Gentile insegnante, cari ragazzi

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VANDALISMI E GRAFFITI (ANTICHI E « MODERNI »)
Storie e materiali per una discussione in classe
Uno dei pericoli del nostro patrimonio artistico è costituito dai cosiddetti gesti vandalici, cioè da
quelle azioni che causano direttamente un danno a un bene artistico o naturalistico.
E non si tratta solo del gesto di qualche squilibrato che in un museo riesce a sfregiare un’opera
d’arte (qualche volta è successo), ma soprattutto dei tanti e frequenti gesti di incuria e di ignoranza,
o di un distorto senso del divertimento, a danno in particolare dei beni che si trovano all’aperto,
difficilmente custodibili e affidati al buon senso dei cittadini: dal classico (purtroppo) nome inciso
sulla pietra di un monumento storico o di un albero secolare, alle distruzioni di beni custoditi nelle
chiese, alla stalattite presa per ricordo, ai graffiti sui muri (senza chiedersi di che muro si tratti)…
E a proposito di graffiti, vi proponiamo tre documenti che abbiamo scaricato da internet per voi,
come stimolo per una discussione.
! In uno si parla di graffiti veri, quelli antichi, ritrovati in Valcamonica (patrimonio
dell’umanità UNESCO) sfigurati da «graffitari» moderni e piccoli vandali.
! Nel secondo si parla ancora di graffiti antichi, questa volta sui monti pisani: è un cordiale
invito a rispettarli, con tanto di istruzioni pratiche, rivolto a visitatori e studenti. Leggeteli
insieme ed esprimete le vostre opinioni. Accanto a questo, un documento tecnico, che ci
aiuta a capire come sia difficile rimediare una volta che il danno è fatto.
! Infine, un’altra piccola storia di vandalismi, questa volta proveniente da Noto, in Sicilia.
Conoscete storie simili? Avreste suggerito le stesse cose?
Buona lettura e buona discussione!
Di seguito trovate:
1 L’arte ferita, storie dalla Valcamonica : un episodio di vandalismo e un appello di Italia
Nostra
2 L’arte rupestre non è eterna (volantino del Comune diPisa)
3 Progetto antigraffiti (ICR)
4 Una proposta al sindaco di Noto
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FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano, Settore Scuola Educazione, Viale Coni Zugna 5, 20144 Milano
Tel. 02467615284/5 – Fax 0248193631 - www.faiscuola.it - [email protected]
Scaricato da:
http://www.rupestre.net/tracce_php/index.php
Nel sito si trovano anche le immagini delle rocce sfregiate.
30-12-2004
Sfregiate rocce a Nadro, uno dei principali parchi di arte rupestre della
Valcamonica, un invito a firmare l'appello per una migliore protezione …
Prof.ssa Anna Maria Basché - Presidente della sezione Vallecamonica di Italia Nostra
Domenica 21 Novembre è avvenuto l’ultimo e più grave atto vandalico su una
superficie d’arte rupestre della Valcamonica.
Un gruppo di ragazzi del luogo, presupponiamo, ha pesantemente deturpato
istoriazioni della roccia 6 di Foppe di Nadro, nella Riserva Regionale di Ceto –
Cimbergo – Paspardo: con strumenti di pietra o metallo hanno strisciato e
picchiettato immagini rupestri del I millennio a.c., fra le più conosciute a
livello internazionale (scene di duello, di accoppiamento, impronte di piedi,
capanne, simboli, per lo più della fase di influenza etrusca, VI – V sec. a.c.).
Atti analoghi, pur “meno gravi”, si ripetono da anni, nella stessa Riserva
regionale, come in altri siti (Pià d’Ort, Paspardo, Boario) denunciando la
fragilità del patrimonio e l’inciviltà di frange che esprimono un diffuso senso di
irrispetto nella comunità: se si arriva a tanto, dopo ripetuti altri sfregi, (qui
come in tanti angoli d’Italia), significa che è coinvolto tutto un sistema sociale,
i suoi valori e la sua permissività, l’incapacità di educare e di far rispettare ciò
che ha valori assoluti nel quadro storico – culturale.
L’episodio si colloca in un momento particolare, critico per l’arte rupestre
camuna dopo che, lo scorso settembre, l’UNESCO (World Heritage
Committee) ha ufficialmente dato un avviso sullo stato di conservazione del
patrimonio camuno (il primo monumento italiano nella lista culturale di
interesse mondiale); in sintesi un invito al governo italiano e tutti gli enti
responsabili sul territorio ad onorare impegni di tutela e valorizzazione,
onestamente disattesi.
Italia Nostra sottoscrive l’APPELLO del Comitato degli Enti, ricercatori ed operatori del settore
(allegato), ponendo attenzione sui problemi urgenti della tutela, ma anche e soprattutto su quel che è
a monte e di fronte al problema: la valorizzazione a tutti i livelli (ricerca, progettualità,
musealizzazione), utilizzando competenze e risorse ben presenti sul territorio.
LA MEMORIA FERITA
MANIFESTO (APPELLO) PER LA TUTELA DELLE INCISIONI RUPESTRI DELLA
VALCAMONICA
(Italia Nostra - sezione Vallecamonica)
Quasi un secolo fa, nel 1909, il naturalista Gualtiero Laeng fece la prima segnalazione ufficiale
della presenza di incisioni rupestri preistoriche in Valcamonica. Nel 1979 l’UNESCO,
riconosciutane la fondamentale importanza anche in seguito alle intense ricerche e alle
pubblicazioni scientifiche di numerosi studiosi dall’Italia e dall’estero, inseriva questo patrimonio
nella lista mondiale dei siti di eccezionale e universale valore culturale. L’arte rupestre della
Valcamonica diventava così il primo sito italiano dichiarato Patrimonio dell’Umanità.
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Durante l’annuale sessione UNESCO tenutasi in Cina nel Luglio 2004, raccogliendo anche le
preoccupazioni di alcune segnalazioni locali ma principalmente per chiarire come mai, dopo
venticinque anni dal suo inserimento nella World Heritage List, manchino ancora una precisa
delimitazione geografica delle aree istoriate e un complessivo piano di gestione delle stesse che
affronti le problematiche legate allo sviluppo turistico, alla tutela e alla custodia, e nello stesso
tempo promuova e sostenga la ricerca scientifica, è stata avviata una procedura di verifica globale
dello “stato di salute” in cui l’arte rupestre della Valcamonica oggi si trova. Questa notizia ha avuto
recentemente un certo risalto sui giornali locali e non ha mancato di suscitare anche qualche
vibrante ma isolata polemica.
DI COSA STIAMO PARLANDO?
L’arte rupestre di Valcamonica è un patrimonio archeologico di circa 1.500 superfici rocciose
all’aperto, sulle quali sono state incise centinaia di migliaia di raffigurazioni durante un arco
cronologico che, pur avendo il suo inizio nella Preistoria e il suo culmine nel I millennio a. C., si
estende ininterrottamente fino all’Era Moderna. Si tratta di un complesso figurativo di inestimabile
valore culturale. Attraverso l’arte rupestre è infatti possibile ricostruire aspetti complessi del
pensiero e dell’ideologia di popolazioni scomparse, integrando le informazioni che ci giungono
dalle fonti archeologiche con elementi a volte sorprendenti e spesso ancora largamente misteriosi.
L’arte rupestre rappresenta quindi una sfida alla scienza e alla cultura contemporanee e insieme
un’occasione e uno stimolo al superamento delle invisibili barriere che separano la comprensione
reciproca fra modi di pensare distanti nello spazio o nel tempo.
PERCHÉ QUESTO PATRIMONIO È FRAGILE?
Gli antichi autori di queste opere selezionarono con cura i luoghi delle istoriazioni, realizzando le
immagini su un supporto che ha saputo preservarle nei millenni. Coloro che oggi si recano in visita
in Valcamonica incontrano un immenso giacimento archeologico e iconografico in situ e con esso la
rara possibilità di riviverne l’intimo rapporto con l’ambiente circostante. Tale caratteristica, se da un
lato ne rappresenta un inestimabile valore aggiunto, dall’altro ne evidenzia anche l’intrinseca
debolezza, mostrandone chiaramente la natura di bene culturale difficile da musealizzare e da
proteggere.
Una modesta percentuale di queste superfici (circa il 30%) è attualmente inserita in aree protette di
differente tipologia giuridica (parchi di competenza comunale, regionale e nazionale), purtroppo
non sempre sufficienti a garantirne la salvaguardia e, al contempo, una “sostenibile fruibilità”
pubblica.
COSA STA SUCCEDENDO?
Ai tradizionali problemi di conservazione, come l’inquinamento atmosferico e l’azione degli agenti
naturali (esfoliazioni e distacchi superficiali, attacchi di organismi biologici quali muschi, licheni e
alghe), è da aggiungersi la deliberata azione dell’uomo, che senza dubbio ne costituisce oggi più
che mai il fattore più repentinamente distruttivo.
Solo negli ultimi due anni numerose importanti rocce istoriate, per la maggior parte situate
all’interno di aree protette, sono state sfigurate a seguito di atti di vandalismo o di negligenza:
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gennaio 2002: vengono date alle fiamme le due ricostruzioni di capanne dell’Età del Ferro che si
trovano all’interno della Riserva Regionale di Ceto-Cimbergo-Paspardo, una delle quali
viene completamente distrutta;
primavera 2002: su una roccia fittamente incisa di Paspardo (loc. Vite-Deria) viene
definitivamente infisso un perno metallico a pochi centimetri da alcune raffigurazioni
preistoriche durante i lavori temporanei di sollevamento del legname dal bosco sottostante;
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luglio 2002: la roccia 30 di Foppe di Nadro, una eccezionale composizione monumentale dell’Età
del Rame, viene sfregiata da ignoti che rovinano alcune figure preistoriche e vi incidono
accanto il sedicente richiamo a pseudo radici culturali di supposta matrice “celtica”;
primavera 2003: alcune rocce di recente studio, poste ai lati dell’antico sentiero acciottolato
Grevo – San Fiorano, vengono completamente distrutte in seguito ai lavori di allargamento
del sentiero stesso, ora ampio e asfaltato;
estate 2003: numerose figure delle rocce 36, 38, 39, 40 di Foppe di Nadro vengono
irrimediabilmente danneggiate mediante graffiti ripetuti al loro interno;
inverno 2003: durante i lavori di ampliamento di una vecchia mulattiera in località Dos Costapeta
(Paspardo) vengono costruiti manufatti in cemento e pietra a ridosso di un’importante roccia
incisa, che per altro portava già i segni di precedenti gravi atti vandalici (figure graffite,
scritte, ecc.); la roccia viene in più punti danneggiata dalla pala della ruspa;
maggio 2004: al margine della strada Capo di Ponte – Paspardo, in località Deria, viene
frantumata parte di una roccia incisa durante i lavori di posa del metanodotto;
primavera 2004: la roccia 27 di Foppe di Nadro viene rovinata da estesi graffiti; più o meno nello
stesso periodo alcuni vandali sfregiano una roccia di Paspardo appena studiata dalla
Cooperativa Archeologica “Le Orme dell’Uomo” e posta nei pressi dei giardini pubblici del
paese in località Castagneto;
estate 2004: il Masso dei Corni Freschi, una composizione monumentale dell’età del Rame nei
pressi di Darfo Boario Terme, da poco sottoposto a restauro e consolidamento da parte della
Soprintendenza, viene abitualmente utilizzato dai free-climbers come parete di arrampicata;
evidenti i danni causati dall’uso di polveri di manganese e chiodi da scalatore;
settembre 2004: su una roccia della località I Verdi, appena studiata dal Dipartimento
Valcamonica del CCSP e posta all’interno della Riserva Regionale delle Incisioni Rupestri
di Ceto-Cimbergo-Paspardo, vengono profondamente incise da ignoti alcune scritte;
novembre 2004: durante i lavori di ampliamento della strada Cemmo-Pescarzo (Capo di Ponte),
in località Bedolina, viene quasi completamente distrutta una roccia istoriata tornata in luce
per la prima volta proprio in seguito ai lavori di sterro e purtroppo non riconosciuta dagli
addetti preposti al controllo;
novembre 2004: la roccia 6 di Foppe di Nadro, una tra le superfici maggiormente visitate della
Riserva per l’immediata accessibilità e per la ricchezza delle incisioni presenti, viene
gravemente sfregiata in numerose sue parti da ignoti. Alcune raffigurazioni, che
rappresentano degli unicum nell’intera Valle, vengono indelebilmente danneggiate a colpi di
pietra. Si tratta probabilmente dell’episodio più grave tra quelli qui ricordati.
A questo elenco sono poi da aggiungersi numerosi altri atti non precisamente collocabili nel tempo,
le cui conseguenze sono tuttavia ancora ben visibili sulle rocce: residui di calchi in gesso e in pasta
siliconica, che in taluni casi obliterano completamente le incisioni; levigature di superfici per
sfregamento di oggetti litici; evidenziazioni delle incisioni con materiali coloranti (pigmenti, pastelli
a cera, ecc.).
Passati invece a irrimediabili e ormai storici “dati di fatto” i ben noti danni causati dall’incontrollata
proliferazione di infrastrutture (tralicci dell’alta tensione, strade, edifici, ecc.) nei pressi, se non
addirittura a ridosso, delle aree istoriate.
COSA POSSIAMO FARE?
Per prima cosa cominciare a chiederci quali potrebbero essere alcune delle condizioni che rendono
possibili questi avvenimenti. Fra queste si possono annoverare:
1. la libera fruizione delle rocce istoriate in qualsiasi momento (con la sola eccezione del Parco
Nazionale di Naquane);
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2. l’inadeguato sviluppo di un rapporto positivo e produttivo fra la popolazione locale (con
poche rare eccezioni) e il patrimonio archeologico;
3. la mancanza di educazione e di sensibilizzazione nei confronti di un bene culturale unico e
“di tutti”;
4. la costante assenza di procedimenti giudiziari e/o indagini relative agli “ignoti vandali”;
5. l’assenza di coordinamento progettuale e operativo tra i vari Enti coinvolti nella gestione,
nell’amministrazione, nella ricerca.
Scaricato da:
http://www.comune.pisa.it/gr-archeologico/musvir/rawt/prelim.htm
nel sito troverete l’edizione originale del volantino, corredato di immagini. Qui riportiamo solo il
testo.
L’arte rupestre non è eterna
Il tempo e gli elementi consumano le rocce dei nostri monti calcarei. Poiché la superficie della
pietra viene ossidata dall'atmosfera in modo continuo, le tracce delle incisioni vengono erose
sempre più fino a diventare indistinguibili. Le piogge acide contribuiscono ad accelerare questi
processi naturali e non esistono tecniche efficaci per rallentare la scomparsa dei segni. Per questo
dobbiamo fare in modo di allungare il più possibile la vita dell'arte rupestre, lasciando almeno che
essa muoia di morte naturale.
Quindi ricorda che ....
! Le incisioni non si toccano.
Qualsiasi intervento sulle incisioni non fa che alterarle o aumentarne il degrado. Evita nel
modo più assoluto di evidenziarle con mezzi artificiali come pitture o sfregamento con
utensili o matite. Anche l'uso del semplice gesso da lavagna può indurre alterazioni e non e'
quindi consentito.
! Se sei uno specialista, non tentare di prendere calchi. Una buona fotografia, magari in
luce radente, può funzionare da documentazione sufficientemente fedele.
! Attenti alle scarpe. Quando visiti una roccia con le incisioni ricorda che i tuoi scarponi
possono rovinarle : la pietra può essere graffiata dai tacchi o peggio può essere sporcata di
gomma dalle suole.
Se proprio devi camminarci sopra, TOGLITI LE SCARPE !
! Attenti ai vandali. Le incisioni rupestri sono un patrimonio culturale e di tradizioni che
appartiene a TUTTI, ma sono anche isolate e difficilmente proteggibili da azioni di
vandalismo gratuito e ignorante, e una volta perdute o rovinate, la loro integrità non e' più
ripristinabile. Per questo evita di mostrarle o di indicarne l'ubicazione a persone che non
danno affidamento di assoluto rispetto per questo patrimonio.
! Rispetta le Incisioni. Astieniti dall'aggiungere anche la tua personale "arte rupestre". Le
incisioni antiche sono un patrimonio culturale che va rispettato e preservato, esattamente
come un quadro di Botticelli.
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Scaricato da :
http://www.icr.beniculturali.it/Progetti/Antigraffiti/Antigraffiti01.htm
PROGETTO ANTIGRAFFITI
Introduzione
Il dilagare del vandalismo grafico non risparmia nemmeno i monumenti e la visione semplicistica
di quanti riducono il problema della pulitura dei graffiti all'ambito della manutenzione delle strade,
rischia di provocare ulteriori danni, oltre a costituire una prova della scarsa conoscenza dei termini
del problema1.
Al contrario, l'imbrattamento con vernici e/o
pennarelli costituisce un grave danno per i
monumenti, dal momento che qualsiasi sistema di
rimozione, sia meccanico che chimico, comporta
inevitabilmente
una
compromissione
delle
caratteristiche fisiche delle superfici interessate.
I mezzi di tipo meccanico si basano sulla possibilità
di abradere in vario modo gli strati costituiti dalle
sostanze estranee fino alla loro completa rimozione.
Quando l'operazione viene effettuata con metodi
industriali di pulitura (sabbiatrici industriali,
idropulitrici, frese a rotazione ecc.), cioè nei casi più
frequenti, i danni sulle superfici trattate sono certi e consistono nell'asportazione di spessori più o
meno consistenti di pietra, insieme alla vernice da rimuovere. Con metodi di pulitura meccanica di
precisione e l'intervento di tecnici specializzati, vale a dire a costi decisamente onerosi, è possibile
minimizzare ma non eliminare del tutto tale rischio.
Con i mezzi di tipo chimico si cerca solubilizzare il colore facendo in modo che non penetri
ulteriormente nella pietra o si spanda, creando antiestetici aloni. Questa operazione è, nella
maggioranza dei casi, da considerarsi un vero e proprio restauro, di esito incerto, che dipende dalla
natura chimico-fisica della pietra, dal tipo di vernice, dal "veicolo" solvente con cui essa è stata
formulata, nonché dalla procedura che viene utilizzata. D' altro canto l'uso del solvente più idoneo a
rimuovere la vernice non è di per sé sufficiente a garantire risultati soddisfacenti sia dal punto di
vista estetico che conservativo (probabilmente tutti abbiamo sperimentato a nostre spese quanto sia
difficile togliere una macchia d'inchiostro che pure è solubile in acqua, proprio per il fatto che
questa ha un'ottima azione solvente e tende a spandere ulteriormente l'inchiostro). A questo si
aggiunge il fatto che la generalità dei solventi sono tossici per gli operatori e richiedono mezzi di
protezione adeguati.
Preso atto che la rimozione di una vernice comporta inevitabilmente una compromissione delle
caratteristiche fisiche delle superfici interessate, sia che vengano utilizzati mezzi di tipo meccanico,
che prodotti chimici, si è finalmente fatta strada la convinzione che la prevenzione sia comunque
una strada da percorrere e si è cominciato a pensare di proteggere anche le superfici a rischio dei
monumenti con vernici "antigraffiti". Si tratta di formulazioni a base di differenti principi attivi che,
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Un intervento molto praticato per eliminare scritte imbrattanti sui paramenti esterni consiste in realtà non
nel rimuoverle, ma nel nasconderle con strati di pittura monocroma, con il risultato di un effetto estetico
decisamente sconfortante.
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una volta applicati, dovrebbero costituire una barriera protettiva da possibili imbrattamenti
vandalici, e rendere la rimozione dei graffiti un'operazione estremamente semplice e priva dei rischi
precedentemente descritti.
Esistono due tipologie di prodotti antigraffiti in commercio. La prima è costituita da quei prodotti
che una volta applicati sulla superficie da proteggere vengono eliminati con la pulizia della scritta;
quindi ogni volta che si elimina la scritta è necessario ripristinare anche il trattamento. La seconda è
costituita da quei prodotti che non vengono solubilizzati dal solvente utilizzato per rimuovere la
vernice, e che mantengono la loro efficacia anche dopo una serie successiva di puliture. I primi
vengono definiti antigraffiti sacrificali, i secondi permanenti. Trattandosi di prodotti inizialmente
formulati per l'edilizia civile e industriale, non sempre rispondono ai requisiti richiesti ai materiali
da usare nel campo dei beni culturali, quali la non interferenza visiva, l'inerzia chimica e biologica,
oltre che la reversibilità.
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http://www.patrimoniosos.it/
Noto, atti vandalici agli edifici storici:
«Telecamere per salvare i monumenti»
Una proposta al sindaco dai club UNESCO
Giornale di Sicilia Siracusa, 1 ottobre 2005
PATRIMONIO ARTISTICO. La proposta e stata avanzata al sindaco da Perez dei club Unesco. «Potranno
essere d'aiuto agli investigatori e scoraggeranno gli autori di simili gesti»
NOTO, (vr) «Basta con gli attacchi vandalici agli edifìci settecenteschi. Tuteliamo il nostro patrimonio
artistico contro le insidie portate da sconsiderati». Una sola voce; una voce comune contro gli attacchi al
patrimonio. Un crescente grado di vandalismo che ha spinto Antonino Perez, responsabile del Club Unesco
di Noto, organizzazione non governativa dell'Unesco, all'indomani dell'ultimo atto vandalico che ha
provocato danni all'appena restaurata chiesa del Santissimo Crocifisso, a sollecitare l'amministrazione
comunale «affinchè prenda con immediatezza dei provvedimenti concreti». E contro gli atti di inciviltà,
Perez - che ha contestato anche il posizionamento dei cassonetti per la raccolta dei rifiuti dati alle fiamme,
sistemati alla destra del prospetto della chiesa - ha suggerito la sistemazione di telecamere. «Ho chiesto
ufficialmente al sindaco di provvedere alla sorveglianza di tutti i monumenti della città attraverso una rete di
telecamere a circuito chiuso. Telecamere che se da un lato, in caso di atti di vandalismo, possono essere
d'aiuto agli investigatori, dall'altro hanno il compito di scoraggiare i soliti "ignoti" dal compiere simili gesti».
Atti di teppismo che stanno generando reazioni di sdegno tra la gente. Per Cetty Amenta, consigliere
comunale (…), «la città è allo sbando, abbandonata a se stessa, senza controllo. Con l'ultimo oltraggio alla
chiesa del Crocifisso si è passata ogni misura. Più volte ho chiesto al sindaco di organizzare un incontro con
il prefetto e le forze dell'ordine per trovare una soluzione al problema della sicurezza della città (…). La mia
indignazione non dipende dal fatto che Noto è patrimonio dell'Umanità, né tanto meno intendo sottolineare il
grave danno in termini di immagine e di sviluppo economico che si potrebbe abbattere qualora, fra meno di
tre anni, non dovessimo passare l'esame dell'Unesco. In questo momento il problema è diverso - ha aggiunto
Amenta - e riguarda il nostro amore per la città, per le nostre cose, per la nostra storia, le nostre tradizioni. A
cosa serve dire che amiamo Noto quando poi tolleriamo, o peggio ancora subiamo, che sia sistematicamente
violentata, magari sotto i nostri occhi. Oggi è toccato al Crocifisso, prima alle scale della Cattedrale,
all'Immacolata, alle edicole votive».
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