1 L`ELETTROMAGNETISMO E LE ONDE ELETTROMAGNETICHE

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L’ELETTROMAGNETISMO E LE ONDE ELETTROMAGNETICHE
(dalla concezione meccanicistica all'idea di campo)
Appunti per un seminario presso il Liceo Prati (Trento)
(26 marzo 2003)
SCIENZIATI E LORO CONTRIBUTI
L’elenco che segue, senza alcuna pretesa di completezza, include in ordine temporale i principali
scienziati che hanno avuto un ruolo nella concezione meccanicistica del settecento, nella transizione
ai metodi della fisica dell’ottocento, nello sviluppo dell’elettromagnetismo come teoria fisica e in
alcune applicazioni dell’elettromagnetismo stesso, tra cui le telecomunicazioni. Oltre a questo
“percorso principale”, l’elenco seguente tiene traccia delle scoperte sulla luce e sulle sue proprieta’.
Anche per quanto riguarda i contributi dei singoli scienziati, sono state privilegiate le ricerche e le
opere direttamente collegate all’argomento del seminario. L’autore del presente testo si scusa per le
enormi omissioni.
Galileo Galilei (1564-1642)
Scienziato italiano.
Fondatore della meccanica intesa in senso moderno. Compi’ importanti scoperte astronomiche.
Formulo’ con chiarezza quello che oggi viene detto il principio di invarianza galileiana, cioe’
l’invarianza delle leggi della meccanica (ovvero della fisica dell’epoca) rispetto a trasformazioni tra
sistemi di riferimento in moto relativo rettilineo e uniforme.
Le sue opere piu’ rilevanti sono il Sidereus nuncius (1610), Il Saggiatore (1624), il Dialogo sui due
massimi sistemi del mondo (1630) e i Discorsi intorno a due nuove scienze (1638).
In relazione alla propagazione della luce, Galilei tento’ di misurarne la velocita’ (1638), usando
delle lanterne poste su due colline, potendo ovviamente solo concludere che dovesse essere molto
grande.
Rene’ Descartes (1596-1650)
Scienziato e filosofo francese.
Scrisse (ma non pubblico’, temendo una condanna simile a quella di Galilei) il trattato di fisica Le
Monde, ou Traite’ de la Lumiere’ (intorno al 1630).
Scrisse il famoso Discours de la method pour bien conduire sa raison et chercher la verite’ dans
les sciences (1637). Pubblico’ tre appendici a questo lavoro: La dioptrique, Les meteores, La
Geometrie. La prima di queste e’ di un certo interesse per l’attenzione, anche da un punto di vista
sperimentale, data da Descartes ai fenomeni luminosi.
Pierre de Fermat (1601-1665)
Scienziato francese.
Enuncio’ nel 1657 quello che oggi e’ citato come principio di Fermat, principio secondo il quale i
raggi luminosi, nel loro moto in un mezzo trasparente non omogeneo (cioe’ con indice di rifrazione
variabile), oppure quando subiscono riflessioni da parte di specchi, descrivono una curva (o una
spezzata) che minimizza il “cammino ottico”, ovvero il tempo totale di percorrenza. All’epoca di
Fermat non si conosceva il valore della velocita’ della luce, e, di conseguenza, neppure il tempo
impiegato dalla luce per realizzare un certo percorso. Il principio di Fermat costituisce
evidentemente uno schema teorico, basato anche su esigenze estetiche. In ogni caso l’idea di poter
derivare delle conclusioni da un principio di minimo, sulla base di una sorta di requisito di
“economia della natura”, si e’ rivelata fertilissima nel corso dei secoli successivi, anche in altri
settori della fisica.
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Christiaan Huygens (1629-1695)
Scienziato olandese (che ha operato in Francia).
Si occupo’ di meccanica celeste e, in particolare, della forma degli anelli di Saturno: Sistema
Saturnium (1659).
Diede importanti contributi alla meccanica. Di lui si ricorda, tra l’altro, il pendolo cicloidale,
trattato nell’opera Horologium Oscillatorium sive de motu pendulorum (1673).
Si occupo’ della luce, pubblicando il Traite’ de la lumiere (1678). Huygens era un sostenitore della
natura ondulatoria della luce. Formulo’ quello che oggi viene appunto chiamato il “principio di
Huygens”: i punti del fronte di propagazione possono essere riguardati come sorgenti di onde
sferiche. Questo consente la costruzione, mediante un’opportuna operazione di inviluppo, del fronte
d’onda a tempi successivi.
Isaac Newton (1643-1727)
Scienziato inglese.
Insieme a Leibniz fu uno dei fondatori del calcolo infinitesimale (calcolo differenziale e integrale):
De Methodis Serierum et Fluxionum (1671) e De Analysi, manoscritto del 1669.
Newton diede un notevole contributo alla formulazione della meccanica, basata sul principio di
inerzia, sull’idea di forza e sul requisito di determinismo.
Sull’argomento della luce, da Aristotele in poi si era ritenuto che la luce bianca fosse costituita da
una entita’ singola. Fenomeni di aberrazione cromatica nei telescopi per osservazioni astronomiche
convinsero Newton del fatto che la luce bianca era formata da tutti i colori dello spettro visibile (si
ricordi l’esperimento del prisma di Newton). Newton riteneva che non fosse possibile eliminare il
fenomeno dell’aberrazione cromatica, percio’ propose la costruzione di telescopi basati sul
principio della riflessione. Newton riteneva che la luce fosse formata da corpuscoli: il suo articolo
del 1672 ricevette ovviamente le critiche di Huygens, sostenitore della natura ondulatoria della luce.
Newton, partendo dai risultati osservativi di Keplero sulle orbite dei pianeti, propose la legge di
gravitazione universale (intensita’ della forza gravitazionale dipendente dall’inverso del quadrato
della distanza), trattata nella sua opera piu’ famosa Philosophiae naturalis principia mathematica
(1687). L’influenza culturale di Newton fu grandissima.
Roemer Olaf (1644-1710)
Scienziato danese.
Per primo, nel 1675, forni’ la prova della finitezza della velocita’ della luce. Osservando gli
intervalli di tempo tra gli eclissi delle lune di Giove, intervalli che risultavano minori quando il
pianeta si avvicinava alla Terra di quando se ne allontanava, Roemer giunse alla conclusione che la
luce dovesse avere una velocita’ finita e che stimo’ in 230.000 km/s. La sua scoperta era della
massima importanza, ma venne respinta da Cassini (1625-1712), autorita’ dell’astronomia del
tempo.
Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716)
Scienziato e filosofo tedesco.
Tento’ una formalizzazione del ragionamento: Dissertatio de arte combinatoria del 1666.
Si occupo’ di meccanica: Hypotesis Physica Nova (1671).
Contemporaneamente a Newton getto’ le basi del calcolo infinitesimale: Nova Methodus pro
Maximis et Minimis, itemque Tangentibus … (1684).
Joseph-Louis Lagrange (1736-1813)
Scienziato nato a Torino, che ha operato in Italia, Germania e Francia.
Si occupo’ di varie questioni di matematica: algebra, calcolo delle variazioni, equazioni
differenziali, calcolo delle probabilita’, meccanica. Relativamente a quest’ultimo settore, si occupo’
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di questioni di meccanica dei continui, del problema dei tre corpi, di problemi di stabilita’, anche
con applicazioni al sistema solare.
E’ ben noto il suo trattato Mecanique analityque (1788), scritto mentre era a Berlino. Il trattato
costituisce una assiomatizzazione e sistemazione teorica della meccanica a partire dalle idee di
Newton, includendo il calcolo infinitesimale e le equazioni differenziali, cioe’ gli sviluppi della
matematica del 700. Con questo lavoro, la meccanica diventava un settore dell’analisi matematica.
Lagrange fu membro dell’Academie des Sciences de Paris, soppressa dal Regime del Terrore nel
1793. Lagrange, nato in un paese nemico, fu arrestato; fu difeso da Lavoisier, che fu a sua volta
ghigliottinato nel 1794. Lagrange fu uno dei primi professori di analisi matematica dell’Ecole
Polytechnique, fondata nel 1794, e dell’Ecole Normale, fondata nel 1795.
Benjamin Franklin (1706-1790)
Scienziato americano.
Identifico’ la natura elettrica dei fulmini, scopri’ quello che oggi chiamiamo il “potere disperdente
delle punte”, e costrui’ i primi parafulmini (1749). Mostro’ sperimentalmente l’esistenza di due
diversi tipi di elettricita’: positiva e negativa (1747).
Charles Augustin de Coulomb (1736-1806)
Scienziato francese.
Si occupo’ di questioni matematiche legate alla fisica, all’ingegneria e all’architettura. Pubblico’ il
trattato Thoerie des machines simples (1781), in cui, tra l’altro, investigo’ i fenomeni di attrito
statico e dinamico.
Tra il 1785 e il 1791 compi’ importanti esperimenti per la determinazione delle forze che si
esercitano tra cariche elettriche, mostrando la loro dipendenza dall’inverso del quadrato della
distanza. Essi rappresentano i primi risultati quantitativi aventi un carattere razionale nell’ambito
della futura scienza dell’elettromagnetismo. Fino a quel momento i fenomeni elettrostatici erano
poco piu’ che giochi da salotto.
Pierre-Simon Laplace (1749-1827)
Scienziato francese.
Si occupo’ di analisi matematica, meccanica, calcolo delle probabilita’. La sua influenza culturale
fu grandissima.
Il Traite’ de Macanique Celeste (opera in 5 volumi pubblicati tra il 1799 e il 1825) costituisce una
sintesi della meccanica dei solidi e dei fluidi, con applicazioni allo studio del moto dei pianeti.
L’Exposition du systeme du monde, scritta nel 1796 e avente un carattere introduttivo al suddetto
trattato, riguarda vari aspetti della fisica, tra cui la formazione del sistema solare, il moto dei corpi
celesti, la meccanica, la gravitazione universale, il moto del mare. L’opera tende a mostrare come la
matematica e la meccanica siano in grado di inquadrare razionalmente tutti i fenomeni naturali. E’
considerato un manifesto del meccanicismo settecentesco.
La Theorie Analityque des Probabilites (1812) tratta della definizione di probabilita’ e della
probabilita’ condizionata, e di alcune applicazioni del calcolo delle probabilita’ agli errori
sperimentali, in particolare di quelli legati alle osservazioni astronomiche.
Laplace fu un sostenitore della teoria corpuscolare della luce.
Alessandro Volta (1745-1827)
Scienziato italiano.
Partendo da esperienze di Galvani su quella che veniva detta “l’elettricita’ animale”, nell’anno 1800
costrui’ la pila, il primo generatore di corrente continua, che sfruttava fenomeni chimici. A
differenza dei generatori elettrostatici in voga allora, la pila di Volta costituisce un generatore di
corrente continua di intensita’ relativamente grande. Senza questa disponibilita’ di corrente elevata,
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i successivi esperimenti sull’elettromagnetismo e di elettrochimica non sarebbero stati neppure
proponibili.
Thomas Young (1773-1829)
Fisico inglese.
Dimostro’ teoricamente e sperimentalmente (esperimento delle fenditure) la natura ondulatoria
delle luce (1801). Polemiche con Laplace sull’argomento.
Jean-Baptiste Biot (1774-1862)
Scienziato francese.
Si e’ occupato di varie questioni di astronomia, meccanica, elasticita’, ottica, elettromagnetismo.
Relativamente a quest’ultimo settore delle sue ricerche, ricordiamo la legge di Biot-Savart, che
esprime l’intensita’ del campo magnetico prodotto da un conduttore percorso da corrente, intensita’
che risulta inversamente proporzionale alla distanza dal conduttore. Fu un sostenitore della teoria
corpuscolare della luce.
Hans Christian Oersted (1777-1851)
Scienziato danese.
Osservo’ che un ago magnetico subiva deviazioni se posto in vicinanza di un conduttore percorso
da corrente, mostrando l’effetto magnetico della corrente. E' ben nota la sua memoria Experimenta
circa effectum conflictus electrici in acum magneticum del 1820, che introduce nel pensiero
scientifico un modo completamente diverso di riguardare i fenomeni elettromagnetici, suggerendo
l’idea di campo magnetico, in aperto contrasto con le interpretazioni meccanicistiche basate
sull’azione a distanza.
Francois Arago (1786-1853)
Scienziato francese.
Osservo’ (1820) che un solenoide percorso da corrente aveva l’effetto di attrarre la limatura di
ferro, mostrando, coerentemente con Oersted, l’effetto magnetico della corrente.
Andre’ Marie Ampere (1775-1836)
Scienziato francese.
Divenne professore di analisi matematica all’Ecole Polytechnique nel 1809 (Cauchy, suo collega
era molto piu’ rigoroso ma di piu’ difficile comprensione da parte degli studenti). Ampere si
occupo’ di equazioni alle derivate parziali ma anche di altri aspetti della scienza, come la chimica e
l’ottica.
Si occupo’ del fenomeno della rifrazione e fu tra i sostenitori della teoria ondulatoria della luce
(insieme a Fresnel, e in opposizione a Biot e Laplace).
Preso atto dei risultati di Oersted e di Arago sugli effetti magnetici della corrente, Ampere concepi’
l’idea che il magnetismo delle sostanze potesse essere dovuto all’esistenza di microscopici circuiti
elettrici all’interno delle sostanze stesse.
Fece ricerche sperimentali sulle forze elettriche tra due conduttori percorsi da corrente (1820). Le
forze che si esercitano tra conduttori percorsi da corrente (piu’ precisamente tra elementi di
conduttori) non sono dirette, in generale, lungo la congiungente i conduttori stessi, contrariamente a
quanto accadeva per le forze gravitazionali che si esercitano tra masse (legge di Newton), e le forze
elettrostatiche che si esercitano tra cariche (legge di Coulomb). La richiesta di questa maggiore
complicazione non puo’ non aver dato impulso a quella parte della matematica che oggi
denominiamo calcolo vettoriale.
L’opera Memoir of the Mathematical Thoery of Electrodynamic Phenomena, Uniquely deduced
from Experience (1825), costituisce una sintesi dello stato dell’arte dell’epoca sull’interazione tra
conduttori percorsi da correnti costanti, e assunti ovviamente in quiete. L’opera suscito’
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successivamente (1879) delle critiche da parte di Maxwell, che riteneva le conclusioni di Ampere
conseguenze piu’ di uno schema teorico di pensiero, di evidente influenza meccanicistica e
newtoniana, che di esperimenti realmente effettuati.
Johann Carl Friedrich Gauss (1777-1855)
Scienziato tedesco.
Diede i suoi maggiori contributi nella matematica, scienza che non era ovviamente estranea allo
sviluppo dell’elettromagnetismo. Si occupo’ di questioni riguardanti il magnetismo terrestre. Il
nome di Gauss, notoriamente scienziato teorico e matematico, e’ legato anche alla costruzione di un
primo telegrafo (intorno al 1830).
Michael Faraday (1791-1867)
Scienziato inglese.
Faraday deve la sua formazione scientifica al chimico inglese Humphry Devy, che aveva fatto
importanti scoperte sull’elettrolisi. Dopo un viaggio in Europa - in cui incontro’ personalmente
Ampere - al seguito di Devy, nel 1814 Faraday ottenne un incarico di assistente presso la Royal
Institution, continuando a occuparsi di chimica. Nel 1920, preso atto dei risultati sperimentali di
Oersted, Arago e Ampere, inizio’ a occuparsi di elettromagnetismo e nel 1821 pubblico’ il lavoro
On some new electro-magnetical motion, and the theory of magnetism, significativo perche’
introduce la nozione di linee di forza elettriche e magnetiche.
I biografi descrivono Faraday come “matematicamente illetterato”. Certamente ignorava quanto
della matematica avrebbe potuto essergli utile per formulare rigorosamente la sua teoria. E’
altrettanto vero che le idee di Faraday e le nozioni di linee di forza e di campo elettromagnetico da
lui introdotte stimolarono immensamente le ricerche matematiche in questa direzione.
Nel 1831 Faraday fece la fondamentale scoperta dell’induzione elettromagnetica, mostrando che un
magnete in movimento rispetto a un circuito elettrico chiuso e’ in grado di fare circolare una
corrente lungo il circuito medesimo. Pubblico’ una serie di articoli dal titolo Experimental
researches on electricity (1831), in cui appare nettamente la sua interpretazione dei fenomeni di
induzione in termini di linee di forza e di attraversamento di linee di forza da parte di conduttori in
moto.
Christian Doppler (1803-1853)
Fisico austriaco.
Scopri’ (1842) l’interessante fenomeno per cui la frequenza dell’onda osservata dipende dalla
velocita’ della sorgente e dell’osservatore. Cio’ rese possibili tra l’altro interessanti scoperte
astronomiche, come la misura della velocita’ di rotazione del sole e la misura della velocita’ di
allontanamento delle stelle dalla Terra.
Wilhelm Eduard Weber (1804-1891)
Scienziato tedesco.
Fu collega e amico di Gauss, e insieme si occuparono di fenomeni magnetici e del magnetismo
terrestre. Weber formulo’ (1855) una teoria dell’elettromagnetismo in cui una corrente elettrica
veniva riguardata come uguali quantita’ di cariche di segno diverso (questo al fine di garantire la
neutralita’ dal punto di vista elettrostatico) che si muovono in direzione opposta. Le leggi proposte
da Weber sull’interazione tra le cariche, leggi dipendenti esplicitamente dalle velocita’ delle cariche
stesse, pur non essendo corrette, influenzarono costruttivamente il successivo lavoro di Maxwell e
Lorentz.
Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz (1821-1894)
Scienziato tedesco.
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Medico di formazione, si occupo’, con grande competenza matematica, di varie questioni fisicomatematiche, di meccanica dei fluidi, di teoria dei vortici nei fluidi, di acustica e di ottica
fisiologica. Nel 1871 divenne professore all’universita’ di Berlino, e i suoi interessi si incentrarono
sulle geometrie non euclidee e sull’elettromagnetismo.
E’ interessante notare che Helmholtz (e in generale la fisica dell’ottocento, che si era arricchita del
grosso capitolo della termodinamica) attribui' grande rilevanza alla grandezza fisica energia e alle
spiegazioni dei fenomeni fisici in termini di scambi di energia. Non disgiuntamente da questo
atteggiamento mentale, egli fu attratto da formulazioni delle leggi fisiche in termini di principi di
minimo: a Helmholtz sono attribuiti studi sulla formulazione variazionale della meccanica (nello
stesso spirito del principio di Fermat per l’ottica) e delle equazioni dell’elettromagnetismo.
William Thomson (Lord Kelvin) (1824-1907)
Scienziato inglese.
Diede importanti contributi in termodinamica e in elettromagnetismo, tra cui ricordiamo il lavoro
Dynamical illustration of the magnetic end elicoidal rotary effect of transparent bodies on
polarized light (1856), che influenzo’ costruttivamente Maxwell nella sua sintesi
dell’elettromagnetismo.
Nel 1853 Thomson ottenne la teoria corretta del comportamento di un circuito elettrico formato da
resistenza, capacita’, induttanza (circuito RLC), fornendo anche l’interpretazione dei fenomeni in
termini di energia. In particolare identifico’ correttamente le energie elettriche e magnetiche.
Nel 1854 Thomson si occupo’ della propagazione di segnali elettrici nei cavi coassiali, sulla base di
un modello che ignorava la presenza di un’induttanza distribuita lungo il cavo stesso, e ottenendo
un’equazione non corretta (di tipo parabolico anziche’ iperbolico) e non compatibile con una
velocita’ finita di propagazione dei segnali elettrici.
Gustav Kirchoff (1824-1887)
Scienziato tedesco.
Diede nel 1857 la corretta equazione per il comportamento dei cavi coassiali, includendo i
parametri distribuiti costituiti da induttanza, capacita’, resistenza e conduttanza. L’equazione aveva
il corretto carattere iperbolico, e la velocita’ di propagazione risultava dell’ordine della velocita’
della luce nel vuoto.
La comprensione del comportamento della propagazione nei cavi, cioe’ nei sistemi spazialmente
unidimensionali, ha suggerito a Maxwell quella che avrebbe dovuto essere la struttura corretta delle
equazioni per l’elettromagnetismo nello spazio tridimensionale.
James Clerk Maxwell (1831-1879)
Scienziato inglese.
Diede una formulazione matematica, pubblicata in un lavoro in due parti On Faraday’s lines of
force (1855 e 1856) della teoria di Faraday basata sull’idea di campo e di linee di forza.
Si occupo’ della luce e della teoria dei colori (1857) e della teoria cinetica dei gas (1866).
Fu certamente ispirato dai lavori di Kirchoff, che non potevano non suggerirgli l’introduzione della
cosiddetta “corrente di spostamento”. Nel 1862 Maxwell calcolo’ la velocita’ delle onde
elettromagnetiche a partire dalle equazioni del campo elettromegnetico, da lui corrette introducendo
la corrente di spostamento, ottenendo un valore praticamente coincidente con quello misurato
sperimentalmente per la luce, concludendo quindi che la luce dovesse essere un’onda
elettromagnetica. Maxwell scrive “We can scarcely avoid the conclusion that light consists in the
transverse undulations of the same medium which is the cause of electric and magnetic
phenomena”.
Fondamentali per la sintesi definitiva dell’elettromagnetismo sono le pubblicazioni di Maxwell A
Dynamical Theory of the Electromagnetic Field (1864) e il trattato Electricity and Magnetism
(1873).
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L’introduzione del termine costituito dalla corrente di spostamento nelle equazioni
dell’elettromagnetismo e’ essenziale affinche’ le equazioni stesse ammettano soluzioni aventi il
carattere di onde che si propagano con velocita’ finita, e coincidente con quella della luce.
L’importanza di questo fatto in relazione alla struttura causale dello spazio-tempo verra’ ripresa
parlando del contributo all’elettromagnetismo dato da Einstein.
Le onde elettromagnetiche risultano avere un carattere “trasversale”, ovvero i campi elettrico e
magnetico risultano ortogonali tra loro, e ortogonali alla direzione di propagazione. Sono quindi
onde caratterizzate da una direzione ben precisa ortogonale a quella di propagazione,
convenzionalmente quella del campo elettrico, sono cioe’ “polarizzate”.
Hendrik Antoon Lorentz (1853-1928)
Scienziato olandese.
Si occupo’ di elettromagnetismo, partendo dalla formulazione data da Maxwell. La sua tesi di
dottorato ha appunto per titolo The theory of reflection and refraction of light (1875). Divenne
professore di fisica teorica a Leida nel 1878. Si occupo’ nelle sue ricerche dell’interazione della
luce con la materia, e di questioni legate alle proprieta’ di invarianza delle equazioni di Maxwell
rispetto a cambiamenti di riferimento: mostro' che esse sono invarianti rispetto a un altro gruppo,
detto di Lorentz, senza pero' attribuire a questo fatto il significato cosi’ fondazionale che Einstein
intui' successivamente.
Albert Abraham Michelson (1852-1931)
Scienziato statunitense.
Insieme a Edwin Morley compi’ (1881) esperimenti atti a evidenziare l’esistenza di un “etere”,
cioe’ di un mezzo (ovvero di un sistema di riferimento privilegiato) per la luce, rispetto al quale la
luce si propagasse con la velocita’ prevista dalle equazioni di Maxwell. Il risultato negativo
dell’esperimento di Michelson convinse (non senza difficolta’) gli scienziati della sua non esistenza,
e apri’ la strada alla concezione einsteiniana del 1905.
Rudolf Hertz (1857-1894)
Scienziato tedesco.
Si formo’ e opero’ nell’ambiente scientifico creato a Berlino da Helmholtz, ottenendo importanti
risultati sulla generazione e rilevazione delle onde elettromagnetiche (1888).
Guglielmo Marconi (1874-1937)
Scienziato italiano.
Non ancora ventenne, comincio’ a occuparsi di oscillazioni elettriche. Partendo dai lavori di Hertz,
nel 1895 ebbe l’intuizione di “estendere nello spazio” i generatori di onde elettromagnetiche
dell’epoca, utilizzando conduttori di grosse dimensioni innalzati nello spazio (antenne). Intui’
velocemente la possibilita’ di utilizzare le onde elettromagnetiche per la trasmissione di
informazioni.
Il primo collegamento tra punti distanti circa 15 km e’ del 1897.
Il primo collegamento tra la costa francese e quella inglese attraverso la Manica e’ del 1899. Nello
stesso anno Marconi mostro’ che la curvatura terrestre non e’ un ostacolo per l’utilizzo delle onde
radio. Nel 1901 si ha la prima trasmissione radiotelegrafica attraverso l’Atlantico (tra l’Inghilterra e
Terranova). Nel gennaio del 1903 Marconi stabilisce le prime trasmissioni radio in grafia tra
l’Inghilterra e gli Stati Uniti.
Gli fu conferito il premio Nobel per la fisica nel 1909.
L’invenzione del triodo termoionico da parte di Fleming (1914), consentendo operazioni di
amplificazione e di modulazione del segnale radio con un segnale vocale, apri’ la possibilita’ delle
trasmissioni radio in fonia.
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Dedico’ tutta la vita allo sviluppo delle applicazioni della sua scoperta, ricevendo grandissimi
riconoscimenti.
Albert Einstein (1879-1955)
Scienziato tedesco, che ha operato anche negli Stati Uniti.
Il suo contributo e’ stato fortemente innovativo e cruciale per la fisica del novecento, e riguarda la
teoria della relativita’ speciale (1905) e generale (1916), l’effetto fotoelettronico (1905) e il
tentativo di unificazione delle teorie elettromagnetica e gravitazionale, perseguito da Einstein per
tutta la sua vita.
Il lavoro di Einstein Zur Electrodynamik bewegter Korper (1905) rappresenta la definitiva
sistemazione teorica dell’elettromagnetismo, nel senso che rimuove completamente, ricorrendo a
una innovativa visione della geometria spazio-temporale, il problema della non invarianza delle
equazioni di Maxwell (e della corrispondente non invarianza della velocita’ della luce nel vuoto)
rispetto alle trasformazioni di Galilei (caposaldo della fisica classica fino alla fine dell’ottocento).
Il problema in questione costringeva all’introduzione di un “etere”, e quindi di un sistema di
riferimento privilegiato in natura, etere che, per altro, non e’ mai stato sperimentalmente osservato.
La soluzione proposta da Einstein e’ contemporaneamente semplice e innovativa, in misura pero’
sconvolgente per la fisica classica: le equazioni di Maxwell risultano invarianti (e con esse la
velocita’ della luce nel vuoto) rispetto a un nuovo gruppo di trasformazioni tra riferimenti inerziali,
dette di Lorentz; queste trasformazioni pero’, non preservando la scissione spazio/temporale,
caratteristica quest’ultima della fisica classica, costringono a riguardare lo spazio e il tempo in un
modo completamente diverso. Nella soluzione proposta da Einstein, lo spazio-tempo acquista
quindi, come conseguenza della teoria elettromagnetica, una geometria spazio-temporale di tipo
pseudo-euclideo.
Il lavoro di Einstein Die Grundlage der allgemeinen Relativitatstheorie (1916) riguarda i fenomeni
gravitazionali. Questi possono essere inclusi nella teoria ammettendo che lo spazio-tempo sia, in
generale, non pseudo-euclideo, ma dotato di “curvatura”, ovvero dotato una geometria determinata
dalla presenza di materia attraverso opportune equazioni, dette appunto equazioni di Einstein. E’
significativo notare che l’apparato matematico coinvolto nella teoria della relativita’ generale,
costituito sostanzialmente dal calcolo tensoriale e dalle geometria differenziale, era stato sviluppato
da piu’ di mezzo secolo (ad esempio da Gauss, Riemann, Levi-Civita).
Le equazioni di Einstein, come quelle di Maxwell, ammettono soluzioni che hanno il carattere di
onde, caratterizzate anch’esse da una velocita’ di propagazione uguale a quella della luce nel vuoto,
anche se la loro struttura matematica e’ un po’ piu’ complessa. La loro esistenza e’ una
conseguenza “necessaria” delle equazioni di Einstein, anche se alla data attuale la loro rivelazione
sperimentale risulta molto difficoltosa.
L’esistenza di una velocita’ finita (velocita’ della luce nel vuoto) per le onde elettromagnetiche e
gravitazionali (e, per quel che sappiamo oggi, per tutti i fenomeni propagatori), stabilisce,
all’interno della totalita’ degli eventi che costituiscono lo spazio-tempo, opportune “relazioni di
causalita’”, assegnando a ogni evento dello spazio-tempo il suo “passato”, cioe’ la totalita’ degli
eventi che possono influire causalmente sull’evento dato, e il suo “futuro”, cioe’ la totalita’ degli
eventi che possono essere influenzati causalmente dall’evento dato.
ARGOMENTI DI APPROFONDIMENTO E DISCUSSIONE
La scelta seguente tiene conto che il seminario e’ rivolto a studenti di un Liceo, per cui sono stati
privilegiati gli aspetti culturali rispetto a quelli tecnici e richiedenti strumenti matematici
complicati.
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1) La teoria della gravitazione proposta da Newton e successivamente sviluppata nei suoi aspetti
matematici durante tutto il settecento, e’ una teoria basata sull’interazione tra particelle a distanza:
lo spazio interposto tra le particelle ha solo il ruolo, attraverso le sue proprieta’ geometriche di
euclideita’, di fornire la definizione della distanza tra le particelle stesse. Il termine “campo
gravitazionale” non puo’ essere inteso che in un senso puramente matematico.
Nella visione settecentesca inoltre l’azione a distanza aveva un carattere istantaneo, e certamente
non veniva neanche sfiorata la domanda sulla velocita’ con cui l’azione gravitazionale potesse
propagarsi. In questa formulazione non aveva neppure senso il concetto di propagazione, e
certamente il campo gravitazionale non aveva un comportamento dinamico.
I campi elettrici e magnetici secondo l’intuizione di Faraday (e gravitazionale, secondo l’intuizione
di Einstein) acquistano, nell’ambito delle teorie in cui intervengono, un carattere reale. Notare che
qui si parla di realta’ all’interno di una teoria. Le ragioni per pensare cosi’ sono molteplici. Ne
elenchero’ alcune:
a) assegnate delle sorgenti (cariche e correnti), il loro effetto nello spazio circostante puo’ essere
esaminato con una carica arbitrariamente piccola (nel gergo indicata appropriatamente come carica
“esploratrice”), che ha una interazione altrettanto arbitrariamente piccola con le sorgenti. Quindi,
cio’ che dobbiamo riguardare come reali non sono le interazioni a distanza tra le sorgenti e la carica
esploratrice (quando decidiamo di collocarla), ma i campi nei punti in cui possiamo (o meno)
collocare la carica esploratrice.
b) a ogni regione di spazio in cui sono presenti fenomeni elettrici e magnetici puo’ (e deve se
vogliamo che il bilancio energetico sia soddisfatto) essere attribuita una energia, e ogni onda
elettromagnetica che si propaga nello spazio vuoto “trasporta” energia, come commentato nel punto
di discussione successivo. L’energia quindi risiede nel campo, e non nel sistema di particelle
cariche.
c) attribuire una realta’ al campo, assoggettandolo a equazioni, quelle di Maxwell, significa
riguardare il campo come un sistema dinamico, in cui hanno sede fenomeni di propagazione con
velocita’ finita, e in accordo quindi con un ragionevole requisito di causalita’.
d) nella visione in termini di campi, le sorgenti del campo (masse e cariche) finiscono col giocare il
ruolo di regioni dello spazio in cui i campi diventano grandi e addirittura, nel caso di masse e
cariche puntiformi, singolari.
Riassumendo, nella visione settecentesca ci sono le particelle e non i campi; nella visione
ottocentesca ci sono solo i campi e non le particelle (che al piu’ possono essere intese come punti in
cui i campi diventano arbitrariamente grandi, e quindi punti inaccessibili alla nostra esperienza).
2) In seguito allo studio delle interazioni tra fenomeni fisici (e non solo) molto diversi per natura
(come i fenomeni meccanici, elettromagnetici, termodinamici etc.), verso la meta’ dell’ottocento
ando’ acquistando sempre piu’ importanza nell’ambito delle teorie la grandezza fisica “energia”.
L’evidenza suggeriva fortemente l’esistenza di questa entita’, l’energia per l’appunto, che si
“trasformava” nelle varie forme (meccanica, elettromagnetica, termica etc.) e che, in condizioni
opportune, si conservava durante la trasformazione. Dato il suo ruolo trasversale rispetto ai vari
settori della fisica e la sua importanza, essa ha condizionato, certamente in modo positivo,
l’interpretazione di fenomeni vecchi e nuovi e la costruzione delle nuove teorie. Si parla di una
“dottrina dell’energia”, entita’ da intendersi quasi come una “moneta comune” che non ammette
truffe.
Per quanto riguarda l’elettromagnetismo, sono stati chiariti in termini di energia quello che oggi
chiamiamo l’effetto termico della corrente (o effetto Joule), tutti gli effetti che rientrano
nell’elettrochimica, tutti gli effetti legati alla produzione di movimento attraverso la corrente
elettrica (motori elettrici) e di produzione di energia elettrica a partire dal movimento (dinamo e
alternatori), gli effetti radiativi.
Infine l’interpretazione in termini di energia delle onde elettromagnetiche e del campo
elettromagnetico ha rafforzato ulteriormente la “realta’” delle onde e dei campi stessi: le onde
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elettromagnetiche veicolano energia, e alla porzione di spazio in cui esistono campi elettrici e
magnetici deve venire attribuita una energia (vedi punto di discussione precedente).
3) Il trionfo del newtonianesimo, l’egemonia culturale della fisica-matematica francese
(D’Alembert, Lagrange, Laplace etc.) e i grandi successi nell'astronomia alimentarono la fiducia,
almeno fino ai primi due decenni dell'ottocento, che anche i fenomeni elettrici e magnetici
potessero essere spiegati in termini meccanicistici, cioe' in termini di forze agenti a distanza,
propagantesi in uno spazio inerte con velocita' infinita. Il messaggio che veniva dall'opera di
Laplace l'Exposition du systeme du monde del 1796, quasi un manifesto del razionalismo, era
proprio quello di una natura sostanzialmente semplice, unitaria e riconducibile alla meccanica. In
effetti, almeno per quanto riguardava i fenomeni elettrici e magnetici statici, gli schemi mentali del
settecento potevano ancora considerarsi adeguati.
Il momento di crisi coincide con la memoria di Oersted del 1820 Experimenta circa effectum
conflictus electrici in acum megneticum riguardante la deviazione dell'ago magnetico posto in
vicinanza di un conduttore percorso da corrente: la memoria presentava un fenomeno che non si
poteva spiegare con le leggi di azione a distanza di tipo newtoniano. Secondo il fisico di
Copenaghen la deviazione dell'ago era una manifestazione di un conflitto elettrico, e cioe' di un
insieme di azioni entro il conduttore e lo spazio che lo circonda. Occorreva pertanto rivolgersi a
questi nuovi fenomeni, secondo una visuale che ammettesse l'esistenza di una sfera di attivita' molto
estesa attorno ai corpi percorsi da correnti elettriche, il prodursi entro i corpi magnetizzati di una
resistenza al passaggio del conflitto e, infine, il formarsi di vortici rappresentanti l'andamento del
conflitto elettrico attorno ai fili percorsi da correnti. Lo spazio circostante i corpi diventa cosi' la
sede di attivita' conflittuali che ben poco avevano a che fare con le azioni per linee rette che
secondo la fisica dell'Ecole attraversavano lo spazio inerte e passivo di Newton. Occorre notare che
l'interpretazione in termini di conflitto (noi diremmo piu' modernamente interazione dell’ago col
campo magnetico) costituiva per Oersted la “spiegazione” del fenomeno, e non semplicemente una
rappresentazione curiosa e comoda per illustrare il fenomeno medesimo.
La risposta della scuola francese, attraverso i lavori di Ampere, fu quella di inquadrare il
magnetismo nell'ambito dei fenomeni elettrici, e precisamente di assumere l'esistenza di correnti
elettriche circolanti a livello molecolare, per poi spiegare i fenomeni di Oersted in termini di
interazioni tra correnti, secondo gli schemi ben collaudati dell’azione a distanza (anche se con le
difficolta’ legate al fatto che le forze non risultavano dirette lungo la congiungente gli elementi di
corrente, contravvenendo quindi a un altro dogma del newtonianesimo). Inoltre Ampere era stato
costretto a introdurre, cioe’ a inventare senza alcuna motivazione sperimentale, un modello
microscopico della materia, non dedotto direttamente dall'esperienza e assolutamente non
inquadrabile nell'ambito degli schemi cari al pensiero meccanicista, ma assunto solo al fine di
costruire una teoria che fosse coerente con i fatti sperimentali di Oersted. E' inutile dire che i
fenomeni di Oersted e ancor piu' le spiegazioni di Ampere destarono infinite polemiche in Francia.
In ogni caso la teoria di Ampere si sarebbe rivelata corretta solo nel caso di conduttori elettrici
percorsi da correnti costanti e in quiete rispetto ai magneti: lo schema introdotto era uno schema
“statico”, con una azione a distanza che si propagava istantaneamente, e quindi totalmente
inadeguato ai fatti reali. Faraday colse in essa solo un tentativo estremo di spiegazione in termini
meccanicistici di fenomeni che avrebbero richiesto schemi teorici completamente diversi: Faraday
si sentiva, nel suo modo di pensare, piu' vicino a Oersted che ad Ampere.
4) Anche se il progetto illuminista era caratterizzato da una costruzione unitaria del sapere,
l’impostazione dell’Ecole Polytechnique, fondata nel 1794, che certamente aveva raccolto questo
pensiero, fu quello di specializzare i ricercatori su singole discipline e di fare convergere la loro
preparazione e i loro sforzi su settori di indagine distinti. La scienza, da un lato si potenziava
attraverso una divisione del lavoro intellettuale, ma nello stesso tempo, per la specializzazione delle
ricerche, acquistava caratteri di specificita’, perdeva unitarieta’ e diventava neutrale rispetto alla
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filosofia. Questo fatto non poteva non creare barriere sia all’interno della scienza naturale, sia tra il
pensiero scientifico che quello filosofico: le opere stesse di Laplace Exposition du systeme du
monde (1796) e Traite’ de Macanique Celeste (opera in 5 volumi pubblicati tra il 1799 e il 1825)
non potevano piu’ essere condivise, ovviamente per quanto riguarda le loro basi culturali, dai nuovi
ricercatori.
Anche questo aspetto non fu estraneo al mutamento di pensiero tra il settecento e l’ottocento.
5) Altre spinte al mutamento delle concezioni fisiche tra settecento e ottocento sono la reazione
antilluminista e le vaste aperture irrazionali della Naturphilosophie, soprattutto in Germania. Alcuni
aspetti della filosofia tedesca nella seconda meta’ dell’ottocento operarono sottilmente all’interno
delle scienze naturali, dando contributi positivi e certamente suggestivi e innovativi (ma anche
negativi, come mostrato da feroci critiche, ad esempio da parte di Helmholtz, a certe manifestazioni
irrazionalistiche).
L’apparire di fenomeni fisici nuovi rispetto a quelli della meccanica, come quelli della
termodinamica e dell’elettromagnetismo, le interazioni stesse tra diversi settori della fisica, che
portavano sempre piu’ a una valorizzazione del concetto di energia, suggerivano un tipo di analisi
dei fenomeni non piu’ semplicemente basato sulle loro equazioni, ma sulle trasformazioni coinvolte
nei fenomeni stessi (in questo aspetto la differenza tra il settecento e l’ottocento e’ nettissima).
L’affermarsi di un principio di trasformabilita’ delle diverse “forze” della natura, di cui l’emergere
della grandezza fisica energia e’ il dato piu’ tangibile, costituisce probabilmente il contributo piu’
grande che il movimento della Naturphilosophie ha dato alla scienza.
BIBLIOGRAFIA
L’elenco seguente, evidentemente incompleto, inizia con alcuni libri aventi carattere storico-critico
e si conclude con alcuni libri di carattere molto tecnico.
G. Toraldo di Francia, L’indagine del mondo fisico, Einaudi, 1975
P. Rossi, Storia della scienza moderna e contemporanea, UTET, 1988
S. D’Agostino, L’elettromagnetismo classico, Sansoni, 1975
C. Singer, Breve storia del pensiero scientifico, Einaudi, 1959
M. B. Hesse, Forze e campi, Il concetto di azione a distanza nella storia della fisica, Feltrinelli,
1961
R. A. R. Tricker, The contribution of Farady and Maxwell to Electrical Science, Pergamon Press,
1966
E. Bellone, I modelli e la concezione del mondo nella fisica moderna, Feltrinelli, 1973
E. Bellone, Il mondo di carta – ricerche sulla seconda rivoluzione scientifica, Mondadori, 1976
E. Purcell, La Fisica di Berkeley - Elettricita’ e magnetismo, Zanichelli, 1963
J. C. Maxwell, Treatise on Electricity and Magnetism (third edition, 1891), Dover, 1954
R. Becker, Teoria della elettricita’, Sansoni, 1930
A. Sommerfeld, Electrodynamics, Academic Press, 1952
A. Sommerfeld, Optics, Academic Press, 1954
J. D. Jackson, Classical Electrodynamics, John Wiley & Sons, 1962
M. Alonso, J. Finn, Fundamental University Physics, Addison-Wesley, 1969
Nota: per le opere scritte in italiano o tradotte in lingua italiana, la data indicata e’ quella della
prima pubblicazione dell’opera, eventualmente in lingua straniera; la Casa Editrice e’ invece quella
che ha prodotto l’edizione in lingua italiana.
Enrico Pagani ([email protected])
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