t à p o l i t i c a i s t i t u z i o n a l i z z a t a : è quella che si ha
verso determinati organi dotati della titolarità di uno specifico e diretto potere
sanzionatorio nei confronti del titolare di una certa carica (rimozione, destituzione
etc.).
3.10.2.1. Tipo
di responsabilità politica a cui è sottoposto il Presidente della Repubblica.
Si deve ritenere che il Capo dello Stato sia sottoposto alla sola responsabilità politica
diffusa24, dal momento che la Carta Costituzionale non prevede l’esistenza di alcun organo cui
egli debba rendere conto del proprio comportamento politico e che possa esercitare poteri
politici sanzionatori nei suoi confronti.
La sottoposizione del Capo dello Stato a tale forma di responsabilità deriva da uno dei
principi fondamentali del nostro sistema: quello della sovranità popolare. Poiché la sovranità
appartiene al popolo, solo ad esso deve sempre essere riconosciuto il diritto di poter valutare
criticamente il comportamento di chi esercita per suo conto i poteri supremi.
3.10.3. Giuridica.
La r e s p o n s a b i l i t à g i u r i d i c a sorge nel momento in cui vi è la violazione di una
precisa norma di legge appositamente sanzionata (sanzioni penali, civili e amministrative).
Mentre in relazione alla responsabilità civile e quella amministrativa, il Presidente della
Repubblica non gode di nessuna immunità, esiste un particolare regime per la responsabilità
penale.
i reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni.
Il Capo dello Stato, nell’esercizio delle sue funzioni, è sottratto dalla Costituzione a tale
responsabilità, per cui non può essere chiamato a rispondere in giudizio degli illeciti che
commette.
3.10.3.1. Per
Egli, pertanto, gode dell’immunità penale che è, tuttavia, limitata ai soli casi in cui essa
risulta strumentale allo svolgimento delle funzioni presidenziali.
L’unica eccezione all’immunità penale del Presidente deve ravvisarsi nelle ipotesi in cui si
renda colpevole dei reati di alto tradimento e di attentato alla Costituzione (art. 90 Cost.).
24
È chiaro, come evidenziato in precedenza, che il Presidente della Repubblica risulterà politicamente
responsabile solo per gli atti da lui posti in essere sia formalmente che sostanzialmente, per i quali la controfirma
svolge solo una funzione di controllo.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
29
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
3.10.3.1.1. Alto
tradimento.
Può considerarsi a l t o t r a d i m e n t o ogni comportamento doloso, che, offendendo la
personalità interna ed internazionale dello Stato, costituisca una violazione del dovere di
fedeltà della Repubblica.
Esso presuppone una intesa con potenze straniere per pregiudicare gli interessi nazionali o,
addirittura, per sovvertire l’ordinamento costituzionale.
3.10.3.1.2. Attentato
alla Costituzione.
Mentre deve ritenersi a t t e n t a t o a l l a C o s t i t u z i o n e ogni comportamento doloso
diretto a sovvertire le istituzioni costituzionali o violare la Costituzione.
L’art. 283 c.p. definisce genericamente tale reato come: «un fatto diretto a mutare la
Costituzione dello Stato o la forma di governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento
costituzionale dello Stato»
messa in stato d’accusa del Capo dello Stato.
inquirente.
È il Parlamento a promuovere l’azione penale contro il Presidente della Repubblica per i
reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, per cui ad esso è riservato il potere di
compiere le indagini istruttorie a tal fine necessarie.
3.10.3.1.3. La
3.10.3.1.3.1. L’organo
La legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, ha disposto modificando l’art. 12 della legge
costituzionale 11 marzo 1953, che, la deliberazione sulla messa in stato d’accusa del
Presidente della Repubblica per i reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione, è
adottata dal P a r l a m e n t o i n s e d u t a c o m u n e (a maggioranza assoluta dei suoi
membri) s u r e l a z i o n e d i u n C o m i t a t o (e non più dunque di una Commissione per
i procedimenti d’accusa), formati dai componenti della Giunta del Senato e da quelli della
Camera competenti per le autorizzazione a procedere (c.d. giunta per le autorizzazioni a
procedere).
3.10.3.1.3.2. L’organo
giudicante.
L’organo competente a giudicare l’accusa mossa è la C o r t e C o s t i t u z i o n a l e , la
quale potrà, in pendenza del giudizio d’accusa, disporre la sospensione dalla carica
presidenziale.
3.10.3.2. Reati
compiuti al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni.
Relativamente ai reati c o m p i u t i a l d i f u o r i d e l l ’ e s e r c i z i o d e l l e s u e
f u n z i o n i , il Capo dello Stato risponde (ed è perciò imputabile) al pari di qualsiasi altro
cittadino.
Tuttavia onde evitare che il capo dello Stato sia il possibile oggetto di incriminazioni
politicamente strumentalizzate, nel silenzio della Costituzione, la dottrina ritiene, che non si
possa procedere penalmente contro di lui finché resta in carica (i m p r o c e b i l i t à
d e l l ’ a z i o n e p e n a l e ).
3.10.3.3. In
sintesi.
Da quanto detto discende che:

per gli atti non compiuti nell’esercizio delle funzioni presidenziali, la responsabilità
del Capo dello Stato è identica a quella di qualunque altro cittadino. Egli sarebbe
certamente responsabile di una eventuale molestia sessuale attuata sulla segretaria
del Quirinale, anche se compiuta nel corso del settennato;
Ver. 09/04/2017 13:34:00
30
Diritto costituzionale

Il Presidente della Repubblica
per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, egli non assume alcuna
responsabilità giuridica, purché non si tratti dei reati previsti dalla stessa
Costituzione: ad esempio sarebbe sicuramente responsabile di attentato alla
Costituzione, nell’ipotesi in cui decidesse di organizzare un colpo di Stato per
instaurare una dittatura.
3.11. Prerogative.
Per potere esercitare concretamente i suoi poteri il presidente gode delle seguenti
prerogative:

i n s i n d a c a b i l i t à : il presidente della Repubblica non è sindacabile e non può
essere perseguito per i pareri e le opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni.
Limitatamente alla sua irresponsabilità per gli atti del governo, tale insindacabilità è
tutelata dall’art. 279 c.p.;

di i n d i p e n d e n z a e c o n o m i c a : assicurata mediante l’assegnazione di un
a s s e g n o pari a 125.000 € annui;

di una d o t a z i o n e , ossia il complesso dei beni (costituenti patrimonio
indisponibile dello Stato), destinati al mantenimento e al funzionamento
dell’Ufficio della Presidenza della Repubblica. La dotazione si compone di una
parte in natura (Palazzo del Quirinale, tenuta di Castelporziano e altri edifici situati
in diverse Regioni italiane) e di una parte in denaro, necessaria alla manutenzione
dei beni in precedenza indicati.
3.12. Poteri e attribuzioni del presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica non è titolare di nessuna delle tre fondamentali funzioni
dello Stato, ma la Costruzione gli riserva la possibilità di intervenire in ciascuna di esse, oltre
che alcune competenza specifiche
3.12.1. In relazione al potere legislativo.
I n r e l a z i o n e a l p o t e r e l e g i s l a t i v o e alla relativa funzione, il Presidente della
Repubblica:
3.12.1.1.1. Indice
le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione
Indice le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione (art. 87 3° co. Cost.)25.
Le Camere, appena elette, devono riunirsi entro 20 giorni dalla fine delle elezioni (art. 61
Cost.). Il giorno di prima riunione, nell’ambito di tale termine, è fissato dal Capo dello Stato,
già nel decreto in cui convoca i comizi elettorali.
3.12.1.1.2. Può
inviare messaggi alle Camere.
Può inviare messaggi alle Camere (art. 87 2° co. Cost.).
3.12.1.1.2.1. Nozione
di messaggio.
Il m e s s a g g i o è un tipico atto presidenziale, il cui contenuto rispecchia gli intendimenti
personali del Capo dello Stato (c.d. p o t e r e d i e s t e r n a z i o n e ) .
25
Si tratta comunque di una a t t r i b u z i o n e p r e s i d e n z i a l e m e r a m e n t e f o r m a l e : sia
convocazione dei comizi elettorali, che la determinazione della data della prima riunione delle Camere sono
deliberate dal Consiglio dei Ministri: siamo quindi di fronte ad u n a t t o g o v e r n a t i v o e , n o n
presidenziale quanto alla sostanza.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
31
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
Con i propri messaggi, il Presidente non può però interferire nell’azione degli altri organi
costituzionali, né entrare nel merito del programma politico del Governo.
3.12.1.1.2.2. Messaggi
formali e informali
Dai m e s s a g g i f o r m a l i i n v i a t i a l l e C a m e r e (tra cui vi è il messaggio
motivato), vanno distinti i m e s s a g g i i n f o r m a l i , rivolti a qualunque altro destinatario,
sugli argomenti più vari e quando il Presidente ne ravvisi l’opportunità (ad es.: messaggi
televisivi rivolti alla pubblica opinione).
Il m e s s a g g i o f o r m a l e v a s e m p r e c o n t r o f i r m a t o d a l P r e s i d e n t e
d e l C o n s i g l i o , o , a l m e n o , d a u n o d e i M i n i s t r i , e tale atto ha valore di
controllo di legittimità. I messaggi informali non sono, invece, soggetti a controfirma.
3.12.1.1.3. Autorizza
con suo decreto la presentazione alle Camere dei disegni di legge di
iniziativa governativa.
A u t o r i z z a con suo decreto l a p r e s e n t a z i o n e alle Camere d e i d i s e g n i
d i l e g g e 26 di iniziativa governativa (art. 87 4° co. Cost.).
Tale autorizzazione non è atto presidenziale (cioè di competenza anche sostanziale del
Presidente della Repubblica), perché l’art. 71 Cost. attribuisce, in via tassativa, al governo la
titolarità dell’iniziativa legislativa, escludendo il concorso di altri organi nel suo esercizio:
quindi l’autorizzazione presidenziale non ha carattere discrezionale e non può essere rifiutata.
Può solo ritenersi che i poteri del Capo dello Stato possano limitarsi alla richiesta di un
riesame da parte del Governo. Può, invece, rifiutare l’autorizzazione, per mancanza di un
elemento essenziale o quando l’atto abbia carattere delittuoso.
3.12.1.1.4. Può
convocare ciascuna Camera i via straordinaria.
P u ò c o n v o c a r e 27 c i a s c u n a C a m e r a i v i a s t r a o r d i n a r i a 28 (art. 62 2° co.
Cost.)29. In tal caso si riunisce di diritto anche la Camera non convocata (art. 62 3° Cost.).
3.12.1.1.5. Promulga
le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti (art. 87, 5 co.
Cost.).
3.12.1.1.5.1. La
promulgazione della legge
P r o m u l g a z i o n e d e l l a l e g g e : è l’ultimo atto del procedimento legislativo prima
della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il Presidente della Repubblica è tenuto a promulgare la legge
e n t r o u n m e s e d a l l ’ a p p r o v a z i o n e d e l l e d u e C a m e r e . Tuttavia se le
Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la
legge è promulgata in un termine più breve da esse stabilito.
Con l’atto di promulgazione, che è atto di controllo, la legge diviene esecutoria. Diviene
invece obbligatoria per tutti i cittadini solo con la pubblicazione.
26
D i s e g n o d i l e g g e : termine tecnico con cui si individuano le proposte di derivazione governativa. La
Costituzione, tuttavia, usa l’espressione in modo spesso improprio, designando con essa ogni progetto di legge,
da qualunque fonte provenga.
27
C o n v o c a z i o n e ( d e l l e C a m e r e ) : atto con il quale viene comunicato ai Parlamentari il giorno e
l’ora della riunione, affinché possano partecipare ai lavori.
28
La c o n v o c a z i o n e s t r a o r d i n a r i a , si attua in circostanze del tutto eccezionali, come nell’ipotesi di
paralisi dell’attività del Parlamento.
29
È questo un atto tipicamente presidenziale, di impulso dell’attività del Parlamento.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
32
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
3.12.1.1.6. Può,
prima di promulgare una legge, chiedere con messaggio motivato alle
Camere una nuova deliberazione.
Tuttavia il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, qualora riscontri vizi
nell’atto o un contrasto dello stesso con altre norme costituzionali30, può31 chiedere alle
Camere una nuova deliberazione o un riesame della legge (c.d. p o t e r e d i v e t o
s o s p e n s i v o ).
Tale rinvio deve essere accompagnato da una “m e s s a g g i o m o t i v a t o 32” in cui siano
indicati motivo di merito o di legittimità costituzionale per cui il Capo dello Stato ritiene la
legge non promulgabile33 (art. 74 1° co. Cost.).
Va precisato che il Capo dello Stato non può bloccare definitivamente l’attività delle
Camere, ma può solo sospendere temporaneamente la promulgazione dell’atto, privandolo
temporaneamente dell’efficacia. Tanto è vero che una volta che le Camere riapprovino senza
modifiche la legge, il Capo dello Stato non può far altro che promulgarla.
Ciò non esclude che, laddove l’atto manchi dei requisiti minimi per essere qualificato
legge oppure sia tale da comportare un vero e proprio attentato alla Costituzione o integri gli
estremi dell’alto tradimento, reati per i quali sussiste la responsabilità penale del Presidente
della Repubblica, quest’ultimo possa di nuovo rifiutarsi di promulgarla. In questo caso potrà
sorgere un conflitto di attribuzione fra Parlamento e Presidente, risolvibile dalla Corte
Costituzionale.
Se, invece, le Camere approvano emendamenti diversi da quelli suggeriti dal Presidente
nel messaggio, egli potrà di nuovo rinviare la legge alle Camere, almeno limitatamente alle
modifiche apportate.
3.12.1.1.7. Emanazione
degli atti normativi.
E m a n a z i o n e ( d e g l i a t t i n o r m a t i v i ) : potere analogo a quello di
promulgazione delle leggi.
Ha ad oggetto i seguenti atti di Governo: I) decreti legislativi e decreti-leggi, che, pur
essendo formalmente atti del potere esecutivo, hanno forza e valore di legge; II) regolamenti
governativi, che sono fonti secondarie di diritto.
Il Capo dello Stato emana anche altri atti amministrativi. Con L. 12 gennaio 1991, n. 13
sono stati tassativamente elencati tutti gli atti che devono emanati nella forma di “decreto del
Presidente della Repubblica”.
30
Il controllo presidenziale può svolgersi solo per ragioni di legittimità o di opportunità costituzionale: il rinvio
delle leggi, cioè, può avvenire solo se il Capo dello Stato accerti un contrasto tra la legge e le norme contenute
nella Costituzione, oppure rinvenga nella disciplina legislativa contenuti che possono turbare l’equilibrato
funzionamento delle istituzioni, a presidio del quale tale controllo è posto.
31
La decisione di esercitare o meno il potere di rinvio ha, comunque, un contenuto politico e discrezionale assai
marcato, in quanto il Presidente della Repubblica deve opportunamente valutare anche i riflessi sulle istituzione
dei suoi atti. In ciò si differenzia dalla Corte Costituzionale, la cui attività è sempre doverosa e riveste, pur con
tutte le sue particolarità, il carattere della giurisdizione.
32
Tale messaggio è diverso da quello previsto dall’art. 87 Cost., perché non concerne considerazioni generali
sulla situazione del Paese, né è espressione del potere di impulso del Presidente, bensì riguarda il singolo atto
rinviato, ed è espressione del suo potere di controllo.
33
La sottoscrizione ministeriale richiesta anche per quest’atto, ha in questo caso la funzione di controllo
dell’operato del Presidente.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
33
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
3.12.1.1.8. Può
nominare cinque senatori a vita.
P u ò n o m i n a r e c i n q u e s e n a t o r i a v i t a (senatori di nomina presidenziale), tra
i cittadini “che abbiamo illustrato la Patria di altissimi meriti nel campo sociale, scientifico,
artistico e letterario34” (art. 59 2° co. Cost.).
3.12.1.1.9. Indice
il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla
C o s t i t u z i o n e (art. 87 6° co. Cost.): quindi il referendum abrogativo e il referendum
costituzionale inserito nel procedimento previsto dall’art. 138 della Cost.
3.12.1.1.10. Può
sciogliere le Camere, o anche una sola di esse
Può sciogliere le Camere35, o anche una sola di esse, sentiti i pareri obbligatori (ma non
vincolati) dei relativi presidenti36 (art. 88, 1°–2° co. Cost.).
3.12.1.1.10.1. La
natura del decreto di scioglimento.
Circa la natura del decreto di scioglimento, in dottrina non vi è una posizione pacifica. Noi
tuttavia accogliamo l’idea che esso sia un a t t o f o r m a l m e n t e c o m p l e s s o , la cui
responsabilità ricade sia sul Presidente che sul Governo.
3.12.1.1.10.2. Il
semestre bianco
Il s e m e s t r e b i a n c o : è il p e r i o d o di tempo corrispondente agli ultimi sei mesi
della carica del Presidente della Repubblica, d u r a n t e i l q u a l e l e C a m e r e n o n
p o s s o n o e s s e r e s c i o l t e (art. 88 2° co. Cost.).
Tale divieto per la dottrina deriverebbe dall’intenzione di evitare che il Presidente della
Repubblica si avvalga dei poteri di scioglimento per favorire la sua rielezione (da parte delle
nuove Camere).
L’art. 88 2° co. Cost. è stato modificato dalla L. Cost. n. 1/9137, in base alla quale il
Presidente della Repubblica non può esercitare tale facoltà (cioè lo scioglimento delle camere)
negli ultimi sei mesi del suo mandato s a l v o c h e e s s i c o i n c i d a n o i n t u t t o o i n
p a r t e c o n g l i u l t i m i s e i m e s i d e l l a l e g i s l a t u r a 38, per consentirgli di
sciogliere le Camere ed indire regolarmente le nuove elezioni.
34
La norma, quindi, tenderebbe ad escludere dalla nomina a senatori a vita persone che possono vantare soltanto
meriti politici, privilegiando, invece, personalità che provengono dalla società civile: purtroppo, le scelte fatte in
passato, molto spesso, hanno privilegiato proprio i politici.
35
S c i o g l i m e n t o d e l l e C a m e r e : è l’atto col quale si pone fine all’attività delle assemblee
rappresentative (o di una sola di esse) in vista della loro rinnovazione.
36
Il parere obbligatorio, ma non vincolante, del Presidente del ramo del Parlamento che il Capo dello Stato
intende sciogliere, realizza una sorta di garanzia del contraddittorio o del giusto procedimento, essendo contrario
ai principi democratici adottare un provvedimento sfavorevole ad un soggetto senza, quanto meno, ascoltarne le
motivazioni. Non solo: i Presidenti delle Camere sono in grado, in virtù dell’importante ruolo ricoperto, di
fornire al Presidente della Repubblica tutte le indicazioni necessarie alla sua decisione.
37
Prima della modifica del 1991, il divieto di scioglimento delle Camere negli ultimi 6 mesi del mandato (c.d.
semestre bianco) non prevedeva eccezioni. Nei primi mesi del 1992 si venne, però, a creare una situazione di
stallo perché contestualmente scadeva il mandato del Presidente Cossiga e volgeva al termine la legislatura.
Poiché il Presidente non poteva sciogliere le Camere (per il divieto posto dal secondo comma di questo articolo),
né queste ultime potevano eleggere un nuovo Presidente, dal momento che mancavano meno di tre mesi alla loro
cessazione, si rese indispensabile procedere ad una modifica della Costituzione, onde evitare una paralisi
istituzionale; pertanto fu introdotta la possibilità per il Presidente di sciogliere le Camere se il termine naturale
della legislatura coincide con quello del semestre bianco.
38
L e g i s l a t u r a : è il periodo di durata effettiva del mandato parlamentare (5 anni) per ciascuna Camera.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
34
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
3.12.2. In relazione al potere esecutivo.
In relazione al potere
Presidente della Repubblica:
e s e c u t i v o ed alla funzione amministrativa, il

nomina il Presidente del Consiglio, e su proposta di questi, i ministri (art. 92 2° co.
Cost.), nomina altresì, i commissari straordinari del Governo ed i sottosegretari di
Stato;

nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato (art. 87 7° co. Cost.)39;

controfirma gli atti ministeriali che sono emanati con suo decreto: il Capo dello
Stato esercita, in tal modo il suo potere di controllo e di garanzia costituzionale;

nomina gli esperti del CNEL: anche questa nomina, come per i funzionari dello
Stato, ha carattere meramente formale: la nomina effettiva rientra fra le attribuzione
del Governo, di cui il CNEL, è organo ausiliario;

ratifica i trattati internazionali e accredita e riceve i rappresentanti diplomatici (art.
87 9° co. Cost.)40;

ha il comando delle forze armate e presiede il Consiglio supremo di difesa (art. 87
9° co. Cost.)41;

dichiara lo Stato di guerra deliberato dalle Camere (art. 87 9° Cost.);

conferisce le onorificenze42 della Repubblica (art. 87 12° co. Cost.);

può sciogliere il Consiglio regionale e rimuovere il Presidente della Giunta (art.
126 1° co. Cost.).
3.12.2.1.1. Altre
attribuzioni di carattere amministrativo.
Vi sono poi delle attribuzioni di carattere strettamente amministrativo:
Emana il decreto di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, su decisione del
consiglio dei Ministri. Si tratta di un potere riconosciuto esclusivamente al Governo, per cui
l’atto del Presidente della Repubblica è solo formale;
Emana il decreto di decisione dei ricorsi straordinari amministrativi. Anche se il ricorso è
comunemente detto al “Capo dello Stato”, secondo la dottrina prevalente, non è un atto
39
Ad esempio, sono nominati con decreto del Capo dello Stato: il Presidente e i Consiglieri della Corte dei
Conti; il Presidente del Consiglio di Stato; i presidenti o i direttori generali di enti pubblici di importanza
nazionale etc. La nomina è solo formalmente un atto presidenziale, poiché la deliberazione effettiva spetta al
Governo.
40
Si tratta di due attribuzione del Capo dello Stato attinenti alla sua funzione di rappresentanza internazionale
dello Stato. L’attività di ratifica è un attività di mero controllo costituzionale sull’operato del Governo nei
rapporti con gli Stati esteri. Pertanto è sottratto al Presidente ogni potere deliberante in materia.
Va evidenziato che la Costituzione subordina, in particolari casi, la ratifica all’autorizzazione del Parlamento
(art. 80 Cost.).
41
Non si tratta di un comando, che è affidato agli organi tecnici (Capo di Stato maggiore generale) ma consiste
nella direzione e nel coordinamento politico–amministrativo delle attività delle forze armate, che è attribuito al
Capo dello Stato in quanto rappresentante dell’unità nazionale. Gli atti compiuti dal Capo dello Stato in qualità
di Presidente del Consiglio supremo di difesa non necessitano di controfirma ministeriale (ex art. 89 Cost.).
42
O n o r i f i c e n z e : il Presidente della Repubblica ha il potere di conferire a persone ed enti distintisi in
particolari attività, riconoscimenti quali: l’Ordine al merito della Repubblica italiana, concesso a chi si è distinto
nelle scienze, lettere, arti, economia e cariche pubbliche; l’Ordine al merito del lavoro, conferito a non più di
venticinque persone distintesi particolarmente nel campo del lavoro; l’Ordine di Vittorio Veneto, conferito ai
combattenti della 1a guerra mondiale o guerre precedenti; l’Ordine militare d’Italia, conferito a militari che
abbiano compiuto atti di valore in tempo di guerra; l’Ordine della stella della solidarietà italiana, per i residenti
all’estero.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
35
Diritto costituzionale
Il Presidente della Repubblica
presidenziale, bensì governativo, o addirittura di competenza del Consiglio di Stato. Infatti la
decisione viene adottata su proposta del Ministero competente per materia, sentito il parere
del Consiglio di Stato.
3.12.3. In relazione al potere giudiziario.
I n r e l a z i o n e a l p o t e r e g i u d i z i a r i o ed alla relativa funzione, il Presidente
della Repubblica:

presiede il Consiglio superiore della magistratura ed emana i decreti relativi allo
stato giuridico dei magistrati (art. 87 10° co. e 104 2° co. Cost.)43;

concede grazia44 e commuta le pene45 (art. 87 11 co°. Cost.)46;

nomina cinque giudici costituzionali (art. 135 1 co. Cost.).
I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Anni di presidenza
Capo dello Stato
1946-1948
Enrico De Nicola (capo provvisorio
dello stato)
1948-1955
Luigi Einaudi
1955-1962
Giovanni Gronchi
1962-1964
Antonio Segni
1964-1971
Giuseppe Saragat
1971-1978
Giovanni Leone
1978-1985
Sandro Pertini
1985-1992
Francesco Cossiga
1992-1999
Oscar Luigi Scalfaro
1999-2006
Carlo Azeglio Ciampi
2006 -2013
Giorgio Napolitano
2013 -2015
Giorgio Napolitano
2015
Sergio Mattarella
43
La funzione adempiuta dal Presidente in tale carica non è puramente simbolica, né si risolve nelle ordinarie
attribuzione di presidente di organi collegiali (direzione del dibattito, fissazione di sedute, etc.). Egli, infatti, in
qualità di presidente del CSM è tenuto a:
 equilibrare le tendenze contrastanti che si verificano in senso al Consiglio stesso;
 fungere da intermediario tra CSM (quale rappresentante dell’ordine giudiziario) e il potere esecutivo
(governo);
 può anche sciogliere il CSM, se esso si trovi nell’assoluta impossibilità di funzionare.
Gli atti compiuti dal Capo dello Stato come presidente del CSM sono di competenza dell’organo collegiale e,
pertanto, non devono essere controfirmati.
44
G r a z i a : è un atto di clemenza di esclusiva prerogativa del Capo dello Stato, che esclude qualunque atto di
delegazione. Si tratta di un provvedimento di carattere particolare, in quanto è essenzialmente individuale e cioè
a beneficio di una singola persona determinata e si distingue dall’amnistia e indulto che hanno, invece, carattere
generale.
45
C o m m u t a z i o n e d e l l a p e n a : potere attribuito al Presidente della Repubblica di trasformare una
pena detentiva in altra, meno afflittiva.
46
Si noti che anche l’amnistia e l’indulto in passato costituivano prerogativa del Presidente della Repubblica,
mentre oggi sono di esclusiva competenza del Parlamento.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
36
Diritto costituzionale
Il Parlamento
Capitolo 4°
Il Parlamento
4.1. Nozione.
Il P a r l a m e n t o è il luogo istituzionale nel quale si determinano gli indirizzi politici
dello Stato in quanto d e p o s i t a r i o d e l l a f u n z i o n e l e g i s l a t i v a 1 ed espressione
principale della volontà popolare.
4.1.1. Caratteristiche.
Il Parlamento nel sistema costituzionale italiano è un organo:

c o s t i t u z i o n a l e : in quanto rientra nell’organizzazione costituzionale dello
Stato e partecipa alla sovranità, attraverso la titolarità della funzione legislativa;

c o m p l e s s o : in quanto è costituito da due organi interni principali (la Camera
dei deputati e il Senato della Repubblica), operanti su un piano di piena parità
giuridica (bicameralismo perfetto);

c o l l e g i a l e : sia il Parlamento nel suo complesso, che numerosi organi interni,
sono formati da più componenti o membri che non agiscono individualmente ma
come collegio;

r a p p r e s e n t a t i v o : perché rappresenta e rispecchia, più degli altri organi
costituzionali, la volontà del popolo inteso come “corpo elettorale”, da cui è eletto
nella quasi totalità dei suoi membri; ciò tra l’altro spiega, la sua posizione di
“centralità” e di particolare rilevanza e prestigio nel sistema.
4.1.2. Funzioni residuali.
Oltre che la principale funzione legislativa (che viene esercitata collettivamente dalle due
camere ex art. 70 Cost.), al Parlamento spettano altre funzioni, in particolare:

f u n z i o n e d i i n d i r i z z o p o l i t i c o : attraverso la quale si determinano i fini
della politica nazionale e, si scelgono i mezzi per conseguirli;

f u n z i o n e d i c o n t r o l l o p o l i t i c o : esso esercita il controllo sul potere
esecutivo, cioè sul governo (e sugli organi da esso dipendenti), che per poter
svolgere le sue funzioni deve godere della fiducia delle Camere;

f u n z i o n i e l e t t o r a l i (i n s e n s o l a t o ): vi rientrano le attività di elezione
di membri di altri organi:
o elezione del Presidente della Repubblica;
o elezione di 5 giudici della Corte Costituzionale;
o elezione di 8 Componenti del Consiglio superiore della magistratura;
o scelta dei cittadini fra cui vanno sorteggiati i giudici aggregati della Corte
Costituzionale;
o elezione dei 4 componenti del garante per la protezione dei dati personali2.
1
F u n z i o n e l e g i s l a t i v a : attività volta all’attuazione e allo svolgimento dei principi sanciti dalla
Costituzione mediante la produzione di atti normativi primari a cui si dà il nome di leggi ordinarie.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
37
Diritto costituzionale
Il Parlamento

f u n z i o n i m a t e r i a l m e n t e g i u r i s d i z i o n a l i o d i a c c u s a , nei casi
di messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica, per i reati di alto
tradimento e attentato alla Costituzione. Tale funzione si avvicina più a quella del
pubblico ministero (funzione di accusa), che non alla funzione giurisdizionale in
senso tecnico.

f u n z i o n i s t r u m e n t a l i a l s u o f u n z i o n a m e n t o : deliberazione del
regolamento, determinazione della posizione giuridica dei singoli parlamentari, etc.
4.2. Struttura del Parlamento.
L’art. 55 Cost. afferma che: “Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica”.
La nostra Costituzione dispone pertanto che il Parlamento, quale organo collegiale
direttamente rappresentativo, sia organizzato secondo il sistema bicamerale.
4.2.1. Il bicameralismo
Si definisce b i c a m e r a l e quell’assetto organizzativo del Parlamento che demanda
l’esercizio della funzione legislativa a due diverse Camere3. Al riguardo si distingue tra:

b i c a m e r a l i s m o p e r f e t t o , se ad entrambe le Camere sono attribuite
medesime competenze, poteri e funzioni per cui le stesse sono su un piano di piena
uguaglianza;

b i c a m e r a l i s m o i m p e r f e t t o , nell’ipotesi in cui le competenze dei due
rami del Parlamento siano diversificate.
4.2.1.1. Il
bicameralismo perfetto previsto dalla Costituzione Italiana.
La Costituzione italiana prevede un b i c a m e r a l i s m o p e r f e t t o , in quanto entrambe
le Camere sono elette a suffragio universale e diretto4, sono dotate degli stessi poteri e, quindi,
sono poste su un piano di completa parità.
Ciò si evince dall’art. 70 Cost. il quale prevede che “la funzione legislativa è esercitata
collettivamente dalle due Camere” e dall’art. 94 Cost. il quale prevede che “il Governo deve
avere la fiducia delle due Camere”.
4.2.2. Le differenze tra le due Camere.
Anche se poste su un piano di parità, le d u e
differenziano per una serie di elementi:

Camere
comunque
si
innanzitutto è richiesta un’età diversa per l’acquisto del diritto di elettorato attivo5
(18 anni per eleggere i deputati e 25 anni per eleggere i senatori) e del diritto di
elettorato passivo6 (25 anni per essere eletti deputati e 40 per essere eletti senatori);
2
Inoltre, i Presidenti delle due Camere hanno il compito di scegliere, d’intesa, 2 componenti del Consiglio della
magistratura militare, estranei alla stessa magistratura militare.
3
Al bicameralismo si contrappone il m o d e l l o m o n o c a m e r a l e che concentra tutto il potere legislativo
in un solo organo: tale modello, oggi, è quasi del tutto scomparso, in quanto il bicameralismo consente un più
ponderato esercizio della funzione legislativa e una più attenta valutazione dei provvedimenti legislativi.
4
S u f f r a g i o u n i v e r s a l e e d i r e t t o : principio in forza del quale hanno diritto di voto tutti i cittadini
della Repubblica senza distinzione alcuna (universalità) e senza alcun tipo di mediazione (direttamente). In Italia
è stato introdotto soltanto nel 1945, in vista delle elezioni politiche e delle votazioni per l’Assemblea Costituente
che si sarebbero tenute nel 1946: prima di allora, l’esercizio del diritto di voto era limitato ai soli cittadini di
sesso maschile.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
38
Diritto costituzionale
Il Parlamento

la Camera dei deputati è composta da 630 membri (art. 56 2° co. Cost.7), il Senato
da 315 (art. 57 2° co. Cost.8), più i senatori a vita di diritto e di nomina
presidenziale;

sono parzialmente diversi i sistemi elettorali per l’elezione delle due camere:
o la Camera dei Deputati è eletta a base nazionale, salvo i seggi assegnati alla
circoscrizione Estero;
o il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvo i seggi assegnati
alla circoscrizione Estero. A riguardi si ricordi che “Nessuna regione può
avere un numero di senatori inferiori a sette; il Molise ne ha due, la Valle
d'Aosta uno” (art. 57 3° co. Cost.).

la Camera dei deputati è interamente elettiva mentre del Senato, vi sono anche i
senatori a vita di diritto9 e i senatori a vita di nomina presidenziale10.
4.3. Prerogative delle camere.
Le Camere, per esercitare pienamente le loro funzioni sovrane, godono di p r e r o g a t i v e ,
che non vanno confuse con le prerogative dei singoli parlamentari.
4.3.1. Autonomia regolamentare.
L’art. 64 1° co. Cost afferma che: “Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a
maggioranza assoluta dei suoi componenti”.
4.3.1.1. I regolamenti
parlamentari.
I r e g o l a m e n t i p a r l a m e n t a r i sono un complesso di disposizioni che ogni camera
(c.d. riserva di assemblea) adotta al fine di disciplinare la propria organizzazione interna, lo
svolgimento delle sue funzioni e i rapporti con gli altri organi costituzionali.
4.3.1.2. Le materie
che possono essere disciplinate dai regolamenti parlamentari.
Una delle questioni più controverse in dottrina è quella delle materie che il regolamento
parlamentare può disciplinare. La norma, infatti, si limita semplicemente ad attribuire a
ciascuna Camera il potere di adottare il proprio regolamento.
È indubbio che il regolamento debba delineare e disciplinare tutte le procedure e gli organi
necessari per una efficiente organizzazione e per un buon funzionamento delle Camere.
L’articolo 72, poi, esplicitamente demanda al regolamento la disciplina del procedimento
legislativo.
5
E l e t t o r a t o a t t i v o (che è la capacità di votare): costituisce per il cittadino un d i r i t t o
s o g g e t t i v o p u b b l i c o , è inquadrabile fra i d i r i t t i p o l i t i c i , e cioè fra i diritti che hanno per
contenuto l’esercizio di una pubblica funzione ed è, ex art. 48 Cost., attribuito a tutti i cittadini senza distinzione
di sesso purché maggiorenni; tale limite di età è elevato a venticinque anni per l’elettorato attivo al Senato.
6
E l e t t o r a t o p a s s i v o (che consiste nella capacità di essere eletto) ed è attribuito, ex art. 51 Cost., a chi
oltre ad esser privo della incapacità e della indegnità previste per l’elettorato attivo, abbia anche particolari
requisiti di età, e non si trovi in condizioni di ineleggibilità o di incompatibilità.
7
L’art. 56 2° co. afferma che: “Il numero dei deputati è di seicentotrenta dodici dei quali eletti nella
circoscrizione Estero”.
8
L’art. 57 2° co. Cost. afferma che: “Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella
circoscrizione Estero”.
9
Diventano s e n a t o r i a v i t a d i d i r i t t o i Presidenti della Repubblica alla fine del mandato senza
alcuna ulteriore nomina.
10
I s e n a t o r i a v i t a d i n o m i n a p r e s i d e n z i a l e , sono invece scelti fra i cittadini che abbiamo
illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico, e letterale. Ogni Presidente può
nominare massimo cinque senatori a vita.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
39
Diritto costituzionale
Il Parlamento
Un terzo ambito riguarda i rapporti che intercorrono tra ciascuna Camera e gli altri organi
costituzionali: si pensi soltanto alla stretta connessione che si instaura tra attività parlamentare
ed attività del Governo (mozione di fiducia, esame dei decreti-legge, audizioni di Ministri,
etc.).
4.3.1.2.1. Come
fonte di diritto.
I regolamenti parlamentari sono fonti del diritto11. Tuttavia non sono dei regolamenti in
senso tecnico: sono dotati, di efficacia sostanziale, proprie delle fonti normative, ma loro
efficacia formale, non è quella dei regolamenti che, nella gerarchia, delle fonti si collocano in
posizione subordinata alla legge.
I regolamenti parlamentari sono, infatti, fonti subordinate solo alla Costituzione, le cui
disposizioni eseguono ed attuano (fonti normative primarie).
In virtù della riserva di regolamento parlamentare contenuta nell’art. 64 Cost. sono fonti
del diritto che sfuggono ad una collocazione nella scala gerarchica. Si tratta di f o n t i
s e p a r a t e che trovano la loro legittimazione in una riserva di competenza
costituzionalmente riconosciuta a ciascuna Camera, in modo che la legge formale non può
disciplinare la materia loro propria.
4.3.1.3. Insindacabilità dei
regolamenti parlamentari.
In quanto fonti normative primarie, subordinate, cioè alla sola Costituzione, i regolamenti
potrebbero, in via generale essere impugnati davanti alla Corte Costituzionale proprio per
violazione di norme costituzionali.
Tuttavia, la Corte Costituzionale si è mostrata di avviso contrario, sostenendo che i
regolamento non sono atti aventi forza di legge (inoltre essi non sono neanche menzionanti
nell’art. 134 Cost.) e che l’indipendenza delle Camere nei confronti degli altri poteri, garantita
dalla Costituzione, preclude ogni sindacato dei loro atti di autonomia normativa.
La Corte sembra, in altri termini, orientata a considerare i regolamenti parlamentari non
come fonti del diritto, ma come atti interni non sindacabili all’estero (c.d. i n t e r n a
c o r p o r i s ).
4.3.1.4. La violazione
dei regolamenti parlamentari.
I regolamenti, per espressa previsione della Costituzione, disciplinano la formazione delle
leggi: la loro violazione dovrebbe, quindi configurare un “vizio formale di legge”, come tale
sindacabile dalla Corte Costituzionale ex art. 134 Cost.
Quest’ultima però, ha espressamente affermato che i vizi formali presuppongono la
violazione di norme costituzionali, non dei regolamenti parlamentari. In altri termini le norme
dei regolamenti vanno interpretate dalle Camere, che possono anche decidere di derogarvi
mentre danno vita al testo legislativo.
4.3.2. Autonomia finanziaria.
Ciascuna Camera delibera il bilancio e il proprio consuntivo: le spese gravano su un fondo
speciale, che è amministrato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e gestito
direttamente da ciascuna Camera.
11
F o n t i d e l d i r i t t o . Sono quegli atti o fatti produttivi di diritto, riconosciuti come tali dall’ordinamento
di cui fanno parte.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
40
Diritto costituzionale
Il Parlamento
4.3.3. Autonomia amministrativa.
Ciascuna camera provvede all’organizzazione dei propri uffici amministrativi interni
all’assunzione dei propri dipendenti (funzionari, commessi, etc.) stipulando in proprio
contratti di lavoro.
4.3.3.1. Tutela
nei confronti degli atti amministrativi delle Camere.
Contro gli atti amministrativi delle Camere non è ammesso ricorso agli organi di giustizia
amministrativa (T.A.R. e Consiglio di Stato): ciò per tutelare l’indipendenza del Parlamento è
la sua autonomia.
È solo possibile il ricorso all’Ufficio di Presidenza della Camera, senza possibilità di
appello ad organi sovraordinati, come risulta sia dal regolamento della Camera sia dal
regolamento del Senato
4.3.3.1.1. L’autodichia o giurisdizione domestica
La particolare prerogativa dei due rami del Parlamento di risolvere, attraverso un
organismo giurisdizionale interno, le controversie sorte con i propri dipendenti, è detta
autodichia o giurisdizione domestica.
4.3.4. L’inviolabilità degli edifici delle Camere.
In base ad una norma consuetudinaria, non sancita nella Costituzione, è vietato agli
ufficiali ed agenti della forza pubblica l’accesso negli edifici delle Camere, per compiere atti
del proprio ufficio (c.d. i m m u n i t à d e l l a s e d e ).
Le funzioni di polizia, all’interno degli edifici, sono svolte dal personale di ciascuna
Camera: questori, commessi e guardie di servizio, che sono esclusivamente agli ordini del
Presidente di ciascuna Camera.
4.3.5. Tutela penale delle Camere.
Nel nostro ordinamento penale sono punti come reati: il tentativo di impedire alle Camere
l’esercizio delle loro funzioni (art. 289 cod. pen.) ed il vilipendio delle Camere (art. 290 cod.
pen.).
4.4. Gli organi interni delle camere.
4.4.1. Il Presidente e l’Ufficio di presidenza.
L’art. 63 1°. co. afferma che: “Ciascuna Camera elegge12 fra i suoi componenti il
Presidente e l’Ufficio di presidenza”.
12
Per ogni Camera l ’ e l e z i o n e d e l s u o P r e s i d e n t e ha luogo sotto la direzione di un Presidente
provvisorio (al Senato è il membro più anziano presente alla riunione; alla Camera, invece, viene scelto il più
anziano fra i vicepresidenti delle passate legislature rieletti) incaricato di dirigere e controllare le operazioni di
voto che hanno luogo a scrutinio segreto. Anche se le maggioranze richieste per l’elezione dei Presidenti delle
due Camere sono diverse, obiettivo comune è quello di assicurare che egli sia espressione non solo della
maggioranza parlamentare, ma anche delle minoranze: per questo motivo, la carica è generalmente assunta da
una personalità che si pone al di sopra degli schieramenti di parte. In passato, al fine di garantire un maggior
equilibrio tra i due rami del Parlamento, era prassi assegnare la presidenza di una Camera ad un esponente della
maggioranza, e la presidenza dell’altra ad una persona indicata dall’opposizione. Questa consuetudine,
indispensabile per garantire un corretto equilibrio nella direzione delle Assemblee, è, purtroppo, venuta meno
con la seconda repubblica nella quale le coalizioni vincenti si sono assicurate, a colpi di maggioranza, la
leadership di entrambe le Camere.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
41
Diritto costituzionale
Il Parlamento
4.4.1.1. I presidenti
(della Camera e del Senato).
Ad ogni ramo del Parlamento è preposto un P r e s i d e n t e , il quale organo che ne
disciplina le attività, secondo le disposizioni dettate dai regolamenti parlamentari,
garantendone l’autonomia nei confronti dell’altra Camera e degli altri poteri dello Stato.
4.4.1.1.1. Attribuzioni.
I Presidenti delle Camere sono titolari di:

attribuzioni espressamente previste dalla Costituzione, come la convocazione
straordinaria delle Camere o il diritto ad essere consultati prima dello scioglimento
delle Camere;

attribuzioni conseguenti al loro ufficio, come la presidenza e la direzione delle
sedute e dei dibattiti, di nominare i componenti delle giunte parlamentari e di
esercitare i poteri disciplinari.
4.4.1.2. L’ufficio
di presidenza.
L’u f f i c i o d i p r e s i d e n z a 13 è un organo collegiale (al Senato denominato
C o n s i g l i o d i p r e s i d e n z a ) formato dal Presidente di ciascun ramo del Parlamento, da
4 vicepresidenti14, da 16 segretari15 alla Camera 8 al Senato e da 3 questori16.
S v o l g e c o m p i t i e s s e n z i a l m e n t e a m m i n i s t r a t i v i , relativi, in particolare,
alla gestione finanziaria di ciascuna Camera.
4.4.2. Le giunte parlamentari.
Le g i u n t e p a r l a m e n t a r i sono organi interni delle Camere, formati in proporzione
alle forze politiche presenti in Parlamento. Ad esse competono funzioni consultive ed
extralegislative. Sono attualmente operanti:

la Giunta per le autorizzazioni richieste ai sensi dell’art. 68, meglio nota come
Giunta per le autorizzazioni a procedere17;

la Giunta per il regolamento18;

la Giunta per le elezioni19.
13
L’ufficio di presidenza definitivo non va confuso con l’”Ufficio provvisorio di presidenza” che viene costituito
alla prima riunione delle Assemblee e dura in carica fino all’insediamento dell’Ufficio definitivo.
14
Che hanno il compito di coadiuvare il Presidente nell’esercizio delle sue funzioni e sostituirlo nell’ipotesi di
assenza temporanea o impedimento. Il particolare sistema elettorale adottato mira a garantire la presenza anche
di rappresentanti dei gruppi di minoranza.
15
Che svolgono attività di compilazione e lettura dei processi verbali delle adunanze, accertano l’esistenza del
numero legale, procedono all’appello, etc.
16
Che sovraintendono al cerimoniale ed ai servizi interni e svolgono attività di polizia all’interno delle Camere.
Spetta sempre ai questori il compito di predisporre il progetto di bilancio ed il rendiconto consuntivo di ciascuna
Camera.
17
G i u n t a p e r l e a u t o r i z z a z i o n i a p r o c e d e r e : È una giunta parlamentare, formata in
proporzione alle forze politiche esistenti in Parlamento, presente solo alla Camera dei deputati e composta da
ventuno deputati scelti dal Presidente della Camera. Ad essa spetta il compito di vagliare le richieste di
autorizzazione ex art. 68 Cost. (notevolmente ridotte a seguito dell’approvazione della L.Cost. 3/93). La
decisione spetta in ogni caso all’Assemblea. Al Senato la funzione della giunta per le autorizzazioni a procedere
è svolta dalla Giunta per le elezioni e le immunità.
18
G i u n t a p e r i l r e g o l a m e n t o : organo della Camera e del Senato composto rispettivamente da 10
deputati e 10 senatori con funzioni di esame e proposta in materia di modificazioni o aggiunte ai regolamenti
parlamentari. Inoltre, la giunta per il regolamento è chiamata ad esprimere pareri su questioni di interpretazione
dei regolamenti nonché, alla Camera, sui conflitti di competenza insorti tra le commissioni permanenti.
19
G i u n t a p e r l e e l e z i o n i : Tale organo parlamentare è presente sia alla Camera che al Senato (dove
assume la denominazione di g i u n t a d e l l e e l e z i o n i e d e l l e i m m u n i t à ). Si compone di
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42
Diritto costituzionale
Il Parlamento
4.4.3. Le commissioni parlamentari.
Le c o m m i s s i o n i p a r l a m e n t a r i sono organi interni di ciascuna Camera, costituiti
in proporzione alle forze politiche presenti in Parlamento.
Possono essere:

s p e c i a l i (o straordinarie) se costituite occasionalmente da ciascuna Camera per
risolvere questioni di pubblico interesse (es. commissione di inchiesta20);

p e r m a n e n t i se istituite permanentemente in seno a ciascuna Camera, il cui
regolamento ne determina la competenza per materia. A t t u a l m e n t e
esistono 14 commissioni permanenti sia presso il Senato
sia presso la Camera dei deputati;

b i c a m e r a l i m i s t e : f ormate sia da senatori che deputati, possono essere
straordinarie o permanenti21.
4.4.3.1. Compiti
delle commissioni.
Compiti delle commissioni sono quelli di riunirsi:

in s e d e r e f e r e n t e per l’esame preventivo di ogni disegno di legge presentato
alle Camere, per farne relazione all’Assemblea che deve approvarli;

in s e d e d e l i b e r a n t e , nei casi previsti dai regolamenti, per procedere
all’esame e all’approvazione dei progetti di legge in luogo all’assemblea plenaria;

in s e d e r e d i g e n t e per la formulazione e l’approvazione degli articoli di un
progetto di legge;


in s e d e c o n s u l t i v a per esprimere dei pareri circa una determinata questione;
in s e d e p o l i t i c a per ascoltare e discutere le comunicazione del Governo.
4.4.4. I gruppi parlamentari.
I g r u p p i p a r l a m e n t a r i costituiscono il raccordo tra ordinamento parlamentare e
sistema partitico e, malgrado siano menzionati una sola volta dal Costituente all’art. 72 Cost.,
sono le articolazioni politiche fondamentali delle istituzioni parlamentari.
Rappresentano la proiezione dei partiti politici in seno al Parlamento e consentono ai
parlamentari di partecipare ai lavori delle Camere, che ruotano soprattutto intorno ai gruppi
parlamentari.
ventuno deputati e ventitre senatori nominati rispettivamente dai presidenti della Camera e del Senato e assolve
la funzione di verificare la regolarità delle operazioni elettorali e di giudicare la sussistenza dei requisiti di
eleggibilità degli eletti, laddove sorgano contestazioni. Al Senato la giunta è competente a vagliare anche le
richieste di autorizzazione a procedere ex art. 68 Cost.
20
C o m m i s s i o n e d i ’ i n c h i e s t a : è una commissione parlamentare nominata da ciascuna Camera e
composta in modo da rispecchiare proporzionalmente l’entità dei vari gruppi parlamentari. La commissione
d’inchiesta esercita il potere d’inchiesta, di cui sono titolari le Camere, per approfondire aspetti relativi a
determinati settori o quando si verificano gravi episodi di interesse nazionale. Terminati i lavori, la commissione
d’inchiesta presenta all’Assemblea plenaria una relazione che viene discussa e votata. Possono essere istituite,
con legge, anche commissione d’inchiesta bicamerali, composte cioè da deputati e senatori. Nella prassi la
maggior parte delle commissione d’inchiesta sono state proprio di questa natura (ad esempio, nella XIII
legislatura sono state istituite commissione d’inchiesta sulla mafia, sul terrorismo, sul ciclo dei rifiuti).
21
Tali organismi si sono resi necessari sia per superare il rigido dualismo fra le due assemblee, sia per consentire
l’univoco esercizio del potere parlamentare in delicate materie (es.: Commissione per le questioni regionali, ex
art. 126 Cost.)
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Diritto costituzionale
Il Parlamento
Per la valida costituzione di un gruppo parlamentare occorrono almeno 10 Senatori 2 20
deputati (salvo deroghe autorizzate dall’Ufficio di presidenza).
Tutti i senatori ed i deputati devono dichiarare, entro due giorni (tre giorni per i senatori)
dalla prima seduta successiva alla loro elezione, a quale gruppi parlamentari intendono
iscriversi22, in quanto l’elezione di un parlamentare nella lista di un partito non comporta
l’automatica iscrizione nel suo gruppi parlamentari. Qualora essi non esercitino questa loro
facoltà sono iscritti d’ufficio nel cd. g r u p p o m i s t o 23.
4.4.5. Le conferenze dei capigruppo.
Le c o n f e r e n z e d e i c a p i g r u p p o sono organismi collegiali (uno per ciascuna
camera) presieduti dal Presidente dell’assemblea e costituiti da tutti i Presidenti dei gruppi
parlamentari.
A tali conferenze spetta essenzialmente il compito di deliberare il programma e il
calendario dei lavori dell’assemblea (alla Camera anche delle commissioni).
4.5. Le camere riunite in seduta comune.
Accanto alle funzioni che vengono esercitate dalle due Camere «collettivamente», ma
“disgiuntamente” (ad esempio l’approvazione di una legge), vi sono compiti che devono
essere esercitati dai due rami del Parlamento “congiuntamente”, attraverso la seduta comune.
Per s e d u t a c o m u n e si intende la riunione alla quale partecipano sia i membri della
Camera dei deputati che quelli del Senato della Repubblica, nei casi esplicitamente previsti
dalla nostra Costituzione (art. 55 2° co. Cost.), ossia per:

l’elezione del Presidente della Repubblica24 (art. 83 Cost.);

il giuramento del Presidente della Repubblica (art. 91 Cost.);

la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica per alto tradimento o per
attentato alla Costituzione (art. 90 Cost.);

l’elezione di un terzo dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura (art.
104 Cost.);

l’elezione di un terzo dei giudici costituzionali (art. 135 Cost.);

la compilazione dell’elenco di cittadini tra cui devono essere sorteggiati i giudici,
aggregati che devono intervenire nei giudizi di accusa contro il Presidente della
Repubblica, innanzi alla Corte costituzionale (art. 135 Cost.)25.
Tali riunioni si svolgono alla Camera dei deputati utilizzandone strutture ed uffici, e sono
presiedute dal Presidente della Camera26 (art. 63 2° co Cost.27).
22
Ora poiché i parlamentari iscritti ad un partito tenderanno ad aderire tutti allo stesso gruppo, si avranno tanti
gruppi parlamentari quanti sono i partiti politici rappresentati alle Camere.
23
Il parlamentare che si dissocia dal suo gruppo parlamentari non decade dalla posizione di membro del
Parlamento, carica che conserva per tutta la legislatura. Unica sanzione che il partito può infliggere al
dissenziente è la mancata ripresentazione nelle sue liste per le successive elezioni.
24
Si ricordi che per l’elezione del Presidente della Repubblica partecipano alle sedute anche i rappresentanti
delle Regioni.
25
È da notare che, ad eccezione del giuramento e delle messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica
tali sedute riguardano sempre funzioni elettive.
26
È prassi, inoltre, che il Parlamento in seduta comune adotti il regolamento della Camera dei deputati, ma nulla
vieta che sia scelto quello del Senato o se ne rediga uno autonomo.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Il Parlamento
4.6. Funzionamento delle Camere.
4.6.1. Periodi di lavoro.
4.6.1.1. Legislatura.
La l e g i s l a t u r a è il periodo di durata effettiva del mandato parlamentare (5 anni) per
ciascuna Camera, salvo scioglimento anticipato (art. 88 Cost.), o proroga in caso di guerra
(art. 60 Cost.). La legislatura si articola in sessioni e sedute.
4.6.1.2. Sessione.
Attualmente, si intende per s e s s i o n e il periodo continuativo di lavoro delle Camere
compreso fra una convocazione e l’aggiornamento dei lavori (cioè la temporanea sospensione
di essi con rinvio ad altra data).
4.6.1.3. Seduta.
L a s e d u t a è la singole riunione delle Camere. Ciascuna sessione, nel senso prima
indicato, consiste di più sedute. La normale attività parlamentare, si svolge attraverso sedute
quotidiane (dal lunedì al venerdì).
4.6.2. Convocazione delle Camere.
La c o n v o c a z i o n e d e l l e C a m e r e è l ’ a t t o con il quale viene comunicato ai
Parlamentari il giorno e l’ora della riunione, affinché possano partecipare ai lavori.
Sono previste quattro tipi di convocazione: I) convocazione iniziale; II) convocazioni di
diritto; III) convocazioni su mozione di aggiornamento; IV) convocazione straordinarie. A cui
potremmo aggiungere la convocazione parallela, la quale in realtà non è altro che una
convocazione straordinaria indotta.
4.6.2.1. La
convocazione iniziale.
La convocazione i n i z i a l e , fissata con decreto del Presidente della Repubblica, deve
tenersi non oltre il 20° giorno dall’insediamento delle nuove Camere.
4.6.2.2. Le
convocazioni di diritto.
Le c o n v o c a z i o n i d i d i r i t t o , sono le due convocazioni annuali, fissate per il
primo giorno non festivo dei mesi di febbraio e di ottobre.
Va precisato che le convocazioni di diritto hanno assunto un valore residuale, dal momento
che al giorno d’oggi i due rami del Parlamento esercitano la loro attività senza interruzioni di
sorta28.
4.6.2.3. Le
convocazioni su mozione di aggiornamento.
La normale attività parlamentare, infatti, si svolge attraverso sedute quotidiane (dal lunedì
al venerdì).
Al termine di ciascuna seduta non è necessario che il Presidente proceda ad una nuova
convocazione, essendo sufficiente un aggiornamento della stessa, che può essere considerato
come la prosecuzione in data prossima della seduta precedente: insieme alla comunicazione di
27
Questa è l’unica disposizione relativa al funzionamento del Parlamento riunito in seduta comune. La norma
mira ad evitare una concentrazione di cariche istituzionali in capo alla stessa persona, tenuto conto che al
Presidente del Senato spetta già la supplenza del Presidente della Repubblica, e che alcune riunioni in seduta
comune riguardano proprio quest’ultimo organo.
28
Le uniche interruzioni dell’attività parlamentare coincidono con i normali periodi di ferie: in passato era prassi
bloccare i lavori anche in coincidenza dei congressi di partito, allo scopo di consentire ai parlamentari di
parteciparvi.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
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“a g g i o r n a m e n t o d e l l a s e d u t a ” viene data anche lettura degli argomenti che
saranno trattati (c.d. ordine del giorno).
4.6.2.4. Convocazione
straordinaria.
La c o n v o c a z i o n e s t r a o r d i n a r i a (art. 62 2° co. Cost.), da attuarsi in circostanze
del tutto eccezionali, come nell’ipotesi di paralisi dell’attività del Parlamento, è demandata
dalla Costituzione:

al Presidente della Repubblica;

ad un terzo dei componenti di ciascuna Camera;

al Presidente di ciascun ramo del Parlamento29.
4.6.2.4.1. Convocazione
parallela.
L’art. 62 3° co. afferma che: “Quando si riunisce in via straordinaria una Camera, è
convocata di diritto anche l’altra”.
La c o n v o c a z i o n e p a r a l l e l a delle due Camere, cioè l’obbligo di riunione di un
ramo del Parlamento quando viene convocato in via straordinaria anche l’altro, trova
giustificazione nella necessità di affrontare con urgenza determinati problemi.
La convocazione straordinaria, infatti, presuppone che il motivo sia talmente grave da
rendere necessario farvi fronte attraverso l’adozione di immediati provvedimenti, attività che
può essere svolta molto più agevolmente se entrambe le Camere sono riunite.
4.7. Svolgimento dei lavori.
4.7.1. Pubblicità e la segretezza delle sedute.
L’art. 64 2° Cost. afferma che: “Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due
Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta”.
La p u b b l i c i t à d e l l e s e d u t e è sancita per consentire il controllo dei lavori
parlamentari da parte del popolo, e per dar conto di essi all’opinione pubblica. Si realizza
consentendo l’accesso al pubblico nelle tribune appositamente istituite nelle singole Camere
(previa autorizzazione), e pubblicando i resoconti parlamentari30.
Invece la possibilità di imporre la s e g r e t e z z a d e l l e s e d u t e consente al
Parlamento di affermare la propria autonomia anche nei confronti della pubblica opinione.
Grazie a ciò, infatti, il Parlamento può sottrarsi alle pressioni di forze esterne presenti in seno
alla società civile31.
4.7.2. Ordine del giorno e calendario dei lavori.
Onde evitare decisioni a sorpresa è stabilito, sia nel regolamento del Senato, sia in quello
della Camera, che non si può discutere né decidere su materie che siano preventivamente
iscritte all’o r d i n e d e l g i o r n o , a meno che non sia deciso dalla Camera stessa a
maggioranza qualificata.
29
Nei fatti spetta sempre a quest’ultimo organo la convocazione formale della Camera, anche quando l’iniziativa
provenga dal Capo dello Stato o da un terzo dei componenti la Camera.
30
Il regolamento della Camera consente al suo Presidente di disporre anche la pubblicità dei lavori nella forma
televisiva diretta, mentre il pubblico e la stampa possono seguire l’attività delle Giunte e delle Commissioni in
separati locali attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
31
Tuttavia negli ultimi anni il ricorso alle sedute segrete è stata quasi del tutto abbandonato, fatta eccezione per i
lavori della Commissione che svolgono funzioni di inchiesta.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Il c a l e n d a r i o d e i l a v o r i (cioè la previsione degli ordini del giorno per un massimo
di due mesi) deve essere deliberato dai Presidenti dei gruppi la cui consistenza sia pari a 3/4
dei componenti della Camera.
In caso di mancato accordo, il programma e il calendario dei lavori sono predisposti dal
Presidente dell’assemblea, tenendo conto delle direttive del Governo e inserendo nel
programma le proposte prevalenti.
Una volta deliberato, il calendario dei lavori viene stampato e distribuito a parlamentari, e
diventa impegnativo dopo la comunicazione all’assemblea ed ai presidenti delle Commissioni.
Inoltre il calendario stesso viene inviato al Governo, affinché possa fare intervenire il proprio
rappresentante.
4.7.3. Deliberazioni.
4.7.3.1. Requisito
di validità della deliberazione: c.d. numero legale
Affinché ciascuna Camera possa validamente deliberare è necessaria la presenza, nell’aula,
della maggioranza assoluta dei suoi componenti32 (c.d. n u m e r o l e g a l e )33.
4.7.3.1.1.1. La
presunzione e la verifica del numero legale
D’altra parte, in entrambe le Camere vige la p r e s u n z i o n e d e l n u m e r o l e g a l e
(si considera sempre presente in aula la metà + 1 di parlamentari), che viene a cadere soltanto
quando almeno 20 deputati o 12 senatori (o lo stesso Presidente) richiedano l a v e r i f i c a
del numero legale.
Se dopo aver effettuato la verifica effettivamente non è presente il numero minimo di
parlamentari richiesto, il Presidente può sospendere la seduta per un’ora o rinviarla al primo
giorno non festivo successivo.
4.7.3.2. Quorum necessario per approvare una deliberazione: maggioranza relativa dei
presenti.
Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento in seduta comune vengono adottate
a maggioranza dei presenti34 (cd. m a g g i o r a n z a s e m p l i c e o r e l a t i v a ), a meno che
la Costituzione non richieda una maggioranza speciale35.
4.7.3.2.1. Il
problema degli astenuti.
Si pone a questo punto, il problema degli a s t e n u t i , vale a dire di chi non vota né a
favore né contro.
Il R.C.D. dispone che ai fini della determinazione della maggioranza, sono considerati
presenti coloro che votano, quindi gli astenuti sono considerati come assenti; mentre nel
32
M a g g i o r a n z a a s s o l u t a d e i c o m p o n e n t i : consiste nella metà + 1 dei membri che
compongono ciascuna Camera: ad esempio, per la Camera dei deputati, formata da 630 membri, la maggioranza
assoluta dei componenti è pari a 315 + 1.
33
Va, sottolineato che i regolamenti parlamentari considerano presenti, ai fini della determinazione di tale
maggioranza, anche gli assenti per incarico avuto dall’Assemblea, i membri del Governo e (solo al Senato) i
senatori in congedo.
34
M a g g i o r a n z a d e i p r e s e n t i è il numero corrispondente alla metà + 1 dei membri di ciascuna
Camera che risultino presenti in aula: ad esempio, se dei 630 membri della Camera dei deputati fossero presenti
in aula solo 350 deputati, la maggioranza relativa sarebbe pari a 175 + 1.
35
La m a g g i o r a n z a s p e c i a l e : è la maggioranza, superiore a quella relativa, richiesta per l’approvazione
di alcune deliberazioni parlamentari. In particolare le maggioranze speciali sono previste: per l’adozione dei
regolamenti e delle relative modifiche; per la riduzione dei termini per l’entrata in vigore della legge; per
l’adozione di una legge costituzionale; per l’elezione del Presidente della Repubblica; per la messa in stato
d’accusa del Presidente della Repubblica.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Senato ogni deliberazione è presa a maggioranza dei senatori che partecipano alla votazione,
nel senso che gli astenuti sono calcolati ai fini di determinazione della maggioranza e dunque
sono considerati come presenti.
4.7.4. Ammissione dei membri del Governo.
L’art. 64 4° co. Cost. afferma che: “I m e m b r i d e l g o v e r n o 36, a n c h e s e n o n
f a n n o p a r t e d e l l e C a m e r e 37, h a n n o d i r i t t o , e s e r i c h i e s t i o b b l i g o ,
di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo
r i c h i e d o n o ”.
L’esigenza di coordinamento dell’attività di due organi (Parlamento e Governo) che, in una
democrazia parlamentare come la nostra, sono legati da un rapporto di fiducia, giustifica la
presenza di membri del Governo alle sedute delle Camere.
Per rafforzare tale dialogo, è stata istituita anche la figura del M i n i s t r o p e r i
r a p p o r t i c o n i l P a r l a m e n t o , che ha il compito istituzionale di rappresentare le
istanze del Governo, e partecipare stabilmente alle sedute, svolgendo funzioni di raccordo.
4.7.5. Votazioni.
I regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica prevedono che le
votazione nelle due assemblee siano di regola effettuate a s c r u t i n i o p a l e s e 38, tranne per
i casi in cui sia espressamente previsto il voto a s c r u t i n i o s e g r e t o 39: al di fuori di
queste ultime ipotesi, dunque la regola del voto segreto è stata abrogata40.
4.7.6. Ostruzionismo.
Per o s t r u z i o n i s m o t e c n i c o si intende l’uso esasperato, da parte dell’opposizione
degli strumenti procedurali messi a disposizione dalla legge, al fine di impedire o di ritardare
che le scelte politiche della maggioranza si tramutino in leggi.
36
Nella prassi parlamentare, i membri del Governo che possono intervenire alle sedute delle Assemblee sono il
Presidente del Consiglio, il vice-presidente del Consiglio, i singoli Ministri ed i sottosegretari.
37
La norma, incidentalmente, sancisce la compatibilità delle cariche di membro del Governo e del Parlamento (a
differenza di quanto avviene in altri Stati, ad esempio in Francia), ma consente anche che un ministro non sia
membro del Parlamento.
38
Nello s c r u t i n i o p a l e s e i voti sono espressi per: appello nominale; alzata di mano; divisione nell’aula.
Possono essere anche utilizzati procedimenti elettronici.
39
Nello s c r u t i n i o s e g r e t o i voti sono espressi disponendo nelle urne una pallina bianca o una pallina
nera oppure apposita scheda.
40
Il ricorso allo scrutinio segreto è, tuttavia, ancora previsto sia per la Camera sia per il Senato (e, comunque,
per tutte le deliberazioni assembleari) nei casi riguardanti i giudizi su persone, nonché, quando ne venga fatta
richiesta, per le votazioni che incidono:
 sui principi e sui diritti di libertà di cui agli artt. 6, da 13 a 22 e da 24 a 27 della Costituzione sia per la
Camera che per il Senato;
 sui diritti della famiglia di cui agli artt. 29, 30 e 31 della Costituzione sia per la Camera sia per il
Senato;

sui diritti della persona e quelli di cui all’art. 32 della Costituzione;
 sulle modifiche relative al regolamento di ciascuna Camera;
 sulle leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato e agli organi delle Regioni (regola
prevista solo per la Camera);
 sulle leggi elettorali (regola che vale solo per la Camera);
 sulla istituzione di commissioni di inchiesta. Va ricordato che nei procedimenti in Commissione il
ricorso allo scrutinio segreto è consentito solo per le votazioni riguardanti persone.
Il ricorso allo scrutinio segreto è, comunque espressamente escluso per le votazioni concernenti: la legge
finanziaria; le leggi di bilancio; le deliberazioni che abbiano comunque conseguenze finanziarie.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
48
Diritto costituzionale
Il Parlamento
Dall’o s t r u z i o n i s m o tecnico va distinto quello f i s i c o , cioè quello che si manifesta
attraverso la violenza e che è del tutto illecito.
Accanto all’ostruzionismo dell’opposizione, esiste anche un o s t r u z i o n i s m o d i
m a g g i o r a n z a che consiste nella deliberata volontà della maggioranza parlamentare di
non dare attuazione ai punti più qualificati del programma di Governo.
4.8. Scioglimento e proroga delle Camere.
4.8.1. Scioglimento della camere.
L o s c i o g l i m e n t o d e l l e C a m e r e è l’atto col quale si pone fine all’attività delle
assemblee rappresentative (o di una sola di esse) in vista della loro rinnovazione.
Le Camere possono essere sciolte, singolarmente o congiuntamente, dal Presidente della
Repubblica, sentiti i pareri obbligatori (ma non vincolati) dei relativi presidenti41.
4.8.1.1.1. I
casi in cui possono essere sciolte le Camere.
La Costituzione volutamente non indica i presupposti di esercizio del potere di
scioglimento delle Camere, per lasciare le più ampie opportunità valutative al Presidente
rispetto al caso concreto.
Non vi è dubbio, però, che presupposto fondamentale sia il deterioramento del rapporto di
fiducia intercorrente tra Governo e Parlamento.
Pertanto, il Presidente potrà adottare il decreto di scioglimento:

quando sia stata approvata una mozione di sfiducia e non esistano le condizioni
politiche per la costituzione di una nuova maggioranza;

oppure quando, anche in difetto di una mozione di sfiducia, appaia palesemente
logorato il dialogo tra le forze politiche presenti in Parlamento;

o quando, infine, esistano indici sicuri di un distacco tra la volontà del popolo e le
Camere, non più adeguatamente rappresentative delle istanze del primo.
Una ulteriore ipotesi potrebbe essere l’insanabile contrasto tra le due Camere, con
maggioranze tra loro diverse, eventualità non del tutto remota dal momento che la base
elettorale dei due rami del Parlamento è diversa (per il Senato si vota soltanto al compimento
dei 25 anni); in tal caso il Presidente potrebbe, teoricamente, anche procedere allo
scioglimento di una sola Camera, anche se motivi di opportunità politica fino ad oggi hanno
imposto lo scioglimento di entrambi i rami del Parlamento.
4.8.2. Prorogatio e proroga.
4.8.2.1. La prorogatio.
L’art. 61 2° co. Cost. della Costituzione stabilisce che “Finché non siano riunite le nuove
Camere, sono prorogati i poteri delle precedenti”.
La p r o r o g a t i o consente una s o p r a v v i v e n z a t e m p o r a n e a d e l l e
C a m e r e , nonostante la cessazione del loro mandato ordinario, per assicurare la continuità
41
Il parere obbligatorio, ma non vincolante, del Presidente del ramo del Parlamento che il Capo dello Stato
intende sciogliere, realizza una sorta di garanzia del contraddittorio o del giusto procedimento, essendo contrario
ai principi democratici adottare un provvedimento sfavorevole ad un soggetto senza, quanto meno, ascoltarne le
motivazioni. Non solo: i Presidenti delle Camere sono in grado, in virtù dell’importante ruolo ricoperto, di
fornire al Presidente della Repubblica tutte le indicazioni necessarie alla sua decisione.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
49
Diritto costituzionale
Il Parlamento
di funzionamento dell’organo durante l’intervallo necessario alla sostituzione del titolare di
esso.
La prorogatio, prevista dalla stessa Costituzione, opera ipso iure (a differenza della
proroga che è un istituto eccezionale) e, stando al disposto del 1° co. del cit art. 61, non
dovrebbe superare i 90 giorni.
4.8.2.1.1. I
poteri delle Camere in regime di prorogatio.
Le Camere prorogate sono scadute, per cui possono compiere solo atti di ordinaria
amministrazione, in ossequio al principio generale del nostro ordinamento per cui gli organi
prorogati possono solo disbrigare gli affari correnti.
Si ricordi inoltre che esplicitamente previsto dalla Costituzione (art. 85 3° co.) che le
Camere in regime di prorogatio non possono procedere all’elezione del Capo dello Stato.
4.8.3. La proroga.
La p r o r o g a consiste in un atto spontaneo del Parlamento che, mediante una legge42,
decide di rinviare le elezioni e di prorogare i propri poteri. La Costituzione ha decisamente
limitato tale ipotesi al solo caso di guerra43 (art. 60 Cost.).
4.9. Le elezioni politiche.
4.9.1. Sistemi elettorali.
4.9.1.1. Nozione.
Per s i s t e m a e l e t t o r a l e , si intende quel complesso di regole e di procedure che
determinano le modalità con cui gli elettori esprimono il loro voto nonché il procedimento
con cui questi vengono tradotti in seggi44.
La Costituzione detta alcuni principi fondamentali sulla formazione e composizione delle
Camere, ma lascia alla legge ordinaria l’integrazione del sistema e le determinazione dei vari
momenti del procedimento elettorale.
4.9.1.2. Tipologia.
Al riguardo si opera una distinzione:

s i s t e m a m a g g i o r i t a r i o , in forza del quale si assegnano ai partiti che
abbiano ottenuto la maggioranza (relativa, assoluta o qualificata) tutti i seggi
attribuiti dal collegio. Tale sistema presenta innegabili vantaggi in quanto evita
l’eccessivo frazionamento del sistema dei partiti, ed infine facilita l’accesso alle
assemblee elettive di spiccate personalità. Al tempo stesso però l’adozione di tale
sistema può risultare inconveniente: infatti, esso opera un travisamento della
volontà popolare sul piano nazionale, favorendo la polarizzazione fra i due partiti
maggiori e sottorappresentando i partiti minori;

con il s i s t e m a p r o p o r z i o n a l e si assegnano ai partiti un numero di seggi in
proporzione ai voti ottenuti, di modo che l’assemblea eletta in questo modo finisce
42
Tale proroga può essere disposta solo con legge, la quale, inoltre non può essere approvata in commissione o
con procedimento abbreviato.
43
Il Costituente ha tassativamente escluso altre ipotesi di proroga per evitare un abuso di tale potere da parte
della maggioranza parlamentare che, una volta eletta, potrebbe prolungare all’infinito il proprio mandato
attraverso l’approvazione di successivi decreti di proroga, rinviando in tal modo le elezioni e sottraendosi al
giudizio degli elettori. Il rischio che il Costituente ha voluto evitare è quello dell’instaurazione di una «dittatura
della maggioranza».
44
S e g g i : con tale termine si intende il numero di Parlamentari eleggibile in una determinata circoscrizione.
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Il Parlamento
col rispecchiare più fedelmente la volontà degli elettori. Però è anche vero che un
sistema rigorosamente proporzionalistico, producendo un notevole frazionamento
all’interno delle assemblee elettive, rende più difficile la formazione di efficienti e
durevoli maggioranze e perciò può generare pericoli di instabilità politica.
In estrema sintesi potremmo affermare che, mentre i sistemi proporzionali sono più attenti
alla “rappresentatività”, i sistemi maggioritari curano maggiormente l’aspetto della
“governabilità”. Si tratta di esigenze in contrasto difficilmente conciliabili: le varie leggi
elettorali attuali tengono conto in maggiore misura dell’una e dell’altra.
4.9.2. I partiti politici.
L’art. 49 Cost. afferma che: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in
partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
4.9.2.1. Nozione
I p a r t i t i p o l i t i c i sono associazioni di persone che hanno comuni ideologie ed
interessi e che, attraverso una stabile organizzazione, mirano ad esercitare una influenza sulla
determinazione dell’indirizzo politico del Paese.
4.9.2.2. Divieti
Per consentire un corretto svolgimento della loro attività i partiti politici sono sottoposti a
particolari divieti. Essi, infatti non possono:

assumere la forma di un’associazione segreta45, né avere una organizzazione di
carattere militare, per il divieto generale dell’articolo 18 Cost, che, memore delle
passate esperienze, ha espressamente vietato ogni forma di “squadrismo” o
“neosquadrismo” come strumento di “propaganda” politica

assumere simboli o contrassegni confondibili con simboli altrui o riproducenti
immagini religiose;

annoverare tra i loro iscritti (ex art. 98 Cost.): I) i militari di carriera in servizio
permanente effettivo; II) gli ufficiali ed agenti del corpo di polizia giudiziaria; III) i
magistrati; IV) i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero46.
4.9.3. Il diritto al voto.
4.9.3.1. Nozione.
Il d i r i t t o d i v o t o è il diritto di tutti i cittadini47 di eleggere i propri rappresentanti in
seno al Parlamento o negli altri organi rappresentativi dello Stato (Regioni, Province,
Comuni, Circoscrizioni).
45
La norma in esame è stata chiamata in causa negli ultimi anni a proposito della Loggia massonica P2: a
differenza della Massoneria «ufficiale», che non è associazione segreta, in quanto ne sono noti associati, scopi e
sede, questa Loggia si è attivata per coalizzare tutti gli elementi idonei ad attentare al corretto svolgimento delle
pubbliche funzioni, soprattutto inquinando la trasparenza dell’attività pubblica.
46
La ratio di tali esclusioni risiede nel fatto che queste particolari categorie di funzionari statali devono
considerarsi al s e r v i z i o e s c l u s i v o d e l l a n a z i o n e e, per la delicatezza delle loro funzioni
(contatto con le potenze straniere per i diplomatici; comando di truppe armate e quindi possibilità di “golpe” per
gli ufficiali di carriera, dovere di amministrare la giustizia “in nome del popolo” e non del partito per i
magistrati) il Costituente ha ritenuto necessario tenerli lontano da possibili interferenze dei partiti.
47
Per consentire il diritto di voto, anche agli italiani all’estero, è stata istituita per ogni camera una circoscrizione
“Estero” (art. 48 2° co). A l l a n u o v a c i r c o s c r i z i o n e d e l l a C a m e r a s o n o s t a t i
attribuiti 12 deputati mentre a quella del Senato 6 senatori.
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4.9.3.2. Caratteristiche.
A norma dell’a r t . 4 8 , C o s t . il v o t o è:

c o n c e s s o a t u t t i g l i e l e t t o r i 48, ossia a norma dell’art. 48 1°co. Cost.
tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età49

p e r s o n a l e , essendo esclusa la possibilità del voto per procura: l’elettore deve
recarsi di persona nella sezione elettorale e segnare di proprio pugno la scheda.
Eccezioni sono ammesse soltanto per consentire l’esercizio del diritto di voto agli
elettori fisicamente impediti (che possono farsi assistere in cabina elettorale da altro
elettore dello stesso Comune), per i degenti in luogo di cura e per i marittimi
imbarcati;

u g u a l e , nel senso che pari peso è riconosciuto al voto di ogni elettore. Pertanto il
voto plurimo (elettori che possono votare più volte) e il voto multiplo (elettori che
votano in più circoscrizioni) non sono ammessi;

l i b e r o nel senso che l’elettore non può subire nessuna forma di pressione o
coazione a favore di un partito o di un candidato;

s e g r e t o , proprio per assicurare la libertà, la segretezza viene assicurata dalla
predisposizione della scheda di Stato e delle cabine elettorali in cui l’elettore deve
isolarsi per esprimere il suo voto. Una sola eccezione è permessa, ed è relativa a
coloro i quali sono del tutto impediti per motivi fisici, cioè i ciechi: essi, per poter
votare, hanno bisogno di qualcuno che stia accanto a loro e che tenga loro la mano

n o n o b b l i g a t o r i o , in quando l’esercizio del voto è un d o v e r e c i v i c o 50
4.9.3.3. Limitazione
del diritto di voto
L ’ a r t . 4 8 , 3 ° c o m m a , C o s t . dispone che “Il diritto al voto non può essere
limitato se non per incapacità civile51 o per effetto di sentenza penale irrevocabile52 o ne casi
di indegnità morale53 indicati dalla legge”54.
48
L’insieme dei cittadini che godono dell’elettorato attivo, formano il c o r p o e l e t t o r a l e . L’appartenenza
al corpo elettorale è documentata dall’iscrizione nelle liste elettorali, tenute presso il Comune di residenza.
49
Il requisito della maggiore età non è sufficiente per l’ipotesi prevista dall’art. 58 secondo il quale i soggetti
ammessi a votare per eleggere i membri del Senato devono aver compiuto almeno 25 anni.
50
La qualificazione del voto «come dovere civico» rappresenta una formula di compromesso, voluta per
appianare il contrasto tra i fautori dell’obbligatorietà giuridica del voto e quelli che, ritenendolo espressione del
più generale diritto di libertà di manifestazione del pensiero, ne osteggiavano qualsiasi «compressione» e
sanzione. Il voto, come espressione della libera manifestazione del pensiero, infatti, può anche non essere
esercitato (cd. libertà negativa): è cioè un diritto di ciascun cittadino che non può essere compresso, per cui è del
tutto legittimo l’astensionismo. Invero nessun cittadino può essere costretto a recarsi alle urne, tant’è che la
stessa blanda sanzione (la menzione «non ha votato» nel certificato di buona condotta), prevista originariamente
per i non votanti, è stata abrogata con il D.Lgs. 534/1993.
51
I n c a p a c i t à c i v i l e : è la condizione giuridica di chi, a causa di determinate alterazioni psico-fisiche
(infermità di mente, prodigalità, sordomutismo etc.), è dichiarato, con sentenza del giudice civile, totalmente
(interdizione) o parzialmente (inabilitazione) incapace di attendere ai propri interessi. L ’ a r t . 1 1 d e l l a
legge 180/1978 ha ammesso all’elettorato attivo anche gli interdetti e
gli
inabilitati
per
infermità
di
mente
e,
pertanto,
il
limite
costituzionale dell’incapacità civile è ormai inoperante.
52
S e n t e n z a p e n a l e i r r e v o c a b i l e : è irrevocabile il provvedimento del giudice penale non più
modificabile da giudici di grado superiore, cioè non più appellabile né ricorribile per Cassazione. Perdono il
diritto di voto coloro che sono condannati a una pena che importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici,
mentre l’interdizione temporanea comporta la sospensione dal diritto di voto, per tutto il tempo della sua durata.
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52
Diritto costituzionale
Il Parlamento
4.10. Lo status di Parlamentare.
4.10.1. Le condizioni per il conferimento dell’ufficio di parlamentare.
Condizioni per il conferimento della carica di membro del
P a r l a m e n t o sono: I) regolarità del procedimento elettivo; II) assenza di cause di
incapacità; III) assenza di cause di ineleggibilità; IV) assenza di cause di incompatibilità.
4.10.1.1. Le
cause di incapacità.
Le c a u s e d i i n c a p a c i t à sono quelle cause che escludono nel soggetto la titolarità
del diritto di voto (elettorato attivo) (es. minore d’età): chi non può votare nelle elezioni, non
può neppure farsi eleggere.
4.10.1.2. Le
cause di ineleggibilità e di incompatibilità.
Affinché un soggetto possa essere eletto deputato o senatore, occorre che non vi siano
cause di ineleggibilità e incompatibilità.
L’art. 65 1° Cost. afferma che: “La legge determina i casi di ineleggibilità e di
incompatibilità con l’ufficio del deputato o senatore”.
4.10.1.2.1. Ineleggibilità
4.10.1.2.1.1. Nozione.
L’i n e l e g g i b i l i t à designa l’insieme di quegli impedimenti di natura giuridica
preesistenti all’elezione, che non consentono ad un soggetto (elettore: cioè titolare del diritto
di voto) di essere eletto ad una determinata carica pubblica.
Conseguenza dell’esistenza di cause di ineleggibilità sono:

l’invalidità dell’elezione, se la causa sé è verificata prima dell’elezione;

decadenza (eventuale) dall’ufficio di parlamentare, se la causa si è verificata
successivamente
4.10.1.2.1.2. Ratio.
In genere l’ineleggibilità è dovuta alla particolare carica ricoperta dal soggetto, che
potrebbe porlo in una posizione di vantaggio rispetto ad altri candidati o potrebbe comunque
determinare una pressione sulle scelte degli elettori.
4.10.1.2.1.3. Casi.
Sono ineleggibili:

i presidenti delle Giunte provinciali, i sindaci dei Comuni con popolazione
superiore ai 20.000 abitanti, il capo e vice capo della polizia, gli ispettori generali
di pubblica sicurezza, i capi di Gabinetto dei Ministeri, i commissari del Governo, i
prefetti e i vice-prefetti, gli ufficiali superiori delle Forze armate nella
circoscrizione del loro comando territoriale;

i magistrati, esclusi quelli in servizio presso le giurisdizioni superiori, nelle
circoscrizione sottoposte totalmente o parzialmente alla giurisdizione degli uffici ai
quali si trovano assegnati o presso i quali esercitano le loro funzioni per un periodo
compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura;
53
I n d e g n i t à m o r a l e : questa particolare esclusione dall’elettorato attivo riguarda gli imprenditori
dichiarati falliti, coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione, a misure di sicurezza detentive (ad esempio,
l’ospedale psichiatrico giudiziario), alla libertà vigilata o al divieto di soggiorno in uno o più Comuni.
54
Si ricordi, che è stato abrogato il primo comma della XXIII disp. Trans., in base al quale i membri e discedenti
di Casa Savoia non potevano essere elettori né ricoprire uffici pubblici o cariche elettive (l.cost. 1/2002).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
53
Diritto costituzionale
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
i diplomatici, i consoli, i viceconsoli, gli ufficiali addetti alle ambasciate, legazioni
e consolati esteri e tutti coloro che abbiano impiego da Governi esteri;

coloro che hanno determinati rapporti di ordine economico con lo Stato55;

i giudici della Corte Costituzionale.
4.10.1.2.2. L’incompatibilità.
4.10.1.2.2.1. Nozione.
L’i n c o m p a t i b i l i t à designa quella situazione che si determina quando una medesima
persona ricopre contemporaneamente due cariche pubbliche tra loro confliggenti.
In questo caso, il soggetto deve scegliere l’una o l’altra carica. L’incompatibilità non
impedisce, quindi, la regolare elezione ad una carica (come accade per l’ineleggibilità), ma
impone solo una scelta fra la nuova e la precedente.
4.10.1.2.2.2. Casi.
Diverse cause di incompatibilità sono fissate dalla stessa Costituzione. Innanzitutto va
detto che chi copre la carica di senatore non può coprire contemporaneamente quella di
deputato (art. 65 2° co. Cost.).
Inoltre la status di parlamentare è incompatibile con l’assunzione delle seguenti cariche: I)
Presidente della Repubblica; II) membro del Consiglio Superiore della Magistratura; III)
membro di Consiglio o di una Giunta regionale; IV) membro della Corte Costituzionale;
membro del CNEL; V) membro del Parlamento Europeo; VI) membro di assemblea
legislativa o di organo esecutivo, in Stati esteri56.
4.10.2. La verifica dei poteri.
Appena proclamato eletto, il candidato assume immediatamente la qualità di deputato o
senatore e può esercitare le funzioni inerenti al suo ufficio.
Per assicurare però, il rispetto della legalità, la sua elezione viene sottoposta ad un
controllo, che prende il nome di “v e r i f i c a d e l l e e l e z i o n i ” o “v e r i f i c a d e i
p o t e r i ”, svolta da ciascuna Camera57 allo scopo di controllare il corretto svolgimento della
competizione elettorale che ha portato all’elezione del candidato, accertando anche che a
carico degli eletti (deputati o senatori) non vi siano cause di ineleggibilità o di incompatibilità
(in tal caso si parla di g i u d i z i o s u i t i t o l i d i a m m i s s i o n e o d i c o n v a l i d a )
oppure che tali cause non sopravvengano nel corso del mandato (in questa ipotesi si tratta di
u n g i u d i z i o s u l l e c a u s e d i d e c a d e n z a )58.
L’organo al quale spetta il compito di procedere alle verifiche dei titoli è, alla Camera, la
Giunta per le elezioni e, al Senato, la Giunta delle elezioni e delle immunità
55
Imprenditori o rappresentanti legali di società o imprese che risultino vincolati per contratti d’opere o di
somministrazioni o da concessioni o autorizzazioni amministrative; rappresentanti, amministratori e dirigenti di
società e imprese sussidiate dallo Stato; i consulenti legali e amministrativi delle imprese di cui sopra.
56
N o n e s i s t e invece i n c o m p a t i b i l i t à c o n i p u b b l i c i i m p i e g h i , tanto è vero che i
pubblici impiegati eletti al Parlamento, sono posti d’ufficio in aspettativa per tutta la durata del mandato però, in
questo periodo non possono conseguire nessun tipo di promozione, se non per motivi di anzianità.
57
In base all’art. 66 Cost., “C i a s c u n a C a m e r a g i u d i c a d e i t i t o l i d i a m m i s s i o n e d e i
suoi componenti e delle cause soprag giunte di ineleggibilità e di
i n c o m p a t i b i l i t à ”.
58
Si noti, infine, che questo ampio sistema di garanzia non è previsto per i Consigli regionali, ai quali non è
attribuito il giudizio dei titoli di ammissione dei loro componenti né delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e
incompatibilità (sent. C. Cost. 30-6-64, n. 66).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Il Parlamento
4.10.3. Rapporto tra parlamentare e corpo elettorale.
A norma dell’art. 67 Cost. “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed
esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”
Tale norma ha inteso affermare due principi: quello della rappresentanza nazionale e quella
de divieto di mandato imperativo.
4.10.3.1. Il
principio della rappresentanza nazionale.
Secondo il p r i n c i p i o d e l l a r a p p r e s e n t a n z a n a z i o n a l e , il parlamentare
rappresenta il popolo nella sua unità, al di là degli interessi particolari di coloro che lo hanno
scelto. Ciò non impedisce all’eletto di farsi carico dei bisogni dei suoi votanti, ma esige una
valutazione che tenga conto degli interessi complessivi di tutto il Paese.
4.10.3.1.1. Rappresentanza
politica.
Va precisato che i parlamentari non sono rappresentanti in senso tecnico del popolo, ma
sono politicamente responsabili di fronte al popolo.
Si tratta, quindi, di un rapporto di fiducia e di responsabilità politica non inquadrabile nel
rapporto giusprivatistico della rappresentanza: infatti tali “rappresentanti” esercitano poteri
che non fanno capo alla figura del rappresentato, ma rientrano nella specifica e diretta sfera di
attribuzione loto spettanti a seguito dell’elezione politica.
4.10.3.2. Il
divieto del mandato imperativo.
Secondo la nozione privatistica, il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a
compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra (art. 1703 c.c.). Il mandatario (cioè colui
che ha ricevuto l’incarico) è tenuto ad eseguire il mandato con diligenza, a informare il
mandante (colui da cui l’incarico proviene) delle circostanze sopravvenute che possano
incidere sul rapporto, e a rendergli conto del proprio operato.
Un legame così forte non può costituirsi fra gli elettori e l’eletto, il quale non deve essere
vincolato da alcuna direttiva esterna nell’esercizio delle sue funzioni. Ciò perché la
rappresentanza politica, per la sua ampiezza (è rappresentanza di idee, di bisogni), non può
essere circoscritta in un così ristretto ambito.
Ne consegue che ciascun parlamentare, nello svolgimento della sua attività, può agire
liberamente al di là delle promesse fatte per essere eletto, non può essere revocato dai suoi
elettori fino alla normale scadenza del mandato, né può essere chiamato a rispondere,
civilmente o penalmente (salvo che commetta atti illeciti), per il modo in cui ha esercitato il
proprio mandato.
La mancanza di una responsabilità giuridica del parlamentare nei confronti dei propri
elettori non esclude, però, una sua responsabilità politica, che il corpo elettorale può far valere
solo in sede di nuove elezioni, allorquando avrà la possibilità di esprimere un giudizio
sull’operato del parlamentare che si ripresenta candidato, confermandogli o negandogli (nel
caso la condotta del parlamentare non abbia risposto alle aspettative) la propria preferenza59.
59
Il problema del vincolo di mandato si propone in tutta la sua complessità in relazione ai rapporti che si
instaurano tra membro del Parlamento e partito politico di appartenenza. La linea politica adottata dal partito,
infatti, si sovrappone il più delle volte agli orientamenti personali del parlamentare, così che questi viene ritenuto
un mero portavoce del partito in seno al Parlamento: i casi di «ribellione» alle direttive del partito sono puniti
con severe sanzioni disciplinari, che possono giungere fino all’espulsione dal partito.
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55
Diritto costituzionale
Il Parlamento
4.10.4. Prerogative dei parlamentari.
Affinché i parlamentari possono svolgere senza interferenze, la loro funzione, gli vengono
accordati una serie di p r e r o g a t i v e
Tali prerogative sono irrinunciabili in quanto non costituiscono privilegi personali,
riconosciuti ai membri delle assemblee legislative, ma perseguono il fine di tutelare la
regolarità e l’indipendenza del mandato parlamentare, in ossequio il principio del rispetto
della piena rappresentatività degli organi elettivi.
4.10.4.1. Insindacabilità.
L’art. 68 1° co. afferma che: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a
rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni60”.
La norma ha il preciso scopo di evitare che il parlamentare possa sentirsi in qualche modo
condizionato nell’esprimere il proprio pensiero per il timore di dover rendere conto (in sede
civile, penale o disciplinare) dell’attività svolta: tale prerogativa non ha limiti di durata dal
momento che, anche quando cessa il mandato, il parlamentare non può comunque essere
perseguito per le opinioni espresse all’epoca in cui ricopriva quella carica61.
4.10.4.2. Immunità penale.
L’art. 68 2° co. Cost. stabilisce che: “Senza autorizzazione della Camera 62 alla quale
appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o
Talvolta, in passato, i partiti subordinavano l’inclusione di un candidato nella propria lista alla preventiva
consegna di una domanda di dimissioni con data in bianco, diretta alla Presidenza della Camera, per cautelarsi
contro eventuali dissensi del parlamentare eletto nelle loro liste (dimissioni rilasciate in bianco).
Altra tecnica adottata era quella della deposizione anticipata del mandato: i partiti esigevano che il parlamentare
si obbligasse ad abbandonare la carica in qualunque momento, su semplice loro richiesta (es. la rotazione
prevista dal partito radicale a metà mandato).
Più di recente, la questione dei rapporti fra parlamentare e partito di appartenenza si è riproposta nel nostro paese
in occasione della fuoriuscita dei parlamentari della Lega Nord dalla coalizione di governo (Polo delle libertà)
nella quale si erano presentati alle elezioni del 27 marzo 1994 (il famoso «ribaltone»).
In quell’occasione fu affermato che il meccanismo elettorale maggioritario, spingendo l’elettore a votare anche il
candidato di un partito diverso dal proprio, ma pur sempre appartenente alla stessa coalizione, imporrebbe agli
eletti che volessero uscire da quella coalizione di ripresentarsi davanti agli elettori per ottenere un nuovo
mandato.
60
Un eccezione alla guarentigia dell’insindacabilità è contenuta nei regolamenti della Camera e del Senato, i
quali prevedono che, quando nel corso di una discussione una deputato od una senatore sia accusato di fatti che
ledano la sua onorabilità, può chiedere al Presidente dell’Assemblea di nominare una commissione, il c.d.
“g i u r ì d ’ o n o r e ”, il quale è chiamato a giudicare sul fondamento dell’accusa. Leo conclusioni della
commissioni vengono comunicate al Presidente dell’Assemblea il quale può anche emanare una sanzione
disciplinare a carico del parlamentare accusato.
Le s a n z i o n i d i s c i p l i n a r i a c a r i c o d e i p a r l a m e n t a r i consistono: I) nel richiamo
all’ordine nel caso in cui il parlamentare pronunci parole sconvenienti o turbi con il suo contegno la libertà delle
discussioni e l’ordine della seduta; II) nell’esclusione dall’aula per il resto della seduta dopo un secondo
richiamo all’ordine o nei casi più gravi; III) nella censura, con l’interdizione a partecipare ai lavori parlamentari
per un determinato periodo di tempo.
61
L’insindacabilità non si estende alle affermazioni rese dal Parlamentare in qualità di privato cittadino e non
collegabili in alcun modo al suo ufficio: se così non fosse, la norma conferirebbe un ingiusto privilegio, ponendo
il parlamentare in una condizione di superiorità rispetto agli altri cittadini. Una delle questioni più dibattute in
passato riguardava il luogo dell’insindacabilità: in pratica, ci si chiedeva se essa valesse soltanto per i voti e le
opinioni espresse nell’aula parlamentare oppure dovesse estendersi anche all’attività politica svolta fuori dalle
consuete sedi istituzionali (comizi, congressi di partito, dibattiti televisivi, etc.). È opinione prevalente in dottrina
che la tutela operi anche al di fuori delle sedi istituzionali, sebbene ciò possa privilegiare il parlamentare uscente
rispetto agli altri candidati alle elezioni, che non godono di tale prerogativa.
62
La r i c h i e s t a d i a u t o r i z z a z i o n e deve essere inoltrata dal giudice al Presidente della Camera di
appartenenza del parlamentare, che la trasmette ad un apposito organo interno, la Giunta per le autorizzazioni (al
Senato denominata Giunta per le elezioni e le immunità). Dopo l’esame della Giunta, la richiesta viene
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56
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Il Parlamento
domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in
detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia
colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in
flagranza”.
L’art. 68 3° co. Cost. inoltre afferma che: “Analoga autorizzazione è richiesta per
sottoporre i membri del Parlamento a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o
comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”
Pertanto è consentito

sottoporre ad indagini i parlamentari, senza la necessità di richiedere un preventiva
autorizzazione a procedere da parte della Camera di appartenenza63;

arrestare il parlamentare, quando vi è una sentenza irrevocabile di condanna;

trarre in arresto il parlamentare, nel caso in cui sia colto nell’atto di commettere un
reato per cui è previsto l’arresto obbligatorio (art. 380 c.p.p.).
Non è consentito dall’autorità giudiziaria, senza la preventiva autorizzazione della Camera
(c.d. autorizzazione a procedere) a cui appartiene:

sottoporre, a perquisizione personale o domiciliare il parlamentare;

arrestare o comunque privare della libertà personale il membro del Parlamento, ad
accessione de due casi prima citati (sentenza irrevocabile ed arresto in flagranza);

procedere ad intercettazioni delle conversazioni o comunicazioni e a sequestro della
corrispondenza.
4.10.4.2.1. Ratio
Scopo della disposizione è di consentire al parlamentare di svolgere il suo mandato
liberamente, senza temere che l’autorità amministrativa o giudiziaria possa far uso di
provvedimenti restrittivi della sua libertà per condizionarne l’operato (si pensi agli effetti che
potrebbe avere l’arresto, anche provvisorio, di alcuni membri del Parlamento in coincidenza
di una votazione per la quale si prevede uno scarto di voti molto esiguo).
La norma tutela, quindi, la funzione di cui il Parlamentare è investito, e non la sua persona,
pertanto, quando si dimostri che non vi è alcun intento persecutorio nel provvedimento
restrittivo della libertà, non sussiste motivo per negare l’autorizzazione.
4.10.4.3. Indennità.
L’art. 69 Cost. afferma che: “I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita
dalla legge”.
L’i n d e n n i t à è una somma di denaro corrisposta al parlamentare per garantire che
svolga la propria funzione con decoro e indipendenza economica. Non va assimilata alla
retribuzione che, invece, rappresenta il corrispettivo della prestazione di lavoro subordinato.
sottoposta, insieme ad un parere favorevole o contrario, all’Assemblea, cui spetta la decisione di concedere o
negare l’autorizzazione. Le Camere, in tal caso, possono negarla solo se riscontrano che tale richiesta abbia
intenti persecutori o intimidatori nei confronti dei suoi membri.
63
Prima della riforma del ‘93, l’immunità dei parlamentari era molto più estesa in quanto era necessaria
l’autorizzazione anche per avviare indagini a carico di un deputato o di un senatore o per arrestarlo, pur in
presenza d’una condanna irrevocabile. Sull’onda delle inchieste giudiziarie di «Mani pulite» e dei referendum
contro la partitocrazia, il Parlamento si è deciso ad approvare la legge costituzionale n. 3 del 1993, che ha ridotto
l’ambito di applicabilità dell’immunità penale al fine di evitare il ripetersi di abusi di tale prerogativa.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Il Parlamento
Accanto all’indennità, i parlamentari godono anche di una d i a r i a a titolo di rimborso
delle spese per soggiorno a Roma; tale cifra è dovuta solo nell’ipotesi in cui tale presenza si
protragga per almeno 15 giorni al mese.
4.10.5. Cessazione dell’ufficio di parlamentare.
L’ufficio del parlamentare può cessare per le seguenti cause:

f i n e d e l l a l e g i s l a t u r a (o scioglimento anticipato delle Camere);

d i m i s s i o n i v o l o n t a r i e , le quali hanno efficacia solo nel momento in cui
siano accettate dalla Camera di appartenenza;

d e c a d e n z a viene pronunciata dalla Camera se:
o sia intervenuta un’incompatibilità che comporti la decadenza automatica
(es. elezione del parlamentare alla carica del Presidente della Repubblica);
o sia venuto meno uno dei requisiti di eleggibilità;
o siano state violate norme relative alla disciplina della campagna elettorale;
o si sia verificata un’incompatibilità e il parlamentare abbai optato per
un’altra carica, incompatibile con il mandato parlamentare;
o durante la campagna elettorale il candidato eletto abbia superato il limite
massimo di spesa consentito per un ammontare pari o superiore al doppio;

annullamento dell’elezione;

morte64.
4.11. Le leggi.
4.11.1. Nozione di legge.
Per “l e g g e ”, in via generale, si intende un atto dello Stato che fissa regole generali ed
astratte che vincolano tutti i cittadini.
Il termine legge ricorre sia nei testi legislativi che nella stessa Costituzione:

come sinonimo di diritto (per indicare qualunque fonte normativa e qualunque
norma giuridica positiva);

per indicare talune fonti specifiche del diritto, tra cui la legge posta in essere dal
Parlamento.
4.11.2. Leggi formali, materiali e meramente formali.
4.11.2.1. Legge in
senso formale.
Si definiscono l e g g i i n s e n s o s t r e t t o o f o r m a l i tutti gli atti deliberati dalle
due Camere o, comunque, da un organo cui è attribuita dalla costituzione la funzione
legislativa (Consigli regionali e Consigli provinciali di Trento e Bolzano) secondo il
procedimento disciplinato dagli artt. 70 e ss. Cost., dai regolamenti parlamentari, dagli statuti
regionali e dai regolamenti dei Consigli regionali e provinciali.
In altri termini sono leggi in sento stretto: I) le leggi ordinarie emanata dal Parlamento; II)
le leggi revisione della costituzione; III) le leggi costituzionali; IV) le leggi regionali emanate
64
Se nel corso della legislatura il deputato o il senatore eletto in un collegio uninominale muore o si dimette, di
dovrà procedere ad una nuova elezione nel collegio di appartenenza: si tratta delle c.d. e l e z i o n i
s u p p l e t i v e , che spesso rappresentano un importante indicatore del consenso di cui gode l’Esecutivo.
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58
Diritto costituzionale
Il Parlamento
dai Consigli regionali; V) le leggi provinciali emanate dai Consigli provinciali di Trento e
Bolzano.
4.11.2.1.1. Legge
ordinaria.
La l e g g e o r d i n a r i a è la legge deliberata dal Parlamento secondo il procedimento
disciplinato, nelle sue linee essenziali, dagli artt. 70 ss. Cost. e, più ampiamente, dai
regolamenti parlamentari.
L’appartenenza al tipo “legge ordinaria” comporta l’assoggettamento a un r e g i m e
g i u r i d i c o p e c u l i a r e , sinteticamente riassunto dall’espressione “forza o valore di
legge”.
In particolare la legge ordinaria:

è idonea a modificare o abrogare, nell’ambito della sua competenza, qualsivoglia
disposizione vigente, fatta eccezione per quelle di rango costituzionale;

è in grado di resistere all’abrogazione e alla modificazione da parte di fonti ad essa
subordinate;

può essere soggetta al controllo di conformità alla Costituzione e alle altre
disposizioni di rango costituzionale soltanto da parte della Corte Costituzionale;

può essere sottoposta a referendum abrogativo ex articolo 75 Cost.
4.11.2.2. Legge in
senso materiale.
Per l e g g e i n s e n s o m a t e r i a l e si intendono tutti gli atti a contenuto normativo,
indipendentemente dagli organi che li pongono in essere e quale che sia il procedimento della
loro formazione (gli atti aventi forza di legge del Governo rientrano in questa categoria).
4.11.2.3. Leggi
meramente formali.
La dottrina ha delineato anche la figura delle l e g g i m e r a m e n t e f o r m a l i che, pur
avendo aspetto formale di legge, non hanno contenuto normativo, non sono in grado, cioè, di
innovare il diritto oggettivo65.
4.11.2.3.1. Leggi
di indirizzo e di controllo
Tra la categoria delle leggi meramente formali, rientrano le l e g g i d i i n d i r i z z o e
d i c o n t r o l l o , mediante le quali il Parlamento esercita poteri di controllo e d’indirizzo
politico.
Queste leggi sono tali solo formalmente, in quanto non contengono norme giuridiche (non
sono fonte di diritto in senso tecnico) ma si limitano ad approvare atti gi à compiuti dagli
organi competenti (leggi di approvazione) oppure a costituire il presupposto di efficacia e
validità di atti non ancora compiuti da tali organi (legge di autorizzazione).
In queste leggi la funzione di indirizzo si intreccia strettamente con quella di controllo,
esercitandosi su attività che rientrano nella competenza di altri organi, soprattutto
dell’Esecutivo.
Sono leggi di indirizzo e di controllo: I) le legge di approvazione del bilancio66; II) la legge
di stabilità67; III) le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali68; IV) la legge
di amnistia e indulto69; V) la legge di deliberazione dello Stato di guerra70.
65
Per diritto oggettivo, o norma agendi, si intende il complesso di norme giuridiche che prescrivono ai soggetti
un dato comportamento, che può essere positivo (obbligo) o negativo (divieto).
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Diritto costituzionale
Il Parlamento
66
L e g g e d i a p p r o v a z i o n e d i b i l a n c i o : è la legge con la quale il Parlamento assume le
principali decisioni di finanza pubblica, autorizzando il Governo all’effettuazione delle spese ed all’acquisizione
delle entrate.
67
La l e g g e d i s t a b i l i t à , insieme alla legge di bilancio, costituisce la manovra di finanza pubblica per il
triennio di riferimento e rappresenta lo strumento principale di attuazione degli obiettivi programmatici definiti
con la Decisione di finanza pubblica. Essa sostituisce la legge finanziaria e rispetto a quest'ultima prevede novità
sia in ordine ai tempi di presentazione sia in merito ai contenuti. Il disegno di legge di stabilità viene presentato
in Parlamento entro il 15 ottobre (in passato era il 30 settembre), un mese dopo la data di presentazione della
Decisione di finanza pubblica. La modifica dei termini di presentazione dei due documenti tende ad avvicinare il
momento della programmazione a quello di definizione della manovra di finanza pubblica. Ciò consente di
disporre di un quadro macroeconomico e di bilancio più stabile, ma richiede anche che i contenuti della manovra
siano maggiormente dettagliati nel corso della definizione del documento di programmazione. Risulta, infatti,
più breve lo spazio che intercorre tra la data di approvazione della DFP e quella di presentazione della legge di
stabilità, con una compressione del lasso temporale entro il quale definire puntualmente le misure che dovranno
far parte della manovra di fine anno. La legge di stabilità presenta poi un contenuto più snello rispetto a quello
della precedente legge finanziaria. Restano escluse dal suo contenuto le norme a carattere ordinamentale o
organizzatorio, anche qualora esse si caratterizzino per un rilevante miglioramento dei saldi; le norme di delega
nonché quelle relative ad interventi di natura localistica o micro settoriale. Gli interventi di sostegno e sviluppo
dell'economia dovranno trovare collocazione in appositi disegni di legge collegati, e pertanto al di fuori della
legge di stabilità. Per quanto riguarda la struttura complessiva della legge, si conferma la sua suddivisione in
articolato e tabelle. Nella prima sezione, essa riporta: il livello massimo del saldo netto da finanziarie e del
ricorso al mercato; la variazione delle aliquote delle imposte; l'importo dei fondi speciali; l'importo complessivo
destinato al rinnovo dei contratti pubblici; le norme eventuali necessarie all'attuazione del Patto di stabilità
interno e alla realizzazione del Patto di convergenza; le misure correttive delle leggi che comportano oneri
superiori a quelli previsti; altre regolazioni meramente quantitative. Le tabelle allegate alla legge di stabilità
vengono ridefinite rispetto alla normativa previgente. In particolare, mentre le Tabelle A e B (che riportano gli
importi dei fondi speciali per la copertura di nuovi provvedimenti legislativi, rispettivamente di parte corrente e
in conto capitale) restano invariate, viene ridefinito, invece, il contenuto della Tabella C escludendo da essa le
spese destinate al funzionamento degli enti pubblici (che presentano natura obbligatoria), e che d'ora in poi
saranno determinate dalla legge di bilancio. La Tabella D, invece, assorbe le "vecchie" tabelle D, E ed F relative
alle spese in conto capitale. Essa riporta gli importi destinati al finanziamento delle leggi che dispongono spese a
carattere pluriennale in conto capitale, con evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle
rimodulazioni. Si modifica, infine, anche la Tabella E che, a differenza di quanto avveniva in passato, riporta ora
le riduzioni delle autorizzazioni legislative relative alla sola spesa corrente. Viene formalizzata la
predisposizione in allegato al disegno di legge di stabilità di un prospetto riepilogativo degli effetti triennali sui
saldi di finanza pubblica (saldo netto da finanziare, fabbisogno e indebitamento netto) derivanti dall'attuazione di
ciascuna disposizione contenuta nella medesima legge. E' previsto inoltre che lo stesso prospetto venga
aggiornato nel passaggio da un ramo all'altro del Parlamento in relazione alle modifiche approvate al disegno di
legge durante la discussione parlamentare. Al fine di rendere più immediato e trasparente il raccordo tra gli
effetti della legge di stabilità sul bilancio dello Stato e sul conto economico delle amministrazioni pubbliche, è
prevista, a corredo del disegno di legge di stabilità, la predisposizione di una apposita nota tecnica illustrativa.
Tale nota espone i contenuti della manovra, gli effetti sui saldi di finanza pubblica articolati nei vari settori di
intervento e i criteri utilizzati per la quantificazione degli stessi, assorbendo parte del contenuto della soppressa
Relazione Previsionale e Programmatica. Essa contiene, altresì, le previsioni del conto economico delle
amministrazioni pubbliche e del relativo conto di cassa, integrate con gli effetti della manovra per il triennio di
riferimento. La legge di stabilità, per la parte relativa alle spese sarà, di norma, articolata per missione e
indicherà il programma cui le disposizioni si riferiscono. Ciò faciliterà l'individuazione degli effetti delle norme
sulle diverse missioni che compongono il bilancio rendendo più immediata la percezione della variazione delle
risorse disposta con la legge di stabilità rispetto al valore complessivo della spesa riferita ad una certa missione o
ad un programma.
68
L e g g i d i a u t o r i z z a z i o n e a r a t i f i c a r e t r a t t a t i i n t e r n a z i o n a l i : con esse le
Camere autorizzano la ratifica dei trattati di natura politica o che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari o
importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.
69
L e g g i d i a m n i s t i a e d i i n d u l t o : sono i provvedimenti mediante i quali il Parlamento concede
clemenza ai colpevoli di un reato, estinguendo il reato (amnistia) o condonando in tutto in parte la pena (indulto).
L’art. 79 Cost. richieda una maggioranza molto elevata (i due terzi di ciascuna Camera) per l’approvazione della
legge di amnistia e indulto. Si ricordi che amnistia e indulto non possono applicarsi ai reati commessi
successivamente alla presentazione del disegno di legge.
70
Lo s t a t o d i g u e r r a è una dichiarazione complessa e delicata di indirizzo politico alla quale concorrono
tre organi costituzionali distinti, ciascuno titolare di competenze autonome: I) il Parlamento, che con atto
bicamerale in tempi rapidi delibera lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari (art. 78 1° co.
Cost.); II) il Presidente della Repubblica, che in veste di rappresentante della nazione è l’unico titolare del potere
Ver. 09/04/2017 13:34:00
60
Diritto costituzionale
Il Parlamento
4.11.3. Riserve di legge
4.11.3.1. Nozione.
Si ha una r i s e r v a d i l e g g e quando una norma costituzionale riserva, appunto alla
legge ordinaria e agli atti aventi forza di legge71, la disciplina di una determinata materia,
escludendo pertanto (o ammettendo solo in parte) che essa possa essere oggetto del potere
regolamentare del Governo.
4.11.3.2. Assoluta e relativa.
4.11.3.2.1. Assoluta.
Si ha r i s e r v a d i l e g g e a s s o l u t a quando una determinata materia deve essere
interamente regolata dalla legge o da atti aventi forza di legge.
Nelle materie riservate in via assoluta alla legge ordinaria o agli aventi forza di legge72,
resta pertanto escluso l’esercizio del potere regolamentare del Governo, a meno che si tratti di
regolamenti di stretta esecuzione, dati i ristretti limiti entro i quali questi possono essere
emanati.
Si ricordi che nel caso in cui una materia ricoperta da riserva assoluta, sia oggetto di un
progetto di legge, questo potrà essere discusso in commissione solo in sede referente.
4.11.3.2.2. Relativa.
Si ha r i s e r v a d i l e g g e r e l a t i v a quando si richiede soltanto che la legge detti la
disciplina di principio, sugli aspetti essenziali della materia, in modo da contenere la
successiva disciplina posta dall’autorità amministrativa nei limiti dei principi enunciati dalla
legge stessa.
Tale tipo di riserva ammette dunque l’intervento del potere normativo del Governo
attraverso i regolamenti autorizzati, di organizzazione, ed i c.d. regolamenti di attuazione,
dato che l’interesse tutelato appare soddisfatto con la determinazione legislativa “di
principio”.
4.11.3.3. Rinforzata
e semplice.
Sia la riserva assoluta che quella relativa possono poi essere r a f f o r z a t e quando la
Costituzione non si limita a rinviare puramente e semplicemente alla legge (nel qual caso si
parla di riserva s e m p l i c e ), ma disciplina essa stessa parte della materia ponendo, in tal
modo, altrettanti limiti alla discrezionalità del legislatore73.
4.11.3.4. Costituzionale.
Si ha r i s e r v a d i l e g g e c o s t i t u z i o n a l e quando la costituzione espressamente
dispone che determinate materie debbano essere regolate con legge costituzionale.
di dichiarare lo stato di guerra (art. 87 9° co. Cost.); III) il Governo, che è destinatario (attraverso il Consiglio
supremo di difesa), ex art. 78 Cost., di poteri extra ordinem necessari per far fronte a tale situazione. Lo stato di
guerra è disposto con un atto di legge formale che non ha forza di legge (innovativa) bensì funge da presupposto
per l’entrata in vigore della legislazione eccezionale prevista per il tempo di guerra.
71
Va precisato cha a volte la riserva fa riferimenti esplicitamente alla sola legge ordinaria del Parlamento:
r i s e r v a d i l e g g e f o r m a l e (es. artt, 77 e 78 Cost.).
72
Sono casi di riserva di legge solo quelli previsti dagli artt. 13, 14, 15, 25, 41, 44 e 95 Cost. È chiaro quindi che
la riserva assoluta di legge si applica prevalentemente nel capo penale e di quello dei diritti e delle libertà
fondamentali dei cittadini.
73
Un tipico esempio di riserva rafforzata, è quella contenuta nell’art. 97, a norma del quale la legge deve
disciplinare l’organizzazione dei pubblici uffici in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità
dell’amministrazione.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
61
Diritto costituzionale
Il Parlamento
Sono riservati a legge costituzionale: I) il conferimento dell’iniziativa legislativa per le
leggi ordinarie della Stato; II) l’adozione degli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale;
III) la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni; IV) le forme, le condizioni
e i termini dei giudizi di legittimità costituzionale, nonché le garanzie d’indipendenza dei
giudici della Corte Costituzionale.
4.11.3.5. Esplicita e implicita.
Infine la riserva di legge può essere e s p l i c i t a o i m p l i c i t a 74, a seconda se si ricavi
espressamente dalla Costituzione.
4.12. Il procedimento legislativo per leggi ordinarie.
Ogni procedimento diretto all’emanazione di un atto legislativo viene di regola distinto
nelle seguenti fasi essenziali:

fase di iniziativa;

fase deliberativa o costitutiva;

fase integrativa dell’efficacia.
4.12.1. La fase di iniziativa.
L’i n i z i a t i v a l e g i s l a t i v a si esercita con la presentazione di un p r o g e t t o d i
l e g g e ad una delle Camere indistintamente. A seguito della presentazione ogni Camera è
tenuta a deliberare sul progetto di legge.
4.12.1.1. Titolari
del potere di iniziativa legislativa.
Titolari del potere di iniziativa legislativa (art. 71 Cost.) sono:
4.12.1.1.1. Il
Governo.
L’iniziativa governativa è la più importante, perché il Governo è l’organo che meglio di
tutti può valutare l’opportunità di porre in essere nuovi provvedimenti legislativi e perché ha
un rapporto fiduciario col Parlamento75.
Essa si esercita mediante la presentazione di d i s e g n i d i l e g g e 76 (redatti in articoli),
deliberati dal Consiglio dei Ministri e autorizzati dal Presidente della Repubblica (con decreto
controfirmato).
4.12.1.1.2. I
singoli parlamentari.
Ciascun membro del Parlamento, da solo o unitamente a altri parlamentari (o ciascun
gruppo parlamentare), può presentare una p r o p o s t a d i l e g g e 77 alla Camera cui
appartiene.
74
Una riserva di legge implicita è contenuta nell’art. .72, IV Cost., Cost. il quale, esclude che possa essere
adottato un procedimento di formazione diverso da quello ordinario, per i disegni di legge in materia
costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare i tratta
internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.
75
Non a caso, è la stessa Costituzione a riservare al Governo l’iniziativa di alcune leggi, come quelle di
approvazione dei bilanci e del rendiconto consuntivo (art. 81 Cost.). alcuni autori vi includono anche le leggi di
autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di conversione dei decreti–legge, in considerazione
del fatto che è il Governo a condurre trattative internazionali a ed emanare i decreti–legge.
76
Si differenziano dalle proposte e dai progetti di legge in quanto, rispetto a questi sono più completi,
contenendo gli elementi e le informazioni necessarie. Essi, inoltre, sono in grado di indicare la copertura delle
eventuali nuove spese e rispondono in pieno all’indirizzo politico di maggioranza. Per tali ragioni sono i più
autorevoli fra tutti i progetti di legge.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
62
Diritto costituzionale
Il Parlamento
4.12.1.1.3. Il
CNEL.
In forza dell’art. 99 Cost. il C.N.E.L. può proporre al Parlamento p r o p o s t e d i l e g g e
redatte in articoli ed adottati a maggioranza dei suoi membri.
La prima legge che disciplinava l’organizzazione del CNEL (L. 33/57, successivamente
abrogata) limitava il potere di iniziativa alla sola materia dell’economia e del lavoro; tale
vincolo non è stato riproposto nella nuova legge (la n. 936 del 1986), per cui l’iniziativa
legislativa del CNEL non incontra attualmente alcuna limitazione.
4.12.1.1.4. Il
corpo elettorale.
La Costituzione repubblicana ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento italiano
l’istituto dell’i n i z i a t i v a l e g i s l a t i v a p o p o l a r e (art. 71 2° co.).
Il popolo esercita l’iniziativa legislativa mediante presentazione di una p r o p o s t a d i
l e g g e 78 (redatta in articoli ed accompagnata da una relazione sulle finalità complessive delle
singole norme), proveniente (cioè sottoscritto) da almeno 50.000 elettori (iscritti nelle liste per
l’elezione alla Camera dei deputati), le cui firme devono essere autenticate ed accompagnate
da certificati elettorali.
4.12.1.1.5. I
Consigli regionali.
L’art. 121. 2° co. Cost. attribuisce ai Consigli regionali la facoltà di “fare proposte di legge
alle Camere”. Si tratta di una competenza che non trova nel testo costituzionale nessuna
limitazione riguardo alle materie che possono essere oggetto di iniziativa legislativa regionale
(tranne ovviamente quelle che sono oggetto di una iniziativa riservata del governo).
4.12.1.1.6. I
Consigli comunali
Il potere di iniziativa dei Consigli comunali, è limitato alle proposte di legge per il
mutamento delle circoscrizione provinciale e l’istituzione di nuove Province (art. 133 Cost.)79.
4.12.1.2. Iniziativa
vincolata o riservata.
Di regola i soggetti appena indicati sono liberi di esercitare o meno il potere di iniziativa in
qualsiasi materia, tuttavia a volte l’iniziativa può essere vincolata o riservata.
Si parla di “i n i z i a t i v a v i n c o l a t a ” quando la presentazione di una proposta di legge
alle Camere non ha carattere facoltativo ma si pone come attuazione di un obbligo (disegno di
legge del bilancio).
Si parla invece di “i n i z i a t i v a r i s e r v a t a ” quando l’iniziativa legislativa in relazione
ad un determinata materia è riservata ad un determinato organo (così ad esempio, l’iniziativa
legislativa in materia di rapporti fra lo Stato e le confessioni acattoliche, è riservata, al
Governo che è l’unico organo in grado di avviare e concludere le “intese” con le
rappresentanze di queste confessioni, intese che costituiscono la “base” della legge
regolatrice).
77
P r o p o s t e d i l e g g e : secondo la terminologia in uso nel Parlamento, indica i progetti di legge presentati
dai singoli deputati, dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, dalle Regioni e attraverso l’iniziativa
popolare. Con il termine disegni di legge vengono, invece, indicati i progetti di legge presentati dal Governo.
78
Tale progetto si differenzia dalla semplice p e t i z i o n e , con cui i cittadini portano a conoscenza delle
Camere situazioni ed esigenze particolari, affinché i loro membri si attivino per promuovere iniziative legislative
conformi a tali esigenze.
79
Si aggiunga infine che lo stesso art. 71 cost. contiene la previsione di un ulteriore allargamento dei soggetti a
cui l’iniziativa può appartenere: una legge costituzionale, infatti, può conferirla anche ad altri organi ed enti.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
63
Diritto costituzionale
Il Parlamento
4.12.1.3. Potere di
ritirare il progetto e sorte dei progetti al termine della legislatura.
I soggetti che godono dell’iniziativa hanno anche il p o t e r e d i r i t i r a r e i l
p r o g e t t o : il ritiro deve avvenire però prima che il progetto sia stato approvato dal almeno
una delle due Camere. In caso di ritiro, ciascun membro del Parlamento può sempre far
proprio il progetto ritirato e ripresentarlo: in tal caso però si deve iniziare un nuova procedura.
Al t e r m i n e d e l l a l e g i s l a t u r a tutti i p r o g e t t i d i l e g g e a n c o r a
p e n d e n t i presso le Camere (qualunque sia lo stadio raggiunto dall’iter legislativo)
decadono automaticamente (tranne quelli di iniziativa popolare, che sopravvivono per due
legislature). Essi qualora risultino già approvati da almeno una Camera e vengono ripresentati
entro i primi sei mesi della nuova legislatura, beneficiano, di un procedimento accelerato.
4.12.2. La fase costitutiva.
Una volta che è stata presentato una proposta o un disegno di legge, è necessario che lo
stesso venga esaminato, eventualmente modificato e approvato da entrambe le Camere.
Va fin’ora chiarito che l e C a m e r e d e v o n o a p p r o v a r e i l p r o g e t t o d i
l e g g e n e l m e d e s i m o t e s t o 80; ne deriva che, se una Camera apporta al progetto già
approvato dall’altra degli emendamenti, il progetto stesso dovrà ritornare alla Camera che lo
ha approvato per prima affinché anche questa approvi a sua volta i nuovi emendamenti.
E poiché possono essere proposti emendamenti agli emendamenti, il progetto passerà da
una Assemblea all’altra (la c.d. n a v e t t a ) sino a quanto sarà raggiunto l’accordo sullo stesso
testo.
Esistono diversi tipi di sistema di approvazione–formazione: I) ordinario; II) decentrato (o
per commissioni); III) misto.
Bisogna subito ribadire c h e i l p r o c e d i m e n t o d i a p p r o v a z i o n e a d o t t a t o
d a u n a C a m e r a n o n v i n c o l a a n c h e l ’ a l t r a , cosicché, ad esempio, una
Camera può approvare un progetto di legge secondo il procedimento ordinario e l’altra
secondo il procedimento decentrato.
4.12.2.1. Procedimento
ordinario (per commissione in sede referente).
4.12.2.1.1. Deliberazione preliminare o preparatoria.
Quando si adotta il p r o c e d i m e n t o o r d i n a r i o 81, secondo quando disposto all’art.
72 1° co. Cost.82, il progetto di legge viene preliminarmente esaminato e discusso da una
commissione legislativa competente nella materia alla quale il progetto si riferisce e che, in
questo caso, svolge il suo lavoro in s e d e r e f e r e n t e .
80
In questo senso si dice la legge ordinaria è una a t t o c o m p l e s s o u g u a l e : è “complesso” in quanto
risulta dalla funzione della volontà della Camera e del Senato: è “uguale” in quanto la volontà di entrambe le
camere hanno lo stesso valore giuridico.
81
Tale procedimento è sempre obbligatorio (c.d. r i s e r v a d i a s s e m b l e a ) (art. 72 4 co. Cost.) per i
progetti di legge: I) in materia costituzionale ed elettorale (in questo caso di parla di c o m m i s s i o n i
f i l t r o ); II) di delegazione legislativa; III) di autorizzazione alla ratifica di tratta internazionali; IV) di
approvazione di bilanci e consuntivi. A queste vanno aggiunte le altre ipotesi disciplinate dai regolamenti della
Camera e del Senato. Esso sono: I) i disegni di legge di conversione dei decreti legge; II) la legge comunitaria;
III) le leggi rinviate al Presidente della Repubblica per un riesame del Parlamento. È f a c o l t a t i v o per tutti
gli altri progetti di legge.
82
L’art. 72 1° co. Cost. afferma che: “Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del
suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo
con votazione finale”.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Il Parlamento
Il procedimento ordinario vede la Commissione svolgere una funzione istruttoria, che si
articola nell’esame della proposta di legge, nella sua elaborazione (proposizione di articoli
aggiuntivi e di modifiche a quelli esistenti; scelta del testo migliore in caso di abbinamento di
progetti che abbiano lo stesso oggetto) e nell’approvazione del testo da sottoporre
all’Assemblea (accompagnato da una relazione83 nella quale sono esposti i risultati dell’esame
e gli orientamenti favorevoli o contrari all’approvazione definitiva).
4.12.2.1.2. Discussione
in aula.
Successiva in Assemblea, si procede alla discussione in aula. Il progetto di legge è
esaminato attraverso l’intervento dei relatori per la maggioranza e di quelli di minoranza, del
Governo e di un deputato per ogni gruppo parlamentare.
4.12.2.1.3. Esame
e approvazione di ogni singolo articolo
In seguito alla discussione in aula, si procede all’esame e all’approvazione di ogni singolo
articolo: in questa fase, i parlamentari possono (anche singolarmente) proporre emendamenti,
ossia modifiche parziali con carattere aggiuntivo, soppressivo, sostitutivo o modificativo del
progetto di legge in discussione. Gli eventuali emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati
sono votati separatamente
4.12.2.1.4. Votazione
finale.
Approvati i singoli articoli (e i relativi emendamenti), si passa alla votazione finale,
necessaria per accertare che sul testo modificato (ed eventualmente stravolto) sussista la
maggioranza dell’Assemblea: essa esprime la volontà globale della Camera, che si aggiunge
alla volontà particolare espressa su ogni articolo.
4.12.2.1.5. Procedimento
abbreviato.
Si aggiunga infine che il procedimento ordinario, può assumere anche le vesta di
procedimento abbreviato, nell’ipotesi in cui i tempi sono ridotti della metà84.
L’art. 72 2° co. Cost. dispone che i regolamenti camerali possono stabilire
p r o c e d i m e n t i a b b r e v i a t i per i progetti di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.
La dichiarazione d’urgenza che può essere proposta dal Governo, dai parlamentari o anche
dal Presidente della Commissione competente per l’esame.
4.12.2.2. Procedimento
decentrato o deliberante (per commissione deliberante).
La peculiarità di questo p r o c e d i m e n t o consiste nel fatto che le commissioni
legislative non si limitano (come nel procedimento ordinario) ad esaminare il progetto di
legge ma lo approvano anche.
Per questo esso è definito d e c e n t r a t o , perché, appunto, non si svolge innanzi all’intera
Assemblea (in “aula” come si dice in gergo) bensì in sede decentrata, vale a dire innanzi alla
commissione legislativa competente per materia. In questo caso, la commissione svolge i suoi
lavori in s e d e d e l i b e r a n t e 85.
83
La relazione – che non è altro che un parere della commissione sul progetto di legge – è obbligatoria per la
commissione (che deve presentarla) ma non vincolante per l’assemblea, che può o meno tenerne conto, a sua
discrezione.
84
Tale procedura è sempre utilizzata, de esempio per la conversione dei decreti–legge
85
Un procedimento che affida a commissioni ristrette l’approvazione dei progetti di legge vale a sveltire l’iter
legislativo. La maggior parte delle leggi approvate in tale sede sono settoriali o singolari, e non d’interesse
generale, per il fatto che tali leggi hanno maggiore probabilità di essere approvate in commissione, dove per il
Ver. 09/04/2017 13:34:00
65
Diritto costituzionale
Il Parlamento
La commissione procede pertanto:

all’esame preliminare del progetto;

alla sua discussione, che non avviene, quindi, in assemblea;

alla votazione dei singoli articoli;

alla votazione finale e quindi all’approvazione della legge.
4.12.2.2.1. L’assegnazione
del progetto alla commissione in sede deliberante.
L’assegnazione del progetto alla commissione in sede deliberante è proposta alla Camera
dal suo Presidente e deve essere approvata dall’Assemblea; mentre al Senato è decisa dal suo
Presidente, che ne da comunicazione all’Assemblea86.
rimessione del progetto all’assemblea ordinaria.
Per evitare abusi è, fra l’altro, riconosciuto al Governo, ad un decimo dei componenti di
ciascuna Camera o ad un quinto dei componenti la commissione il p o t e r e d i c h i e d e r e
c h e i l p r o g e t t o s i a r i m e s s o a l l ’ a s s e m b l e a p l e n a r i a , per la sola
votazione finale, o anche per la votazione e discussione di singoli articoli.
4.12.2.2.2. La
Tale potere può essere esercitato finché non sia intervenuta l’approvazione definitiva da
parte della commissione.
4.12.2.3. Il
procedimento misto (o redigente).
Il p r o c e d i m e n t o m i s t o non è previsto dalla Costituzione, ma è stato
successivamente introdotto dai regolamenti parlamentari e rappresenta un procedimento
intermedio fra quello ordinario e quello decentrato, in quanto comporta una suddivisione del
lavoro legislativo tra la commissione competente per materia e l’Assemblea.
In tale procedimento la Commissione opera in sede redigente, nel senso che provvede alla
stesura del testo e alla discussione e votazione dello stesso e delle eventuali proposte di
emendamento; all’Assemblea spetta l’approvazione, senza dichiarazioni di voto, dei singoli
articoli e l’approvazione finale con sole dichiarazioni di voto (alla Camera dei deputati) o solo
quest’ultima votazione conclusiva (al Senato).
4.12.3. La fase di integrazione dell’efficacia.
La legge, una volta approvata dalle Camere, è perfetta, ma non ancora efficace. Per
divenire efficace (e quindi obbligatoria per i suo destinatari), deve superare la f a s e d i
integrazione dell’efficacia.
Tale fase, si compone di differenti atti, diretti a controllare la legittimità della legge e il
rispetto delle norme di procedura, nonché a renderla pubblica, comunicandone il testo nelle
forme previste, a coloro che sono tenuti ad osservarla (destinatari).
4.12.3.1. La promulgazione.
La legge approvata da ambedue le Camere (che è perfetta ma non ancora efficace) viene
trasmessa, a cura del Presidente della Camera che l’ha approvata per ultima, al Presidente
della Repubblica per la promulgazione.
ridotto numero dei componenti è più facile raggiungere un compromesso tra maggioranza ed opposizione, che in
assemblea.
86
In ogni caso il procedimento deliberante non è ammesso per le leggi previste dall’art. 72 4° co., per le quali è
sempre richiesto il procedimento ordinario (riserva d’assemblea).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
66
Diritto costituzionale
Il Parlamento
Per p r o m u l g a z i o n e si intende l’atto conclusivo del procedimento legislativo con il
quale il Presidente della Repubblica attesta formalmente la conforme approvazione della
legge nello stesso testo da parte delle due Camere, esprime la sua volontà di promulgarla e ne
dispone l’inserimento nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti.
4.12.3.1.1. Controllo
di legittimità costituzionale e formale.
Il Presidente della Repubblica tuttavia, prima di effettuare la promulgazione effettua un
c o n t r o l l o d i l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e f o r m a l e e s o s t a n z i a l e 87 (ex
art. 74 Cost.) sulle leggi approvate dal Parlamento.
Se il Presidente rileva un vizio dell’atto approvato dal Parlamento più rinviarlo alle
Camere per un riesame, motivando tale rinvio con un messaggio (c.d. m e s s a g g i o
m o t i v a t o ) e chiedendo una nuova deliberazione delle stesse.
A questo punto se le Camere riapprovino senza modifiche la legge, il Capo dello Stato non
può far altro che promulgarla.
Ciò non esclude che, laddove l’atto manchi dei requisiti minimi per essere qualificato
legge oppure sia tale da comportare un vero e proprio attentato alla Costituzione o integri gli
estremi dell’alto tradimento, reati per i quali sussiste la responsabilità penale del Presidente
della Repubblica, quest’ultimo possa di nuovo rifiutarsi di promulgarla. In questo caso potrà
sorgere un conflitto di attribuzione fra Parlamento e Presidente, risolvibile dalla Corte
Costituzionale.
Se, invece, le Camere approvano emendamenti diversi da quelli suggeriti dal Presidente
nel messaggio, egli potrà di nuovo rinviare la legge alle Camere, almeno limitatamente alle
modifiche apportate.
4.12.3.1.2. Termine
Il Presidente della Repubblica è tenuto a promulgare la legge e n t r o u n m e s e
d a l l ’ a p p r o v a z i o n e d e l l e d u e C a m e r e . Tuttavia se le Camere, ciascuna a
maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata
in un termine più breve da esse stabilito.
4.12.3.2. La pubblicazione.
Con l’atto di promulgazione, che è atto di controllo, la legge diviene esecutoria. Diviene
invece obbligatoria per tutti i cittadini solo con la successiva pubblicazione, la quale deve
essere effettuata entro trenta giorni dalla promulgazione.
La p u b b l i c a z i o n e della legge avviene ad opera, e sotto la responsabilità, del Ministro
della giustizia (guardasigilli) e consiste, tecnicamente, nella inserzione del testo nella Raccolta
ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana e nella pubblicazione dello stesso nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana; queste operazioni sono precedute
dall’apposizione da parte del ministro, del “v i s t o ” (con il quale egli attesta la regolarità
formale del documento) e del “g r a n s i g i l l o d e l l o S t a t o ” (che vale come
autenticazione).
87
Il c o n t r o l l o f o r m a l e riguarda la correttezza della procedura adottata per la formazione della legge,
mentre il c o n t r o l l o s o s t a n z i a l e deve verificare che non via sia un contrasto con il dettato della
Costituzione.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
67
Diritto costituzionale
Il Parlamento
L’inserzione nella Raccolta è disposta in funzione della certezza del diritto (giacché il testo
che entra in vigore è quello in esso inserito), mentre la pubblicazione nella Gazzetta vale solo
ai fini della conoscenza e realizza, dunque, una forma di pubblicità–notizia88.
4.12.3.3. Entrata
in vigore.
Una volta pubblicata, la legge entra in vigore dopo il periodo della v a c a t i o l e g i s (al
fine di permetterne la conoscenza almeno in via preventiva da parte di coloro cui essa è
indirizzata), che normalmente è di 1 5 g i o r n i dalla sua pubblicazione; nella stessa legge,
però, possono essere stabiliti termini più brevi o più lunghi.
Dal momento dell’entrata in vigore, la legge si presume conosciuta da tutti i destinatari, e
non è possibile invocare l’ignoranza di essa per giustificarne l’inosservanza (ignorantia legis
non excusat)89.
4.13. Il procedimento legislativo per le leggi costituzionali e di modifica della
Costituzione.
4.13.1. Generalità.
La Costituzione italiana è una costituzione r i g i d a : per la modifica delle disposizioni in
essa contenute è necessario un procedimento speciale, detto p r o c e d i m e n t o d i
revisione costituzionale.
Tale procedimento non è affidato ad un organo ad hoc, bensì allo stesso Parlamento nelle
forme e nei modo previsti dall’art. 138 Cost. (c.d. p r o c e d u r a a g g r a v a t a ).
4.13.2. Leggi costituzionali e leggi di revisione costituzionale.
L’art. 138 della Costituzione disciplina il procedimento di formazione di un peculiare tipo
di leggi, denominate appunto leggi di revisione costituzionale e leggi costituzionali90.
4.13.2.1. Legge di
revisione costituzionale.
La l e g g e d i r e v i s i o n e d e l l a C o s t i t u z i o n e è l’atto normativo con il quale il
Parlamento nazionale può modificare il testo della Costituzione, abrogare determinate norme
o declassarle ad un livello inferiore a quello costituzionale.
4.13.2.2. Legge costituzionale
In via generale potremmo dire che per “l e g g e c o s t i t u z i o n a l e ” , si intende l ’ atto
normativo con il quale il Parlamento nazionale i n t e g r a il contenuto della Costituzione.
In particolare sono legge costituzionali
1. tutte le leggi che sono espressamente definite come tali dalla Costituzione (ad
esempio negli articoli 11691, 132 1° co.92 e 137 1° co.93);
88
La data della legge è quella del decreto di promulgazione, in numero
quella della sua inserzione nella Raccolta ufficiale.
89
Il rigore di tale principio è stato notevolmente attenuato dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 cod. pen. nella parte in cui non esclude dall’inescusabilità dell’ignoranza
della legge penale l’i g n o r a n z a i n e v i t a b i l e , dichiarando quindi la non punibilità di una mancata
conoscenza inevitabile di una legge penale. Pertanto se un soggetto dimostra di non aver potuto per cause esterne
alla sua volontà, prendere conoscenza di una legge, non può essere condannato per la sua violazione.
90
La differenza apparentemente netta, risulta, in realtà assai sfumata, solo se si considera che la stessa
Costituzione qualifica come costituzionali leggi che assolvono anche una funzione di revisione: le leggi che
dispongono la fusione o la creazione di nuove Regioni (qualificate come leggi costituzionali) ad esempio,
modificano anche l’art. 131 del testo costituzionale, che contiene l’elenco delle Regioni italiane. Del resto
entrambi i tipi di legge vengono approvate con lo stesso procedimento e sono ufficialmente denominate, nella
Raccolta degli atti normativi, col nome di leggi costituzionale qualunque sia il loro contenuto.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
68
Diritto costituzionale
Il Parlamento
2. ogni altra legge che il Parlamento voglia approvare col procedimento previsto
dall’art. 138.
4.13.3. La procedura di revisione.
L a p r o c e d u r a d i r e v i s i o n e , ha in comune con quella diretta alla formazione
delle legge ordinarie la fase dell’iniziativa, e, con alcune modifiche di formulazione, la fase
della promulgazione e della pubblicazione e ne differisce, invece, sostanzialmente per quanto
attiene alla fase della approvazione.
Nel procedimento di formazione delle leggi costituzionali può inoltre inserirsi la
manifestazione di volontà del corpo elettorale espressa mediante referendum.
4.13.3.1. Fase preparatoria o
di iniziativa.
La f a s e d i i n i z i a t i v a è analoga a quella delle leggi ordinarie, tuttavia non è
ammessa l’iniziativa del CNEL.
4.13.3.2. Fase
costitutiva.
In questa fase può essere adottato solo il procedimento ordinario, così come previsto
dall’art. 72 4° co., in altre termini l’approvazione dei singoli articoli nonché della legge nel
suo complesso deve sempre svolgersi in assemblea (c.d. r i s e r v a d i a s s e m b l e a ).
Per approvare le leggi di revisione costituzionale (e le altre leggi costituzionali) occorre
maggiore ponderazione sui loro contenuti per cui sono richieste, in ogni ramo del Parlamento,
due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre
mesi.
Va chiarito, che la doppia deliberazione, non avviene in maniera consecutiva – vale a dire
due volte in una Camera e due volte nell’altra – ma i n m a n i e r a a l t e r n a t i v a – vale a
dire una prima volta nell’una e nell’altra e successivamente, trascorsi tre mesi, una seconda
volta, sempre nell’una e nell’altra.
Si ricordi inoltre che, solo nella prima deliberazione, dove è ammessa la discussione e la
votazione dei singoli articoli, è possibile apporre degli emendamenti. Quindi il sistema della
navette ci sarà solo nella prima deliberazione. Si ricordi inoltre, che sia nella Camera e nel
Senato, la prima deliberazione è approvata a maggioranza relativa (maggioranza assoluta dei
votanti sui presenti).
Nella votazione della seconda deliberazione è richiesta la maggioranza assoluta dei
componenti la Camera. In questa votazione non è ammessa la discussione e la votazione dei
singoli articoli, ma solo la discussione delle linee generali e la votazione finale.
4.13.3.3. Fase di
integrazione dell’efficacia.
A questo punto possono verificarsi due ipotesi:
91
Art. 116: “Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia e alla Valle d’Aosta
sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo Statuti speciali adottati con leggi
costituzionali”
92
Art. 132 1° co.: “Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni
esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta
tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia
approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse”
93
Art. 137 1° co.: “Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei
giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte.”
Ver. 09/04/2017 13:34:00
69
Diritto costituzionale
Il Parlamento

se, nella seconda deliberazione, la legge è stata approvata da ambedue le Camere,
con una maggioranza non inferiore ai due terzi dei componenti (non dei presenti), il
Capo dello Stato provvede alla promulgazione e quindi la legge viene pubblicata
sulla Gazzetta Ufficiale e diventa legge dello Stato a tutti gli effetti;

se invece, sempre nella seconda deliberazione, la legge è stata approvata, anche se
da una sola Camera, con la maggioranza assoluta il procedimento prosegue.
In quest’ultimo caso, infatti, il progetto di legge costituzionale non si trasforma in legge.
Esso è soggetto a una sorta di p u b b l i c a z i o n e a n o m a l a (così definita perché la
pubblicazione precede la promulgazione e perché il progetto non è inserito nella Raccolta
ufficiale degli atti normativi) nella Gazzetta Ufficiale, al solo scopo di dare conoscenza del
suo contenuto.
Entro sei mesi dalla pubblicazione, un quinto dei componenti di una Camera, 500.000
elettori o 5 Consigli regionali possono chiedere che la legge sia sottoposta a r e f e r e n d u m
popolare (c.d. s o s p e n s i v o o c o s t i t u z i o n a l e 94).
Qualora entro i tre mesi non sia stata presentata alcuna richiesta di referendum o, se
richiesta sia stata dichiarata illegittima, il Presidente della Repubblica promulga la legge che
poi viene ripubblicata, per l’effettiva entrata in vigore.
Ove invece viene richiesto e si svolga il refrendum, la sorte della legge è affidata all’esito
della consultazione popolare: se favorevole95, il Presidente della Repubblica promulga la
legge che poi viene ripubblicata, se sfavorevole, invece, la legge non viene ad esistenza (e
dell’esito contrario del referendum viene data notizia sulla Gazzetta Ufficiale).
94
Questo tipo di referendum ha lo scopo di consentire una verifica della rispondenza della legge alla volontà del
Paese, quando la maggioranza parlamentare non si è dimostrata favorevole, nella misura prevista dalla
Costituzione, alla legge stessa.
95
Rispetto al referendum abrogativo non è necessario raggiungere il quorum della maggioranza degli aventi
diritto al voto. L’art. 138 Cost. prevede, infatti, che la legge di revisione costituzionale debba semplicemente
essere approvata (o bocciata) dalla maggioranza dei voti validamente espressi, a prescindere dal numero
complessivo dei votanti.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
70
Diritto costituzionale
Il Parlamento
PROCEDIMENTO LEGISLATIVO PER LE LEGGI
COSTITUZIONALI E DI MODIFICA DELLA COSTITUZIONE
Fase di iniziativa
(non è prevista l’iniziativa del CNEL)
Fase costitutiva
(solo procedimento ordinario)
Prima approvazione
(votazione dei singoli articoli e votazione finale;
sono ammessi emendamenti)
Camera Dep.
Senato
Viene approvato il medesimo testo a maggioranza
assoluta dei votanti sui presenti (maggioranza relativa)
Intervallo di tre mesi
Seconda approvazione
(solo votazione finale, non sono ammessi emendamenti)
Camera Dep.
Senato
Fase di integrazione dell’efficacia
La legge e stata approvata da ambedue
le Camere con una maggioranza non
inferiore a due terzi dei componenti
(non dei presenti)
Promulgazione e
pubblicazione
La legge è stata approvata anche se da una sola
Camera, con la sola maggioranza assoluta dei
votanti sui presenti
Il progetto di legge viene pubblicato sulla Gazzetta
ufficiale, al solo scopo di dare conoscenza del suo
contenuto (pubblicazione anomala)
Entro tre mesi dalla pubblicazione
Ver. 09/04/2017 13:34:00
71
Diritto costituzionale
Il Parlamento
Non è stata presenta nessuna richiesta di
referendum o, se richiesta e stata
dichiarata illegittima
Uno quinto dei componenti di una Camera,
500.000 elettori o 5 Consigli regionali
chiedono che la legge sia sottoposta a
referendum sospensivo
Promulgazione
Ripubblicazione per l’effettiva
entrata in vigore della legge
La consultazione
popolare ha esito
favorevole
La consultazione
popolare ha esito
sfavorevole
Promulgazione
La legge non viene
ad esistenza
Ripubblicazione per l’effettiva
entrata in vigore della legge
Schema 1: Il procedimento legislativo per le leggi costituzionali e di modifica della costituzione.
4.13.4. Limiti assoluti alla revisione costituzionale.
Non tutte le disposizioni costituzionali possono essere modificate, esistono, infatti dei
l i m i t i a s s o l u t i a l l a r e v i s i o n e c o s t i t u z i o n a l e che possono essere espliciti o
impliciti.
4.13.4.1. Limiti
espliciti.
I l i m i t i e s p l i c i t i sono quelli espressamente previsti dal testo costituzionale. L’unico
limite di questo tipo è posto dall’art. 139, secondo cui l a f o r m a r e p u b b l i c a n a 96 n o n
p u ò e s s e r e o g g e t t o d i r e v i s i o n e c o s t i t u z i o n a l e 97.
4.13.4.2. Limiti
impliciti.
Per l i m i t i i m p l i c i t i si intendono quei limiti non espressamente previsti dal testo
costituzionale ma ricavabili dai principi generali stabiliti dalla Costituzione:
L’art. 139 va letto in connessione con l’art. 1, che definisce democratica la nostra
Repubblica. Non possono essere cancellati, quindi, tutti quegli istituti fondamentali di ogni
repubblica democratica e pluralista: l i b e r t à p e r s o n a l e , l i b e r t à d i m a n i f e s t a
del pensiero, diritto di riunione e di associazione, partiti
politici, diritto di voto.
Non possono inoltre, essere violati i d i r i t t i i n v i o l a b i l i d e l l ’ u o m o 98 sanciti
nell’art. 2, i quali devono essere inseriti tra p r i n c i p i s u p r e m i d e l l ’ o r d i n a m e n t o
96
F o r m a r e p u b b l i c a n a : formula caratteristica di quegli ordinamenti statali in cui la carica pubblica
rappresentativa dell’unità nazionale, il Capo dello Stato, ha natura elettiva e temporanea e non, come avviene
nelle monarchie, ereditaria e vitalizia.
97
La scelta a favore della repubblica fu operata direttamente dal popolo mediante il referendum istituzionale del
2 giugno 1946, ovvero prima che l’Assemblea costituente si fosse insediata, per cui le stesse possibilità di scelta
dei costituenti ne furono vincolate. L’art. 139 Cost. esprime, quindi, un limite prodotto dal referendum
istituzionale.
98
D i r i t t i i n v i o l a b i l i d e l l ’ u o m o : esprimono le libertà e i valori fondamentali e irrinunciabili della
persona umana. Le pubbliche autorità possono solo limitarne temporaneamente l’esercizio (col rispetto di precise
garanzie), ma non sopprimerli, pena il sovvertimento dell’assetto costituzionale. Essi costituiscono sia una sfera
Ver. 09/04/2017 13:34:00
72
Diritto costituzionale
Il Parlamento
c o s t i t u z i o n a l e , vale a dire tra quei principi così fondamentali da condizionare l’intero
ordinamento.
Tale principi hanno una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango
costituzionale; essi costituiscono il c.d. nucleo duro non soggetto a revisione costituzionale,
pena il venir meno dell’ordinamento stesso: una loro modifica equivale ad un mutamento (e
non ad una semplici revisione) di Costituzione.
intangibile della persona che un limite invalicabile per il legislatore. Sono, inoltre, inalienabili e non possono
essere oggetto di rinuncia o perdita per mancato esercizio.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
73
Diritto costituzionale
Gli istituti di democrazia diretta
Capitolo 5°
Gli istituti di democrazia diretta
5.1. La petizione.
La p e t i z i o n e l’atto con il quale i cittadini portano a conoscenza delle Camere istanze
ed esigenze particolari, comuni a una pluralità di individui, affinché il Parlamento stesso vi
provveda1.
La petizione, sia essa esercitata dal singolo o da una pluralità di individui, deve
rappresentare un interesse pubblico e, pertanto, non è ammissibile per rivendicare diritti
soggettivi o interessi legittimi che invece sono tutelati dall’autorità giudiziaria ordinaria o
amministrativa.
L’art. 50 afferma che: “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per
chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità”.
A differenza dell’iniziativa legislativa popolare, il diritto di petizione può essere azionato
più facilmente perché:
a) non richiede particolari formalità, eccettuata l’autenticazione della firma del
proponente;
b) può essere esercitato anche da una singola persona, o da gruppi di più persone
comunque senza limiti di numero;
c) anche se rivolta ad ottenere provvedimenti legislativi, non prevede la formulazione di
un disegno di legge vero e proprio, come invece è richiesto per l’esercizio dell’iniziativa
popolare;
d) può avere ad oggetto tutte le materie, anche quelle che non possono essere sottoposte
a referendum abrogativo.
Tuttavia, a fronte di una maggiore flessibilità, vi è da rilevare che le petizioni ricevono una
scarsa attenzione da parte delle Camere alle quali sono indirizzate, ragion per cui l’istituto è
praticamente caduto in disuso nelle ultime legislature, ed anche in quelle precedenti non ha
prodotto apprezzabili risultati.
Esse, comunque, sono contemplate negli Statuti regionali, comunali e provinciali e nei
regolamenti dei Consigli Regionali.
5.2. Il referendum popolare.
5.2.1. Introduzione.
Il r e f e r e n d u m p o p o l a r e , nella sua accezione più lata, è una consultazione con cui
viene richiesto al corpo elettorale esprimere il suo parere in via diretta su una norma giuridica
già emanata o da emanarsi.
Esso è stato accolto nella nostra Costituzione come il più importante i s t i t u t o d i
d e m o c r a z i a d i r e t t a in quanto prevede l’intervento diretto del popolo nell’esercizio
dell’indirizzo politico senza il tramite dei suoi rappresentanti.
1
La petizione, accanto al diritto d’iniziativa legislativa e al referendum, rientra tra gli istituti di democrazia
diretta, vale a dire quegli strumenti mediante i quali il popolo esercita direttamente la sovranità.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
74
Diritto costituzionale
Gli istituti di democrazia diretta
Il nostro ordinamento prevede diversi tipi di referendum:

c o s t i t u z i o n a l e (detto anche s o s p e n s i v o ) previsto per le leggi di revisione
della Costituzione e le altre leggi costituzionali (art. 138 Cost.);

a b r o g a t i v o , previsto per leggi ordinarie dello Stato (art. 75 Cost.) e per le leggi
regionali (art. 123 Cost. e singoli Statuti regionali);

t e r r i t o r i a l e , previsto obbligatoriamente per modificazione territoriali di
Regione, Province e Comuni (art. 132 e 133 Cost.);

c o n s u l t i v o , ammesso soltanto a livello regionale o locale2.
5.2.2. Il referendum abrogativo di leggi statali.
5.2.2.1. Nozione.
Il r e f e r e n d u m a b r o g a t i v o 3, è una consultazione avente ad oggetto un quesito
relativo al mantenimento o all’abrogazione, totale o parziale, di leggi e atti ad essa equiparati.
L’art. 75 Cost. prevede che possa essere indetto referendum popolare per deliberare
l’abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente forza di legge, quando lo
richiedono 500.000 elettori o 5 Consigli regionali.
5.2.2.2. Campo
di applicazione del referendum abrogativo.
In referendum abrogativo di leggi statali non può avere ad oggetto:

i regolamenti e le leggi regionali, ossia fonti secondarie collocate sotto la legge, in
quanto l’art. 75 fa riferimento solo alla legge dello Stato.

per espressa previsione dell’art. 75 2° co.4 il referendum abrogativo non può avere
ad oggetto: I) leggi di approvazione del bilancio; II) leggi amnistia e di indulto; III)
leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali; IV) e leggi tributarie5;

e le leggi costituzionali e di revisione costituzionale, ciò in quanto l’art. 75 fa
riferimento solo alle leggi approvate secondo il procedimento ordinario (previsto
dagli art. 71 ss.) e non anche a quelle approvate secondo il procedimento rafforzato
previsto dall’art. 1386.
2
La legge cost. n. 2/89 ha previsto una nuova figura di referendum, il r e f e r e n d u m d i i n d i r i z z o
attraverso il quale si chiedeva al copro elettorale, se fosse d’accordo circa la realizzazione dell’Unione europea.
Il ricorso alla legge costituzionale si è reso necessario perché tale tipo di referendum non è disciplinato nella
nostra Costituzione. La legge in esame non ha però introdotto, nel nostro ordinamento il referendum di indirizzo,
poiché si è limitata a disporre l’indizione di un singolo referendum, formulando essa stessa il quesito; cosicché,
una volta svoltasi la consultazione, il referendum di indirizzo è, uscito dallo scenario costituzionale e la
temporanea “rottura Costituzionale” si è sanata. Va ribadito che l’indirizzo risultante da tale tipo di referendum
non può avere carattere vincolante.
3
A b r o g a r e significa eliminare dall’ordinamento giuridico una norma: in seguito all’abrogazione,
l’ordinamento risulta modificato nella sua globalità, non fosse altro perché i rapporti già disciplinati dalle norme
abrogate saranno diversamente regolati, mentre le altre norme riceveranno un’interpretazione che risente della
scomparsa di quelle. Per questo motivo, il referendum abrogativo può essere considerato fonte di diritto, anche
perché il risultato favorevole viene recepito attraverso la successiva emanazione di un decreto del Presidente
della Repubblica: in tal modo, il risultato del referendum costituisce un atto normativo dello Stato, con la
conseguenza che la Corte Costituzionale può esercitare il proprio controllo di legittimità costituzionale.
4
L’inammissibilità per i primi tre tipi di leggi è dovuta alla considerazione che, essendo queste atti di indirizzo
politico, sono sottratte al potere legislativo. Per la quarta, invece, l’inammissibilità è dovuta alla necessità di
frenare un’eventuale richiesta popolare volta ad abrogare leggi contro cui è facile e demagogico opporsi, perché
gravano direttamente sul patrimonio dei cittadini.
5
L e g g i t r i b u t a r i e : concernono la materia delle imposizioni dei tributi da parte dello Stato.
6
Per la Corte Costituzionale, oltre alle ipotesi menzionate in questo articolo, sono escluse dal referendum anche
quelle leggi che godono di una capacità di resistenza all’abrogazione maggiore di quella di atti dello stesso tipo,
Ver. 09/04/2017 13:34:00
75
Diritto costituzionale
Gli istituti di democrazia diretta
5.2.2.3. Procedura.
Quando alla procedura, l’art. 75 rinvia alla legge (ordinaria) per le modalità di attuazione 7
del referendum e dispone che ad esso hanno diritto di partecipazione tutti i cittadini con i
requisiti elettorali per la Camera dei deputati8.
La proposta soggetta a referendum si intende approvata se ha partecipato alla votazione la
maggioranza degli aventi diritto e sia stata raggiunta la maggioranza dei voti validamente
espressi (non si tiene conto, perciò, delle schede bianche o nulle).
5.2.2.4. Vincolo
preclusivo dell’abrogazione.
Si ritiene comunemente che l’abrogazione costituisca un vincolo preclusivo nei confronti
del legislatore ordinario, in omaggio al principio della sovranità popolare (art. 1 Cost.). Al
parlamento sarà, quindi, precluso introdurre una disciplina che ricalchi i principi ispiratori e i
contenuti essenziali della vecchia disciplina.
È chiaro che tale vincolo, tuttavia, avrà una durata pari ad una legislatura (tenuto conto che
in occasione delle elezioni politiche i cittadini sceglieranno i candidati che portino avanti le
loro opinioni politiche, comprese quelle espresse in sede referendaria) o comunque per un
periodo di cinque anni, durante i quali non può essere neppure riproposta la richiesta
referendaria bocciata dal corpo elettorale.
in quanto approvate con un procedimento rinforzato (si pensi alle leggi di revisione del Concordato con la Chiesa
cattolica, che presuppongono anche una intesa con quest’ultima). Inoltre, non possono essere oggetto di quesito
referendario le leggi il cui contenuto non sia frutto di una valutazione discrezionale del legislatore, ma
rappresenti l’unico modo per dare attuazione alla Costituzione (leggi a contenuto costituzionalmente vincolato,
come le disposizioni relative all’aborto terapeutico, indispensabili per la tutela della vita della madre) o le leggi
collegate a quelle previste da questo articolo (ad esempio, non è possibile sottoporre a referendum la legge
finanziaria in quanto ricollegabile alla normativa di bilancio). Le leggi che disciplinano il funzionamento di
organi previsti dalla Costituzione, invece, possono essere oggetto di abrogazione parziale, purché le norme
rimaste in vigore consentano all’organo di operare senza interruzioni.
7
Il procedimento referendario coinvolge due distinti organi con funzioni di controllo preventivo: l’Ufficio
centrale presso la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale. Il primo deve controllare la conformità della
richiesta di referendum alla legge che lo disciplina e accertarsi di tutte le vicende riguardanti le norme legislative
soggette a votazione popolare. All’Ufficio centrale, infatti, spetta verificare che il legislatore non abbia già
abrogate le stesse (e che l’abrogazione sia effettiva e non solo apparente, come accade quando i principi
ispiratori e i contenuti essenziali dei singoli precetti normativi restano inalterati). La Corte Costituzionale,
invece, ha il compito di stabilire se la legge oggetto del referendum rientri fra quelle non suscettibili di essere
abrogate e, più in generale, se la richiesta dei promotori corrisponda all’istituto disciplinato dall’articolo in
esame (sia, cioè, suscettibile di essere votata esprimendo una scelta netta fra l’abrogazione o il mantenimento
della norma).
8
La consultazione referendaria, non può aver luogo negli anni in cui si
tengono le elezioni politiche, e deve svolgersi in una domenica
compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno.
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76
Diritto costituzionale
Il Governo
Capitolo 6°
Il Governo
6.1. Nozione.
Il G o v e r n o è l’organo istituzionale che ha il compito di tradurre, in concreti programmi
d’azione, l’indirizzo politico espresso dalle forze politiche di maggioranza che lo sostengono
con la fiducia1; in tal senso si dice che esso è titolare della funzione esecutiva.
La struttura e l’attività del Governo sono previste e disciplinate, in modo piuttosto
essenziale, dagli artt. 92-96 Cost. Le poche disposizioni costituzionali devono essere
integrate, in particolare con le previsioni di tre provvedimenti emanati negli anni successivi,
vale a dire:

la L. 23 agosto 1988, n. 400, che per prima ha fornito una disciplina chiara e
organica della struttura e dei compiti spettanti al Governo;

il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, con il quale si è provveduto a riorganizzare la
struttura centrale e periferica dell’amministrazione dello Stato;

il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, cha ha riordinato e ridefinito i compiti e la
struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
6.1.1. Caratteri.
Il Governo, nel sistema costituzionale italiano, è un organo:

c o s t i t u z i o n a l e : esso, infatti, rientra nell’organizzazione dello Stato e
partecipa alla funzione di direzione politica, come tale quindi è indefettibile;

c o m p l e s s o : in quanto è costituito al suo interno da più organi con competenze
autonome. Alcuni di tali organi sono espressamente previsti dalla Costituzione
(organi necessari), altri, invece sono nati con la prassi e poi disciplinati da
consuetudini e leggi ordinarie (organi non necessari);

d i p a r t e : nel senso che esso esprime la volontà delle forze politiche di
maggioranza che lo sostengono con la fiducia; per cui nel Governo, a differenza
che nel Parlamento, non sono presenti a nessun titolo le “minoranze”.
6.1.2. Funzioni.
Il Governo esercita funzioni:

p o l i t i c h e : in quanto partecipa alla direzione politica del Paese, nell’ambito
dell’indirizzo indicato dalla maggioranza parlamentare;

l e g i s l a t i v e : esso, infatti, può, emanare norme giuridiche mediante atti aventi
forza di legge ex artt. 76 e 77 Cost. (decreti legislativi e decreti legge);

e s e c u t i v e (o amministrative in senso lato): in quanto è al vertice del potere
esecutivo e ai singoli Ministeri fanno capo tutti i settori amministrativi dello Stato;
1
D’altra parte per “governo” può intendersi anche l’apparato burocratico cui compete la concreta realizzazione
di tali indirizzi (p u b b l i c a a m m i n i s t r a z i o n e ).
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77
Diritto costituzionale

Il Governo
d i c o n t r o l l o : tale funzione viene esercitata sull’attività di tutti gli organi
amministrativi (in senso stretto).
6.2. Gli organi del governo
6.2.1. Introduzione.
Dal combinato disposto dell’art. 92 1°co. Cost.2 1 e degli art. 1–11 della legge 400/1998 si
deduce che il nostro governo è attualmente composto da:

o r g a n i n e c e s s a r i : Presidente del Consiglio, Ministri e Consiglio dei Ministri
(c.d. G o v e r n o i n s t r e t t o ). La dottrina ritiene “necessari” quegli organi che
“devono” concorrere alla regolare costituzione di qualsiasi Governo e le cui
assenza ne renderebbe la formazione privandolo di una articolazione che il
Costituente ha voluto fosse comunque presente;

o r g a n i n o n n e c e s s a r i : vicepresidenti del Consiglio; Ministri senza
portafoglio; sottosegretari di Stato; Consiglio di Gabinetto, Comitati
interministeriali; Commissari straordinari del Governo (questi organi, unitamente
agli organi necessari, costituiscono il G o v e r n o i n s e n s o l a t o ).
6.2.2. Organi necessari.
6.2.2.1.
6.2.2.2. Presidente
del Consiglio dei Ministri.
6.2.2.2.1. Nozione.
Il P r e s i d e n t e d e l C o n s i g l i o d e i M i n i s t r i è un organo costituzionale
monocratico nominato dal Capo dello Stato e posto al vertice del Governo.
6.2.2.2.2. Nomina.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri è nominato con decreto del Capo dello Stato da egli
stesso controfirmato (art. 1, comma 2, L. 400/1988) e dura in carica finché il Governo è
sorretto dalla fiducia del Parlamento.
Unici requisiti richiesti per la nomina a Presidente del Consiglio sono la cittadinanza
italiana e il godimento dei diritti civili e politici: non occorre invece, l’appartenenza alle
Camere (art. 64, comma 4, Cost.).
6.2.2.2.3. Posizione
giuridica del Presidente rispetto ai Ministri.
Tra Presidente del Consiglio e Ministri non intercorre un
r a p p o r t o d i g e r a r c h i a : il primo, infatti, non può avocare a sé gli atti di competenza
di un singolo Ministro, né può annullarli, né può sostituirsi al Ministro o impartirgli ordini o
direttive relativi alla sua attività3.
Una siffatta prerogativa, infatti, svuoterebbe completamente l’esecutivo di quella
indispensabile indipendenza che ciascuno dei suoi componenti deve godere per assicurare una
vera collegialità al Consiglio dei ministri e un sufficiente margine di discrezionalità nella
delicata funzione di ciascun capo di dicastero.
2
Art. 92 1° co. Cost.: “Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che
costituiscono insieme il Consiglio dei ministri”.
3
Tuttavia, la legge n. 400/88 ha attribuito al Presidente la facoltà di sospendere l’adozione di procedimenti da
parte dei Ministri competenti in ordine a questioni politico amministrative, sottoponendoli al Consiglio dei
Ministri.
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78
Diritto costituzionale
Il Governo
6.2.2.2.4. Le
attribuzioni.
L’art. 95 1° co. Cost. afferma che: “Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la
politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed
amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”.
Le attribuzioni del Presidente del consiglio possono in particolare così riassumersi: I)
direzione della politica generale del Governo4; II) mantenimento dell’unità di indirizzo
politico e amministrativo del Governo5; III) promozione dell’attività dei Ministri6; III) rapporti
con il Presidente della Repubblica7; IV) rapporti con la Corte costituzionale, con le istituzioni
comunitarie, con le Regioni e le autonomie locali8.
4
È compito preciso del Presidente redigere il programma di Governo e di fissarne le direttive. In relazione a ciò
spetta a lui; a) comunicare alle Camere la composizione del Governo e ogni mutamento in essa intervenuto; b)
chiedere, la fiducia, ex art. 94 Cost., sulle dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni
programmatici e porre la questione di fiducia; c) presentare alle Camere i disegni di legge di iniziativa
governativa nonché esercitare (anche attraverso il Ministro per i rapporti con il Parlamento) le facoltà attribuite
al Governo dall’art. 72 Cost.; d) progettare le politiche generali e le decisioni di indirizzo politico generale; e)
coordinare le politiche di settore considerate strategiche dal programma di Governo; f) monitorare lo stato di
attuazione del programma di Governo e delle politiche settoriali; g) promuovere e coordinare le politiche di
opportunità e le azioni di Governo volte a prevenire, e rimuovere le discriminazioni.
5
Il Presidente del Consiglio dirige l’attività del Governo e cura i rapporti con l’Esecutivo. Esercita funzioni di
coordinamento dell’attività normativa e amministrativa del Governo. II Presidente coordina l’attività dei Ministri
in ordine agli atti che riguardano la politica generale del Governo.
Egli riceve comunicazione preventiva dei provvedimenti che ogni Ministro intende sottoporre al Consiglio,
nonché concorda con i Ministri interessati le pubbliche dichiarazioni che intendono rendere ogni qualvolta,
eccedendo la normale responsabilità ministeriale, possano impegnare la politica generale del Governo (art. 5,
comma 2, lett. d), legge 400/1988).
Al Presidente è stato inoltre attribuito dalla L. 400/1988 il potere di sospendere l’adozione di atti da parte dei
Ministri competenti in ordine a questioni politiche e amministrative, al fine di sottoporli al Consiglio dei Ministri
nella riunione immediatamente successiva (art. 5, comma 2, lett. c).
II D.Lgs. 30311999 ha aggiunto all’art. 5, comma 2, della L. 400/1988 una lettera c-bis) con la quale dispone che
il Presidente del Consiglio può deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione e
armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni
contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti.
6
Il Presidente del Consiglio è l’organo di propulsione dell’attività del Governo in quanto, ai sensi dell’art. 5,
comma 2 della L. 400/1988, può (e, a nostro avviso, deve): I) indirizzare ai Ministri le direttive politiche e
amministrative in attuazione delle deliberazioni del Consiglio dei Ministri, nonché quelle connesse alla propria
responsabilità di direzione della politica generale del Governo (lett. a); II) adottare le direttive per assicurare
l’imparzialità, il buon andamento e l’efficacia degli uffici pubblici, promuovendo le verifiche necessarie (lett. e);
III) promuovere l’azione dei Ministri per assicurare che l’attività della aziende di Stato e degli enti pubblici si
svolga in coerenza con gli indirizzi politici e amministrativi del Governo (lett. f)
7
II Presidente del Consiglio rappresenta l’organo di collegamento costituzionale con il Capo dello Stato; egli,
pertanto, a nome del Governo (art. 89 Cost. e art. 5 L. 40011988) sottopone al Presidente della Repubblica: I) le
leggi per la promulgazione; II) i disegni di legge da presentare alle Camere a seguito di deliberazione del
Consiglio dei Ministri per la preventiva autorizzazione; III) i testi dei decreti aventi valore o forza di legge, dei
regolamenti governativi e degli altri atti indicati dalla legge per l’emanazione.
Inoltre controfirma, ex art. 89, comma 2, Cost., tutti gli atti del Presidente della Repubblica aventi valore
legislativo o peri quali sia intervenuta preventiva delibera del Consiglio dei Ministri ovvero siano espressamente
indicati dalla legge (in quest’ultimo caso, insieme al Ministro proponente).
8
Presidente del Consiglio a tal riguardo: I) esercita a nome del Governo la funzione di racconto con il
Parlamento e con gli altri organi costituzionali, con le istituzioni europee, con il sistema delle autonomie locali e
con le confessioni religiose, curandone i rapporti; II) esercita, a nome del Governo, le attribuzioni di cui alla
legge 11 marzo 1953, n. 87, promuovendo i giudizi di legittimità innanzi la Corte costituzionale e riferendo
periodicamente al Consiglio dei Ministri (con comunicazione alle Camere) sullo stato del contenzioso
costituzionale; III) promuove e coordina l’azione del Governo al fine di assicurarne la coerenza e la tempestività
nell’attuazione delle politiche comunitarie; IV) promuove e coordina l’azione del Governo nei rapporti di questo
con le Regioni: come tale presiede la Conferenza permanente tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome; V)
presiede la Conferenza Stato–città e autonomie locali e la Conferenza unificata.
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79
Diritto costituzionale
Il Governo
6.2.2.2.5. La
responsabilità.
Il Presidente del Consiglio è sottoposto sia ad una responsabilità politica che giuridica.
6.2.2.2.5.1. Politica.
Per quanto attiene la r e s p o n s a b i l i t à p o l i t i c a , l’art. 95 1° co. Cost. stabilisce che
il Presidente del Consiglio dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile (verso
le Camere).
Si tratta quindi di una responsabilità politica i s t i t u z i o n a l i z z a t a (e non diffusa come
quella del Presidente della Repubblica), potendo le Camere, sanzionare il Presidente del
Consiglio revocando la fiducia al Governo.
6.2.2.2.5.2. Giuridica
Si ricordi che la r e s p o n s a b i l i t à g i u r i d i c a ricorre quando l’esercizio del potere è
valutabile secondo precisi parametri normativi ed è sottoponibile alle sanzioni previste
dall’ordinamento giuridico, e cioè sanzioni penali, civili o amministrative.
Per quanto attiene la r e s p o n s a b i l i t à c i v i l e , per violazione di diritti soggettivi, egli
è obbligato al risarcimento del danno come qualsiasi cittadino secondo le norme del codice
civile (art. 2043 e ss. c.c.).
Per quanto attiene la specifica r e s p o n s a b i l i t à p e n a l e bisogna operare, nella
fattispecie, una distinzione tra reati propri, e comuni.
Per r e a t i c o m u n i , sono i reati che il Presidente del Consiglio commette come privato
cittadino. In questo caso il Presidente del Consiglio non gode di nessuna prerogativa dovuta
alla sua carica (salvo ovviamente le eventuali prerogative parlamentari nel caso in cui il
Presidente sia anche parlamentare), nel senso che potrà direttamente essere sottoposto al
vaglio della giurisdizione ordinaria senza una previa autorizzazione.
Discorso diverso vale per i r e a t i p r o p r i , ossia i reati che il Presidente del Consiglio
commette nell’esercizio delle sue funzioni.
Al riguardo l’art. 96 afferma che “Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri,
anche se cessati dalla carica, sono sottoposti per i reati commessi nell’esercizio delle loro
funzioni, alla giurisdizione ordinaria previa autorizzazione del Senato della Repubblica o
della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale”.
L’autorizzazione prevista dall’art. 96 spetta alla Camera cui appartengono le persone nei
cui confronti si deve procedere. Se invece si deve procedere contro più Ministri appartenenti a
Camere diverse, o esclusivamente nei confronti dei soggetti che non sono membri del
Parlamento, l’autorizzazione spetta al Senato della Repubblica.
6.2.2.2.5.3. La
sospensione dei processi nei confronti delle più alte cariche dello Stato.
Al riguardo si ricordi che la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale:

la legge 20 giugno 2003, n. 140 (c.d. lodo M a c c a n i c o - S c h i f a n i ) , che
all’art. 1 provvedeva a bloccare tutti i processi penali contro le più alte cariche
dello Stato (e quindi anche i processi che vedevano in qualità di imputato il
Presidente del Consiglio) per tutta la durata del loro mandato;

la legge 23 luglio 2008, n. 124 (c.d. l o d o A l f a n o ), che sospendeva per l’intera
durata della carica i processi penali nei confronti dei soggetti che rivestono la
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Diritto costituzionale
Il Governo
qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri, Presidente della Repubblica,
Presidente della camera e Presidente del Senato.
6.2.2.3. La Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
La P r e s i d e n z a d e l C o n s i g l i o d e i M i n i s t r i , è il complesso organizzatorio
destinato a svolgere funzioni di supporto ai compiti di impulso, indirizzo e coordinamento del
Presidente del Consiglio.
Il D.Lgs. 303/99, infatti, dispone che l’organizzazione della presidenza del Consiglio dei
Ministri si articola nel modo seguente:

S e g r e t a r i a t o g e n e r a l e che si articola in dipartimenti, e della cui attività si
avvalgono i Ministri o Sottosegretari delegati dal Presidente del Consiglio e da lui
individuate con propri decreti;

s t r u t t u r e d i m i s s i o n e , di durata temporanea, istituite con decreto del
Presidente del Consiglio per lo svolgimento di compiti particolari, il
raggiungimento di risultati determinati e la realizzazione di specifici programmi;

u f f i c i d i d i r e t t a c o l l a b o r a z i o n e del Presidente del Consiglio, dei
Ministri senza portafoglio e dei sottosegretari alla Presidenza, individuati con
decreto del Presidente del Consiglio.
Il Presidente del Consiglio può modellare questa struttura organizzativa in relazione alle
proprie funzioni istituzionali, stabilendo con propri decreti il tipo di articolazione che deve
avere l’apparato amministrativo della presidenza del Consiglio dei Ministri.
6.2.2.4. Il
Consiglio dei Ministri
6.2.2.4.1. Nozione
Il C o n s i g l i o d e i M i n i s t r i è un organo costituzionale collegiale, formato da tutti i
Ministri (anche, quelli senza portafoglio), dal Presidente del Consiglio (che lo presiede), dal
vice presidente del Consiglio e dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che esercita
le funzioni di segretario senza voto deliberativo9.
6.2.2.4.2. Attribuzioni
Le attribuzioni del Consiglio dei Ministri sono state precisate dalla legge 400/1988 con cui
l’asse Presidente-Consiglio dei Ministri ha acquistato un maggior grado di autonomia rispetto
alle figure ed ai poteri dei singoli Ministri. Esse possono così sintetizzarsi:
6.2.2.4.2.1. Funzione
di indirizzo politico e amministrativo del Paese
Il Consiglio dei Ministri determina la politica generale del Governo e, ai fini
dell’attuazione di essa, l’indirizzo generale dell’azione amministrativa; delibera, altresì, su
ogni questioni relativa all’indirizzo politico fissato dal rapporto fiduciario con le Camere. Ciò
infatti costituisce il logico presupposto dell’opera di direzione e coordinamento politico del
presidente del Consiglio10,
9
Quando si trattano materie riguardanti le Regioni a Statuto speciale, alle sedute dei Consigli partecipano anche
i Presidenti delle Regioni interessate, ma con peso diverso. Il Presidente della Regione Sicilia ha voto
deliberativo (art. 21 Stat. Reg. Sic.; D.Lgs. 35/2004), mentre gli altri Presidenti hanno voto solo consultivo.
10
Spetta, in particolare, al Consiglio: I) approvare le dichiarazioni che saranno rese note dal Presidente del
Consiglio alle Camere all’atto della presentazione del Governo dinnanzi alle stesse; II) esprimere l’assenso alla
iniziativa del Presidente del Consiglio di porre la questione di fiducia dinanzi alle Camere; III) deliberare sulle
questioni di ordine pubblico e di alta amministrazione (come la nomina dei più alti funzionari) nonché sulle
Ver. 09/04/2017 13:34:00
81
Diritto costituzionale
Il Governo
6.2.2.4.2.2. Decisione
sulla politica normativa del Governo.
Spetta al Consiglio dei Ministri deliberare: I) sui disegni di legge di iniziativa governativa
da presentare al Parlamento; II) sulle comunicazioni che il Governo intende fare alle Camere,
in ordine a proposte di legge non governative; III) sui decreti aventi valore o forza di legge
(decreti-legislativi e decreti-legge) e sui regolamenti (c.d. governativi) da emanare con
decreto del Presidente della Repubblica;
6.2.2.4.2.3. Determinazione dell’atteggiamento del Governo nei rapporti con le Regioni
Sono sottoposti alla deliberazione del Consiglio dei Ministri: I) la proposta motivata al
Presidente della Repubblica di scioglimento di un Consiglio regionale ex art. 126 Cost; II) il
promovimento delle questioni di legittimità di una legge regionale innanzi alla Corte
Costituzionale
6.2.2.4.2.4. Soluzione
delle divergenze e dei conflitti di attribuzione fra i Ministri
I contrasti possono presentarsi come divergenze politiche o come conflitti di competenza.
In entrambi i casi la decisione definitiva spetterebbe al Consiglio dei Ministri, ma ciò non
esclude che anche il solo Presidente del Consiglio possa svolgere un’azione risolutiva. Il
Presidente del Consiglio, o ciascun Ministro interessato, possono sempre chiedere l’intervento
del Consiglio sulla questione11.
6.2.2.5. I Ministri.
6.2.2.5.1. Nozione.
Il M i n i s t r o è un organo costituzionale dotato sia di funzioni politiche perché
(collegialmente) i ministeri collaborano all’attuazione dell’indirizzo politico del Governo, sia
di funzioni amministrative, in quanto a capo dei Ministeri, organi centrali complessi dello
Stato, ciascuno dei quali dirige un particolare settore della Pubblica Amministrazione.
6.2.2.5.2. Nomina
I Ministri sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Presidente del Consiglio dei Ministri. Possono essere scelti anche fra i cittadini non
appartenenti al Parlamento (ciò è implicitamente previsto dall’art. somma 4, Cost.). Non sono
previste incompatibilità per la carica di Ministro.
6.2.2.5.3. Attività
e poteri dei Ministri.
delle funzioni costituzionali
Nell’ambito delle f u n z i o n i c o s t i t u z i o n a l i dei Ministri rientrano: I) il dritto di
iniziativa legislativa (art. 71 Cost.) che si esercita mediante la presentazione al Consiglio dei
Ministri dei disegni di legge da sottoporre alle Camere; II) la controfirma degli atti del
Presidente della Repubblica che essi stessi hanno proposto e di cui si assumono la
responsabilità (politica) (art. 89 Cost.): la controfirma ha natura di atto di controllo; III) il
diritto–dovere di partecipazione alle riunioni e all’attività del Governo nel suo complesso,
attraverso le delibere del Consiglio dei Ministri.
6.2.2.5.3.1. Nell’ambito
questioni internazionali e comunitarie in genere; IV) deliberava sugli atti concernenti i rapporti tra lo Stato e la
Chiesa cattolica (art. 7 Cost.) e tra lo Stato e le altre confessioni religiose (art. 8 Cost.);
11
È inoltre richiesta la delibera del Consiglio dei Ministri per: I) provvedimenti da emanarsi in contrasto con il
parere (obbligatorio ma non vincolante) del Consiglio di Stato; II) richieste alla Corte dei Conti di registrazione
o apposizione del visto ad atti con riserva; III) annullamento straordinario, a tutela dell’ordinamento, degli atti
amministrativi illegittimi (art. 138 D.Lgs. 267/2000); IV) approvazione dell’elenco dei nuovi Sottosegretari. V)
nomine alla presidenza di enti, istituti o aziende di carattere nazionale, di competenza dell’amministrazione
statale, fatta eccezione per le nomine relative agli enti pubblici creditizi.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Il Governo
6.2.2.5.3.2. Nell’ambito
delle funzioni amministrative
Nell’ambito delle f u n z i o n i a m m i n i s t r a t i v e dei Ministri rientrano: I)
l’emanazione di atti amministrativi di varia natura (atti di amministrazione attiva o di
controllo etc.); II) l’emanazione di atti di alta amministrazione, cioè di atti amministrativi che
costituiscono il raccordo fra la funzione politica e la funzione amministrativa; III)
l’emanazione di regolamenti; IV) in genere tutte le attività compiute per la direzione o
l’organizzazione dei rispettivi Dicasteri.
6.2.2.5.4. Responsabilità.
Anche i Ministri sono sottoposti sia ad una r e s p o n s a b i l i t à politica che giuridica.
6.2.2.5.4.1. Politica.
La responsabilità p o l i t i c a non sorge per la violazione di una specifica norma giuridica
(anche se può coesistere con tale violazione), ma deriva dalla mancata corrispondenza tra
l’azione del Ministro e le direttive politiche del Parlamento o del Presidente del Consiglio.
Ciascun Ministro è responsabile sia verso il Parlamento sia verso il Presidente del Consiglio.
La responsabilità politica può essere
 c o l l e g i a l e , per gli atti che i Ministri hanno compiuto riuniti nell’organo
collegiale «Consiglio dei Ministri» (art. 95, comma 2, Cost.);

i n d i v i d u a l e , per gli atti compiuti da ciascun Ministro nell’esercizio del suo
ufficio (i comma 2, Cost.). In particolare
o per gli atti esclusivamente loro propri (formalmente e sostanzialmente);
o per gli atti formalmente del Capo dello Stato a cui essi hanno collaborato (e
che hanno controfirmato) (art. 89 Cost.). Ciò, anche in conseguenza del
principio di irresponsabilità del Presidente della Repubblica;
o per gli atti dei loro sottoposti, che possano ricondursi comunque ad un
volontà del Ministro.
6.2.2.5.4.2. Giuridica.
Per quanto attiene, la responsabilità giuridica dei Ministri, ed in particolare per quella
penale valgono le stesse regole dettare per il Presidente del Consiglio, sia per quanto riguarda
l’autorizzazione che per le prerogative.
In particolare competente a giudicare i c.d. “r e a t i m i n i s t e r i a l i ” , cioè quei reati
commessi dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni, sarà il T r i b u n a l e d e i
M i n i s t r i , che è un organo giurisdizionale speciale organizzato per sorteggio in ogni
Tribunale sede di distretto di Corte d’Appello.
Sempre nell’ambito della responsabilità giuridica, si ricordi che sui i ministri incombe
anche una particolare r e s p o n s a b i l i t à a m m i n i s t r a t i v a , in quanto sono responsabili
innanzi alla Corte dei Consti dei danni arrecati alla pubblica amministrazione.
6.2.3. Gli organi non necessari.
6.2.3.1. I vicepresidenti
del Consiglio.
La carica è disciplinata dalla L. 400/88 che prevede la possibilità, per il Presidente del
Consiglio dei Ministri, di proporre al Consiglio dei Ministri l’attribuzione a uno o più Ministri
delle funzioni di v i c e p r e s i d e n t e d e l C o n s i g l i o .
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Il Governo
In tal caso, in ipotesi di assenza o impedimento temporaneo del Presidente del Consiglio
dei Ministri, la supplenza spetta al vicepresidente del Consiglio, o qualora ne siano stati
nominati più di uno, a quello più anziano.
Nel caso dei Governi di coalizione il vicepresidente del Consiglio viene nominato e scelto,
per motivi di equilibrio, da un partito diverso da quello cui appartiene il Presidente.
6.2.3.2. Ministri
senza portafoglio.
Con l’espressione “m i n i s t r i s e n z a p o r t a f o g l i o ” si indicano quei Ministri a cui
non è stato attribuito un proprio dicastero, e che svolgono le funzioni, su delega del Presidente
del Consiglio dei Ministri, attingendo le risorse economiche dagli altri Ministeri.
La Costituzione non prevede questa figura particolare di Ministro che invece è stata
disciplinata dalla legge n 400/88 la quale prevede che, all’atto di formazione del Governo,
possono dal P.d.R. esse nominati, presso la Presidenza del Consiglio, Ministri senza
portafoglio, i quali svolgono le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio sentito il
Consiglio dei Ministri. Detti ministri partecipano a pieno diritto alle deliberazioni del
Consiglio dei Ministri dei cui atti sono responsabili collegialmente al pari dei Ministri titolari
di Dicastero
6.2.3.3. La
figura del sottosegretario di Stato.
I S o t t o s e g r e t a r i d i S t a t o non sono contemplati dalla Costituzione, la normativa
che li prevede essendo contenuta nell’art. 10 della L. 400/88. Sono semplicemente incaricati
di coadiuvare i Ministri e la loro nomina costituisce, nell’attuale prassi costituzionale, il primo
atto ufficiale del nuovo Governo.
Vengono nominati dal Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro che il sottosegretario di Stato deve
coadiuvare, sentito il Consiglio dei Ministri. Poiché sono legati al Governo12, seguono la sua
sorte e, pertanto, in caso di sfiducia sono tenuti a dimettersi insieme con i membri del
Governo stesso.
I sottosegretari di Stato collaborano col Ministro nel campo amministrativo. Possono
inoltre intervenire, quali rappresentanti del Governo, alle sedute delle Camere e delle
commissioni parlamentari, sostenere la discussione in conformità alle direttive del Governo,
rispondere alle interrogazioni e interpellanze.
6.2.3.4. Il
Consiglio di Gabinetto
Il C o n s i g l i o d i G a b i n e t t o è un organo che assiste il Presidente del Consiglio dei
Ministri e il Vicepresidente nella loro attività politica, ferme restando le attribuzioni del
Consiglio dei Ministri13.
Il C o n s i g l i o d i G a b i n e t t o risulta composto dai Ministri (7-8) designati dal
Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dei Ministri. Il Presidente può
12
La L. 26 marzo 2001, n. 81 ha previsto la possibilità di attribuire ai sottosegretari di Stato la qualifica di vice
Ministro. Secondo quanto disposto dall’articolo 1 della citata legge (che integra il disposto dell’articolo 10 della
L. 400/88) «a non più di dieci sottosegretari può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono
conferite deleghe relative all’intera area di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più
direzioni generali». La delega deve essere conferita dal Ministro competente e successivamente approvata dal
Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri.
13
Il Consiglio di Gabinetto è comunque un organo non necessario, per cui ogni Governo decide se istituirlo o
meno.
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Il Governo
invitare alle sedute del C o n s i g l i o d i G a b i n e t t o anche altri Ministri in ragione della
loro competenza.
Il Consiglio di Gabinetto non ha funzioni deliberative ma solo istruttorie. La discussione
preventiva degli schemi dei disegni di legge è una delle funzioni più importanti.
6.2.3.5. Comitati
interministeriali.
I c o m i t a t i i n t e r m i n i s t e r i a l i sono organi collegiali non necessari del Governo,
costituiti da più Ministri, sorti per la necessità di soddisfare le esigenze di particolari settori
della P.A. che coinvolgono le competenze e le attività di più Ministri e, quindi, esigono il
coordinamento dell’attività di costoro.
Possono essere c o n s u l t i v i , se hanno lo scopo di preparare le deliberazioni del
Consiglio dei Ministri, o d e l i b e r a t i v i (ed in tal caso devono essere stabiliti per legge), se
si sostituiscono nelle deliberazioni al Consiglio.
La L. 537/93 ha dettato norme per ridurre e riordinare i comitati interministeriali al fine di
eliminare duplicazioni e sovrapposizioni di competenza e indebolire i poteri del Consiglio dei
Ministri. Sono perciò stati soppressi tutti i comitati interministeriali esistenti, ad eccezione del
C.I.P.E.14, del C.I.C.R.15, del C.I.S.16 e del C.I.A.C.E. che, essendo stati istituiti con legge,
sono organi deliberanti e sono veri e propri organi di governo.
6.2.3.6. Comitati
di ministri.
Infine, il Presidente del Consiglio, in base alla l. n. 400 del 1988 può disporre, con proprio
decreto l’istituzione di c o m i t a t i d i m i n i s t r i , con il compito di esprimere pareri su
direttive dell’attività di Governo e su problemi di rilevante importanza da sottoporre al
Consiglio dei ministri, anche avvalendosi di esperti non appartenenti alla pubblica
amministrazione.
I comitati di ministri, che ribadiamo sono costituiti con decreto (ed in questo si
differenziano dai comitati interministeriali che sono costituti con legge): hanno tutti r i l i e v o
i n t e r n o ; sono organismi di lavoro spesso temporanei; svolgono attività di carattere
puramente istruttorio e non hanno alcuna competenza esterna; le loro deliberazioni e le loro
responsabilità sono fatte proprie dal Consiglio dei Ministri, o dai singoli Ministri interessati.
14
Il C I P E è il più importante dei comitati interministeriali oggi esistenti. È costituito dal Presidente del
Consiglio, dai Ministri dell’Economia e delle Finanze, degli Affari Esteri, delle Attività produttive, del Lavoro e
delle politiche sociali, delle Infrastrutture, delle Politiche agricole e forestali.
Quanto ai compiti, il CIPE: I) predispone gli indirizzi della programmazione della politica economica nazionale;
II) indica le linee generali per l’impostazione del bilancio dello Stato; III) esamina la situazione economica
generale per adottare eventuali misure anticongiunturali; IV) promuove l’ammonizzazione della politica
economica nazionale con le direttive poste in essere dalla Comunità Europea
15
C I C R : Organo costituito nel 1947 con funzioni di alta vigilanza in materia di tutela del risparmio, di
esercizio del credito e in materia valutaria. Fanno parte di questo comitato il Ministro del Tesoro, del Bilancio e
della programmazione economica (che lo presiede), il Ministro dei Lavori pubblici, il Ministro dell’Industria,
commercio e artigianato, il Ministro del commercio con l’estero, il Ministro per le politiche agricole, il Ministro
delle Finanze, il Ministro delle politiche comunitarie. Partecipa alle riunioni del Comitato (ma senza diritto di
voto) anche il Governatore della Banca d’Italia.
16
Il C I S è stato istituito con L. 801/77 ed ha lo scopo di svolgere funzioni consultive e propulsive in ordine agli
indirizzi generali e agli obiettivi fondamentali della politica di sicurezza. Il CIS opera presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri con la seguente composizione: Presidente del Consiglio dei Ministri, che ne presiede le
sedute, Ministro degli affari esteri, Ministro dell’interno, Ministro della giustizia, Ministro della difesa, Ministro
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, Ministro delle finanze.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Il Governo
6.3. La formazione del Governo.
La f o r m a z i o n e d e l G o v e r n o costituisce un procedimento, cioè si articola in una
serie di atti successivi coordinati e diretti alla formazione di un atto finale (la nomina del
Governo).
Tale procedimento si inizia ogni qualvolta un Governo presenti le dimissioni e queste
vengono accolte dal Presidente della Repubblica, per cui si rende necessario nominarne uno
nuovo.
La nostra costituzione è estremamente laconica al riguardo. Essa, infatti, si limita a
disporre all’art. 92 2° co. che: “Il Presidente della Repubblica, nomina il Presidente del
Consiglio dei Ministri e, su proposta di quest’ultimo, i Ministri”.
Le norme che presiedono al procedimento di formazione del Governo sono pertanto, in
gran parte, non scritte e costituiscono altrettanto convezioni costituzionali, sorte per
disciplinare l’esercizio del potere discrezionale del Capo dello Stato
6.3.1. Le consultazioni.
Il procedimento inizia con le c o n s u l t a z i o n i del Capo dello Stato, volte a conoscere
gli orientamenti delle forze politiche e individuare la personalità sulla quale far convergere il
gradimento di una futura maggioranza di governo17.
Il Presidente della Repubblica gode di un ampio margine di discrezionalità
nell’individuazione delle persone da consultare, pur dovendo comunque sentire i due
Presidenti delle Camere (che egli è tenuto a consultare, in base all’articolo 88, prima di
sciogliere le Camere, ipotesi che può concretizzarsi proprio per l’impossibilità di formare un
nuovo Governo) ed i gruppi parlamentari.
Le personalità consultate esprimono al Presidente il loro parare sulla situazione politica
generale con specifico riferimento alla formazione del nuovo Governo, cosicché, alla chiusura
delle consultazioni, il Presidente della Repubblica avrà gli elementi di valutazione in base ai
quali procederà al conferimento dell’incarico a quella personalità politica che egli ritenga
abbia le maggiori probabilità di formale il Governo.
6.3.2. Conferimento dell’incarico.
Terminate le consultazioni, il Capo dello Stato conferisce l’incarico alla persona con
maggiori possibilità di formare un Governo che sia appoggiato dalla fiducia delle Camere18.
6.3.2.1. Il
mandato esplorativo.
Tuttavia il conferimento dell’incarico talvolta, può essere preceduto da un c.d. m a n d a t o
e s p l o r a t i v o , che si rende necessario qualora la situazioni politica sia molto complessa
(quando, cioè, i partiti non riescono a raggiungere un accordo per la formazione della
maggioranza) o le prime consultazioni non abbiano dato indicazioni significative.
17
In occasione di crisi extraparlamentari, poi, le consultazioni consentono al Capo dello Stato addirittura di
conoscere i motivi della crisi, non pubblicizzati in un dibattito parlamentare ma rimasti interne alla segreterie dei
partiti.
18
Nei sistemi di tipo maggioritario, come ormai può essere considerato il nostro, le coalizioni solitamente si
formano prima delle elezioni e i leader delle stesse appaiono i naturali destinatari dell’incarico (in Italia, ad
esempio, il Presidente Scalfaro ha conferito immediatamente l’incarico a Silvio Berlusconi, leader della
coalizione di centrodestra vincente alle elezioni del ‘94, e a Romano Prodi, capo del raggruppamento di
centrosinistra uscito vittorioso dalle elezioni del ‘96).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Il Governo
Il mandato viene affidato di solito ad una alta personalità (il Presidente di una delle due
Camere), in omaggio al principio di collaborazione fra gli organi costituzionali sancito dal
primo comma dell’art. 88 Cost.
In concreto il mandato esplorativo consiste in una serie di consultazioni, ristrette, questa
volta, a quelle ritenute più essenziali, in modo da avere una visione più completa ed
aggiornata degli orientamenti delle forze politiche.
6.3.2.1.1. Preincarico.
Dal mandato esplorativo si suole distinguere il c.d. p r e i n c a r i c o che si ha quando il
Presidente della Repubblica affida alla personalità politica alla quale, con ogni probabilità
(dato l’esito delle consultazioni) conferirà l’incarico, il compito di svolgere ulteriori
consultazioni onde assumere, in questa sua posizione non ufficiale, ma già di candidato in
pectore all’ufficio di Presidente del Consiglio, elementi di chiarificazione per la formazione
del nuovo Governo.
6.3.2.2. Attività dell’incaricato.
L ’ i n c a r i c a t o a c c e t t a c o n r i s e r v a l ’ i n c a r i c o e inizia (per suo conto) a
sondare le opinioni dei capi gruppo parlamentari, mettendo a punto un programma di governo
che cointeressi i partiti politici disporre a formazione la “c o a l i z i o n e d i g o v e r n o ”,
compendiando o mediando gli obiettivi politici di tali partiti. La colazione deve contare su di
una base parlamentare di consensi tale da assicurare che le Camere accordino o votino la
fiducia.
Completate le consultazioni, l’incaricato (il quale, come detto, accetta l’incarico con
riserva) comunica al Capo dello Stato i risultati del sondaggio e può:

sciogliere la riserva accettando l’incarico: in tal caso viene nominato Presidente del
Consiglio, previa accettazione definitiva da parte del Presidente della Repubblica
delle dimissione del precedente Governo

rinunciare all’incarico, per la difficoltà incontrate nella formazione della nuova
maggioranza. In quest’ultimo caso il Presidente della Repubblica può

attribuire l’incarico ad altra personalità;

respingere le dimissioni presentate al Presidente del Consiglio uscente (se accolte
con riserva) e rinviarlo al Parlamento per una verifica della fiducia;

sciogliere il Parlamento, sentiti i Presidenti delle due Camere, e indire le nuove
elezioni (art. 88 Cost.).
6.3.3. Nomina del nuovo Presidente del Consiglio.
Se l’attività dell’incaricato ha successo e questi riesce a formare un Governo che gode del
consenso di una maggioranza politica in Parlamento, il Capo dello Stato è tenuto a nominarlo
Presidente del Consiglio, con decreto, dopo aver accettato definitivamente le dimissioni del
precedente Presidente (accettate con riserva).
Come tutti i decreti del Presidente, anche quello di nomina ha bisogno della controfirma
dei Ministri proponenti, ex art. 89 comma 1 Cost. In passato si discuteva in dottrina se la
firma dovesse essere apposta dal nuovo Presidente del Consiglio, oppure dal Presidente
uscente.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Il Governo
Oggi tale questione deve ritenersi risolta dall’art. 1, L. 400/1988, che al comma 2 precisa
che il decreto di nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri è da lui controfirmato,
insieme ai decreti di accettazione delle dimissioni del precedente Governo. Con l’apposizione
della controfirma, il Presidente del Consiglio non assume la responsabilità politica per l’atto
controfirmato, ma si limita ad attestare che la «scelta» del Capo dello Stato è avvenuta nel
rispetto delle regole esistenti.
6.3.4. Nomina dei Ministri
L’incaricato, prima della propria nomina alla carica di Presidente del Consiglio, deve aver
già compilato una lista di Ministri gradita alla maggioranza del Parlamento.
All’atto della nomina il Presidente del Consiglio presenta tale lista (che può essere anche
successivamente variata, purché con il consenso dei gruppi) al Presidente della Repubblica, il
quale emette i decreti di nomina19.
6.3.5. Il giuramento.
Nominati il Presidente del Consiglio ed i ministri, il Governo è formato, ma, prima di
assumere le funzioni, i membri del Governo dovranno prestare giuramento nelle mani del
Presidente della Repubblica (art. 93 Cost.20).
6.3.6. La fiducia.
In seguito alla nomina e al giuramento, il Governo è formalmente costituito, tuttavia
affinché possa esercitare, le sue funzioni (che non sia quelle di ordinaria amministrazione21), è
necessario che ottenga la fiducia delle due Camere (art. 94 1° co. Cost).
La f i d u c i a è il rapporto di natura politica, continuo e costante, che deve
necessariamente intercorrere tra il Governo ed il Parlamento, affinché il primo possa
esercitare le sue funzioni; ne consegue che ogni qualvolta viene meno la fiducia il governo è
obbligato a dimettersi.
6.3.6.1. La mozione
di fiducia.
Al fine di ottenere la fiducia, entro dieci giorni dalla prestazione del giuramento, il
Governo, a mezzo del Presidente del Consiglio, espone ad ambedue le Camere le
d i c h i a r a z i o n e p r o g r a m m a t i c h e ; successivamente si apre la discussione su tali
dichiarazioni che si conclude con presentazione, da parte dei gruppi parlamentari di
maggioranza, di una “mozione di fiducia”, finalizzata appunto a concedere la f i d u c i a al
neo Governo
19
Può, tuttavia, anche accadere che, all’atto della nomina, l’incaricato non abbia ancora pronto lo schema del
nuovo Governo: in tal caso è sufficiente, per poter considerare portato a termine il suo incarico, che egli sia
sicuro di poter formare un Governo che goda dell’appoggio del Parlamento.
20
La norma considera il giuramento una condizione per il legittimo esercizio delle funzioni governative, il cui
adempimento tempestivo deve essere sollecitato dal Capo dello Stato in qualità di ricevente la dichiarazione. Se
il giuramento viene rifiutato da un Ministro (ad esempio, perché insoddisfatto dalla sua collocazione all’interno
della compagine governativa), il Governo deve essere integrato nella sua composizione mediante la nomina di un
nuovo Ministro o attribuendo provvisoriamente (ad interim) il Ministero vacante ad altri Ministri o al Presidente
del Consiglio.
21
Dopo la nomina ed il giuramento dei componenti del Governo, questo si considera formato. In attesa della
fiducia, tuttavia, i suoi poteri sono limitati all’ordinaria amministrazione, nozione difficile da definire per
mancanza di indicazioni esplicite nella Costituzione o in leggi ordinarie. Generalmente, il Governo in attesa
della fiducia compie gli atti urgenti (emanazione di decreti-legge, presentazione di impugnative davanti alla
Corte Costituzionale) e quelli preordinati al dibattito parlamentare (nomina dei sottosegretari, preparazione del
programma governativo e delle connesse iniziative legislative).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Il Governo
La “m o z i o n e d i f i d u c i a ” è quindi l’atto di gradimento politico con cui il
Parlamento aderisce al programma politico dell’Esecutivo.
L a mozione di fiducia deve essere:

m o t i v a t a , perché con essa le Camere devono esprimere le ragioni del loro
consenso al programma politico presentato dal Governo ed impegnando, allo stesso
tempo, il Governo allo svolgimento di quel programma;

e v o t a t a p e r a p p e l l o n o m i n a l e , affinché con la pubblicità del voto, il
Paese possa conoscere l’orientamento di ciascuno dei suoi rappresentati.
6.3.6.1.1. La
questione di fiducia.
La mozione di fiducia non va confusa con la q u e s t i o n e d i f i d u c i a 22, la quale è uno
strumento concesso dai regolamenti parlamentari al Governo per verificare, volontariamente,
il rapporto di fiducia con il Parlamento.
Ponendo, su un atto (un intero disegno di legge, un singolo articolo, etc.), la questioni di
fiducia, il Governo pone, i gruppi parlamentari che l’appoggiano, di fronte alla responsabilità
di provocare una crisi di governo, in quanto la mancata approvazione dell’atto su cui è stato
posta la “questione di fiducia” apre di fatto una crisi di governo (vedi in seguito).
In particolare la questione di fiducia è posta dal Governo, su atti, che ritiene essenziali per
il proseguimento della sua azione politica, e sui quali, prima della loro deliberazione, non è
chiaro che ci sia una solida maggioranza in Parlamento.
22
L’art. 2 della legge 400/1988 attribuisce al Presidente del Consiglio l’iniziativa, con l’assenso del Consiglio
dei Ministri, cui spetta comunque, deliberare sulle dichiarazioni relative alle questioni di fiducia, in
considerazione dei riflessi che esse hanno sull’indirizzo politico unitario delle compagine governativa.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Il Governo
PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL GOVERNO
Il Governo uscente
presenta le dimissioni
Il Presidente della Repubblica le
accetta con riserva
Consultazioni del Capo dello Stato
Mandato esplorativo
Preincarico
Conferimento dell’incarico
L’incaricato accetta con
riserva l’incarico
Completate le consultazioni,
l’incaricato può
Rinunciare all’incarico
Sciogliere la riserva
accettando l’incarico
Il Capo dello Stato
Nomina del nuovo
Presidente del Consiglio e
dei Ministri
Giuramento nelle mani del
Capo dello Stato
Rinviare il Governo
uscente alle Camere
per una verifica della
fiducia
Sciogliere le
Camere e indire
nuove elezioni
Attribuire
l’incarico ad
altra
personalità
Entro dieci giorni dalla
decreto di nomina il
Governo deve ottenere la
fiducia dal Parlamento
Schema 2: Procedimento di formazione del Governo.
6.4. Crisi di Governo, sfiducia individuale, revoca e rimpasto.
6.4.1. Crisi di governo.
Si apre la c r i s i d i g o v e r n o quando viene meno la fiducia della maggioranza
parlamentare e il Governo non è più di fatto in grado di funzionare regolarmente (perché il
Parlamento si opporrebbe sistematicamente alle sue iniziative).
Le crisi di governo possono essere parlamentari o extraparlamentari.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
90
Diritto costituzionale
Il Governo
6.4.1.1. Parlamentari.
Le crisi di governo sono p a r l a m e n t a r i quando sono determinate o da una mozione di
sfiducia delle Camere (c.d. s f i d u c i a e s p r e s s a ) o dal ritiro dell’appoggio al governo da
parte di uno o più gruppi parlamentari (c.d. s f i d u c i a t a c i t a ).
6.4.1.1.1. Mozione
o voto di sfiducia.
La m o z i o n e d i s f i d u c i a 23 è l’atto mediante il quale le Camere pongono fine al
rapporto di fiducia con il Governo.
Tale mozione deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera per
assicurare il voto di una sufficiente quantità di parlamentari e non può essere messa in
discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione, per evitare colpi di mano, cioè
votazioni di sorpresa (c.d. assalti di diligenza), magari nell’assenza di molti parlamentari
ignari della circostanza.
Anche la mozione di sfiducia d e v e e s s e r e m o t i v a t a , nel senso che deve contenere
l’indicazione delle ragioni per cui non si ritiene più opportuno avallare l’orientamento politico
del Governo in carica.
Il Governo al quale le Camere hanno votato la sfiducia ha l’obbligo giuridico di dimettersi,
se non si dimettesse, spetterebbe al Presidente della Repubblica revocarlo dalla carica per
ripristinare la legalità costituzionale.
6.4.1.1.2. La
sfiducia individuale.
Il regolamento della Camera dei deputati e la prassi costante del Senato prevedono anche
la mozione di s f i d u c i a i n d i v i d u a l e n e i c o n f r o n t i d i u n s i n g o l o
M i n i s t r o (assoggettandola alla stessa disciplina prevista per la mozione di sfiducia del
Governo).
Tale istituto, molto discusso in dottrina, è stato legittimato da una recente sentenza (la n. 7
del 1996) della Corte Costituzionale, che ne ha sottolineato la funzione di strumento idoneo a
scongiurare eventuali crisi di Governo: se non fosse ammessa la sfiducia individuale, infatti, il
comportamento del singolo Ministro che spezzi l’unità d’indirizzo politico del Governo
potrebbe essere sanzionato solo sfiduciando l’intera compagine governativa.
6.4.1.1.2.1. Rimpasto
di governo.
La sfiducia individuale, non va confusa con il “r i m p a s t o d i g o v e r n o ”, che consiste
nella sostituzione di uno o più ministri all’interno del Governo, perché costoro non godono
più della fiducia del Presidente del Consiglio, o per altre cause (malattia, morte, dimissioni
etc.).
Generalmente il rimpasto non causa la crisi di governo, anzi costituisce un mezzo per
evitarla: se il rapporto fiduciario con uno o più Ministri viene meno, il mutamente
dell’elemento personale può risultare condizione necessaria e sufficiente per mantenere in
piedi l’accordo di governo e il rapporto fiduciario tra Governo e parlamento.
Quanto alla r e v o c a del singolo Ministro, essa può essere deliberata con atto uguale e
contrario alla nomina, vale a dire con un decreto del Capo dello Stato su iniziativa del
23
È importante ribadire la differenza fra m a n c a t a f i d u c i a e voto di sfiducia. Si ha la prima quando il
Governo, presentatosi alle Camere dopo la sua formazione, non ottiene la fiducia; si ha il secondo quando la
fiducia, già concessa, è revocata dalle Camere con l’approvazione della mozione di sfiducia
Ver. 09/04/2017 13:34:00
91
Diritto costituzionale
Il Governo
Presidente del Consiglio nell’esercizio dei suoi poteri d’indirizzo e coordinamento della
compagine governativa, finalizzati al mantenimento dell’indirizzo politico.
6.4.1.2. Extraparlamentari.
Si parla di c r i s i e x t r a p a r l a m e n t a r i , quando la crisi si verificano in seguito ad un
evento esterno alla dinamica parlamentare, che paralizza il funzionamento del Governo e lo
costringe delle dimissioni24.
6.4.2. Le dimissioni del Governo.
Le dimissioni del Governo possono essere:

o b b l i g a t o r i e , a seguito di sfiducia delle Camere e di mancata concessioni
della fiducia iniziale; il Capo dello Stato ha l’obbligo di accettarle. Inoltre sono
obbligatorie a seguito di elezioni generali; in particolare una norma di correttezza
costituzionale vuole che il Governo si dimetta anche se elezioni abbiano
confermato la maggioranza al potere

d i r i t o , a seguito di elezione del nuovo Presidente della Repubblica, che
provvederà a respingerle;

f a c o l t a t i v e , a seguito di mutati rapporti col Parlamento o in partiti che
l’appoggiano. Il Capo dello Stato può respingerle, invitando il Governo a
presentarsi davanti alle Camere e il Presidente del Consiglio a cercare un nuovo
accordo.
6.4.2.1. Il
Governo dimissionario.
In ogni caso di dimissioni, di solito accettate con riserva dal Presidente della Repubblica, il
G o v e r n o d i m i s s i o n a r i o resta in carica, su invito del Capo dello Stato, sino alla
nomina del nuovo Governo, per il disbrigo degli affari di ordinaria amministrazione25 (si ha,
una p r o r o g a t i o d i f a t t o ).
6.5. Gli atti aventi forza di legge.
6.5.1. Introduzione.
La funzione legislativa, in base all’articolo 70 e nel rispetto del principio di separazione dei
poteri, è attribuita al Parlamento. Esistono, tuttavia, delle circostanze che possono giustificare
l’e m a n a z i o n e d i a t t i n o r m a t i v i d i r a n g o p r i m a r i o a n c h e d a p a r t e
d e l G o v e r n o 26.
24
Nella prassi tali crisi si sono verificate per i seguenti motivi: I) morte, grave malattia o dimissioni del
Presidente del Consiglio; II) decisioni della Corte costituzionale che incidono pesantemente sull’indirizzo
politico del Governo; III) prese di posizione degli organi direttivi dei partiti (soprattutto in seguito alle risultanze
dei congressi, alle elezioni di nuovi segretari o a scelte di diverse linee politiche etc.) in contrasto con i contenuti
del programma governativo; IV) dissenso insorto tra Presidente della Repubblica e Governo; V) orientamenti di
stampa o di opinione pubblica o gravi manifestazioni di piazza contrari al Governo (es.: caso Tambroni); VI)
mutati atteggiamenti dei gruppi parlamentari (VIRGA indica come caso di crisi pseudo-parlamentare l’ipotesi
del gruppo parlamentare che prima appoggia il Governo e che, successivamente, si ritira dalla maggioranza di
governo); VII) svolgimento di nuove elezioni politiche; VIII) elezione del nuovo Presidente della Repubblica
con una maggioranza diversa da quella governativa (es.: caso Leone, che fu eletto con l’appoggio determinante
dei voti delle destre, mentre era al Governo una coalizione di centro-sinistra).
25
Esso potrà, dunque, compiere gli atti di esecuzione delle leggi vigenti e tutti quelli la cui proroga
comporterebbe un apprezzabile danno allo Stato: dovrà astenersi, al contrario, da tutti quegli atti discrezionali
che possono essere rinviati alla gestione del successivo Governo senza apprezzabile danno.
26
Tale funzione viene detta m a t e r i a l m e n t e l e g i s l a t i v a , per mettere in evidenza che gli atti del
potere esecutivo hanno, di regola, il contenuto tipico della legge, ma non la forma.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
92
Diritto costituzionale
Il Governo
Infatti si dà il caso di materie che richiedono una specializzazione tecnica e un insieme di
conoscenze che i parlamentari non posseggono, oppure situazione che vanno a fronteggiare
con una tempestività che un’assembla come il Parlamento non è in grado di assicurare.
Tale circostanze vengono disciplinate dagli artt. 76 e 77 Cost.. in base al primo l’esercizio
della funzione legislativa può essere delegato al Governo, purché ciò avvenga con legge e nel
rispetto di alcune precise condizioni (decreti legislativi); in base al secondo, invece, il
Governo può, di sua iniziativa e sotto la propria responsabilità, fronteggiare casi straordinari
di necessità e urgenza mediante provvedimenti provvisori con forza di legge, che vanno
necessariamente convertiti in legge pena la perdita della loro efficacia sin dall’inizio (decreti
legge).
Tratto comune agli atti aventi forza di legge è, dunque, la capacità di abrogare norme di
legge e di resistere all’abrogazione da parte di fonti di rango inferiore, ad esempio
regolamenti del Governo (cd. f o r z a d i l e g g e )27.
6.5.2. I decreti legislativi o delegati.
6.5.2.1. Nozione.
Il d e c r e t o l e g i s l a t i v o , previsto dall’art. 76 Cost., è un atto normativo emanato dal
Governo in base ad una delega legislativa (e nei limiti di questa) del Parlamento. La delega
del Parlamento è conferita con legge formale ordinaria (cd. legge delega o delegazione).
Si badi bene che le Camere delegano al Governo non la funzione legislativa, ma soltanto
l’esercizio di tale funzione. Di regola le Camere ricorrono alla delega nei casi in cui la materia
da disciplinare legislativamente sia molto complessa e richieda cognizioni eccessivamente
tecniche, per cui il Governo appare come l’organo più qualificato a predisporre i
provvedimenti legislativi. Esempi di applicazione dei decreti legislativi sono i codici ed i testi
unici.
6.5.2.1.1. I
contenuti della legge delega.
A norma dell’art. 76 Cost., la legge con la quale le Camere delegano al Governo 28
l’esercizio della funzione legislativa deve contenere: a) la determinazione dei principi e dei
criteri direttivi29 ai quali il Governo dovrà attenersi nel predisporre i decreti legislativi; b)
27
Bisogna ricordare che gli atti del governo con forza di legge sono sottratti al controllo preventivo di legittimità
della Corte dei Conti.
28
La delega può essere conferita s o l t a n t o c o n l e g g e o r d i n a r i a e s o l t a n t o a l G o v e r n o
n e l s u o c o m p l e s s o (non ad un singolo Ministro o ad organi diversi). È vietata anche la sub-delegazione,
nel senso che il Governo non può, a sua volta, incaricare altri organi a dare attuazione alla delega ricevuta. Ciò
non esclude che il Governo si avvalga di istituzioni o commissioni che possano vantare una competenza
specifica di settore, per la predisposizione del decreto legislativo (ad esempio, la Banca d’Italia per quanto
riguarda il settore bancario).
29
P r i n c i p i e c r i t e r i d i r e t t i v i : sono le norme fondamentali a cui il Governo deve attenersi e le
specifiche finalità da perseguire. La prassi, però, ha molto sfumato la distinzione, in quanto nelle leggi di
delegazione è stilato un unico elenco di norme direttive, nell’ambito del quale principi e criteri si fondono e
confondono. In ogni caso, essi non devono essere così vaghi e indeterminati da non fornire alcuna indicazione
(in tal caso si avrebbe una delega in bianco), o così vincolanti da non lasciare alcun margine discrezionale al
Governo.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
93
Diritto costituzionale
Il Governo
l’indicazione del limite di tempo entro il quale il Governo dovrà emanare i suddetti decreti 30;
c) l’oggetto31 definito sul quale il Governo potrà legiferare32.
Inoltre la l e g g e d i d e l e g a z i o n e può contenere una parziale regolamentazione della
materia cui si riferisce la delega, nel qual caso essa assume duplice contenuto, di atto
normativo e di delega.
6.5.3. I decreti legge.
6.5.3.1. Nozione.
I d e c r e t i l e g g e sono atti normativi adottati, dal Governo sotto la sua responsabilità33,
per far fronte a situazione imprevedibili (l’art. 77 Cost., parla di “necessità e di urgenza”) che
impongono di intervenire a livello di normazione primaria con una disciplina che trovi
immediata applicazione.
Le norme da essi prodotte, o sono confermate, entra 60 giorni, dalla legge di conversione
(acquistando stabilità), oppure decadono definitivamente con efficacia retroattiva, cioè come
se non fossero mai state emanate34.
6.5.3.2. Formazione.
6.5.3.2.1. Deliberazione
Sono deliberati dal Consigli dei Ministri35 ed emanati con decreto del Presidente della
Repubblica (D.P.R.).
6.5.3.2.2. Pubblicazione
I decreti legge sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale
immediatamente dopo la loro emanazione ed entrano in vigore il
giorno stesso della pubblicazione, in via provvisoria salvo
ratifica del Parlamento.
6.5.3.2.3. Conversione.
L’art. 77 della Costituzione sancisce che i d e c r e t i - l e g g e d e v o n o e s s e r e
presentati alle Camere, per la conversione in legge, nel giorno
stesso della loro pubblicazione; entro cinque giorni da tale data
30
Se il Governo non dà attuazione alla delega ricevuta entro il termine fissato dal Parlamento (limite temporale),
decade dalla relativa potestà, salvo che non sia approvata una nuova legge che fissi un diverso termine o
proroghi quello scaduto.
31
Fatte le debite eccezioni (vedi nota successiva), tutte le materie possono essere oggetto di delega legislativa: di
solito sono demandate quelle per le quali sia richiesta una notevole competenza specifica e grande precisione
lessicale (es. codici, regolamentazioni tecniche etc.) nonché una omogeneità di contenuto e di linguaggio che
può esser assicurata meglio da una commissione di tecnici di nomina governativa.
32
In nessun caso la delega può riguardare: la revisione delle norme costituzionali nonché l’emanazione di leggi
costituzionali; gli atti attraverso i quali il Parlamento esercita il controllo politico sull’attività del Governo (ad
esempio, approvazione del bilancio dello Stato, conversione di decreti legge etc.); le leggi che regolano i rapporti
fra organi costituzionali.
33
Il Governo assume una responsabilità politica, civile e penale. Relativamente alla responsabilità politica del
Governo, la mancata conversione del decreto legge non mette in crisi il rapporto di fiducia col Parlamento, in
quanto il voto contrario di una o di entrambe le Camere non importa obbligo di dimissioni. Quanto alla
responsabilità civile, può eventualmente chiedersi il risarcimento dei danni prodotti ovvero la restituzione delle
somme indebitamente riscosse.
34
I decreti legge, in sostanza, presentano analogie con le leggi temporanee, ma con la differenza che mentre
queste, alla scadenza del termine, perdono efficacia ex nunc, essi, con il verificarsi della condizione risolutiva
della mancata conversione, perdono efficacia ex tunc cioè si considerano come mai emanati.
35
Quindi il potere di emanare un decreto legge spetta soltanto al Governo come organo collegiale (Consiglio dei
Ministri) e non anche ai singoli Ministri o ad altri organi.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
94
Diritto costituzionale
Il Governo
le Camere, anche se sciolte, si devono riunire per l ’esame del
decreto.
La conversione dei decreti in legge deve avvenire entro 60
g i o r n i 36, a d o p e r a d e l l e C a m e r e a l t r i m e n t i i d e c r e t i p e r d o n o
e f f i c a c i a e x t u n c 37.
6.5.3.2.3.1. La
legge di conversione.
La l e g g e d i c o n v e r s i o n e , discussa e votata dalle Camere, può limitarsi a far
proprie le norme contenute nel decreto-legge, oppure modificarle, sopprimerle, o aggiungerne
delle altre. Ovviamente, tali modifiche entreranno in vigore dal giorno della pubblicazione
della legge di conversione (ex nunc).
6.5.3.2.3.2. La
legge di sanatoria o convalida.
Anche quando il decreto non viene convertito, il legislatore ordinario può intervenire a
disciplinare i rapporti sorti sulla base delle sue disposizioni attraverso una apposita l e g g e
d i s a n a t o r i a o c o n v a l i d a . Tale salvezza non può, invece, essere offerta da un
successivo decreto, in quanto a ciò si oppone sia l’art. 15 L. 400/1998 sia lo stesso art. 77
Cost.
6.5.3.2.4. Il
controllo sulla sussistenza dei casi straordinari di necessità e di urgenza.
Il c o n t r o l l o s u l l a s u s s i s t e n z a d e i c a s i s t r a o r d i n a r i d i n e c e s s i t à
e u r g e n z a che giustificano l’uso del decreto-legge può essere svolto da diversi organi:

dal P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a , in sede di emanazione del decreto: si
tratta di un intervento alquanto eccezionale, dal momento che, di solito, il Capo
dello Stato non interferisce nei rapporti fra Governo e Parlamento;

dal P a r l a m e n t o in sede di conversione: le Commissioni di merito competenti
per materia, entro il termine di 15 giorni, verificano la sussistenza dei requisiti. In
caso di esito negativo è possibile che l’Assemblea si esprima in senso negativo;

dalla C o r t e c o s t i t u z i o n a l e , in via successiva, cioè al momento
dell’eventuale giudizio di legittimità.
6.5.3.3. I limiti
alla decretazione d’urgenza.
L’art. 15 della legge n. 400 del 1988 individua una serie di l i m i t i
decretazione d’urgenza.
alla
Il decreto-legge non può: I) conferire deleghe legislative; II) provvedere nelle materie
indicate nell’articolo 72, quarto comma Cost.; III) rinnovare le disposizioni di decreti-legge
dei quali sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere; IV)
36
R e i t e r a z i o n e d e i d e c r e t i l e g g e : Non sempre, però, le Camere sono riuscite a convertire i
decreti legge nel termine previsto, per cui il Governo ha preso a reiterare il contenuto del decreto legge decaduto,
riproducendolo in atti successivi. Tale fenomeno, in aperto contrasto con l’art. 77 che espressamente qualifica i
decreti legge come provvedimenti provvisori, è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale (sent.
360/96).
37
È tuttavia da tenere in conto che la disposizione costituzionale (art. 77, comma III) a norma della quale i
decreti–legge perdono efficacia sin dall’inizio in caso di mancata conversione, resta del tutto disapplicata
nell’ipotesi in cui il decreto abbia prodotto effetti irreversibili (si pensi ad un decreto–legge, non convertito, che
abbia aumentato il prezzo della benzina o dei tabacchi o che abbia inciso sulla libertà personale); per cui il
provvedimento perde, per questa parte, il carattere di provvisorietà ed il governo, in violazione dell’art. 70 Cost.,
si sostituisce alle Camere nel creare situazioni immodificabili. Parimenti la mancata conversione non incide sui
rapporti passati in giudicato.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
95
Diritto costituzionale
Il Governo
regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti; V) ripristinare
l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti
al procedimento.
Il decreto-legge, inoltre, non può sospendere o derogare a norme di rango costituzionale.
Altro limite, infine, alla decretazione d’urgenza riguarda l’impossibilità per il Governo di
decretare in quelle materie (approvazione del bilancio o del suo esercizio provvisorio,
autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali etc.) per le quali è previsto il controllo
politico del Parlamento sul Governo.
6.6. I decreti governativi.
L’attività del Governo si realizza soprattutto attraverso la emanazione di «decreti» che
costituiscono i tipici atti del potere esecutivo (così come la «legge» e la «sentenza»
costituiscono atti tipici rispettivamente del potere legislativo e di quello giudiziario).
I decreti del Governo, che possono avere contenuto normativo ovvero amministrativo in
senso stretto, hanno la forma di:

d e c r e t i p r e s i d e n z i a l i : se sono emanati dal Presidente della Repubblica
(D.P.R.). Non tutti i decreti presidenziali, però, rientrano nella categoria degli atti di
Governo: alcuni sono atti propri del Capo dello Stato che sono solo controfirmati
dai Ministri;

d e c r e t i m i n i s t e r i a l i : emanati da singoli Ministri, senza la partecipazione
del Consiglio dei Ministri. Tali decreti possono distinguersi in:
o decreti del Presidente del Consiglio (D.P.C.M.): relativamente a materie in
cui gode di competenza amministrativa;
o decreti ministeriali (D.M.) in senso stretto: emanati da singoli Ministri;
o decreti interministeriali: emanati da più Ministri congiuntamente per
materia di interesse comune, o in attuazione di delibere prese m sede di
Comitati interministeriali.
6.7. I Regolamenti.
6.7.1. In generale.
6.7.1.1. Nozione.
In prima approssimazione possiamo afferma che i r e g o l a m e n t i sono a t t i
amministrativi generali a contenuto normativo.
In particolare i r e g o l a m e n t i sono a t t i f o r m a l m e n t e a m m i n i s t r a t i v i , in
quanto emanati da organi del potere esecutivo (cioè Governo, enti locali territoriali, enti
autarchici ed in certi casi anche da organi della P.A.), ed aventi f o r z a n o r m a t i v a
(sostanzialmente normativi), in quanto contenenti norme destinate a innovare l’ordinamento
giuridico, con i caratteri della generalità e dell’astrattezza, quindi classificabili come fonti di
produzione del diritto38.
6.7.1.2. Classificazione
A seconda dei soggetti pubblici che li emanano, i regolamenti si distinguono in:
38
In questo risiede la differenza tra tali regolamenti e quelli adottabili dagli enti di diritto privato, assimilabili ai
regolamenti c.d. interni (v infra).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
96
Diritto costituzionale

Il Governo
s t a t a l i , se vengono emanati da organi dell’amministrazione diretta; i
regolamenti statali a loro volta si distinguono in:
o g o v e r n a t i v i , se deliberati dal Governo;
o n o n g o v e r n a t i v i , se emanati da autorità amministrative dirette
periferiche (Prefetto, comandante di porto etc.). Tali regolamenti, a
differenza di quelli governativi hanno portata settoriale e la loro efficacia è
limitata al territorio nella cui sfera ha competenza l’autorità che li ha
emanati;

n o n s t a t a l i , se vengono, emanati da enti dell’amministrazione indiretta, quali
Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane. Possono anche essere emanati da
altri enti, quali Ordini e Collegi professionali, Camere di commercio, industria e
artigianato.
A seconda che siano destinati ad operare nell’ordinamento generale o in un ambito
ristretto, i regolamenti si distinguono in:

r e g o l a m e n t i e s t e r n i : sono espressione del potere di supremazia di cui ,
l’Esecutivo dispone verso tutti i cittadini e chiunque altro si trovi nel, territorio
dello Stato. Sono fonti del diritto, e la loro violazione costituisce violazione di
legge, ricorribile in Cassazione;

r e g o l a m e n t i i n t e r n i : regolano l’organizzazione interna di un organo o di
un ente, obbligando solo coloro che fanno parte dell’ufficio, organo, od ente. Sono
espressioni del potere di autorganizzazione dell’ente o dell’organo stesso, perciò
non sono fonti del diritto e la loro violazione non costituisce vizio dell’atto emanato
dall’organo o ente, salvo casi eccezionali.
6.7.2. I regolamenti governativi.
6.7.2.1. I regolamenti
governativi come fonti secondarie.
I regolamenti governativi sono qualificati come f o n t i s e c o n d a r i e d e l d i r i t t o , in
quanto la normativa che essi pongono in essere è subordinata a quella emanata dalle fonti
primarie. Pertanto i regolamenti governativi non possono:

derogare o contrastare con la Costituzione, né con i principi in essa contenuti;

derogare né contrastare con le leggi ordinarie, salvo che vi sia una legge ad
attribuire loro il potere, in un determinato e per un determinato caso, di innovare
anche nell’ordine legislativo (delegificando la materia);

regolamentare le materie riservate alla Costituzione alla legge ordinaria o
costituzionale (riserva assoluta di legge );

derogare al principio di irretroattività della legge (la legge, invece, può derogarvi,
in quante tale principio è sancito dall’art. 11 disp prel al codice civile e, dunque da
una fonte di pari efficacia);

contenere sanzioni penali, per il principio della riserva di legge in materia penale
(art. 125 Cost.);

regolamentare istituti fondamentali dell’ordinamento.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
97
Diritto costituzionale
Il Governo
6.7.2.2. La potestà
del Governo di emanare regolamenti.
La p o t e s t à d e l G o v e r n o d i e m a n a r e r e g o l a m e n t i è adesso prevista dalla
legge n. 400 del 1988 che disciplina l’attività di governo e l’ordinamento della Presidenza del
Consiglio.
La costituzione, infatti, non contiene alcuna norma su tale potestà, limitandosi a statuire
(art. 87) che i regolamenti (al pari dei decreti aventi forza di legge) sono formalmente emanati
dal Presidente della Repubblica.
6.7.2.3. Procedimento
di formazione.
I regolamenti governativi vengono deliberati dal Consiglio dei ministri, udite il parere del
Consiglio di Stato, ed emanati con decreto del Presidente della Repubblica.
I regolamenti sono inseriti nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica e
pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale ed entrano in vigore dopo un periodo di vacatio di 15
giorni dalla pubblicazione.
6.7.2.4. Classificazioni
A seconda del contenuto i regolamenti si distinguono in:

r e g o l a m e n t i d i e s e c u z i o n e , necessari per curare l’esecuzione. delle
leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari. L’emanazione di
tale tipologia di regolamento risulta indispensabile allorquando le norme di rango
primario, per la loro formulazione astratta o particolarmente tecnica, necessitano di
norme di dettaglio o esplicative. Si ricordi che i regolamenti di esecuzione sono gli
unici ammessi ad operare nell’ambito di una riserva assoluta di legge, in quanto
contengono una disciplina di dettaglio o comunque marginale rispetto alle
previsioni di legge;

r e g o l a m e n t i i n t e g r a t i v i , che operano in materie coperte dalla sola
riserva relativa di legge, e che per attuare altre disposizioni sono chiamati ad
un’opera di integrazione, con discreta libertà di manovra;

r e g o l a m e n t i i n d i p e n d e n t i : destinati a disciplinare, nel rispetto delle
norme di grado superiore, le materie attribuite in proprio (dalla legge) alla
competenza della P.A. (cioè non coperte da riserva di legge39). Detti regolamenti
presuppongono una legge che attribuisca alla P.A. la generale competenza ad
emanare norme in una determinata materia (es. regolamenti di polizia veterinaria,
in materia di igiene pubblica);

i r e g o l a m e n t i d i o r g a n i z z a z i o n e , disciplinano l’organizzazione e il
funzionamento delle pubbliche amministrazioni secondo disposizioni dettate da
legge, cui l’art. 97 Cost. riserva la disciplina di queste materie;

I r e g o l a m e n t i d e l e g a t i o a u t o r i z z a t i , sono quei regolamenti che, su
autorizzazione del Parlamento, superano i limiti cui è soggetta la potestà normativa
dell’Esecutivo, derogando a singole disposizioni di legge, abrogando intere
discipline di rango legislativo o intervenendo in materie coperte da riserva di legge.
Si discute circa la legittimità di questi regolamenti, in quanto la potenzialità che
39
Nel presupposto che, laddove la Costituzione, non richiede espressamente l’intervento del legislatore, la
materia può essere disciplinata mediante regolamento.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
98
Diritto costituzionale
Il Governo
hanno questi regolamenti di poter abrogare una legge ordinaria, rappresenta una
anomalia, se si considera che il regolamento del Governo è un atto subordinato, e
pertanto non può intervenire a modificare o abrogare una legge formale. Tuttavia la
dottrina giustifica l’esistenza di tali regolamenti, affermando che l’effetto abrogante
non è proprio dei regolamenti essendo atti subordinati, ma della legge di
autorizzazione la quale essendo una legge ordinaria ha la forza di abrogare
altrettante leggi emanate dal Parlamento. Tale categoria di regolamenti potrà essere
utilizzata per mettere in atto un progressivo processo di delegificazione40;

regolamenti
di
attuazione
delle
direttive
c o m u n i t a r i e : sono i regolamenti previsti dall’art. 4 della legge 9 marzo 1989,
n. 86 (c.d. Legge comunitaria), mediante i quali il Governo attua le direttive
comunitarie, purché si tratti di materie già disciplinate ma non riservate alla legge.
6.8. Gli atti politici.
Sono atti politici, gli atti attraverso cui il Governo esercita la funzione di indirizzo politico,
e che come tali non rivestono la natura amministrativa.
Gli atti politici sono volta alla formulazione ed attuazione delle scelte mediante le quali si
individuano i fini che lo Stato, in armonia con le previsioni della Costituzione, intende
perseguire in un dato momento storico. Tali atti sono caratterizzati dalla libertà del fine.
Per questo motivo devono essere distinti dagli atti amministrativi che, pur essendo
espressioni della discrezionalità della Pubblica Amministrazione, sono vincolati al
perseguimento di finalità pubbliche e non possono essere utilizzati per fini diversi da quelli
per i quali il relativo potere è stata conferito.
Sempre in tale prospettiva appare chiaro che contro gli atti politici, non sono esperibili
contro di essi, i rimedi utilizzabili a tutela dei privati avverso gli atti amministrativi, ossia i
ricorsi amministrativi (opposizione, ricorso gerarchico e ricorso straordinario al Capo dello
Stato) e quelli giurisdizionali (ricorso innanzi al giudice amministrativo e innanzi al giudice
ordinario).
6.9. Gli atti di alta amministrazione.
Gli a t t i d i a l t a a m m i n i s t r a z i o n e si configurano come una speciale categoria di
atti amministrativi, la cui peculiarità è quella di operare un raccordo tra funzione di governo e
funzione amministrativa.
Tali atti si collocano in una posizione intermedia tra gli atti politici, quali atti di indirizzo
volti alla scelta dei fini da perseguire, ed i provvedimenti amministrativi, diretti all’attuazione
concreta delle opzioni effettuate a livello governativo.
Gli atti di alta amministrazione sono riconducibili nel novero degli atti amministrativi, in
quanto al pari di questi ultimi, sono vincolati nel fine e sono soggetti al medesimo regime
giuridico. Nell’ambito della gerarchia delle fonti si collocano in una posizione di secondo
grado rispetto alla legge ordinaria e agli atti di direzione politica. Pertanto i privati possono
40
D e l e g i f i c a z i o n e : Termine che indica il potere del legislatore di affidare una determinata materia, già
disciplinata dalla legge, alla competenza normativa del potere esecutivo (normazione secondaria). Con la
delegificazione si autorizza espressamente il potere esecutivo a regolare materie che precedentemente erano
disciplinate con legge ordinaria, mediante l’uso dei regolamenti.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
99
Diritto costituzionale
Il Governo
esperire gli ordinari strumenti di tutela giurisdizionale contro gli atti di alta amministrazione
che siano lesivi della loro sfera giuridica.
I soggetti titolari del potere di alta amministrazione sono il Consiglio dei Ministri e i
Comitati interministeriali. Non mancano, però, altre ipotesi di organi legittimati ad adottare
atti di alta amministrazione, come nel caso in cui i Consigli regionali provvedono alla nomina
dei più alti dirigenti degli enti regionali41.
41
In via esemplificativa, costituiscono atti di alta amministrazione: I) l’approvazione dei regolamenti; II) le
deliberazioni di nomina e revoca dei più alti funzionari dello Stato; III) le decisioni dei Comitati
interministeriali; IV) le decisioni con cui il Consiglio dei Ministri risolve i conflitti di competenza.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
100
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
Capitolo 7°
La Corte Costituzionale
7.1. Nozione e attribuzioni.
La C o r t e costituzionale è un organo costituzionale, collegiale ed imparziale, i cui
compiti sono fondamentalmente quattro:

giudicare sulle controversie relative alla l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e
d e l l e l e g g i e d e g l i a t t i a v e n t i f o r z a d i l e g g e dello Stato e delle
Regioni (c.d. funzione di garanzia);

giudicare sui c o n f l i t t i d i a t t r i b u z i o n e tra i poteri dello Stato e su quelli
tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni (c.d. funzione arbitrale);

giudicare sulle a c c u s e p r o m o s s e c o n t r o i l P r e s i d e n t e d e l l a
Repubblica;

giudicare sull’a m m i s s i b i l i t à
abrogativo.
delle
richieste
di
referendum
Va precisato che con le prime tre competenze la Corte costituzionale esercita funzioni
giurisdizionali1, mentre con l’ultima una funzione amministrativa.
7.2. Composizione.
Il Costituente ha previsto un’articolata ed eterogenea composizione di questo organo al
fine di costituire un c o l l e g i o s u p e r p a r t e s , svincolato cioè dagli interessi dei partiti e
dagli altri organi costituzionali, per garantirne l’effettiva neutralità ed imparzialità di azione.
7.2.1. Composizione ordinaria.
Nella sua c o m p o s i z i o n e o r d i n a r i a (ossia quando giudica sulle controversie di
legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, sui conflitti di
attribuzione e sull’ammissibilità del referendum abrogativo), la Corte costituzionale si
compone di 1 5 g i u d i c i di cui :

5 eletti dalle supreme magistrature dello Stato, e in particolare:
o 3 da un collegio composto dai magistrati della
Cassazione;
Corte
di
o 1 da un collegio composto dai magistrati del C o n s i g l i o d i S t a t o ;
o 1 da un collegio composto dai magistrati della C o r t e d e i C o n t i ;

5 e l e t t i d a l P a r l a m e n t o r i u n i t o i n s e d u t a c o m u n e , che li
elegge con scrutinio segreto e con la maggioranza dei due terzi dei componenti nel
primo e nel secondo scrutinio e dei tre quinti negli scrutini successivi;
1
La Corte costituzionale non appartiene alla magistratura ordinaria
considerata come un ordine (art. 104 Cost.) e ad essa non si riferiscono le norme costituzionali riguardanti
l’ordinamento giudiziario. Tuttavia, le sue funzioni sono (essenzialmente) giurisdizionali, e quindi anche
all’attività di essa svolge si deve applicare l’art. 111 Cost- per cui tutti i provvedimenti della Corte, avendo nato
giurisdizionale, devono essere motivati.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
101
Diritto costituzionale

La Corte Costituzionale
5 nominati direttamente dal Presidente della Repubblica,
che li nomina con un suo decreto controfirmato dal Presidente del Consiglio2.
I giudici costituzionali, quale che sia l’organo che li nomina o li elegge, devono essere
scelti, senza limiti di età, fra particolari categorie di persone, che sono competenti a farne
parte per le loro conoscenze giuridiche (art. 135, comma 2, Cost.): I) i magistrati, anche a
riposo, delle giurisdizioni superiori, ordinaria e amministrative; II) gli avvocati, con esercizio
professionale almeno ventennale; III) i professori ordinari di università in materie giuridiche.
I giudici ordinari della Corte sono nominati per nove anni 3
(decorrenti dal giuramento), e n o n p o s s o n o e s s e r e n u o v a m e n t e n o m i n a t i ;
prima di assumere le funzioni, prestano giuramento di osservanza alla costituzione nelle mani
del Presidente della Repubblica, alla presenza dei Presidenti delle due Camere.
7.2.2. Composizione per i giudizi d’accusa.
Nei g i u d i z i d i a c c u s a c o n t r o i l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a la
composizione della Corte è diversa in quanto integrata da altri membri.
Ai predetti giudici costituzionali vengono affrancati, infatti, sedici membri (c.d. g i u d i c i
a g g r e g a t i ) tratti a sorte da un elenco di 45 cittadini, con i requisiti per l’eleggibilità a
senatore; tale e l e n c o è c o m p i l a t o d a l P a r l a m e n t o i n s e d u t a
comune ogni nove anni, mediante elezione e con le stesse
modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.
La presenza di giudici aggregati, scelti dalle Camere in numero superiore a quelli ordinari
della Corte, e il sorteggio degli stessi da un’ampia lista (sedici su quarantacinque), tende ad
accentuare il carattere politico dei giudizi di accusa.
7.2.3. Il presidente della Corte Costituzionale.
Un particolare posizione assume in seno alla Corte il suo P r e s i d e n t e .
7.2.3.1. Elezione.
Egli è eletto tra i membri della Corte a m a g g i o r a n z a a s s o l u t a ; nel caso in cui
nessuno riporti la maggioranza si procede ad una nuova votazione e dopo di questa,
eventualmente, alla votazione di ballottaggio tra i candidati che hanno ottenuto il maggior
numero di voti e si proclama eletto chi abbia riportata la maggioranza. In caso di parità, è
proclamato eletto il più anziano di carica e, in mancanza, il più anziano di età.
7.2.3.2. Durata
in carica.
Il Presidente r i m a n e
in
carica
per
un
triennio
ed
è
r i e l e g g i b i l e , fermi restando, in ogni caso, i termini di scadenza dell’ufficio di giudice.
7.2.3.3. Poteri.
Il presidente rappresenta la Corte, al convoca, ne preside le sedute sovraintende all’attività
delle commissione ed esercita gli altri poteri che gli sono attribuiti per legge e dai
regolamenti. In particolare il Presidente:
2
A questo riguardo, va ricordato che i decreti di nomina dei cinque giudice costituzionali rientrano fra gli atti
che si sono definiti f o r m a l m e n t e e s o s t a n z i a l m e n t e p r e s i d e n z i a l i .
3
Alla scadenza del termine il giudice cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni. Una ipotesi di prorogatio,
definita “speciale”, è però disciplinata dall’art. 26 della legge 25 gennaio 1962, n. 20 (contenete norme sui
giudici di accusa), il quale dispone che “I g i u d i c i o r d i n a r i e a g g r e g a t i c h e
costituiscono il collegio giudicante continuano a farne parte
s i n o a l l ’ e s a u r i m e n t o d e l n u o v o i n c a r i c o ”.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
102
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale

nomina nei giudizi di legittimità un giudice per la istruzione e la relazione e
convoca entro i successivi venti giorni la Corte per la discussione;

quando lo ritenga necessario, può con provvedimento , ridurre sino alla metà i
termini dei procedimenti;

fissa con decreto il giorno dell’udienza e convoca la Corte; se nessuna delle parti è
costituita in giudizio può convocare la Corte in Camera di consiglio;

regola la discussione e può determinare i punti più importanti sui quali essa deve
svolgersi;

nella deliberazione delle ordinanze e delle sentenze vota per ultimo; in caso di
parità di voto prevale quella del Presidente.
7.3. Lo status di giudice costituzionale.
L’importanza e la delicatezza delle funzioni che i giudici della Corte svolgono comportano
incompatibilità e prerogative.
7.3.1. Incompatibilità,
L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento o di
un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed
ufficio indicati dalla legge.
Durante il periodo di appartenenza alla Corte i giudici che siano magistrati in servizio o
professori universitari non potranno continuare nell’esercizio delle loro funzioni, essere
candidati in elezioni amministrative o politiche, svolgere attività inerenti ad un’associazione o
ad un partito politico.
7.3.2. Prerogative dei giudici costituzionali.
I giudici costituzionali sono assistiti da una serie di g a r a n z i e d i i n d i p e n d e n z a .
In particolare:

non possono essere rimossi o sospesi dal loro ufficio se non con decisione della
Corte4, per sopravvenuta incapacità fisica o civile o per gravi mancanze
nell’esercizio delle loro funzioni (i n a m o v i b i l i t à ) ;

finché durano in carica godono delle guarentigie previste dall’art. 68, per i
parlamentari, ivi compresa quella per la sottoposizione a giudizio penale, ormai
abolita per i parlamentari; le relative autorizzazioni sono date dalla Corte stessa
(i m m u n i t à p e n a l e ).

non sono sindacabili o perseguibili per le opinioni espresse ed i voti dati
nell’esercizio delle loro funzioni (i n s i n d a c a b i l i t à ) ;

spetta alla Corte accertare l’esistenza dei requisiti soggettivi di ammissione dei
propri componenti e dei cittadini eletti dal Parlamento, deliberando a maggioranza
assoluta dei suoi componenti;

i giudici ordinari hanno una retribuzione mensile che non può essere inferiore a
quella del più alto magistrato della giurisdizione ordinaria ed è determinata con
legge.
4
La decisione della Corte deve essere assunta a maggioranza di due terzi dei componenti che partecipano
all’adunanza.
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103
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
7.4. Funzionamento della Corte.
7.4.1. Pubblicità.
Per quel che riguarda il funzionamento, va detto che le udienze della Corte sono pubbliche,
ma il Presidente può disporre che si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere
alla sicurezza dello Stato o all’ordine pubblico o alla morale, o quando avvengano da parte del
pubblico manifestazioni che possono turbare la serenità.
La Corte giudica in via definitiva con sentenza. Tutti gli altri provvedimenti di sua
competenza sono adottati con ordinanza.
7.4.2. Nei giudizi di legittimità costituzionale
Nei giudizi di legittimità costituzionale, la Corte funziona con l’intervento di almeno 11
giudici e le decisioni sono deliberate in Camera di Consiglio dai giudici presenti a tutte le
udienza in cui si è svolto il giudizio e vengono prese a maggioranza assoluta dei votanti 5;
l’eventuale “opinione dissenziente” dei giudici che vi partecipano non può essere resa
pubblica. Nel caso di parità di voto prevale quello del Presidente.
7.4.3. Nei giudizi di accusa.
Nei giudizi di accusa il Collegio giudicante deve, in ogni caso essere costituito da almeno
ventuno giudici, dei quali i giudici aggregati devono essere in maggioranza. In caso di parità
di voti prevale l’opinione più favorevole all’accusato.
7.5. Il sindacato di legittimità delle leggi.
7.5.1. Nozione.
Per s i n d a c a t o d i l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e s’intende quell’operazione di
verifica volta ad accertare che una legge o un atto ad essa equiparato 6 sia conforme alle norme
della Costituzione, che ne disciplinano forma e procedura d’adozione e impongono o
escludono determinati contenuti.
7.5.2. Caratteri.
Il s i n d a c a t o d i l e g i t t i m i t à
presenta le seguenti caratteristiche:
c o s t i t u z i o n a l e , nel nostro ordinamento

si tratta di un s i n d a c a t o s u c c e s s i v o 7, dal momento che la verifica avviene
sempre su leggi o atti equiparati già in vigore;

il controllo è a c c e n t r a t o 8 in un unico organo, vale a dire la Corte
costituzionale;

tale controllo viene attivato sia mediante la rimessione alla Corte delle questioni di
costituzionalità sollevate nel corso di un processo da una delle parti o dal giudice
(s i n d a c a t o i n c i d e n t a l e ), sia attraverso la diretta impugnazione degli atti
ritenuti incostituzionali da parte dello Stato o delle Regioni (s i n d a c a t o i n v i a
p r i n c i p a l e ).
5
Mentre per le deliberazione riguardanti norme regolamentari la maggioranza richiesta è di otto giudici.
Sugli atti diversi dalla legge e ad essa non equiparabili, come i regolamenti dell’esecutivo e i provvedimenti
amministrativi, il controllo è compiuto, invece, da ogni giudice, che è tenuto ad annullarli o disapplicarli qualora
siano in contrasto con la legge, compresa quella costituzionale.
7
Il s i n d a c a t o successivo si distingue da quello p r e v e n t i v o effettuato prima che la legge venga
pubblicata ed entri in vigore.
8
Il s i n d a c a t o accentrato si distingue da quello d i f f u s o , che si ha quando il potere di verificare la
legittimità costituzionale delle leggi è riconosciuto in capo ad ogni giudice.
6
Ver. 09/04/2017 13:34:00
104
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
7.5.3. Ambito di applicazione.
7.5.3.1. Atti
soggetti al sindacato di costituzionalità.
Il sindacato della Corte costituzionale si esercita sulle legge e sugli atti aventi forza di
legge dello Stato e delle Regioni

leggi costituzionale e di revisione costituzionale
leggi costituzionali, sicuramente sotto il profilo della illegittimità formale (vizi
formali relativi alla regolarità del procedimento di formazione di cui all’art. 138
Cost.) ma anche sotto il profilo della illegittimità materiale, se si accoglie la tesi dei
limiti assoluti della revisione costituzionale;

le l e g g i o r d i n a r i e d e l l o S t a t o sono invece, sindacabili senza alcuna
limitazione;

gli a t t i v i
legislativi10;

le l e g g i r e g i o n a l i e l e l e g g i d e l l e P r o v i n c e d i T r e n t o
e B o l z a n o : l’art. 127 ne prevede la sindacabilità quando eccedono la loro
competenza;

gli S t a t u t i r e g i o n a l i che pur non essendo più approvati con legge del
Parlamento, ma dallo stesso Consiglio regionale, sono espressamente assoggettati
al sindacato di costituzionalità dell’art. 123 Cost., come modificato dalla L. cost.
1/199911;
aventi
forza
di
l e g g e , cioè i decreti-legge9 e decreti
7.5.3.2. Atti
non soggetti.
Gli a t t i n o n soggetti a l s i n d a c a t o d i c o s t i t u z i o n a l i t à sono: I) atti
materialmente amministrativi e le sentenze; II) i regolamenti; III) gli atti normativi della
Comunità Europea.
Il sindacato è da escludere anche per il referendum, in quanto la relativa richiesta è già
stata sottoposta al giudizio di ammissibilità della Corte Costituzionale.
7.5.4. I vizi di legittimità costituzionale delle leggi.
I vizi di legittimità costituzionale delle
aventi forza di legge) si distinguono in vizi formale e vizi materiali.
l e g g i (e degli atti
9
La Corte costituzionale ha precisato che i decreti-legge possono essere oggetto del suo sindacato anche
relativamente ai presupposti di necessità ed urgenza (sent. n. 29/1995) e che la sua valutazione di legittimità può
anche trasferirsi da un decreto decaduto a quello che lo reiteri, qualora la norma del primo venga riprodotta
fedelmente nel secondo (sent. n. 84/1996);
10
Dubbi possono sorgere sulla imputabilità di un decreto–legge, perché nel breve periodo della sua vigenza (al
massimo 60 giorni) appare problematico che possa instaurarsi il giudizio innanzi alla Corte; a meno che la legge
di conversione modifichi o integri il testo del decreto legge oppure converta il decreto senza riprodurre il testo.
La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di illegittimità costituzionale sollevata nei
confronti di un decreto legge non convertito. Il decreto–legge potrà invece essere impugnato in via d’azione da
una Regione che lamenti la lesione, da esso operata, dalla sua sfere di competenza, purché tale lesione si
determini immediatamente in seguito alla sua entrata in vigore.
11
Nonché i d e c r e t i d e l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a contenenti le norme di
attuazione degli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
105
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
7.5.4.1. Vizi
formali.
Si ha v i z i o f o r m a l e quando la legge è approvata dal Parlamento violando una delle
norme sul procedimento di formazione delle leggi contenute nella Costituzione o secondo un
procedimento diverso da quello prescritto.
Al riguardo si ricordi, come già è stato evidenziato, che la legge non presenta vizi formali,
è come tale non può essere oggetto di sindacato di legittimità costituzionale da parte della
Corte Costituzionale, quando è adottata in violazione delle norme sul procedimento
legislativo contenute nei regolamenti parlamentari (avendo il Parlamento la possibilità di
gestire in maniera autonoma il suo potere legislativo).
7.5.4.2. Vizio
materiale.
Si ha il v i z i o m a t e r i a l e quando una norma contenuta in una legge ordinaria od in un
atto ad essa equiparato è in contrasto con una norma costituzionale o con un principio
costituzionale (anche se implicito), ovvero quando l’organo che ha emanato la legge non era
competente secondo la ripartizione delle competenze legislative effettuata dalla Costituzione.
Vi sono due tipi di vizi materiali: vizio per incompetenza e eccesso di potere.
7.5.4.2.1. Vizio
per incompetenza.
Si ha v i z i o p e r i n c o m p e t e n z a quando l’organo che ha emanato la legge non era
competente secondo la ripartizione delle competenze legislative effettuate dalla Costituzione,
in particolare:

quando una legge dello Stato invade la sfera di competenza riservata dalla
Costituzione o dagli Statuti regionali alle Regioni (qualora si tratti di regioni a
Statuto speciale);

quando la legge di una Regione o disciplina una materia non rientrante fra quelle
su cui essa può legiferare o invade la sfera di competenza riservata allo Stato o
quella di un’altra Regione.
7.5.4.2.2. Eccesso
di potere.
Si ha e c c e s s o d i p o t e r e quando la legge è stata emanata per un fine da diverso da
quello assegnatogli dalla Costituzione o in modo non conducente al conseguimento del fine, o
ancora, non rispondente al criterio della ragionevolezza.
7.5.5. Il procedimento per i giudizi di costituzionalità delle leggi
7.5.5.1. Generalità.
L’ordinamento italiano prevede due tipi di giudizi di legittimità costituzionale delle leggi:
uno in via incidentale, ed uno in via principale
Il giudizio in via incidentale trae origine da una controversia giudiziaria pendente innanzi
all’autorità giudiziaria ordinaria o amministrativa (Tribunale, T.A.R. etc.). Nel corso di tale
controversia viene eccepita l’incostituzionalità della legge da applicare, ed allora il giudice
rinvia gli atti alla Corte costituzionale, sospendendo la causa, affinché la Corte decida sulla
questione.
Il giudizio in via principale, invece, si verifica quando viene proposto ricorso
immediatamente e direttamente alla Corte costituzionale. Tale forma di impugnativa è
consentita, nel nostro ordinamento, soltanto al Governo, per conto dello Stato, e alle Regioni
(e alle Province di Trento e Bolzano).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
106
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
7.5.5.2. Il
giudizio in via incidentale
7.5.5.2.1. Presso il giudice a quo
7.5.5.2.1.1. Proposizione della questione.
La questione di legittimità costituzionale può essere sollevata i n v i a i n c i d e n t a l e ,
cioè nel corso di un giudizio (penale, civile, amministrativo):

mediante un’apposita istanza12 da una delle parti in via d’eccezione indicando:
o le disposizioni della legge (o dell’atto avente forza di legge) che si
ritengono viziate da illegittimità costituzionale;
o e le disposizioni della Costituzione o di leggi costituzionali che si ritengono
violate13.

e d’ufficio dall’autorità giurisdizionale14 innanzi al quale verte il giudizio15.
7.5.5.2.1.2. Valutazione
del giudice a quo.
Il giudice innanzi al quale è sollevata la questione detto g i u d i c e a q u o (la Corte
Costituzionale viene detta giudice ad quem) deve procedere ad un d u p l i c e
a c c e r t a m e n t o (sempre che non abbia egli stesso sollevato la questione):

deve accertare la c.d. r i l e v a n z a d e l l a q u e s t i o n e : in altri termini il
giudice dovrà esaminare se la questione sia stata sollevata nei confronti di una
legge o atto equiparato (o di singolo loro disposizioni) che gli ritine di dover
applicare per poter definire il giudizio;

ritenuta rilevante la questione, il giudice deve verificare se la questione di
legittimità costituzionale p o s s a r i t e n e r s i n o n m a n i f e s t a m e n t e
i n f o n d a t a : in altri termini ilI giudice deve accertare, mediante una «cognizione
sommaria», se sussista o meno un ragionevole dubbio sulla costituzionalità della
legge.
7.5.5.2.1.3. Decisione
del giudice a quo.
Il giudice decide con o r d i n a n z a a d e g u a t a m e n t e m o t i v a t a , con cui può:

respingere la questione: in tal caso l’ordinanza non può essere impugnata, ma la
questione può essere riproposta nella fase successiva del giudizio;

accogliere l’eccezione di incostituzionalità: con tale ordinanza il giudice sospende
il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Anche l’o r d i n a n z a d i a c c o g l i m e n t o come la richiesta, deve indicare le
12
L’istanza può essere proposta in qualsiasi stadio del giudizio e, se respinta in primo grado, può essere
riproposta in ogni grado ulteriore del processo.
13
Tuttavia può avvenire anche che il vizio di legittimità costituzionale sia determinato dalla violazione di una cd.
n o r m a i n t e r p o s t a (per es. un decreto legislativo emanato in contrasto con il contenuto della legge
delega)
14
Rispetto al significato di “a u t o r i t à g i u r i s d i z i o n a l e ” la Corte Costituzionale ha adottato una
interpretazione estensiva, ammettendo che la questione possa essere sollevata, oltre che innanzi ai giudici
ordinari e speciali, anche innanzi ad ogni autorità che eserciti una funzione qualificabile come giurisdizionale,
sia pure soltanto sotto il profilo formale e procedurale; in tale prospettiva la Corte ha ritenuto che la questione di
legittimità costituzionale possa essere sollevata anche davanti alla Sezione di controllo della Corte dei conti, alla
sezione disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura etc.
15
Sempre la Corte Costituzionale ha operato un’interpretazione estensiva del termine “g i u d i z i o ”, intendendo
per giudizio anche la fase precedente e successiva al procedimento vero e proprio, pertanto la questione di
legittimità costituzionale può essere sollevata sia innanzi al giudice istruttore in sede civile che davanti al giudice
di sorveglianza per la esecuzione della pena.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
107
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
disposizioni della legge di cui si denuncia l’incostituzionalità e le disposizioni della
Costituzione che si assumono violate. Risultano in tal modo predeterminati sia
l’oggetto del giudizio (rappresentato, appunto, dalle norme di dubbia
costituzionalità) sia il parametro di esso (rappresentato dalle norme costituzionali
che risulterebbero violate). II giudizio della Corte costituzionale risulta, pertanto,
vincolato dalla norma costituzionale in rapporto alla quale viene eccepita
l’incostituzionalità (c.d. norma parametro).
7.5.5.2.1.4. Notifica
e pubblicazione dell’ordinanza.
L’ordinanza deve essere notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Presidente
della Giunta regionale (a seconda che la questione riguardi una norma di legge statale o
regionale). Di essa viene data mera comunicazione ai Presidenti delle due Camere o (se
trattasi di legge regionale) al Presidente del Consiglio regionale.
L’ordinanza deve essere pubblicata, a cura del Presidente della Corte, sulla Gazzetta
Ufficiale (e, se ricorre l’ipotesi, anche sul Bollettino Ufficiale della Regione interessata)
affinché gli altri giudici che si trovino ad affrontare la stessa questione ne siano informati, e
sospendano il giudizio in attesa della decisione della Corte. Non vige, tuttavia, per essi, un
preciso obbligo giuridico di sospendere i procedimenti.
7.5.5.2.2. Presso
il giudice ad quem.
Entro 20 giorni dall’avvenuta notificazione dell’ordinanza emessa dal giudice a quo,

le p a r t i del giudizio di merito che lo ha originato hanno facoltà (e pertanto non
sono obbligate a farlo, in altri termini all’interno del giudizio in esame non vi sono
parti necessarie) di c o s t i t u i r s i innanzi alla Corte per difendere i loro concreto
interesse;

mentre hanno facoltà (e dunque non l’obbligo) di intervenire (e non costituirsi in
quanto non configurabili come parti) in giudizio per presentare le loro deduzioni:
o il Presidente del Consiglio dei Ministri (rappresentato da un Avvocato dello
Stato), in rappresentanza dello Stato qualora si tratti di legge o atto avente
forza di legge statale;
o il Presidente della Giunta regionale, se il giudizio verte su una legge
regionale.
Trascorso il termine di venti giorni entro il quale le parti possono costituirsi, ed i Presidenti
del Consiglio o della Giunta Regionale intervenire, il Presidente della Corte nomina un
giudice per l’istruzione e la relazione e convoca entro i successivi venti giorni la Corte per la
discussione. Si ricordi che qualora non si costituisca alcuna parte o in caso di manifesta
infondatezza, la Corte può decidere in Camera di consiglio.
Al termine della discussione, e con la presenza dei soli giudici che sono stati presenti a
tutte le udienze (cosi come evidenziato in precedenza) la Corte assume una decisione.
7.5.5.3. Il
giudizio in via principale (o in via d’azione).
Il p r o c e d i m e n t o i n v i a d ’ a z i o n e ( o p r i n c i p a l e ) può essere adottato
(entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge che si ritiene lesiva della sfera di competenza)
solo dallo Stato (in particolare il Governo16), per impugnare una legge regionale o provinciale,
16
La questione è sollevata previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, dal Presidente del Consiglio.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
108
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
o dalla Regione per impugnare una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o una
legge di un’altra Regione.
Va precisato che l’oggetto di legittimità davanti la Corte è limitato al riscontro di un
v i z i o d i i n c o m p e t e n z a , dal momento che il Governo nazionale può eccepire soltanto
il difetto di competenza del legislatore regionale, così come la Regione può eccepire soltanto
l’invasione della propria sfera di competenza da parte di una legge statale o di un legge di
altra Regione.
7.5.5.4. Il
principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato
Al riguardo va rilevato che sia nel giudizio incidentale sia in quello principale, oggetto
della deliberazione della Corte è la “questione”, così come (cioè nei termini e per i motivi)
essa le viene posta dalle parti e dal giudice.
In altri termini, la Corte non può ampliare l’ambito del suo giudizio ma deve attenersi, nel
pronunciare la sentenza, a ciò che le è stato chiesto e non allargare il thema decidendum oltre i
limiti in cui è stato formulato dalle parti e dal giudice, secondo un principio di diritto
processuale definito come “p r i n c i p i o d i c o r r i s p o n d e n z a f r a c h i e s t o e
p r o n u n c i a t o ”.
Le eccezioni all’applicazione di questo principio non sono tuttavia mancate, in quanto
spesso la Corte Costituzionale, attraverso sentenze interpretative (vedi infra), ha spostato la
sua attenzione o su una latra norma diversa da quella che gli era stata sottoposta in esame, o
persino per l’intero testo legislativo.
7.5.5.5. Le decisioni
della Corte Costituzionale.
La Corte giudica in via definitiva17 con sentenza18. Tutti gli altri provvedimenti di sua
competenza sono adottati con ordinanza.
In particolare per quanto riguarda le decisioni che la Corte può adottare in relazione ad un
giudizio di costituzionalità, va dette che esse possono essere di rito o di merito.
7.5.5.5.1. Le decisioni di rito o processuali.
Le d e c i s i o n i d i r i t o o p r o c e s s u a l i sono le decisione con le quali la Corte non
definisce la questione di legittimità costituzionale sottopostale (non entrando nel merito di
quest’ultima) bensì il giudizio costituzionale cui la questione ha dato luogo.
Fra tali decisioni vanno annoverate:

di m a n i f e s t a i n f o n d a t e z z a d e l l a q u e s t i o n e : emesse nel caso in
cui la Corte prenda in esame questioni formulate negli stessi termini motivi o
profili di altre già dichiarate infondate o questioni che pur formulate in termini e
con motivi nuovi, non di meno siano identiche od analoghe ad altre già dichiarate
infondate, ancora quando la questione sia palesemente inconsistente

di m a n i f e s t a i n a m m i s s i b i l i t à : emesse quando si tratti questioni già
dichiarate incostituzionali.

a b e r r a t i o i c t u s : emesse nell’ipotesi in cui il giudice a quo sollevi la
questioni su una norma diversa da quella applicabile.
17
Articolo 137 3° comma: “ Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione”
Le sentenze sono pronunciate in nome del popolo italiano e devono contenere, oltre alle indicazione dei motivi
di fatto e di diritto, il dispositivo la data della decisione e la sottoscrizione del Presidente e del giudice che le ha
redatte.
18
Ver. 09/04/2017 13:34:00
109
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
7.5.5.5.2. Le
decisione di merito.
Le d e c i s i o n i d i m e r i t o , invece, comportano un esame del contenuto della
questione di costituzionalità sottoposta alla Corte, e possono essere di due specie di rigetto e
di accoglimento (a cui tuttavia vanno aggiunte le sentenze interpretative e le sentenze
monito).
7.5.5.5.2.1. Sentenze
di accoglimento
Sono di a c c o g l i m e n t o quelle sentente con le quali la Corte dichiara
l’incostituzionalità della legge o della norma impugnata.
A norma dell’art. 136. Cost. la norma dichiarata illegittima costituzionalmente cessa di
avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della Corte nella
“Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana”.
Sembrerebbe dunque che l’efficacia delle sentenza di accoglimento abbia valore per
l’avvenite (ex nunc) e non riguardi, pertanto i rapporti, e le situazioni giuridiche già pendenti,
che dovrebbero continuare ad essere disciplinati dalla legge dichiarata costituzionalmente
illegittima.
Conseguenza questa palesemente assurda, in quanto la sentenza di accoglimento della
Corte non spiegherebbe i suoi effetti nel giudizio in cui la questione è stata sollevata, e
pertanto nessuno avrebbe più interesse a sollevare questione di illegittimità costituzionale..
Il vero è che l’art. 136 non va letto da solo bensì integrandolo con l’art. 1 della legge Cost.
n. 1/48 a norma del quale la questione di legittimità costituzionale può essere posta alla Corte
solo indirettamente, nel corso di un giudizio, da una delle parti o dal giudice.
Da tale lettura la Corte Costituzionale ha dedotto e stabilito in via implicita, che
l’inefficacia della legge dichiarata illegittima è retrodata
al momento della richiesta, dunque in tutti i processi in
c o r s o l a n o r m a n o n t r o v e r à a p p l i c a z i o n e (d i s a p p l i c a z i o n e
d e l l a n o r m a 19).
Rimangono invece f e r m i g l i e f f e t t i d e l l e s e n t e n z e p a s s a t o i n
g i u d i c a t o in cui è stata applicata la legge dichiarata illegittima; cioè è invece da
e s c l u d e r e p e r l e n o r m e p e n a l i , le quale se dichiarate illegittime, incidono
anche per le sentenze passate in giudicato, e se c’è stata una condanna vengono cessato gli
effetti e l’esecuzione della pena20.
E f f e t t o d i r e t t o della sentenza di accoglimento è la r e v i v i s c e n z a delle
norme abrogate dalle norme dichiarate illegittime costituzionalmente. Ma spetta in tal caso
alla Corte controllare se le norme ridivenute operanti non presentino a loro volta, in base alle
stesse valutazioni che hanno portato alla dichiarazione di illegittimità delle norme che le
hanno abrogate, aspetti di imparziale illegittimità21.
19
Va rilevato che la disapplicazione della norma dovrà avvenire non solo da parte dei giudizi ma anche da parte
di chiunque (soggetto pubblico o privato) avrebbe dovuto applicarla.
20
Nella stessa sentenza di accoglimento la Corte può dichiarare illegittime anche le norme consequenziali, ossia
quelle che per la loro validità presupponeva l’esistenza della norma dichiarata illegittima, si parla della c.d.
i l l e g i t t i m i t à c o s t i t u z i o n a l e c o n s e g u e n z i a l e . In ogni caso anche la dichiarazione di
illegittimità conseguenziale costituisce una deroga al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
21
E sarebbe questo – sempre secondo la Corte – un caso di illegittimità conseguenziale.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
110
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
7.5.5.5.2.2. Sentenze
di rigetto.
Sono di r i g e t t o , quelle sentenze con cui la Corte, dichiara infondata la questione di
legittimità (cosi come prospettata22).
Le sentenze di rigetto non hanno, efficacia erga omnes. La loro efficacia vale soltanto (nel
procedimento in via incidentale) nei confronti del giudice a quo, nel senso che il giudice sarà
tenuto ad applicare la legge rispetto alla quale era stata formulata la questione23.
È chiaro che benché ci sia stata il rigetto della questione, la stessa questione può sempre
essere riproposta alla Corte, dalle stesse parti24 o da altre, proponendo nuovi motivi
d’incostituzionalità, oppure anche richiamandosi ai vecchi25, in quanto la Corte potrebbe nel
frattempo aver cambiato orientamento26.
7.5.5.5.2.3. Sentenze
interpretative.
Si hanno s e n t e n z e i n t e r p r e t a t i v e quando la Corte, andando al di la del thema
decidendum, reinterpreta la norma della cui costituzionalità si dubita (con la conseguenza che
al termine del giudizio non si avrà ne una sentenza di rigetto ne una sentenza di accoglimento
essendo diversa la norme oggetto del giudizio).
Le sentente interpretative possono essere:

d i r i g e t t o : quando la Corte avendo tratto dal testo legislativo un norma in
tutto o parte diversa da quella tratta dalla parti e dal giudice, dichiara che, rispetto a
questa norma, non sussistono vizi di legittimità costituzionale, facendo in tal modo
salvo il testo legislativo27;

d i a c c o g l i m e n t o : quando la Corte dichiara illegittimo l’intero testo (con
l’efficacia propria delle sentenze di accoglimento), in funzione di una determinata
interpretazione, in modo che vengono fatte salve tutte le altre interpretazioni del
testo. Ciò non vuol dire che la legge viene eliminata dall’ordinamento, ma solo che
essa non potrà più essere applicata secondo l’interpretazione che la Corte ha
dichiarato illegittima.
22
In altri termini la sentenza di rigetto vale ad escludere la sussistenza dei vizi di legittimità così come formulati
nella questione e denunciati nell’ordinanza di remissione o nel ricorso.
23
Se invece, oggetto del giudizio era una legge regionale o provinciale impugnata in via di azione, allora
l’efficacia della sentenza si spiegherà nel senso di rendere possibile la promulgazione e la pubblicazione della
legge, e quindi la sua entrata in vigore.
24
Va precisato che quando si tratta di procedimenti incidentali, le stesse parti potranno riproporre la questione,
adducendo vizi diversi (vedi nota successiva), solo in un’altra fase del medesimo giudizio.
25
Ciò non è possibile quando si ripropone la questione in un’altra fase di un medesimo giudizio, se si tratta di
procedimento in via incidentale, in quanto in questo per essere accolta la questione deve proposta sui motivi
nuovi.
26
Va tuttavia rilevato che la Corte dichiara,di regola, m a n i f e s t a m e n t e i n f o n d a t e , le questioni di
legittimità costituzionale riproposte negli stessi termini di altre sulle si era già con pronunciata con sentenza di
rigetto.
27
BRANCA giustifica le sentenze interpretative di rigetto, adducendo a che tali sentenze scaturiscono da motivi di
opportunità e di convenienza politica, al fine di evitare “un buco nell’ordinamento, un buco che è di per se stesso
un male” (l’h o r r o r v a c u i ). In sintesi BRANCA sostiene che la Corte Costituzionale è portata piuttosto a
conservare la legge che a caducarla, o a caducarla in parte piuttosto che travolgerla tutta. È importante ribadire
che l e s e n t e n z e i n t e r p r e t a t i v e d i r i g e t t o n o n v a l g o n o e r g a o m e n e s ,
m a s o n o d i r e t t e s o l o a l g i u d i c e a q u o . Il problema ora è stabilire se l’interpretazione
della Corte è vincolante per il giudice a quo, al riguardo CRISAFULLI afferma che vi è un “vincolo positivo”, nel
senso che il giudice è tenuto ad applicare la norme quale la Corte l’ha individuata, mentre per SANDULLI vi è un
“vincolo negativo” giacché la sentenza vieterebbe al giudice di interpretare il testo nel senso disatteso dalla Corte
ma lo lascerebbe libero di dargli qualsiasi altra interpretazione.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
111
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
Rispetto alla sentenza di accoglimento, vi è da dire però che questo tipo di sentenza è
andato in disuso, in quanto la Corte piuttosto ricorre alle s e n t e n z e d i a c c o g l i m e n t o
p a r z i a l e che si hanno quando pur lasciando immutato il testo la Corte dichiara
l’illegittimità costituzionale di norme o di frammenti di norme da esso desumibili in via
interpretativa. Con questo tipo di sentenze, detta anche s e n t e n z e m a n i p o l a t i v e la
Corte in realtà interviene sulla portata normativa della disposizione, che viene estesa, ridotta o
comunque mutata, in modo da ricondurre il testo stesso nell’alveo della legittimità
costituzionale. Avremo dunque tre tipi di sentenza manipolative:

s e n t e n z e a d d i t i v e : sono sentenze con le quali la Corte dichiara
l’illegittimità di un testo nella parte in cui non contiene una previsione normativa,
che deve necessariamente esserci, senza che ciò significhi che la norma immessa
sia creata dalla Corte essendo essa già implicita nel sistema28;

s e n t e n z e r i d u t t i v e : sono sentenze con le quali la Corte dichiara
l’illegittimità costituzionale di un testo nella parte in cui contiene una previsione
normativa, che non deve esserci

s e n t e n z e s o s t i t u t i v e : sono sentenze con le quali la Corte sostituisce ad una
parte del testo un’altra parte, che e s s a stessa trae dal testo in via di
interpretazione;
7.5.5.5.2.4. Le sentenze monito.
Vanno infine rilevate le s e n t e n z e i n d i r i z z o o m o n i t o : sono sentenze con le
quali la Corte rilevata la mancanza di una determinata legge di disposizioni che, invece,
dovrebbero esserci perché ritenute essenziali al fine assicurare il rispetto della Costituzione, si
indirizza al legislatore e detta essa stessa i criteri ai quali dovrà uniformarsi per adeguare la
disciplina della materia ai precetti costituzionali (avvertendo eventualmente il legislatore che
qualora dovesse restare inattivo, la legge vigente varrà dichiarata incostituzionale)29.
7.6. I conflitti di attribuzione.
La seconda funzione demandata dall’art. 134 Cost. alla Corte Costituzionale consiste nella
r i s o l u z i o n e d e i c o n f l i t t i d i a t t r i b u z i o n e tra i supremi poteri dello
Stato, tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni.
La Corte risolve il conflitto sottoposto al suo esame dichiarando il potere al quale spettano
le attribuzioni in contestazione e, ove sia emanato un atto viziato da incompetenza, lo annulla.
7.6.1. Nozione.
Per c o n f l i t t i d i a t t r i b u z i o n e si intendono le controversie che insorgono fra i
poteri dello Stato, fra Stato e Regioni e fra Regioni, allorché uno di essi usurpi o pretenda di
usurpare le funzioni spettanti ad altri, affermando la propria competenza (conflitto positivo),
28
Le sentenze additive possono essere d i g a r a n z i a quando riconoscono un diritto fondamentale negato
dalla norma illegittima, o di p r e s t a z i o n e , quando riconoscono una pretesa patrimoniale tutelata dalla
Costituzione o negata dalla norma illegittima. Può accadere inoltre che la Corte non immetta nell’ordinamento
una regola immediatamente applicabile, ma solo un principio derivante dalla Costituzione, cui il legislatore
dovrà attenersi nella disciplina futura del medesimo oggetto, queste s e n t e n z e sono dette a d d i t i v e d i
principio.
29
Tali sentenze si differenziano da quelle additive di principio perché non immettono un nuovo principio in una
disciplina particolare sottoposta al controllo della Corte, ma indicano al legislatore la strada da seguire per una
futura normazione costituzionalmente legittima.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
112
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
interferisca nelle funzioni altrui mediante esercizio illegittimo di competenze proprie, senza
alcuna rivendicazione (conflitto negativo)30.
Va
precisato
che
affinché
sorga
un
conflitto
di
attribuzione è necessario che siano state violate norme
della Costituzione o leggi costituzionali.
7.6.2. I conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni.
Si ha c o n f l i t t o d i a t t r i b u z i o n e t r a S t a t o e R e g i o n i , quando una
Regione invade con un suo atto31 (si noti che l’atto deve essere non legislativo o non avere
forza di legge, in quanto in tal caso si dovrebbe sollevare questione di illegittimità
costituzionale per vizio di incompetenza) la sfera di competenza assegnata dalla Costituzione
allo Stato ovvero ad un’altra Regione.
Del pari si ha conflitto di attribuzione tra Stato e Regione quando è lo Stato con un suo atto
(si noti che l’atto deve essere non legislativo o non avere forza di legge, in quanto in tal caso
si dovrebbe sollevare questione di illegittimità costituzionale per vizio di incompetenza) ad
invadere la sfera di competenza costituzionale di una Regione32.
In entrambi i casi, lo Stato o la Regione rispettivamente interessati possono proporre
ricorso alla Corte Costituzionale per il regolamento di competenza33.
7.6.3. I conflitti di attribuzione fra i poteri supremi dello Stato.
7.6.3.1. Nozione
Si ha c o n f l i t t o t r a p o t e r i d e l l o S t a t o quando un o r g a n o
competente a dichiarare definitivamente la volontà del
p o t e r e c u i a p p a r t i e n e 34, emani un atto (si noti che l’atto deve essere non
30
I conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato vanno distinti sia da quelli tra la P.A. e l’autorità giudiziaria
(artt. 41 e 368 c.p.c.), che, esaurendosi in questioni di giurisdizione, vanno risolti dalle Sezioni Unite della
Cassazione dietro esperimento del regolamento di giurisdizione; sia dai conflitti amministrativi, che
intercorrendo tra organi di una stessa amministrazione vanno, invece, risolti dal superiore gerarchico oppure, in
caso di sua mancanza, dall’autorità cui tale potere, caso per caso, sia conferito dalla legge.
31
L’atto lesivo di competenze può concretizzarsi in qualunque manifestazione di volontà con la quale si affermi
il diritto di esercitare un potere per competenza propria oppure si turbi l’esercizio delle competenze altrui. Anche
una semplice omissione di atti dovuti può interferire nelle competenze altrui. Se la lesione della sfera di
competenza è originata da leggi o atti equiparati, si rientra, invece, nel giudizio di costituzionalità delle leggi.
32
Tale previsione si estende anche alle province autonome di Trento e Bolzano.
33
Il ricorso è proposto per lo Stato dal presidente del Consiglio o da un ministro da lui delegato e per la Regione
dal Presidente della Giunta in seguito a deliberazione della Giunta stessa.
34
La Corte costituzionale ha precisato che l’art. 37 della legge 11–3–1953, n. 87, che disciplina l’art. 134 Cost.
la risoluzione dei conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, allude “a d o r g a n i i c u i
rispettivi atti o compartimenti siano idonei a configurarsi come
e s p r e s s i o n e u l t i m a e d i m m o d i f i c a b i l e d e i r i s p e t t i v i p o t e r i : nel senso
che nessun altro organo, all’interno di ciascun potere, sia abilitato ad intervenire d’ufficio o dietro sollecitazione
del potere controinteressato, rimuovendo o provocando la rimozione dell’atto o del comportamento che si
assumono lesivi”.
Su questa base, la Corte ha riconosciuto ai seguenti organi la possibilità di essere soggetti nei fitti di attribuzione:
I) Presidente della Repubblica; II) Corte costituzionale; III) le Camere singolarmente e collettivamente, il
Parlamento in seduta comune e le Commissioni inquirenti, relativamente alle funzioni da ciascun organo svolte;
IV) il Consiglio dei Ministri quale organo cui fa capo il potere esecutivo, ma anche il Presidente del Consiglio ed
il Ministro della Giustizia relativamente alle attribuzioni conferite dalla Costituzione questi due organi
monocratici; V) Consiglio Superiore della Magistratura; VI) Corte dei Conti, sia nella veste di organo
giurisdizionale che in sede di controllo contabile; VII) i singoli giudici, in quanto espressione, ciascuno, di un
potere diffuso autonomo e indipendente, e gli stessi organi requirenti (i pubblici ministeri), relativamente
all’attribuzione costituzionalmente individuata dell’esercizio dell’azione penale (art. 112 Cost.); VIII) il
Comitato promotore dei referendum che, pur non rappresentando un potere dello Stato–apparato, bensì una
Ver. 09/04/2017 13:34:00
113
Diritto costituzionale
La Corte Costituzionale
legislativo, in quanto in tal caso si dovrebbe sollevare questione di illegittimità costituzionale)
o ponga in essere un comportamento, provochi un pregiudizio ad un altro organo (anche esso
ovviamente competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene),
vuoi perché interviene nelle sfera di competenza in tutto o in parte a lui riservata, vuoi perché
impedisce di esercitare proprie attribuzione od ostacola l’efficacia dei suoi atti, vuoi infine
perché ne turba in qualche modo l’indipendenza sul piano strutturale, come potere dello Stato.
7.6.3.2. Condizioni.
In base all’art. 37 della legge 87/1953 «il conflitto tra poteri dello Stato è risolto dalla
Corte costituzionale se insorge tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà
del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i
vari poteri da norme costituzionali».
Perché sorga conflitto di attribuzione fra i poteri dello Stato sono quindi, necessarie le
seguenti c o n d i z i o n i :

che esso sorga fra organi appartenenti a poteri diversi35;

che sorga fra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere a
cui appartengono;

che sorga per la delimitazione della sfera di attribuzione determinata per i vari
poteri da norme costituzionali.
figura soggettiva esterna, si vede attribuire dall’ordinamento la titolarità e l’esercizio di funzioni pubbliche
costituzionalmente rilevanti e garantite.
Appare chiaro dunque che la cerchia degli organi “competenti a dichiarare definitivamente” la volontà del potere
cui appartengono è più larga di quella degli organi comunemente detti “supremi” (vale a dire gli organi
costituzionali).
35
Restano pertanto esclusi dalla competenza della Corte i conflitti fra organi appartenenti a giurisdizione diverse
(ad esempio TAR e tribunale ordinario) in ordine alla appartenenza della potestà di decisione di una determinata
questione (i c.d. c o n f l i t t i d i g i u r i s d i z i o n e ) ed i conflitti fra organi appartenenti ad uno stesso
potere (ad esempio, fra due ministri) (i c.d. c o n f l i t t i d i c o m p e t e n z a ).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
114
Diritto costituzionale
La magistratura e la funzione giurisdizionale
Capitolo 8°
La magistratura e la funzione giurisdizionale
8.1. Magistratura
8.1.1. Nozione.
La m a g i s t r a t u r a è l’insieme di tutti gli organi della giustizia civile, penale,
amministrativa che, nel loro complesso, costituiscono il potere giudiziario (potere dello Stato
autonomo e indipendente, di pari dignità rispetto a quello legislativo delle Camere e quello
esecutivo o amministrativo del Governo).
Tale potere è il titolare unico della f u n z i o n e g i u r i s d i z i o n a l e , cioè della potestà
di dare corretta, concreta e uniforme applicazione al diritto, ove questo non sia rispettato o sia
controverso tra più soggetti.
La separazione del giudice dal legislatore e dall’amministratore trova la sua ragione nella
diffidenza, ormai radicata nella cultura democratica, verso ogni concentrazione di poteri: per
garantire la libertà degli individui si ritiene indispensabile che le funzioni dello Stato siano
suddivise tra diversi poteri, fra loro autonomi e indipendenti (principio della separazione dei
poteri). Il Parlamento ha il compito di creare la norma giuridica, il Governo deve dare ad essa
esecuzione mentre la Magistratura deve applicare le sanzioni previste nel caso in cui la norma
sia violata.
8.1.2. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
In base a quanto stabilito dall’art. 104 Cost. “la magistratura costituisce un ordine
autonomo e indipendente da ogni alto potere”.
8.1.2.1. Il
Consiglio superiore della Magistratura.
8.1.2.1.1. Nozione
Il costituente per rendere i giudici autonomi e indipendenti ha costituito la magistratura
ordinaria in un “ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”.
Per realizzare questa autonomia è stato istituito il C o n s i g l i o s u p e r i o r e d e l l a
m a g i s t r a t u r a , cha ha appunto la funzione di garantire l’autonomia e l’indipendenza dei
giudici dagli altri poteri dello Stato, e al quale è affidata l’intera carriera dei magistrati.
8.1.2.1.2. Natura
giuridica.
Dopo accesi contrasti in dottrina, è stata riconosciuta al Consiglio superiore della
Magistratura dalla Corte Costituzionale (pronuncia 379/92) la natura di o r g a n o
c o s t i t u z i o n a l e , direttamente investito di esclusive funzioni costituzionali esercitate in
via definitiva ed in posizione di assoluta indipendenza dagli altri poteri dello Stato.
8.1.2.1.3. Composizione.
Il C.S.M. è p r e s i e d u t o d a l P r e s i d e n t e d e l l a R e p u b b l i c a che ne
garantisce, in veste di organo super partes, una conduzione equilibrata ed impedisce che il
C.S.M. adotti una politica corporativa.
Il C.S.M. è composto da:

3 m e m b r i d i d i r i t t o ossia il Primo Presidente della Corte di Cassazione e il
Procuratore Generale presso la Cassazione e Presidente della Repubblica;
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale

La magistratura e la funzione giurisdizionale
2 4 m e m b r i e l e t t i v i di cui 16 eletti dai magistrati nell’ambito degli
appartenenti alla loro categoria, e 8 eletti dal Parlamento in seduta comune (con
scrutinio segreto e a maggioranza dei 3/5) scelti tra professori universitari in
materie giuridiche, e tra avvocati con almeno 15 anni di esercizio forense.
Tutti i componenti durano in carica 4
rieleggibili.
anni
e non sono immediatamente
8.1.2.1.4. Competenze.
Il Consiglio superiore della magistratura è competente per:

assegnazioni di sedi e di funzioni ai magistrali con successivi mutamenti di esse;

promozioni e trasferimenti di magistrati ed ogni altro provvedimento relativo allo
stato giuridico dei magistrati;

designazione per la nomina a magistrati di Cassazione di professori o avvocati
forniti di meriti insigni;

nomina e revoca dei magistrati onorari e dei giudici “laici” addetti alle sezioni
specializzate dei tribunali;

pareri al Ministero della Giustizia, se richiesti, sui disegni di legge riguardanti
l'ordinamento giudiziario e l'amministrazione della giustizia;

procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati.
8.1.2.1.5. L’amministrazione
della giustizia.
La parte della Costituzione dedicata alla magistratura esordisce con una proposizione che
riconferma il principio di sovranità popolare: “La giustizia è amministrata in nome del
popolo” (art. 101 1° co Cost.).
Questo principio trova formale attuazione nelle disposizioni dei codici, secondo cui le
sentenze vengono pronunciate dai giudici in nome del popolo italiano. La scelta del
Costituente non è stata però nel senso di un’investitura del giudice operata direttamente dal
popolo.
Lo stretto collegamento col popolo è ribadito dalla soggezione dei giudici alle leggi:
poiché il popolo elegge il Parlamento, e in tale sede vengono approvate le leggi (comprese
quelle sull’organizzazione, sull’attività e sul controllo della magistratura), tale soggezione
significa che questi sono indirettamente sottoposti alla volontà popolare (tradotta in legge) 1.
Al riguardo si ricordi che l’art. 102 3° co. afferma che “La legge regola i casi e le forme
della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia”2.
1
L’amministrazione della giustizia è un’attività ampia e articolata, affidata a una varietà di soggetti: anzitutto il
pubblico ministero ed il giudice. Il primo deve assicurare il rispetto del diritto da parte di tutti coloro che si
trovano sul territorio nazionale (“Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale” art. 112 Cost.);
deve quindi compiere tutte le indagini che ritiene necessarie per l’accertamento di un reato (con l’aiuto delle
forze di polizia giudiziaria), deve dare inizio ad un processo penale portando al giudice i risultati delle indagini
compiute (cioè esercitare l’azione penale quando ritiene che è stato commesso un reato), e partecipare ad alcuni
delicati giudizi civili (es.: divorzio) come rappresentante dello Stato in questioni private ma di importanza
sociale. Il giudice deve, invece, accertare il fatto portato alla sua conoscenza e decidere quale regola giuridica
vada applicata al caso concreto. All’amministrazione della giustizia, in senso ampio, partecipano poi tutti gli altri
soggetti che svolgono la loro attività in coordinamento con i magistrati: cancellieri, ufficiali giudiziari, forze
dell’ordine, Presidenza del Tribunale, Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia etc.
2
La partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia trova la sua più puntuale applicazione
nelle Corti di Assise che giudicano i reati più gravi. Si tratta di organi giudiziari esistenti presso i Tribunali e
Ver. 09/04/2017 13:34:00
116
Diritto costituzionale
La magistratura e la funzione giurisdizionale
8.1.2.1.6. La
soggezione dei giudici alla legge.
Il 2° co. Cost. afferma che “I giudici sono soggetti solo alla legge”.
La soggezione del giudice alla legge va intesa in due sensi: anzitutto egli ha il dovere di
applicare la legge anche se non ne condivide il contenuto e gli effetti; inoltre la soggezione
«soltanto» alla legge significa che il giudice non deve e non può subire condizionamenti da
parte di nessuno, singoli cittadini, altri giudici, Governo, partiti politici, gruppi economici etc.
Tutto questo ha come conseguenza la certezza che per situazioni che la legge considera uguali
l’esito del giudizio sarà sempre lo stesso, a prescindere dal giudice davanti al quale si celebra
il processo3.
8.2. Funzione giurisdizionale.
8.2.1. La giurisdizione ordinaria e speciale.
L'ordinamento italiano ripartisce la funzione giurisdizionale fra due ordini distinti: la
giurisdizione ordinaria e giurisdizione speciale.
8.2.1.1. La
giurisdizione ordinaria.
La g i u r i s d i z i o n e o r d i n a r i a è esercitata per tutte le controversie da magistrati
ordinari, istituiti e regolati secondo le norme sull'ordinamento giudiziario e soggetti
amministrativamente al Consiglio superiore della Magistratura (art. 102 1° co. Cost.4).
La giurisdizione ordinaria si distingue in:

p e n a l e : competente per le violazioni di quelle norme che hanno, come
conseguenza, l’applicazione di una sanzione penale;

c i v i l e : competente per la tutela giurisdizionale dei diritti dei privati e si svolge su
iniziativa dei privati.
8.2.1.2. La
giurisdizione speciale
Le g i u r i s d i z i o n i s p e c i a l i sono quelle che si occupano di particolari controversie,
secondo un criterio di specializzazione, richiesto dalla natura tecnica di esse.
All'interno delle giurisdizioni speciali, si distinguono:

la g i u r i s d i z i o n e a m m i n i s t r a t i v a , è competente per tutte le controversie
che insorgono tra pubbliche amministrazioni, o tra pubbliche amministrazioni e
privati, relative a rapporti di diritto amministrativo, salvo che si controverta
sull'esistenza di diritti soggettivi (in tal caso la controversia è di competenza del
presso le Corti di Appello, composti da due magistrati e da sei giudici popolari, scelti sulla base di elenchi
compilati in ogni Comune fra i cittadini che abbiano i requisiti previsti dalla legge. La scelta avviene mediante
sorteggio e l’incarico non può essere rifiutato. I magistrati e i giudici popolari costituiscono un collegio unico, a
differenza di quanto avviene nei Paesi anglosassoni, dove il magistrato dirige il processo e la giuria emette un
verdetto senza motivazione.
3
La soggezione del giudice alla legge non va comunque vista in modo troppo rigido: del resto, di fronte ad una
produzione di leggi tumultuosa e spesso confusa, il giudice si trova ad essere ancor prima garante dei diritti del
cittadino che non della mera osservanza della legge. La necessità poi di interpretare attentamente ed applicare la
legge non sempre allo stesso modo, ma tenendo presente (sia pure in minima parte) la realtà alla quale essa si
riferisce, ha attribuito spesso e volentieri all’attività giurisdizionale i caratteri della politicità e della creatività. In
altri termini il giudice non è la bocca della legge ma, per usare un’espressione di Norberto Bobbio, un suo più o
meno cosciente manipolatore, cioè un soggetto che, sempre nel rispetto dei valori posti a base dell’ordinamento
(anzitutto il principio di uguaglianza sostanziale), deve tenere presente il continuo evolversi della società, e
ricercare, nell’applicazione della legge, il nuovo e giusto equilibrio tra la legalità ed il fatto concreto portato al
suo esame.
4
“La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento
giudiziario”
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117
Diritto costituzionale
La magistratura e la funzione giurisdizionale
giudice ordinario civile, tranne nei casi di giurisdizione esclusiva). È esercitata dai
Tribunali amministrativi regionali (T.A.R.) e dal Consiglio di Stato;

la g i u r i s d i z i o n e c o n t a b i l e : è esercitata esclusivamente dalla Corte dei
Conti, nelle controversie concernenti il contenzioso contabile, la responsabilità
civile dei dipendenti nei confronti della pubblica amministrazione, la materia
pensionistica;

la g i u r i s d i z i o n e i n m a t e r i a d i a c q u e p u b b l i c h e : le controversie
concernenti le acque pubbliche (cd. demanio pubblico) sono attribuite alla
competenza di appositi organi giurisdizionali, i Tribunali regionali delle acque
pubbliche, e, in secondo grado, al Tribunale superiore delle acque pubbliche;

la g i u r i s d i z i o n e m i l i t a r e : è esercitata dai tribunali militari, previsti
dall'art. 1033 Cost. Essi svolgono giurisdizione penale limitata ai reati militari
commessi da soggetti appartenenti alle forze armate;

la g i u r i s d i z i o n e t r i b u t a r i a : è affidata alle Commissioni tributarie
regionali con sede nel capoluogo di ogni Regione ed alle Commissioni tributarie
provinciali5.
8.3. Il giusto processo (art 111 Cost.).
La legge costituzionale n. 2 del 1999 ha tradotto sul piano del nostro ordinamento
costituzionale una parte dei principi del giusto processo elaborati dalla dottrina e dalla
giurisprudenza angloamericana6.
I principi enucleabili dal nuovo art. 111 Cost. sono i seguenti:

riserva assoluta di legge in materia processuale;ù

terzietà e imparzialità del giudice;

necessario contraddittorio fra le parti in condizioni di parità;

ragionevole durata del processo, di per sé una afflizione che non è giusto sia,
quindi, eccessivamente protratta;

informazione tempestiva e riservata sulla natura e i motivi dell’accusa elevata a
carico del cittadino;

concreta possibilità di difesa, attraverso la disponibilità di tempo e delle condizioni
necessarie per preparare la sua difesa; la facoltà di interrogare o fare interrogare le
persone che rendono dichiarazioni a suo carico e di ottenere la convocazione e
l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa;
l’acquisibilità di ogni altro mezzo di prova a favore dell’accusato; l’assistenza di un
interprete in caso di mancata comprensione della lingua impiegata nel processo;

formazione della prova nel contraddittorio fra le parti;
5
Ricordiamo inoltre la giurisdizione ecclesiastica: la L. 121/1985, in esecuzione dell'accordo del 1984, ha
riconosciuto alla Chiesa libertà di giurisdizione in materia ecclesiastica.
6
L’applicazione dei principi del giusto processo ai procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore
della L. cost. 2/99 è stata disciplinata dal D.L. 2/2000 (convertito nella L. 35/2000) ed ha trovato attuazione con
la L. 1-3-2001, n. 63, la quale ha modificato numerosi articoli del codice penale e di procedura penale, e con la
L. 89/2001, inerente la ragionevole durata del processo.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
118
Diritto costituzionale
La magistratura e la funzione giurisdizionale

ammissibilità di deroghe a tale dialettica nei casi di consenso dell’imputato,
oggettiva impossibilità (si pensi ad una persona offesa moribonda) o provata
condotta illecita (ad es.: minacce ad un testimone);

insufficienza a giustificare la condanna dell’imputato delle dichiarazioni non
confermate in dibattimento.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
119
Diritto costituzionale
Gli organi di rilievo costituzionale
Capitolo 9°
Gl i o rg an i di r il i e v o co s ti tu zi on a l e
9.1. Introduzione.
Gli o r g a n i
a
rilevanza
costituzionale
o
di
rilievo
c o s t i t u z i o n a l e , sono organi che pur non partecipando alla funzione politica, né essendo
essenziale alla struttura costituzionale dello Stato, sono individuati, ma non disciplinati, dalla
Costituzione che rinvia al legislatore ordinario la disciplina della loro attività.
Essi sono: I) il C.N.E.L.; II) la Corte dei Conti; III) il Consiglio di Stato; IV) il C.S.M.; V)
il Consigli della magistratura militare VI) il Consiglio Supremo di Difesa.
9.2. Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).
9.2.1. Natura giuridica
II Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, previsto dall’ars. 99 Cost.:

è organo di rilievo costituzionale;

è composto di esperti e rappresentanti delle categorie produttive;

è organo di consulenza delle Camere e del Governo;

ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione
economica e sociale.
9.2.2. Funzioni
In particolare le funzioni del CNEL1 sono quelle di:

esprimere pareri;

promuovere iniziative legislative.
I pareri sono forniti solo su richiesta del Governo, delle Camere o delle Regioni (quindi
non sono obbligatori) e, anche se forniti, non risultano vincolanti.
9.2.3. Composizione.
Sulla base della legge n. 214/2011, esso consta di 65 membri così suddivisi:

il presidente, nominato con decreto del presidente della Repubblica, al di fuori
degli altri componenti;

10 «esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica» di
cui:

8 nominati direttamente dal presidente della Repubblica,

2 nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio
dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri;

48 «rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e
privato», di cui:
1
La Costituzione si limita a definire due specifiche competenze: la titolarità dell'iniziativa legislativa e la
competenza a elaborare "la legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i principi stabiliti dalla
legge" che sono assai restrittivi.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
120
Diritto costituzionale
Gli organi di rilievo costituzionale

22 rappresentanti dei lavoratori dipendenti, tra i quali 3 «rappresentano i dirigenti e
i quadri pubblici e privati»;

9 rappresentanti dei lavoratori autonomi e delle professioni;

17 rappresentanti delle imprese.

6 rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del
volontariato.
I membri del Consiglio restano in carica per cinque anni e possono essere riconfermati.
A supporto dell'attività dell'organo è istituito un Segretariato generale, composto da uffici
che fanno capo al segretario generale, nominato con decreto del presidente della Repubblica,
su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei
ministri, sentito il presidente del CNEL.
9.3. La Corte dei Conti.
9.3.1. Natura giuridica.
La C o r t e d e i C o n t i è un organo a rilevanza costituzionale e non un organo
costituzionale: non è, cioè, organo necessario e indefettibile (nel senso che la sua assenza non
determinerebbe un mutamento del regime vigente) e non partecipa alla funzione di indirizzo
politico.
La sua collocazione nel titolo III, dedicato al Governo, e nella sezione II, dedicata agli
organi ausiliari, potrebbe far pensare che la Corte sia un organo ausiliario del Governo: è.
tuttavia lo stesso art. 100 ad imporre alla legge di legge di assicurarne l’indipendenza di fronte
al governo.
Del resto la Corte dei conti è per tradizione considerata la longa manus del Parlamento, lo
strumento principale attraverso il quale le Camere esercitano il controllo politico sull’operato
del Governo e della pubblica amministrazione. Può, quindi, affermarsi che la Corte è in un
rapporto di ausiliarietà e di sostegno sia col Governo che col Parlamento, senza che ciò
escluda possibili contrapposizioni, tenuto conto che essa opera in veste neutrale ed obiettiva
nell’interesse generale della comunità e a tutela della finanza pubblica.
9.3.2. Struttura.
L’attuale struttura della Corte si articola in:

tre sezioni giurisdizionali centrali;

una sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle
amministrazioni dello Stato, suddivisa in due collegi;

una sezione di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, suddivisa
in due collegi;

una sezione autonomie, che esercita i controlli finanziari e le analisi comparative
sull’andamento della gestione degli enti locali;

una sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali;

sezioni regionali di controllo in ogni Regione ad autonomia ordinaria.

sezioni giurisdizionali regionali e provinciali.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
121
Diritto costituzionale
Gli organi di rilievo costituzionale
9.3.3. La attribuzioni
Fra le molteplici e complesse attribuzioni della Corte dei conti è possibile procedere ad una
classificazione per tipi fondamentali distinguendo:

attribuzioni in funzione di controllo;

attribuzioni in funzione consultiva;

attribuzioni in funzione giurisdizionale.
9.3.3.1. Funzioni
di controllo
Ai sensi degli articoli 100 e 103 Cost. la Corte dei conti è la suprema magistratura di
controllo.
In particolare La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del
Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi
e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo
Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del
riscontro eseguito.
Il controllo da essa esercitato assume natura preventiva limitatamente al riscontro di
legittimità di una serie di atti non aventi forza di legge (es.: decreti che approvano contratti
delle amministrazioni pubbliche per importi più rilevanti; atti di programmazione comportanti
spese) il cui elenco è contenuto tassativamente nell’art. 3 L. 20/94.
L’attività di controllo preventivo viene effettuata a mezzo del cd. visto di legittimità: i
provvedimenti sottoposti a controllo acquistano efficacia se il competente ufficio di controllo
non ne rimette l’esame alla Sezione di controllo entro 30 giorni dal ricevimento (art. 3, L.
20/94).
La Sezione del controllo si pronuncia sulla conformità a legge entro 30 giorni dalla data di
deferimento dei provvedimenti da controllare, decorsi i quali essi acquistano efficacia.
Il controllo successivo viene esercitato sulla gestione del bilancio e del patrimonio di
pubbliche amministrazioni, riferendo annualmente al Parlamento ed ai Consigli Regionali.
9.3.3.2. Funzioni
consultive.
Nell’esplicare le attribuzioni consultive di cui è depositaria, la Corte dei conti esprime,
obbligatoriamente, parere sulle leggi che importino modifiche o integrazione alle sue
attribuzioni; sulle norme che modifichino la legge sulla contabilità di Stato.
9.3.3.2.1. Funzioni
giurisdizionali
Quanto alle attribuzioni giurisdizionali, la Corte giudica della responsabilità dei pubblici
dipendenti in materia contabile, che si fonda sul maneggio, di diritto e di fatto, del denaro o,
in genere, dei valori della pubblica amministrazione e amministrativa, che si fonda, invece,
sul danno patrimoniale dolosamente o colposamente cagionato all’amministrazione. La Corte
giudica anche in materia di pensioni a carico totale o parziale dello Stato2.
9.4. Il Consiglio di Stato.
Il Co n s i g l i o d i S t a t o

è un o r g a n o c o m p l e s s o :
2
La giurisdizione della Corte dei conti è una giurisdizione amministrativa speciale, in quanto esercitata solo
nelle materie tassativamente indicate dalla legge, ed esclusiva, perché comprende sia le questioni relative ai
diritti soggettivi che quelle riguardanti gli interessi legittimi.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
122
Diritto costituzionale
Gli organi di rilievo costituzionale

di r i l i e v o c o s t i t u z i o n a l e : in quanto è previsto dalla Costituzione, che
ne sancisce l’indipendenza dal Governo, e conseguentemente non potrebbe essere
soppresso né privato delle sue funzioni istituzionali con legge ordinaria;

è organo giurisdizionale amministrativo di secondo
g r a d o (rispetto al TAR). Oltre alla competenza giurisdizionale di secondo, il
Consiglio di Stato mantiene una competenza giurisdizionale esclusiva in alcune
materie espressamente previste dalla legge;

con
funzioni
consultive
generali
in
materia
g i u r i d i c o - a m m i n i s t r a t i v a Nell’esercizio delle funzioni consultive il
Consiglio di Stato esprime pareri in materia giuridico-amministrativa. I p a r e r i
del Consiglio di Stato possono essere:
o f a c o l t a t i v i : sono quei pareri che la Pubblica Amministrazione ha la
facoltà (non l’obbligo) di chiedere al C.d.S., se lo ritiene opportuno. Tale
pareri non sono mai vincolanti per la Pubblica Amministrazione che li
richiede;
o o b b l i g a t o r i : sono quei pareri che la P.A. deve chiedere al C.d.S., in
base a norme giuridiche, in caso determinati. In al base all’art. 17, comma
25, della legge 127/1997 il parere del Consiglio di Stato è richiesto in via
obbligatoria per tre categorie di atti:
1) per l’emanazione degli atti normativi del Governo, dei singoli
Ministri, ai sensi dell’art. 17 della legge 400/1998 (si tratti dei
regolamenti dell’Esecutivo) e dei tesi unici;
2) per la decisioni dei ricorsi straordinari al Presidente della repubblica;
3) sugli schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni
predisposti da uno o più Ministri.
9.5. Il Consiglio della magistratura militare
A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 266 del 1988 è stato istituito con L.
30-12-1988 n. 561 il C o n s i g l i o s u p e r i o r e d e l l a . m a g i s t r a t u r a
m i l i t a r e . Tale Consiglio ha le identiche funzioni garantistiche e le stesse attribuzioni di
cui gode il C.S.M. protese ad assicurare, attraverso una serie di garanzie di carattere personale
riconosciute ai giudici militari, la stessa imparzialità ed indipendenza assicurate ai giudici
ordinari.
9.6. Il Consiglio supremo di difesa.
9.6.1. Caratteri
Il Consiglio Supremo di difesa. Può definirsi come un organo (tecnicamente un Comitato
interministeria1e);

di rilievo costituzionale, perché previsto dalla Costituzione, ma non partecipe della
funzione politica. bensì solo dotato di attribuzioni proprie del potere esecutivo;

collegiale;

con funzioni consultive e deliberative.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
123
Diritto costituzionale
Gli organi di rilievo costituzionale
9.6.2. Composizione.
È un organo, composto dal Presidente della Repubblica, che lo presiede, dal Presidente del
Consiglio, dai Ministri per gli affari esteri, dell’Interno, delle Finanze, per la Difesa, per
l’Industria e il Commercio, e dal Capo di Stato Maggiore della difesa.
9.6.3. Competenze
Il Consiglio supremo di difesa coordina tutte le attività relative alla difesa dello Stato.
Inoltre esamina i problemi generali politici e tecnici attinenti alla difesa nazionale e determina
i criteri e fissa le direttive per l’organizzazione ed il coordinamento delle attività militari dello
Stato.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
124
Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Capitolo 10°
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
10.1. Generalità.
Le Costituzioni contemporaneamente garantiscono accanto ai principi generali relativi
all’organizzazione dello Stato, anche altre norme programmatiche che disciplinano il regime
giuridico, sociale, politico ed economico dello Stato (c.d. “d i c h i a r a z i o n i
c o s t i t u z i o n a l i ”).
La Costituzione italiana attuale è fra quelle che dedicano maggiori disposizioni sulle
libertà individuali e ai diritti umani: essa infatti detta al riguardo i primi 54 articoli così
suddivisi:

nella prima parte enuncia i “principi fondamentali” (artt. 1-12) nella loro portata
più ampia e generale;

nella secondo parte (artt. 13-54) ne ribadisce il contenuto in relazione agli specifici
rapporti che interessano la società: rapporti civili (artt. 13-28), etico sociali (artt.
29-34), economici (artt. 35-47), politici (artt. 48-54).
10.2. Principi fondamentali.
10.2.1. Art. 1.
L’art. 1 primo comma della Cost. afferma che “L ’ I t a l i a è u n a R e p u b b l i c a
d e m o c r a t i c a , f o n d a t a s u l l a v o r o ”.
Con l’espressione “Repubblica democratica fondata sul lavoro” la Costituzione ha inteso
riconoscere e far proprio il risultato della consultazione popolare tenutasi il 2 giugno del 1946
(referendum istituzionale), con cui gli italiani avevano cancellato la forma di governo
monarchica e scelto quella repubblicana.
La Repubblica democratica riconosce ad ognuno l’eguale diritto di prendere parte, in
condizioni di parità con gli altri, alla vita politica e sociale. In particolare, in un regime
democratico la maggioranza ha il diritto di governare, ma ha anche il dovere di non impedire
alla minoranza di diventare, a parità di condizioni democratiche, essa stessa maggioranza (il
che consente l’alternanza di forze politiche al potere).
L’art. 1 secondo comma della Cost. afferma che “L a s o v r a n i t à a p p a r t i e n e
al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
C o s t i t u z i o n e ”.
Nei regimi democratici la sovranità appartiene al popolo. Affinché la democrazia non
degeneri in dittatura, il popolo è tenuto ad esercitare la sovranità nelle forme e nei limiti
previsti dalla Costituzione, rispettando le libertà e i diritti di tutti. Questa regola, sancita dal
secondo comma dell’art. 1, connota il nostro ordinamento come S t a t o d i d i r i t t o , in
cui il principio della soggezione alla legge, proprio della forma di Stato liberale, si arricchisce
di un significato ulteriore: sia i cittadini che i pubblici poteri (compreso il legislatore, in
passato considerato onnipotente) sono soggetti, infatti, anche alla Costituzione
(p r i n c i p i o d i l e g a l i t à c o s t i t u z i o n a l e ).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
125
Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Il popolo esercita tale sovranità secondo due modelli:

quello della d e m o c r a z i a r a p p r e s e n t a t i v a , in cui il corpo elettorale,
cioè la parte attiva del popolo, elegge i suoi rappresentanti ai vertici degli organi
pubblici elettivi per esercitare il potere politico;

quello della d e m o c r a z i a d i r e t t a , caratterizzato dalla partecipazione in
prima persona dei cittadini alle scelte politiche (come nelle pòleis o città-Stato
greche e, più recentemente, nella Confederazione elvetica). Alcuni istituti di
democrazia diretta riconosciuti nel nostro ordinamento e menzionati dalla
Costituzione assolvono ad una funzione prevalentemente suppletiva, integrativa e
correttiva del modello rappresentativo: quello di maggior rilievo è il referendum
abrogativo.
10.2.2. Art. 2.
L’art. 2 della Cost. afferma che: “La Repubblica riconosce1 e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo2, sia come singolo sia nelle formazioni sociali3 ove si svolge la sua personalità, e
richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà4 politica, economica e sociale”.
La norma trascrive in linguaggio giuridico il p r i n c i p i o p e r s o n a l i s t a , in base al
quale al vertice dei valori riconosciuti dall’ordinamento giuridico si colloca la persona umana,
sia nella sua dimensione individuale che in quella sociale.
La Costituzione, cancellando ogni retaggio del passato, non considera più l’individuo
separato dalle comunità intermedie ed organicamente inquadrato nello Stato (come affermava
il pensiero politico liberale o l’ideologia fascista), ma lo inserisce in un fecondo reticolo di
rapporti sociali, all’interno dei quali maturano le condizioni per lo sviluppo della sua
personalità. Ciò spiega perché la Costituzione riconosca alle formazioni sociali un ruolo
1
Ricorrendo al verbo “riconoscere”, la Costituzione prende atto della preesistenza ed ineliminabilità dei diritti
inviolabili dei cittadini, a cui si limita ad apprestare idonea tutela. Da questa norma, inoltre, si può dedurre la
garanzia costituzionale anche di diritti che non rientrano nel catalogo delle libertà previsto dagli artt. 13 e
seguenti: si tratterebbe, cioè, di una «norma a fattispecie aperta», nell’ambito della quale troverebbero posto
anche nuovi diritti di recente elaborazione giurisprudenziale, come il diritto alla riservatezza, all’identità
personale e sessuale etc.
2
D i r i t t i i n v i o l a b i l i d e l l ’ u o m o : esprimono le libertà e i valori fondamentali e irrinunciabili
della persona umana. Le pubbliche autorità possono solo limitarne temporaneamente l’esercizio (col rispetto di
precise garanzie), ma non sopprimerli, pena il sovvertimento dell’assetto costituzionale. Essi costituiscono sia
una sfera intangibile della persona che un limite invalicabile per il legislatore. Sono, inoltre, inalienabili e non
possono essere oggetto di rinuncia o perdita per mancato esercizio.
3
F o r m a z i o n i s o c i a l i : aggregazioni umane nelle quali trova espressione il bisogno di socialità
dell’individuo. La concezione più ampia vi ricomprende gli enti privati con o senza scopo di lucro, la scuola, i
partiti, i sindacati, le confessioni religiose e, in primis, la famiglia. Solo riconoscendo diversi livelli di autonomia
(familiare, sociale, sindacale, territoriale) costituzionalmente garantiti si può tendere all’effettiva uguaglianza dei
diritti e doveri dei cittadini.
4
D o v e r i i n d e r o g a b i l i d i s o l i d a r i e t à : posizioni giuridiche di obbligo a contenuto
politico, economico e sociale alle quali nessuno può sottrarsi. Esempi sono: la difesa della Patria, l’obbligo di
contribuzione alle spese pubbliche, la fedeltà alla Repubblica. L’adempimento di tali doveri trasforma
l’individuo (volto al mero appagamento dei propri bisogni individuali) in membro effettivo e responsabile di una
comunità. Libertà ed eguaglianza sono valori che le moderne democrazie tendono sempre ad affiancare, anche se
presentano caratteri di reciproca conflittualità: il massimo di libertà, soprattutto economica, spesso coincide col
massimo di diseguaglianza. Per evitare che il prevalere dell’una sull’altra disgreghi il tessuto sociale, un altro
valore è prescritto dal nostro ordinamento: la s o l i d a r i e t à . Tutti e tre i valori si identificano con la triade
liberté, égalité, fraternité proclamata dalla Rivoluzione francese. Così, ad esempio, adempiendo al dovere di
contribuire alle spese pubbliche, è possibile consentire allo Stato di procedere ad una redistribuzione del reddito
fra i cittadini per sostenere, tra l’altro, alcuni interventi riequilibratori (sussidi, borse di studio, assegni familiari
etc.) a favore dei soggetti più deboli.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
126
Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
essenziale nella crescita dell’individuo, proteggendole da indebite interferenze dei pubblici
poteri e rendendole destinatarie degli stessi diritti dell’individuo (p r i n c i p i o
p l u r a l i s t a ).
L’ultimo comma afferma, infine, il p r i n c i p i o s o l i d a r i s t a , che impone ai
cittadini non solo di rispettare le altrui libertà e diritti, ma anche e soprattutto di attuare e
difendere i valori supremi del sistema, partecipando attivamente alla vita politica, economica
e sociale. Da tale principio scaturiscono una serie di doveri sociali a vantaggio della comunità
ai quali il singolo non può sottrarsi.
10.2.3. Art. 3.
10.2.3.1. Principio
di uguaglianza formale.
L’art. 3 1° co. della Cost. stabilendo che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” pone il principio della u g u a g l i a n z a
f o r m a l e dei cittadini.
Questo articolo, definito il cuore della Costituzione e la sua chiave essenziale di lettura,
afferma il principio, propugnato dalla rivoluzione francese, che «la legge è eguale per tutti»:
pertanto non solo i governati, ma anche i governanti sono tenuti a rispettarla (c.d. S t a t o
d i d i r i t t o ).
L’affermazione al primo comma del principio di eguaglianza formale vieta, inoltre, al
legislatore di introdurre norme discriminatorie fondate su ciascuna delle sei categorie previste
e trova, inoltre, riscontro anche in altre disposizioni costituzionali: nell’art. 29, che attribuisce
ai coniugi, all’interno della famiglia, pari dignità morale e giuridica; nell’art. 37, per il quale
la donna lavoratrice ha gli stessi diritti dell’uomo lavoratore e merita, a parità di lavoro, il
medesimo trattamento retributivo; nell’art. 48, che sancisce definitivamente il principio del
suffragio universale etc.
Tuttavia trattare in modo rigorosamente eguale le complesse situazioni che si presentano
nella realtà giuridica e sociale potrebbe, in talune circostanze, rivelarsi sommamente ingiusto:
ad esempio, è vero che uomo e donna sono uguali davanti alla legge, ma è anche vero che non
può considerarsi ingiusta una legge che favorisca la maternità, in considerazione della
diversità biologica tra i sessi e del ruolo naturale di madre che la donna è chiamata ad
assumere.
Al legislatore spetta, pertanto, il difficile compito di unificare in alcuni casi, di
diversificare in altri, senza mai discriminare o concedere privilegi. Il principio d’eguaglianza
si trasforma, così, in principio di ragionevolezza della legge. Questo significa che i trattamenti
discriminatori sono contrari al principio di eguaglianza solo se irragionevoli o ingiustificati.
Si ricordi , infine, che l’art. 3 costituisce una delle fondamentali norme-parametro per le
dichiarazioni di incostituzionalità, in quanto molto frequentemente si invoca la illegittimità
costituzionale di una norma proprio perché viola il 1° comma dell’art. 3.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
127
Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
10.2.3.2. Principio
di uguaglianza sostanziale.
Il secondo dell’art. 3 della Cost. afferma che: “È compito della Repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico5 e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (p r i n c i p i o
d i u g u a g l i a n z a s o s t a n z i a l e ).
La prima parte della norma, nell’affermare il principio di eguaglianza formale, considera
l’individuo nella sua astrattezza, indipendentemente dalle condizioni materiali e sociali in cui
egli concretamente si trova.
Le diseguaglianze di fatto, determinate proprio dalla disparità di condizioni, tuttavia
esistono, e la Repubblica smentirebbe le solenni affermazioni di eguaglianza giuridica se non
si attivasse per attenuare tali differenze ed eliminare gli «scarti sociali» che, se diventano
troppo ampi, possono diventare desocializzanti, distruggendo nell’individuo la convinzione di
appartenere alla comunità nazionale.
Ciò spiega l’affermazione del principio d’eguaglianza sostanziale, che sancisce il
passaggio dall’ordinamento liberale classico (in cui la società era organizzata sulla base della
proprietà privata e dell’assoluta libertà economica) allo S t a t o s o c i a l e e d
i n t e r v e n t i s t a , che si impegna a creare le condizioni necessarie per consentire l’accesso
di tutti a determinate utilità sociali messe a disposizione della comunità, come la salute, il
lavoro, l’istruzione.
10.2.4. Art. 4:
L’art. 4 della Cost. “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e
promuove le condizioni6 che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta,
un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale7 della società”.
Questo articolo ha portata rivoluzionaria ed innovatrice: compie una scelta fondamentale di
valori in quanto afferma ed esplicita il p r i n c i p i o l a v o r i s t a (già enunciato all’art. 1),
riconoscendo a tutti i cittadini il diritto al lavoro e l’impegno della Repubblica a creare le
condizioni per renderlo effettivo. In tal modo i pubblici poteri ricevono una spinta orientativa
inequivocabile: attivarsi positivamente per assicurare il lavoro a tutti.
La norma deve essere interpretata nel senso di favorire la stabilità dell’occupazione
attraverso una rigorosa disciplina dell’accesso, dello svolgimento e della cessazione del
rapporto di lavoro. Ciò non significa che il diritto al lavoro possa essere autonomamente
5
O s t a c o l i d i o r d i n e e c o n o m i c o e s o c i a l e : insieme delle situazioni di inferiorità (più
basso reddito individuale e familiare, minor grado di istruzione, handicap fisici o psichici etc.) che degradano
l’individuo e offendono la sua dignità, attenuando anche l’impulso a realizzarsi come persona. Tali ostacoli
rischiano, se non rimossi, di rappresentare una fonte di discriminazione tra i cittadini nella vita economica,
sociale e politica del Paese. Al fine di rimuovere tali ostacoli, sono riconosciuti in capo ai cittadini una serie di
diritti sociali (profondamente diversi dai diritti di libertà) che presuppongono un intervento attivo dello Stato e
uno stimolo all’apparato per la loro costante attuazione.
6
Promuove le condizioni: è questo l’impegno concreto assunto dallo Stato-interventista che si fa carico di una
serie di obiettivi che devono improntare la sua politica (massima occupazione, politiche di sviluppo etc.).
7
Attività o funzione che concorra al progresso materiale o
s p i r i t u a l e d e l l a s o c i e t à : questa ampia espressione comprende ogni prestazione d’opera
dell’uomo che apporta un’utilità alla collettività, qualunque ne sia la qualificazione giuridica o economica:
lavoro manuale o intellettuale, subordinato o autonomo, retribuito o volontario, pubblico o privato.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
azionato in sede giudiziaria, ossia che un disoccupato possa adire il giudice invocando la
pretesa a trovare occupazione; ma consente al giudice, in caso di licenziamento illegittimo, di
reintegrare il lavoratore nel suo posto. Allo stesso modo non è configurabile un diritto al
mantenimento del posto di lavoro, sebbene sia innegabile l’influenza esercitata, anche in
questo settore, dal disposto costituzionale e legislativo che tende a limitare le occasioni in cui
è consentito al datore di lavoro licenziare i prestatori di lavoro.
In altri termini con l’espressione il “diritto al lavoro” non è un diritto soggettivo perfetto,
ma un invito al legislatore a favorire al massimo l’impiego delle attività lavorative garantendo
la possibilità giuridica di aver accesso ai posti disponibili quando se ne posseggono i requisiti
prefissati.
Con la previsione del lavoro come “dovere” , al secondo comma, la Costituzione non
costringe il cittadino a lavorare, né comprime la libertà di scegliere l’attività da svolgere,
bensì esprime il monito ad escludere ogni forma di parassitismo economico e sociale. Per
meritare i diritti sociali beneficiando della solidarietà sociale e delle provvidenze stabilite
dallo Stato, il cittadino deve, pertanto, dimostrare di versare effettivamente in condizioni tali
da non poter sostenersi, né con i propri beni, né con il proprio lavoro.
10.2.5. Art. 5.
L’art. 5 della Cost, afferma che “La Repubblica, una e indivisibile8, riconosce9 e promuove
le autonomie locali10; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo11; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze
dell’autonomia e del decentramento12.”
8
L’affermazione dell’unità e dell’indivisibilità della Repubblica altro non è che la formalizzazione giuridica del
processo storico che ha portato alla formazione dello Stato unitario. Viene ribadita in questo articolo perché
rappresenta anche un limite alle potenzialità espansive delle autonomie locali nonché al potere di revisione del
legislatore costituzionale, che non è legittimato in nessun modo ad attuare modifiche costituzionali che mettano
in pericolo l’unità dello Stato.
9
Il termine «riconoscere», in particolare, è riferito ai Comuni e alle Province, in quanto comunità locali
preesistenti al costituirsi della Repubblica. La Costituzione, però, non si è limitata soltanto a prendere atto delle
realtà locali esistenti, ma ne ha promosse altre, le Regioni. Ciò al fine di consentire al cittadino di partecipare più
da vicino alla vita politica delle comunità locali. Tale esercizio si attua nelle forme e nei limiti dettagliatamente
stabiliti dal Titolo V, che gradua e diversifica l’autonomia degli enti rappresentativi delle comunità locali, dando
rilievo particolare proprio alle Regioni.
10
A u t o n o m i a l o c a l e : capacità riconosciuta a ciascuna comunità residente sul territorio nazionale di
regolamentare e gestire, con proprie determinazioni, una parte di affari pubblici.
11
D e c e n t r a m e n t o a m m i n i s t r a t i v o : trasferimento di competenze e poteri decisionali dagli
organi centrali statali ad organi periferici o ad altri soggetti. Questi ultimi possono essere: I) enti pubblici,
territoriali (come Regioni, Province e Comuni) e non. In questo caso si parla di decentramento autarchico, in
quanto tali enti hanno una propria soggettività; II) articolazioni periferiche dello Stato. In questo caso si parla di
decentramento burocratico, perché gli organi ai quali tali poteri sono demandati fanno sempre parte
dell’organizzazione statale, ma non operano a livello centrale (es. Prefetto che dipende dal Ministro
dell’Interno); III) aziende autonome. In questo caso si parla di decentramento funzionale, perché vengono
costituiti appositi enti o società per la gestione di uno specifico servizio pubblico. Rispetto all’autonomia
riconosciuta alle comunità territoriali, il decentramento assolve una funzione più limitata, ma non meno
rilevante. Uniformandosi a tale principio, l’organizzazione dello Stato viene ad articolarsi in più centri di potere,
ciascuno dei quali gode di ampi margini di azione assumendosi le corrispondenti responsabilità.
12
Alla promozione si affianca l’adeguamento della legislazione alle esigenze dell’autonomia e del
decentramento. La norma diventa fonte di un vincolo specifico per il legislatore statale, che in tali materie è
spesso chiamato ad intervenire. Spetta alle leggi della Repubblica, infatti, definire le competenze di Comuni e
Province, demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione e attribuire a Province,
Comuni o ad altri enti locali funzioni amministrative regionali. Così, in particolare, si è verificato con la L.
142/90, che ha previsto un’ampia autonomia statutaria e regolamentare delle Province, Comuni e Comunità
minori dettando regole precise per una adeguata realizzazione del principio autonomista.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
In risposta all’ordinamento fascista, fortemente accentrato, la Costituzione afferma, in
subordine all’intangibile principio dell’unità e indivisibilità della Repubblica, il principio
autonomista, per consentire una partecipazione immediata alla vita politica dello Stato.
In particolare gli ordinamenti minori delle comunità locali si inseriscono nel più generale
ordinamento statale come sue articolazioni: l’art. 114, infatti, afferma che la Repubblica si
riparte in Regioni, Province e Comuni. Questi enti hanno, col territorio che li delimita, lo
stesso rapporto che lo Stato ha con il proprio; essi sono politicamente rappresentativi e
operano nel generale interesse delle comunità stanziate su quel territorio.
La loro autonomia ha quindi un nocciolo comune, perché l’individuazione dei fini da
perseguire e degli strumenti più idonei per realizzarli (nel rispetto dei principi inderogabili
che reggono la nazione) non viene compiuta dallo Stato, ma dalle stesse comunità locali,
talvolta anche in contrasto con l’indirizzo politico statale.
Tuttavia la natura dei poteri che gli enti locali possono esercitare è diversa, come diverse
sono le fonti che li disciplinano: la Costituzione per le Regioni ordinarie, le leggi
costituzionali per le Regioni speciali, le leggi ordinarie per Comuni e Province. Con il
principio del decentramento amministrativo, invece, si tende ad una maggiore snellezza ed
efficacia dell’attività amministrativa per accorciare sempre più le distanze tra Pubblica
amministrazione e cittadini13.
10.2.6. Art. 6
L’art. 6 della Cost. afferma che “La Repubblica14 tutela15 con apposite norme le minoranze
linguistiche16”.
Da molti secoli popolazioni di ceppo etnico e linguistico diverso da quello italiano si sono
stabilmente insediate sul nostro territorio ed oggi a pieno titolo appartengono alla Repubblica.
Numerose e consistenti minoranze linguistiche sono presenti in Italia (si pensi ai numerosi
13
Al momento, da più parti si auspica una nuova forma di regionalismo maggiormente cooperativo che superi
sia gli ingiustificati ritorni centralisti sia le inopportune e illegali tentazioni autonomistiche. Sono, pertanto,
contrari alla Costituzione i tentativi di fomentare i cittadini delle Regioni più ricche alla secessione, soprattutto
se ciò avviene solo per sottrarsi ai doveri di solidarietà, non sussistendo alcuna legittima aspirazione fondata su
motivi di nazionalità.
14
La Costituzione usa il termine «Repubblica» e non quello di «Stato» perché l’impegno di tutelare le minoranze
è un obbligo che ricade non soltanto sugli organi dello Stato centrale, ma anche sulle comunità territoriali in cui
queste formazioni sociali sono presenti. Anche la comunità internazionale, al pari di quella statale, tende sempre
più intensamente a tutelare le minoranze, soprattutto attraverso lo strumento dei trattati bilaterali o multilaterali,
con i quali gli Stati nel cui territorio sono presenti tali gruppi garantiscono alle minoranze parità di diritti, libertà
ed autonomia. Fino alla legge n. 482 del 1999, mancava una legge quadro nazionale che definisse standard
minimi di tutela delle minoranza linguistiche, migliorabili da ciascuna Regione. La nuova legge prevede adesso
interventi mirati a tutela del patrimonio culturale e linguistico delle minoranze storiche (albanesi, catalane,
germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino,
l'occitano e il sardo) a livello di scuole, università, uffici delle pubbliche amministrazioni, organi collegiali degli
enti territoriali, servizio pubblico radiotelevisivo. Le norme più favorevoli alle minoranze si applicano nelle
Regioni a Statuto speciale mediante disposizioni di attuazione dei rispettivi Statuti, mentre le Regioni ordinarie
si adeguano ai principi della legge statale, ferma restando l'applicazione delle leggi regionali vigenti più
favorevoli.
15
La norma in esame oltre a vietare, alla stregua dell’art. 3, ogni discriminazione, vale a dire un trattamento
peggiorativo fondato sulla diversità di lingua, offre anche una tutela positiva, al fine di conservare il patrimonio
linguistico e culturale delle minoranze, in omaggio ai principi di pluralismo e tolleranza.
16
Minoranza linguistica: formazione sociale il cui tratto distintivo è rappresentato dall’uso di una lingua diversa
da quella dello Stato d’appartenenza e a cui l’ordinamento assicura una tutela particolare.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
gruppi di lingua franco provenzale in Val d’Aosta e tedesca in Trentino-Alto Adige, ma anche
ai greci e agli albanesi delle Regioni meridionali o ai ladini delle vallate dolomitiche).
Il regime fascista, esaltando ossessivamente i valori dell’unità e della nazione (fatta
scaturire direttamente dalla civiltà romana), adottò una politica repressiva verso tali
minoranze (si vedano, ad esempio, le disposizioni sulla nazionalizzazione dei cognomi).
Al contrario la Costituzione, nel rispetto dei principi e dei valori di libertà ed uguaglianza
della persona umana, detta un’apposita norma (che ribadisce il precetto contenuto al 1°
comma dell’art. 3 nella parte in cui vieta ogni discriminazione in base alla lingua) a loro tutela
esprimendo così sia la volontà di rottura con la precedente esperienza dittatoriale che
l’impegno concreto, diretto e fattivo della Repubblica a favore della tutela delle minoranze
alloglotte.
10.2.7. Art. 7.
L’art. 7 della Cost. afferma che “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio
ordine, indipendenti e sovrani17.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi18. Le modificazioni dei Patti, accettate
dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale19.”
La questione dei rapporti con la Chiesa cattolica ha fortemente condizionato la recente
storia dello Stato italiano. Già il regno sabaudo-piemontese, pur proclamando formalmente e
solennemente la religione cattolica «religione di Stato», si smentì nei fatti attuando addirittura
una politica antiecclesiastica, ad esempio abolendo nel 1850 il privilegio degli ecclesiastici di
essere giudicati dai tribunali della Chiesa e non da quelli dello Stato.
I rapporti Stato-Chiesa, già tesi dopo l’Unità (1861), divennero insostenibili nel momento
in cui Roma, ultima roccaforte del dominio papale, fu occupata militarmente (presa di Porta
Pia del 20 settembre 1870) e annessa al Regno d’Italia, segnando la fine del dominio
temporale della Chiesa.
A seguito di tale occupazione Papa Pio IX scomunicò l’intera classe dirigente italiana.
17
La Costituzione configura Stato e Chiesa come due ordinamenti sovrani, relativamente ai fini che ciascuno di
essi persegue. I rapporti fra i due ordinamenti sono regolati mediante accordi bilaterali, secondo il modello delle
relazioni internazionali fra Stati, pur riconoscendosi alla Chiesa caratteri peculiari di sovranazionalità e
universalità.
18
P a t t i L a t e r a n e n s i : accordi sottoscritti l’11 febbraio 1929 nel Palazzo di San Giovanni in Laterano
da Mussolini (per l’Italia) e dal Cardinale Gasparri (per la Santa Sede). Essi si articolavano in tre distinti
documenti: un Trattato, un Concordato e una Convenzione finanziaria. Il Trattato riconosceva la piena
soggettività internazionale allo «Stato della Città del Vaticano» attraverso la rinuncia, da parte dello Stato
italiano, ad una seppure minima estensione di territorio. L’art. 1 affermava il principio della religione cattolica
quale religione ufficiale dello Stato (principio successivamente superato. Il Concordato disciplinava le
condizioni della Chiesa cattolica in Italia, riconoscendo ad essa il libero esercizio del potere spirituale e della
giurisdizione in materia ecclesiastica e regolando la posizione giuridica dei vescovi e del clero, il regime del
matrimonio canonico (al quale si riconosceva automaticamente rilevanza agli effetti civili) nonché la disciplina
degli edifici di culto e degli enti ecclesiastici. La Convenzione finanziaria, infine, prevedeva un risarcimento
(mai corrisposto) al Papa per la perdita dei territori dello Stato Pontificio occupati dal Regno d’Italia.
19
La norma ha costituzionalizzato il p r i n c i p i o p a t t i z i o , in base al quale lo Stato italiano si impegna
a stabilire di comune accordo con la Chiesa ogni modifica dei Patti Lateranensi. Se però tale accordo non viene
raggiunto, sarà necessaria una legge costituzionale che abroghi l’art. 7 per rivedere unilateralmente i Patti
(all’epoca in cui fu redatta la Costituzione, la Chiesa confidava sul fatto che la presenza di un partito cattolico
forte in Parlamento avrebbe scongiurato tale possibilità, dal momento che per approvare una legge costituzionale
sono necessarie maggioranze molto ampie).
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Il Parlamento approvò nel 1871 la legge delle guarentigie, un atto unilaterale col quale il
Regno riconosceva prerogative di sovrano al Pontefice ed extraterritorialità ai palazzi
vaticani: il tentativo di rassicurare la Chiesa sulla sua libertà e indipendenza, tuttavia, non
ebbe credito presso il soglio pontificio in quanto il Papa non accettò mai tale legge e la
situazione di delegittimazione della classe dirigente di fronte al mondo cattolico rimase,
pesando sul futuro del Regno.
Il regime fascista, per acquisire il consenso delle masse cattoliche, tentò in ogni modo di
comporre i dissidi con la Chiesa in nome di una nuova unità spirituale nazionale. Tale intento
sfociò nella stipula dei P a t t i l a t e r a n e n s i , con i quali furono per la prima volta
regolati, su base paritaria e pattizia, i rapporti tra il Regno d’Italia e la Chiesa cattolica.
La Costituzione Repubblicana, dopo accesi contrasti in sede di Assemblea Costituente, si
limitò a recepire, senza alcuna modifica, i Patti lateranensi.
Nel 1984 dopo anni di sterili negoziazioni fra le parti, è stato firmato un nuovo accordo che
ha introdotto rilevanti novità nei rapporti Stato-Chiesa riaffermando il principio di laicità
dello Stato e dettando altre norme per assicurare il rispetto dei principi di eguaglianza, libertà
religiosa etc.
10.2.8. Art. 8.
L’art. 8 afferma che “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere20 davanti alla
legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i
propri statuti21, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese22 con le relative
rappresentanze23”.
L’art. 8 Cost., superando il dettato dell’art. 1 dello Statuto albertino che dichiarava «la
religione cattolica, apostolica romana sola religione di Stato», afferma il principio di laicità
dello Stato e di libertà di religione, senza riconoscere alcuna situazione di privilegio o
mostrare alcuna ostilità verso ogni altro culto diverso da quello cattolico.
La Repubblica, ispirandosi ad un atteggiamento di neutralità nei confronti dei diversi culti,
si impegna a tutelare senza distinzioni tutte le confessioni religiose: ciononostante, è ancora in
vigore nel nostro ordinamento la legge n. 1159 del 1929 sui «culti ammessi», così definiti in
20
Egualmente libere: significa che la Costituzione non ammette discriminazioni fondate sulla diversità di fede
religiosa: questo fondamentale principio viene integrato da altre disposizioni costituzionali che riconoscono a
tutti la libertà di professare il proprio credo sia in forma individuale che associata.
21
Statuti: quando si riferisce alla Chiesa cattolica il Costituente usa un linguaggio mutuato dal diritto
internazionale, come sovranità e indipendenza. Ai culti acattolici, invece, lo stesso riconosce solo un’autonomia
organizzativa (statutaria), la possibilità, cioè, di organizzarsi senza ingerenze da parte dello Stato ma pur sempre
nell’ambito dell’ordinamento italiano.
22
I n t e s a : accordo tra un culto diverso da quello cattolico e lo Stato, su questioni che interessano l’una e
l’altra parte. Tali accordi, così come i Concordati con la Chiesa cattolica, esprimono un eguale principio: la
legislazione statale in materia ecclesiastica non deve essere unilaterale, ma, almeno di regola, preventivamente
concordata con le diverse confessioni religiose.
23
L’ordinamento italiano accoglie il principio pattizio, in base al quale i rapporti con le confessioni religiose
sono regolati mediante accordi tra le parti: mentre, però, per il Concordato con la Chiesa cattolica la dottrina è
propensa ad orientarsi verso modelli di diritto internazionale, le intese sono considerate come convenzioni di
diritto pubblico interno. A partire dal 1984 lo Stato italiano ha cominciato a dare attuazione alla norma in esame,
stipulando l’intesa con la Tavola Valdese, che ha reso inefficaci nei confronti delle Chiese da essa rappresentate
le norme della legge del 1929. Successivamente sono state concluse intese con altre confessioni religiose.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
quanto, a differenza della religione cattolica (considerata, all’epoca, religione di Stato e per
questo motivo privilegiata) gli altri culti venivano soltanto tollerati dall’ordinamento24.
10.2.9. Art. 9
L’art. 9 afferma che: “La Repubblica promuove25 lo sviluppo della cultura e la ricerca
scientifica e tecnica26.
Tutela il paesaggio27 e il patrimonio storico e artistico28 della Nazione.”
10.2.10. Art. 10.
L’art. 10 primo comma della Cost29. afferma che “L’ordinamento giuridico italiano si
conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute30.
24
Anche la tutela penale dei culti, contenuta nel vigente codice penale (codice Rocco, risalente al 1930), risulta
differenziata: per questo motivo la Corte Costituzionale, pur avendo in più occasioni ribadito che la Costituzione
si limita a riconoscere solo l’eguale libertà delle confessioni, ma non un’identità di regolamento dei loro rapporti
con lo Stato, si è più volte attivata per attenuare queste differenziazioni, ad esempio dichiarando incostituzionale
l’art. 724 c.p. (che puniva la bestemmia contro Divinità, Simboli e Persone venerati nella religione di Stato)
proprio nella parte in cui faceva riferimento alla sola fede cattolica (sentenza n. 440 del 1995).
25
l primo comma dell’articolo attribuisce ai soggetti pubblici (Stato, Regioni, enti pubblici, ciascuno nell’ambito
delle proprie competenze) il compito di promuovere lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica.
La norma va coordinata con altre disposizioni costituzionali, che ne specificano il significato e ne fissano i limiti
di applicazione. La Costituzione, infatti, proclama l’assoluta libertà della cultura, in tutte le forme in cui si
esprime, e l’autonomia delle strutture che alla promozione della stessa o alla ricerca scientifica e tecnica si
dedicano. L’intervento dei pubblici poteri non può intaccare la libertà di chi fa cultura o ricerca, anche perché
solo salvaguardando tale libertà è possibile indirizzare il progresso spirituale del Paese verso la promozione
dell’uomo, così come richiesto dal principio personalistico che permea l’intera Costituzione. L’attività di ricerca,
d’altra parte, è indispensabile per rinnovare i contenuti dell’insegnamento, favorire l’elevazione professionale
dei lavoratori e assicurare una sempre più adeguata sicurezza sociale e sul lavoro. Da questo complesso
panorama normativo si può dedurre che l’intervento promozionale della Repubblica deve sempre ricercare un
equilibrio costituzionalmente compatibile con la libertà della cultura e della ricerca, evitando che queste ultime
siano soggette a direttive e imposizioni del potere politico o si sviluppino del tutto sganciate dal contesto della
società e dei suoi problemi.
26
R i c e r c a s c i e n t i f i c a e t e c n i c a : tutte le attività che si propongono, con metodo scientifico,
l’allargamento della conoscenza, l’esplorazione di settori dello scibile umano per analizzarli e individuarne i
reciproci rapporti, l’invenzione di nuovi sistemi per l’utilizzazione delle risorse disponibili e la soddisfazione dei
bisogni umani. Così, tra l’altro, si spiega il divieto di brevettabilità dei metodi diagnostici e chirurgici perché in
contrasto con l’art. 9, che vieta qualsiasi ostacolo alla promozione della ricerca scientifica.
27
P a e s a g g i o : nozione che ha subìto nel tempo una evoluzione profonda. In Assemblea Costituente con
tale termine si indicavano unicamente le bellezze naturali, il panorama, la cui tutela si riduceva alla
conservazione dello scenario naturale secondo i precetti contenuti nella legislazione di tutela delle bellezze
naturali del 1939. Successivamente, però, una più attenta riflessione dottrinale e giurisprudenziale ha individuato
nel disposto costituzionale l’esigenza di tutelare il territorio così come modellato dalla comunità umana che vi è
insediata, tenuto conto che nelle moderne società non può parlarsi di ambiente senza presenza umana. Il
paesaggio ha assunto un significato sempre più dinamico, identificandosi con l’ambiente così come modellato
dall’uomo: la Corte Costituzionale lo ritiene comprensivo di ogni elemento naturale e umano che attiene alla
forma esteriore del territorio ed esprime un valore estetico-culturale. In quest’ottica, il secondo comma può
essere letto unitariamente, nel senso che la Repubblica si impegna a favorire uno sviluppo complessivo del
Paese, ispirato non soltanto a criteri economici, ma anche a valori culturali. La tutela paesaggistica tende così ad
interferire con la pianificazione urbanistica, così come istituzionalizzata dalla legge Galasso, che obbliga le
Regioni a dotarsi di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali.
Un ulteriore rafforzamento della tutela del paesaggio è stato realizzato dalla legge n. 349 del 1986, che ha
riconosciuto specificamente come diritto fondamentale della persona e interesse della collettività la salvaguardia
dell’ambiente, vale a dire la conservazione, la razionale gestione e il miglioramento delle condizioni naturali, la
preservazione dei patrimoni genetici terrestri e marini e la difesa di tutte le specie animali e vegetali.
28
P a t r i m o n i o s t o r i c o e a r t i s t i c o d e l l a N a z i o n e : complesso dei beni di proprietà
pubblica e privata caratterizzato da una unitaria funzione culturale, di testimonianza della civiltà italiana.
29
L’art. 10 costituisce una norma sulla produzione giuridica, in quanto detta le modalità per recepire nel nostro
ordinamento le norme del diritto internazionale generale (cioè le consuetudini) accettate dalla comunità
internazionale.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
133
Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Il primo comma dell’articolo esprime la volontà della Repubblica di aprirsi alla comunità
internazionale, impegnandosi a produrre, nel proprio ordinamento interno, disposizioni in
tutto coincidenti con le norme internazionali riconosciute dalla comunità degli Stati. Eventuali
norme interne non conformi al diritto internazionale consuetudinario non possono intaccarle,
anzi vengono giudicate invalide, se successive, o abrogate, se antecedenti 31.
I seguenti commi dell’art. 10 affermano che “La condizione giuridica dello straniero32 è
regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali33.
La c o n d i z i o n e g i u r i d i c a d e l l o s t r a n i e r o r e s i d e n t e i n
I t a l i a è protetta dalla previsione di una riserva rafforzata di legge: il trattamento giuridico
a cui viene sottoposto può essere fissato soltanto dalla legge (con esclusione di ogni
intervento della pubblica amministrazione volto a regolamentare la materia, se non per dare
esecuzione alla disciplina legislativa) e non può essere meno favorevole di quanto previsto
nelle norme di diritto internazionale, sia di origine consuetudinaria che pattizia34.
Gli ultimi due commi dell’articolo in esame affermano che: “Lo straniero, al quale sia
impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla
Costituzione italiana35, ha diritto d’asilo36 nel territorio della Repubblica, secondo le
condizioni stabilite dalla legge.
30
N o r m e d e l d i r i t t o i n t e r n a z i o n a l e g e n e r a l m e n t e r i c o n o s c i u t e : regole
di condotta non scritte che hanno per destinatari tutti i soggetti della comunità internazionale, tali norme sono
originate da comportamenti costantemente ripetuti nel tempo e accettati dalla Comunità internazionale e non
sono contenute in specifici accordi tra Stati. Tali norme si indirizzano anche agli Stati o altri soggetti di diritto
internazionale (es.: Stati di nuova formazione) che in passato non hanno partecipato, con il loro comportamento,
alla creazione delle norme stesse.
31
In ogni caso, la Corte Costituzionale ha affermato che, qualora insorgano conflitti fra norme internazionali e
costituzionali, l’interprete deve procedere alla loro armonizzazione, tenendo conto che: I) il diritto internazionale
preesistente alla Costituzione prevale su di essa, in quanto regola fattispecie, situazioni e interessi che si pongono
come speciali rispetto alle norme interne; I) il diritto internazionale successivo non può mai intaccare i principi
fondamentali del nostro ordinamento, cioè quei principi che danno forma al nostro ordinamento costituzionale e
non possono essere alterati in nessun caso (eguaglianza, rispetto della dignità dell’uomo, riconoscimento dei suoi
diritti inviolabili).
32
Attualmente esistono nel nostro ordinamento due categorie di stranieri: I) i cittadini dell’Unione Europea, che
godono di una tutela particolarmente qualificata e tendenzialmente assimilabile a quella riconosciuta agli italiani;
II) i cittadini extracomunitari, che possono, invece, essere soggetti a restrizioni relativamente al loro diritto
d’ingresso, soggiorno e permanenza nel nostro territorio.
33
T r a t t a t i i n t e r n a z i o n a l i : accordi con cui due o più soggetti di diritto internazionale
(prevalentemente Stati, ma anche organizzazioni internazionali) si assumono e riconoscono reciprocamente
obblighi o diritti. Le norme in essi contenute possono avere carattere particolare (se derivano da accordi fra
singoli Stati) oppure generale (se sono il risultato di congressi o conferenze internazionali); in ogni caso esse si
applicano soltanto agli Stati firmatari dell’accordo, a differenza delle norme generalmente riconosciute
(consuetudini) che, invece, vincolano tutti i soggetti della Comunità degli Stati.
34
Ciò non esclude che il legislatore italiano possa sopravanzare il diritto internazionale nel predisporre un
trattamento più favorevole, atteggiandosi, così, come un modello di riferimento per tutta la comunità
internazionale.
35
L i b e r t à d e m o c r a t i c h e g a r a n t i t e d a l l a C o s t i t u z i o n e i t a l i a n a : diritti e
libertà riconosciuti negli ordinamenti vigenti (diritto a non essere discriminati per razza, sesso o religione, libertà
di associazione, pensiero, domicilio, diritti di partecipazione politica) che, per essere naturalmente destinati a
consentire lo sviluppo della persona umana nella sua integralità, non possono non essere riconosciuti ad ogni
uomo, indipendentemente dal luogo in cui risiede. La Repubblica garantisce, quindi, allo straniero la possibilità
di esercitare in Italia quei diritti che gli sono negati nel suo Paese.
36
D i r i t t o d ’ a s i l o : diritto, riconosciuto allo straniero (cittadino di altro Stato o apolide), di essere
ammesso a soggiornare nel territorio dello Stato italiano, se lo Stato in cui risiede non garantisce le libertà
fondamentali riconosciute dalla nostra Costituzione.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Non è ammessa l’estradizione37 dello straniero per reati38 politici”.
Gli ultimi due commi possono essere letti come la proiezione sul piano internazionale dei
valori affermati dalla Costituzione nell’ambito interno. Dopo aver delineato un ordinamento
costituzionale incardinato su ideali di libertà e giustizia, i Costituenti vollero affermare
l’universalità di tale modello, riconoscendo a chiunque non abbia l’opportunità di vivere in
uno Stato retto dagli stessi principi, il diritto di rifugiarsi in Italia e di non essere estradato
qualora abbia commesso reati politici contro un regime illiberale39.
10.2.11. Art. 11.
L’art. 11 della Cost. afferma che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali 40;
consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad
un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali41 rivolte a tale scopo”.
Questa norma sancisce il principio pacifista, che propugna il ripudio della guerra come
strumento di offesa agli altri popoli e come modo di risolvere le controversie internazionali.
Alla fine del 1945 l’Italia usciva stremata da una guerra in cui era stata trascinata
dall’esasperato nazionalismo fascista e della sciagurata alleanza col regime nazista.
Aspirazione comune a tutte le forze politiche rappresentate in Assemblea Costituente era,
quindi, l’istanza pacifista, dettata dalla volontà di non ripetere i tragici errori del passato.
Per questo motivo la Costituzione stabilisce che l’Italia non può ricorrere alla guerra per
risolvere eventuali contrasti che insorgano con altri Stati sul piano politico o su quello
giuridico. A maggior ragione tale divieto sussiste qualora lo Stato italiano voglia ledere
l’indipendenza o l’integrità territoriale di uno Stato estero o imporre con la forza un certo
ordinamento ad un’altra popolazione.
37
E s t r a d i z i o n e : istituto giuridico in base al quale lo Stato italiano consegna o chiede in consegna un
imputato o condannato che si trova, rispettivamente, in territorio italiano o estero; ciò affinché venga sottoposto
a giudizio o ad esecuzione della pena nello Stato estero o in quello italiano.
38
R e a t i p o l i t i c i : crimini commessi per opporsi a regimi illiberali o per affermare un diritto di libertà il
cui esercizio è negato (ad esempio, propaganda antigovernativa o organizzazione di manifestazioni scioperi nei
Paesi in cui tale diritto non può essere esercitato).
39
L’interpretazione unitaria dei due commi spinge a qualificare come r e a t i p o l i t i c i quei
comportamenti che esprimano opposizione a regimi non democratici o rappresentino l’esercizio di diritti e libertà
negate da quegli ordinamenti. Escludendo l’estradizione per questo tipo di reati, la Costituzione tende a
restringere la potestà repressiva dello Stato estero per tutelare la persona dello straniero
40
Sono escluse dal divieto le guerre difensive, cioè le operazioni belliche destinate a fronteggiare aggressioni in
atto o seriamente minacciate; ciò trova conferma in quella norma che qualifica sacro dovere di ogni cittadino
difendere la Patria e nelle disposizioni che regolano il procedimento per decidere e dichiarare lo stato di guerra.
Inoltre, il nostro ordinamento fa propria la norma contenuta nell’art. 51 dello Statuto dell’Organizzazione delle
Nazioni Unite, che ammette, come diritto naturale degli Stati, la legittima difesa solo di fronte ad un attacco
armato o avverso aggressioni indirette, consistenti, ad esempio, in infiltrazione di armati. Nel corso degli anni,
sotto la spinta di un pacifismo generalizzato, a livello internazionale si sono formate norme generali che vietano
l’uso e la minaccia della forza, anche quando non raggiunga le dimensioni di un evento bellico che impegni a
lungo e integralmente le risorse umane e materiali di un Paese (si pensi alle rappresaglie implicanti solo il blocco
delle coste o bombardamenti circoscritti). Anche queste norme sono state recepite nel nostro ordinamento,
integrando e specificando il significato del disposto costituzionale.
41
O r g a n i z z a z i o n e i n t e r n a z i o n a l e : unione di Stati creata mediante accordo internazionale e
chiamata a svolgere attività d’interesse comune ai suoi membri. Può acquisire o meno la soggettività di diritto
internazionale. L’ONU in particolare si pone come obiettivo primario il raggiungimento della pace e della
giustizia fra le Nazioni.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Inoltre sempre ai sensi dell’art. 10 della Cost. il nostro Paese si impegna a partecipare alla
creazione di un ordinamento più giusto, che esprima a livello internazionale quei valori che
sono già a fondamento della Repubblica.
Per conseguire questo risultato, lo Stato italiano si dichiara disposto ad accettare
limitazioni di sovranità, vale a dire a consentire che obblighi assunti a livello internazionale
possano condizionare la sua condotta, purché tale ridimensionamento avvenga in condizioni
di parità con gli altri Stati e al fine di assicurare pace e giustizia nei rapporti fra le Nazioni42.
10.2.12. Art. 12.
L’art. 12 afferma che “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e
rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”43.
10.3. Rapporti civili.
10.3.1. La libertà personale.
La l i b e r t à p e r s o n a l e consiste, nella pretesa, giuridicamente riconosciuta a ogni
individuo, a non subire coercizioni fisiche che non rispettino le forme previste dalla
Costituzione (previsione di legge, regolare giudizio, provvedimento motivato) o comunque
ledano la sua dignità44.
D’altra canto in dottrina si sostiene, che tale libertà non è solo da intendersi come libertà
fisica, ma anche come libertà morale, cioè libertà non solo dalla coercizione fisica, ma anche
da ogni forme di coercizione della volontà, del pensiero e, della psiche dell’individuo.
La libertà personale costituisce il presupposto logico e giuridico di tutte le libertà
riconosciute all’individuo della Costituzione. Il fondamento costituzionale della libertà
personale dell’individuo deve ravvisarsi nell’art. 13 Cost. il quale stabilisce, nel primo
comma, che:
“La libertà personale è inviolabile.
42
La norma fu pensata e scritta per consentire l’adesione dell’Italia alle Nazioni Unite, che richiedeva, come
condizione di ammissione, che lo Stato si fosse dichiarato «amante della pace». Al di là delle intenzioni dei
Costituenti, essa è servita anche per legittimare ulteriori limitazioni di sovranità accettate dallo Stato italiano con
l’adesione alle Comunità Europee (che furono istituite solo nel 1951 e nel 1957); infatti, nei trattati istitutivi di
tali organizzazioni, si proclama solennemente che «gli Stati firmatari sono risoluti a rafforzare … le difese della
pace e della libertà». L’appartenenza alle Comunità Europee implica la soggezione immediata anche a tutte le
norme previste dai trattati (regolamenti, direttive, decisioni), riducendo in tal modo la generale competenza a
legiferare del Parlamento italiano. Inoltre, gli obblighi assunti con l’adesione alle Comunità comportano anche la
disapplicazione, da parte del giudice comune, delle disposizioni nazionali in contrasto con la normativa
comunitaria.
43
Il tricolore fu utilizzato occasionalmente dai giacobini italiani per affermare la loro vicinanza ideologica alla
Rivoluzione francese, che quel simbolo aveva adottato. Il suo ingresso ufficiale nella storia italiana, come
emblema della libertà repubblicana, va, però, fissato al 7 gennaio 1797, quando fu acclamato bandiera della
Repubblica Cispadana. Napoleone Bonaparte lo adottò come bandiera nazionale del Regno d’Italia nel 1805,
sistemandone i colori in bande verticali. Nel 1848 il tricolore sostituì lo stendardo azzurro sabaudo quale insegna
del Regno di Sardegna, con l’aggiunta al centro dello scudo dei Savoia. Nel 1861 fu adottato come bandiera
italiana, scelta che fu confermata anche nel 1946, eliminando, però, lo stemma sabaudo, che fu soppiantato (nel
1948) dall’insegna della Repubblica italiana.
44
Si tratta di una delle prime libertà dell’uomo a trovare formale riconoscimento in un documento scritto, se si
considera che già nella Magna charta libertatum del 1215 (con cui i Baroni britannici posero limiti all’arbitrio
del Re) i sudditi inglesi venivano tutelati dagli arresti ingiustificati.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Non è ammessa forma alcuna di detenzione45, di ispezione46 o perquisizione personale47, né
qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità
giudiziaria48 e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di
pubblica sicurezza49 può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati
entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive
quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto50.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di
libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva51”.
Dunque l’importanza e la delicatezza della tutela della libertà personale è assistita da tre
specifiche garanzie:

r i s e r v a d i l e g g e : solo il potere legislativo (e non altri) può stabilire i casi e
le modalità in cui è possibile limitare tale libertà;

riserva
di
g i u r i s d i z i o n e : solo il giudice (non l’autorità
amministrativa) è legittimato ad emettere (o convalidare) provvedimenti limitativi
della libertà;

m o t i v a z i o n e d e i p r o v v e d i m e n t i : i provvedimenti giurisdizionali
(di solito ordinanze) devono indicare in modo esauriente i motivi che hanno portato
il giudice ad adottarli.
La dettagliata articolazione della norma non lascia alcuna autonomia all’autorità che ha il
potere di limitare la libertà individuale. Solo il preciso e tempestivo rispetto di tali garanzie da
parte delle autorità pubbliche, infatti, mette l’individuo al riparo da abusi e arbitrî nei suoi
confronti.
45
D e t e n z i o n e : privazione della libertà personale che può essere prevista sia come sanzione per la
commissione di un reato, sia come misura preventiva volta ad evitare che il presunto autore dello stesso si
sottragga alle conseguenze giuridiche dei suoi atti dandosi alla fuga o commetta altri gravi reati o alteri le prove
(art. 274 c.p.p.).
46
I s p e z i o n e p e r s o n a l e : mezzo di ricerca della prova, consistente in un esame della persona diretto
ad acquisire una prima conoscenza del fatto, accertando la presenza di tracce e di altri effetti materiali del reato
su di essa (artt. 244, 245 c.p.p.; artt. 118, 258-260 c.p.c.). È eseguita, di regola, dalla polizia giudiziaria.
47
P e r q u i s i z i o n e p e r s o n a l e : è un mezzo di ricerca della prova, disposto quando si ha fondato
motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o cose pertinenti al reato. Di regola è
eseguita dalla polizia giudiziaria (artt. 247, 249 c.p.p.).
48
A u t o r i t à g i u d i z i a r i a : è l’autorità preposta all’esercizio della funzione giurisdizionale ossia
all’attuazione della legge da parte di soggetti che si comportano come terzi imparziali.
49
A u t o r i t à d i p u b b l i c a s i c u r e z z a : organismi destinati a dare attuazione all’ordine giuridico
e a garantire l’ordine pubblico (polizia, carabinieri etc.); il loro operato è per lo più sottoposto alla direzione e/o
al controllo dell’autorità giudiziaria, che ne può richiedere o convalidare l’intervento.
50
Quando è l’autorità di pubblica sicurezza ad adottare i provvedimenti restrittivi della libertà personale, la
garanzia della previsione di legge si attiva subito, in quanto la necessità e l’urgenza che legittimano tali
restrizioni devono essere previamente indicati dalla legge in modo preciso e non generico. L’intervento
dell’autorità giudiziaria è previsto, invece, in un momento successivo, al fine di accertare se realmente
sussistevano i presupposti per l’emanazione di quei provvedimenti da parte dell’autorità di P.S.
51
C a r c e r a z i o n e p r e v e n t i v a : è una misura cautelare personale (artt. 272-315 c.p.p.), cioè un
provvedimento provvisorio ed urgente adottato dall’autorità giudiziaria prima di una pronuncia definitiva sulla
colpevolezza, per salvaguardare esigenze predeterminate dalla legge e per assicurare l’effettività della decisione
finale (tale provvedimento, in quanto provvisorio e strumentale, va computato al momento in cui si stabilisce
l’entità della pena detentiva).
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
10.3.2. La libertà di domicilio.
L’art. 14 della Cost. afferma che “Il domicilio52 è inviolabile.
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri 53, se non nei casi e modi
stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini
economici e fiscali sono regolati da leggi speciali”.
L’art. 14 della Cost. sancisce l’i n v i o l a b i l i t à d e l d o m i c i l i o che rappresenta
l’espressione più tipica della libertà personale, in quanto si concreta nella proiezione spaziale
della persona. Tutelando il domicilio, quindi, l’ordinamento garantisce la persona stessa, o più
esattamente il rapporto persona-ambiente.
10.3.3. La libertà e la segretezza della corrispondenza.
L’art. 15 della Cost. afferma che “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni
altra forma di comunicazione54 sono inviolabili55.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le
garanzie stabilite dalla legge.
La l i b e r t à d i c o r r i s p o n d e n z a e c o m u n i c a z i o n e garantisce il
raccordo dell’individuo con i suoi simili consentendogli di far giungere ad altri — in
esclusiva, senza interferenza alcuna — il suo pensiero. È un aspetto del diritto alla
riservatezza (che trova tutela negli artt. 13, 14, 15) contro le interferenze abusive.
Si ricordi, infine, che a tutela di tale diritto non è ammessa alcuna forma urgente di
limitazione rimessa all’autorità di polizia e da convalidare successivamente da parte del
giudice come nei casi della libertà personale e di domicilio. Infatti la tutela accordata dalla
disposizione in esame, prevede necessariamente ed esclusivamente un atto motivato di un
giudice, su richiesta del pubblico ministero, per qualsiasi restrizione alla corrispondenza Ciò
si giustifica sia per la segretezza delle intercettazioni telefoniche, postali etc. (che non
consente alcuna possibilità di difesa all’intercettato) sia per il carattere interpersonale delle
comunicazioni (che comporta anche il coinvolgimento di tutte le persone con le quali venga in
contatto, per qualsiasi motivo, chi è soggetto ad intercettazioni).
52
Domicilio: nel caso specifico non si fa riferimento al domicilio così come definito dal codice civile (ossia
come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi), bensì si intende
qualunque luogo (abitazione, studio, roulotte, stanza d’albergo etc.) in cui la persona esplica la propria vita
privata e professionale (residenza, dimora etc.). La libertà di stabilire il domicilio è una delle più importanti
espressioni della libertà personale (artt. 43-47 c.c.).
53
S e q u e s t r o : consiste in un vincolo di indisponibilità sulle cose che ne sono oggetto o nel loro
spossessamento. Può essere disposto, nella materia penale, per ottenere una prova di un reato (sequestro
probatorio: artt. 253-265 c.p.p.), o per evitare la perdita di garanzie reali per il pagamento di eventuali pene
pecuniarie, spese di giustizia etc. (sequestro conservativo: artt. 316-320 c.p.p.), o anche per interrompere
l’attività criminosa o impedire la commissione di nuovi reati (sequestro preventivo, artt. 321, 322, 323 c.p.p.).
54
O g n i a l t r a f o r m a d i c o m u n i c a z i o n e : si riferisce ad ipotesi eterogenee, quali il contatto
diretto tra due o più persone presenti, o il contatto a mezzo informatico, telematico etc.
55
Non è specificato chi è il titolare del diritto inviolabile (autore o destinatario); infatti sono assicurate pari
dignità e pari tutela tanto a chi effettua la comunicazione quanto a chi la riceve. Proprio in merito al rapporto tra
autore e destinatario della comunicazione va rilevata la differenza rispetto all’art. 21: in quest’ultimo la tutela
della libertà di manifestazione del pensiero non implica anche la tutela della sua segretezza, in quanto non è
preso in considerazione un destinatario determinato (una o più persone specifiche), ma l’impiego di mezzi di
comunicazione di massa verso destinatari indeterminati.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
10.3.4. La libertà di circolazione e soggiorno..
L’art. 16 della Cost. afferma che: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente
in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via
generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da
ragioni politiche”.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli
obblighi di legge”.
Va precisato che, anche se la locuzione “cittadino” non estende anche agli stranieri tale
diritto, si ricordi che attualmente la libertà di circolazione e soggiorno riguarda tutto il
territorio degli Stati aderenti alla Comunità Europea: l’articolo 48 del trattato istitutivo
afferma, infatti, che la libera circolazione delle persone comporta il diritto “di spostarsi
liberamente” e “di rimanere sul territorio di uno Stato membro”.
10.3.5. La libertà di riunione.
L’art. 17 della Cost. afferma che I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e
senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico56, non è richiesto preavviso. Delle
riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle
soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”.
La l i b e r t à d i r i u n i o n e , garantiti ai soli cittadini dall’art. 17 della Cost., consiste
nella facoltà di darsi convegno, temporaneamente e volontariamente, in un luogo determinato
ed in seguito a preventivo accordo, indipendentemente dalle ragioni per cui ci si riunisce
(politiche, ricreative, religiose, etc.).
10.3.6. La libertà di associazione.
La l i b e r t à d i a s s o c i a z i o n e è sancita dall’art. 18 Cost., il quale afferma che: “I
cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono
vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che
perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
La libertà di associazione, al pari della libertà di riunione, è una libertà strumentale e
indispensabile per favorire lo sviluppo della persona umana e la sua partecipazione alla vita
economica, polita e sociale del Paese (art. 2 Cost.).
La Costituzione, dopo aver garantito in linea generale la libertà di associazione nell’art. 18,
fa esplicito riferimento a tale libertà nei campi; politico (art. 49 cost.); sindacale (art. 39
Cost.); religioso (art. 19 Cost.).
10.3.7. La libertà di fede religiosa.
L’art. 19 afferma che: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede
religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in
56
Va precisato che per l u o g o a p e r t o a l p u b b l i c o : è un luogo privato al quale è consentito (a
talune condizioni, come l’essere socio o il pagare un biglietto d’ingresso) l’accesso da parte di una serie di
persone (anche non predeterminate, come ad esempio i frequentatori di cinema, teatri, palestre etc.). Si distingue
perciò dal l u o g o p u b b l i c o (in cui tutti possono accedere liberamente, come una piazza, un giardino
pubblico etc., senza particolari formalità) e dal l u o g o p r i v a t o .
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume57”. In forza
del tale articolo il nostro è uno Stato laico.
Uno S t a t o si definisce l a i c o quando riconosce la libertà di religione e delle
confessioni religiose, e non esprime preferenze attribuendo ad una di esse la qualifica di
«religione ufficiale di Stato». Lo S t a t o c o n f e s s i o n a l e , invece, riconosce una
religione come sola religione dello Stato e assume atteggiamenti di repressione o, al più, di
semplice tolleranza verso gli altri culti.
Inoltre l’art. 20 della Cost. afferma che “Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di
culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni
legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni
forma di attività”.
La norma si riferisce al fenomeno religioso nella sua dimensione collettiva, riaffermando
l’eguaglianza dei cittadini senza discriminazioni di religione, anche quando essi operano
all’interno di strutture organizzate. La legge non può, quindi, introdurre trattamenti
sfavorevoli o discriminatori a carico degli enti religiosi rispetto ad altre associazioni che
perseguano scopi diversi, né utilizzare lo strumento fiscale per rendere più difficoltosi la
costituzione ed il funzionamento degli enti. Tali garanzie vengono assicurate a tutti gli enti
religiosi, cattolici e non, a tutela del principio dell’eguale libertà di fede religiosa
10.3.8. La libertà di pensiero e di comunicazione.
L’art. 21 1° co. Cost. afferma che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
La l i b e r t à d i m a n i f e s t a r e i l p r o p r i o p e n s i e r o costituisce una
pietra angolare di ogni sistema democratico, in quanto garantire ad ognuno di esprimere le
proprie opinioni (o il proprio dissenso) e farne propaganda è il presupposto imprescindibile di
ogni sistema democratico che si basi sul pluralismo ideologico. In una società dalle grandi
strutture che gestiscono l’informazione, tuttavia, il problema centrale è quello di garantire
spazio, libertà ed autonomia ai soggetti che fanno informazione58.
10.3.9. La libertà di stampa.
L’art. 21 della Cost. dal secondo comma in poi afferma che: “La stampa non può essere
soggetta ad autorizzazioni o censure.
57
Come la propaganda (limitata dal divieto di arrecare vilipendio ad altri culti) anche l’esercizio del culto trova
un limite, ove svolto in luogo pubblico o comunque al quale sia consentito accesso ad una pluralità di persone:
l’offesa a valori di morale, decenza etc. A prescindere, poi, dal luogo di svolgimento dei riti del culto, non è mai
consentita la limitazione dei diritti di libertà (sono perciò vietate la segregazione, la sottoposizione a sofferenze,
anche solo psicologiche, o lo svolgimento di riti macabri e/o sacrificali) per motivi religiosi.
58
La libertà di pensiero è riconosciuta senza ulteriori limiti che non siano quelli necessari al rispetto del buon
costume inteso come tutela del pudore sessuale, richiesto anche per la libertà di propaganda religiosa ma non per
quella di insegnamento. Vige, inoltre, il limite della riservatezza e della onorabilità della persona che non
consente di violare la privacy ed è garantito da norme penali che puniscono i reati di diffamazione, ingiuria,
oltraggio. Anche il sacro dovere della difesa della Patria può giustificare limitazioni alla libertà di pensiero, ad
esempio attraverso l’apposizione del segreto militare su notizie riguardanti la difesa nazionale o del segreto di
Stato (L. 801/77) per la salvaguardia della Repubblica. Allo stesso modo è tutelato il segreto giudiziario, per
garantire l’efficace andamento della giustizia e proteggere la reputazione degli imputati prima della condanna
definitiva.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di
delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione
delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento
dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di
polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare
denuncia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive,
il sequestro si intende revocato e privo d’ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di
finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni
contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a
reprimere le violazioni”.
Dunque ’art. 21 delle Costituzione, dal secondo comma in poi, in tema di l i b e r t à d i
s t a m p a pone i seguenti principi in materia: I) esclusione di ogni autorizzazione preventiva;
esclusione di censure (che sono successive); III) limitazione del sequestro ai soli casi di reato
e sua necessaria convalida da parte dell’autorità giudiziaria entro 24 ore; IV) possibilità di
controllo sui mezzi di finanziamenti della stampa; V) facoltà del legislatore di adottare
controlli preventivi e mezzi repressivi contro la stampa che offenda il buon costume.
10.3.10. Impossibilità di limitare la capacità giuridica e di imporre prestazioni se in forza di
legge.
L’art. 22 della Cost. afferma che “Nessuno può essere privato, per motivi politici, della
capacità giuridica59, della cittadinanza, del nome”.
La norma ha il preciso compito di impedire che nell’ordinamento repubblicano si ripetano
le odiose esperienze del regime fascista che, al fine di disfarsi dei suoi oppositori, ne calpestò
anche i diritti più elementari. La legislazione fascista, infatti, privò della cittadinanza gli
appartenenti alla comunità ebraica e i fuoriusciti che svolgevano attività anti-fasciste. Essa,
inoltre, impose l’italianizzazione dei cognomi originari a chi apparteneva alle minoranze
linguistiche.
Il Costituente ha voluto espressamente impedire che atteggiamenti o comportamenti in
contrasto con gli interessi di una collettività retta da istituzioni democratiche possano
comunque giustificare la privazione dei fondamentali diritti di appartenenza alla comunità
politica stessa.
L’art. 23 afferma poi che: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere
imposta se non in base alla legge”.
La riserva di legge contenuta in questo articolo ha il preciso scopo di evitare che a carico
dei cittadini possa essere arbitrariamente imposto (soprattutto dal potere esecutivo) un obbligo
consistente nel fare (prestazione personale) o nel dare qualcosa (prestazione patrimoniale).
59
C a p a c i t à g i u r i d i c a : è la idoneità di un soggetto ad essere titolare di diritti, potestà, obblighi,
doveri. Si distingue dalla capacità di agire, che è la idoneità a manifestare la propria volontà producendo effetti
nel mondo giuridico. Costituisce un diritto intangibile dell’uomo e non può in nessun modo essere esclusa o
limitata dallo Stato.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Dal momento che la libertà personale o il patrimonio dei cittadini possono essere limitati
soltanto per superiori esigenze di tutta la collettività, spetta unicamente all’organo che
rappresenta l’intera nazione (il Parlamento, attraverso lo strumento legislativo), e non ad altri
(il Governo, attraverso il potere regolamentare), il potere di imporre tali sacrifici.
10.3.11. Principi in materia processuale e panale.
L’art. 24 afferma che “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e
interessi legittimi60.
La difesa è diritto inviolabile61 in ogni stato e grado del procedimento62.
Sono assicurati ai non abbienti63, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti
ad ogni giurisdizione .
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”.
L’art. 25 afferma che “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per
legge”.
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del
fatto commesso.
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”.
L’art. 26 afferma poi che “L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove
sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali.
Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici”.
L’art. 28 infine afferma che: “La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono
tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.”
Gli articoli da 24 a 27 hanno carattere strumentale rispetto agli artt. 2 e 3 in quanto
contengono i principi costituzionali in materia processuale e penale e hanno il compito di
60
I n t e r e s s i l e g i t t i m i : consistono in posizioni di vantaggio nei confronti di una pubblica
amministrazione (verso la quale però, si noti, si può anche avere un diritto), e sono tutelabili in giudizio solo se
sussista e debba essere tutelato un corrispondente e superiore interesse pubblico.
61
Il d i r i t t o a l l a d i f e s a è espressamente definito inviolabile, in quanto rappresenta un istituto
fondamentale dell’intero sistema democratico e non può essere limitato o cancellato neppure dalle norme di
diritto internazionale consuetudinario che trovano accoglienza nel nostro ordinamento, né da leggi di revisione
costituzionale. Esso non indica soltanto la possibilità di avere nel processo l’assistenza di un esperto del diritto
esercente la professione legale (difesa tecnica), ma include anche l’effettiva partecipazione della parte al
processo, attraverso un’adeguata informazione sulle vicende del giudizio, la possibilità di essere ascoltata tutte le
volte in cui il giudice debba prendere una decisione (o almeno in un momento immediatamente successivo,
qualora sussistano, come nei processi cautelari, valide ragioni per assicurare una tutela immediata dei diritti),
nonché il diritto a provare i fatti che vengono dedotti in giudizio.
62
S t a t o e g r a d o d e l p r o c e d i m e n t o : il grado è una fase del processo che indica uno dei
possibili giudizi (primo grado, appello, cassazione etc.); lo stato è un momento di un grado, o il periodo che
intercorre tra due gradi (es. l’istruttoria, la pendenza dell’impugnazione etc.). Quest’ampia formula, dunque,
consente la possibilità di intervenire in tutte le parti del giudizio.
63
N o n a b b i e n t e : colui che non dispone dei mezzi per agire e difendersi. La individuazione di tale
soggetto è affidata al legislatore ed ha quindi carattere mutevole, a seconda dei momenti storici e delle
valutazioni sociali e politiche prevalenti. La difesa di tali categorie di soggetti rispetta il principio di eguaglianza
sostanziale in quanto rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono alla effettiva parità
tra i destinatari della giustizia.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
rendere effettivi ed operanti i diritti di libertà ed uguaglianza precedentemente sanciti. Infatti,
solo consentendo il diritto di accesso alla giustizia a tutti (compresi gli stranieri e i non
abbienti), nonché la possibilità di difesa in ogni stato e grado del procedimento si
garantiscono concretamente i diritti inviolabili dell’uomo e l’uguaglianza.
10.3.12. La responsabilità degli impiegati pubblici.
L’art. 28 della Cost. afferma che “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti
pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli
atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e
agli enti pubblici”.
10.4. Rapporti etico sociali.
10.4.1. La famiglia.
La Carta costituzionale garantisce ampiamente le formazioni sociali nel cui ambito la
personalità dell'uomo può trovare piena esplicazione. Tali formazioni sociali costituiscono un
importante raccordo tra lo Stato ed il singolo cittadino e rappresentano una presenza
imprescindibile per un ordinamento autenticamente democratico. La principale e basilare
formazione sociale intermedia è senza dubbio la famiglia, della quale trattano gli artt. 29-31
Cost.
L’art. 29 della Cost. afferma che: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come
società naturale fondata sul matrimonio”.
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti
stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.”
L’art. 30 della Cost. afferma che: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed
educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,
compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.”
L’art. 31 della Cost. afferma che: “La Repubblica agevola con misure economiche e altre
provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con
particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.
10.4.2. Il diritto alla salute.
L’art. 32 della Cost. afferma che: “La Repubblica tutela la salute64 come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite65 agli indigenti66.
64
Il diritto alla salute, in un’accezione più ampia, va anche considerato come t u t e l a a l l a s a l u b r i t à
d e l l ’ a m b i e n t e , in quanto per prevenire l’insorgenza di patologie del singolo, occorre limitare o
eliminare le cause generali dell’inquinamento dell’area, dell’acqua etc.
65
Il riconoscimento del diritto affida allo Stato l’obbligo di apprestare le strutture ed i presidii per il suo
soddisfacimento. Ciò significa che tutti hanno diritto ad essere curati, anche se non tutti hanno diritto a cure
gratuite, riservate esclusivamente agli indigenti.
66
I n d i g e n t i : sono tutti coloro che non sono in grado di far fronte economicamente alle cure indispensabili
per la loro salute. Il termine non va, dunque, inteso necessariamente come sinonimo di “poveri”.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge67. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana68”.
Il d i r i t t o a l l a s a l u t e presenta una molteplicità di valenze. Nel suo contenuto
tradizionale, si identifica nel d i r i t t o a l r i s p e t t o d e l l ’ i n t e g r i t à f i s i c a
fatto valere nei confronti di tutti69.
10.4.3. L’istruzione scolastica.
Ai sensi dell’art. 9 della Cost., la Repubblica “promuove lo sviluppo della cultura e la
ricerca scientifica e tecnica; tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della
nazione”.
Tale articolo trova la sua applicazione, per quel riguarda lo sviluppo della cultura, negli
artt. 33 e 34 cost., che disciplinano la materia dell’i s t r u z i o n e s c o l a s t i c a secondo
seguenti principi:

il principio della l i b e r t à d i i n s e g n a m e n t o (art. 33 1° co.: “L’arte e la
scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento70”);

il principio della p r e s e n z a d i s c u o l e s t a t a l i per tutti i tipi, ordini e
gradi dell’istruzione (art. 33 2° co.: “La Repubblica detta le norme generali
sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”)

il principio della l i b e r a i s t i t u z i o n e d i s c u o l e d a p a r t e d i
e n t i p r i v a t i (art. 33 3° co.: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole
ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato71”);
67
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di regola volontari (così come è libera la scelta del medico o del
luogo di cura). L’obbligo di assoggettarsi ad un trattamento sanitario può essere disposto solo con legge, ed è
escluso che tale potere impositivo possa essere esercitato dalle autorità amministrative (la norma prevede, infatti,
una riserva di legge). In particolare sono ammessi trattamenti sanitari obbligatori o addirittura coattivi (imposti
con la forza fisica), ma solo se necessari per la tutela della salute della collettività e della incolumità delle altre
persone. Non è mai consentito imporre un trattamento sanitario per tutelare la sola salute individuale del
soggetto, senza alcun vantaggio per l’interesse collettivo. L’articolo si riferisce ad ogni intervento diagnostico o
terapeutico, di prevenzione o cura: vanno, quindi, comprese tanto le prescrizioni di vaccinazioni obbligatorie per
prevenire malattie infettive e diffusive, quanto i provvedimenti di cura e di isolamento nei confronti di soggetti
affetti da malattie contagiose.
68
In altri termini qualsiasi intervento, anche a tutela di un interesse fondamentale e collettivo, non può
degenerare in violenza fisica sulle persone sottoposte a trattamento sanitario né comunque ledere i diritti
fondamentali dell’individuo.
69
Nella c o n c e z i o n e s o l i d a r i s t i c a della Costituzione, si pone come diritto all’assistenza
sanitaria, che, però, può esser fatto valere solo nei confronti dello Stato. Sotto questo profilo, significativa è stata
la riforma sanitaria (L. 28-12-1978, n. 833) che, istituendo il servizio sanitario nazionale, ha esteso l’obbligo
dello Stato di assicurare le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non solo agli indigenti, ma anche a tutta la
popolazione (gratuitamente o semigratuitamente attraverso il pagamento dei cd. tickets). Si è così passati da un
sistema di p r e v i d e n z a s o c i a l e (nel quale i cittadini ricevono assistenza solo dopo il versamento di
“contributi” agli enti mutualistici di appartenenza), ad uno di sicurezza sociale garantito dal Servizio Sanitario
Nazionale.
70
La libertà d’insegnamento si collega alla libertà di manifestare il proprio pensiero con qualunque mezzo di
diffusione, alla libertà di professare qualunque tesi o teoria si ritenga degna di accettazione, alla libertà di
svolgere il proprio insegnamento secondo il metodo che appaia più opportuno adottare. È riconosciuto al docente
la libertà di esercitare le sue funzioni didattiche, senza vincoli di ordine politico, religioso o ideologico. Tale
diritto trova solo un limite “interno” nel fatto che l’attività didattica deve esercitarsi in ogni caso nel rispetto
della libertà di opinione del discente.
71
Allo Stato compete, in via generale, la predisposizione dei mezzi di istruzione, attraverso l’emanazione delle
norme generali in materia. Tuttavia l’istruzione non è riservata, quanto alla sua gestione, soltanto allo Stato, dal
momento che la Costituzione garantisce il pluralismo anche nel sistema educativo (c.d. libertà
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione

il principio della possibilità di p a r i f i c a z i o n e d e l l e s c u o l e s t a t a l i
a q u e l l e p r i v a t e , quanto agli effetti legali e al riconoscimento
professionale del titolo di studio (art. 33 4° co.: “La legge, nel fissare i diritti e gli
obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse
piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli
alunni di scuole statali”);

il principio dell’ a m m i s s i o n e p e r e s a m e ai vari gradi dell’istruzione
scolastica e dell’abilitazione professionale per esami (art. 33 5° co.: “È prescritto
un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la
conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale”);

il p r i n c i p i o d i a u t o n o m i a , sancito dall’art. 33 6° co., secondo il quale
“Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi
ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”;

il principio del l i b e r o a c c e s s o a l l ’ i s t r u z i o n e s c o l a s t i c a ,
senza alcuna discriminazione (art. 34 1° co.: “La scuola è aperta a tutti”72);

il principio della o b b l i g a t o r i e t à e g r a t u i t à d e l l ’ i s t r u z i o n e
d e l l ’ o b b l i g o (art. 34 2° co.: “L’istruzione inferiore, impartita per almeno
otto anni, è obbligatoria e gratuita”);

il r i c o n o s c i m e n t o a l d i r i t t o a l l o s t u d i o a n c h e a
c o l o r o c h e s o n o p r i v i d i m e z z i , purché capaci e meritevoli (art.
34 3° co.: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di
raggiungere i gradi più alti degli studi 73”). L’art. 33 4° co. da canto suo afferma che
“La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle
famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso74”.
10.5. Rapporti economici.
10.5.1. La tutela costituzionale del lavoro.
L’art. 35 afferma che: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed
applicazioni”.
nell’insegnamento) per cui «l’esistenza di due tipi di scuole, statali e non statali, convergenti e non concorrenti, è
una garanzia di buon funzionamento per entrambi». Va tuttavia segnalato che la libera gestione dell’istruzione
non deve comportare impegni di spesa da parte dello Stato. La scuola privata deve, infatti, costituirsi e gestirsi
senza oneri per lo Stato: ciò non esclude che lo Stato possa intervenire finanziando scuole o istituti in difficoltà,
ovvero scuole private in luoghi in cui non esistono scuole statali.
72
Strettamente collegata alla libertà d’insegnamento è la libertà d’istruzione, nel senso che al dovere statale di
istituire, su tutto il territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, fa fronte un d i r i t t o
a l l ’ i s t r u z i o n e dei cittadini da intendersi come diritto di accedere liberamente al sistema scolastico.
L’istruzione, oltre ad essere un diritto, è peraltro anche un dovere.
73
Nelle intenzioni del Costituente il diritto all’istruzione si impone non solo come potere-dovere di ogni
cittadino di frequentare gradi dell’istruzione inferiore obbligatoria e gratuita per almeno otto anni (5 anni di
scuola elementare e 3 anni di scuola media), ma anche come diritto di accedere ai gradi più alti degli studi, anche
se privo di mezzi, ma capace e meritevole. Tale ultima aspettativa si definisce come d i r i t t o a l l o
s t u d i o e si colloca tra i diritti sociali, ovvero quei diritti che promuovono l’intervento dello Stato diretto a
soddisfare le esigenze essenziali dei singoli.
74
L’eliminazione delle diseguaglianze economiche che impediscono di fatto l’accesso ai più alti gradi
dell’istruzione, è compito della Repubblica, che deve attivarsi per garantire effettivamente il diritto allo studio
con una serie di provvidenze, elargizioni ed aiuti finanziari alle famiglie degli studenti bisognosi. Poiché lo Stato
non può garantire provvidenze per tutti gli studenti, sono stati stabiliti dei criteri oggettivi (reddito, numero dei
componenti la famiglia, meriti dello studente etc.) per formare una graduatoria.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e
regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse
generale, e tutela il lavoro italiano all’estero”
L’art. 36 afferma che: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia
un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può
rinunziarvi”.
L’art. 37 afferma che: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le
stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire
l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino
una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di
lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.”
L’art. 38 afferma che: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari
per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro
esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione
involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati
dallo Stato.
L’assistenza privata è libera”
L’art. 35 e l’art. 37 della Costituzione, con lo stabilire il principio della t u t e l a d e l
l a v o r o in tutte le su forme ed applicazioni, e con l’estendere al lavoro femminile tutti i
principi dettati dalla legge in materia di lavoro, hanno voluto non solo ribadire il principio già
affermato nell’art. 1, ma soprattutto attuare la parità di diritto fra uomo e donna.
Anche l’art. 38 della Costituzione, affermando i principi di previdenza e assistenza sociale
come diritti del lavoratore, ha inteso garantire nell’ambito del lavoro subordinato, il rispetto
delle persone umane, ponendo al sicuro il prestatore stesso da quei rischi che possono incidere
sulla capacità lavorativa e sui i bisogni del suo nucleo familiare.
L’art. 46 da parte sua afferma che “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro
e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori
a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
10.5.2. La liberta sindacale e il diritto di sciopero.
L’art. 39 della Cost. afferma che “L’organizzazione sindacale è libera.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici
locali o centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento
interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in
proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria
per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.”
Il principale strumento di lotta sindacale volto all'ottenimento delle rivendicazioni dei
lavoratori è costituito dallo s c i o p e r o . Lo sciopero si concreta nell'astensione concertata
dal lavoro per la tutela di un interesse professionale collettiva e rappresenta una forma di
autotutela, riconosciuta e garantita dalla Costituzione., .
Tale riconoscimento del diritto di sciopero non implica, però, che il suo esercizio sia
illimitata. Infatti la stessa Costituzione stabilisce che “lo sciopera si esercita nell'ambita delle
leggi che lo regalano” (art. 40 Cost.).
La Costituzione, dunque, ha previsto una regolamentazione legislativa del diritto di
sciopero, allo scopo di evitare che un suo esercizio indiscriminata e incontrollato danneggi
l'intera collettività.
10.5.3. La libertà di iniziativa economica e privata.
L’art. 41 della costituzione afferma che: “L’iniziativa economica privata75 è libera76.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale77 o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana78.
La legge determina i programmi79 e i controlli opportuni perché l’attività economica
pubblica80 e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
75
I n i z i a t i v a e c o n o m i c a p r i v a t a : ogni attività imprenditoriale diretta alla produzione o allo
scambio di beni e servizi (ad esempio, attività produttive nel settore industriale, manifatturiero, assicurativo etc.)
che miri al perseguimento di qualsiasi vantaggio economico.
76
La norma sembra distinguere due diversi momenti: il momento della scelta del tipo di attività economica da
svolgere, e il momento del concreto svolgimento dell’attività economica. L’iniziativa sarebbe, quindi, libera,
mentre l’attività economica subirebbe penetranti limitazioni sia in negativo che in positivo per il raggiungimento
dei fini sociali.
77
U t i l i t à s o c i a l e : finalità cui va indirizzata ogni iniziativa economica per il raggiungimento della
maggior quantità di benessere per il maggior numero di individui. Per la Costituzione, quindi, il progresso
economico non è un fine ma semplicemente uno strumento per la realizzazione dei valori fondamentali della
persona.
78
La norma si riallaccia ad altri valori costituzionalmente riconosciuti: l’attività economica non può, ad esempio,
svolgersi in modo da violare le libertà civili, minare la sicurezza economica dei lavoratori o la salute della
collettività, intaccare la dignità del lavoratore o dei fruitori della stessa attività economica (ad esempio, i
consumatori).
79
P r o g r a m m i : strumenti attraverso i quali si realizza la funzione di indirizzo politico-economicofinanziario. Quest’ultima costituisce una specificazione dell’indirizzo politico generale del Governo e consiste
nella determinazione delle linee fondamentali dell’intervento statale in campo economico. L’intervento in questo
settore è definito «governo dell’economia» e trae il suo fondamento costituzionale in quegli articoli che
riservano al legislatore la programmazione e il controllo dell’economia, nonché la gestione di imprese di
pubblico interesse. Lo svolgimento di tali funzioni prevede i seguenti interventi: la programmazione (esperienza,
quest’ultima, di breve durata, nella nostra storia repubblicana), le partecipazioni statali, la manovra monetaria e
creditizia, nonché altre operazioni finanziarie (incentivi alle imprese, sgravi fiscali, contingentamenti etc.) in
stretto collegamento con gli organi della Comunità Europea.
80
Lo Stato non si limita ad esercitare un potere di indirizzo e di controllo sull’attività economica, ma spesso
opera direttamente attraverso la costituzione di imprese pubbliche o mediante il controllo di imprese private (c.d.
aziende a partecipazione statale). In questo caso si presenta come proprietario e gestore di aziende, che operano
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Questo articolo viene da molti considerato come la disposizione più infelice e
contraddittoria della Costituzione. Esso infatti tenta un impossibile compromesso tra il pieno
riconoscimento della libera iniziativa economica privata e i limiti, programmi e controlli
statali: le contraddizioni letterali fra le parti dell’articolo non fanno altro che riprodurre le
profonde differenze ideologiche presenti tra i componenti dell’Assemblea Costituente che
hanno redatto la disposizione.
Ne deriva una opzione per un ibrido sistema ad economia mista, nel quale lo Stato, pur
garantendo la piena libertà d’iniziativa agli imprenditori privati, e riconoscendo alla stessa un
ruolo fondamentale nel sistema capitalistico di produzione, non rinuncia ad affiancarsi ai
privati nella veste di imprenditore, nonché a controllare ed, eventualmente, a limitare tale
attività.
10.5.4. La proprietà.
L’art. 42 della Costituzione afferma che: “La proprietà è pubblica o privata. I beni
economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di
acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla
accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo,
espropriata per motivi di interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti
dello Stato sulle eredità”.
L’art. 43 della Cost. afferma poi che “A fini di utilità generale la legge può riservare
originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti
pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che
si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed
abbiano carattere di preminente interesse generale”.
L’art. 44 afferma inoltre che “Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di
stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata,
fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la
bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive;
aiuta la piccola e la media proprietà.
La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”
10.5.5. La tutela dell’artigianato.
L’art. 45 afferma che “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a
carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce
l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le
finalità.
La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”.
sul mercato con le stesse modalità degli imprenditori privati, offrendo beni e servizi a coloro che sono disposti
ad acquistarli. Il fenomeno dello «Stato imprenditore» ha assunto dimensioni rilevanti soprattutto nel secondo
dopoguerra, tanto che fu costituito un apposito Ministero delle partecipazioni statali. Nei primi anni ‘90, si è
invece avuta una netta inversione di tendenza, con l’avvio di un vasto programma di privatizzazioni, che prevede
la progressiva vendita ai privati delle società prima controllate e gestite dallo Stato.
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Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
10.5.6. La tutela del risparmio.
L’art. 47 afferma che “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme;
disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.
Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà
diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi
produttivi del Paese”.
10.6. Rapporti politici.
10.6.1. Il diritto al voto.
Vedi par. 4.9.3.
10.6.2. I partiti politici.
Vedi par. 4.9.2.
10.6.3. La possibilità di accedere ai pubblici uffici.
L’art. 51: “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici
e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai
cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al
loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”.
10.6.4. La difesa della patria
L’art. 52 afferma che: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento
non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.
L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”
10.6.5. La capacità contributiva.
L’art. 53 afferma che “Tutti81 sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche82 in ragione
della loro capacità contributiva83.
Il sistema tributario84 è informato a criteri di progressività85”.
81
La disposizione si riferisce anche agli apolidi e agli stranieri che risiedono in Italia e siano proprietari di beni o
svolgano attività lavorativa: restano esclusi i cittadini italiani che risiedono all’estero e non producono alcun
reddito in Italia. Il principio non esclude che possano essere previste esenzioni o agevolazioni per particolari
soggetti (percettori di redditi minimi, imprese operanti in zone depresse, etc.).
82
S p e s e p u b b l i c h e : spese finalizzate al soddisfacimento delle necessità della comunità sociale, cui lo
Stato deve provvedere. Le spese pubbliche sono erogate dall’amministrazione finanziaria dello Stato (erario)
attraverso una procedura che si articola nelle fasi dell’impegno (previsione della spesa nella legge di bilancio),
della liquidazione (determinazione del concreto ammontare della somma), dell’ordinazione (ordine impartito alla
Tesoreria di procedere al pagamento della somma) e del pagamento (che compete alla Tesoreria o ad altri enti
quali, ad esempio, gli uffici postali).
83
C a p a c i t à c o n t r i b u t i v a : idoneità del soggetto passivo a subire l’onere economico del tributo:
costituisce, pertanto, la misura della partecipazione di ciascuno (cittadino e straniero) alle spese pubbliche. La
capacità contributiva presuppone necessariamente che il contribuente abbia una fonte di reddito (lavoro
autonomo, subordinato, rendite, etc.). Essa costituisce un limite di carattere costituzionale per il legislatore, che
non può andare oltre le possibilità effettive del contribuente.
84
S i s t e m a t r i b u t a r i o : è l’insieme delle norme che disciplinano l’attività di imposizione fiscale e
regolano la contribuzione da parte dei soggetti d’imposta. Tale sistema, nonostante i ripetuti interventi
semplificativi, è ancora penalizzato dalla frammentarietà della legislazione, dall’eccessivo numero di tributi e
dall’alto tasso di evasione fiscale.
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149
Diritto costituzionale
I principi e le libertà previste dalla Costituzione
Dunque affinché il costo delle spese pubbliche gravi equamente su tutti i cittadini, è
necessario che il sistema tributario sia improntato al principio della progressività: ciò implica
che la percentuale da versare al fisco (a l i q u o t a d ’ i m p o s t a ) sia più bassa per coloro
che guadagnano meno e più elevata all’aumentare del reddito tassabile (cd. b a s e
i m p o n i b i l e )86.
10.6.6. Il dovere di fedeltà alla Repubblica.
L’art. 54 della Cost. afferma che: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla
Repubblica87 e di osservarne la Costituzione e le leggi88”.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina
ed onore89, prestando giuramento90 nei casi stabiliti dalla legge91”.
85
C r i t e r i o d i p r o g r e s s i v i t à : principio in virtù del quale la parte di reddito che il cittadino deve
versare al fisco cresce con l’aumento della capacità contributiva. Tale criterio risponde ad una ragione politicosociale legata ai principi di eguaglianza e solidarietà: il sistema tributario viene organizzato in modo da far
gravare maggiormente il carico fiscale sulle quote di reddito più elevate. Ciò non esclude che alcuni tributi siano
determinati in modo fisso o proporzionale, in quanto la progressività deve informare l’intero sistema e non il
singolo tributo.
86
Il principio della progressività è applicabile solo alle imposte dirette (che colpiscono le manifestazioni
immediate della capacità contributiva, come il reddito o il patrimonio:, mentre è difficilmente applicabile alle
imposte indirette (che colpiscono, invece, la manifestazione mediata della capacità di reddito, come i consumi,
gli scambi e i trasferimenti di ricchezza): chiunque compra un’auto paga, infatti, il 20% di IVA, a prescindere dal
reddito personale; d’altra parte sarebbe impossibile stabilire prezzi diversi dei beni di consumo a seconda del
reddito del compratore. Unico correttivo, a favore delle classi meno abbienti, è di fissare per le imposte indirette
aliquote più basse per i beni di prima necessità o destinati a fasce di consumatori meno abbienti (es.: l’IVA sui
motorini è inferiore rispetto alle moto di alta cilindrata).
87
F e d e l t à a l l a R e p u b b l i c a : con l’imposizione di tale dovere l’Assemblea Costituente intese
formalmente sancire l’obbligo di fedeltà alla forma istituzionale repubblicana che lo Stato aveva assunto a
seguito del referendum del 2-6-1946, di cui andava garantito il rispetto anche da parte dei fautori del regime
monarchico, all’epoca ancora molto numerosi. Il dovere di fedeltà, nel suo significato attuale, si traduce
soprattutto nel rispetto di quella parte della Costituzione, sottratta alla possibilità di revisione, in cui sono
enunciati i valori fondamentali dell’ordinamento democratico. Esso grava su tutti i cittadini i quali, ancorché
dissenzienti rispetto a tali valori, devono adeguarvisi nei loro comportamenti materiali.
88
Il dovere di fedeltà ai principi e ai valori fondanti della Repubblica non comporta che in suo nome possano
essere posti limiti all’esercizio dei diritti di libertà del cittadino, soprattutto della libertà di manifestazione del
proprio pensiero: nella nostra Costituzione, infatti, non è riprodotta una norma analoga a quella della legge
fondamentale tedesca (art. 18), secondo la quale chi abusa della libertà di espressione del pensiero, in particolare
della libertà di stampa, di associazione, di insegnamento e di riunione, per combattere la libertà e la democrazia,
perde questi diritti. La democrazia italiana tollera anche il dissenso ideologico più radicale, purché non si
concretizzi in comportamenti materiali destinati a colpire le istituzioni democratiche. Ecco perché la dottrina
prevalente ritiene che il presidio penalistico del dovere di fedeltà sia l’art. 283 c.p., che punisce chiunque
«commetta un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del governo con mezzi non consentiti
dall’ordinamento costituzionale dello Stato».
89
Il secondo comma imporrebbe, secondo taluni, un dovere di fedeltà «qualificato» per coloro che esercitano
pubbliche funzioni. L’opinione prevalente è, però, nel senso che il dovere di fedeltà grava allo stesso modo su
tutti i cittadini; pertanto il secondo comma disciplinerebbe un distinto dovere che attiene alle modalità di
svolgimento («con disciplina ed onore») della funzione pubblica e dal quale scaturiscono obblighi specifici,
come il divieto di iscriversi ai partiti politici o limitazioni a diritti costituzionalmente riconosciuti, come
l’opposizione dei segreti militari o di Stato.
90
G i u r a m e n t o : il termine indica la promessa di assumere determinati comportamenti futuri (ad esempio,
esercitare le funzioni di Presidente del Consiglio «…nell’interesse esclusivo della nazione»). La Costituzione
espressamente prevede il giuramento del Capo dello Stato, quello del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei
singoli Ministri, quello dei giudici della Corte Costituzionale.
91
Storicamente, la previsione dell’obbligo di prestare giuramento nei casi previsti dalla Costituzione o dalla
legge ordinaria, si giustifica con l’intento di legare al regime repubblicano e alla sua Costituzione anche i
membri dell’apparato statale fautori della monarchia. La previsione fu oggetto di vivaci polemiche che portarono
ad escludere da tale obbligo alcune categorie, come quella dei professori universitari.
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Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali
Capitolo 11°
Cenni di Diritto degli enti locali
11.1. Introduzione
Un e n t e l o c a l e è un ente pubblico territoriale dotato di un certo grado di autonomia
statutaria, normativa, organizzativa, impositiva e finanziaria.
Il territorio nazionale, come abbiamo visto, è diviso in regioni; queste a loro volta sono
suddivise in province, ulteriormente suddivise in comuni. Fa eccezione la Valle d'Aosta, dove
la provincia è stata soppressa e la regione è direttamente suddivisa in comuni; formalmente
anche la Sicilia ha soppresso le province, sostituendole con altrettante province regionali che
hanno natura di liberi consorzi di comuni
Per i comuni delle aree metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna,
Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Catania, Messina, Trieste, Cagliari si
è costituita città metropolitana, che acquisisce le funzioni della provincia e svolge alcune
funzioni spettanti ai comuni a livello sovracomunale.
Le città metropolitane, le province e i comuni, sono disciplinati dalla Costituzione e, per
quanto attiene la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali, dalla
legge statale (attualmente il D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali), nonché dai rispettivi statuti, che, nell'ambito dei principi
fissati dal predetto testo unico, stabiliscono le norme fondamentali dell'organizzazione
dell'ente.
Tali enti sono dotati di autonomia statutaria e regolamentare. Fanno eccezione le province
autonome di Trento e Bolzano che hanno la loro disciplina nello statuto regionale del
Trentino-Alto Adige e dispongono di particolare autonomia, anche legislativa, come abbiamo
visto.
Emerge la contrapposizione tra le regioni (e le province autonome di Trento e Bolzano), da
una parte, e gli altri enti territoriali dall'altra, giacché solo le prime sono dotate di autonomia
legislativa. Va peraltro rilevato che anche comuni, province e città metropolitane, pur
mancando di autonomia legislativa, dispongono di una rilevante autonomia nel definire il
proprio indirizzo politico (cosiddetta autonomia politica), che può quindi divergere da quello
dello stato (o della regione); anch'essi, pertanto, come le regioni, appartengono alla categoria
degli enti autonomi.
In sintesi il termine Enti locali si identifica:

con il significato più generale di ente pubblico la competenza dei cui organi è
limitata entro una determinata circoscrizione territoriale e persegue interessi
pubblici propri di tale circoscrizione;

con un significato più specifico, derivato dall'uso che ne fa il legislatore, per
riferirsi agli enti locali territoriali diversi dalla regione; in questo senso si parla
anche di autonomie locali.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
151
Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali
11.1.1. La Classificazione degli Enti Locali
Secondo la disciplina di settore, basata sul Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali (d.lgs. 267/2000), per Enti Locali si intendono:

i Comuni;

le Province;

le Città metropolitane;

le Comunità montane;

le Comunità isolane;

le Unioni di Comuni.
Non sono enti locali in senso stretto le Regioni, alle quali è attribuita, oltre che la potestà
regolamentare, anche la potestà legislativa. Le regioni italiane, così come lo Stato,
condividono tuttavia con gli enti locali il carattere di enti territoriali della Repubblica.
L'elenco contenuto nell'art. 114 della Costituzione non esaurisce tutti gli enti locali
dell'ordinamento italiano; ad essi, infatti, vanno aggiunti quelli non previsti dalla Costituzione
ma solo a livello legislativo, quali:

gli ulteriori enti territoriali elencati nell'art. 2 del D.Lgs. 267/2000 e disciplinati
dallo stesso decreto legislativo, ossia le comunità montane, le comunità isolane, le
unioni di comuni e i consorzi fra enti territoriali;

gli enti locali, ma non territoriali, previsti da altre leggi statali, tra i quali si possono
annoverare le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le aziende
sanitarie locali, gli ordini professionali ed altri;

gli enti locali previsti da leggi regionali.
Non si possono, invece, considerare enti locali le circoscrizioni di decentramento comunale
poiché non sono dotate di personalità giuridica e, quindi, non sono enti pubblici ma organi del
comune, seppur complessi e dotati di autonomia.
11.2. Le Regioni
11.2.1. Nozione.
La R e g i o n e è il più grande ed importante ente territoriale. Essa può anche configurarsi
come ente costituzionale a base territoriale, in quanto trova direttamente nella Costituzione il
fondamento dei propri poteri ed è destinata ad attuare il dettato costituzionale nell’ambito di
un determinato territorio.
Lo Stato italiano si articola in 20 regioni: 15 sono ad autonomia ordinaria (o a statuto
ordinario1), 5 ad autonomia speciale (o a statuto speciale2). La fusione o la creazione di nuove
regioni può avvenire solo con legge costituzionale, secondo quanto dispone l’art. 132 Cost.
11.2.2. Le autonomie delle regioni.
Le Regioni, in quanto enti autonomi territoriali sono dotate di:
1
Tali regioni disciplinate dal titolo V della Costituzione (artt. 114-133), nonché da varie leggi di portata generale
dettate dallo Stato, deliberano il contenuto dei loro statuti che vengono approvati e modificati dal Consiglio
regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
2
Per motivi politici, etnici ed economici, la Costituzione (art. 116) riserva un trattamento giuridico differenziato
per cinque regioni (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia), secondo le
disposizioni contenute nei rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale dello Stato.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
152
Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali

a u t o n o m i a s t a t u t a r i a : cioè della possibilità di adottare un proprio Statuto
avente per oggetto la disciplina della forma di governo dell’organizzazione e del
funzionamento dell’ente per tutte le attività non regolate direttamente dalla
Costituzione;

a u t o n o m i a l e g i s l a t i v a : a tutte le Regioni è riconosciuta la potestà di
emanare leggi aventi valore di legge ordinaria. Tale potestà può essere esercitata
dalle Regioni nelle materie non espressamente riservate allo Stato sulla base
dell’art. 117 Cost.;

a u t o n o m i a a m m i n i s t r a t i v a : ciascuna Regione è dotata di un proprio
apparato amministrativo e le è riconosciuta la potestà di emanare atti amministrativi
(cd. a u t a r c h i a );

a u t o n o m i a f i n a n z i a r i a : le Regioni godono di autonomia finanziaria di
entrata e di spesa, in armonia con la Costituzione e in secondo i principi di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 119 Cost.).
11.2.2.1. L’autonomia
statutaria.
L’autonomia statutaria delle Regioni è contemplata dalla Carta costituzionale, la quale ha
inteso riconoscere l’esistenza e la necessità della elaborazione degli Statuti da parte delle
Regioni, determinandone, altresì, la funzione ed i limiti.
Diversa è la disciplina dettata dalla Costituzione per gli Statuti delle Regioni speciali
rispetto a quella delle Regioni ordinarie.
11.2.2.1.1. Gli
Statuti delle Regioni speciali.
Gli statuti delle Regioni ad autonomia differenziata sono invece adottati secondo l’art. 116
Cost.3, con leggi costituzionali.
Dalla natura di legge costituzionale degli Statuti speciali discende che le loro norme
possono essere modificate se non con la procedura di revisione costituzionale previsto
dall’art. 138 della Costituzione4 (c.d. procedura aggravata); mentre per modificare lo Statuto
di una regione di diritto comune sarà sufficiente seguire lo stesso procedimento previsto per la
formazione dello Statuto
11.2.2.1.2. Gli
Statuti delle Regioni ordinarie.
11.2.2.1.2.1. Contenuto.
A norma dell’art. 123 della Costituzione, così come modificato dalla l. 1/1999, lo Statuto
delle regioni di diritto comune deve contenere la determinazione della forma di governo; esso
regola inoltre l’organizzazione interna della regione, l’esercizio del diritto di iniziativa
legislativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della regione e la
pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.
La legge cost. n. 3. del 2001 ha stabilito altresì che in ogni regione lo Statuto disciplini il
consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra le Regioni e gli enti locali.
3
L’art. 116, comma 1, Cost. nel testo novellato dalla riforma costituzionale sancisce «II Friuli Venezia Giulia, la
Sardegna, la Sicilia, il Trentino-AltoAdige e la Valle d’Aosta dispongono di forme e condizioni particolari di
autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale».
4
Le norme in essi contenute prevalgono, quindi, sulle leggi statali ordinarie e, naturalmente, su quelle regionali.
Trattandosi, anzi, di disposizioni di carattere, speciale, prevalgono sulle stesse norme costituzionali generali
dettate per le Regioni, ad eccezione di quelle che fissano i principi fondamentali (diritti e doveri dei cittadini e
l’organizzazione dello Stato) del vigente ordinamento costituzionale.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
153
Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali
11.2.2.1.2.2. Procedimento
di approvazione.
Lo Statuto delle Regioni ordinarie è a p p r o v a t o e m o d i f i c a t o d a l
Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta
dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate
ad intervallo non minore di due mesi.
Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua
pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto
dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato
se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.
11.2.2.2. L’autonomia
legislativa.
11.2.2.2.1. La ripartizione delle Competenza tra Stato e Regioni.
Il riconoscimento alle Regioni, ordinarie e speciali, dell’autonomia legislativa pone l’ente
Regione in una posizione primaria e sovraordinata rispetto a Province e Comuni, titolari di
potestà normativa limitata al solo ambito statutario
In sede di Assemblea Costituente, tra le due correnti che propugnavano, da un lato,
l’attribuzione di una potestà legislativa esclusiva delle Regioni e , dall’altro l’attribuzione, di
una potestà legislativa di mera attuazione delle leggi statali, prevalse una posizione di
compromesso che individuava tre tipi diversi di potestà legislativa regionale:

p o t e s t à l e g i s l a t i v a e s c l u s i v a o p i e n a , in virtù della quale le
Regioni sono equiparate allo Stato nella facoltà di legiferare, escludendo – per le
materie ad essa afferenti – la normativa statale anche di semplice indirizzo o di
coordinamento. Prima dell’intervento della legge di riforma costituzionale tale
potestà spettava esclusivamente alle Regioni a Statuto speciale e alle Province di
Trento e di Bolzano nelle materie individuate dai rispettivi Statuti;

p o t e s t à l e g i s l a t i v a c o n c o r r e n t e o r i p a r t i t a , in virtù della quale la
Regione legifera con leggi vincolate al rispetto dei principi fondamentali, relativi
alle singole materie, stabiliti dalle leggi dello Stato. Queste ultime prendono il
nome di l e g g i c o r n i c e o l e g g i q u a d r o in quanto specificamente
indicano i principi e gli indirizzi cui la legislazione regionale deve conformarsi. La
formulazione dell’art. 117 precedente alle modifiche della L. cost. 3/2001 attribuiva
tale potestà, nelle materie ivi oggetto di elencazione, alle Regioni ordinarie, alle
Regioni a Statuto speciale (eccettuata la Valle d’Aosta) e alle Province autonome di
Trento e di Bolzano5;

potestà legislativa di attuazione delle leggi dello Stato ,
in virtù della quale le Regioni legiferano nel rispetto sia dei principi contenuti nelle
5
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle
Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni
scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e
tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento
sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di
navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;
previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di
attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario
e agrario a carattere regionale.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
154
Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali
leggi cornice che delle disposizioni di dettaglio contenute nella normativa
nazionale, attuandola puntualmente con adattamenti suggeriti dalle eterogenee
esigenze locali. Con la riforma federale, la potestà legislativa di attuazione è
scomparsa, dal momento che il nuovo testo costituzionale non prevede alcuna
delega dello Stato alle Regioni se non in ambito regolamentare (art. 117).
La completa riformulazione dell’art. 117 Cost., in seguito all’approvazione della L. cost.
3/2001 di modifica del titolo V, parte seconda, della Costituzione, ha portato ad un totale
ribaltamento della precedente suddivisione della potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni. Il
nuovo testo opera una distinzione tra:

p o t e s t à l e g i s l a t i v a e s c l u s i v a d e l l o S t a t o : si tratta dei 17 settori
indicati nel comma dell’art. 117 e nei quali spetta la potestà legislativa che deve
esse esercitata esclusivamente dallo Stato. In altri termini allo Stato la novella
costituzionale riconosce una potestà legislativa esclusiva e piena vincolata da un
limite generale in materia, da intendersi nel senso che tale potestà non può
esplicarsi, come nel regime previgente, in qualsiasi ambito oggettivo che non risulti
attribuito alla competenza del legislatore regionale, ma al contrario potrà essere
esercitata esclusivamente in riferimento a quelle materie che la norma
costituzionale (art. 117, comma 2), espressamente gli attribuisca;

p o t e s t à l e g i s l a t i v a c o n c o r r e n t e : si tratta dei settori individuati nel 3°
comma dell’art. 117 e nei quali si assiste ad una suddivisione dei compiti tra lo
Stato e le Regioni: al primo spetta il compito di «determinare i principi
fondamentali» (attraverso le leggi quadro o leggi cornice), mentre alle Regioni
spetta il compito di emanare la legislazione specifica di settore;

p o t e s t à l e g i s l a t i v a r e s i d u a l e d e l l e R e g i o n i : i settori che
rientrano in tale ambito non sono definiti nel testo costituzionale, ma vanno ricavati
per esclusione; l’art. 117, infatti, dispone che «spetta alle Regioni la potestà
legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla
legislazione dello Stato». La norma va interpretata nel senso che nelle materie
diverse da quelle riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato o quella
concorrente, alle regioni spetta una p o t e s t à l e g i s l a t i v a d i t i p o
p r i m a r i o , ossia non limitata dai principi fondamentali della legislazione statale,
ma soltanto nel rispetto della Costituzione, dell’ordinamento comunitario e degli
obblighi internazionali.
11.2.2.2.2. Il
procedimento di formazione delle leggi regionali.
Il procedimento di formazione delle leggi regionali segue un iter che ricalca quasi
fedelmente quello previsto dall’art. 72 Cost. per l’approvazione delle leggi ordinarie dello
Stato. Le fasi sono le seguenti:

l’i n i z i a t i v a l e g i s l a t i v a : spetta alla Giunta regionale, ai singoli consiglieri
regionali e al corpo elettorale regionale; nelle Regioni a Statuto ordinario è
attribuita anche ai Consigli provinciali e comunali;

l’i s t r u t t o r i a : tale fase preparatoria è svolta dalle Commissioni permanenti in
sede referente, strutturate sul modello di quelle esistenti in Parlamento;
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali

la d e l i b e r a z i o n e : questa fase si svolge innanzi all’Assemblea regionale
poiché le Commissioni permanenti non hanno alcun potere deliberativo. Questi
organi, infatti, hanno rilievo soltanto nella fase istruttoria. In tutte le Regioni la fase
deliberativa si compone dei seguenti momenti essenziali: discussione generale in
Assemblea; approvazione articolo per articolo; votazione finale.

la p r o m u l g a z i o n e : le leggi regionali sono promulgate dal Presidente della
Giunta;

la p u b b l i c a z i o n e : dopo la loro promulgazione le leggi regionali vengono
pubblicate nel Bollettino Ufficiale della regione e riprodotte (a puro fine di
conoscenza) sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica. La legge regionale entro in
vigore non prima di quindici giorni dalla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale.
limiti all’attività legislativa regionale.
L’autonomia legislativa delle Regioni presenta una serie di limiti:
11.2.2.2.3. I

il l i m i t e c o s t i t u z i o n a l e : le leggi regionali, siano esse espressione della
potestà legislativa concorrente (art. 117, comma 3) che della potestà legislativa
residuale (art. 117, comma 4) sono subordinate al «rispetto della Costituzione» (art.
117, comma 1);

i limiti derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli
o b b l i g h i i n t e r n a z i o n a l i : tali limiti, posti dall’art. 117, comma 1, valgono
tanto per la legislazione regionale concorrente che per quella esclusiva e si
traducono nel divieto per entrambe di «introdurre nell’ordinamento norme
giuridiche che pongano lo Stato, inteso nella sua unità, in condizione di infrazione
nei confronti della normativa comunitaria ovvero degli obblighi internazionali»;

il l i m i t e t e r r i t o r i a l e : la Regione esercita la sua potestà legislativa,
concorrente o residuale per soddisfare interessi, esclusivamente o prevalentemente
localizzati sul territorio di sua pertinenza, che ne costituisce il limite naturale e
invalicabile;

il l i m i t e d e i p r i n c i p i f o n d a m e n t a l i : si tratta di un limite riferibile
alla legislazione concorrente, la quale, come detto, si esplica all’interno di quadro
di riferimento tracciato dalla legislazione statale di cornice ratione materiae. Tali
principi esprimono le direttive e gli orientamenti generali cui, nelle intenzioni del
legislatore statale, dovrebbe ispirarsi la legislazione regionale nella disciplina delle
singole materie;

il l i m i t e d e l l a r i s e r v a d i l e g g e : in tale ambito la Corte costituzionale
ha affermato che la Costituzione quando rinvia puramente e semplicemente alla
legge la disciplina di una determinata materia, si riferisce solo alla legge dello
Stato. Si pensi all’art. 25 dal quale si ricava che le Regioni non hanno competenza
legislativa in materia penale e non possono quindi munire i precetti delle loro leggi
di sanzioni penali (sent. Corte cost. n. 273/1995).
11.2.2.2.4. Il
rapporto fra la legge statale e quella regionale.
Il rapporto fra la legge statale e quella regionale non appare ordinato secondo il criterio
gerarchico per cui (anche quando fissa il limite dei principi o da esecuzione agli obblighi
Ver. 09/04/2017 13:34:00
156
Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali
internazionali) non è sovraordinata alla seconda, con la conseguenza che le eventuali
antinomie fra le due fonti vanno risolte non invocando la maggiore forza (intesa come
efficacia formale) della fonte statale, bensì secondo un rapporto che trova il suo punto di
confluenza e di armonizzazione nelle norme costituzionali e che va definito in termini di
validità-invaliditià. La delimitazione costituzionale degli ambiti di competenza esclude,
infatti, un rapporto di tipo gerarchico fra le fonte separate.
11.2.2.3. L’autonomia
regolamentare.
Il riconoscimento della p o t e s t à r e g o l a m e n t a r e alle Regioni, intesa come facoltà
di dettare una normazione di dettaglio a carattere prevalentemente interno, ha originariamente
trovato codificazione a livello costituzionale nell’art. 121.
Con la legge di riforma federale la previsione dell’art. 121, che definisce la titolarità della
potestà regolamentare, si completa e si perfeziona ora nella lettura con il combinato disposto
dell’art. 117, comma 6 che, invece, ne precisa la portata e l’ampiezza.
Quest’ultimo comma, recita, infatti: La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle
materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta
alle Regioni in ogni altra materia.
Il tenore letterale è estremamente chiaro e da esso si evince schematicamente che le
Regioni sono titolari di potestà regolamentare:

nelle materie di legislazione concorrente ad esse riservate ex art. 117, comma 3;

nelle materie residuali di legislazione esclusiva di cui all’ari. 117, comma 4;

nelle materie che l’art. 117, comma 2, definisce di legislazione esclusiva stata le e
per le quali lo Stato abbia delegato alle Regioni la normazione secondaria.
In conclusione, la riforma costituzionale affida alle Regioni la competenza generale in
ambito regolamentare in analogia a quanto previsto per la potestà legislativa.
11.2.2.4. L’autonomia
finanziaria.
11.2.2.4.1. Introduzione
L’autonomia garantita ai vari enti territoriali dalla Costituzione risulterebbe una mera
affermazione di principio se non fosse completata dalla possibilità di avere a disposizione
risorse finanziarie tali da poter concretamente portare a termine le azioni che si intende
intraprendere nei settori di competenza; questo concetto è di fondamentale importanza per
capire il significato dell’articolo 119 della Costituzione, con la quale viene riconosciuta
l’autonomia finanziaria delle Regioni, vale a dire la potestà di stabilire e gestire in modo
autonomo le risorse finanziarie di cui necessitano per la realizzazione delle funzioni loro
affidate.
11.2.2.4.2. La
finanza ordinaria
Il nuovo testo dell’articolo 119 della Costituzione stabilisce che «I Comuni, le Province, le
Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni,
le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. S t a b i l i s c o n o e
applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la
Costituzione e secondo i principi di coordinamento della
finanza
pubblica
e
del
sistema
t r i b u t a r i o . Dispongono di
compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio».
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Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali
Dal nuovo testo dell’articolo 119, in particolare se confermato con la precedente versione,
si possono ricavare i seguenti concetti chiave:

l’autonomia finanziaria è ora esplicitamente attribuita anche ai Comuni, alle
Province e alle Città Metropolitane, oltre che alle Regioni;

l’autonomia finanziaria si concretizza in un’autonomia di entrata e di spesa. La
differenza è fondamentale. Fino a pochi anni fa l’autonomia finanziaria delle
Regioni veni va intesa essenzialmente come “autonomia di spesa”, vale a dire chela
capacità delle Regioni di amministrare in modo autonomo le risorse finanziarie
messe a disposizione con le leggi dello Stato. Il nuovo testo invece, evidenzia
chiaramente anche l’autonomia di entrata delle Regioni;

quest’ultima facoltà è ulteriormente sottolineata nel passaggio in cui si afferma che
gli enti territoriali “stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri”. L’abbandono
della precedente impostazione centralistica, con la quale si stabiliva che “alle
Regioni sono attributi tributi propri” è evidente, così come è chiaro l’intento della
legge di riforma di attribuire autonomia alle Regioni nella fissazione delle risorse
finanziarie e nelle procedure applicative di riscossione;

alla Regioni sono attribuite compartecipazioni del gettito dei tributi erariali
riferibili al loro territorio. In pratica viene esplicitamente affermato il principio
della territorialità dell’imposta, in base al quale, almeno in parte, il gettito prelevato
da un territorio dovrà rimanere nell’ambito della comunità che lo ha prodotto.
11.2.2.4.3. Il fondo perequativo.
Secondo quanto stabilito dal nuovo comma 3 dell’art. 119 Cost. «per i territori con minore
capacità fiscale per abitante» con legge dello Stato si provvede ad istituire un fondo
perequativo senza vincoli di destinazione.
Si tratta di uno strumento che dovrebbe compensare eventuali squilibri fra le entrate
tributarie delle Regioni e consentire a tali enti di erogare i servizi di loro competenza a livelli
uniformi su tutto il territorio nazionale; lo scopo è quello di garantire che in tutte le Regioni, a
prescindere quindi dalla capacità di ricavare risorse fiscali dal loro territorio, siano rispettati
gli stessi standard nella prestazione di determinati servizi, in particolare quelli concernenti i
diritti sociali, come opportunamente sottolineato nel successivo articolo 120, comma 2.
11.2.2.4.4. La
finanza straordinaria.
Il terzo pilastro della finanza regionale è costituito dalla risorse aggiuntive destinate dallo
Stato. Secondo il nuovo comma 5 dell’art. 119 «Per promuovere lo sviluppo economico, la
coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire
l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale
esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali
in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni». Si tratta di una
riformulazione del precedente comma 3, che prevedeva contributi speciali volti a valorizzare
«il Mezzogiorno e le isole».
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Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali
11.2.3. Il sistema di governo regionale.
La Costituzione (art. 121) prevede che tutte le Regioni siano dotate di una struttura
imperniata su tre organi di vertice, in posizione quasi di simmetria con gli organi
costituzionali statali:

Il Consiglio Regionale, che esercita funzioni simili a quelle del Parlamento

La Giunta Regionale, che Corrisponde al Consiglio dei Ministri

Il Presidente della Giunta, che cumula la carica di Presidente dell’organo esecutivo
e quella di Presidente della Regione.
11.2.3.1. Il
Consiglio regionale.
11.2.3.1.1. Nozione.
Il C o n s i g l i o r e g i o n a l e (Assemblea regionale in Sicilia, Consiglio della Valle nella
valle d’Aosta) è il massimo organo deliberativo e rappresentativo dell’ente Regione.
11.2.3.1.2. Funzioni.
L’art. 121 Cost., nella dizione novellata dalla L. cost. 111999, recita: «il Consiglio
regionale esercita le potestà legislative attribuite alle Regioni e le altre funzioni conferitegli
dalla Costituzione e dalle leggi». Il Consiglio è, dunque, titolare della potestà legislativa
regionale. Inoltre, approva e modifica lo Statuto.
Al Consiglio spettano anche le attribuzioni amministrative conferite dallo Statuto,
comprese quelle relative all’ordinamento degli uffici e dei servizi regionali e all’istituzione di
enti amministrativi dipendenti dalla Regione.
II Consiglio esercita anche poteri di controllo politico sull’operato della Giunta e del
Presidente della Regione e approva il bilancio preventivo, i relativi storni di fondi da un
capitolo all’altro e il conto consuntivo. Approva, inoltre, i piani generali concernenti
l’esecuzione di opere pubbliche e l’organizzazione di servizi pubblici di interesse della
Regione e dei finanziamenti relativi.
Al Consiglio spetta, inoltre, partecipare ad alcuni momenti significativi della vita politica
del paese:

formula proposte di legge al Parlamento (art. 121 Cost.);

esprime i pareri previsti dagli artt. 132 e 133 Cost.;

elegge i delegati a partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica (art. 83
Cost.);

può richiedere il referendum abrogativo e quello consultivo (artt. 75 e 138 Cost.).
11.2.3.1.3. Metodo
di elezione e durata
Il Consiglio regionale (detto Assemblea regionale in Sicilia) è eletto direttamente dal corpo
elettorale regionale col sistema elettorale maggioritario per l’elezione di 1/5 dei consiglieri e
del sistema elettorale proporzionale per l’elezione di 4/5 dei consiglieri; d u r a i n c a r i c a
c i n q u e a n n i ed esattamente fino al 46° giorno antecedente alla data delle nuove elezioni.
11.2.3.1.4. La
status di consigliere regionale.
A norma dell’art. 122 IV, Cost, i consiglieri regionali (analogamente ai parlamentari) non
possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio
dello loro funzioni. I consiglieri regionali non godono, invece della immunità previste dal 2° e
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Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali
3° comma dell’art. 68 Cost., riservate esclusivamente ai membri del Parlamento nazionali in
base al noto principio della non estensibilità, in via analogica, delle norme eccezionali.
11.2.3.1.5. Composizione.
Tale organo risulta composto, nelle Regioni a statuto ordinario, da un minimo di 30
consiglieri (nelle Regioni con non più di un milione di abitanti), ad un massimo di 80
consiglieri (nelle Regioni con oltre 6 milioni di abitanti); nelle Regioni a statuto speciale il
numero di consiglieri è stabilito dallo Statuto. Il funzionamento del Consiglio regionale è
regolato dallo Statuto e dai regolamenti interni.
11.2.3.2. La
Giunta regionale.
11.2.3.2.1. Nozioni e funzioni.
La G i u n t a è l’organo esecutivo della Regione (art. 121 Cost.) e presiede all’attuazione
delle deliberazioni e delle leggi del Consiglio. Inoltre:

ha l’iniziativa legislativa;

provvede alla gestione dell’ente, dirige l’attività degli uffici regionali e amministra
il patrimonio;

predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo; predispone i programmi di
sviluppo regionale;

decide, sentito il Consiglio, sui ricorsi di legittimità costituzionale e sui conflitti di
attribuzione.
Per motivi di urgenza, la Giunta può sostituirsi al Consiglio, salva ratifica di quest’ultimo
nella prima adunanza. Non può, tuttavia, esercitare la funzione legislativa in sostituzione del
Consiglio, atteso il disposto dell’art. 121 Cost.
11.2.3.2.2. Metodo
di elezione.
L’art. 122 Cost., nella sua originaria formulazione, prevedeva che la giunta regionale
venisse eletta direttamente dal Consiglio e che i suoi membri venissero scelti dal Consiglio
medesimo.
La revisione costituzionale operata dalla L. cost. 1/1999, ha a t t r i b u t o a l
Presidente della Giunta il potere di nomina e revoca dei
c o m p o n e n t i d e l l a G i u n t a s t e s s a , anche se contestualmente salvaguardia la
facoltà degli Statuti di disporre diversamente (art. 122, comma 5).
11.2.3.3. Il
Presidente della Regione.
Il P r e s i d e n t e d e l l a R e g i o n e è anche Presidente della Giunta regionale e questo
spiega la comune denominazione di «capo del Governo» o «capo della Regione».
11.2.3.3.1. Poteri
In questa sua qualità egli rappresenta la regione all’esterno, dirige la politica della Giunta
ne è responsabile, promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali, indici i referendum
previsti dagli Statuti o dalle legge regionali, rappresenta l’ente in giudizio ed esercita i diritti
patrimoniale e non patrimoniali attributi alla regione.
11.2.3.3.2. Elezione.
Per quel che concerne l’elezione il comma 5 dell’art. 122 Cost., come modificato dalla L.
cost. 1/1999, prevede che venga eletto a suffragio universale e diretto, salvo che lo Statuto
regionale disponga diversamente. L ’ e l e z i o n e a s u f f r a g i o u n i v e r s a l e e
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Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali
diretto è stata introdotta anche per i Presidenti
R e g i o n i a S t a t u t o s p e c i a l e dalla L. cost. 31-1-2001, n. 2.
delle
11.2.3.3.3. Rieleggibilità
Per quanto riguarda la rieleggibilità del Presidente, il d.d.lgs. recante «Disposizioni di
attuazione dell’art. 122, comma 1, Cost.», approvato in via definitiva dal Senato il 16 giugno
2004, p r e v e d e l a n o n i m m e d i a t a r i e l e g g i b i l i t à a l l o s c a d e r e
del secondo mandato.
11.2.3.3.4. Mozioni
di sfiducia.
Il 2° co. dell’art. 126 della Cost., cosi come modificato dalla L. 1/1999 attribuisce al
Consiglio regionale la potestà di esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della
Giunta, mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e
approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei suoi componenti stessi. La
mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni della presentazione.
11.2.3.3.4.1. La
rimozione del Presidente.
Secondo il disposto dell’art. 126, comma 2, Cost. l’approvazione da parte del Consiglio, a
maggioranza assoluta, di una mozione di sfiducia presentata da almeno 1/5 dei suoi
componenti, comporta le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio regionale.
Gli stessi effetti conseguono nell’ipotesi di dimissioni volontarie, impedimento permanente
o morte del Presidente. In pratica la cessazione dalla carica del Presidente comporta un
azzeramento complessivo degli organi di Governo regionale e la necessità di procedere
all’indizione di nuove elezioni6.
11.2.3.3.4.2. Il
procedimento di scioglimento da parte del Presidente della Repubblica.
Oltre ai casi di scioglimento appena esaminati, va analizzato quello dell’art. art 126 1° co.
Cost., il prevede, attraverso un particolare procedimento e con decreto motivato del
presedente della Repubblica, la possibilità di scioglimento del Consiglio e di rimozione il
Presidente della Giunta7, nei seguenti casi:

quando quest’ultimi abbiano compiuti atti contrari alla Costituzione o di gravi
violazioni di legge;

oppure per ragioni di sicurezza nazionale.
In questi casi, su proposta del Governo e sentita la Commissione parlamentare per le
questioni regionali, viene emanato un decreto motivato del Presidente della Repubblica.
11.2.4. I raccordi tra lo Stato e le regioni: le Conferenze permanenti
Il primo soggetto con il quale le Regioni devono costantemente confrontarsi e coordinare
le loro attività è indubbiamente lo Stato.
Per fare ciò sono state istituti appositi sedi di concertazione delle politiche in materia di
autonomie a livello nazionale, in cui Stato e autonomie territoriali si incontrano per definire
6
Qualora il Consiglio regionale approvi, a maggioranza assoluta, una mozione motivata di sfiducia nei confronti
del Presidente della Giunta regionale, entro tre mesi si procede all’indizione di nuove elezioni del Presidente e
del Consiglio (cd. norma antiribaltone).
7
La distinta previsione della rimozione del Presidente della Regione si giustifica considerando che tale organo
non è più necessariamente nominato dal Consiglio regionale, come avveniva prima della riforma costituzionale,
per cui l’organo collegiale non dispone più del potere di sostituire il Presidente o la Giunta.
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Diritto costituzionale
Cenni di Diritto degli enti locali
linee politico amministrative e scelte comuni, contemperando interessi che possono essere
contrastanti.
Si tratta delle c.d. C o n f e r e n z e p e r m a n e n t i , cui vanno ad aggiungersi la
C o m m i s s i o n e b i c a m e r a l e p e r l e q u e s t i o n i r e g i o n a l i e la
C a b i n a d i r e g i a : si tratta di organismi che hanno il fondamentale compito di dare
concreta attuazione al nuovo assetto della Repubblica delineato dalla riforma della L.cost.
3/2001 e di realizzare, nel rispetto del p r i n c i p i o d i l e a l e c o l l a b o r a z i o n e ,
un proficuo coordinamento tra i diversi livello di governo (c.d. r e g i o n a l i s m o
c o o p e r a t i v o ).
Le Conferenze attualmente operanti sono:

la C o n f e r e n z a S t a t o - R e g i o n i : è presieduta dal Presidente del
Consiglio ed è composta dai Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di
Trento e di Bolzano, nonché dai Ministri interessati agli argomenti trattati nelle
singole sedute. Quanto alle funzioni, la Conferenza – con riferimento a tutti i
processi decisionali di interesse regionale, interregionale e infraregionale –
promuove e stipula intese, nei casi previsti dalla legge, ed accordi fra Governo e
Regioni, in tutti gli altri casi;

la C o n f e r e n z a S t a t o - C i t t à e d a u t o n o m i e l o c a l i : è istituti
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con compiti di coordinamento,
studio, informazione e confronto nelle problematiche connesse agli indirizzi di
politica generale che possono incidere sulle funzioni proprie di Province e Comuni
e su quelle delegate da leggi dello Stato;

la C o n f e r e n z a u n i f i c a t a : è costituti da membri di entrambe le
Conferenze permanenti (la Stato-Regioni e la Stato-Città). La Conferenza unificata
è competente nelle materie di interesse comune alle Regioni e agli locali, nel cui
ambito assume deliberazioni, promuove e sancisce intese ed accordi, esprime
pareri, designa rappresentanti nei casi in cui è necessario. È altresì competente e
deve pertanto essere convocata, in tutti i casi in cui la Conferenza Stato-Regioni e
la Conferenza Stato-Città debbano esprimersi sul medesimo oggetto.
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Diritto costituzionale
L’ONU
Capitolo 12°
L’ONU
12.1. L’ONU
L’O r g a n i z z a z i o n e d e l l e N a z i o n i U n i t e fu fondata dopo la seconda guerra
mondiale dagli Stati che avevano combattuto contro le Potenza dell’Asse, e prese il posto
della disciolta Società delle Nazioni. La Conferenza di San Francisco ne elaborò nel 1945 la
Carta che venne ratificata dagli Stati fondatori. Successivamente, secondo il procedimento di
ammissione previsto dell’art. 4 della Carta, ne sono via via divenuti membri quasi tutti gli
Stati del mondo. La Svizzera non ne fa parte.
La competenza dell’ONU, nonché i fini che tale organizzazione persegue sono
numerosissimi; essi, tuttavia possono essere classificati in tre gradi settori: I) mantenimento
della pace nel mondo; II) sviluppo della relazioni amichevoli tra Stati fondati sul rispetto dei
principi dell’uguaglianza dei diritti e della autodeterminazione dei popoli; III) collaborazione
in campo economico, sociale e culturale ed umanitario.
12.1.1. Gli organi principali
L’art. 7 della Carta considera come o r g a n i p r i n c i p a l i : I) l’Assemblea generale; II)
il Consiglio di Sicurezza; III) il Consiglio economico e sociale; IV) il Consiglio di
Amministrazione fiduciaria; V) la Corte Internazionale di Giustizia; VI) ed il Segretario.
Consiglio di Sicurezza, Assemblea generale, Consiglio economico e sociale e Consiglio di
Amministrazione sono o r g a n i c o m p o s t i d a S t a t i . Ciò significa che gli individui che
con il loro voto cormorano a formare al decisione collegiale sono organi del proprio Stato,
manifestano la volontà del proprio Stato. Il Segretario generale e la Corte Internazionale di
Giustizia sono invece o r g a n i c o m p o s t i d a i n d i v i d u i , nel senso che il Segretario
ed i giudici assumono l’ufficio a titolo puramente individuale, senza manifestare al volontà di
alcuno stato e senza ricevere, anzi con l’obbligo di non ricevere, istruzione da alcun Governo.
12.1.1.1. Il
Consiglio di Sicurezza
Il C o n s i g l i o d i S i c u r e z z a è composto di 15 membri, di cui 5 siedono a titolo
permanente, si tratta di Stanti Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, godendo altresì
del c.d. d i r i t t o d i v e t o , cioè del diritto di impedire colo loro voto negativo l’adozione di
qualsiasi delibera che non abbai mero carattere procedurale; gli altri 10 membri sono eletti per
un biennio dall’Assemblea.
Il Consiglio di Sicurezza, anche se ha una competenza limitata rationae materiae
occupandosi soltanto di questioni attinenti al mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale, è l’organo di maggior rilievo nell’ambito dell’Organizzazione, sia per
l’evidente importanza della questione di sua competenza, sia perché dispone in taluni casi di
poteri decisionali vincolanti.
12.1.1.1.1. Le
decisione vincolanti
Le d e c i s i o n e v i n c o l a n t i d e l C o n s i g l i o d i s i c u r e z z a riguardano le
misure, non implicanti l’uso della forza, che devono essere adottate dagli Stati membri contro
uno Stato che minacci o abbia violato la pace. In realtà il Consiglio soltanto in due casi, tra i
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Diritto costituzionale
L’ONU
quali emerge quella della Corea del Sud, ha emesso decisioni vincolanti, perché di solito è
paralizzato dal diritto di veto; più spesso ha espresso raccomandazioni.
Nel mutato quadro internazionale, tuttavia, il Consiglio di Sicurezza è stato in grado, nel
corso del 1990, di adottare varie risoluzioni che imponevano l’interruzione di ogni relazione
economica con l’Irak (embargo) ed in seguito autorizzava l’uso della forza nei confronti di
questo Stato che nell’agosto dello stesso anno aveva aggredito il Kuwait.
12.1.1.2. L’Assemblea
generale
Nell’A s s e m b l e a g e n e r a l e , che ha al contrario una competenza vastissima rationae
materiae (coincide in pratica con la competenza dell’intera Organizzazione) ma quasi nessun
potere vincolante, sono rappresentanti tutti gli Stati e tutti hanno pari diritto di voto.
12.1.1.2.1. Le
decisioni vincolanti
Le d e c i s i o n i v i n c o l a n t i
particolare:
dell’Assemblea
G e n e r a l e riguardano, in

la ripartizione delle spese dell’Organizzazione che, se approvate a maggioranza di
due terzi, vincola tutti gli Stati. Lo stato membro in arretrato di due annualità di
contributi non ha diritto di voto in Assemblea. Si ritiene, inoltre, che le prese di cui
parliamo siano solo spese ordinarie;

le modalità ed i tempi per concedere l’indipendenza ai territori sottoposti al
dominio coloniale (siffatta competenza non trova il suo fondamento nella Carta ma
in una norma consuetudinaria che ritenersi si sia formata nell’ambito delle Nazioni
Unite).
12.1.1.3. I Consiglio
economico e sociale
Il C o n s i g l i o e c o n o m i c o e s o c i a l e è composto da membri eletti
dall’Assemblea per tre anni; sia esso che il C o n s i g l i o d i A m m i n i s t r a z i o n e
f i d u c i a r i a (il quale ultimo è ora senza lavoro, avendo svolto per vari decenni il controllo
sull’amministrazione dei territori di tipi coloniale) sono in posizione subordinata rispetto
all’Assemblea generale in quanto sono tenuti a seguirne le direttive ed in certi casi il loro
compito si limita addirittura alla preparazione di atti che vengono poi formalmente adottati
dall’Assemblea.
12.1.1.4. Il
segretario generale
Il S e g r e t a r i o o, meglio, il Segretario generale che ne è a capo, e che è nominato dalla
Assemblea su proposta del Consiglio di Sicurezza, è l’organo esecutivo dell’Organizzazione.
12.1.1.5. La Corte
Internazionale di Giustizia
La C o r t e I n t e r n a z i o n a l e d i G i u s t i z i a composta da 15 giudici, ha sia la
funzione di dirimere controversie fra Stati sia una funzione consultiva in quanto può dare
pareri su qualsiasi questione giuridica all’Assemblea generale o Consiglio di Sicurezza
oppure ad altri organi su l’autorizzazione dell’Assemblea; i pareri non sono però né
obbligatori né vincolanti, non essendo alcun organo obbligato a richiederli o a conformarsi
dopo averli richiesti.
12.1.2. Gli organi sussidiari
L’art. 7 della carta prevede che o r g a n i s u s s i d i a r i possano essere istituti “ove si
rilevino necessari. Gli organi di tale genere, istituti dal 1945 ad oggi, sono numerosissimi, a
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Diritto costituzionale
L’ONU
parte quelli aventi mero carattere temporaneo e funzioni limitate a singoli casi concreti, esiste
tutta una serie di organi permanenti, creati soprattutto dall’Assemblea generale e dal
Consiglio economico e sociale, che svolgono funzioni di rilievi anche se non sono dotati di
poteri vincolanti.
Tra i più importanti vi è l’UNCTAD (Co n f e r e n z a d e l l e N a z i o n i U n i t e s u l
c o m m e r c i o e l o s v i l u p p o ) che formalmente è organo sussidiario dell’Assemblea
generale ma che strutturalmente è una sorta di organizzazione nell’organizzazione, dato che si
compone a sua volta di un organo assembleare, in cui tutti gli Stati membri dell’ONU sono
rappresentati, di un Consiglio a composizione più ristretta, di varie Commissione e di un
segretario.
Vi è poi l’UNDP (P r o g r a m m a d e l l e N a z i o n i U n i t e p e r l o s v i l u p p o ),
che ha una struttura simile e che ha soprattutto il compito di approvare programmi nazionali
di sviluppo presentati dai singoli Stati, di stanziare i relativi fondi e di sovrintendere
all’esecuzione dei progetti che compongono i programmi.
12.2. Gli Istituti specializzati delle Nazioni Unite.
Gli i s t i t u t i s p e c i a l i z z a t i d e l l e N a z i o n i U n i t e sono organizzazioni che
operano in stretto collegamento con le NU. e ne subiscono un certo potere di coordinamento e
controllo, pur essendo autonome, in quanto sorte di trattati distinti dalla Carta delle NU.
Tra l’ONU e gli istituti specializzati esistono degli a c c o r d i d i c o l l e g a m e n t o che
comportano una sottoesposizione di tali istituti alla Carta delle NU. Non si però di accordi
internazionali, ma solo di norme che formano parte integrante del funzionamento dell’ONU e
degli istituti stessi, di conseguenza la loro violazione non costituisce illecito contrattuale, ma è
solo causa di illegittimità delle risoluzione in queste organi.
Le f u n z i o n i d i t a l i i s t i t u t i possono suddividersi in: I) f u n z i o n i
n o r m a t i v e , attraverso le quali vengono emanate raccomandazioni, progetti di
convenzioni, etc.; II) f u n z i o n i o p e r a t i v e , consistenti in deliberazioni ed esecuzione di
programmi di assistenza tecnica, aiuti, prestiti, etc. È opportuno, a tal punto, fornire un quadro
generale di questi istituti.
F A O . Le sue funzioni concernono l’attività di ricerca ed informazione nonché la
promozione ed esecuzione di programmi relativi ai settori dell’agricoltura e
dell’alimentazione. Organi: Conferenza, Consiglio, Direttore Generale.
I L O . È l’organizzazione internazionale del lavoro, le cui funzioni fondamentali
consistono nell’emanazione di raccomandazioni, nonché nella preparazioni di progetti di
convenzione multilaterale in materia lavorativa. Tali progetti di convenzione vengono
comunicati agli Stati membri che possono ratficarli o meno, ma hanno in ogni caso l’obbligo
di sottoporli agli organi competenti per la ratifica entro un dato termine e di comunicare al
Direttore generale dell’ILO le decisioni prese in merito. Organi: Conferenza Generale,
Consiglio di Amministrazione, Ufficio Internazionale del lavoro, Direttore Generale.
U N E S C O . Svolge le sue funzioni nell’ambito della cultura, dell’educazione,
dell’istruzione. I progetti vengono apportavi nello stesso modo dell’ILO. Organi: Conferenza
Generale, Comitato Esecutivo e segretario.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
L’ONU
I C A O . È un’organizzazione competente ad emanare disposizioni sul traffico aereo, che
costituiscono vere e proprie norme internazionali vincolanti anche per gli Stati dissenzienti.
W H O . È l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il cui fine principale consiste nella
tutela della salute per tutti i popoli del mondo. Tale organizzazione ha, tra l’altro, il poter di
emanare regolamenti vincolanti, eccetto che per i paesi dissenzienti.
I M O , si occupa dei problemi relativi alla sicurezza ed efficienza nei traffici marittimi.
I T U , W H O , I P U . Tali istituto si occupano, rispettivamente, di tematiche relative alle
telecomunicazioni, meteorologia, poste. Emanano decisioni non vincolanti.
I M F ( F o n d o m o n e t a r i o i n t e r n a z i o n a l e ). Il fondo promuove la
collaborazione monetaria internazionale, la stabilità dei cambi e l’equilibrio delle barie
bilance dei pagamenti. Per raggiungere tali scopo dispone di un capitale sottoscritto pro–quota
dagli Stati membri: questi possono ricorrere alle riserve del Fondo limitatamente alla quota
sottoscritta ed a condizione di volta in volta fissate, per fronteggiare squilibri nella propria
bilancia dei pagamenti. La valuta è acquistata con moneta nazionale e va restituita in un arco
di tempo compreso fra tre e cinque anni. Le condizioni di volta in volta fissate per accedere al
fondo sono oggetto di l e t t e r e d i i n t e n t i sottoscritte da un rappresentante dello Stato
richiedente; tali lettere rientrano nella categoria degli accordi in forma semplificata.
I B R I (B a n c a i n t e r n a z i o n a l e p e r l a r i c o s t r u z i o n e e l o s v i l u p p o ).
È un istituto simile al fondo monetario per quanto riguarda gli organi ed il sistema di
votazione. Suo scopo principale è la concessione di mutui agli Stati membri per interventi
produttivi ad un interesse variabile a seconda anche del gradi di sviluppo dello stato
interessato.
I F A D (F o n d o i n t e r n a z i o n a l e s v i l u p p o a g r i c o l o ). È anche esso un ente
finanziario internazionale che si occupa dello sviluppo dell’agricoltura dei Paesi poveri.
L’organo deliberante (Consiglio dei Governatori) è controllato dai Paesi in via di sviluppo.
W P O , U N D O , I A E A . Sono istituti che si occupano, rispettivamente, dei problema
relativa ala proprietà intellettuale del mondo; allo sviluppo industriale e tecnologico degli
Stati membri; allo sviluppo dell’applicazione pacifiche dell’energia atomica
W T O (O r g a n i z z a z i o n e m o n d i a l e d e l c o m m e r c i o ). È un istituto
completamente indipedente dalle Nazioni Unite, create nel 1994 e di cui fanno parte, oltre alla
CE, circa 135 Stati, tra cui l’Italia. Tale Organizzazione svolge dei compiti fondamentali in
materia di liberalizzazione del commercio mondiale; in altre parole disciplina dello
svolgimento dei negoziati relativi alle relazioni commerciali multilaterali, che in precedenza
si svolgevano nell’ambito del GATT. La WTO controlla inoltre, l’esecuzione degli accordi
scaturiti dai suddetti negoziati, tra i quali resta di fondamentale importanza il GATT. Per
quanto riguarda le fonti del diritto internazionale, l’organizzazione è dotata del potere di
emanare decisioni vincolanti in tema di: I) interpretazioni delle norme dello Statuto; II)
dispensa temporanea di un o Stato membro dagli obblighi derivanti dalle norme stesse; III)
contro misure in casi di inadempienza da parte di uno Stato membro. L’Organizzazione,
infatti svolge, anche il compito di risolvere controversie che fanno capo ad essa
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166
Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
Capitolo 13°
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
13.1. I Trattai dell’unione europea
TRATTATO
ISTITUZIONE/MODIFICA
FIRMATO
A
FIRMATO
IL
EFFETTIVO
DA
CESSAZIONE
Trattato di
Bruxelles
Unione dell'Europa Occidentale
Bruxelles, BE
17 marzo
1948
23 ottobre 1954
(modificato)
1º luglio 2010
Trattato
CECA
Comunità europea del carbone
e dell'acciaio
Parigi, FR
18 aprile
1951
23 luglio 1952
23 luglio 2002
Trattato
Euratom
Comunità europea dell'energia
atomica
Roma, IT
25 marzo
1957
1º gennaio 1958
in vigore
Trattato CEE
Comunità economica europea
Roma, IT
25 marzo
1957
1º gennaio 1958
in vigore
Trattato di
fusione
Unione degli esecutivi di
CECA e EURATOM
con quelli della CEE
Bruxelles, BE
8 aprile
1965
1º luglio 1967
1º maggio 1999
Primo
Trattato
Finanziario
Parziali poteri finanziari al
Parlamento
Lussemburgo,
LU
22 aprile
1970
1º gennaio 1971
in vigore
Trattato di
Adesione del
1972
Allargamento a Danimarca,
Irlanda e Regno Unito
Bruxelles, BE
22 gennaio
1972
1º gennaio 1973
in vigore
Secondo
Trattato
Finanziario
Poteri finanziari maggiori al
Parlamento.
Istituzione della Corte dei conti
europea
Bruxelles, BE
22 luglio
1975
1º giugno 1977
in vigore
Trattato di
Adesione del
1979
Allargamento alla Grecia
Atene, GR
28 maggio
1979
1º gennaio 1981
in vigore
Trattato della
Groenlandia
Uscita della Groenlandia
Bruxelles, BE
13 marzo
1984
1º gennaio 1985
in vigore
Trattato di
Adesione del
1985
Allargamento a Spagna e
Portogallo
Madrid, ES
Lisbona, PT
12 giugno
1985
1º gennaio 1986
in vigore
Accordi di
Schengen
Spazio di libera circolazione
delle persone
Schengen,
LU
14 giugno
1985
19 giugno 1990
(convenzione)
1º maggio 1999
Atto unico
europeo
Introdotto il Mercato unico
e la Cooperazione politica
europea
Lussemburgo,
LU
L'Aia, NL
17 febbraio
1986
28 febbraio
1986
1º luglio 1987
in vigore
Trattato
sull'Unione
Europea
La CEE divenne Comunità
europea.
Istituzione dei pilastri
intergovernativi
della PESC e del GAI.
Maastricht,
NL
7 febbraio
1992
1º novembre
1993
in vigore
Trattato di
Adesione del
1994
Allargamento a Austria,
Finlandia e Svezia
Corfù, GR
24 giugno
1994
1º gennaio 1995
in vigore
Trattato di
Amsterdam
Introdotto l'Alto
Rappresentante,
trasferiti poteri dal GAI alla
CE,
e integrati gli Accordi di
Schengen
Amsterdam,
NL
1º ottobre
1997
1º maggio 1999
in vigore
Trattato di
Nizza
Preparazione in vista degli
allargamenti
Nizza, FR
26 febbraio
2001
1º febbraio 2003
in vigore
Trattato di
Allargamento a Repubblica
Atene, GR
16 aprile
1º maggio 2004
in vigore
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167
Diritto costituzionale
Adesione del
2003
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
Ceca, Cipro,
Estonia, Lettonia, Lituania,
Malta,
Polonia, Slovenia, Slovacchia e
Ungheria
2003
Trattato di
Adesione del
2005
Allargamento a Bulgaria e
Romania
Lussemburgo,
LU
13 aprile
2005
1º gennaio 2007
in vigore
Trattato di
Lisbona
Completamento delle
innovazioni per il
buon funzionamento dell'UE a
27 e più membri.
Lisbona, PT
13
dicembre
2007
1º dicembre
2009
in vigore
Trattato sul
MES
Istituzione del meccanismo
europeo di stabilità
Bruxelles, BE
2 febbraio
2012
27 settembre
2012
in vigore
Trattato sul
bilancio
Unione di bilancio
nell'Eurozona
Bruxelles, BE
2 maggio
2012
1º gennaio 2013
in vigore
Trattato di
adesione del
2011
Allargamento alla Croazia
Bruxelles, BE
9 dicembre
2011
1º luglio 2013
in vigore
13.2. Gli stati membri
Attualmente l’unione europea è composta da 28 Stati.
STATO
DATA DI ENTRATA
NELL’UNIONE
DATA DI ENTRATA
NELL’EURO
DATA DI ENTRATA NELLO
SPAZIO SCHENGEN
Austria
1° gennaio 1995
1° gennaio 1999
1° dicembre 2007
Belgio
1° gennaio 1958
1° gennaio 1999
26 marzo 1995
Bulgaria
1° gennaio 2007
Non ha ancora adottato l’euro
Non è membro dello spazio Schengen
Cipro
1° maggio 2004
1° gennaio 2008
Non è membro dello spazio Schengen
Croazia
1° luglio 2013
Non ha ancora adottato l’euro
Non è membro dello spazio Schengen
Danimarca
1° gennaio 1973
Non ha ancora adottato l’euro
dal 25 marzo 2001
Estonia
1° maggio 2004
1° gennaio 2011
21 dicembre 2007
Finlandia
1° gennaio 1995
1° gennaio 1999
25 marzo 2001
Francia
1° gennaio 1958
1° gennaio 1999
26 marzo 1995
Germania
1° gennaio 1958
1° gennaio 1999
26 marzo 1995
Grecia
1° gennaio 1981
1° gennaio 2001
1° gennaio 2000
Irlanda
1° gennaio 1973
1° gennaio 1999
Non è membro dello spazio Schengen
Italia
1° gennaio 1958
1° gennaio 1999
26 ottobre 1997
Lettonia
1° maggio 2004
1° gennaio 2014
21 dicembre 2007
Lituania
1° maggio 2004
1° gennaio 2015
21 dicembre 2007
Lussemburgo
1° gennaio 1958
1° gennaio 1999
26 marzo 1995
Malta
1° maggio 2004
1° gennaio 2008
21 dicembre 2007
Paesi Bassi
1° gennaio 1958
1° gennaio 1999
26 marzo 1995
Polonia
1° maggio 2004
Non ha ancora adottato l’euro
21 dicembre 2007
Portogallo
1° gennaio 1986
1° gennaio 1999
26 marzo 1995
Regno Unito
1° gennaio 1973
Non ha mai adottato l’euro
Non è membro dello spazio Schengen
Repubblica Ceca
1° maggio 2004
Non ha ancora adottato l’euro
21 dicembre 2007
Romania
1° gennaio 2007
Non ha ancora adottato l’euro
Non è membro dello spazio Schengen
Slovacchia
1° maggio 2004
1° gennaio 2009
21 dicembre 2007
Lubiana
1° maggio 2004
1° gennaio 2007
21 dicembre 2007
Spagna
1° gennaio 1986
1° gennaio 1999
26 marzo 1995
Svezia
1° gennaio 1995
Non ha ancora adottato l’euro
25 marzo 2001
Ungheria
1° maggio 2004
Non ha ancora adottato l’euro
21 dicembre 2007
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168
Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
13.3. Il Consiglio europeo.
Il C o n s i g l i o e u r o p e o , sebbene faccia parte del sistema dell’Unione europea, non
può essere considerato come un’istituzione comunitaria1. Esso, infatti, nasce in modo
parallelo ed esterno alla struttura istituzionale comunitaria, dalla prassi dei cd. vertici, ossia
incontri fra i capi di Stato e di governo degli Stati membri. Tali riunioni si sono svolte
periodicamente, pur senza una cadenza precisa, a partire dal 1961 e fino ai primi anni ’70, per
discutere questioni riguardanti la vita e lo sviluppo delle Comunità.
Il Consiglio europeo riceve una prima istituzionalizzazione dal summit di Parigi del
dicembre 1974, in seguito al quale i capi di Stato e di governo decidono di riunirsi 2,
accompagnati dai loro Ministri degli Affari Esteri e da rappresentanti della Commissione, tre
volte l’anno. Esso, dunque, nasce come organo informale di cooperazione politica, con
un’importante funzione di stimolo e di coordinamento per le principali attività comunitarie.
Il Consiglio europeo riceve un fondamento giuridico solo con l’Atto Unico europeo che,
però, si limita solo a prendere atto della prassi consolidatasi negli anni. Il Trattato di
Maastricht, poi, ne definisce per linee molto generali, composizione, competenze e
funzionamento; infine, il Trattato di Amsterdam gli attribuisce una funzione più ampia ed
efficace nell’ambito dei tre pilastri della Comunità.
13.3.1. Composizione.
Il Consiglio europeo è composto dai Capi di Stato o di
Governo assistiti dai loro Ministri degli affari esteri, e dal
Presiedente o da uno Vicepresidente della Commissione,
assistito da un membro della Commissione.
La p r e s i d e n z a del Consiglio europeo spetta al Capo di Stato o di governo della Stato
che esercita la presidenza del Consiglio dell’Unione. Il Consiglio europeo s i r i u n i s c e
a l m e n o d u e v o l t e a l l ’ a n n o , e in una delle città, dello Stato membro che esercita la
presidenza del Consiglio dell’Unione.
13.3.2. Competenze.
Il Consiglio è un organo le cui competenze non sono ben definite; esse svolge attività di
orientamento politico. Tuttavia le sue competenze possono essere ugualmente classificate in
due categorie: I) competenze generali; II) competenze specifiche.
13.3.2.1. Generali.
Per quanto attiene le c o m p e t e n z e g e n e r a l i , va detto che essi si traducono nel dare
gli impulsi necessari per lo sviluppo dell’Unione europea e nella definizione degli
orientamenti politici generali.
In particolare il Consiglio europeo presenta al Parlamento un r a p p o r t o s u
c i a s c u n a d e l l e s u e r i u n i o n i , come pure un r a p p o r t o s c r i t t o a n n u a l e
riguardante i progressi realizzati dall’Unione.
1
A riguardo va subito detto che il Consiglio non deve essere confuso con il Consiglio dell’Unione, che è invece
una istituzione comunitaria e con il Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale, nata nel 1949, e con sede
a Strasburgo. Il Consiglio d’Europa si occupa della cooperazione giuridica tra gli Stati europei che ne sono
membri e principalmente della protezione internazionale dei diritti umani.
2
La prima riunione del Consiglio si tenne nel 1975 a Dublino.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
169
Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
13.3.2.2. Specifiche.
Oltre ad essere il protagonista della cooperazione politica fra gli Stati membri il Consiglio
europeo, pur non potendosi configurare come un’istituzione, svolge un i m p o r t a n t e
r u o l o n e l p r o c e s s o d e c i s i o n a l e della Comunità3. In particolare abbiamo:

nel primo pilastro, la p o l i t i c a d e l l ’ o c c u p a z i o n e ; in tal caso il Consiglio
esamina, annualmente la situazione dell’occupazione e adotta tutte le conclusione
che ritiene opportune. In tema di p o l i t i c a e c o n o m i c a , il Consiglio decide in
merito agli indirizzi di politica economica degli Stati membri e della comunità;

nel secondo pilastro, il consiglio interviene nel campo della p o l i t i c a e s t e r a e
d i s i c u r e z z a c o m u n e , con il compito di definire gli orientamenti generali e
di decidere le strategie che il Consiglio dell’Unione europea deve adottare;

nel settore della c o o p e r a z i o n e r a f f o r z a t a . Se uno Stato si oppone alla
concessione dell’autorizzazione del Consiglio dell’Unione Europea all’avvio della
cooperazione rafforzata, è possibile investire il consiglio Europeo della questione
affinché decida.
13.4. Le istituzioni comunitarie
Il conseguimento degli obiettivi che le Comunità si propongono è stato affidato dai trattati
a varie istituzioni. Quelle elencate nell’articolo 7 TCE sono:

il Parlamento Europeo, che partecipa al processo per l’adozioni degli atti
comunitari e svolge funzioni consultive e di controllo;

il Consiglio dell’Unione che esercita il potere normativo;

la Commissione cui compete la funzione esecutiva;

la Corte di Giustizia con funzioni giurisdizionali;

la Corte dei conti con funzione di controllo sulla gestione finanziaria.
Il Consiglio, la Commissione e il Parlamento Europeo sono assistiti da un Comitato
economico e sociali e da un Comitato delle regioni che svolgono funzioni consultive.
Sono istituiti inoltre secondo le procedure previste dal trattato un sistema europeo di
Banche Centrali (SEBC), una centrale europea (BCE) e una Banca europea per gli
investimenti (BEI).
La struttura istituzionale sopra delineata riproduce, per grandi linee, la ripartizione dei
poteri tra gli organi costituzionali di uno Stato nazionale: al Parlamento europeo e al
Consiglio dell’Unione è attribuita la funzione legislativa, alla Commissione europea quella
esecutiva (queste tre istituzioni sono anche definite come il triangolo decisionale
comunitario), mentre alla Corte di giustizia spetta l’esercizio della funzione giurisdizionale.
Accanto alle similitudini occorre anche sottolineare la peculiarità dell’ordinamento
comunitario. In particolare:

nonostante gli indubbi progressi, non sempre al Parlamento europeo è attribuita una
funzione legislativa. Ancora oggi esistono ampi settori della legislazione
3
Le d e c i s i o n i prese dal Consiglio europeo hanno n a t u r a p o l i t i c a , e vengono esternate attraverso un
c o m u n i c a t o f i n a l e . Le decisioni del Consiglio europeo per assumere il carattere giuridico di atti
comunitari, ai sensi dei Trattati, devono essere adottate secondo le procedure previste da questi.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
170
Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
comunitaria di esclusiva competenza del Consiglio o con un intervento soltanto in
funzione consultiva del Parlamento;

l’iniziativa legislativa spetta esclusivamente alla Commissione, l’unica istituzione
deputata a presentare proposte normative. Seppur in parte mitigata
dall’introduzione dell’istituto dell’iniziativa dell’iniziativa resta comunque
un’anomalia la totale esclusione di un autonomo poter di iniziativa dei singoli
membri del Parlamento europeo.
Va infine evidenziato che nell’equilibrio istituzionale della Comunità, mentre la
Commissione rappresenta il momento di sintesi dell’interesse comunitario considerato
globalmente, il Consiglio è strutturato in modo tale da poter dar voce agli interessi nazionali
particolari.
LE ISTITUZIONI COMUNITARIE
ISTITUZIONE
MEMBRI
NOMINA
COMPETENZE
Parlamento
europeo
751
A suffragio universale diretto
Poteri deliberativi
controllo
e
di
Consiglio
Un rappresentate per
Stato membro
Ogni Stato designa il proprio
rappresentate
Emanazione di atti normativi.
Formazione e approvazione del
bilancio.
Conclusione di accordi con
Stati terzi
Commissione
Un
rappresentante
per Stato membro
Nominati di comune accordo
dagli
Stati
membri,
con
approvazione del Parlamento
Funzioni
di
proposta,
esecutive, di vigilanza e di
rappresentanza
Corte di giustizia
Un rappresentate per
ogni Stato membro
Nominati di comune accordo
dagli Stati membri
Funzioni giurisdizionali
Corte dei Conti
Un per ogni Stato
membro
Nominati dal Consiglio previa
consultazione del Parlamento
europeo
Controllo generale sulle entrate
e sulle spese
13.5. Parlamento europeo
Al momento della firma dei Trattati di Roma nel 1957 si preferì istituire un’”assemblea
unica per le tre Comunità” (A s s e m b l e a p a r l a m e n t a r e e u r o p e a ), che avrebbe
esercitato le competenze riconosciutele da ciascuno dei tre trattati.
La prima riunione si tenne nel 1958, l’attuale denominazione di P a r l a m e n t o
e u r o p e o fu definitivamente adottata solo nel 1962. La legittimazione formale della
denominazione “Parlamento europeo” è avvenuto attraverso l’Atto unico europeo.
La sede della s t r u t t u r a a m m i n i s t r a t i v a del Parlamento è L u s s e m b u r g o ,
mentre le r i u n i o n i d e l l e c o m m i s s i o n i si svolgono a B r u x e l l e s e la
s e s s i o n e p l e n a r i a m e n s i l e si tiene a S t r a s b u r g o .
13.5.1. Composizione
13.5.1.1. I parlamentari.
Il TUE all’art. 14 stabilisce che il Parlamento europeo è composto da rappresentanti di
cittadini di Stati membri, sottolineando, in tal modo, la rappresentatività dei cittadino europeo
che può eleggere ed essere eletto in tutti gli Stati.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
171
Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
Il numero dei parlamentari non può essere superiore a 750 più il presidente, tuttavia la
composizione del Parlamento non è predeterminata dal Trattato ma da un atto adottato dal
Consiglio europeo all’unanimità, su iniziativa del Parlamento europeo e con l’approvazione di
quest’ultimo.
I membri del nuovo Parlamento sono, dunque, ripartiti secondo la tabella che segue
Germania
96
Austria
18
Francia
74
Bulgaria
17
Italia
73
Finlandia
13
Regno Unito
73
Danimarca
13
Spagna
54
Slovacchia
13
Polonia
51
Croazia
11
Romania
32
Irlanda
11
Paesi Bassi
26
Lituania
11
Belgio
21
Lettonia
8
Rep.Ceca
21
Slovenia
8
Grecia
21
Cipro
6
Ungheria
21
Estonia
6
Portogallo
21
Lussemburgo
6
Svezia
20
Malta
6
13.5.1.1.1. Il
sistema elettorale.
originario,
In base ai trattati istitutivi, i membri del Parlamento europeo venivano designati dai singoli
Parlamenti nazionali secondo le procedure stabilite da ciascun Stato membro. Per entrare a far
parte del Parlamento europeo era necessario essere membri di un Parlamento nazionale (si
parlava infatti di un d o p p i o m a n d a t o ). La ripartizione dei seggi tra gli Stati era stata
attuata sulla base del loro diverso peso politico e demografico pur essendo stata garantita
un’adeguata rappresentatività degli Stati minori.
13.5.1.1.1.1. Sistema
13.5.1.1.1.2. Modiche
apportate nel 1979.
A partire dal g i u g n o 1 9 7 9 , sulla base della decisione del Consiglio del 20 settembre
1976 (A t t o d i B r u x e l l e s ), i membri del Parlamento europeo sono eletti in ogni Stato
membro tramite s u f f r a g i o u n i v e r s a l e d i r e t t o , per un periodo di cinque anni; essi
non possono essere vincolati da istruzioni né sottostare al mandato imperativo
13.5.1.1.1.3. Modiche
apportate nel 2002.
Con la decisione del Consiglio del 25 gennaio e del 23 novembre 2002, n. 2002/772/CE,
Euratom, sono state apportate alcune modiche sostanziali all’atto relativo alle elezioni dei
rappresentati del Parlamento europeo, allegato alla decisione del Consiglio 1976/787, tra le
quali:

l’o b b l i g o d i a d o z i o n e d e l s i s t e m a p r o p o r z i o n a l e 4;
4
Relativamente all’adozione del sistema elettorale proporzionale, al decisione sancisce l’obbligo per gli Stati
membri di adottare tale sistema a partire dalle elezioni del 2004, pur consentendo di poter optare tra lo scrutinio
di lista ovvero il sistema proporzionale con voto singolo trasferibile.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
172
Diritto costituzionale

Nozioni elementari di Diritto Comunitario
l’i n c o m p a t i b i l i t à tra la carica di parlamentare europeo con quella di
parlamentare nazionale.
La decisione del Consiglio del 20 settembre 1976 ha regolato anche il p e r i o d o d i
s v o l g i m e n t o d e l l e e l e z i o n i per il Parlamento europeo. Esse si svolgono alla
scadenza del mandato al Parlamento quasi contemporaneamente in tutti gli Stati membri in un
giorno, scelto da ciascuno Stato, nell’ambito di un unico periodo che va dal giovedì alla
domenica successiva. L e s u d d e t t e m o d i f i c h e s o n o e n t r a t e i n v i g o r e i l
1° Aprile 2004.
13.5.1.1.1.4. Verifica
dei poteri
V e r i f i c a d e i p o t e r i . Il Parlamento ha il potere di verifica dei poteri dei propri
membri, nel senso che d e c i d e i n m e r i t o a d e v e n t u a l i c o n t e s t a z i o n i
presentate in base ai casi di incompatibilità fissati dall’Atto di Bruxelles.
13.5.1.1.2. Immunità
dei parlamentari
Per quanto attiene le i m m u n i t à d e i p a r l a m e n t a r i e u r o p e i , sono da ricordare
la piena libertà di movimento, le agevolazione doganali, il lasciapassare infine i membri del
Parlamento non possono essere ricercati, detenuti, o perseguitati a motivo delle opinioni o dei
voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni.
13.5.1.2. Il
Segretario e il Segretario generale.
Espressione del potere di organizzazione del Parlamento (nel senso che non è previsto nei
Trattati delle comunità) il S e g r e t a r i o assicura una complessa e articolata struttura di
supporto. Al vertice del Segretario è posto un S e g r e t a r i o g e n e r a l e , nominato
dall’Ufficio di Presidenza.
Il Segretario generale oltre a dirigere il segretario e ad assicurare lo svolgimento di tutta
l’attività amministrativa e di supporto di vario tipo, firma, congiuntamente al Presidente, i
processi verbali delle sedute plenarie e prepara la relazione in base alla quale l’Ufficio di
Presidenza elabora il progetto provvisorio di stato di previsione delle spese.
13.5.1.3. Il
Presidente e il Vicepresidente e i Questori.
Il Parlamento europeo designa tra i suoi membri il P r e s i d e n t e . Fino all’elezione del
Presidente svolge le funzioni il d e c a n o d ’ e t à sotto la presidenza del quale non può aver
luogo alcuna discussione il cui oggetto sia estraneo all’elezione del Presidente o alla verifica
dei poteri.
Il Presidente è eletto con la m a g g i o r a n z a a s s o l u t a d e i v o t i e s p r e s s i , nei
prime tre scrutini; al quarto scrutinio partecipano solo i due candidati che al precedente
scrutinio abbiano ricevuto il maggior numero di voti. Il Presidente dirige i lavori del
Parlamento e ne assicura il buon svolgimento; fa osservare il Regolamento, mantiene l’ordine,
rappresenta il Parlamento nelle relazioni esterne, etc.
Il Presidente può delegare compiti e funzioni ai Vicepresidenti. I V i c e p r e s i d e n t i
sono eletti a scrutinio segreto con unica scheda, risultano eletti i deputato che abbaino
ottenuto la maggioranza assoluta. La durata del mandato del Presidente e dei Vicepresidenti è
di due anni e mezzo.
La decisione, inoltre conferma la possibilità per i singoli Stati di poter stabilire una soglia di sbarramento non
superiore al 5%, nonché di fissare un tetto massimo per le spese elettorali dei singoli candidati
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
I Q u e s t o r i sono eletti con le stesse modalità seguite per i Vicepresidenti. Sono in
n u m e r o d i 5 e sovrintendono ai problemi amministrativi e finanziari
13.5.1.4. Gli
organi del Parlamento.
Gli o r g a n i d e l P a r l a m e n t o e u r o p e o sono cinque: I) l’ufficio di presidenza: II)
la conferenza dei presidenti; III) la conferenza dei questori; IV) la conferenza dei presidente
di commissioni; V) e la conferenza dei presidenti di delegazione.
13.5.1.4.1. L’Ufficio
di Presidenza
L’U f f i c i o d i P r e s i d e n z a è composto dal Presidente, dai Vicepresidenti e dai
Questori. Nelle deliberazioni in caso di parità p r e v a l e i l v o t o d e l P r e s i d e n t e .
L’Ufficio di Presidenza svolge funzioni importanti, adottando le decisioni di carattere
organizzativo e finanziarie concernenti i deputati, i vari organi e i dipendenti.
13.5.1.4.2. La
Conferenza dei Presidenti.
Particolare rilevanza assume la C o n f e r e n z a d e i P r e s i d e n t i , che ha sostituito a
partire dal settembre 1993 il precedente Ufficio di Presidenza ampliato, la cui composizioni è
allargata ai Presidenti dei gruppi politici e a due rappresentanti dei deputati non iscritti (che
prendono parte alle riunione senza diritto di voto).
Si può affermare che la conferenza dei Presidenti costituisce in gran parte l’o r g a n o
m o t o r e d e l P a r l a m e n t o . Esso fissa l’ordine del giorno delle tornate, stabilisce il
progetto di spesa, etc. L’Ufficio di Presidenza e la Conferenza dei Presidenti si riuniscono
normalmente uno o due volte al mese.
13.5.1.5. Le Commissioni.
Il Parlamento sin dall’inizio della sua attività ha articolato i suoi lavori attraverso
l’istituzione di C o m m i s s i o n i p a r l a m e n t a r i , le quali possono essere permanenti o
temporanee.
Le Commissioni e s a m i n a n o e d i s c u t o n o le proposte di atti normativi sui quali è
richiesta la consultazione e, in certi casi, la “cooperazione” o la “codecisione” del Parlamento
europeo.
13.5.1.5.1. Procedura.
La Commissione nomina un r e l a t o r e che elabora un p r o g e t t o d i r e l a z i o n e
contente una p r o p o s t a d i r i s o l u z i o n e . Entrambe vengono sottoposte all’esame della
Commissione. Questa approva il testo del progetto di risoluzione, cui fa seguito normalmente
una motivazione. La relazione che la Commissione trasmette all’Assemblea può contenere
anche progetti di emendamenti.
Un particolare procedura adottata dalle Commissioni è quella della “s e d e
d e l i b e r a n t e ”. La Commissione delibera in via definitiva, salvo che sia richiesto da un
terzo dei componenti il rinvio in Aula, su una richiesta di parere o una consultazione di cui è
stato investito il Parlamento.
13.5.1.6. Le
Delegazioni parlamentari.
Accanto alle Commissioni si sono venute costituendo negli anni numerose
d e l e g a z i o n i p a r l a m e n t a r i , che più correttamente si dovrebbero definire
interparlamentari, perché esse prevedono accanto ai membri del Parlamento europeo
rappresentati dei paesi con i quali la Comunità ha concluso accordi di associazione o di
cooperazione o con i quali il Parlamento intrattiene rapporti.
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Nozioni elementari di Diritto Comunitario
C o m p i t o della delegazione è quello di a p p r o f o n d i r e l e r e l a z i o n i
i n t e r p a r l a m e n t a r i e di svolgere un ruolo di accompagnamento parlamentare alle
relazioni esterne della Comunità5.
13.5.2. Funzionamento.
L’attività del Parlamento europeo è disciplinata dal suo regolamento interno. Secondo
quanto stabilito dall’art. 126 del suo regolamento interno, lo svolgimento dei lavori del
Parlamento europeo si articola in una l e g i s l a t u r a q u i n q u e n n a l e , ripartita in
s e s s i o n i a n n u a l i , a loro volta distribuite in t o r n a t e (vale a dire le singoli riunioni
del Parlamento) che hanno luogo o g n i m e s e e che si suddividono i n 5 s e d u t e d i
una giornata.
13.5.2.1. Le procedure di
voto.
Per quanto riguardo le p r o c e d u r e d i v o t o in seno all’Assemblea le deliberazioni del
Parlamento europeo, salvo diversa disposizioni dei trattati, sono adottate a m a g g i o r a n z a
a s s o l u t a d e i s u f f r a g i e s p r e s s i ; le astensioni, quindi, non rientrano nel computo
dei voti.
Il quorum per la validità delle sedute è alquanto basso, essendo sufficiente la presenza di
un terzo dei membri del Parlamento.
13.5.3. Poteri del Parlamento.
13.5.3.1. I poteri
deliberativi.
Per quanto attiene i p o t e r i d e l i b e r a t i v i va detto che con il Trattato di Maastricht e
con i successivi accordi di Amsterdam e Nizza si è arrivati a ritagliare un ruolo determinante
al Parlamento europeo in materia legislativa: senza attribuirgli la titolarità esclusiva del potere
normativo, gli è stato concesso di inserirsi a pieno titolo nel procedimento di formazione degli
atti comunitari. Si fa riferimento alla procedura di codecisione, che vede sullo stesso piano
Consiglio, Commissione e Parlamento.
In tale prospettiva va ricordato che ai sensi dell’a r t . 1 9 2 il Parlamento può, a
maggioranza dei suoi membri, chiedere alla Commissione di esercitare il suo potere di
proposta sulle questioni di interesse comunitario che richiedono l’adozione di speciali atti. Si
tratta di un potere (la cd. i n i z i a t i v a d e l l ’ i n i z i a t i v a ) non certo irrilevante, reso
effettivo dalla mozione di censura che il Parlamento può emanare nei confronti della
Commissione.
13.5.3.2. I poteri
di controllo.
I p o t e r i d i c o n t r o l l o del Parlamento possono essere suddivisi in: I) controllo sugli
atti delle istituzione, ossia sul risultato dell’azione comunitaria; II) controllo sul
comportamento delle istituzioni; III) controllo sul complesso dell’apparato amministrativo
comunitario.
13.5.3.2.1. Controllo
sugli atti.
Il controllo del Parlamento europei si esercita sugli atti:
5
Un caso a parte è costituto dall’A s s e m b l e a p a r i t e t i c a A C P – C E E , composta in pari numero dai
parlamentari europei e rappresentanti dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico. Questa Assemblea fa parte
di un apparato istituzionale previsto dalla Cosiddetta Convezione di Lomè.
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Nozioni elementari di Diritto Comunitario

del C o n s i g l i o : riguarda essenzialmente il b i l a n c i o , atto fondamentale per la
Comunità che, anche se redatto formalmente dalla Commissione, viene approvato
sostanzialmente dal Consiglio;

della C o m m i s s i o n e : ha per oggetto la R e l a z i o n e g e n e r a l e che tale
organo è tenuto a presentare annualmente al Parlamento.
13.5.3.2.2. Controllo sulle istituzioni.
Oltre che sugli atti delle istituzioni, il controllo del Parlamento europeo si estrinseca anche
sul comportamento delle stesse. Non si tratta di un controllo in senso stretto, bensì di una
sorta di influenza che ne condizioni l’operato.
13.5.3.2.2.1. Nei
confronti della Commissione
A riguardo va ricordato che il Trattato CE, prevede il potere del Parlamento di
a p p r o v a r e l a n o m i n a d e l P r e s i d e n t e d e l l a C o m m i s s i o n e , nonché un
voto di approvazione finale sulla composizione finale del Collegio. Un ulteriore strumento di
controllo politico, anche se indiretto, è dato dalle i n t e r r o g a z i o n i che ciascun
parlamentare può porre alla Commissione.
La mozione di censura.
Il Parlamento nei confronti della Commissione dispone in particolare di un effettivo
strumento di controllo giuridico: la m o z i o n e d i c e n s u r a .
Tale provvedimento può essere adottato dal Parlamento non prima che siano trascorsi t r e
g i o r n i d a l d e p o s i t o d e l l a m o z i o n e : la stessa si considera a p p r o v a t a quando
abbia riportato la m a g g i o r a n z a d e i d u e t e r z i d e i v o t i e s p r e s s i , che
rappresentano la maggioranza dei membri che compongono il Parlamento europeo.
In conseguenza dell’adozione del provvedimento, la Commissione deve dimettersi e
continua a curare, fino alla sua sostituzione solo “gli affari di ordinaria amministrazione”.
13.5.3.2.2.2. Nei
confronti del Consiglio.
Nei confronti del Consiglio, il Parlamento dispone solo6 di strumenti di controllo politico,
quali i pareri consultivi e le interrogazioni sopra citate.
Sicuramente rivestono un peso politico anche le proposte di risoluzione (la c.d. iniziativa
dell’iniziativa) unitamente all’accrescimento potere di partecipazione del Parlamento al
procedimento legislativo.
13.5.3.2.3. Controllo
sul complesso dell’apparato amministrativo comunitario
Si tratta di forme di controllo volte a salvaguardare i diritti dei membri della Comunità,
siano essi Stati, persone fisiche o persone giuridiche. Le innovazione più significative alla
luce del Trattato sull’Unione europea sono date dalla possibilità, per il Parlamento: I)

di costituire una C o m m i s s i o n e t e m p o r a n e a d ’ i n c h i e s t a (su richiesta
di un quarto dei suoi membri) incaricata di esaminare le denuncie di infrazione o di
cattiva amministrazione nell’applicazione del diritto comunitario;

di nominare un M e d i a t o r e ;
6
Nessuno dei trattati contempla uno strumento di controllo giuridico del Parlamento europeo sull’operato del
Consiglio. Ciò si spiega in quanto, essendo quest’ultimo espressione degli esecutivi degli Stati membri, un
controllo sugli stessi comporterebbe un controllo sui governi degli Stati membri, spettante invece,
conformemente alle rispettive carte costituzionali ai parlamentari nazionali.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
di costituire una C o m m i s s i o n e p e r l e p e t i z i o n i incaricata di analizzare
nel merito le petizioni7 su materie di interesse comunitario.
13.6. La Commissione
13.6.1. Caratteri.
La C o m m i s s i o n e è stata istituita dal Trattato di fusione del 1967 ed ha sostituito
l’Alta autorità della CECA e le Commissioni CEE ed Euratom.
Essa dal p u n t o d i v i s t a g i u r i d i c o – f o r m a l e , è un’istituzione comunitaria, con
il compito precipuo, di d a r e c o r r e t t a e s e c u z i o n e a l l e n o r m e e a l l e
misure Comunitarie.
Tuttavia non può essere considerata come l’E s e c u t i v o d e l l a C o m u n i t à , in
quanto p a r t e c i p a i n m o d o s o s t a n z i a l e a l p r o c e s s o d i f o r m a z i o n e
delle norme
La Commissione è al contrario del Consiglio, un o r g a n o i n d i p e n d e n t e d i
i n d i v i d u i , nel senso che i suoi membri esercitano la loro funzione in piena indipendenza
nell’interesse generale della Comunità e non sollecitano né accettano istruzione da alcun
governo.
La Commissione è un o r g a n o c o l l e g i a l e , per cui la responsabilità delle sue
delibere ricade sulla Commissione nel suo complesso. Nei limiti del principio di collegialità,
c i a s c u n c o m m i s s a r i o ha la r e s p o n s a b i l i t à d i u n s e t t o r e di attività e può
adottare misure di gestione specifiche.
Infine la Commissione è un o r g a n o a t e m p o p i e n o , che si riunisce almeno una
volta alla settimana, ciò giustifica l’incompatibilità prevista per i membri della Commissione
con qualsiasi altra carica.
13.6.2. Il procedimento di nomina.
La Commissione è nominata ai sensi dell’art. 214, attraverso una procedura articolata in
varie fasi:

il Consiglio, riunito a livello di capi di Stato o di governo deliberando a
maggioranza qualificata, designa la persona che intende nominare Presidente della
Commissione (si tratta quindi di un accordo intergovernativo raggiunto al di fuori
del contesto comunitario8); tale designazione è approvata dal Parlamento europeo;

il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata e di comune accordo con il
Presidente designato, adotta l’elenco delle altre persone che intende nominare
membri della Commissione, redatto conformemente alle proposte presentate da
ciascun Stato membro;

il Parlamento europeo è chiamato ad esprimere un voto di approvazione sul
collegio così formato: dopodiché avrà luogo la nomina della Commissione nel suo
complesso da parte del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata.
7
L e g i t t i m a t i a l l ’ e s e r c i z i o d e l d i r i t t o d i p e t i z i o n e , sono tutti cittadini dell’Unione ed
ogni persona fisica o giuridica che ha la propria sede in uno Stato membro.
8
Questa circostanza ha delle precise conseguenze giuridiche, perché sottrae la deliberazione ad eventuali ricorsi
giurisdizionali alla Corte di giustizia.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
177
Diritto costituzionale
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13.6.3. Composizione.
La Commissione (dal 1° novembre 2004) è formata d a u n c i t t a d i n o d i
c i a s c u n o S t a t o m e m b r o . In tal modo si è consentito ai nuovi Stati membri di avere
un’adeguata rappresentanza in seno all’istituzione, mentre c’è stata una riduzione ad un
rappresentante per gli Stati maggiori che ne avevano due.
13.6.3.1. Presidente
e vicepresidenti
Al P r e s i d e n t e è affidato il coordinamento dell’attività della Commissione e la
rappresentanza esterna della stessa. Oltre a definire l’indirizzo politico della Commissione,
egli gode di un potere piuttosto ampio nell’attribuzione delle competenze ai singoli
Commissari.
Per quanto riguarda la nomina dei v i c e p r e s i d e n t i è il Presidente che previa
approvazione del collegio, nomina dei vicepresidenti tra i membri della Commissione
13.6.4. Status dei membri della commissione
I commissari sono nominati a titolo individuale
esercitare le loro funzione in piena indipendenza.
e
devono
Inoltre i membri della Commissione nel corso del loro mandato n o n p o s s o n o
e s e r c i t a r e a l c u n a a t t i v i t à p r o f e s s i o n a l e e devono osservare gli obblighi e i
doveri derivanti dalla loro carica.
Pertanto la Commissione (così come la Corte e il Parlamento a differenza del Consiglio) è
un organo formato da individui e non da rappresentanti degli Statti, che agisce nell’esclusivo
interesse della Comunità.
Le volizione dei singoli componenti della Commissione che concorrono a formale la
volontà della organo collegiale, non sono, dunque, riferite agli Stati membri
dell’appartenenza, ma restano volizioni individuali e solo la volontà collegiale dell’organo
viene in rilievo divenendo così imputabile alla Comunità nel suo complesso.
A conferma di tale indipendenza gioca il fatto che i membri della Commissione non
possono essere rimossi né da governi nazionali, né dal Consiglio. Un provvedimento in tal
senso può essere preso solo al Parlamento attraverso la mozione di censura.
13.6.5. Durata del mandato.
Il m a n d a t o ha la durata di c i n q u e a n n i , ed è r i n n o v a b i l e . I membri restano in
carica siano alla loro sostituzione, salvo in caso di dimissioni d’ufficio. La c e s s a z i o n e
i n d i v i d u a l e d e l m a n d a t o può avvenire, oltre che per decesso e per decorso del
termine di 5 anni, per dimissioni volontarie.
Inoltre i membri della Commissione devono abbandonare collettivamente le loro funzioni,
se il Parlamento europeo approva una m o z i o n e d i c e n s u r a . È da notare che i membri
della Commissione nominati per sostituire quelli “sfiduciati” durano in carica non cinque anni
(termine normale) ma fino alla data in cui sarebbe scaduto il mandato dei commissari
dimissionari costretti a dimettersi collettivamente.
13.6.6. Funzionamento.
L’art. 218 stabilisce che la Commissione fissa il proprio regolamento interno in piena
autonomia e provvede alla sua pubblicazione.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Nozioni elementari di Diritto Comunitario
All’atto dell’insediamento la Commissione organizza il proprio lavoro ripartendo tra i suoi
membri i compiti di supervisione dell’attività delle varie unità amministrative (Direzioni
generali e servizi assimilati, entrambi a loro volta articolati in direzioni e queste in unità) nelle
quali è articolata la propria struttura burocratica.
Le delibere della Commissione sono prese a maggioranza assoluta dei voti dei membri che
la compongono (art. 219) ma la prassi si è sempre orientata nel senso di non dar conto
pubblicamente del numero di voti che ha raccolto un atto della Commissione e ciò proprio per
sottolineare il senso della collegialità della responsabilità che si assumono i membri della
Commissione, anche se dissenzienti, e per evitare di evidenziare fratture su linee di opinione
politica.
Le riunioni della Commissione sono convocate dal Presidente ed hanno una cadenza di
norma settimanale.
13.6.7. Attribuzione e poteri.
13.6.7.1. Introduzione.
I p o t e r i d e l l a C o m m i s s i o n e , quali risultano dal Trattato CE, possono essere
essenzialmente distinti in tre gruppi:

alla Commissione compete la funzione di proposta o di iniziativa normativa;

la Commissione vigila sull’esatta esecuzione dei trattati (funzione esecutiva);

la Commissione rappresenta le Comunità sia all’interno degli Stati membri, sia
delle relazioni esterne.
13.6.7.2. Le
funzioni di proposta (o di iniziativa normativa).
Secondo l’art. 211, la Commissione «dispone di un proprio potere di decisione e partecipa
alla formazione degli atti del Consiglio e del Parlamento europeo alle condizioni previste dal
presente trattato».
In realtà la Commissione non dispone di un vero e proprio potere decisionale autonomo, se
non nelle poche ipotesi in cui il tratto glielo attribuisce direttamente; dispone invece del
p o t e r e d i p r o p o s t a che le spetta in via esclusiva e che rappresenta la condizione
affinché il Consiglio e il Parlamento possano emanare atti vincolanti.
13.6.7.3. La
funzione esecutiva.
La funzione esecutiva della Commissione può essere distinta, sulla base dei trattati, in
emanazione di atti di esecuzione e vigilanza sull’osservanza del trattato.
13.6.7.3.1. Atti
di esecuzione.
L’articolo 211 TCE, fa riferimento agli atti di esecuzione e dispone che “la Commissione
esercita le competenze che le sono conferite dal Consiglio per l’attuazione delle nonne da esso
stabilite”; questo implica l’emanazione di atti di esecuzione destinati ad integrare altri
regolamenti adottati dal Consiglio.
Ciò può avvenire:

Sia nel senso di fissare modalità di esecuzione di un regolamento del Consiglio che
in tal senso disponga;

Sia quello, certamente già ampio, di emanare veri e propri regolamenti, necessari
per l’esecuzione di altri regolamenti, su delega del Consiglio.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
179
Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
Secondo l’art. 202, poi “il Consiglio Conferisce alla Commissione, negli atti che esso
adotta, le competenze di esecuzione delle norme che stabilisce”.
La stessa disposizione prevede, altresì, che il Consiglio possa sottoporre a determinate
modalità l’esercizio della competenza della Commissione e possa anche, in alcuni casi,
esercitare direttamente, la competenza a dare esecuzione ai propri atti normativi.
13.6.7.3.1.1. Comitatologia.
Tale modalità sono state definite nella decisione del Consiglio n. 468 del 1999 (nota come
decisione sulla c o m i t a t o l o g i a ) prevede che la Commissione, pur disponendo della
totalità del potere esecutivo, deve tenere conto dei pareri di alcuni comitati incaricati dal
Consiglio di assisterla.
In particolare tale decisione prevede tre tipi di comitati:

c o m i t a t i c o n s u l t i v i il cui parere non è mai vincolante per la Commissione,
che può liberamente discostarsene;

c o m i t a t i d i g e s t i o n e , il cui parere è parzialmente vincolante poiché la
Commissione può adottare un provvedimento difforme, comunicandolo, però, al
Consiglio; questi può approvare l’atto difforme della Commissione, respingerlo o
non pronunciarsi (in questo caso si ha una forma di silenzio- assenso);

c o m i t a t i d i r e g o l a m e n t a z i o n e il cui parere è vincolante e non può
essere ignorato della Commissione, se non formulando un proposta in merito al
Consiglio.

c o m i t a t i d i r e g o l a m e n t a z i o n e c o n c o n t r o l l o : in questo caso il
parare del comitato è sempre vincolante, ma prima di approvare l’atto di esecuzione
la Commissione deve trasmetterlo al Parlamento è al Consiglio affinché possa
esercitare un controllo.
13.6.7.4. Funzioni
di vigilanza.
La f u n z i o n e d i v i g i l a n z a è disciplinata dall’articolo 211 TCE, il quale dispone
che “la Commissione vigila sull’applicazione delle disposizioni del trattato e delle
disposizioni adottate dalle istituzioni in virtù del trattato stesso”.
La funzioni di vigilanza della Commissione può comportare due tipologie di intervento:

si ha i n t e r v e n t o d i r e t t o quando i trattati o regolamenti prevedono ch essa
emani decisioni vincolanti; ad esempio ciò avviene nel campo delle regole di
concorrenza, dove la Commissione può prendere decisioni direttamente applicabili
e che prevedono sanzioni pecuniarie, nei confronti delle imprese.

si ha i n t e r v e n t o i n d i r e t t o della Commissione nell’ambito della funzione di
vigilanza, quando essa propone ricorsi alla Corte di giustizia contro gli Stati e le
istituzioni che abbiano violato gli obblighi loro incombenti in virtù dei trattati e
degli atti normativi derivati.
Si possono far rientrare nel potere di vigilanza le decisioni della commissione che
autorizzano l’applicazione da parte degli Stati di c l a u s o l e d i s a l v a g u a r d i a cioè di
deroghe a norme comunitarie.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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13.6.7.5. La
funzione di rappresentanza.
Stabilisce l’art. 282 del Trattato CE che «in ciascuno degli Stati membri, la comunità ha la
più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle legislazioni nazionali;
essa può in particolare acquistare o alienare beni immobili e mobili e stare in giudizio. A tal
fine, essa è rappresentata dalla Commissione”. È dunque evidente come, negli Stati membri,
la f u n z i o n e d i r a p p r e s e n t a n z a delle Comunità spetti in via esclusiva alla
Commissione.
La Commissione rappresenta anche all’esterno la Comunità. Infatti: spetta alla
Commissione tutta la negoziazione degli accordi conclusi dalle Comunità, anche se la
conclusione stessa è di competenza del Consiglio; tutte le relazioni internazionali e i rapporti
con le organizzazioni internazionali sono prerogativa della Commissione.
13.7. Il Consiglio dell’Unione europea
13.7.1. Cenni generali.
Il C o n s i g l i o d e i M i n i s t r i o C o n s i g l i o d e l l ’ U n i o n e e u r o p e a (o
semplicemente Consiglio) è stato istituito nel 1965 dal Trattato di fusione, assorbendo quindi
il Consiglio Speciale dei Ministri CECA e i due Consigli dei Ministri della CEEA e della
CEE.
Esso è l’o r g a n o d e c i s i o n a l e d e l l a C o m u n i t à , pur condividendo gran parte
dei poteri normativi con il Parlamento europeo.
L’art. 16 TUE, infatti, prevede al prima comma che “il consiglio esercita, coniugalmente al
Parlamento europeo, la funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di
definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabiliti nei trattati”.
13.7.2. Composizione.
Il Consiglio dei Ministri, è c o m p o s t o d a u n m e m b r o p e r o g n i S t a t o c h e
f a p a r t e d e l l a c o m u n i t à , scelti nell’ambito dei rispettivi governi.
I rappresentanti degli Stati in seno al Consiglio non devono necessariamente rivestire la
qualifica di ministri, ma è essenziale che facciano parte della compagine governativa (ad es.:
sottosegretari) e che siano abilitati ad impegnare il proprio governo9.
Il Consiglio è dunque un o r g a n o d i S t a t i , in quanto i membri che lo compongono
rappresentano i rispettivi Stati membri e a quest’ultimi rispondono; ed è un organo a
c o m p o s i z i o n e v a r i a b i l e 10 in quanto la composizione dei Ministri varia a secondo
della materia trattata (Consiglio dei Ministri economici e finanziari o E C O F I N ; Consiglio
dei ministri degli affari esteri o C o n s i g l i o a f f a r i g e n e r a l i , etc.).
Consiglio dell’unione nella composizione dei capi di Stato o di Governo.
I trattati prevedono una composizione alquanto anomala del Consiglio dell’Unione che
sostanzialmente finisce per coincidere con il Consiglio europeo ed è indicato come
Consiglio dell’Unione riunito in composizione dei Capi di Stato
o di governo.
13.7.2.1. Il
9
Trattandosi di un organo composto di Stati, in cui ciascuno di essi dispone sovranamente del proprio voto, è
lecito che il governo nazionale conferisca un mandato imperativo senza durata prestabilita di un membro che
andrà a partecipare alla riunione del Consiglio, vincolandone il voto a precise e rigide istruzioni.
10
Il Consiglio si riunisce in varie formazione il cui elenco è adottato conformemente all’art. 236 del TFUE e
cioè in base ad decisione del Consiglio europeo a maggioranza qualificata.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
Tale anomalia è dovuta al fatto che, formalmente non si può parlare di Consiglio europeo
ma di Consiglio dell’Unione: anche se, sostanzialmente, data la coincidenza dei soggetti che
ne prendono parte, si tratta di una riunione del Consiglio europeo ed è quest’ultimo, che
esercita il potere decisionale anche se in conformità alle norme sostanziali e procedurali
fissate dai trattati comunitari.
13.7.2.1.1. Competenze.
Al Consiglio dell’Unione, riunito in tale composizione anomala, sono affidati poteri
decisionali in diverse ipotesi:

i n m a t e r i a d i u n i o n e e c o n o m i c a e m o n e t a r i a , sia in merito al
passaggio alla terza fase, sia per l’identificazione degli Stati membri che soddisfano
le condizioni fissate per il passaggio della moneta unica;

nella
procedura
di
nomina
del
Presidente
della
C o m m i s s i o n e : s econdo le modifiche del Trattato di Nizza, infatti, spetta al
Consiglio riunito in questa composizione designare (a maggioranza qualificata la
persona candidata a ricoprire quella carica;

n e l l ’ a m b i t o d e l l a t u t e l a d e i d i r i t t i u m a n i : il consiglio, infatti
deliberando all’unanimità su proposta di un terzo degli Stati membri o della
Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo, può constatare
l’esistenza di una violazione grave e persistente per uno dei principi di libertà,
democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato
di diritto.
13.7.3. Organizzazione interna.
13.7.3.1. La presidenza.
La p r e s i d e n z a è esercitata da ciascuno Stato membro per s e i m e s i a turno secondo
l’ordine stabilito dal Consiglio che delibera all’unanimità. Il paese che per turno presiede il
Consiglio dell’Unione:

rappresenta il consiglio in tutte le sedi in cui ciò sia necessario;

convoca il Consiglio o di propria iniziativa (in quanto Stato membro) o su formale
richiesta da parte di un altro Stato membro o della Commissione;

risponde alle interrogazioni del Parlamento Europeo per conto del Consiglio;

cura la relazioni internazionali della Comunità (accreditamento di rappresentanti di
Stati terzi, firma di accordi a norme della Comunità etc.).
13.7.3.2. Il
Segretario Generale.
Nell’esercizio delle sue funzione il Consiglio è assistito da un S e g r e t a r i a t o
g e n e r a l e posto sotto la responsabilità del S e g r e t a r i o g e n e r a l e .
Il Trattato di Amsterdam ha però attribuito a quest’ultima figura il ruolo di A l t o
rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune :
mentre la gestione amministrativa del Segretariati e stata attribuita alla figura del V i c e
s e g r e t a r i o g e n e r a l e . Entrambi i funzionari sono nominati dal Consiglio, che delibera
a maggioranza qualificata.
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182
Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
13.7.4. Il comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati (COREPER).
L’accrescersi col tempo della mole del lavoro comunitario, insieme alla sempre più sentita
esigenza di un più costante contatto tra Consiglio e Commissione, ha fatto sì che con il
Trattato di fusione degli esecutivi del 1965 venisse istituito un C o m i t a t o d e i
r a p p r e s e n t a n t i p e r m a n e n t i d e g l i S t a t i m e m b r i ( C O R E P E R )11,
costituito dalle rappresentanze diplomatiche presso le Comunità.
13.7.4.1. Competenze.
Tale Comitato è r e s p o n s a b i l e d e l l a p r e p a r a z i o n e d e l l a v o r o d e l
C o n s i g l i o e della r e a l i z z a z i o n e d e i c o m p i t i attribuitigli dallo stesso
Consiglio12.
Il COREPER a seguito delle modifiche introdotte dal Trattato di Maastricht e da quello di
Amsterdam, è oggi previsto dal Trattato CE come o r g a n i s m o a u t o n o m o , a cui è
anche attribuito il potere di adottare decisioni di procedura nei casi previsti dal regolamento
interno.
Col tempo il COREPER è divenuto l’organo che garantisce la continuità dell’operato del
Consiglio e assicura una s e d e p e r m a n e n t e d i n e g o z i a t o e di mediazione sia tra i
vari Governi che con le altre istituzioni ed in particolare con la Commissione.
In particolare il COREPER si riunisce a due livelli:

di ambasciatori rappresentati permanenti (COREPER II) per trattare gli affari di
rilievo politico e quelli concernenti le relazioni esterne;

di ministri plenipotenziari rappresentanti permanenti aggiunti (COREPER I) per
trattare gli affari correnti, di procedura essenzialmente tecnici.
I due livelli non sono in un rapporto di subordinazione bensì operato in modo
indipendente.
13.7.5. Sistemi di votazione del Consiglio.
Le votazione in seno al Consiglio dell’Unione si differenziano a seconda delle materie in
discussione. Da un’analisi dei trattati è possibile enucleare tra distinti sistemi di votazione:
maggioranza semplice, maggioranza qualificata, unanimità.
13.7.5.1. L’unanimità.
Per quanto attiene l’u n a n i m i t à va detto che quest’ultima si ritiene raggiunta anche
quando vi siano state astensioni al voto.
In altri termini unanimità nel Consiglio significa a s s e n z a d i v o t i n e g a t i v i e non
convergenza di voti tutti positivi, tanto è vero che l’art. 205, par 3 TCE afferma che: “le
astensioni dei membri presenti o rappresentati non ostano all’adozione delle deliberazioni del
consiglio per le quali è richiesta l’unanimità”.
11
Prima del Trattato di fusione esisteva nell’ambito del Consiglio il C O C O R , il quale aveva il compito di
preparare le riunioni del Consiglio. Attualmente il COCOR rappresenta un gruppo di lavoro del COREPER.
12
Esso in particolare provvede a: coordinare l’attività di una serie di gruppi di lavoro, formati da esperti dei
governi nazionali in relazione a materie specifiche; predisporre l’ordine del giorno delle riunioni del Consiglio;
organizzare comitati permanenti o ad hoc per la trattazione sistematica di problemi specifici; adottare decisioni
di procedura nei casi previsti dal regolamento interno del Consiglio.
Tali compiti non poterebbero essere svolti dal Consiglio (la cui attività è discontinua) né dalla Commissione (che
ha carattere d’indipendenza), mentre il COREPER è portatore di interessi degli Stati.
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
L’unanimità è prevista per emendare una proposta della Commissione ovvero quando sulla
posizione comune del Consiglio vi sia stato un voto negativo del Parlamento da parte della cd.
minoranza di blocco.
13.7.5.2. Maggioranza semplice,
La m a g g i o r a n z a s e m p l i c e , intesa come maggioranza dei membri che
compongono il Consiglio (maggioranza assoluta), e non di quelli presenti alla sessione. La
votazione a maggioranza semplice, rappresenta la regola generale seguita dal Consiglio per le
sue votazioni a meno che il trattato non disponga altrimenti.
13.7.5.3. Maggioranza qualificata.
La m a g g i o r a n z a q u a l i f i c a t a , ossia il raggiungimento di un determinato numero
di voti per l’emanazione di un atto, è stata introdotta dal Trattato di Amsterdam, per alcuni
settori. I voti di ciascun Stato membro non hanno però uguale peso perché le votazioni
avvengono con il sistema del v o t o p o n d e r a t o , che attribuisce un valore diverso a i voti
di ciascun Stato, a seconda della sua importanza demografica e politica all’interno della
Comunità.
Per quanto riguarda la ripartizione dei voti tra i vari Stati occorre far riferimento
all’articolo 205, par. 2 TCE. Esso prevede che:

le d e l i b e r a z i o n i p e r l e q u a l i è p r e v i s t a l a p r o p o s t a d e l l a
C o m m i s s i o n e sono valide se hanno ottenuto almeno 2 5 5 v o t i c h e
esprimano il voto favorevole della maggioranza dei
membri;

negli a l t r i c a s i le deliberazioni sono valide se hanno ottenuto almeno 255 voti
che esprimano il voto favorevole di almeno d u e t e r z i d e i m e m b r i ;
13.7.5.3.1. Le
reti di sicurezza.
La necessità di ottenere comunque il voto favorevole della maggioranza degli Stati membri
(e dei due terzi nel secondo caso) costituisce la prima c.d. “r e t i d i s i c u r e z z a ” previste
con il Trattato di Nizza. Lo scopo è di evitare il verificarsi di casi in cui una minoranza di
Stati potrebbe disporre dei voti sufficienti per adottare una decisione.
La seconda rete di sicurezza è, invece, costituita dalla disposizione del nuovo paragrafo 4
secondo il quale ciascun membro del Consiglio può chiedere di verificare che la maggioranza
comprenda almeno il 62% della popolazione totale dell’Unione; se tale condizione non è
soddisfatta, la decisione non può essere adottata.
Si tratta della v e r i f i c a d e m o g r a f i c a che impone al Consiglio di adottare un atto
soltanto quando vi è il sostegno di un numero di Stati (comunque la maggioranza o addirittura
i due terzi) che rappresenti una cospicua maggioranza della popolazione dell’Unione. È da
sottolineare che tale condizione non è verificata in modo automatico, ma seve essere
esplicitamente, richiesta da uno Stato membro.
13.7.6. Attribuzione e poteri.
Le competenze attribuite al consiglio investono tutti i settori di attività delle Comunità e
dell’Unione. Questa istituzione, infatti, in virtù della sua posizione di rappresentante degli
interessi degli Stati membri svolge un ruolo rilevante sia nell’ambito delle procedure
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
comunitarie sia nell’ambito delle politiche intergovernative. In sintesi le funzioni attribuite al
Consiglio sono:

a d o t t a r e g l i a t t i n o r m a t i v i c o m u n i t a r i : ciò significa che il
Consiglio può adottare quei provvedimenti (regolamenti, direttive e decisioni), che
sono materia per materia, previsti dal trattato. Tale potere è ampiamente condiviso
con il Parlamento europeo;

oltre che nell’emanazione degli atti normativi, il potere decisionale del Consiglio si
manifesta nella f o r m a z i o n e e nell’a p p r o v a z i o n e , insieme al Parlamento,
del bilancio;

altra importante funzione del Consiglio è quella di c o n c l u d e r e , per conto della
Comunità, a c c o r d i c o n S t a t i t e r z i dopo la chiusura dei negoziati condotti
dalla Commissione (su autorizzazione del Consiglio);

non va dimenticato che il Consiglio provvede al c o o r d i n a m e n t o d e l l e
p o l i t i c h e e c o n o m i c h e generali degli Stati membri;

elaborare la p o l i t i c a e s t e r a e d i s i c u r e z z a c o m u n e (PESC)
dell’Unione Europea, sulla base degli orientamenti generali definiti del Consiglio
europeo;

coordinare la c o o p e r a z i o n e g i u d i z i a r i a e d i p o l i z i a i n m a t e r i a
p e n a l e tra le varie autorità competenti in materia dei diversi Stati membri.
13.8. L’ordinamento giuridico comunitario
13.8.1. Introduzione.
Il s i s t e m a g i u r i d i c o c o m u n i t a r i o è costituito dall’insieme delle norme che
regolano l’organizzazione e lo sviluppo delle Comunità europee e i rapporti tra queste e gli
Stati membri. Il diritto comunitario si distingue in originario e derivato.
Le n o r m e di tale sistema hanno o r i g i n e diversa. I n t e r n a z i o n a l e : i trattati
istitutivi delle Comunità e le successive integrazioni e modificazioni. C o m u n i t a r i a : gli
atti delle istituzioni, ovvero che formano la struttura istituzionale delle Comunità.
N a z i o n a l e : le leggi e gli atti che gli Stati membri pongono in essere per dare corretta
attuazione al sistema giuridico complessivo.
Il d i r i t t o c o m u n i t a r i o o r i g i n a r i o , rappresenta una fonte di primo grado del
diritto comunitario (cd. di r i t t o p r i m a r i o d e l l a C o m u n i t à ) : le norme in essi
contenute formano il quadro giuridico costituzionale della Comunità e non possono essere
disattese dagli atti delle istituzioni comunitarie.
Il d i r i t t o c o m u n i t a r i o d e r i v a t o , invece costituisce una f o n t e d i s e c o n d o
grado in quanto gli atti che lo costituiscono sono gerarchicamente subordinati ai trattati.
13.8.2. Diritto originario.
Il d i r i t t o c o m u n i t a r i o o r i g i n a r i o comprende i Trattati istituivi delle Comunità
europee, nonché gli atti successivi che ne hanno operato una modifica o li hanno completati.
A questi atti, che vanno a formare insieme al diritto comunitario derivato, il d i r i t t o
c o m u n i t a r i o s c r i t t o , devono aggiungersi i principi generali del diritto, enucleati dalla
Corte di giustizia, che costituiscono il d i r i t t o c o m u n i t a r i o n o n s c r i t t o .
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
13.8.2.1. I principi
del diritto comunitario.
L’individuazione dei p r i n c i p i g e n e r a l i d i d i r i t t o c o m u n i t a r i o è avvenuta
ad opera della Corte di giustizia che, nello svolgimento della sua funzione volta ad assicurare
il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’attuazione dei trattati, ha colmato alcune
lacune normative presenti nei trattati comunitari, dato il loro carattere iniziale prettamente
economico, formando di conseguenza un d i r i t t o c o m u n i t a r i o n o n s c r i t t o .
13.8.2.1.1. Il
rispetto dei principi fondamentali della persona
Una prima attenzione meritano i principi che attengono al r i s p e t t o d e i d i r i t t i
f o n d a m e n t a l i d e l l a p e r s o n a . A riguardo va detto che benché i Trattati istitutivi
non ne facciamo menzione alcuna, la Corte ha riconosciuto che i diritti fondamentali, quali
risultano delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e dalla C o n v e z i o n e
e u r o p e a s u l l a s a l v a g u a r d i a d e i d i r i t t i d e l l ’ u o m o (Roma 4 novembre
1950), fanno parte dei principi generali di cui essa garantisce l’osservanza.
Tale p r e v i s i o n e è stata poi f o r m a l i z z a t a d a l T r a t t a t o s u l l ’ u n i o n e
e u r o p e a . È il caso di rilevare che l’e s e r c i z i o dei diritti fondamentali p u ò e s s e r e
o g g e t t o d i r e s t r i z i o n i in vista di obiettivi di interesse generale perseguiti dalla
Comunità.
In tale prospettiva va ricordato il riconoscimento da parte anche della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo, del d i r i t t o a l l a t u t e l a g i u r i s d i z i o n a l e p i e n a
ed effettiva.
Da tale riconoscimento è derivato da una parte il criterio secondo cui la tutela dei diritti
attribuiti da norme comunitarie deve essere almeno pari alla tutela prevista per i diritti
conferiti da norme nazionali; dall’altra, il principio che il sistema nazionale di rimedi
giurisdizionali deve essere tale da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente
gravoso l’esercizio dei diritti attribuiti al singolo da norme comunitarie.
13.8.2.1.1.1. La
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
La C a r t a d e i d i r i t t i f o n d a m e n t a l i d e l l ’ U n i o n e e u r o p e a è un
documento che sancisce il carattere fondamentale dei diritti umani per i cittadini dell’Unione,
ponendosi come nucleo di una futura costituzione europea.
Nel corso del Consiglio europeo di colonia del 3 e 4 giugno 1999, gli Stati membri
decisero di elaborare una Carta dei diritti, il progetto prevedeva che questa dovesse contenere:

I diritti di libertà e uguaglianza;

I diritti procedurali fondamentali garantiti dalla CEDU e come risultato dalle
tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri;

I diritti sociali ed economici contenuti nella Carte sociale europea e nella Carta
Comunitaria dei Diritti Sociali Fondamentali dei Lavoratori.
A seguito dell’approvazione da parte del Parlamento europeo e della Commissione, la carta
dei diritti fondamentale dell’Unione europea è stata ufficialmente proclamata. Essa, però non
va integrarsi nei trattati istitutivi, ma va a costituire un documento separato che manca di
efficacia vincolante
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
13.8.2.1.2. Il
principio della certezza del diritto.
Di grande rilevanza è anche il p r i n c i p i o d e l l a c e r t e z z a d e l d i r i t t o nelle sue
varie applicazioni. Il principale profilo riguarda la trasparenza dell’attività
dell’amministrazione, nel senso che la normativa comunitaria deve essere chiara e la sua
applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti.
13.8.2.1.3. Il
principio del legittimo affidamento
Un aspetto ulteriore del principio della certezza del diritto è il p r i n c i p i o d e l
l e g i t t i m o a f f i d a m e n t o (oppure principio di tutela della buona fede), il quale va
tutelare il soggetto che ha tenuto in buona fede un determinato comportamento illecito non
sapendo di una modifica improvvisa della relativa normativa, oppure quando ha tenuto un
comportamento vietato facendo fede su informazioni provenienti dalla sessa amministrazione
che gli hanno fatto intendere di poter esercitare un determinato diritto.
13.8.2.1.4. Il
principio di democraticità
Va ricordato il p r i n c i p i o d i d e m o c r a t i c i t à esplicato dalla Dichiarazione del
1978, secondo la quale nessuno Stato può far parte della Comunità se non ha un ordinamento
democratico. In altri termini la democraticità è un elemento determinate, vera conditio sine
qua non dell’essere “europeo”.
13.8.2.1.5. Il
principio di eguaglianza.
Il p r i n c i p i o d i e g u a g l i a n z a trova nel trattato un riconoscimento espresso e
generale nella forma del divieto di discriminazione fondato sulla nazionalità, con applicazioni
specifiche relativamente alla libertà di circolazione delle merci e dei servizi e della libertà di
stabilimento.
13.8.2.1.6. Il
principio dell’effetto utile.
Il p r i n c i p i o d e l l ’ e f f e t t o u t i l e impone un’applicazione o anche interpretazione
delle norme comunitarie che sia funzionale al raggiungimento della loro finalità. Tra l’altro, è
sulla base di tale principio che si è attribuito l’effetto diretto anche alle direttive.
13.8.2.1.7. Il
criterio dell’interpretazione conforme
Il c r i t e r i o d e l l ’ i n t e r p r e t a z i o n e c o n f o r m e , impone invece al giudice di
applicare tra le chiavi d’interpretazione del diritto nazionale quella che consente di attribuirgli
un significato conforme o almeno compatibile con il diritto comunitario.
13.8.2.1.8. Il
principio della leale cooperazione
Infine va valorizzato il p r i n c i p i o d e l l a l e a l e c o o p e r a z i o n e , il quale esprime
l’obbligo generale degli Stati membri di assicurare l’esecuzione degli obblighi sanciti dal
diritto comunitario, facilitare l’assolvimento dei compiti della Comunità e astenersi dal porre
in essere misure che possano compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato.
13.8.3. Diritto derivato.
Per d i r i t t o d e r i v a t o si intende l’insieme degli atti giuridici adottati dalle istituzioni
comunitarie, nei limiti delle competenze e con gli effetti che il Trattato sancisce.
Va precisato che gli atti in questione n o n p o s s o n o avere l’effetto di r e s t r i n g e r e
o m o d i f i c a r e l a p o r t a t a d i u n a n o r m a d e l T r a t t a t o ovvero della
giurisprudenza relativa a quella stessa norma.
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
Va inoltre chiarito che la n a t u r a g i u r i d i c a dell’atto non dipende dalla sua
denominazione, nel senso che questa non è determinante ai fini della definizione del suo reale
contenuto e della sua sostanza.
L ’ a r t . 2 4 9 d e l T r a t t a t o C E , indica come atti di diritto derivato: I) i regolamenti;
II) le decisioni; III) le direttive; IV) le raccomandazioni; V) e i pareri.
13.8.3.1. Gli
atti vincolanti.
13.8.3.1.1. Regolamenti CE (e Euratom).
13.8.3.1.1.1. Nozione.
Ai sensi dell’art. 249 TCE, il r e g o l a m e n t o è un atto a portata generale, obbligatorio in
tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri della comunità
Europea13.
13.8.3.1.1.2. Caratteri
I caratteri propri del regolamento comunitario sono quindi:

la p o r t a t a g e n e r a l e , che corrisponde al carattere dell’a s t r a t t e z z a , nel
senso che il regolamento non s i r i v o l g e a destinatari determinati o
determinabili, ma a c a t e g o r i e c o n s i d e r a t e a s t r a t t a m e n t e n e l
l o r o i n s i e m e . Destinatari del regolamento sono quindi tutti i soggetti giuridici
comunitari: Stati membri e persone fisiche e giuridiche degli Stati stessi14;

l’o b b l i g a t o r i e t à d i t u t t i i s u o i e l e m e n t i : ciò vuol dire che i
destinatari del regolamento sono tenuti a dare applicazione completa ed integrale
alle norme regolamentari, con conseguente i l l e g i t t i m i t à di una sua
a p p l i c a z i o n e p a r z i a l e da parte di uno Stato15. Inoltre il carattere
obbligatorio del regolamento p r e c l u d e agli S t a t i la possibilità di formulare
o p p o s i z i o n i o r i s e r v e all’atto della sua adozione, le quali, anche se
espresse, restano prive di ogni effetto16;

l a d i r e t t a a p p l i c a b i l i t à i n c i a s c u n o d e g l i S t a t i m e m b r i : sta
a significare che il regolamento acquisisce efficacia negli Stati membri senza che
sia necessario un atto di ricezione o di adattamento da parte dei singoli ordinamenti
statali (c d . n o r m e s e l f – e x e c u t i n g ). Il regolamento ha, quindi, validità
automatica negli Stati membri della Comunità e conferisce diritti ed impone
obblighi agli Stati membri, ai loro organi e ai privati, coma una legge nazionale. Di
conseguenza, esso attribuisce ai singoli dei diritti che i giudici nazionali sono tenuti
a tutelare.
13
Va ricordato che nel vecchio sistema CECA, l’atto corrispondente al regolamento era la d e c i s i o n e
generale.
14
Il carattere della “portata generale” distingue il regolamento dalla direttive, che hanno come destinatari gli
Stati membri, e dalla decisioni, che si rivolgono sempre a soggetti ben determinati.
15
Ciò non vuol dire necessariamente che i regolamenti siano completi: anzi, spesso accade che debbano essere
integrati con m i s u r e d i e s e c u z i o n e , che possono essere adottate sia della stessa istituzione che ha
emanato il regolamento, sia da un’altra istituzione comunitaria (la Commissione, come sappiamo ha questa
funzione), sia dalle autorità nazionali.
16
L’obbligatorietà in tutti i suoli elementi è il carattere che distingue il regolamento dalla direttiva, che, è
obbligatoria, solo nel fine che si intende perseguire.
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
13.8.3.1.1.3. Il
procedimento di formazione.
I regolamenti sono a t t i a f o r m a z i o n e c o m p l e s s a ; essi in genere sono emanati
dal Consiglio su proposta della Commissione.
Al processo di formazione di tali atti viene associato anche il Parlamento europeo,
attraverso delle procedure previste dal trattato (consultazione, codecisione, cooperazione).
Laddove è previsto devono essere richiesti anche i pareri di altre istituzioni, come il Consiglio
economico e sociale e il Comitato delle Regioni.
13.8.3.1.1.4. Requisiti
formali.
Il principale requisito formale, previsto dai trattati per i regolamenti è la m o t i v a z i o n e
(art. 253 TCE). Tuttavia la corte di giustizia ha sottolineato, l’obbligo di motivare dipende
dalla natura dell’atto, e trattandosi di un regolamento, ossia di un atto destinato ad avere
applicazione generale, la motivazione può limitarsi ad indicare la situazione complessiva che
ha condotto alla sua adozione e gli scopi generali che esso si propone.
Oltre alla motivazione, i regolamenti devono far riferimento alle proposte e ai pareri
obbligatoriamente richiesti dal trattato.
13.8.3.1.1.5. Pubblicità
ed entrata in vigore.
I regolamenti sono p u b b l i c a t i s u l l a G a z z e t t a U f f i c i a l e d e l l ’ U n i o n e
e u r o p e a (GUUE) ed e n t r a n o i n v i g o r e d o p o u n p e r i o d o d i v a c a t i o
l e g i s d i 2 0 g i o r n i , a meno che una data diversa che non sia stata indicata nel
regolamento stesso (art. 245 TCE).
13.8.3.1.2. Direttive
CE (e Euratom).
13.8.3.1.2.1. Nozione.
Ai sensi dell’art. 249 TCE, la d i r e t t i v a è un atto normativo, che vincola gli Stati
membri a cui è rivolta, per quanto attiene il risultato da raggiungere, fatta salva la competenza
degli organi nazionali in merito alla forma ed ai mezzi con cui tale risultato va raggiunto17.
13.8.3.1.2.2. Caratteristiche.
I caratteri propri della direttiva comunitaria sono quindi:

n o n h a p o r t a t a g e n e r a l e , ma ha come destinatari gli Stati membri. A
questo proposito si suole distinguere tra d i r e t t i v e g e n e r a l i , indirizzate a
tutti gli Stati membri, e d i r e t t i v e i n d i v i d u a l i o p a r t i c o l a r i ,
indirizzate ad uno o ad alcuni di essi;

n o n s o n o o b b l i g a t o r i i n t u t t i i l o t o e l e m e n t i , in quanto
impongono un’o b b l i g a z i o n e d i r i s u l t a t o , lasciando libero di adottare le
misure dagli stessi ritenute opportune18;

infine per quanto riguarda l’efficacia, le direttive n o n h a n n o e f f i c a c i a
d i r e t t a , cioè non producono diritti ed obblighi che i giudici nazionali devono far
osservare. Perciò la dottrina sostiene che le direttive non sono direttamente
17
Va ricordato che nel vecchio sistema C E C A l’atto corrispondente alla direttiva era la
raccomandazione.
18
In p e n d e n z a d e l t e r m i n e p e r l ’ a t t u a z i o n e d e l l a d i r e t t i v a , l’obbligo di realizzare il
risultato non è sanzionabile. La Corte tuttavia, ha apportato qualche precisazione circa i doveri degli Stati nel
periodo tra l’entrata in vigore della direttiva e la scadenza del termine per l’attuazione della stessa, chiarendo che
su essi grava un o b b l i g o d i s t a n d s t i l l , nel senso che devono astenersi dall’adottare disposizioni che
possano compromettere il risultato prescritto della direttiva.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
applicabili ma hanno un’e f f i c a c i a m e d i a t a attraverso i provvedimenti che
gli Stati intenderanno adottare19.
13.8.3.1.2.3. Le
direttive dettagliate.
Dalla formula dell’art. 249 del Trattato CE si desume che la direttiva dovrebbe limitarsi
all’enunciazione di principi e criteri generali, di regole generali destinati ad essere tradotte dal
singolo Stato in norme di dettaglio.
Tuttavia, nella prassi comunitaria risulta sempre più frequente (specialmente nel settore
agricolo, in tema di diritto di stabilimento) il ricorso a d i r e t t i v e d e t t a g l i a t e o
p a r t i c o l a r e g g i a t e , le quali indicano con precisione le norme interne che gli Stati sono
tenuti ad adottare.
In tal modo la discrezionalità dello Stato si riduce soltanto alla scelta della forma giuridica
interna (legislativa, regolamentare o amministrativa), da dare alla norma già fissata sul piano
comunitario; scelta che peraltro, si verifica nei casi in cui la forma stessa è praticamente
vincolata, ad esempio in materie che necessariamente richiedano l’intervento del potere
legislativo20.
13.8.3.1.2.4. Procedimento
di formazione.
Per quanto riguarda l’e l a b o r a z i o n e delle direttive, essa segue lo s t e s s o i t e r
procedurale dei regolamenti.
13.8.3.1.2.5. Requisiti
formali.
Anche i r e q u i s i t i f o r m a l i sono gli stessi, vale a dire la motivazione e il riferimento
alle proposte a ai pareri obbligatori.
13.8.3.1.2.6. Pubblicità
ed entrata in vigore.
Diversa è invece la forma di pubblicità, a causa del carattere individuale delle direttive;
esse vanno notificate ai destinatari e a c q u i s t a n o e f f i c a c i a d a l l a d a t a d e l l a
n o t i f i c a (o da un data successiva, se indicata).
È da notare che invalsa la prassi di pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione le
direttive, oltre naturalmente a notificarle, come previsto dai trattati.
13.8.3.1.2.7. La
misure nazionali di attuazione e
Le m i s u r e n a z i o n a l i d i a t t u a z i o n e delle direttive comunitarie devono essere
adottare e n t r o i l t e r m i n e f i s s a t o dalla stessa direttiva.
Inosservanza: diritto al risarcimento.
I n c a s o d i i n o s s e r v a n z a , gli Stati membri commettono una violazione che può
dar luogo non solo ad un’a z i o n e p e r i n f r a z i o n e in ambito comunitario ai sensi
19
Tuttavia la Corte ha affermato la d i r e t t a a p p l i c a b i l i t à di alcune direttive o di una parte della loro
normativa. Ciò si verifica: I) innanzitutto quando la direttiva i m p o n e u n o b b l i g o d i n o n f a c e r e ;
II) in secondo luogo quando trattasi di direttive che ribadiscono obblighi già sanciti in norme del Trattato esse
stesse già direttamente applicabili; III) per le direttive dettagliate; IV) ed infine quando il termine per
l’applicazione da parte degli Stati sia già scaduto.
20
Si è, quindi, posto il problema di accertare se le direttive dettagliate siano ammissibili e non contrastino con lo
spirito e la lettera dell’art. 249. A tal fine si è fatti ricorso al principio generale di interpretazione secondo cui l a
s o s t a n z a p r e v a l e s u l l a f o r m a d e g l i a t t i : pertanto, una direttiva dettagliata che si indirizzi a
tutti gli Stati membri e pongo in essere norme di carattere generale è, nella sostanza, una regolamento; così pure
una direttiva dettagliata che si indirizzi a un singolo Stato membro, è sostanzialmente, una decisione. A ciò non
osta la differenza di forme di pubblicità previste per regolamenti, direttive e decisioni: infatti tali ostacolo è
superato dalla prassi invalsa di far seguire alla notificazione delle direttive anche la loro pubblicazione sulla
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.
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190
Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
dell’art. 226 TCE, ma che può essere anche invocata dagli individui per la r i c h i e s t a d i
un risarcimento danni.
Tuttavia affinché possa configurarsi un diritto al r i s a r c i m e n t o d e l d a n n o devono
verificarsi t r e c o n d i z i o n i 21:

il risultato prescritto dalla direttiva deve implicare l’attribuzione di diritti a favore
dei singoli:

il contenuto di tali diritti deve essere chiaramente individuale sulla base delle
disposizioni della direttiva;

deve esistere un nesso di casualità tra la violazione dello Stato e il danno subito dal
soggetto lesso.
Il compito di accertare l’esistenza delle condizioni nonché di quantificare il danno spetta al
giudice nazione (sent. Francovich).
13.8.3.1.3. Decisioni.
13.8.3.1.3.1. Nozione.
Ai sensi dell’art. 249 CE, la d e c i s i o n e è un atto a portata individuale obbligatorio in
tutti i suoi elementi22.
13.8.3.1.3.2. Caratteristiche.
I caratteri propri della decisione comunitaria sono quindi:

la p o r t a t a i n d i v i d u a l e , che avvicina la decisione alla direttiva. Destinatari
delle decisioni possono essere oltre che le p e r s o n e f i s i c h e e
g i u r i d i c h e , anche gli stessi S t a t i m e m b r i ;

l’o b b l i g a t o r i e t à i n t u t t i i s u o i e l e m e n t i , caratteristica comune con
il regolamento e di distinzione dalla direttiva;

analogamente ai regolamenti anche le decisioni, godono, in via generale della
d i r e t t a a p p l i c a b i l i t à , nel senso che attribuiscono direttamente diritti ed
obblighi a favore e a carico dei destinatari 23. L’efficacia diretta è stata riconosciuta
dalla Corte comunitaria a n c h e alle d e c i s i o n i i n d i r i z z a t e a g l i S t a t i .
13.8.3.1.3.3. Natura
giuridica
Dal p u n t o d i v i s t o g i u r i d i c o – f o r m a l e la decisione può essere qualificata
come un atto amministrativo del diritto comunitario munito del carattere dell’esecutività.
Tuttavia quando è rivolto agli Stati può assumere un carattere normativo secondario.
13.8.3.1.3.4. Requisiti
formali.
Poiché si tratta di atti a portata generale individuale, acquista particolare rilievo la
m o t i v a z i o n e , elemento essenziale al fine di evitare abusi da parte delle istituzioni.
21
Il compito di accertare l’e s i s t e n z a delle c o n d i z i o n i citate nonché di q u a n t i f i c a r e i l
d a n n o spetta al g i u d i c e n a z i o n a l e .
22
Va ricordato che ne vecchio sistema C E C A l’atto corrispondente alla decisione era la d e c i s i o n e
individuale.
23
Quando i m p o n e o b b l i g h i d i p a g a m e n t o a i s i n g o l i , persone fisiche o giuridiche, la
decisione è a tutti gli effetti un t i t o l o e s e c u t i v o , da far valere negli Stati membri attraverso le procedura
nazionali. L’unica condizione che dovrà essere rispettata è l’a p p o s i z i o n e d e l l a f o r m u l a
e s e c u t i v a da parte dell’autorità nazionale designata, che procede ad un verifica dell’autenticità dell’atto.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
191
Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
13.8.3.1.3.5. Procedimento
di formazione.
Le decisioni sono n o r m a l m e n t e emanate dalla C o m m i s s i o n e , mentre il
C o n s i g l i o , di regola, emana solo le d e c i s i o n i i n d i r i z z a t e a g l i S t a t i
membri.
13.8.3.1.3.6. Pubblicità
ed entrata in vigore.
Le decisioni, come le direttive, vengono n o t i f i c a t e ai destinatari ed a c q u i s t a n o
efficacia dalla data della notifica o da altra data successiva,
espressamente indicata.
13.8.3.2. Gli
atti non vincolanti.
L’art. 249 prefigura due tipi di atti non vincolanti: le raccomandazioni e i pareri.
13.8.3.2.1. Soggetti
legittimati.
A u t o r i di tali atti possono essere, data la natura non vincolante degli stessi, t u t t e l e
i s t i t u z i o n i comunitarie: dal Parlamento europeo, dal Consiglio e della Commissione, alle
condizioni contemplate dal trattato24.
I pareri, invece, possono essere emanati oltre che dalle menzionate istituzioni anche dalla
Corte di Giustizia nella speciale ipotesi prevista dall’art. 300, par. 6 TCE, dal Comitato
economico e sociale e dal Comitato delle regioni.
13.8.3.2.2. Destinatari
Sia le raccomandazioni che i pareri possono avere come i destinatari gli Stati membri,
oppure le altre istituzioni comunitarie o ancora i soggetti di diritto interno degli Stati membri
13.8.3.2.3. Pubblicità
Anche se non è previsto dal Trattato gli atti non vincolanti vengono comunque
p u b b l i c a t i nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.
L’efficacia non vincolante delle raccomandazioni e dei parei non implica che essi siano
totalmente sprovvisti di alcun effetto giuridico. In dottrina si è infatti posto in evidenza come
essi producono un cd. e f f e t t o d i l i c e i t à , nel senso che è da considerarsi pienamente
lecito un atto, di per sé illecito, posto in essere per rispettare una raccomandazione o un parere
di una istituzione.
13.8.3.2.4. Raccomandazioni
(CE e Euratom).
Il linea generale, le r a c c o m a n d a z i o n i sono normalmente dirette agli Stati membri e
contengono l’invito a conformarsi ad un certo comportamento.
Per quanto riguarda la n a t u r a della raccomandazione, possiamo affermare che laddove
vengono rivolte a singoli destinatari, assumono la veste di a t t i a m m i n i s t r a t i v i .
Data la sua natura, la raccomandazione n o n c o m p o r t a nei confronti degli Stati la
p o s s i b i l i t à d i r i c o r s o p e r i n a d e m p i m e n t o , mentre p u ò essere presentato
ricorso per carenza.
Benché la raccomandazione non impone ai destinatari obblighi specifici, essa contiene
comunque un o b b l i g o g e n e r a l e d i c o o p e r a z i o n e , nel senso che sugli Stati
incombe un o b b l i g o m o r a l e di osservanza di ciò che è stato previsto.
24
Un ruolo privilegiato è tuttavia attribuito alla Commissione, che può formulare pareri o raccomandazioni oltre
che nei casi espressamente previsti dal trattato anche quando lo ritenga necessario.
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
13.8.3.2.5. Pareri.
Il p a r e r e viene definito in genere come una valutazione di determinate circostanze di
fatto o come una manifestazione di opinione, magari di natura tecnica, volta a contribuire alla
preparazione di atti giuridici; in questo caso si inserisce come momento di un procedimento.
Non rientrano nella previsione dell’art. 249 i pareri espressi dagli organi comunitari, nel
corso del procedimento legislativo, in quanto sono dotati di una valenza esclusivamente
interistituzionale.
Un’altra ipotesi che va tenuta nettamente distinta è quella del p a r e r e m o t i v a t o
emesso dalla Commissione, che assume una sua precisa rilevanza nell’ambito della procedura
relativa ala violazione da parte di uno Stato delle disposizione del trattato.
13.8.3.3. Altri
atti.
Gli a t t i a t i p i c i sono atti, emanati dalle istituzioni comunitarie, che non rientrano in
quelli elencati nell’art. 249, concernenti ipotesi specifiche e per lo più funzionali all’attività
istituzionale. Rientrano in questa categoria:

i r e g o l a m e n t i i n t e r n i che ciascuna istituzione emana per disciplinare la
propria organizzazione e il proprio funzionamento (espressamente previsti per il
Consiglio e il Parlamento europeo). Essi contengono norme aventi efficacia solo
nell’ambito dell’istituzione che li emana25;

le d e c i s i o n i s u i g e n e r i s , sono atti vincolanti normalmente adottati dal
Consiglio e che, a differenza delle decisioni ex art. 249, non sono indirizzati né a
Stati membri, né a persone fisiche o giuridiche, ma hanno una valenza generale; in
particolare, si tratta di decisioni con le quali il Consiglio autorizza la Commissione
e negoziare accordi o con le quali ne approva la conclusione, di decisioni che
investono il funzionamento dell’organizzazione comunitaria, nonché di decisioni
relativa a Fondo e programmi comunitari;

gli a c c o r d i i n t e r i s t i t t u z i o n a l i , firmati dai Presidenti del Parlamento, del
Consiglio e della Commissione, con i quali queste istituzioni stabiliscono delle
regole volte a migliorare i loro rapporti ed evitare possibili conflitti; essi non
impegnano le istituzioni in maniera vincolante ma rappresentano un obbligo
soprattutto di natura morale e politica;

le r i s o l u z i o n i e l e c o n c l u s i o n i d e l C o n s i g l i o , che sebbene
sprovviste di efficacia vincolante, rivestono notevole importanza in quanto
esplicitano il punto di vista dell’istituzione su questioni concernenti determinati
settori di intervento comunitario, speso anticipando una successiva attività
normativa in senso proprio;

le c o m u n i c a z i o n e d e l l a C o m m i s s i o n e possono essere classificati in
tre diversi tipi. Vi sono quelle informative, destinate in particolare ad alimentare il
dialogo tra istituzioni su temi e materie in cui si prefigura l’adozione di veri e
propri atti normativi;
25
Gli a t t i e m a n a t i in v i o l a z i o n e d e l l e n o r m e dei regolamenti interni degli organo che li hanno
adottai non p o s s o n o e s s e r e a n n u l l a t i .
Ver. 09/04/2017 13:34:00
193
Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario

poi vi sono le c o m u n i c a z i o n i c . d . d e c i s o r i e , relative a settori in cui la
Commissione dispone di un potere di decisione anche discrezionale, come in
materia di concorrenza, e di aiuti di Stato;

ed infine vi sono le comunicazioni cd. i n t e r p r e t a t i v e , volte cioè a far
conoscere agli Stati ed agli operatori i diritti e gli obblighi ad essi derivati dal
diritto comunitario, in particolare alla luce degli sviluppi giurisprudenziali
registratisi nel settore di cui si tratta.
13.9. Gli organismi comunitari
13.9.1. Il Mediatore.
13.9.1.1. Nozioni
Introdotto dall’a r t . 1 9 5 d e l T r a t t a t o C E , il M e d i a t o r e è l’o r g a n o
a b i l i t a t o a r i c e v e r e l e d e n u n c e 26 – di qualsiasi cittadino dell’unione o di
qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la propria sede in uno Stato membro –
r i g u a r d a n t i i c a s i d i c a t t i v a a m m i n i s t r a z i o n e da parte degli organi
comunitari.
Il mediatore, di propria iniziativa o sulla base delle denuncie ricevute, compie tutte le
indagini necessarie e, se constata un caso di cattiva amministrazione, investe l’autorità
interessata che dovrà pronunciarsi entro tre mesi; alla fine trasmette una relazione al
Parlamento.
13.9.1.2. Nomina
e durata
Il Mediatore è n o m i n a t o d a l P a r l a m e n t o p e r l a d u r a t a d e l l a
l e g i s l a t u r a ed il suo m a n d a t o è r i n n o v a b i l e . Deve e s e r c i t a r e le sue
funzioni i n p i e n a i n d i p e n d e n z a .
13.9.2. La Banca europea per gli investimenti il Sistema europeo delle banche centrali e la
Banca centrale europea.
La B a n c a e u r o p e a p e r g l i i n v e s t i m e n t i (BEI), dotata di p e r s o n a l i t à
g i u r i d i c a , opera sui mercati finanziari sostanzialmente come un istituto di credito, anche
se non ha fini di lucro e si muove in ogni caso nell’ottica dello sviluppo equilibrato e senza
scosse del mercato comune. Inoltre nello svolgimento dei suoi compiti la Banca facilita la
realizzazione dei programmi di investimento della Comunità.
Con l’inizio della terza fase dell’UEM, è entrata in funzione la Banca centrale europea
(BCE), così come il Sistema europeo delle Banche centrali (SEBC) composto dalla BCE e
dalle Banche centrali degli Stati membri.
L’obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi e definire e
attuare la politica monetaria della Comunità.
Funzione principale della BCE è, così come per qualsiasi altra Banca centrale, il controllo
della liquidità. Il Trattato inoltre prevede che la BCE trasmetta al Parlamento europeo, al
Consiglio, alla Commissione e al Consiglio europeo una relazione annuale sulle attività del
SEBC e sulla politica monetaria dell’anno precedente e dell’anno in corso.
26
La denuncia può essere presentata al Mediatore entro due anni dalla data in cui si è avuta conoscenza dei fatti.
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Diritto costituzionale
Nozioni elementari di Diritto Comunitario
13.9.3. I Comitati.
13.9.3.1. Il
Comitato economico e sociale (CES).
Il c o m i t a t o e c o n o m i c o s o c i a l e , organo consultivo della CE e dell’Euratom, è
composto dai “rappresentanti delle varie categorie della vita economica e sociale, in
particolare dei produttori, agricoltori, vettori, lavoratori, commercianti artigiani, nonché delle
libere professione e degli interessi generali”
La nomina dei membri è effettuata dal Consiglio, a maggioranza qualificata, sulla base di
elenchi inviati dagli Stati membri. A t t u a l m e n t e e c o m p o s t o d a 3 5 0 m e m b r i ;
la durata del mandato è di 4 anni ed è rinnovabile .
È o r g a n o d i i n d i v i d u i e dunque i membri del Comitato agiscono in completa
indipendenza dagli Stati membri, nell’interesse generale della comunità
La consultazione del Comitato può essere obbligatoria o facoltativa, a seconda che sia
prevista o meno dai trattati; essa si concreta in pareri che non sono mai vincolanti.
13.9.3.2. Il
Comitato delle Regioni.
Istituito dal Trattato di Maastricht, il C o m i t a t o E u r o p e o d e l l e R e g i o n i ,
esercita funzioni consultive nei riguardi della Commissione e del consiglio.
L’art. 263 TCE, stabilisce che questo Comitato è composto di rappresentanti delle
collettività regionali e locali titolari di un mandato elettorale o politicamente responsabili
dinanzi ad un’assemblea eletta.
Attualmente è composto da 350 membri effettivi ed altrettanti supplenti. La nomina spella
al Consiglio dell’Unione europea che vota a maggioranza qualificata adottando l’elenco dei
membri in precedenza redatto sulla base delle proposte presentate da ciascun Stato membro; i
componenti hanno un mandato rinnovabile della durata di 4 anni.
L’art. 264 affida l’organizzazione del Comitato al suo regolamento interno. Il Comitato ha
competenze consultive che si traducono nell’emanazione di pareri mai vincolanti. Il parere del
Comitato può essere facoltativo, quando agisce di propria iniziativa, oppure obbligatorio, nei
casi previsti dal trattato e quando è espressamente richiesto dal Consiglio o dalla
Commissione.
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INDICE SOMMARIO
CAPITOLO 1° ............................................................................................................. 2
Lo Stato .................................................................................................................................................................. 2
1.1. La nozione. .................................................................................................................................................. 2
1.2. Elementi costitutivi. ..................................................................................................................................... 2
1.2.1. Sovranità. ............................................................................................................................................. 2
1.2.1.1. Caratteri. ....................................................................................................................................... 2
1.2.1.2. Esterna e interna. .......................................................................................................................... 3
1.2.2. Il popolo. .............................................................................................................................................. 3
1.2.2.1. La cittadinanza. ............................................................................................................................ 3
1.2.2.1.1. Modi di acquisto della cittadinanza italiana. ........................................................................ 3
1.2.2.2. Cittadinanza europea. ................................................................................................................... 4
1.2.3. Territorio. ............................................................................................................................................. 4
1.3. Funzioni dello Stato. .................................................................................................................................... 5
1.3.1. Il principio della separazione dei poteri. .............................................................................................. 6
1.3.1.1. Interferenze funzionali. ................................................................................................................ 6
1.4. Le forme di Stato. ........................................................................................................................................ 6
1.4.1. Nozione. ............................................................................................................................................... 6
1.4.2. Stato feudale ........................................................................................................................................ 6
1.4.3. Stato assoluto. ...................................................................................................................................... 7
1.4.3.1. Stato di polizia.............................................................................................................................. 7
1.4.4. Stato moderno o di diritto. ................................................................................................................... 7
1.4.5. Stato autoritario .................................................................................................................................... 7
1.4.6. Stato sociale o interventista, ................................................................................................................. 7
1.4.7. Stato socialista. .................................................................................................................................... 7
1.4.8. Altre distinzioni ................................................................................................................................... 7
1.4.8.1. Stato composto ............................................................................................................................. 8
1.4.8.1.1. Stato federale ........................................................................................................................ 8
1.4.8.2. Stato unitario. ............................................................................................................................... 8
1.4.8.2.1. Accentrato. ........................................................................................................................... 8
1.4.8.2.2. Decentrato ............................................................................................................................ 8
1.4.8.2.2.1. Regionale ...................................................................................................................... 8
1.4.8.3. Unione di Stati.............................................................................................................................. 9
1.4.8.3.1. Confederazioni di Stati ......................................................................................................... 9
1.5. Le forme di governo. ................................................................................................................................... 9
1.5.1. Governo parlamentare. ......................................................................................................................... 9
1.5.2. Governo presidenziale.......................................................................................................................... 9
1.5.3. Governo direttoriale. ............................................................................................................................ 9
1.6. I caratteri dello Stato italiano. ...................................................................................................................... 9
1.6.1. Repubblicano. .................................................................................................................................... 10
1.6.2. Democratico. ...................................................................................................................................... 10
1.6.3. Fondato sul lavoro.............................................................................................................................. 10
1.6.4. Interventista. ...................................................................................................................................... 10
1.6.5. Parlamentare. ..................................................................................................................................... 10
1.6.6. Decentrato. ......................................................................................................................................... 11
1.6.7. Non confessionale. ............................................................................................................................. 11
1.6.8. Aperto alla Comunità Internazionale ................................................................................................. 11
CAPITOLO 2° ........................................................................................................... 12
Le norme giuridiche e le fonti del diritto ........................................................................................................... 12
2.1. La norma giuridica. .................................................................................................................................... 12
2.1.1. Nozione .............................................................................................................................................. 12
2.1.2. Caratteri. ............................................................................................................................................ 12
2.1.3. L’efficacia delle norme nel tempo. .................................................................................................... 12
2.1.3.1. L’inizio dell’obbligatorietà. ....................................................................................................... 12
2.1.3.1.1. Il principio di irretroattività. ............................................................................................... 12
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196
2.1.3.2. La cessazione dell’obbligatorietà. .............................................................................................. 13
2.1.3.2.1. L’abrogazione delle leggi. .................................................................................................. 13
2.1.3.2.1.1. Forme dell’abrogazione. ............................................................................................. 13
2.1.3.2.1.2. Efficacia dell’abrogazione. ......................................................................................... 13
2.1.4. L’efficacia delle norme nello spazio. ................................................................................................. 14
2.2. Le fonti ...................................................................................................................................................... 14
2.2.1. Nozione. ............................................................................................................................................. 14
2.2.2. Classificazioni. ................................................................................................................................... 14
2.2.3. Fonti atto e fonti fatto. ....................................................................................................................... 15
2.2.3.1. La consuetudine. ........................................................................................................................ 15
2.2.4. Rapporto tra le fonti e risoluzione delle antinomie. ........................................................................... 16
2.2.5. La gerarchia tra le fonti atto. .............................................................................................................. 17
2.2.6. Interpretazioni delle fonti. .................................................................................................................. 18
2.2.6.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 18
2.2.6.2. Classificazione secondo gli autori. ............................................................................................. 18
2.2.6.3. Classificazione secondo i risultati cui si perviene. ..................................................................... 18
2.2.6.4. Interpretazione analogica. .......................................................................................................... 18
2.3. La Costituzione in generale. ...................................................................................................................... 19
2.3.1. Nozione. ............................................................................................................................................. 19
2.3.2. Classificazioni .................................................................................................................................... 19
2.3.3. Le norme costituzionali. ..................................................................................................................... 20
2.4. La Costituzione italiana. ............................................................................................................................ 20
2.4.1. L’elaborazione, la promulgazione e l’entrata in vigore ..................................................................... 20
2.4.2. Composizione e struttura ................................................................................................................... 20
2.4.3. Caratteri. ............................................................................................................................................ 21
2.4.4. L’attuazione. ...................................................................................................................................... 21
CAPITOLO 3° ........................................................................................................... 22
Il Presidente della Repubblica ............................................................................................................................ 22
3.1. Nozione e caratteri. .................................................................................................................................... 22
3.2. Eleggibilità................................................................................................................................................. 23
3.3. Incompatibilità. .......................................................................................................................................... 23
3.4. Nomina. ..................................................................................................................................................... 23
3.4.1. Organo elettivo................................................................................................................................... 23
3.4.2. Procedimento. .................................................................................................................................... 23
3.4.2.1. Nel caso in cui le camere siano sciolte o manca meno di tre mesi dalla cessazione. ................. 24
3.4.2.1.1. Prorogatio del Presidente della Repubblica ....................................................................... 24
3.5. Il giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservazione della Costituzione. ......................................... 24
3.6. Durata in carica. ......................................................................................................................................... 25
3.7. Supplenza e impedimento. ......................................................................................................................... 25
3.7.1. Supplenza ........................................................................................................................................... 25
3.7.2. Impedimento ...................................................................................................................................... 25
3.7.3. I poteri del supplente .......................................................................................................................... 26
3.8. Cessazione. ................................................................................................................................................ 26
3.8.1. Ordinaria ............................................................................................................................................ 26
3.8.2. Anticipata. .......................................................................................................................................... 26
3.9. Gli atti presidenziali o decreti presidenziali. .............................................................................................. 27
3.9.1. Tipologie. ........................................................................................................................................... 27
3.9.1.1. Formalmente presidenziali (o atti governativi o ministeriali). ................................................... 27
3.9.1.2. Formalmente e sostanzialmente presidenziali (o atti presidenziali). .......................................... 28
3.9.1.3. Sostanzialmente complessi. ........................................................................................................ 28
3.9.2. La controfirma. .................................................................................................................................. 28
3.9.2.1. La funzione svolta dalla controfirma. ......................................................................................... 28
3.10. Responsabilità. ......................................................................................................................................... 28
3.10.1. Introduzione. .................................................................................................................................... 28
3.10.2. Politica. ............................................................................................................................................ 29
3.10.2.1. Tipo di responsabilità politica a cui è sottoposto il Presidente della Repubblica. .................... 29
3.10.3. Giuridica. ......................................................................................................................................... 29
3.10.3.1. Per i reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni. ............................................................. 29
3.10.3.1.1. Alto tradimento. ................................................................................................................ 30
3.10.3.1.2. Attentato alla Costituzione. .............................................................................................. 30
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3.10.3.1.3. La messa in stato d’accusa del Capo dello Stato. ............................................................. 30
3.10.3.1.3.1. L’organo inquirente. ................................................................................................. 30
3.10.3.1.3.2. L’organo giudicante. ................................................................................................. 30
3.10.3.2. Reati compiuti al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni. ..................................................... 30
3.10.3.3. In sintesi. .................................................................................................................................. 30
3.11. Prerogative. .............................................................................................................................................. 31
3.12. Poteri e attribuzioni del presidente della Repubblica. .............................................................................. 31
3.12.1. In relazione al potere legislativo. ..................................................................................................... 31
3.12.1.1.1. Indice le elezioni delle Camere e ne fissa la prima riunione ............................................ 31
3.12.1.1.2. Può inviare messaggi alle Camere. ................................................................................... 31
3.12.1.1.2.1. Nozione di messaggio. .............................................................................................. 31
3.12.1.1.2.2. Messaggi formali e informali .................................................................................... 32
3.12.1.1.3. Autorizza con suo decreto la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa
governativa. ........................................................................................................................................ 32
3.12.1.1.4. Può convocare ciascuna Camera i via straordinaria. ........................................................ 32
3.12.1.1.5. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. ................... 32
3.12.1.1.5.1. La promulgazione della legge ................................................................................... 32
3.12.1.1.6. Può, prima di promulgare una legge, chiedere con messaggio motivato alle Camere una
nuova deliberazione. ........................................................................................................................... 33
3.12.1.1.7. Emanazione degli atti normativi. ...................................................................................... 33
3.12.1.1.8. Può nominare cinque senatori a vita. ................................................................................ 34
3.12.1.1.9. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione ................................... 34
3.12.1.1.10. Può sciogliere le Camere, o anche una sola di esse ........................................................ 34
3.12.1.1.10.1. La natura del decreto di scioglimento. .................................................................... 34
3.12.1.1.10.2. Il semestre bianco ................................................................................................... 34
3.12.2. In relazione al potere esecutivo. ....................................................................................................... 35
3.12.2.1.1. Altre attribuzioni di carattere amministrativo. .................................................................. 35
3.12.3. In relazione al potere giudiziario. ..................................................................................................... 36
CAPITOLO 4° ........................................................................................................... 37
Il Parlamento ....................................................................................................................................................... 37
4.1. Nozione...................................................................................................................................................... 37
4.1.1. Caratteristiche. ................................................................................................................................... 37
4.1.2. Funzioni residuali. .............................................................................................................................. 37
4.2. Struttura del Parlamento. ........................................................................................................................... 38
4.2.1. Il bicameralismo................................................................................................................................. 38
4.2.1.1. Il bicameralismo perfetto previsto dalla Costituzione Italiana. .................................................. 38
4.2.2. Le differenze tra le due Camere. ........................................................................................................ 38
4.3. Prerogative delle camere. ........................................................................................................................... 39
4.3.1. Autonomia regolamentare. ................................................................................................................. 39
4.3.1.1. I regolamenti parlamentari. ........................................................................................................ 39
4.3.1.2. Le materie che possono essere disciplinate dai regolamenti parlamentari. ................................ 39
4.3.1.2.1. Come fonte di diritto. ......................................................................................................... 40
4.3.1.3. Insindacabilità dei regolamenti parlamentari. ............................................................................ 40
4.3.1.4. La violazione dei regolamenti parlamentari. .............................................................................. 40
4.3.2. Autonomia finanziaria........................................................................................................................ 40
4.3.3. Autonomia amministrativa. ................................................................................................................ 41
4.3.3.1. Tutela nei confronti degli atti amministrativi delle Camere. ...................................................... 41
4.3.3.1.1. L’autodichia o giurisdizione domestica .............................................................................. 41
4.3.4. L’inviolabilità degli edifici delle Camere. ......................................................................................... 41
4.3.5. Tutela penale delle Camere. ............................................................................................................... 41
4.4. Gli organi interni delle camere. ................................................................................................................. 41
4.4.1. Il Presidente e l’Ufficio di presidenza. ............................................................................................... 41
4.4.1.1. I presidenti (della Camera e del Senato). .................................................................................... 42
4.4.1.1.1. Attribuzioni. ....................................................................................................................... 42
4.4.1.2. L’ufficio di presidenza. .............................................................................................................. 42
4.4.2. Le giunte parlamentari. ...................................................................................................................... 42
4.4.3. Le commissioni parlamentari. ............................................................................................................ 43
4.4.3.1. Compiti delle commissioni. ........................................................................................................ 43
4.4.4. I gruppi parlamentari. ......................................................................................................................... 43
4.4.5. Le conferenze dei capigruppo. ........................................................................................................... 44
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4.5. Le camere riunite in seduta comune. ......................................................................................................... 44
4.6. Funzionamento delle Camere. ................................................................................................................... 45
4.6.1. Periodi di lavoro. ................................................................................................................................ 45
4.6.1.1. Legislatura. ................................................................................................................................. 45
4.6.1.2. Sessione. ..................................................................................................................................... 45
4.6.1.3. Seduta. ........................................................................................................................................ 45
4.6.2. Convocazione delle Camere. .............................................................................................................. 45
4.6.2.1. La convocazione iniziale. ........................................................................................................... 45
4.6.2.2. Le convocazioni di diritto. ......................................................................................................... 45
4.6.2.3. Le convocazioni su mozione di aggiornamento. ........................................................................ 45
4.6.2.4. Convocazione straordinaria. ....................................................................................................... 46
4.6.2.4.1. Convocazione parallela. ..................................................................................................... 46
4.7. Svolgimento dei lavori. .............................................................................................................................. 46
4.7.1. Pubblicità e la segretezza delle sedute. .............................................................................................. 46
4.7.2. Ordine del giorno e calendario dei lavori. .......................................................................................... 46
4.7.3. Deliberazioni. ..................................................................................................................................... 47
4.7.3.1. Requisito di validità della deliberazione: c.d. numero legale ..................................................... 47
4.7.3.1.1.1. La presunzione e la verifica del numero legale ........................................................... 47
4.7.3.2. Quorum necessario per approvare una deliberazione: maggioranza relativa dei presenti. ......... 47
4.7.3.2.1. Il problema degli astenuti. .................................................................................................. 47
4.7.4. Ammissione dei membri del Governo. .............................................................................................. 48
4.7.5. Votazioni. ........................................................................................................................................... 48
4.7.6. Ostruzionismo. ................................................................................................................................... 48
4.8. Scioglimento e proroga delle Camere. ....................................................................................................... 49
4.8.1. Scioglimento della camere. ................................................................................................................ 49
4.8.1.1.1. I casi in cui possono essere sciolte le Camere. ................................................................... 49
4.8.2. Prorogatio e proroga.......................................................................................................................... 49
4.8.2.1. La prorogatio. ............................................................................................................................. 49
4.8.2.1.1. I poteri delle Camere in regime di prorogatio. ................................................................... 50
4.8.3. La proroga. ......................................................................................................................................... 50
4.9. Le elezioni politiche. ................................................................................................................................. 50
4.9.1. Sistemi elettorali. ............................................................................................................................... 50
4.9.1.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 50
4.9.1.2. Tipologia. ................................................................................................................................... 50
4.9.2. I partiti politici. .................................................................................................................................. 51
4.9.2.1. Nozione ...................................................................................................................................... 51
4.9.2.2. Divieti......................................................................................................................................... 51
4.9.3. Il diritto al voto. ................................................................................................................................. 51
4.9.3.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 51
4.9.3.2. Caratteristiche. ........................................................................................................................... 52
4.9.3.3. Limitazione del diritto di voto .................................................................................................... 52
4.10. Lo status di Parlamentare. ....................................................................................................................... 53
4.10.1. Le condizioni per il conferimento dell’ufficio di parlamentare. ...................................................... 53
4.10.1.1. Le cause di incapacità. ............................................................................................................. 53
4.10.1.2. Le cause di ineleggibilità e di incompatibilità. ......................................................................... 53
4.10.1.2.1. Ineleggibilità ..................................................................................................................... 53
4.10.1.2.1.1. Nozione. .................................................................................................................... 53
4.10.1.2.1.2. Ratio.......................................................................................................................... 53
4.10.1.2.1.3. Casi. .......................................................................................................................... 53
4.10.1.2.2. L’incompatibilità. ............................................................................................................. 54
4.10.1.2.2.1. Nozione. .................................................................................................................... 54
4.10.1.2.2.2. Casi. .......................................................................................................................... 54
4.10.2. La verifica dei poteri. ....................................................................................................................... 54
4.10.3. Rapporto tra parlamentare e corpo elettorale. .................................................................................. 55
4.10.3.1. Il principio della rappresentanza nazionale. ............................................................................. 55
4.10.3.1.1. Rappresentanza politica. ................................................................................................... 55
4.10.3.2. Il divieto del mandato imperativo. ........................................................................................... 55
4.10.4. Prerogative dei parlamentari. ........................................................................................................... 56
4.10.4.1. Insindacabilità. ......................................................................................................................... 56
4.10.4.2. Immunità penale. ...................................................................................................................... 56
4.10.4.2.1. Ratio ................................................................................................................................. 57
4.10.4.3. Indennità. .................................................................................................................................. 57
4.10.5. Cessazione dell’ufficio di parlamentare. .......................................................................................... 58
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4.11. Le leggi. ................................................................................................................................................... 58
4.11.1. Nozione di legge. ............................................................................................................................. 58
4.11.2. Leggi formali, materiali e meramente formali. ................................................................................ 58
4.11.2.1. Legge in senso formale. ........................................................................................................... 58
4.11.2.1.1. Legge ordinaria. ................................................................................................................ 59
4.11.2.2. Legge in senso materiale. ......................................................................................................... 59
4.11.2.3. Leggi meramente formali. ........................................................................................................ 59
4.11.2.3.1. Leggi di indirizzo e di controllo ....................................................................................... 59
4.11.3. Riserve di legge................................................................................................................................ 61
4.11.3.1. Nozione. ................................................................................................................................... 61
4.11.3.2. Assoluta e relativa. ................................................................................................................... 61
4.11.3.2.1. Assoluta. ........................................................................................................................... 61
4.11.3.2.2. Relativa. ............................................................................................................................ 61
4.11.3.3. Rinforzata e semplice. .............................................................................................................. 61
4.11.3.4. Costituzionale. .......................................................................................................................... 61
4.11.3.5. Esplicita e implicita. ................................................................................................................. 62
4.12. Il procedimento legislativo per leggi ordinarie. ....................................................................................... 62
4.12.1. La fase di iniziativa. ......................................................................................................................... 62
4.12.1.1. Titolari del potere di iniziativa legislativa. ............................................................................... 62
4.12.1.1.1. Il Governo......................................................................................................................... 62
4.12.1.1.2. I singoli parlamentari. ....................................................................................................... 62
4.12.1.1.3. Il CNEL. ........................................................................................................................... 63
4.12.1.1.4. Il corpo elettorale. ............................................................................................................. 63
4.12.1.1.5. I Consigli regionali. .......................................................................................................... 63
4.12.1.1.6. I Consigli comunali .......................................................................................................... 63
4.12.1.2. Iniziativa vincolata o riservata. ................................................................................................ 63
4.12.1.3. Potere di ritirare il progetto e sorte dei progetti al termine della legislatura. ........................... 64
4.12.2. La fase costitutiva. ........................................................................................................................... 64
4.12.2.1. Procedimento ordinario (per commissione in sede referente). ................................................. 64
4.12.2.1.1. Deliberazione preliminare o preparatoria. ........................................................................ 64
4.12.2.1.2. Discussione in aula. .......................................................................................................... 65
4.12.2.1.3. Esame e approvazione di ogni singolo articolo ................................................................ 65
4.12.2.1.4. Votazione finale................................................................................................................ 65
4.12.2.1.5. Procedimento abbreviato. ................................................................................................. 65
4.12.2.2. Procedimento decentrato o deliberante (per commissione deliberante). .................................. 65
4.12.2.2.1. L’assegnazione del progetto alla commissione in sede deliberante. ................................. 66
4.12.2.2.2. La rimessione del progetto all’assemblea ordinaria.......................................................... 66
4.12.2.3. Il procedimento misto (o redigente). ........................................................................................ 66
4.12.3. La fase di integrazione dell’efficacia. .............................................................................................. 66
4.12.3.1. La promulgazione. .................................................................................................................... 66
4.12.3.1.1. Controllo di legittimità costituzionale e formale. ............................................................. 67
4.12.3.1.2. Termine ............................................................................................................................ 67
4.12.3.2. La pubblicazione. ..................................................................................................................... 67
4.12.3.3. Entrata in vigore. ...................................................................................................................... 68
4.13. Il procedimento legislativo per le leggi costituzionali e di modifica della Costituzione. ........................ 68
4.13.1. Generalità. ........................................................................................................................................ 68
4.13.2. Leggi costituzionali e leggi di revisione costituzionale. .................................................................. 68
4.13.2.1. Legge di revisione costituzionale. ............................................................................................ 68
4.13.2.2. Legge costituzionale ................................................................................................................. 68
4.13.3. La procedura di revisione. ................................................................................................................ 69
4.13.3.1. Fase preparatoria o di iniziativa. .............................................................................................. 69
4.13.3.2. Fase costitutiva. ........................................................................................................................ 69
4.13.3.3. Fase di integrazione dell’efficacia. ........................................................................................... 69
4.13.4. Limiti assoluti alla revisione costituzionale. .................................................................................... 72
4.13.4.1. Limiti espliciti. ......................................................................................................................... 72
4.13.4.2. Limiti impliciti. ........................................................................................................................ 72
CAPITOLO 5° ........................................................................................................... 74
Gli istituti di democrazia diretta ........................................................................................................................ 74
5.1. La petizione. .............................................................................................................................................. 74
5.2. Il referendum popolare. ............................................................................................................................. 74
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5.2.1. Introduzione. ...................................................................................................................................... 74
5.2.2. Il referendum abrogativo di leggi statali. ........................................................................................... 75
5.2.2.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 75
5.2.2.2. Campo di applicazione del referendum abrogativo. ................................................................... 75
5.2.2.3. Procedura. .................................................................................................................................. 76
5.2.2.4. Vincolo preclusivo dell’abrogazione. ......................................................................................... 76
CAPITOLO 6° ........................................................................................................... 77
Il Governo ............................................................................................................................................................ 77
6.1. Nozione...................................................................................................................................................... 77
6.1.1. Caratteri. ............................................................................................................................................ 77
6.1.2. Funzioni. ............................................................................................................................................ 77
6.2. Gli organi del governo ............................................................................................................................... 78
6.2.1. Introduzione. ...................................................................................................................................... 78
6.2.2. Organi necessari. ................................................................................................................................ 78
6.2.2.1...................................................................................................................................................... 78
6.2.2.2. Presidente del Consiglio dei Ministri. ........................................................................................ 78
6.2.2.2.1. Nozione. ............................................................................................................................. 78
6.2.2.2.2. Nomina. .............................................................................................................................. 78
6.2.2.2.3. Posizione giuridica del Presidente rispetto ai Ministri. ...................................................... 78
6.2.2.2.4. Le attribuzioni. ................................................................................................................... 79
6.2.2.2.5. La responsabilità. ................................................................................................................ 80
6.2.2.2.5.1. Politica. ....................................................................................................................... 80
6.2.2.2.5.2. Giuridica ..................................................................................................................... 80
6.2.2.2.5.3. La sospensione dei processi nei confronti delle più alte cariche dello Stato............... 80
6.2.2.3. La Presidenza del Consiglio dei Ministri. .................................................................................. 81
6.2.2.4. Il Consiglio dei Ministri ............................................................................................................. 81
6.2.2.4.1. Nozione .............................................................................................................................. 81
6.2.2.4.2. Attribuzioni ........................................................................................................................ 81
6.2.2.4.2.1. Funzione di indirizzo politico e amministrativo del Paese ......................................... 81
6.2.2.4.2.2. Decisione sulla politica normativa del Governo. ........................................................ 82
6.2.2.4.2.3. Determinazione dell’atteggiamento del Governo nei rapporti con le Regioni ............ 82
6.2.2.4.2.4. Soluzione delle divergenze e dei conflitti di attribuzione fra i Ministri ...................... 82
6.2.2.5. I Ministri. ................................................................................................................................... 82
6.2.2.5.1. Nozione. ............................................................................................................................. 82
6.2.2.5.2. Nomina ............................................................................................................................... 82
6.2.2.5.3. Attività e poteri dei Ministri. .............................................................................................. 82
6.2.2.5.3.1. Nell’ambito delle funzioni costituzionali .................................................................... 82
6.2.2.5.3.2. Nell’ambito delle funzioni amministrative ................................................................. 83
6.2.2.5.4. Responsabilità. ................................................................................................................... 83
6.2.2.5.4.1. Politica. ....................................................................................................................... 83
6.2.2.5.4.2. Giuridica. .................................................................................................................... 83
6.2.3. Gli organi non necessari. .................................................................................................................... 83
6.2.3.1. I vicepresidenti del Consiglio. .................................................................................................... 83
6.2.3.2. Ministri senza portafoglio. ......................................................................................................... 84
6.2.3.3. La figura del sottosegretario di Stato.......................................................................................... 84
6.2.3.4. Il Consiglio di Gabinetto ............................................................................................................ 84
6.2.3.5. Comitati interministeriali. .......................................................................................................... 85
6.2.3.6. Comitati di ministri. ................................................................................................................... 85
6.3. La formazione del Governo. ...................................................................................................................... 86
6.3.1. Le consultazioni. ................................................................................................................................ 86
6.3.2. Conferimento dell’incarico. ............................................................................................................... 86
6.3.2.1. Il mandato esplorativo. ............................................................................................................... 86
6.3.2.1.1. Preincarico. ......................................................................................................................... 87
6.3.2.2. Attività dell’incaricato................................................................................................................ 87
6.3.3. Nomina del nuovo Presidente del Consiglio. ..................................................................................... 87
6.3.4. Nomina dei Ministri ........................................................................................................................... 88
6.3.5. Il giuramento. ..................................................................................................................................... 88
6.3.6. La fiducia. .......................................................................................................................................... 88
6.3.6.1. La mozione di fiducia. ................................................................................................................ 88
6.3.6.1.1. La questione di fiducia. ...................................................................................................... 89
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6.4. Crisi di Governo, sfiducia individuale, revoca e rimpasto. ........................................................................ 90
6.4.1. Crisi di governo.................................................................................................................................. 90
6.4.1.1. Parlamentari. .............................................................................................................................. 91
6.4.1.1.1. Mozione o voto di sfiducia. ................................................................................................ 91
6.4.1.1.2. La sfiducia individuale. ...................................................................................................... 91
6.4.1.1.2.1. Rimpasto di governo. .................................................................................................. 91
6.4.1.2. Extraparlamentari. ...................................................................................................................... 92
6.4.2. Le dimissioni del Governo. ................................................................................................................ 92
6.4.2.1. Il Governo dimissionario. ........................................................................................................... 92
6.5. Gli atti aventi forza di legge. ..................................................................................................................... 92
6.5.1. Introduzione. ...................................................................................................................................... 92
6.5.2. I decreti legislativi o delegati. ............................................................................................................ 93
6.5.2.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 93
6.5.2.1.1. I contenuti della legge delega. ............................................................................................ 93
6.5.3. I decreti legge. .................................................................................................................................... 94
6.5.3.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 94
6.5.3.2. Formazione. ................................................................................................................................ 94
6.5.3.2.1. Deliberazione...................................................................................................................... 94
6.5.3.2.2. Pubblicazione ..................................................................................................................... 94
6.5.3.2.3. Conversione. ....................................................................................................................... 94
6.5.3.2.3.1. La legge di conversione. ............................................................................................. 95
6.5.3.2.3.2. La legge di sanatoria o convalida................................................................................ 95
6.5.3.2.4. Il controllo sulla sussistenza dei casi straordinari di necessità e di urgenza. ...................... 95
6.5.3.3. I limiti alla decretazione d’urgenza. ........................................................................................... 95
6.6. I decreti governativi. .................................................................................................................................. 96
6.7. I Regolamenti. ........................................................................................................................................... 96
6.7.1. In generale. ......................................................................................................................................... 96
6.7.1.1. Nozione. ..................................................................................................................................... 96
6.7.1.2. Classificazione ........................................................................................................................... 96
6.7.2. I regolamenti governativi. .................................................................................................................. 97
6.7.2.1. I regolamenti governativi come fonti secondarie. ...................................................................... 97
6.7.2.2. La potestà del Governo di emanare regolamenti. ....................................................................... 98
6.7.2.3. Procedimento di formazione. ..................................................................................................... 98
6.7.2.4. Classificazioni ............................................................................................................................ 98
6.8. Gli atti politici. ........................................................................................................................................... 99
6.9. Gli atti di alta amministrazione. ................................................................................................................. 99
CAPITOLO 7° ......................................................................................................... 101
La Corte Costituzionale .................................................................................................................................... 101
7.1. Nozione e attribuzioni.............................................................................................................................. 101
7.2. Composizione. ......................................................................................................................................... 101
7.2.1. Composizione ordinaria. .................................................................................................................. 101
7.2.2. Composizione per i giudizi d’accusa. .............................................................................................. 102
7.2.3. Il presidente della Corte Costituzionale. .......................................................................................... 102
7.2.3.1. Elezione. ................................................................................................................................... 102
7.2.3.2. Durata in carica. ....................................................................................................................... 102
7.2.3.3. Poteri. ....................................................................................................................................... 102
7.3. Lo status di giudice costituzionale. .......................................................................................................... 103
7.3.1. Incompatibilità, ................................................................................................................................ 103
7.3.2. Prerogative dei giudici costituzionali. .............................................................................................. 103
7.4. Funzionamento della Corte. ..................................................................................................................... 104
7.4.1. Pubblicità. ........................................................................................................................................ 104
7.4.2. Nei giudizi di legittimità costituzionale ........................................................................................... 104
7.4.3. Nei giudizi di accusa. ....................................................................................................................... 104
7.5. Il sindacato di legittimità delle leggi. ....................................................................................................... 104
7.5.1. Nozione. ........................................................................................................................................... 104
7.5.2. Caratteri. .......................................................................................................................................... 104
7.5.3. Ambito di applicazione. ................................................................................................................... 105
7.5.3.1. Atti soggetti al sindacato di costituzionalità. ............................................................................ 105
7.5.3.2. Atti non soggetti. ...................................................................................................................... 105
7.5.4. I vizi di legittimità costituzionale delle leggi. .................................................................................. 105
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7.5.4.1. Vizi formali. ............................................................................................................................. 106
7.5.4.2. Vizio materiale. ........................................................................................................................ 106
7.5.4.2.1. Vizio per incompetenza. ................................................................................................... 106
7.5.4.2.2. Eccesso di potere. ............................................................................................................. 106
7.5.5. Il procedimento per i giudizi di costituzionalità delle leggi ............................................................. 106
7.5.5.1. Generalità. ................................................................................................................................ 106
7.5.5.2. Il giudizio in via incidentale ..................................................................................................... 107
7.5.5.2.1. Presso il giudice a quo ...................................................................................................... 107
7.5.5.2.1.1. Proposizione della questione. ................................................................................... 107
7.5.5.2.1.2. Valutazione del giudice a quo. ................................................................................. 107
7.5.5.2.1.3. Decisione del giudice a quo. ..................................................................................... 107
7.5.5.2.1.4. Notifica e pubblicazione dell’ordinanza. .................................................................. 108
7.5.5.2.2. Presso il giudice ad quem. ................................................................................................ 108
7.5.5.3. Il giudizio in via principale (o in via d’azione). ....................................................................... 108
7.5.5.4. Il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato .......................................................... 109
7.5.5.5. Le decisioni della Corte Costituzionale. ................................................................................... 109
7.5.5.5.1. Le decisioni di rito o processuali. ..................................................................................... 109
7.5.5.5.2. Le decisione di merito. ..................................................................................................... 110
7.5.5.5.2.1. Sentenze di accoglimento ......................................................................................... 110
7.5.5.5.2.2. Sentenze di rigetto. ................................................................................................... 111
7.5.5.5.2.3. Sentenze interpretative. ............................................................................................. 111
7.5.5.5.2.4. Le sentenze monito. .................................................................................................. 112
7.6. I conflitti di attribuzione. ......................................................................................................................... 112
7.6.1. Nozione. ........................................................................................................................................... 112
7.6.2. I conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni. ................................................................................... 113
7.6.3. I conflitti di attribuzione fra i poteri supremi dello Stato. ................................................................ 113
7.6.3.1. Nozione .................................................................................................................................... 113
7.6.3.2. Condizioni. ............................................................................................................................... 114
CAPITOLO 8° ......................................................................................................... 115
La magistratura e la funzione giurisdizionale ................................................................................................. 115
8.1. Magistratura ............................................................................................................................................. 115
8.1.1. Nozione. ........................................................................................................................................... 115
8.1.2. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura. ........................................................................... 115
8.1.2.1. Il Consiglio superiore della Magistratura. ................................................................................ 115
8.1.2.1.1. Nozione ............................................................................................................................ 115
8.1.2.1.2. Natura giuridica. ............................................................................................................... 115
8.1.2.1.3. Composizione. .................................................................................................................. 115
8.1.2.1.4. Competenze. ..................................................................................................................... 116
8.1.2.1.5. L’amministrazione della giustizia..................................................................................... 116
8.1.2.1.6. La soggezione dei giudici alla legge. ................................................................................ 117
8.2. Funzione giurisdizionale. ......................................................................................................................... 117
8.2.1. La giurisdizione ordinaria e speciale. ............................................................................................... 117
8.2.1.1. La giurisdizione ordinaria. ....................................................................................................... 117
8.2.1.2. La giurisdizione speciale .......................................................................................................... 117
8.3. Il giusto processo (art 111 Cost.). ............................................................................................................ 118
CAPITOLO 9° ......................................................................................................... 120
Gli organi di rilievo costituzionale ................................................................................................................... 120
9.1. Introduzione. ............................................................................................................................................ 120
9.2. Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL). .................................................................... 120
9.2.1. Natura giuridica ............................................................................................................................... 120
9.2.2. Funzioni ........................................................................................................................................... 120
9.2.3. Composizione. ................................................................................................................................. 120
9.3. La Corte dei Conti. .................................................................................................................................. 121
9.3.1. Natura giuridica. .............................................................................................................................. 121
9.3.2. Struttura. .......................................................................................................................................... 121
9.3.3. La attribuzioni .................................................................................................................................. 122
9.3.3.1. Funzioni di controllo ................................................................................................................ 122
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9.3.3.2. Funzioni consultive. ................................................................................................................. 122
9.3.3.2.1. Funzioni giurisdizionali .................................................................................................... 122
9.4. Il Consiglio di Stato. ................................................................................................................................ 122
9.5. Il Consiglio della magistratura militare ................................................................................................... 123
9.6. Il Consiglio supremo di difesa. ................................................................................................................ 123
9.6.1. Caratteri ........................................................................................................................................... 123
9.6.2. Composizione. ................................................................................................................................. 124
9.6.3. Competenze ..................................................................................................................................... 124
CAPITOLO 10° ....................................................................................................... 125
I principi e le libertà previste dalla Costituzione ............................................................................................ 125
10.1. Generalità............................................................................................................................................... 125
10.2. Principi fondamentali. ............................................................................................................................ 125
10.2.1. Art. 1. ............................................................................................................................................. 125
10.2.2. Art. 2. ............................................................................................................................................. 126
10.2.3. Art. 3. ............................................................................................................................................. 127
10.2.3.1. Principio di uguaglianza formale. .......................................................................................... 127
10.2.3.2. Principio di uguaglianza sostanziale. ..................................................................................... 128
10.2.4. Art. 4: ............................................................................................................................................. 128
10.2.5. Art. 5. ............................................................................................................................................. 129
10.2.6. Art. 6 .............................................................................................................................................. 130
10.2.7. Art. 7. ............................................................................................................................................. 131
10.2.8. Art. 8. ............................................................................................................................................. 132
10.2.9. Art. 9 .............................................................................................................................................. 133
10.2.10. Art. 10. ......................................................................................................................................... 133
10.2.11. Art. 11. ......................................................................................................................................... 135
10.2.12. Art. 12. ......................................................................................................................................... 136
10.3. Rapporti civili. ....................................................................................................................................... 136
10.3.1. La libertà personale. ....................................................................................................................... 136
10.3.2. La libertà di domicilio. ................................................................................................................... 138
10.3.3. La libertà e la segretezza della corrispondenza. ............................................................................. 138
10.3.4. La libertà di circolazione e soggiorno.. .......................................................................................... 139
10.3.5. La libertà di riunione. ..................................................................................................................... 139
10.3.6. La libertà di associazione. .............................................................................................................. 139
10.3.7. La libertà di fede religiosa. ............................................................................................................ 139
10.3.8. La libertà di pensiero e di comunicazione. ..................................................................................... 140
10.3.9. La libertà di stampa. ....................................................................................................................... 140
10.3.10. Impossibilità di limitare la capacità giuridica e di imporre prestazioni se in forza di legge. ....... 141
10.3.11. Principi in materia processuale e panale. ..................................................................................... 142
10.3.12. La responsabilità degli impiegati pubblici. .................................................................................. 143
10.4. Rapporti etico sociali. ............................................................................................................................ 143
10.4.1. La famiglia. .................................................................................................................................... 143
10.4.2. Il diritto alla salute. ........................................................................................................................ 143
10.4.3. L’istruzione scolastica.................................................................................................................... 144
10.5. Rapporti economici. ............................................................................................................................... 145
10.5.1. La tutela costituzionale del lavoro. ................................................................................................ 145
10.5.2. La liberta sindacale e il diritto di sciopero. .................................................................................... 146
10.5.3. La libertà di iniziativa economica e privata. .................................................................................. 147
10.5.4. La proprietà. ................................................................................................................................... 148
10.5.5. La tutela dell’artigianato. ............................................................................................................... 148
10.5.6. La tutela del risparmio. .................................................................................................................. 149
10.6. Rapporti politici. .................................................................................................................................... 149
10.6.1. Il diritto al voto. ............................................................................................................................. 149
10.6.2. I partiti politici. .............................................................................................................................. 149
10.6.3. La possibilità di accedere ai pubblici uffici. .................................................................................. 149
10.6.4. La difesa della patria ...................................................................................................................... 149
10.6.5. La capacità contributiva. ................................................................................................................ 149
10.6.6. Il dovere di fedeltà alla Repubblica. .............................................................................................. 150
CAPITOLO 11° ....................................................................................................... 151
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Cenni di Diritto degli enti locali ....................................................................................................................... 151
11.1. Introduzione ........................................................................................................................................... 151
11.1.1. La Classificazione degli Enti Locali .............................................................................................. 152
11.2. Le Regioni ............................................................................................................................................. 152
11.2.1. Nozione. ......................................................................................................................................... 152
11.2.2. Le autonomie delle regioni. ........................................................................................................... 152
11.2.2.1. L’autonomia statutaria............................................................................................................ 153
11.2.2.1.1. Gli Statuti delle Regioni speciali. ................................................................................... 153
11.2.2.1.2. Gli Statuti delle Regioni ordinarie. ................................................................................. 153
11.2.2.1.2.1. Contenuto................................................................................................................ 153
11.2.2.1.2.2. Procedimento di approvazione. ............................................................................... 154
11.2.2.2. L’autonomia legislativa. ......................................................................................................... 154
11.2.2.2.1. La ripartizione delle Competenza tra Stato e Regioni. ................................................... 154
11.2.2.2.2. Il procedimento di formazione delle leggi regionali. ...................................................... 155
11.2.2.2.3. I limiti all’attività legislativa regionale. .......................................................................... 156
11.2.2.2.4. Il rapporto fra la legge statale e quella regionale. ........................................................... 156
11.2.2.3. L’autonomia regolamentare. .................................................................................................. 157
11.2.2.4. L’autonomia finanziaria. ........................................................................................................ 157
11.2.2.4.1. Introduzione.................................................................................................................... 157
11.2.2.4.2. La finanza ordinaria ........................................................................................................ 157
11.2.2.4.3. Il fondo perequativo. ...................................................................................................... 158
11.2.2.4.4. La finanza straordinaria. ................................................................................................. 158
11.2.3. Il sistema di governo regionale. ..................................................................................................... 159
11.2.3.1. Il Consiglio regionale. ............................................................................................................ 159
11.2.3.1.1. Nozione. ......................................................................................................................... 159
11.2.3.1.2. Funzioni. ......................................................................................................................... 159
11.2.3.1.3. Metodo di elezione e durata............................................................................................ 159
11.2.3.1.4. La status di consigliere regionale. .................................................................................. 159
11.2.3.1.5. Composizione. ................................................................................................................ 160
11.2.3.2. La Giunta regionale. ............................................................................................................... 160
11.2.3.2.1. Nozioni e funzioni. ......................................................................................................... 160
11.2.3.2.2. Metodo di elezione. ........................................................................................................ 160
11.2.3.3. Il Presidente della Regione. .................................................................................................... 160
11.2.3.3.1. Poteri .............................................................................................................................. 160
11.2.3.3.2. Elezione. ......................................................................................................................... 160
11.2.3.3.3. Rieleggibilità .................................................................................................................. 161
11.2.3.3.4. Mozioni di sfiducia. ........................................................................................................ 161
11.2.3.3.4.1. La rimozione del Presidente. .................................................................................. 161
11.2.3.3.4.2. Il procedimento di scioglimento da parte del Presidente della Repubblica............. 161
11.2.4. I raccordi tra lo Stato e le regioni: le Conferenze permanenti ........................................................ 161
CAPITOLO 12° ....................................................................................................... 163
L’ONU ................................................................................................................................................................ 163
12.1. L’ONU ................................................................................................................................................... 163
12.1.1. Gli organi principali ....................................................................................................................... 163
12.1.1.1. Il Consiglio di Sicurezza ........................................................................................................ 163
12.1.1.1.1. Le decisione vincolanti ................................................................................................... 163
12.1.1.2. L’Assemblea generale ............................................................................................................ 164
12.1.1.2.1. Le decisioni vincolanti ................................................................................................... 164
12.1.1.3. I Consiglio economico e sociale ............................................................................................. 164
12.1.1.4. Il segretario generale .............................................................................................................. 164
12.1.1.5. La Corte Internazionale di Giustizia ...................................................................................... 164
12.1.2. Gli organi sussidiari ....................................................................................................................... 164
12.2. Gli Istituti specializzati delle Nazioni Unite. ......................................................................................... 165
CAPITOLO 13° ....................................................................................................... 167
Nozioni elementari di Diritto Comunitario ..................................................................................................... 167
13.1. I Trattai dell’unione europea.................................................................................................................. 167
13.2. Gli stati membri ..................................................................................................................................... 168
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13.3. Il Consiglio europeo. ............................................................................................................................. 169
13.3.1. Composizione. ............................................................................................................................... 169
13.3.2. Competenze.................................................................................................................................... 169
13.3.2.1. Generali. ................................................................................................................................. 169
13.3.2.2. Specifiche. .............................................................................................................................. 170
13.4. Le istituzioni comunitarie ...................................................................................................................... 170
13.5. Parlamento europeo ............................................................................................................................... 171
13.5.1. Composizione ................................................................................................................................ 171
13.5.1.1. I parlamentari. ........................................................................................................................ 171
13.5.1.1.1. Il sistema elettorale. ........................................................................................................ 172
13.5.1.1.1.1. Sistema originario, .................................................................................................. 172
13.5.1.1.1.2. Modiche apportate nel 1979. .................................................................................. 172
13.5.1.1.1.3. Modiche apportate nel 2002. .................................................................................. 172
13.5.1.1.1.4. Verifica dei poteri ................................................................................................... 173
13.5.1.1.2. Immunità dei parlamentari.............................................................................................. 173
13.5.1.2. Il Segretario e il Segretario generale. ..................................................................................... 173
13.5.1.3. Il Presidente e il Vicepresidente e i Questori. ........................................................................ 173
13.5.1.4. Gli organi del Parlamento....................................................................................................... 174
13.5.1.4.1. L’Ufficio di Presidenza .................................................................................................. 174
13.5.1.4.2. La Conferenza dei Presidenti. ......................................................................................... 174
13.5.1.5. Le Commissioni. .................................................................................................................... 174
13.5.1.5.1. Procedura. ....................................................................................................................... 174
13.5.1.6. Le Delegazioni parlamentari. ................................................................................................. 174
13.5.2. Funzionamento. .............................................................................................................................. 175
13.5.2.1. Le procedure di voto. ............................................................................................................. 175
13.5.3. Poteri del Parlamento. .................................................................................................................... 175
13.5.3.1. I poteri deliberativi. ................................................................................................................ 175
13.5.3.2. I poteri di controllo................................................................................................................. 175
13.5.3.2.1. Controllo sugli atti. ......................................................................................................... 175
13.5.3.2.2. Controllo sulle istituzioni. .............................................................................................. 176
13.5.3.2.2.1. Nei confronti della Commissione ........................................................................... 176
13.5.3.2.2.2. Nei confronti del Consiglio..................................................................................... 176
13.5.3.2.3. Controllo sul complesso dell’apparato amministrativo comunitario .............................. 176
13.6. La Commissione .................................................................................................................................... 177
13.6.1. Caratteri. ........................................................................................................................................ 177
13.6.2. Il procedimento di nomina. ............................................................................................................ 177
13.6.3. Composizione. ............................................................................................................................... 178
13.6.3.1. Presidente e vicepresidenti ..................................................................................................... 178
13.6.4. Status dei membri della commissione ............................................................................................ 178
13.6.5. Durata del mandato. ....................................................................................................................... 178
13.6.6. Funzionamento. .............................................................................................................................. 178
13.6.7. Attribuzione e poteri. ..................................................................................................................... 179
13.6.7.1. Introduzione. .......................................................................................................................... 179
13.6.7.2. Le funzioni di proposta (o di iniziativa normativa). ............................................................... 179
13.6.7.3. La funzione esecutiva. ............................................................................................................ 179
13.6.7.3.1. Atti di esecuzione. .......................................................................................................... 179
13.6.7.3.1.1. Comitatologia. ........................................................................................................ 180
13.6.7.4. Funzioni di vigilanza. ............................................................................................................. 180
13.6.7.5. La funzione di rappresentanza. ............................................................................................... 181
13.7. Il Consiglio dell’Unione europea ........................................................................................................... 181
13.7.1. Cenni generali. ............................................................................................................................... 181
13.7.2. Composizione. ............................................................................................................................... 181
13.7.2.1. Il Consiglio dell’unione nella composizione dei capi di Stato o di Governo. ........................ 181
13.7.2.1.1. Competenze. ................................................................................................................... 182
13.7.3. Organizzazione interna. ................................................................................................................. 182
13.7.3.1. La presidenza. ........................................................................................................................ 182
13.7.3.2. Il Segretario Generale............................................................................................................. 182
13.7.4. Il comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati (COREPER). .............................................. 183
13.7.4.1. Competenze. ........................................................................................................................... 183
13.7.5. Sistemi di votazione del Consiglio. ................................................................................................ 183
13.7.5.1. L’unanimità. ........................................................................................................................... 183
13.7.5.2. Maggioranza semplice,........................................................................................................... 184
13.7.5.3. Maggioranza qualificata. ........................................................................................................ 184
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13.7.5.3.1. Le reti di sicurezza.......................................................................................................... 184
13.7.6. Attribuzione e poteri. ..................................................................................................................... 184
13.8. L’ordinamento giuridico comunitario .................................................................................................... 185
13.8.1. Introduzione. .................................................................................................................................. 185
13.8.2. Diritto originario. ........................................................................................................................... 185
13.8.2.1. I principi del diritto comunitario. ........................................................................................... 186
13.8.2.1.1. Il rispetto dei principi fondamentali della persona ......................................................... 186
13.8.2.1.1.1. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. .......................................... 186
13.8.2.1.2. Il principio della certezza del diritto. .............................................................................. 187
13.8.2.1.3. Il principio del legittimo affidamento ............................................................................. 187
13.8.2.1.4. Il principio di democraticità ........................................................................................... 187
13.8.2.1.5. Il principio di eguaglianza. ............................................................................................. 187
13.8.2.1.6. Il principio dell’effetto utile. .......................................................................................... 187
13.8.2.1.7. Il criterio dell’interpretazione conforme ......................................................................... 187
13.8.2.1.8. Il principio della leale cooperazione ............................................................................... 187
13.8.3. Diritto derivato. .............................................................................................................................. 187
13.8.3.1. Gli atti vincolanti. ................................................................................................................... 188
13.8.3.1.1. Regolamenti CE (e Euratom). ........................................................................................ 188
13.8.3.1.1.1. Nozione. .................................................................................................................. 188
13.8.3.1.1.2. Caratteri .................................................................................................................. 188
13.8.3.1.1.3. Il procedimento di formazione. ............................................................................... 189
13.8.3.1.1.4. Requisiti formali. .................................................................................................... 189
13.8.3.1.1.5. Pubblicità ed entrata in vigore. ............................................................................... 189
13.8.3.1.2. Direttive CE (e Euratom). ............................................................................................... 189
13.8.3.1.2.1. Nozione. .................................................................................................................. 189
13.8.3.1.2.2. Caratteristiche. ........................................................................................................ 189
13.8.3.1.2.3. Le direttive dettagliate. ........................................................................................... 190
13.8.3.1.2.4. Procedimento di formazione. .................................................................................. 190
13.8.3.1.2.5. Requisiti formali. .................................................................................................... 190
13.8.3.1.2.6. Pubblicità ed entrata in vigore. ............................................................................... 190
13.8.3.1.2.7. La misure nazionali di attuazione e ........................................................................ 190
13.8.3.1.3. Decisioni. ........................................................................................................................ 191
13.8.3.1.3.1. Nozione. .................................................................................................................. 191
13.8.3.1.3.2. Caratteristiche. ........................................................................................................ 191
13.8.3.1.3.3. Natura giuridica ...................................................................................................... 191
13.8.3.1.3.4. Requisiti formali. .................................................................................................... 191
13.8.3.1.3.5. Procedimento di formazione. .................................................................................. 192
13.8.3.1.3.6. Pubblicità ed entrata in vigore. ............................................................................... 192
13.8.3.2. Gli atti non vincolanti. ............................................................................................................ 192
13.8.3.2.1. Soggetti legittimati. ........................................................................................................ 192
13.8.3.2.2. Destinatari ...................................................................................................................... 192
13.8.3.2.3. Pubblicità ........................................................................................................................ 192
13.8.3.2.4. Raccomandazioni (CE e Euratom). ................................................................................ 192
13.8.3.2.5. Pareri. ............................................................................................................................. 193
13.8.3.3. Altri atti. ................................................................................................................................. 193
13.9. Gli organismi comunitari ....................................................................................................................... 194
13.9.1. Il Mediatore.................................................................................................................................... 194
13.9.1.1. Nozioni ................................................................................................................................... 194
13.9.1.2. Nomina e durata ..................................................................................................................... 194
13.9.2. La Banca europea per gli investimenti il Sistema europeo delle banche centrali e la Banca centrale
europea. ...................................................................................................................................................... 194
13.9.3. I Comitati. ...................................................................................................................................... 195
13.9.3.1. Il Comitato economico e sociale (CES). ................................................................................ 195
13.9.3.2. Il Comitato delle Regioni. ...................................................................................................... 195
Ver. 09/04/2017 13:34:00
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