Giordano Bruno e il pensiero del rinascimento

T?
NEGA
*^»
/
..^
^
o
C^
>
Q
^7J5
u^
MICROFILMED
1992
COLUMBIA UNIVERSITY LIBRARIES/NEW YORK
as part of the
"Foundations of Western Civilization Preservation Project"
Funded by the
NATIONAL ENDOWMENT POR THE HUMANITIES
Reproductions
may
not be made without permission from
Columbia University Library
COPYRIGHT STATEMENT
The copyright law of the United States - Title 17, United
States Code - concems the making of photocopies
or other
reproductions of copyrighted material...
Columbia University Library reserves the right to refuse to
accept a copy order if in its judgement, fulfillment
of the order
would involve violation of the copyright law.
,
AUTHOR:
NULE,
G!0^^
^ÌJ^"
TITLE:
ORDANO BRUN^
II
PENSIERO
PLACE:
ENZ
DATE:
.
.
.
Master Negative #
COLUMBIA UNIVERSITY LIBRARIES
PRESERVATION DEPARTMENT
BIBLIOGRAPHIC MICROFORM TARCFT
Originai Material as Filmed
-
Existing Bibliographic Record
mmwmm>$mmmmimmmm <i"n|fHi|ipp
196B83
DG
»
V
Gentile, Giovanni^ 1875-1944.
Giordano Bruno e il pensiero del Hnascimen«'
• • •
to.
Firenz, Vallecchi, £l920«'j
293 p«
19^ cm.
G. Codignola^ III
(il pensiero moderno, a cura di
,-
.).
At head of title: Giovanni Gentile.
«:
-13?;l>
Restrictions
KJ
on Use:
TECHNICAL MICROFORM DATA
FILM SIZE:
^.X^^ilf,.^.
IMAGE PLACEMENT: lA HA' IB
DATE
FILMED:__f_r_/:7_-r_t^_
REDUCTION RATIO:
IlD
INITIALS___/^.vtl
HLMEDBY: RESEARCH PUBLICATIONS, INC WOODDRIDGE. CT
•
l(
Y-
r
Associatìon for Information and Image
1100 Wayne Avenue. Suite 1100
Silver Spring,
Management
Maryland 20910
301/587-8202
Centimeter
1
UJ
I
2
3
4
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
I
5
6
7
9
8
10
Jm
UiinjiLmlmi^^
llllllllllllllIlH lllllllll llllllllllllllllll
I
TTT
ri
Inches
1.0
*
I
I
11
25
99
tu
-
ìSà
2.0
LI
•-
u
18
1.25
MfiNUFflCTURED TO
1.4
RUM
BY fiPPLIED IMflGE,
1.6
STRNDRRDS
INC.
13
14
15
liiiiliiiiliiiili
I
IJO
Z
12
TTT
#]
mm
V
'^^^
ì.
ì..
'iti
•-'
-
'
.
^av*
'.W
'
in
.
iièt
!^7*-
J
-^j»
tfv'
iì~
*
«IV
h#
:y
i-fn
;?<
'^s*
%
*^fcf
*Ji.
,
m^
'
hv
*H
-
'J4'/r,:'f
i
i
-
mr.
.*e**'!
t^-
It^Sf'
;lri#*
'£
,.<^>;
L^i
jHfey *
•
ftAJ
4Sr^
sf
^^
'/.
i-,
' %, ^'
jt
!#-'
^^P
^'
-i
-*
i-^
.^
-
""
V
*
il?
•"-f^l
^iv
•
'.
1.
34!.
/.-
fipJX
.«j*
:
f
14*^?
IS"
\\ i-*^
* rf
•j
?t
'
_
,
^^
«
.,
*
,' jf'
!tf.
rrjf^'«rr,'::f:/isir«-'-"
*a,«
"^
Columbia ®nibergitp
in
tfje
Citp of ^ctD gorfe
LIBRARY.*.
*^w
.
.
f
I
•
s»
\
K
IL
PENSIERO MODERNO
a cura di E. Codìgnola
III
GIOVA"NNI GENTILE
GIORDANO BRUNO
IL
PENSIERO DEL RINASCIMENTO
1^
'•
•
GIOVANNI GENTILE
GIORDANO BRUNO
E
IL
PENSIERO
DEL RINASCIMENTO
ì
l
VALLECCHI EDITORE FIRENZE
ì
i^tij.
J
*f*-^a
V
r~"
alla memorl\
de' miei poveri fratelli
GAETANO
MIEI
COMPAGNI
nella
I
PROPRIETÀ LETTERARU
d'
I
E
ROSINA
AMORE
E DI SOGNI
ANCIULLEZZA
ENTRAMBI CADUTI
SULLA SOGLIA DELLA VITA
\^53S5
3^
/
u P
Firanze.
1920
-
SubO. Tipog. A. VaUecchi. Via
RicaM>fi. 8.
i
l
V**
^
^1
\
PREFAZIONE
:l
la
^«1*^
Pubblicando nel 1907 per 1^ P"^^
volume
questo
di
capo
a
è
Conferenza che
era stata
seguente avvertenza, che
vi premisi la
discorso:
pure l'esordio del mio
una
delle
illustrazione
^agiom pecuUan d^"^
|
„ ^i
r\\i^oneTciel suo atteg,ian.onto
^^^..TLCiLZtX
-rso V Inqms:.one^
ve^
e
la
mfornu
^^^^ deU'argomento
la"iorrtfl^oTcn|orfJche .u.^^^^^
lerenza, tenuta
invito della
\A
e
m Pf^^^' -la pXanone ^nazionale degli
riparare
S«.^'°"[-^'°^t.lVfoUe in questo modo
ne sia stato .1
df certo approvabile, quale che
^'.v'^ctnP
airomissione r,^n '''.^^"°j;-»^|;
ricorrenza centenana
gloriosa
8'""
("""J
ta,
anni
'*
sette
,
motivo) onde,
-^ aie
^xcvxi modo
parve opportuno non fosse
del rogo di Bruno
re o^ni anno
g
m
ricordata nelle nostre scuole
d^ un
,^.so. tutti i "«estri
tati
%
tv
4
a interrompere
il
^ove p^
capo aU ^R
.^^_
^
°^
'comrAemorazioni
ed educativo,
«^'^^^^^"^aVore didat^
—8—
Cnn'rf^^''*' ^^'
caziom
''''^^"
anticlericali
&^^"^si 6
ma
•
rìt-ì
quali avranno forse tutte
Sar'e'^r"
Tn*^""""
le
licei SÌ
Ti?„r.^
loro
"^^^^^
ricordasscro essi
vcb^ujo ai rivendi-
/
buone ragioni di s/htTm»,
"^-""'"^
T'non
cfove^^
Ifst^^rtr. verS: S^^.otrrpe?
me^^i^rM^fofS^t^
^'
dM
^*^"^"-'
=^
(qui o rivetosto unire vari miei studi posteriori
problemi
dei
duti o ampliati), riguardanti taluni
Bruno
stesso
dallo
fondamentali che si agitarono
Rinascimento,
e dagli altri pensatori del nostro
riverberano
insieme,
tutti
e che, studiati così,
e di tutta
Bruno
del
pensiero
sul
una viva luce
quell'età di cui egli è
^^
^^
il
martire.
G. G.
difesHntrn^rX
D' inestinguibil odio
E
d'
indomato amor
;
-V
CUI tutti
1
partiti
umam,
perchè umani, s'inchinano
Alla Conferenza qui ristampata
con poche
aggiunte e modificazioni (poiché
gh studi più
recenti
tesi)
non hanno scosso menomamente
seguiva nel
sieme con
altri
la
1907 un'Appendice, che
mia
in-
scritterelli
bruniani verrà ora
compresa in altro mio volume di
Ricerche sulla
filosofia del Rinascimento
che seguirà prossimamente a questo, e gli servirà
quasi di complemento. Alla vecchia conferenza
ho
preferito piut-
^m^mm^
71jm^
^ '.
tm
\
I.
GIORDANO BRUNO
NELLA STORIA DELLA CULTURA
\'i
Dal volumetto
:
G. B. nella storia dilla cultura.
Giordano Bruno non fu uomo pratico, né anche
Palermo, Sandron, 1907,
^y
per propagare le sue idee. Non ebbe il pensiero agli
uomini che gU si agitavano attorno e tra i riformati
potè parere riformato, cattolico tra i cattolici « academico di nulla academia », come egh seppe definirsi,
in institi a hi lari s, in hilaritate tristis.
« detto il fastidito »
Sentì profondamente la propria solitudine, come tutti
e però fu realmente estrai grandi spiriti contemplativi
neo a tutte le chiese (benché non potesse non giudicare.
il contenuto speculativo dei loro dommi) per ciò che
;
:
:
;
anche
le
chiese
come organismi
hanno
di
di
mondano,
volontà,
rette
pratico,
storico,
da una disciplina,
dommi, sollecite
Bruno ebbe altre
preoccupazioni, altri amori. Il suo spirito mirava più
alto, a un segno che è fuori di tutti gli umani consorzi
ordinate alla propagazione
di
certi
del trionfo sociale di certi principii.
Il
;
e sdegnò quindi anche la gloria, che altri attende dalle
moltitudini « Perchè il numero de' stolti e perversi è incomparabilmente più grande che de' sapienti e giusti,
:
a viene che, se voglio remirare alla gloria, o altri frutti che
parturisce la moltitudine de voci, tanto manca eh' io
debba sperar lieto successo del mio studio e lavoro, che
più tosto ho da aspettar materia de discontentezza, e
da stimar molto meglio il silenzio ch'il parlare. Ma,
'\
i
,
—
14
— 15 —
—
conto de l'occhio de l'eterna veritade, a cui le
cose son tanto più preciose ed illustri, quanto talvolta
non solo son da più pochi conosciute, cercate e possedute ma, e oltre, tenute a vile, biasimate, perseguitate,
accade eh' io tanto più mi forze a fendere il corso de
r impetuoso torrente, quanto gli veggio maggior vigore
aggionto dal turbi do, profondo e clivoso varco d *).
Altrove, accennando alla guerra, che le sue dottrine logiche e cosmologiche incontravano in Inghilterra, dove egli dimorò dal 1583 air85
« Se volete
intendere », dice, « onde sia questo, vi dico che la caggione è l'universitade che mi dispiace, il volgo eh* odio,
la moltitudine che non mi contenta, una che m* irmamora quella, per cui son libero in sugge zi one, contento
in pena, ricco ne la necessitade, e vivo ne la morte.
Tndi accade che non ritrao, come lasso, il piede da
l'arduo camino.... Parlando e scrivendo, non disputo
per amor de la vittoria per se stessa...
ma per amor
della vera sapienza e studio della vera contemplazione
ni 'affatico, mi crucio, mi tormento » ').
^11 suo vero amore è l'amore dell'eterno e del divino, Vamor Dei infelledualis, onde precorse quel grande
mistico della filosofia intellettualistica, che fu nel secolo
successivo Benedetto Spinoza. Nuovo misticismo, che
se fo
;
:
:
;
male fa raccostare il nostro filosofo ai neoplatonici,
benchò sia innegabile, anzi notevolissimo, l'influsso
della loro filosofia su quella del Bruno. La conoscenza
del divino propugnata dal Bruno non è estasi, o unione
immediata, benché abbia per suo termine appunto
l'unione, onde lo spirito, egh dice, «doviene un dio
dal contatto intellettuale di quel nume oggetto » ')
ma è un processo razionale, un discorso dt^l' intelletto,
;
*)
Lo Spaccio della bestia trionfanif, in Opere italiane,
ed. Gentile, Bari, Laterza, 1907-8, II, 4.
^. ') De l'infinito, universo e mondi, \n Opere italiane, I, 262.
') Eroici
furori, in Opere italiane, II, 333.
e propria filosofia. Egli bada bene a distinguere l'eroico furore, o processo sopramondano dello
«certa divina astrazione, per cui dovegnono
spirito
in due
alcuni megliori in fatto che uomini ordinari »
specie ben diverse ima, per cui «altri, per esserno fatti
stanza de dei o spiriti divini, dicono e operano cose
mirabili, senza che di quelle essi o altri intendano la
raggione e tali per l'ordinario sono promossi a questo
una vera
—
—
:
;
da
l'esser stati
prima
indisciplinati e
ignoranti
;
nelli
quah, come voti di proprio spirito e senso, come in una
stanza purgata, s' intrude il senso e spirito divino ».
I profeti, insomma, gì' ispirati, gì' invasati da Dio, i mistici veri e propri, che si annichilano in Dio con l'impeto dell'amore. L'altra specie è quella, per cui i filosofi si sollevano razionalmente alla cognizione del divino onde, «altri, avvezzi o abili alla contemplazione,
e per aver innato un spirito lucido e intellettuale, da
uno interno stimolo e fervor naturale, suscitato da
l'amor della divinitate, della giustizia, della veritade,
della gloria, dal fuoco del desio e soffio dell'intenzione'
acuiscono gli sensi e nel solfro della cogitativa facultade accendono il lume razionale, con cui veggono più
che ordinariamente. E questi non vegnono al fine a
parlar e operar come vasi e istrumenti, ma come principali artefici ed efficienti ». Tra i primi, che sono, come
ho detto, i vori e propri mistici, passivi verso la divinità che albergano, e i secondi, che realizzano in sé
:
;
spirito divino, non occorre dire per chi parteggi
l'autore della Cabala del cavallo pegaseo e deW Asino
« Gli primi
cillenico, satire amare della santa ignoranza
lo
:
son degni come
gli
che porta li sacramenti
secondi come una cosa sacra. Nelli primi si considera e
vede in effetto la divinità, e quella s'admira, adopra
e obedisce.Ne^li secondi si considera e vede l'eccellenza
della propria umanitade ».
l'asino,
;
L'eroico furore di Bruno non è, dunque, come egH
ci dice, un «oblio, ma una memoria ». Anche lui,
stesso
/
17
— 16 —
1
la volontà, tale è la
letta
in vero, dirà enfaticamente nell' Oratio valcdidoria,
veche
marzo
1588,
r8
Wittenberg
all'Università di
stuldere Minerva est caecum fieri, per hanc sapere est
tum esse *). Ma tale cecità e stoltezza è la cecità e
inconstoltezza a cui tutti i filosofi devono andare
alla filotro volenterosi, se aspirano sinceramente
valori
è la cecità e stoltezza per la realtà e i
sofia
gli
empirici, che non possono essere la stessa realtà e
della filosofia. Pure, con questa cecità e
:
valori
può
è troppo evidente che il filosofo non
empinci,
più operar nel mondo della realtà e dei valori
a cui egli si è sottratto. Il suo mondo è, in un certo
senso, fuori di questo, in cui gli uomini ordinariamente
stessi
stoltezza
agiscono.
se
è
In
filosofo,
pratici.
altri
termini,
interessi
Questo fu
il
il
filosofo
pratici, cioè
i
non può avere,
comuni interessi
pensiero vivo di Bruno.
II.
Soltanto tenendo presente questo concetto della
sopramondanità della filosofia, si può intendere l'atteggiamento del Bruno verso la Riforma e verso la
atteggiamento, in cui si concentrano
Chiesa romana
:
sua
risultati del suo filosofare e si configura tutta la
grandezza storica.
^ei dialoghi De V infinito, universo e mondi, dopo
aver dimostrato la necessità dell'effetto infinito dell' inpossibilità
finita potenza di Dio, e negata quindi la
tale è
l'atto,
«quale
è
perchè
volere,
del
dell'arbitrio
i
potenza
»,
soggiunge
:
«
Tutta volta
lodo, che alcuni degni teologi non admettano questi
perchè, providamente considerando, sanno
sillogismi
che gli rozzi popoli e ignoranti con questa necessità
vegnono a non posser concipere come possa star la
;
elezione e dignità e meriti di giusticia; onde, confidati
o disperati sotto certo fato, sono necessariamente sce« Quel che è vero, è pernicioso
leratissimi ». E ancora
:
alla civile conversazione, e contrario al fine delle leggi ;
per esser male inteso, tanto
non per esser vero,
ma
per quei che malignamente il trattano, quanto per quei
che non son capaci de intenderlo, senza iattura di
costumi
».
verità della filosofia, insomma, è solo per la
stessa
fiosofia. La verità della vita pratica, e della
religione, in quanto istituto sociale e chiesa institutrice
dei popoh,può e talvolta, secondo il Bruno, deve essere
una verità diametralmente opposta alla verità della
filosofia. Bruno dunque, il fastidito, potete voi immaginarvclo montato sul proscenio d'un teatro per esporre
la nolana filosofia ad un'accolta di sodaHzi popolari ?
Certo, egli per suo gusto non sarebbe mai entrato in
contrasto con i degni teologi, che insegnavano dottrine contrarie alle sue. E quelli, che oggi del nome
di Bruno si servono per combattere essi i degni teologi
del tempo nostro, e per combatterh non nel giudizio
pei quali le dottrine di questi teologi
dei filosofi,
appartengono a un passato lontano, che forse non ocanzi nel giudizio degli onesti
corre più criticare ;
La
—
—
operai delle città e delle campagne. Bruno li avrebbe
bollati, come nel De l'infinito bollò i luterani propagatori della dottrina De servo arbitrio, chiamandoli
i-corrottori di leggi, fede e religione », i quah, «volendo
parer savi, hanno infettato tanti popoli, facendoli do-
venir più barbari e scelerati, che non eran prima, dispreggiatori del ben fare, e assicuratissimi ad ogni
*)
Vedi Opera
laiine conscripia
(ed.
nazionale),
I,
i,
7.
2
—
Giordano Bruno e
il
ptnuer« del Rinaiciment»
— i8 —
19
vizio e ribaldaria, per le conclusioni che tirano da simili premisse » ^).
Bruno, « non
« Le vere proposizioni », protesta il
son proposte da noi al volgo, ma ai sapienti soli, che
possono aver accesso all' inteUigenza di nostri di-
questo principio de pende, che gli non men
dotti che religiosi teologi giamai han pregiudicato alla
libertà dei filosofi e gli veri, civili e bene accostumati
perchè gli
filosofi sempre hanno faurito le religioni
uni e gli altri sanno, che la fede si richiede per l' instituzione di rozzi popoli, che denno esser governati, e la
demonstrazione per gli contemplativi, che sanno go-
Da
scorsi.
;
;
V(prnar sé e altri
»
^).
F a u r i r e le religioni! Ecco un principio
della filosofia bruniana, che non si dovrebbt^ dimenti-
/
care
legge,
Bruno. Pel Bruno non c'è
Stato, senza religione. Quell'assurdità,
formula con la frase, vuota d'ogni senso
quando si
non e' è
che oggi
si
fa appello al
speculativo, di « Stato ateo », per Bruno era appunto
un'assurdità. Lo Stato dev'essere, fx?r essere qualche
cosa, una sostanza etica. Ora, questa sostanzialità,
che è sempre divinità, perchè Dio è per l'appunto la
realtà assoluta, la realtà che è principio di tutte le
qresta
realtà, ossia il fondamento d'ogni sostanziaUtà
sostanzialità, dico, si potrà, concepire diversamente e
oggi si deve concepire non Come un di là rispetto alla
:
volontà, ma come l' intima essenza della volontà
stessa ma negarla, è negare la realtà dello Stato, scalzare la legge, e distruggere quel valore che si vuol rivendicare. Bruno all'uomo vaso di Dio contrappone,
come s' è veduto, l'uomo artefice ed efficiente di Dio,
sacro per la sua stessa umanità. Questa negazione, non
del divino, ma solo della trascendenza del divino, im-
umana
;
ì
*)
Opere
*)
Op.
italiane,
cit.,
I,
—
porta, se mai, l'unità della legge e dello Stato con la
non la separazione, che oggi si proclama, e
quindi l'eliminazione del divino dalla legge e dalla vita
civile. E forse gli stessi propugnatori dell'ateismo dello
religione,
Stato intendono negare piuttosto il Dio trascendente
che ogni Dio. Ma, anche in tale supposto, il Bruno non
può dirsi che sia con loro. Perchè siffatta immanenza
basterà, pel Bruno, alla «demonstrazione de' contemplativi, che sanno governar sé ed altri », non alla «instituzione dei rozzi popoli, che denno essere goveril concetto dell' immanenza come il connati ». Cioè
cetto dell' identità della libertà divina conia sua necessita razionale, non è negazione di Dio soltanto per lo
spirito veramente libero del filosofo, che non ha la legge
fuori di sé, anzi è già la stessa \eggQ (onde governa sé
ed altri) ma negazione di Dio è per lo spirito incolto
ancor lontano dalla libertà assoluta, e che ha perciò
tuttavia la legge fuori di sé. A questo spirito, per cui la
:
'
;
'
legge dev'essere legge positiva, per cui il diritto dev'essere diritto punitivo, per cui la legge, insomma, è ancora qualche cosa di diverso dal volere che le è subordinato, r immanenza del divino non ha senso la legge
lo Stato,
fatta dagli uomini non ha niente di divino
istituto umano e nient 'altro che umano, apparisce real:
;
mente
ateo.
e se in questi
il razionalismo bruniano
termini sa di clericale, pongasi mente a quel che si di-
Questo è
:
ceva dianzi il Bruno non si muove sullo stesso terreno,
clericali e i
su cui si schierano gli uni contro gli altri
cosiddetti liberi pensatori. Questi sono partiti pratici,
ed egli è al di sopra di tutti i partiti, studioso dell'eterna
verità. I partiti hanno una ragione storica contingente
e Bruno, in quanto filosofo, è fuori della storia. E fuori
della storia afferma questa verità, in cui clericali e liberi
:
i
pensatori, se vogliono filosofare e seguire il pensiero
non e' è
del Nolano, devono certamente consentire
legge che non sia legge assoluta e che non sia quindi
293-4.
:
pag. 2Q5.
Spl^.st- -.-,-
-T
---
hijWp'
4'
1
—
religione
ora, c'è
;
una
20
—
—
che è la filosofia per cui l'uomo crea a sé il suo
Dio e c'è una religione dei popoli, che è la religione
propriamente detta, del Dio ignoto, che crea l'uomo, e
la sua legge, e la sua buona volontà e, quindi la sua
stessa conoscenza di Dio. Una legge senza nessuna di
queste religioni non è legge uno Stato fuori di tutte le
lehgioni, non ha valore di Stato. Lo Stato del filosofo
non è Io Stato del popolo e se lo Stato è Icf Stato del
jx)polo o, per le meno, ha da essere anche lo Stato del
popolo, non può separarsi dalla religione del popolo,
è un
perciò
le
o
;
i
progressivo,
umanità,
il
;
;
;
;
spirito,
il
definitivo;
e
Sa lui accennata già quando
di religione.
f)arla di rehgioni,
r
.
j n
r
Spaccio della besta trionfante, deìÌB. rehPergione di Cristo, raffigurato in Chirone, vi dirà «
e quechè l'altare, il fano, l'oratorio è necessarìissimo,
però qua viva,
sto sarrebe'vano senza l'administrante
dispone alnon
se
eterno,
persevere
qua rimagna, qua
il valore del cnstiatrimente il Fato » *). Vale a dire
spenesimo non consiste propriamente nell'essere quella
come
E
reUgione.
una
nell'essere
ma
ciale religione che è,
religioni, in quanto adorazione
il cristianesimo, tutte le
hanno pc^ Bruno un assoluto valore a
.
nello
:
;
:
cui ci
progresso dello spinto nei popoli civili verso
la filosofia
quindi la ferma, per quanto spesso oscura,
certezza che l'avvenire non è de' teologi, ma de' filosofi, per dirla con i termini del Bruno
non è dei clericali, come oggi si dice, sì dei difensori della laicità
dello Stato. Ma questa certezza, nella scienza consapevole della natura dello spirito umano, non promette
una vittoria, come si dice, catastrofica, per cui tutte
le religioni positive cederanno p* r sempre il luogo al
senso filosofico, intimamente religioso, della divinità
dell'uomo
ma una infinita evoluzione dello spirito
religioso verso la filosofia
come a dire, un infinito
progresso nell'orientazione filosofica della vita pratica.
Progresso, che, in quanto infinito, non avrà mai termine onde una qualche sorta di clericali ci sarà sempre, diversa dalle passate, ma viva, invincibile, insuperabile. Perchè, secondo il detto profondo del leopardi.
pure,
conti, è
Ma,
lento, lentissimo
ha parlato il
Bruno, che è pcT se stessa sacra. Quindi, diciamolo
di
dello
Questa variabilità storica delle forme religiose, con
de.' popoH,
quali il Bruno sostiene che gì' institutori
come oggi si direbbe, le classi dirigenti devono fare
e non
senza restare agli occhi di esso destituito d'ogni valore.
C^rto, la storia, lo ^viluppo graduale della pubblica cultura, elevando a poco a poco la coscienza popolare e il suo concetto del divino, genera via via il
contrasto tra il contenuto sempre nuovo e la forma
sempre vecchia delle pubbHche instituzioni. Quindi l'atil
ideale
generale
:
realizzarsi di qu( Ila
momento
non può esser mai una realtà empiricamente
m
determinata, una condizione storica dello spinto
;
ma
—
poco filonessun maggior segno d'esser poco savio e
la vita. La filosofia
tutta
filosofica
e
savia
voler
che
sofo,
religione dei contemplativi, dei
filosofi,
trito de' partiti, e
21
V
del divino,
Onde,
prescindere dalle loro determinazioni particolan.
nello stesso
della religione naturalistica degli Egizi
vane fanSpaccio, dice che «que' ceremoni non erano
proprie orecchie
tasie, ma vive voci che toccavano le
perchè, « sì come la divinità discende in
degli'
Dei
certo
modo
»
;
per quanto che
si
comunica
alla
natura,
cossi per la
così alla divinità s'ascende per la natura,
vita che
alla
monta
si
naturali
cose
vita rilucente nelle
Dio essoprasiede a quelle ». «Conoscevano que' savi
nella natura,
latente
divinità,
la
e
cose
nelle
sere
oprandosi e scintillando diversamente in diversi sugordini venir
getti e per diverse forme fisiche con certi
;
,
a far partecipi di sé»
*).
;
«)
»)
Opere
Opere
ital.,
II,
ital.,
II.
209.
175-^76-
— 21 —
— 20 —
di
jdb^ione ; <gci^ c'è i
Mmoé^ eie è la £i3c>
ivi.
olì
V
poc^ savio e pODO
XK^ssun maggicir segano d
> io, che vc.j-racwu^
t un Tn r,
poofi» fl^Mi p:
,
jtta la
deBo spUto^
ìfésBilt
il
Tina naltii
V
—
Lw
filo-
La filosofia
definitivo: *
vita..
C--
ment:
^
:Stt!SnC3l
lac:
J?^
hm è fo Siato <^^
|S0fKil0 o^
per
le
aeiua ficaie a^^'
Certo,
la
^
dd
flosDfi»
Siato. Lo Sitalo
ilo ; e sr lo Siato è'kf Siato del
^a di esKie andie lo Siato del
-^ dalla idlìgpoiK; del popolov
-^ destFtnito d'ogtà ^sdoR*.
-viluppo giadoale: de^Da pob,
st
Uka
cahura, ekvaiKio a poco a poco la cosdema poil suo concetto del cfivino, genera via via il
contrasto tra il cont^ nuto sempre nuovo e la forma
sempre vecchia delle pubbliche instituzioni. Quindi l'atpolare e
trito de' partiti, e
realizzarsi di qu( Ila
il
progressivo,
umanità,
ma
di
lento, lentissimo
cui ci
ha parlato
il
se stessa sacra. Quindi, diciamolo
progresso dello spirito nei popoli civili verso
quindi la ferma, ptr quanto spesso oscura,
la filosofia
certezza che l'avvenire non è de' teologi, ma de' filonon è dei clerisofi, per dirla con i termini del Bruno
cali, come oggi si dice, sì dei difensori della laicità
dello Stato. Ma questa certezza, nella scienza consa-
Bruno, che è per
pure,
il
;
;
pevole della natura dello spirito
una
le
vittoria,
religioni
come
si
umano, non promette
dice, catastrofica, per cui tutte
positive cederanno
pt r
sempre
il
luogo al
senso filosofico, intimamente religioso, della divinità
ma una infinita evoluzione dello spirito
dell'uomo
come a dire, un infinito
religioso verso la filosofia
progresso nell'orientazione filosofica della vita pratica.
Progresso, che, in quanto infinito, non avrà mai termine onde una qualche sorta di clericah ci sarà sempre, diversa dalle passate, ma viva, invincibile, insuperabile. Perchè, secondo il detto profondo del leopardi.
;
;
le
o„
qsdì
il
DonoSL
Br.
co» cn
-•^
-doprfa^
i coati,, è Iblr
e oon di nS^
m
CìufaDe^» tì dora: #^rdi Oslo,. T^S^gaaìio
il fiiK»,. rotatorio è nccessarnssuiai^ e qpne^
sto sarrebe \'Eno sen» Tadministrante ; però qua viva^
qua rimagna, qua perse vere etemo, se noa dispone alil valore del crtstia^
trimente il Fato » *j. Vale a dire
nesimo non consiste propriamente nellessere quella spe-
pQn^
che Taltare^
:
ciale religione chi è. ma nell'essere una religione. E come
adorazione
il cristianesimo, tutte lo religioni, in quanto
del divino, hanno pel Bruno un assoluto valore, a
prescindere dalle loro determinazioni particolari Onde,
della religione naturalistica degU Egizi nello stesso
.
Spaccio, dice che «que' ceremoni non erano vane fanma vive voci che toccavano le proprie orecchie
perchè, « sì come la divinità discende in
degli Dei »
certo modo per quanto che si comunica alla natura,
così alla divinità s'ascende per la natura, cossi per la
vita rilucente nelle cose naturali si monta alla vita che
soprasiede a quelle ». «Conoscevano que' savi Dio ese la divinità, latente nella natura,
sere nelle cose
oprandosi e scintillando diversamente in diversi suggetti e per diverse formo fisiche, con certi ordini venir
tasie,
;
;
a far partecipi di sé»
;
.A
idiein^
»)
*)
Opere
Opere
*).
ita!.,
II,
209.
ital.,
II,
17.5-^76-
%
^«r..
V
—
E
tro
22
nisce, che
non
si
deve badare
divinità; giacché, in realtà,
Giove come
.
\
\
£^
'
—
23
—
del politeismo greco interpetrato, come per alcristianesimo stesso, evemeristicamente, ammo-
il
vinità
—
come
i
posticci
della
ma
quell'uomo non viene celebrato altro che il nome e
representazion della dività, che con la natività di quelli
era venuto a comunicarsi agli uomini, e con la morte
loro s'intendeva aver compito il corso de l'opra sua,
o ritornata in cielo ». Le forme diverse della religione
hanno un valore contingente e storico e questa vicissitudine delle forme non pregiudica l'essenza della loro
divina sostanza. « Cossi h numi eterni (senza ponere
inconveniente alcuno contra quel che è vero della sustanza
:
divina) hanno nomi
in altri tempi
temporali altri e altri,
e
altre nazioni: come
possete vedere per manifeste istorie che Paulo Tarsense fu nomato Mercurio, e Barnaba Galileo fu nomato
Giove non perchè f ussero creduti essere quo' medesimi dei, ma perchè stimavano, che quella virtù divina,
che si trovò in Mercurio e Giove in altri tempi, all'ora
presente si trovasse in questi, per l'eloquenza e persuasione ch'era nell'uno e per gli utili effetti che procede;
vano da
l
'altro
e la divinità in crocodilh, galli e altri la quale, in certi
tempi e tempi, luoghi e luoghi, successivamente, e in;
suggetti,
Data questa convinzione, che il Bruno aveva, dell'equivalenza pratica, e però contingente, di tutte le
religioni, qual meraviglia che egli, giunto nella Ginevra
di Calvino nel 1579, dopo esser stato costretto ad uscire
dalla religione domenicana per effetto dei primi processi attiratigli dalla sua indifferenza verso gh ammiavendo quivi appreso danicoli del culto cattolico
;
che vi erano rifugiati, che «non poteva
star lì longo tempo, se non si risolveva de accettar la
qual meraviglia, che egli
religione di essa ci+tà » ^)
per un momento abbia creduto di potere abbracciare il
calvinismo ? Non sappiamo se nel 1579 ^^ ^^^ giudizio
sui dommi della Protesta si fosse formato (quello che
abbiamo accennato, appartiene al 1588) ma se, come
è probabile, il Bruno giudicava sfavorevolmente fin d'allora i due principii della Riforma tra loro strettamente
connessi, della negazione del Ubero arbitrio e dell'assoluta giustificazione per la fede certo è che in Ginevra,
gr
italiani,
:
:
;
».
« Ecco, dunque », conchiude Bruno, « come mai furono adorati crocodilli, galli, cipolle e rape, ma gli Dei,
sieme insieme,
111.
«non adoravano
adoravano la diGiove. Di maniera che di questo e
lui fusse la divinità,
fusse in
nomi
ai
Greci
si
trovò,
si
trova e
quantunque siano mortali
si
trovarà in diversi
» \).
pavet saturam serpentibus ibin,
aurea cercopitheci,
dimidio magicae resonant ubi Meninone chordae
atque vetus Thebe centum iacet opruta portis.
Illic aeluros, hic piscem fluminis, illic
oppida tota canem venerantur, nemo Dianam;
porrum et caepe nefas violare et frangere morsu
o sanctas gentes quibus haec nascuntur in hortis
pars haec,
illa
effigies sacri nitet
;
numina....
*)
A
in q.
Opere Hai., II, 177.
chiarimento delle allusioni ai
1.
Aegyptos portenta colat
.\
:
?
crocodilon adorat
cfr. Prudent. Perisi., io, 253-265. Pel
Satira XV, i-ii
per le cipolle
coccodrillo, Cic. Tusc. V, 68; Herod. II, 69 i
cfr. anche Minucio Felice, Octav. 28.
veneti in Berti, Vita di G. Bruno, 2» edi*) Documenti
;
culti egizi, che ricorrono
basti ricordare i seguenti versi di Giovenale
Quis nescit. Voi usi Bithynice, gualia demens
;
zione, pag. 394.
1
V
'
—
24
-
—
dove sola religione era quella di Calvino,
Bruno doveva preferire il calvinismo
ogni religione.
Non
la
coscienza di
all'asst^nza di
già, s'intende, per
motivi schiettaper quei motivi che soli paion degni al Bruno, come s' è veduto, di valere a difesa d'ogni
religione, in quanto istituto sociale
i
motivi pratici.
mente
religiosi,
ma
:
Per Bruno, come pel Campanella
un paese
^),
la
religione
insomma, come la costituzione politica
e la legge positiva di un popolo
le quali si possono
criticare in astratto, ma devono essere osservate in
di
è,
:
concreto, come dotate di valore assoluto. E le controversie religiose, suscitate dai Riformatori, « questi grammatici
come li chiama sprezzantemente il Bruno
—
—
che in tempi nostri grassano per l'Europa », sono dal
Bruno condannate massime per le discordie, le guerre,
i
danni sociali che venivano a produrre.
«Veda
Giudizio)
dice Giove nello Spaccio, «se
apportano altri frutti che di togliere le conversazioni,
dissipar le concordie, dissolvere l'unioni, far ribellar gli
figli da' padri, gli servi da' padroni, gli
sudditi da'
(il
Tra' popoli
»,
si mantiene per la diversità
animi » dice il Campanella sicché
«quante fiate i Principi daran libertà di osservare qualsivoglia sorta di religione, subito diventano tante opinioni,
quante
sono teste di uomini onde nascono discordie e gare, alle quali
i
principi ne sempre, né bene possono rimediare, perchè restano sempre i cuori discordanti, donde le guerre de' corpi e
le liti de' beni nascono». E, «se Ginevra, Sassonia con Inghilterra han questa setta tenuta, han però escluse l'altre per star
unite dentro, e ciascuno di questi domimi ha la sua a suo modo e le loro osservanze non dalla setta, ma dalla politica
dependono
Dialogo politico contro Luterani. Calvinisti e altri
eretici, in Fiorentino, La rif. relip. giudicata dal Campanella
in Studi e ritratti della Rinascenza, Bari, Laterza, 191
1, pag. 402
e 404. Vedi pure G. S. Felici, Le crig. e le cause della Riforma
secondo T. C, nei « Rend. della R. Acc. Lincei « (classe se.
mor.), voi. VI, 1897. Una pessima edizione di questo Dialogo
e deU' Apologia di Galileo del C. è stata fatta da D. Ciampoli
(Lanciano, Carabba, 191 1).
*)
di
u
reli^on*».
la
separante
inimirizia
gli
—
superiori, mettere scisma tra popoli e popoli..., frateUi
e fratelli.... E in conclusione..., portano, ovunque entrano, il coltello della divisione e il fuoco della dispersione, togliendo il figlio al padre, il prossimo al prossimo, l'inquilino a la patria e facendo altri divorzi
orrendi e contra ogni natura e legge »*).
Sciolta da Lutero l'unità degli animi cementata
dall'unità delle credenze religiose, i nostri filosofi vedevano prevalere certe tendenze individualistiche, che
sono le forze dissolvitrici degli organismi sociali. E il
Campanella, fiero avversario della Riforma, notava
piacevolmente che « ciascuno pare farsi grande, quando
una nuova opinione trova intanto che ci fu un Polacco, che voleva credere ad una religione a cui nessun
e quando vedeva, che alcun altro rialtro credesse
onde non
scontrassesi con lui, si lagnava grandemente
la comunicava, acciò non avesse compagnia nella credenza, come che Cristo per lui solo fosse morto » ^).
L'interesse pratico sta, dunque, al di sopra delreligioso, e propriamente speculativo, sicl' interesse
come noi l'intenderemmo, delle singole confessioni ree per quelì' interesse pratico a Ginevra il Bruno
ligioso
onestamente non avrebbe potuto non abbracciare il
:
;
:
:
:
;
1
25
;
•>.
calvinismo.
così ninna meraviglia, se nel citato discorso d' addio recitato nel 1588 a Wittemberga, dove la nuova rein quell'Università tutta piena delle
ligione era nata
memorie di Lutero, che in essa, insegnando, aveva
intrapresa la critica della tradizione pelagiana della
E
:
scolastica in quella Università, che lui ramingo, venuto
da Parigi per Magonza e Marburgo, accolse ospitale e
sottrasse alle ingiurie della povertà, appunto pel favore
:
Spaccio, in Opere ital, II, 87. Cfr. la dedica all' imp.
II degli Articuli centum et sexaginta adv. mathewaticos
atque philosophos, in Opera, I, in, 4.
*) Dialogo cit., in Fiorentino, pag. 405-6.
*)
Rodolfo
lì.
%,„.„
'''(w'^fewS-j
^.V;
w
-
^
—
26
—
— 27
dei luterani, che allora vi prevalevano, e gli permisero
pubblici corsi di filosofia, senza chiedergli conto della
sua religione (neqiie.... in vestrae relligionis dogmate
prohatum vel interrogatum) *)
niuna meraviglia che,
;
\
sdebitandosi dopo due anni di studi tranquilli potuti
proseguire mercè quei luterani e rivolti a compiere forse
talune delle opere maggiori cui egli intendeva raccomandare il suo nome, onorato pubblicamente come mai
era stato in ragione della sua alta intelligenza e della
sua vasta dottrina sciogliesse un inno alla gloria maggiore di Wittemberga, al « Nuovo Alcide, sorto su
coleste rive dell'Elba, a trascinar fuori dall'Orco tenebroso alla luce del sole il nuovo Cerbero insignito di
triplice tiara, e
costringerlo a vomitare l'aconito,
trionfando delle porte adamantine dell'inferno, di quella
città chiusa da triplice muro, e per nove giri stretta
dall'onda stigia che vi scorre per entro »*). Ouest'elo;
*)
Vedi
liana, in
al De Lampade combinatoria
latine conscvipta, II, ii, 231.
prefazione
la
Opera
:
peremptum
vides,
ille ?
Unde
ciato d' Itaha, era andato p<^regrinando per ogni parte
d'Europa in cerca di pace al suo amore e al suo culto
della filosofia, era stato reso hberale omaggio al suo
amore umano
spirito di universale
\),
al
suo titolo di
a questo titolo, onde, nella preprofessione filosofica
fazione d'un libro dedicato proprio al rettore e al senato
«io voaccademico dell'Università di Wittenberg
glio », diceva Bruno, « più che di qualsiasi altro godere
;
—
e vantarmi, tamquam minime schisniatico et divortioso,
minimeqite temporibus, locis occasi onibusque subiecto ? »
In quella Atene tedesca egU con ammirazione aveva
vos, et ille solem. Hic Stigius ille canis coactus est aconitum
e vomere. Hic vester et vestras Hercules de adamantinis inferni portis, de civitate illa triplici circumdata muro, et quam
novies Styx interfusa coercet, triumphavit. Vidisti, J^uthere,
lucem, vidisti lucem, considerasti, excitantem divinum spiritum audisti, praecipienti illi oboedisti. borrendo principibus
occurristi, verbo oppugnasti, repugnasti, obstitlsti, restitisti, vicisti, et hostis superbissimi
spolia atque trophaeum ad superos evexisti ».
me suscepistis.... hominem.... ncque in vestrae
*) «Vos
atque regibus inimico inermi
relligionis
quod non
dogmate probatum vel interrogatum, scd tantum
hostili,
sed
tranquillo
generalique
philanthropia
praeditum spiritum, philosopbicaeque professionis titulum
quo tamquam minime schismatico et divortioso, minimeque
temporibus, locis occasionibusque subiecto, maxime gaudere
glonaque volo prae me tuli et ostendi « Jpref al De Lampade
combinatoria, in Opera II, 11, 230-31). È da notare questa
philantropia, propria degli spiiiti che sono al di là di tutte
le forme religiose, in contrapposto alla misantropia dei prom.osugge sti&ne misanthrotori della Riforma, generatori di scismi
pon spirituttm ministerioqiie Erynnium infernalium » Opera, I,
.
de clava
Unde
gio di Lutero, puramente rettorico e privo d'ogni allusione al contenuto particolare della sua Riforma, che
altro può essere se non l'espressione del \dvo senso di
gratitudine e di ammirazione, che l'animo del Bruno
doveva naturalmente provare verso questi seguaci generosi di lui, dai quali per la prima volta, dacché, cac-
Lv.l-
Opera, I, I, 20-21
«Cnm fortis ille armatus clavibns
et elise, fraudibus et vi, astubus et violentia, hypocrisi et
ferocitate, valpis et leo, vàcarius tyranni infernalis, superstitioso cultu et ignorantia plus quam brutali, sub titnlu divinae
sapientiae '^^t simplicitatis Deo gratae, inficeret universum ;
et voracissimae bestiae non esset qui auderet adversari et
obsistere contra, prò disponendo indigno et perdi tissimo saoculo ad meliorem et feliciorcm formam atque statum, quae
reliqua Europae et mundi pars protulisse potiiit illum Alcidem, tanto ipso Hercule pracstantiorem, quanto faciliore negocio et instrumento maiora perfecit ? An non enim etiam
perfecisse dicam eum, qui tam strenue atque frugaliter negocium tam egregium est adorsus ? Si quippe maius et longe
perniciosius monstrum omnibus, quae tot antf^ seculi extitere,
*)
-~
?
noli quaerere,
Ex
penna
Germania, ex
fuit.
ripis istius Albis,
ex
ubertate fontis istius. Hic triplici illa thiara insignem tricipitem illum Cerberum ex tenebroso eductum Óìrco vidistis
:
^^
:
III,
4.
I
'
I
^^V&^^Ì^A^i^
»^«P9BS^pfeÈ^^'^^-fe^'^'«*'--^"H*'*
p-^-^^-^mi^^ feF^U'. ^
'ì-^iwinse^selfeMs^,^
i
i
i4S-
—
prima
visto f)er la
volta,
28
riservato,
Perchè, se anche
li,
—
spinto,
indole,
costume della sua
—
—
non una scuola privata, e quasi
ma una università vera.
un conventicole
il
r'ojwi^^E'W*- 'J
egli confessa,
— secondo
da amore troppo acceso
Bruno aveva proclamata nelle
delle proprie idee, il
sue pubbliche lezioni dottrine, che spiantavano la filosofia non solo da quei professori approvata, ma da più
quei professori, tutsecoli e quasi per tutto ricevuta
di dottrine siffatte,
t 'altro che amici per loro istituto
non arricciarono il naso, non acuirono le zanne né
contro di lui si enfiaron le gote, né strepitarono i pulpiti,
come già a Tolone, a Parigi, ad Oxford *) non divampò
il
furore scolastico. « Illibata », dice il Bruno a quei
professori con nuova parola gloriosa: «illibata voi
custodiste la libertà filosofica, né macchiaste
candore della vòstra ospitalità»^).
il
Al Lutero maestro di questa università vera, in
cui la religione tollerava la filosofia, riconoscendole il
diritto che^le è proprio della libertà, a questo Lutero
il
Bruno rende qui un elogio meritato secondo la sua
coscienza di pensatore. La quale al di sopra di tutte le religioni colloca la religione, come intuizione e adorazione
del divino e al di sopra del rapporto mistico dell'uomo
con Dio. proprio della religione, riconosce un altro misticismo, onde l'uomo a Dio si eleva per gradi intellettuali e razionale discorso, mercé il furore della filo-
Né anche
questo elogio contrasta con
della
Riforma
finito
e
dello
—
29
egli
aveva
i
che
giudizi
recati nei dialoghi
De
l'in-
Spaccio.
IV.
;
;
;
;
sofia
sul valore delle
tien conto delle idee del Bruno
che le sue
pensare
può
si
anche
nò
religioni positive,
Venezia al S.UfdicMarazioni e la sua sottomissione di
alla eroica fermezza del marfizio, detraggano nulla
La genuflessione di Bruno
tire di otto anni appresso.
non del filosofo, ma
genuflessione,
la
è
ludio
1592
^o
del
spontaneamente
già
quale
il
Bruno,
del povero Filippo
Se
si
-
non aveva che 44 anm,
aveva pensato che per lui
della sua intelmaggiore
vigor
nel
sentirsi
e doveva
fermarsi una
di
stretto
più
hgenza e nel bisogno
era nato
possibilmente sotto il benigno cielo, dov
;
voltadal cielo, e posta insieme
in quella «regione gradita
globo, governatnce e
talvolta capo e destra di questo
sempre da ^oi ed ale
generazioni,
dell'altre
domitrice
e madre di tutte le
nutrice
stata stimata maestra,
tri
•'*).
spazzasse
d'Augia reclamanti un Ercole che le
puro l^to negativo delquesto
a
arrestarsi
m^yteva^^^
propostto del e
{Marcello Palingenio Stellato a
l^ope^a sua
Riforma,
la
con
^^/'!;relazioni
sue
aslerlte
storicamente
mgegnosa, ma ^"3^^f^Ve
180- 1^ 362). L'osservazione , e
Bruno ammira, fino a
non 'mi'sembra esatta. È veA> che il
riforma l^^temna
un certo punto, il lato negatilo della
^
'^^'^'d^ctona, .e sx coi^^^^^
significato del passo deW'Oratio
non quello molto spccia e e
ne» contesto non può essere se
osservanor^e
;
delle
Circa il suo insegnamento ad Oxford, vedi la mia nota
Opere italiane, I, 97.
*) Opera, II, 11, 232-3.
3) «Bene potevano >s
notò il Fixicr, a proposito di questo elogio di Lutero che ricorre aìVOratio vnledictoria, a i
nostri pensatori del Rinascimento ammirare in Lutero l'eroe
dell'emancipazione del pensiero e della coscienza religiosa dal
giogo papale, il flagello della corruzione d'una chiesa che, forse
giusto nel tempo che seguì la Riforma, doveva, massime cui
la rimiiasse cogli occhi del cruccio, pivi che m.?i dare imagine
*)
in
>>
;
poi cotesta
io ci vedo. Tanto meno
nostri 1?^^^^^^^",
corrisponde alla mente di altri
.^;^^dTce
dice
Lutero
che di ^f
mento e ne anche in particolare, a quello
^rsSche
-
il
%
stalle
Palingenio
sulla fine del lib.
X
dello Zodia<^us vxtae.
^^
!WW*«»*«»taBW
,
*«=^ a#>«y**..
..
— ^i —
— 30 —
modestie e cortesie» *)
virtudi, discipline, umanitadi,
l'assoluche per lui il meglio era cercare d'ottenere
«la grazia di poter
zione de' suoi eccessi passati, e
»^).
in abito clericale fuori della religione
;
—
vivere
Se n'era aperto col Padre reggente
fra
Domenico
depose
da Nocera il quale, interrogato dal S. Uffizio,
pochisappunto d'aver incontrato il Bruno quando da
;
sette o otto mesi
simi giorni era giunto a Venezia, ossia
detto, « che teneva
avergli
questi
e
processo
del
prima
comporre un
pensiero risoluto quetarsi e dar opera a
quello poi, con mezzi
libro che teneva in mente, e
:
:
apprescntado a
importanti di favore accompagnato,
e vedesua Beatitudine e da quella octiner grazia....
Roma;
re al fine di posserse rista re in
licterale, e
e ivi darse all'esercizio
mostrare la sua virtù, e di accapare
;
{orsi alcuna
lectura»^). E
terminato ind'andarlo
Delle sette arti liberali, la fretta
quel Ubro
a stampare a Francoforte,
fatti
il motivo
Mocenigo,
Zuane
che spinse quel tristo
Antonio, a denunfìllio del chiarissimo messer Marco
uomo
fu,
com'
e noto,
di messcr
maestro all' Inquisizione, per precipitario nel
preparato
baratro che lo doveva inghiottire. E il libro,
impetrasse il perproprio con questo animo, che gli
secolare (non
dono papale e la riammissione nel clero
Regulan, nella
nell'ordine suo «acciò ritornando tra'
fosst^
mia Provincia, non mi fosse rinfacciato che 10
tutti
)») era
stato apostata, e così disprezzato da
che il S. Uffizio ne^ga
stato, con altri suoi manoscritti
consegnato ali Instudiosi
degli
tuttavia al diritto
ziare
il
—
—
Sicché, anche a
*)
")
3)
^)
m
non tener conto
della sua dichiara-
Opere italiane, i, 152.
Dece, veneti, in Berti, pag. 396
Docc. cit., in Berti, pagg. 397-8Vedi Docc. cH., in Berti, pag. 227.
i.
^-
,
;
S
S'è
u
alle Signorie illustrissirn->
Ltone Serata
rappresentanU
L aveva, queiia gtuu
moralmente Jtta^- -^-^P^t
Hp tutti U errori commessi
e
» *).
imminenza di pene.l aveva nei
sure di minacce, senza
tuttavia ali «degno Mo
l'animo già mentre insegnava
ignora^^ e
se
mondo)
(nel
v'era
chi «non
^n
ceS
cattolica gli
che la
ninna relieione che fosse buona
che questa ancora aveva
ma
altre,
ddle
paceva
p a«va P"
P^
.
g che non stava bene cosl»^l
giàaltrove.
aA^he a Venezia come
;
,
SSa^a dKd:rf
L
fu una debo'"^'^r^Ss^^^S^^.
tanti ammiratori del carat-
come
lezza
è pur sembrata a
anirno^che per le sue idee diede
Venezia
A
necessario.
quando ciò divenne
vud, 4ua
mente
mentt la vita
«rondo pensava il
cnn^ta
seconuojx
sonata,
era
non
l'ora del martino
pel quale a
Dcr Quello stesso motivo
^cf,-.^ fiin<;nfo
tere
dq^st' uomo,
far
nnewa eg^ r^ofaveva dovuto
calvinismo
al
Sr4''^rTderii.
forza alla propria
Vivere
.Roma.
cattedra, e negli uituiu
.^nmV^li desiderava avervi una
^tervn attend r
lua vita travagliatissima
defimtiva di quel ^ns^ero
;
IS llH
tranquillo alla sistemazione
era P^"^lato^^^^
che tumultuosamente gh
un decennio (1382-1592).
monte nc'l breve periodo di
filo<^fico,
quisitore di Venezia.
m
Francia
anni prima,
aUa
grembo
tornare
per
fornente i passi del Bruno
rne. pr.n. ch^^
Pa-cM
commcigi
erano
CMercaUouL
Sacro Tnbunaie venero
pHì <;i trovasse in cospetto del
bisogna dire l'avesse deliberata
e la sua germflessione
pur dal sospetto del prolontano
Landò efa ancor
poi
fosse dis^sto. come
e che da un pezzo ei
perdono al Signore
umilmente
domandare
fecf'* a
già vari
zioiie di pratiche fatte,
')
al
pag. 428.
Docc. veneti, in Berti,
e del Bertano. in Berti.
Vedi" rie^Uioni del Ciotto
pagg. 387 e 388.
li
.
—
32
—
diverso da Socrate,
deUe leggi che condancontrastante aUa
navano in lui la filosofia, anch'essa
vigilia della morte fuggireligione dello Stato, e alla
restare e subire la condanna
re dal carcere, preferisce
dovuto alle
rispetto da lui praticamente
filosofia lo
che potendo sottrarsi
sue opere a noi giunte, forQuale tutte appartengono le
d.S grossi volum,. era ^o- P^-^^^^f
per la eu, P-[^"'^ °'^';;/^;
rientrare in quella Chiesa
cerca
ogni parte di ^-"ropam
era andato ramingo per
q"'^"^ ^ ^lesa g.i era
rientrare
E
"?
studi?
di pace a'suoi
^g''
Sr^eonsentito senz.v dichiarare che
"^-^^^^^^^^^^
della Chi^^ "^pc rant^
dommi
i
accettare
E
?
dommi
non era per la sua h
nel paese in cui si vuol vivere,
E quand ancne
?
strettissimo
losofia obbligo morale
contraddizione con le sue dotin
fossero
dommi
nueS
teraveva egh sostenuto, che nel
Si^n
^^
trine filosofiche, non
è
eno rehgioso (che per lui
il
terreno^aale.
del
fossero, fondamento e garanzia
reveinchinandosi
Socrate,
che
forse
viver civile ?
religione di Atene che
rente alle leggi, e quindi a quella
trasformare, s infi^
a
inteso
aveva
filosofo
pur da
abbandona egh forse quella
O
e mentisce anche lui ? O
sua vita, e che anche sul letfilosofia, che è stata la
serpeggerà pel
il veleno gli
mentre
tuccio di morte,
resterà a
membra,
le
sangue e gli verrà raffreddando
del premio oltrepromessa
la
con
ora
l'uhima
contjlargli
cogli scolari
mondano nei ragionamenti sereni prodotti
quella stessa filosofia, suniù fidi ? O non è piuttosto
religione che pure in^riore a quelle leggi e a quella
pratico delle leggi
rispetto
Tulca al cittadino ateniese il
di
? Non era la stessa filosofia
d'Atene
religione
e della
le religiom partutte
teoricamente
Bruno, che negava
valore
nell' interesse pratico il
pratico)
:-
;
ticolari,
So^la
^^
^.?' S" ^««0 adun^
punto di vista del cattolico. A"f filosofia sua, a giuoi
la
che
apertamente,
nuo pffli dice
diverge dai domm. cristiani
?adk con Smrdella fede,
difende contro i donami
non
Uffizio
S.
al
dUronte
?;,^na filosofia
egli è
che
il
S. Uffizio,
a V^enez.a, non
ed esso non era
speciale autorità
sorbitò d"na 'sua
teologica, bensì un
neppur
e
filosofica
un- università
accettando
*"^rir SZ:^ZÌ''^^^^^^^^.
SandT trarla
del
pensiero umano,
probabilmente
su nessuno/e: gr^^^^^
rn"facSut'ò'mai
ine
civiltà^ Bruno, che s
eroismi della storia ^eHa
^^^^
:m"rè della sua
df^^iflettere
^^^;"-!^trpkerin':ff loTet
^^^lèìM:
al potere
inRiusta, pel
quali che
leeei
dottnne
i
dommi dovevano prevalere sulle
'
da quek
Xrpotrlmo aveTe una filosofia diversaegli tenes^
pretendere^che
potremo
non
ma
del Bruno
costinon era la sua. Nei ""g i
fede a una filosofia che
le sue
a
ette
un
muta
egli "on
uti del 2 e 3 giugno
mai
dichiara di non essersi
rlnttrinc filosofiche, mentre
a sempre
avere
per
teologia
tcupa o dt^topo^ito di
etericonosce
e
1
di filosofo
teso ala sua professione
jn-^-ibih
dr alcune delle sue dottrine
eie
— 33 —
richiamava, - è forse
_»
ma
affermava
e condannava gli sciassoluto di tutte le confessioni,
dommatiche ;
divergenze
da
smi e le guerre civili, nate
ad accettare in
il filosofo
obbligava
che
essa,
era
non
del paese ? Anzi che
tutto il suo contenuto la religione
contegno del
il
smentire la sua coscienza filosofica,
manifestazione pracoerente
più
la
è
Venezia
Bruno a
tica di essa.
A
a
tori
.
lui,
,,
dommaUca con
gì inquisi-
per esser logico, doveva parere
d imbranh
competere in materia
del mondo », come
carsi egli stesso tra quei « stolti
Cabala, «eh han formata
nella
sarcasticamente
chiama
legge la fede, la regola di
la religione, gU ceremoni, la
mondo.... che, per grazia
del
asini
maggiori
gli
vitae corrotta fede, meditemerata
la
del cielo riformano
gh
de l'impiagata religione, e togliendo
cano
,
le ferite
_
Giordane Bruno e
ti
fnsiirc dtl RinaKimtntt.
—
34
—
—
abusi de le superstizioni, risaldano le scissure de la sua
veste giamai solleciti circa le cause secrete de le cose
né « perdonano a dissipazioni qualunque de regni dispersion de popoli, incendi, sangui, ruine ed esterminii » ;
né « curano che perisca il mondo tutto per essi loro ;
»>
;
•
,
la
potersi spingere
Jl
»
*)•
Srm
f
ìlS "
Questi gusti da riformatore non erano dell'indole,
né della
filosofia di
:
Bruno.
no
e
studiati
un
uisitoriale,
ne, febbraio
hbn
suoi
i
ritrattazioni, cioè, che
n^ Ì 5 'Quando
ficio in cielo,
ed eterna
avvenne, fu perchè dopo
che se la condanna
mini e
mmi
\^^^'^'.^
„ avere
;
povera anima sia salva, purché si faccia l'edipurché si ripona il tesoro in quella beata
patria, niente curando della fama e comodità e gloria
di questa frale e incerta vita, per quell'altra certissima
purché
—
35
e
i
colpivano
x^ -- Par
aguzzando
Padre Commissario,
e^avevano messe ms.me^cfe 1
romano
impetuoso, nel carcere
•gnoJ'e imp^S^nte e
*
V.
anche
mI" netS95.
fiSa
il
l'altro dio-
Campanella
Rinascenza, u in
scur? della
pensava a sé solo cantando
Torre e forse non
quella
della
Ma
si
dirà
:
come
si
spiega allora la condanna
;
ro-
cosa pesante
Come va al centro ogni
come ancora
r>alla cir-onferenza, e
la devo ra
al mostro che poi
Perchè a Roma egli non credette più di tenere
lo stesso contegno che a Venezia, genuflettersi e sotQuando ci sarà dato di conoscere gli
trarsi alla morte ?
atti del processo romano, vi troveremo forse ben chiara
la risposta a queste domande. Intanto, ben chiaro è, che
a Venezia il processo non fu concluso, ma interrotto
mana
?
?n'^^a
—
scherzante.
Donnola incorre timente e
ognuno amante.
di gran scienza
Così
Che audace passa
dalle pratiche del Pontefice, aftinché il Bruno fosse rinviato al S. Tribunale di Roma. Sentenza a Venezia non
"ssu
e nulla pertanto ci prova che a quegl' inquibastassero le dichiarazioni che il Bruno fece ad
essi. Onde é lecito pensare col Tocco*), che a Roma
il filosofo le ripetesse, presso a poco, nei medesimi terse
n'ebbe
;
Opere italiane, II, 228.
Brmìo, conferenza, Firenze, l.f* Monniei
questo scritto la questione bruniana fu messa per
volta storicamente nei suoi veri termini.
Io
*)
G.
,
1S86.
la
In
prima
^
'^0'^SK'
'vìi
dalla inorta gora
KrSpSS».
tremo.
so dir del resto tutto
tirannia segreta
Ch'è rocca sacra a
sitori
•)
.
(1
ti
:
).
Ma
certo, se
pensava
36
—
-
alla sorte
comune
ai filosofi
e
—
37
dovette bene inasprirlo
Quella fortuna malvagia
pngione. Altro che la
della
nei Tristi giorni lunghissimi
come porto sicuro,
Roma
lì a
vagheggiata
cattedra
Clemente che g^i
quel
di
gnteficato
auimbra dd
*
Non ^ ha dubbio.
»
virtuosi
avevano detto amasse . li
non
filosofo
PotV\^""°
^he il nostro
Ve
nella fiducia espressa a
fermarsi nella speranza e
a
tutte le vittime delT Inquisizione, non esprimeva anche
l'animo di Bruno in quest'altro sonetto scritto per uno
che mori nel S. Uffìzio in Roma
:
.
primo costituto, di potere,
nezia al principio, p. es.. del
riammesso nella chiesa
essere
sé.
di
conto
dando pieno
T/aspra severitate. che ni doma
Sin dalla bionda alla canuta chioma,
Talché, pensando, me n'accoro e 'mpetro.
Dilli che, si mandar tosto il soccorso
Dell'aspettata nova redenzione
Non r è in piacer, da sì dolente morso
Toglia, benigno, a sé nostre persone
O ci ricrei, ed armi al fatai corso
ha destinato l'eterna ragione *).
per intendere a pieno
*^"St dò anche va tenuto conto
quando pnma il
Bruno
dal
l'atteggiamento assunto
Procuratore gee il Bellarmino, poi il
domenicano si recarono
dell'ordine
Generale
nera e i"
riconoscere come eretiche
rr carcere P^r persuaderlo a
dice
proposizioni imputategli. Quod.
CommSo
;
C
ed abSrare^e otto
Ir yeZ\e consentire
Il Bruno per fermo non piegava né implorava da
Dio la nova redenzione, né la benignità di torlo a se
il Bruno, se poetò anche lui lì dentro, non ricorse a lamentevol metro ma inneggiò anche una volta a quella
mente, ispiratrice del suo petto,
:
i\
.
;
Horr
Se
asserens
noluit,
et
fortunam
licet et
contemnere mortem
-
*)
•g
<
:
daT^rtolo'
.
io«.m.
yitós.
ab°b
tmente
^^
E
T
da*
a" aufs^ volta a|;>licata
la
teom deUa
1^'^ ^f^ =a1fdLTr:c=nS,^n tX
—
dal Campanella nel « carcere » del S. Uffizio.
sonetto fu pubblicato per la prima volta dal*) Questo
I'Amapilf, O. c, HI, 557, e reca il titolo
« Sonetto fatto sopra
im che morse nel S. Uffìzio in Roma » (ed. Gentile, pag. 211).
*) De immenso, I, i
Operi, I, i, 201.
\t
^
'
Poesie filosofiche di T. Campanella, ediz. Creili, Lugano,
Ruggia, T834, V^fr>' 1^7) col titolo Jl carcere, e questa sola jvìstilla (del Campanella)
È chiaro »
é da me riferito secondo le notevoli varianti del ms. di fra l'^ietro Pon?io (Amabile, Fra T. C. la sua con^., i suoi processi e la sua pazzia,
Napoli, Morano, 1882, III. 574-5). Vedi ora la mia ediz. delle
Poesie del Campanella, Bari, Laterza, 1915, pag. t 06. Credo anch' \o col Solmi {La città del Sole di T. C. ed. per la prima volta
nel testo originale con intr. e docc, Modena, Rossi, 1904,
pag. xxi) molto probabile che questo sonetto sia stato scritto
V
')
riconosce
^i!t» "''ran'ilF^ciuXnoTnei costituti veneti
che, secondo il Felici, " «™"°
immune da eresie
,^^
^^^t"
esplicitamente
spiegazione cui
^^^[^'
428)' »
^
ed errori (cfr Berti P?;|Sp^oc^^so di Roma,
jf
egli proP«"^^^fi^'r
suoi giudici e piìi da presso
.
!
nunqmm
se
veneti in Berti, O. c. pag. 396.
cWede .il Felici f.
spiegarsi»
'
Unde
.
^"1^^ %l
Anima, ch'or lasciasti il career tetro
di questo mondo, d' Italia e di Roma,
Del Santo Offizio e della mortai soma,
Vattene al ciel, che noi ti verrem dietro.
Ivi esporrai con ìamentevol metro
con tal mezzo
erlno p es^SStt e abbia' cercato
-todo^-^ì;
ja
emfigere
^fare
ilf
^l^T^^.^io^.
identiche o analoghe
'^°^^''Z\f^if^oìn vTTO^"prégìuA\c3.fe.
Potuta
?rcosTorS"S>tzio'ne
f «sT'che^
Tl^ 'Z^^ A|
.
rtttr mo^^^r
iiTae^s^iiSie
¥"^r'
integntà. inflessibilmente,
^^t^oÌ^SoUnaVn^^^^^^^^
le s
^.
"'4'»'
:
^:^i non
:
morte
ir andavatnco'liVral.a
^^^^^
;
^e
V^
-
^^.^^^^^
^^
e se questa dot-
riSM^i
/
— -'^
jO
che
'n^u^
né nelle opere sue, egli mai aveva profferite
cioè aveva contrapposto dommi a dommi ;
ministri del S. Uffizio piuttosto non intendevano
JT
filosofia,
i
—
39
veditore non pot^
jfetn^rSfno^^^^^^^^
mutilata appunto "^^^f.To abbiamo appreso la prima
doeumeMoabba^^p^^^^
Pure da cotesto
di codeste propo^'2'«"'^"^f^^''a «Ch'era biastemia grancarne »
Questa P^^-P^^f
tran ùstanzii in
'°f
de il dire che il P^'^IJK^^^^-^^ denunzia del Mo-
;
eresie,
—
f
scd male exceptas
propositiones haereticas protulisse
afferfuisse a ministris S. Officii. Non ne volle sapere,
e che
processo,
in
rese
dichiarazioni
nelle
né
che
mando
della
egli mai aveva inteso implicassero la condanna
sua
&.#''=
mai
proprio
Penigo:
sue dottrine.
Quali fossero queste proposizioni, di cui al Bruno si
chiese l'abiura, finora non s'è riusciti a sapere. Fu
bensì messa a stampa nel 1886 da chi potè averla, la
sentenza di condanna, tratta dall'Archivio del S. Uffizio
ma
romano, contenente l'elenco di tali proposizioni
le
come incominciava
la
:
prnm
^,^^0
in casa mia,
meco
ragfon^o
'•^''^""^^«rjho
che ha «gion
.^ ^^^^
nolano, alcune volte
^^^
g^a»^"*^.
^^'' „„
su questo
che è biastemia
Interrogato
,
in
pane si transustanzn
« Io non ho
«*.
^^^^^'^^^''^'Ìo-.
il
pulito,
il
Bruno
^H^^'^.'^LSono
<|"e|ta transuDsta
Inai parlato d.
Chiesa e
che tiene la Santa
;
}a-
sostanza
filosofia,
per cui la posi-ione della teologia di rimpetto alla
come dice argutamente lo stesso Felici, «è quella di due, dei
rigu;irdo al
quali l'uno può menar colpi all'altro senza un
l
accor-orsi di
e quest'altro deve far le viste di non
Bruno,
Proprio cosi questo è quello che affermava il
nulla
della
ed è il suo merito. La filosofia risolve in sé il contenuto
e la teologia, che non lo risolve, non può giudicare
religione
mondo
;
.,
ci es.sere
.
—
intendesse tenere la sua
>r
1
degli sciocchi,
stiche
sigillorum.
libri,
Questo
propriamente
•"X"^;,^"S.cloni
da Cerere
e
K^«°
„^ ^.
come "J^"^^t^"^'J^"ra
Commissario a
;
•
.
fanta-
;,
^^^
^^p^.^
•'i
I)
Vedi
in
tn
proposito
la
^
Bellarmino con
giudici
differenza dei
^^^ ^^^^^
le e
l'innominato Padre
andato a ^ejaie
di Venezia, era
del Mocen.go
Onde per lui la denunzia
filosofia.
Né anche a Venezia egU si rifa
è il punto'
crede di potervisi
dal principio della duplice verità o meglio,
ma in sostanza anche lì la sua venta, se lo mettessero
riferire
e che 1
con le spalle al muro, egli direbbe che è la filosofia
dommi hanno solo un valore pratico.
^eg%'°~S"
.
:
infine,
^tstanCnsto,
«"S^«"^.
più ignobile maceria
un' altra anche
^
de«^^
credena. aveva
e ^ogni.)
)
egli
^
Lolo
mente ordodosse, e.
ammenda non disse i:)er che egli filosofo le dichiarava false
chiedergli m qual
e sperò non s' insistesse né allora né poi nel
conto
di
,.
^
''t
Bruno ammise di avei errato e
il
strettanei suoi libri, in proposizioni e dottrine non
leligiosamenie, dichiara di volerne tare
Se a Venezia
incorso
Lgue
^ ^
splendore,
miipotente. nela«gus^a dcU on p
^^^^^
va ricercata nella
etere «e^^^
,non, col
l'immenso spazio de"
^^^^^
e
diviene
semina natura, che tutto
^^ ^da o in
:
della filosofia.
nel
^^^^^ .^^
realmente, come tiene
pm Pro^'*^^*; i^stemmia grande
Tn verità, niente
«ietoito FT ne
^^^^^
vcrsazione col Mocenigo,
filo^°;°^PP^™°
da
parlando
scritto che
;„el domma
ave
immenso, q^^^^do
^_^^^
parlato nel De
la
..
^
crcduto.come tengo «.^'^''f^'fj; "' ^
e vino '"^ ^^^P°, "^
ziazione del pane
tmesa
non
^^^^^^^^ ^
n
modo
forti
trina fu condannata nel M. E., quando se ne facevano
veri, non accadde
gli avcrroisti latini sillogizzatoli d'invidiosi
dottrina
mai che per essa si accendessero i roghi. Per quella
alla Chiesa, a sacrificare la sua
il filosofo era pronto, di fronte
per non
verità scientifica. E Bruno a Roma muore jjropno
le amsaper sacrificare questa verità, ossia per aver superato
coraggiosamente
bagi della doppia verità, e aver mantenuto
realmente
innanzi alle minacce di morte il concetto che era
di quello che aveva sempre pensato; quel concetto,
se
,
a questo
age
nota aggiunta
^^ ^^_
scritto,
;
*
Berti, pag. A^à'^^IX^c. veneti, in
/
«lift
'gì»»*
.
—
40
—
—
41
—
del Bruno
quistare la conferma negli scritti stessi
accusasse il
che
testts
niilliis
testis,
unus
più
non era
c'era essa
Nolano contro di lui c'erano i suoi libri
E
*
;
la
stessa
sua
filosofìa,
che
egli
doveva, dunque,
nèzia
dire^).
.
Bruno mantiene
,
la
zione
proprio
;
Moceniil Bellarmino.
replicato
avrà
-gh
libri?
vostri
i
E
eo
E il Bruno Voi vedete nei Ubri l'eresia perchè movete
Mocenigo. Ma
dalla denunzia falsa di messer Giovanni
filosofi e non
ai
filosofo
da
parlavo
io
nei miei libri
combattere dommi.
definivo dommi, né quindi potevo
come aveva detto a Venezia contro
il
—
Li
contrastassero,
Rifiuterei le mie dottrine se esse
sopranmia intenzione, al contenuto degl' insegnamenti
non è commennaturali Ma per me la verità razionale
—e
che io vedo
surabile con la verità rivelata. Il Dio
nella reggia augusta dell onche voi male intendete,
natura, non e
nipotente, nell'etere infinito, nell'eterna
occhi vostri,
agh
transustanzia,
si
cui
il Dio vostro, in
a me, in quanto filosofo il mio
il pane e il vino. Lasciate
il vostro
Dio e io vi consento che il Dio della fede sia
la maaltrimenti
intendere
mi par possibile
opera.
II,
n. 181-2.
0. Bn..o^s
pag. 241 e dal
tind vfrhàrigniss, Leipzig. 1882.
covjerenza, pag. 52.
Questi
W^H fM HH IW
it
l
I
j
^^^
d'Aristotele
-^«'^•J^^l^i^^^^^^^^^
indirettamente
contran che
^de- anz^^e « tpo^ti e
diffesi »
del ^attolicisrno
Venezia,
dunque,
dichiarandosi
P^^
1-01
e
•
on^n
.
determiU
pronta,
^^.p.
j.^ agi.
^^
k
h
*K
materia di fede
Stori
della sde^n^-.^^'SerTsd^^^^^^
del F^^^;^.,;^^
della liberta
della
;
il
^^.
prin-
reh;
venta
zionale
mcommensuraDi
^
cipio dei-assoluta
neWApoHra
con la verità
granella
^f^^.ff
(^^i^) d S^^p
^^^^^^ ^
appellerà più tardi
e
pTcalilaco
cui pur. conti-
^L
\
mef «-i^^Spio
ivversari teologizzanti^
il
P""
X^S^cónS^S
Z:itdommatica
a
P^.^o
dei ntarla tra-
con
della scienza
dizione
passi
"Tv^^iTaoc.
nWM.s.A...m^
Tocco in G. B.,
^•ì.J^i.
i\
^^^
modo
POs^'^^^^SfTmedeS
che nel meaesin
da cattolico
fermamente
mantenuto
aveva
<*
m
i^
^^^^^
^^^^
modo
si
^^^^^^
^^^^ p
^^
alla verità
A
fusionem et comM « Divinitatis naturaeque splendorem
municationem non Aegyptio. SyTO Graeco vel ^^^^""'^^
quadam niatena cum
divi-Ino non in cibo, potu et ignobihore
^onftngimus et
aitonitórum saeculo perquirimns. et intentum
I>o^^ore^'
somniamiLS»: De imm. I. i. in Opern, li, 2«5conversationis intentum do'ani passim in hnmanae et civilis
qmbus
^nt^homines prò malefactis non ti^niere. et nescio
quas ma^s ^t certas
sordidissimis confidere phantasus. ad
dopmato) de Cerere et
(iuxta tam varia et disscpta eornm
^etributores respiBaccho credulitates. quam ad benefacta. Dii
iem retrudant pcrmciosos
ciant ut interim in antiquam barbai
>.
«Nelli quaU
articoli di
di trattare
^^^^
disdire
Non
Sia 'disili
Sonuios
^?r^on ^à^^it^U-cSf B^^
^^^
Sdo
nati
•
*
:
^^^^^^
^S'i^SSC^^r:^^ dommi
!
Il
a quel
e di Platone,
alla
sono contrarii
nella
l
^^^;7^\osofica
lontnUto
^'^^''t con^nWo
Lrendogli generalmente
Fincrpn
la via de
«secondo
Scienza
:
—
egh
2 giugno '92
il
«^raj^^ata sempre
de- suoi libri
^o diffimto filos
tutti io sempre
naturale non
lume
e
principi!
sua posi-
consentire nolnit.
eretiche
egli non ha mai profferite proposizione
Quod
•
dis-
pag
1600. in
de, .0 gennaio
Bb...
pa.- 447-
"^^1^^
— 42 —
«Se
gli
Dei
»,
dice
Bruno
nella
—
Cena
delle
ceneri
—
^),
degnati d'insegnarci la teoria delle cose
la
della natura, come ne han fatto favore di proporci
pratica di cose morali, io più tosto mi accosterei alla fede
de le loro rivelazioni, che muovermi punto della certezza de mie ragioni e proprii sentimenti. Ma, come
chiarissimamente ognuno può vedere, nelli divini libri
demoin servizio del nostro intelletto non si trattano le
se
strazioni e speculazioni circa le cose naturali, come
affetto,
fusse filosofia ma, in grazia de la nostra mente e
per le leggi si ordina la prattica circa le cose morali.
Avendo, dunque, il divino legislatore questo scopo
*si
43
fossero
rr^A^. è impossibile e nulla....
Misurale,
non
quelh, che stimano
ogm
inme
lume
soprdu<iiuia.i
,
perchè se vi monta per
naturale. Questo non hanno
corp , o semplice
v
cosa ^^ser corno,
bis rsr ,ra^^lr«^oS.
e
;
secondo
gli occhi, nel resto non si cura di parlar
volgari
quella verità, per la quale non profittarebbono i
queper ritrarse dal male e appigliarse al bene ma di
parla
e
contemplativi,
uomini
agli
sto il pensiero lascia
de inal volgo di maniera, che, secondo il suo modo^
printendere e di parlare, venghi a capire quel eh' è
avanti
;
cipale
».
„„„
creda, è
"P"^''* ^^"tpr.n" i-a".
che non
VI.
rapporto della religione con la filosofia secondo
il pensiero del Bruno è più precisamente determinato in
vm luogo dei dialoghi De la causa, principio e uno dove
Teofilo dice: «Dato che sieno innumerabili individui,
ogni cosa è uno e il conoscere questa unità è il scopo
e termine di tutte le filosofie e contemplazioni natulasciando ne' sui termini la più alta contemplarali
zione che ascende sopra la natura, la quale a chi non
Ma
il
;
detto nella Cena de
to^t^ rumore
che tanto
le
r
nizzanti
^n.
d
aveva
^vca
landra
«AD
.
TZ^r^
a noi
rt
ceneri pubblicata
1
^nno nn
,
Italia
sollevato nei circoli
^^^^^^ ^. ^^^ ^^,.
Gabbiamo appresso,
dentro
Se"nói medesimi sinmo
*•.
;
'),%^:^:^fZ'.lkTB.nno,^^ion. MacnùUan.
')
opere italiane,
1,
86.
^^kèì minimo.
t\
l\
Opere
1.
italiaite,
i
1,
;
1903.
degli Eroici
lu g
seguente luogo
«^^^c"fr
il "egu'e^nte
Clr.^1
24-
%'
—
44
—
—
Dunque: ci sarà, anzi c'è, una verità che la ft d( può
dar a conoscere, ma non è la verità di Bruno, che non ha
il lume soprannaturale
e col suo lume naturale vedt
non la mens super omnia, ma la Natura, il « vero e vivo
vestigio dell' infinito vigore )\ Il suo Dio è il Dio del filosofo, la natura di Spinoza, da lui stesso definita
Dei4S
in rebus. La distinzione dei due lumi, della natura umana
dei luoghi comuni della Scolastica. Ma in Bruno,
che scalza la trascendenza su cui si fondava quella filoin Gasofia medievale, che poteva servire la teologia
lileo, che distrugge il geocentrismo così congruo con le
imperfette idee teistiche e teologiche che il Cristianesimo aveva ereditate dal Vecchio Testamento e dalla
filosofia aristotelica, la distinzione acquista un valore
profondamente diverso per cui, delle due verità, l'una
della ragione e Taltra della fede, Bruno filosofo non ne
riconosce più che una, la prima. Galileo tra i hbri sa;
:
e della grazia superinfusa, della rae^ione e della fede,
della filosofia e della teologia era antica; e può dirsi
;
cri, oscuri,
«Come intendi che la mente aspira
furori (in Op. it., II, 41 3^
alto ? verbigrazia, con guardar alle stelle ? al cielo empireo ?
:
l'aperto libro,
com'egli dice, del
!
In altri termini, la nuova filosofia e la nuova scienza
mettere questa al
si distinguono dalla fede, non per
della vedi sopra di sé ed attribuirle il privilegio
rità ad esse irraggiungibile, e a cui pur esse mirano ;
anzi per negarle ogni valore rispetto ai fini a cui la
;
:
;
e
afferma di non dover leggere, per la scienza, se
non il secondo
cielo,
—
il ci istallino ?
Non certo, ma procedendo al profondo
della mente, per cui non fia mistiero massime aprir gli occhi
al cielo, alzar alto le mani, menar i passi al tempio, intonar
l'orecchie de' simulacri, onde più si vegna exaudito
ma venir al più intimo di sé, considerando che Dio è vicino, con
dentro
di
più
sé
ch'egli
e
sé,
medesimo esser non si possa ;
come quello eh' è anima de le anime, vita de le vite, essenza
de le essenze atteso poi che quello, che vedi alto o basso,
o incirca (come ti piace dire) degli astri, son corpi, son fatture
simili a questo globo in cui siamo noi, e nelli quali non è
né più né meno la divinità presente che in questo nostro
o in noi medesimi ». Nella Lampas triginta statuarum (« Opera », III, 41) pare al Tocco {Le opere inedite di G. B.,
Napoli, 1891, pag. 47) che si restringa il residuo della trascendenza, perchè quel principio che è la meyis vien detto « magis
intrinsecum rerum substantiae et intimius in omnibus ac singulis, quam omnia ac singula esse possuut in se ipsis ». La divinità, dice il Tocco, che è nelle cose nelle opere italiane è
l'anima del mondo qin questa mena è la stessa che é anche
supra mnyiia. Se fosse così, a me pare che il residuo della trascenden?:a non solo sarebbe ristretto, ma eliminato del tutto.
Ma credo che l' immanenza pel Bruno abbia sempre lo stesso
significato e lo stesso limite. Di questa mens qui dice: «est
supra omnia, infra omnia, in omnibus >. Dunque l'essere in
omnibus non toglie adatto l'essere supra ownia. E *5i è sempre
alla mens del De minimo ; una me^is, che è in primo luogo
mens innominabiìis et incirciimscriptibilis (l)ag. 37), unitas nbsoluta, un principio ab omni contrarietate et oppositione universa
liter absolutum: ossia al neoplatonismo, che il Bruno nel fatto
non ri usci mai a superare interamentQ,r
—
uno
;
sopra
45
filosofia e la scienza s'indirizzano. Il filosofo medievale diceva credo ut inteUigam ; Bruno vi dice chiaro
non credo ut inteUigam. E altrettanto, a
e netto
modo suo, ripeterà Gahleo nella celebre Lettera alla
Granduchessa Madre (1613). Crederanno o non crederanno per altri fini, non importa certo è che, per in:
-JS
:
:
tendere, l'uno e l'altro ritengono indispensabile affidarsi
non alla fede, ossia a una rivelazione che è atto altrui
bensì alla nostra intelligenza apli espee non nostro
rimenti e al discorso dirà Galileo alla contemplazione
dell'unità della natura, ha detto Bruno.
Questa, è la nuova coscienza scientifica, che si accinge a guardare il reale con occhio non sorpreso da
:
;
;
nebbie. Questo è l'inizio dell'età
moderna
dello spirito
umano.
Questa nuova coscienza scientifica è consacrata nel
martirio di Bruno il quale non è uno dei tanti martiri!
che l'uomo è stato sempre disposto ad affrontare per gli
ideali, onde viene recando in atto la sua umanità. H
;
I
i\
•mmm
-
«t
.^w^A»,ip..|Se»
'
.
— 47 —
-46martirio di Giordano Bruno ha un significato speciale
nella storia della cultura, poiché non fu conflitto di
ma necessaria consecoscienze individuali diverse
guenza del progresso dello spirito umano, che Bruno
impersonò al cadere del Cinquecento, quando si chiudeva
col Rinascimento tutta la vecchia storia della civiltà d'Europa del progresso dello spirito, che giunse in lui ad avvertire per la prima volta e quindi a sorpassare la contraddizione, che fin dal medioevo lo dilaniava, tra sé e se
medesimo tra spirito che crede, e professa di non intendere, e spirito che intende, e professa di intendere,
;
:
:
cioè farsi da sé la verità sua.
Tale è la situazione del Bruno. Pronto a tutte
quale si voritrattazioni sul terreno della fede
le
glia e si determini, il contenuto di questa fede gli è
indifferente. Non è per lui. Egli mira più su, come il
suo Dicson a Londra comprese, e come gli studiosi della
sua filosofia devono comprendere. La sua verità non é
quella che si definisce nei Conci lii ecumenici, dai Pontefici in cattedra o dai santi Tribunali sibbene la verità
ha potuto non contrapporre la sua alla verità di quegl'infermi di spirito e stolti, che pur si credono sani e savi
per solo suffragio del volgo
ciechi, che non vedono
la luce di Dio, benché splenda in tutte le cose
sordi,
che non odono la sua sapienza, la cui voce pur parla
da tutto, e tutti invita, e batte alle porte d'ognuno
certo giudicati da Dio indegni di vedere e di udire, poi:
;
;
ché indegnamente cercano la luce del vero, quando la
vogliono ministra di vile fortuna e procacciatrice di
sostanzi^ da regolare e approvare o riprovare secondo
i sensi dell'uomo. Onde al luogo di Dio sottentra l'uomo
solennemente parato, a cui gli altri uomini si prostrano
;
e di cui
Bruno
il
una
fa
feroce dipintura
*).
;
;
che è nella natura, e che
la ragione, cioè, per lui, la
sua
ragione definisce la verità, che egli ha celebrata tante
volte entusiasticamente ne' suoi scritti di filosofo. Ma,
come filosofo, non ha potuto talvolta non contrapporre
la sua alla verità di coloro che si sforzano invano di
conseguire la sapienza cercandola affannosanu nte con
lunghi viaggi, ptr tutte le parti della terra, sjx^ndendovi
o producendo le
gli averi e il miglior tempo della vita
monumenti
notti insonni nelle sollecite cure, studiando
degli antichi, per vedere di accogliere nel proprio spirito ansioso il furore dei vati ed esser fatti celebri dal
non
riverbero luminoso dei saggi certi ed illustri *j
:
;
i
;
218.9 e dal Brunnhofer. O.c, pag. 88. Per fraintendere a
questo modo il testo bisogna, fermarsi nella lettura di esso al
V. 40 tronco, com' è alla fine di questa parte del capitolo
[Opera, I, 11, 286). Perchè il Necquica nani, con cui è ripreso
quel verso nella seconda parte, basterebbe già ad attestare
che Bruno non intende schierarsi tra coloro che solvimi prò
studiis patrio ie litore piippim (non j^er volontà propria egli s'era
allontanato da NapoU e d'Italia!). Vedi in proposito Fiorentino, pref. a Opera, I, i, pag. XXXVII e sgg. e Tocco,
Le opere latine di G. B.esp. e confrontate con le italiane, ¥ìren7j&,
1889, pagg. 301-2.
qui i famosi versi della « violenta sortita contro
*) Ecco
il Papa », come dice il Tocco (O. e, pag.
a cui pare
302)
—
che in
ossi
«
si
ecceda
la
misura
»
:
Dlius {se. veri lucis) ergo loco, blando vesania vultu,
Auriculas contecta venit fronte atque tiara
Et mitra et gemmis asininum circinat unguem.
fìrutum veste tegit bustum talare, patrumque
Circumstat laudata fìdes, bullae atque sigilla.
Parte omni nutans, quamvis se sustineat vix,
Insignis graditur tamen ha?c, proprioque colore
Et
titulis Celebris.
Quarc
illam, poplite fliexo,
Exorant.
If>
versi, qui riassunti, con cui si apre il cap i.o del lib.
*)
I
Vili del De immenso, non hanno punto il significato autobiografico loro attribuito dal Berti, O.c, pagg. 251-2, dalla
Frith (I. Oppenheim) fife of G. Bruno, London, 1887, pagg.
i\
(De iniwenso VIII.
i
Opera I. 11, 289). - Ora qui il Bruno
Papa, quanto col volgo su|ierstizioso e
Papa invece di Dio. cercando veri lu^ew.
non ce V ha tanto
col
idolatra che adora
il
:
h-
—
-48A me
fini^r
«
).
potrà
l' innamora, egli non
attese le intimazioni
non
già
verità
questa
rinunziare.
disposto a fare olocausto della vita.
di Roma per sentirsi
del De monade diceva
Fin dal i^Qi, nella dedica
non è mestieri trascoirere ai conmente .basta
basta mi profondi neUa
\ questa
egli dice, «
te?a
:
medesima,
sf andò \^^^^^:^;tt m Jat
le
Slenmmente
sCeseSr. Nudt^Ha t'e sola (nu/Js
l^^'; ^a tut o il
^aTì^aiì^mamm e nuda irraggia
grave, sarebbe velare.
che mgiuna
il santo corpo,
che lungi stieno il naso
F<[<r«i fa da sé fede, e v-uole
pet^.naU^rba
e
quante
parti
il
vesti e
assume per
sopracciUo e la ben
W^^^^
testimonian^ e
dm"o m.^;!^™,";, stendesse
agitato
beiichè
da
/na
-
-
?orpo
TaTonti mg^i,
io,
testidi che solo Do può essere
toc^atria salute,
infermo e sonnolento
sempre
pur
sono
non
o
i^one
infermità
il senso della
a un modo o di certo domino
punto non temo della
mia e lo disprezzo affatto, sì che
mortale, da me e con
stèsk morte E però a nessun
arrendo » ).
mi
e
cedo
le forze del mio animo,
:
\
«Ma
sé:
Suo
n
^pronta'
\
di
da fanauHo
destino, avendo intrapreso
fortmia, invitto serbo tuttavia
la
con
diuturna
^tU
per avventura 10 ho
gli ardimenti, onde, o
1 proposito e
t
cir^
^come
verità, che sola
A
desideri, per se
rhP soDra a tutto vivamente
del mio ingegno mi sforzi
sommo
la luce divina e col
maestà sua, bramand
di'^rveiLe al cospetto della
e
—
49
versi magnanimi messi in
in quello stesso libro, nei
si scrisse, per dirla col
morente»),
e
bocca al gallo vinto
lottato, e molto :
Sunnhoflr, la propria epigrafe « Ho
repressero
natura
la
e
sorte
la
e
vincere,
poter
un
E
:
Sedetti
-'-'
come ha detto, prò hamum'U
"-^-^^'tce
qucs^ luce ?ettro"ó
snUapparato estrmseco d^
éste.
l
li
Et
^^^
tanto
diverso da quello cne e^
vestigio di Dio. tanto
i
procul esse iubetur
Iosa fidem facit ipsa sibi,
propexaque barba.
ìCis frons niEola. superciUum,
quaecumquesuo ignorantia iure reposcit
ìndiimenta
amantem
avide cxspectat, generosaque.
deperiens, occurrit. et excipit ore,
blandita sereno
Confirmans trepidum, ac vnltu
Natica (blando ^y^''-f:;^:^%^%:^2l!Z^!inis, proprio
buìlae
genuina
fides patrum
fS'«^'7J^'^i
«x di quella luce
tien '"°8° ^i biechi
^^^^^^^^ ^j^.
colore. hti<hs)eche
lu.
a
quale,
la
di Dio
X^^f "^^..^Pf "'.'^etò del cattolicUmo
cumuesUpata ;»»«;?'f^.^f di aEione superstiziosa
„f.'°"'
di
°§"'
ma
particolare,
in
^„,,„ ,, ianorantia plusquam
Tamquam
^
^%?Xri\'Xrar.t iS^go^gU
;
del
divino. Ctr.
il
fj'.f
'/"
"'.''^''o';
f 'f"Te
il
fides. titulos, insignia.
Xdventrmém
Eroici furori
tato a pag. 42 n.
5»/>m<i»i
posse puta vi.
P^gnav'.' miltll- est ; me vincere
repressit.
et nixus sors et natura
Et studium
•
•
•
•
.
quia vincere fati
video esse situm. Fuit hoc tamen
'
kstaliquid prodisse tenus
i
In
meum non
nlla
:
uUi
timuisse mori, simili cessisse nec
ammosam
Constanti forma, praelatam mortem
Imbelli vitae.
De monade, cap. 7 in upsra^ 1, n, 425.
Kfest^f^-sSr^SHa'corpus.
;
,1?
4
I
(
V
X-
et osse
Non
^Zdaires^^nufus ^-^^"J^P^^^^^^
.
e
m me
negabunt
habere
&cla futura, suum potuit quod Victor
Ou^^tuit. quod
maiestate petendam
Ineenio propria prò
speransque^ bear.^
lufus cupiens vuHu
p.omptius adstat.
1^
nS^bus
;
—
Giordano Brune
e il ptniiero
del Rinauimento.
ci-
^
l\
— so-
— 51 —
qualcosa è già l'essere stato
nelle mani del
il vincer, lo vedo, è
giacché
campo
in
nessuno delle
che
e
poteva,
che
quel
me
fato. Ma fu in
un vincitore
che
quel
generazioni venture mi negherà
temuto la morte,
aver
non
suo
di
metterci
poteva
nessun mio simile.
fermo viso non aver ceduto a
a una vita imbelle ».
aver preposta una morte animosa
lo studio e gli sforzi.
Ma
d'una sua coaccanto alla
u
le spaUe
volgere
intendeva
non
sua filosofia, a cui
Pontefice, per
Bruno si appellò al giudice supremo, al
e dagh altri
ottenere da lui quello che dal Bellarmino
non gli riusciva più di ottenere, quello che
a Venena per dimostrare
;
la
possibilità
scienza cattolica, quale era chiesta
;
da
lui
;
:
^n
inquisitori
la vita, consentitagh
solo eli poteva rendere accettabile
auriche sperare»
sue
le
secondo
dalla Chiesa cattolica,
teologia e la « vera » filoossia la distinzione tra la « fedele »
teologia
quindi il diritto d'una filosofia, di cui la
:
VII.
sofia
•
non avesse a
ma
filosofica
Ma
mondo
!
—
,
non
letto'.
Sr Clemente
i.
Adi
„^
un
Vili
Pel
Bellarmino e
la richiesta del
i
suoi
colleglu e
Bruno era assurda
;
affermava
non vedevano questa filosofia, che egh
una
ammettere
potevano
non
fede
sulla
non fondata
un grado della venta
verità filosofica, che non fosse
;
e della stessa filosofia, in cui
subordinata. Non intendeteologica, e a questa perciò
riconoscere la venta
potesse
Bruno
vano in che modo il
costituti, senza smentire
della transustanziazione ne'
del Sigillus.
filosofia del De immenso e
di cui 1 filosofi posdistinzione tra la verità della fede,
e la verità della ragiono
curarsi,
non
e
debbono
sono
Bruno si rifaceva ancora
libera ; della distinzione da cui il
la
avevano ragione secondo 1 pnnBruno. Quel memoriale era, e spenamo
prezioso per
possa essere anche per noi, un documento,
sforzi supremi, che contro
degli
immediatezza,
sua
la
o megho la
ferrate della logica fece il Bruno,
E
siamo
sinceri,
cipii stessi di
le leggi
Rinascimento, per disviluppare dalle fasce
umala realtà vivente del pensiero
medievale
del pernierò
447,
filosofia del
^'^ '"^^^''
S|.w®g|*!''^««*^'
•
essi
sempre tenuto e teneva di non poter
il Bruno aveva
era nelle cose, la divina
cercare altro Dio che quello che
intollerante della
negatore
Bellarmino,
dal
Natura;
Documenti romani, in Berti, pag.
•
dell'antico
U
ma
^
questa richiesta, che Bruno, iniziatore
nuovo, poteva e doveva fare, i manteniton
non potevano accettare. Il memoriale tu
aperto,
della
sponsi degli oracoli,
')
.
Rispetche voi teologi non potete intendere.
la mia coscienza
Wittemberga,
di
luterani
i
come
tate,
filosofia,
Tribunale, fuit apertum.non tamen
sta il notaio
ditutto.
kctum ^). Questo memoriale ci direbbe
inquisitore
Bellarmino,
dal
che
dubito,
ne
rebbe^ non
accettava i rereligione, in cui il Bruno
non che
quindi una inquisizione che non
mantenimento
cui
:
del S.
;
—
vita, se egh
Imbelle sarebbe parsa al Bruno la
non contento
che,
Btllarmino,
al
ceduto
avesse
era andato studiosadelle dichiarazioni del processo,
hbri forse per
mente ricercando le dottrine dei suoi
misterioso
questo
produ^
cui
si
per
tutti quegli anni,
del sant'Uffizio non s,
processo romano, che gli archivari
celato al giudizio
intende più perchè vogliano tener
nspose. si noti,
intimazioni
ultime
della storia Egli alle
attememoriale al Papa che il 20 gennaio 1600,
con un
ingerirsi
la loro stessa filosofia.
inquisisse, oltre la fede dei filosofi,
una volta il filoancora
dice
volete,
Inquisite quanto
fede al
inquisite quello solo che è matena della
sofo
Non toccate la mia
siete deputati
1
\
i
—
/
—
— sa-
53
di
^r
af^nsiero individuale, onde
il
-
So
S
Simorie,
nero
alle
Lva
la terra sotto al
Knta'LoSe e
'di
-
i-n.ediatamente uman,
contro a
« ,"iette capo a^
Cristianissimo
Romano l'afro
quale combatteva il Re
Machiavelli, che spietatamente te^rjz^.l^X valore
ne proclama assoluto
deeli Stati e liberamente
religione vien suil pregio della
anche
cui
iSnJco
coi Neopla onizche
Rina^imento,
del
naturah e in
cose
le
tutte
Snt Comincia a vedere in
della
;
rpnto
v™
SrdSo
•
che muore in Bruno per
^^^5
^
secoli accidiosi del
1
S^^fl^one
la degenerazione
Quegli spiriti senza fede
machiayelhSitica del MachiaveUi nel
decadenza lungo
Da
Saerande
smi Srarte^lir
^r^' ideali senk i
-
—mt^»mi0^*"^
la Italia rinascente
:
Da q"^'/P;"*^f
p^[er poi rinascer davvero.
esser
che e poeta e non
la rorruzione del poeta,
religione ;
vera
ha
non
^rchè
auro "non ha vita Sorale,
spegnendo
nell'arte, in cui si chiude
e noA ha fede se non
del dmiK),
l'amore
così
pratici,
in sé come gl'interessi
um^na; spegnendo
cheèlaTùaltae vera aspirazione
anche l arte. Donde
però
e
stesso,
l'uomo
quindi in sé
tralignante nella rettonca
la letteratura fatta professione,
ita^ana
ètu-aSemia, e'in tutto il falso della cuUura
interessi
Sacro
-
uno
appunto
^^^^^^^^^"^
;
;
ogm fi opolitico realista, come in
la cosc^n^a ^e^ ^^^^4-'.
V^oscienze
natumJa.
e If coscienza del credente^
del politico, del filosofo
fede senza spinto. Questa
una
e
fede,
senza
spirito
e 1 uomo alla
e solleva anchéTà terra
Rinascimento,
del
interminabili
«>rti dal seno dell Imchfdai Comuni, spontaneamente
di
creazioni anche più evidenti
Sl^irireli
:
«nte' Tom^in ogni
m
di
antica
mo
Rinascimento,
*=•
apprezzato il
s"?Jf
due secoli, perchè fosse
che giustifica f^*^.teoRinascimento,
del
la conchiusione
diffidenze e le accuse platoniz^nt.
ria Tarte contro le
della
in fatto il culto. antico
rinnova
e
Evo,
del
ogni preoccupada
assoluta
indipendenza
forma nella
dell'arte; del Rinasamerrto,
tone kSnea ai^fini propri
copernicana scondottnna
nuova
la
che accoEUendo
la. terra dell'uomo
cosmelogica^che
volge ì'intuiSone
aT deli
J^
la realtà
di negare
della intuizione
che erTu fondar^ento
una fede che non e
che Muori del mondo; quindi
un
è
istituto sociale, che non
Chiesa
una
qu'ndi
raeSn°
poeta pagamzogni
in
quindi
Stato
ma ^pra lo
Slo
il
;
datura
considerare
^rueee tutto l'antico modo di
e pure non ha la forza
Itnraìc ed umana
-conchiusione logica di tutto
dovuto attendere pm
finiti
sequestrava
Se
fla
"^SrTunf
benché abbia
raoDorti
si
e
della vita e dell an^rna
Drincipio della natura, e
dell esper negare l'opposizione
<^nfr"nd Campanella
Rinascimento, insomma che
al pensiero. Del
™one
Srapponeva
Sra"q3otp;«r-
<l^na
legata dalla filosofìa antica
Seria
^\one
rappresentante
speculativa del Bruno,
Rinascimento, era intnndel
filosofia
della
genuino
S
coi,
Ao,
^Tt£^^^
eTma,
J
cKn
di
e
;
concetto del mondo e quindi
concetto rende impossibile il
nuovo.
si escogita, il Dio
pure
quello
SrSLiero, per cGi
spinto
lo
e
tutta
natura
^10 i cieli, anzi la
5l
le glone.
davvero
narrano
fastigio,
il
è
Vmano, che ne
«-'h^
frono
-Ma quel memoriale non poteva dimostrare
e
vista a cu, egh s, arrestava
di
punto
particolare
dal
si arresto ave
tempo
suo
del
a cui tutta la filosofia
Bellarmino e contro Cleragione contro il cardinal
"'?a
Dio
vestigio
il
fondo all'animo dell'uomo
piacere dei sensi e prò
iZvi epicurei a riabilitare il
negando l'antica
arditamente col Pomponazzi
che Aristo^el^ av^^^^
SenSS^efprincipio
doveva intenderlo; e Fr f^f^uc
no, quale l'età moderna
Platone e di Aristotele, il cu
cedere al vecchio Dio di
rn^usSà
\
dell'ultima
amm.
governare, senz
del
la fede
del vero governo, senza
più
pagina del Principe, non
l'arte
fini
v^
— 54 —
\
- 55-
E
quindi anche quella filosofia di professione, la
letta.
filosofia dei seminari gesuitici e delle università peripatetiche, che dimenticheranno Bruno e Campanella, e
non s'accorgeranno di Vico la filosofia dotta, sempre
al corrente delle mode, a volta a volta cartesiana, lockiana, newtoniana, leibniziana, ma sempre legata alla
:
;
:
i
fe
-fà'iy
onde ora nemmeno se ne pispiglia.
Questo mondo falso era stato scrollato dal Bruno
neir ultimo anno del XVI secolo perchè, se era vissuto
anche lui nella contraddizione v. nell'equivoco, morendo
chiara
;
;
presenzia e potenzia è in tutto e sopra tutto, non come
parte, non come anima, ma in modo inesplicabile »^^) ;
il
egli non fa che rappresentare con tutta sincerità
principio fondamentale del suo filosofare.
(quelSi è detto a ragione, che «l'ideale di Bruno
r ideale, verso cui egli non è indifferente, al quale aspira
suo spie si sforza di arrivare con tutta la energia del
pure sente
rito, e col quale vorrebbe immedesimarsi e
che, mentre gli si dimostra inaccessibile
di non potere
principio specu-
teologia cristiana, della trascendenza di
negava, non già in quanto coscienza reHgiosa, quale si atteggiò per esigenze pratiche innanzi
ma proprio in quanto quella coscienza
agl'inquisitori
la
filosofica, che il Bruno afferma ripetutamente essere
forma speciale della sua coscienza. L'abbiamo già vinella filosofia di Bruno non si nega già il concetto
sto
ma si nega
di una verità superiore, termine della fede
Dio.
della
Non
lo
;
conoscenza,
e così lo fa certo della imperfezione della
pure lo eccita a sempre nuova ricerca) non è il Dio
astratto puramente estramondano de' teologi, che egli
ha abbandonato, ma il Dio vivo e esstoizialmente crea-
;
:
;
(
salire
tore o l' infinito Spirito, a cui la mente non può
che mediante la contemplazione della infinita Natura »•). Ma è incontestabile che egh, per quanto lo
abbia abbandonato, non riesce, non può riuscire a diabsoluto,
menticare quel Dio, che,
conoscibiHtà razionale della medesima. Quebnmiana.
sto è un punto fuor di questione nella critica
n Dio dei cattolici, la mens super omnia, Bruno non solo
non la nega, ma ne fa il principio di quella mens insita
omnibus che è la Natura, il Dio della sua filosofia.
Soltanto egli, filosofo, non conosce il primo, e lo
sohanto
la
come
*)
»)
'I
"^
previdenza
,
fede, che sarebbe un'altra filosofia.
Anche la filosofia del Bruno presupponeva e svolgeva il concetto dell' immanenza del divino nella natura
lativo
In questo universo metto una
:
;
e nell'uomo
«
;
per la sua filosofia, o meglio, per quello che c'era di
nuovo nella sua filosofia, egli provò con l'esempio che
dall'equivoco bisognava uscire che il filosofo non ha
altra vita e altra anima che quella del filosofo, la quale
è incompatibile con certe istituzioni, e però con certa
II
:
universale, in virtù della quale ogni cosa vive, vegeta
intendo in
e si muove, e sta nella sua perfezione e la
presente
è l'anima
cui
con
modo
nel
l'una
due maniere
parte e
nel corpo, tutta in tutto, e tutta in qualsivoglia
divinità
della
vestigio
ombra
e
;
na
tura
chiamo
questa
essenzia
l'altra nel modo ineffabile col quale Iddio per
:
il
esclude dal campo della sua speciale investigazione.
Cotesto Dio, che è al di là di quello che egli adora come
infinita nafilosofo, contemplandolo nella viva, eterna,
un
tura, è qualche cosa come il noumeno kantiano
concetto limite. È un caput nwrtuum, è vero, nella sua
dottrina essenzialmente naturalistica ma uno di queUi,
paralizzare
che, incerte contingenze storiche, bastano a
posseggono.
le energie di verità che i sistemi
Quando Bruno innanzi al sant'Uffizio, a Venezia, di:
buona, alla sana tradizione scolastica la filosofia che
spadroneggiò nelle nostre università nei secoli XVII
e XVIII (e che non è ancor morta), senza fare un filofede ;
sofo, cioè senza riempire un'anima, senza dare una
e intanto non negava
%^
-
Documenti veneti, in Berti, pag. 400.
Spaventa, Saggi di critice. Napoli, Ghio, iS67.pag. 227.
'S
/
-56dice nello Spaccio^),
-
non ha che far con noi
non
può
riuscire,
;
:
•
essere altro che,
pure e il Dio
fuori della stessa Natura, che
venta ogla
filosofo,
del
Dio
del filosofo. Sicché il
principio estnn^co,
getto della filosofia, suppone un
proprio come l'oggetto della
Umbris
un Dio
al
De Minimo
*).
non può
:
^Sir-»
scienza vera secondo Kant.
:
ammessa questa verità oltremondana, non
soprannaturale,
ragduiigibile se non per contemplazione
Ora
-
della fede, è agee quindi oggetto proprio ed esclusivo
della rehgione,
l'importanza
sia
quanta
vole vedere
vuole appartarsecondo la stessa filosofia bruniana che
della ragione ; e quali
sene e costruirsi con le sole forze
pratico da lui
quell'ufficio
di
fondamenti filosofici
i
in quanto maassegnato alla religione, quale che fosse,
legittimità in generale di ogm rehgione
,
gistero sociale.
;
;
sto diritto della
zate dallo stesso Bruno.
la
a
—
dunque, la conseguenza
Bruno non
con tutta la novità delle sue intuizioni,
?
confermare
non
se
aveva potuto
appunto in
La questione, a tempo del Bruno, era
legge, il cui vigore
una
essere
da
ha
ci
se
termini
quei
condanna di chi l' infrange se non
si reahzzi con la
/eligione ;
può esserci legge non garentita da «n^
combattuta dalla
praticamente
è
religione
se questa
comparire assurdi
divulgazione di una filosofia, che ne fa
condannare 1 autore di
non
possibile
è
com'
dommi
i
fondamenti della refiquesta filosofia, che, minando i
premesse generah di queRione, infrange la legge ? Le
Chiesa erano tutte accettate e nncal.
!ome suo fondamento:
r.r>
-
quello stesso rigore pratezza della legge religiosa con
al magistrato penale
assegna
umano
diritto
il
che
tico
della legge umana
dell'assolutezza
reale
per la prova
assoluta si specificava
Dositiva ; se questa legge religiosa
filosofia di Bruno veniva
in dommi determinati, che la
onoran la memona
a negare si può chiedere a quanti
La sua condaiina non era.
dell'infortunato Nolano
logica di quelle dottrine, che,
perchè nella sua filosofia il
Dio che potesse succedere
quel
di
Dio,
di
vero
concetto
Natura, ma non e era
all'antico, mancava c'era il Dio
stesso Dio-Natura
quello che può rendere intelligibile lo
per lui, dal Uè
Natura
questa
Onde
il Dio-Spirito.
E
57
filo-
che le lascia
consiste appunto in questo margine,
la supenonta, alverità
della
conoscenza
nella
sofia
alla filosofia conrispetto
religione
meno morale, della
verità della filosofia presiste pure in ciò. che la stessa
rehpiù alta verità, che è la verità della
;
vin.
suppone una
Bruno, non si
eione E se la
determinata se anzi,
religione
una
come
non
se
realizza
aveva giascntto
com'egli stesso dichiara al Mocenigo e
religione nessuna ve né
nello S*ac«o, tra le forme di
pratiche, il cattolicesiche sopravanzi, per le finalità
quello che era con la
era
mo se il cattolicesimo allora
a provare l assoludestinata
Inquisizione
'Santa
sua
religione, secondo
4
lo stesso
;
nuovo Dio. che gU
commosso, non s'accorge che
grava sulle spalle, e 1 intutto il vecchio mondo pur gli
la filosofia nuova è
cui
chioda a quelle istituzioni, di
coscienza della contradha
non
Egli
negazione.
la
Bruno
•
?
&
nel suo eroico furore pel
brilla innanzi allo spirito
affersuo assunto d' un sistema, che
il
concetto di un
r infinità reale deUa natura, e il
non si avvede
Dio ente realissimo, fuori della natura
la vecdistrugge
professa,
che 'questa filosofia, che egli
dizione tra
iTS vV-:
ma
II.
l.
ai... Pel'o. ,Mnin,o. v. qui
:
sopra pag. 41
»"
V
£$S,»
.-.Ss
.
v
^58-
—
—
che
sua filosofia, tenne fede incrollabile alle idee,
pensiero umano doveva più tardi svolgere per inNello stesso
stam^are in sé il regno del Dio nuovo.
di S. Gioverbale dei buoni padri della Confraternita
nelle ulGiordano
assistettero
che
Decollato,
vanni
rogo, trema
time ore, accompagnandolo dal carcere al
di eroica
r inconscia commozione di quello spettacolo
una giucontro
s'accampò
filosofia
la
cui
con
fermezza,
persuaso di quel che disse ai
detto otto anni prima nella
aveva
e
Venezia,
giudici di
di onorati spinti, veri
censura
Cena de le ceneri : * Dalla
uomini da bene, aniici
religiosi e anco naturalmente
dottrine, non si dee
della civile conversazione e buone
considerato, trotemere perchè, quando bene avran
solo contiene la venta,
non
filosofìa
questa
che
veranno,
ma ancora favorisce la religione più che qualsivoglia
quando a quando,
ahra sorte de filosofia » *). Pure, a
e
lo assale
destino
suo
del
presentimento
un segreto
esalta.
che
nuovo
1
allora si raccoglie tutto nel pensiero
chia fede.
59
la
Fu sempre
il
•
stizia
destinata a tramontare.
..
^^^^
;
e gli fa sprezzare la morte
a Torre di Nona consei ore di notte si recarono
consegnato l'impenifortatori e cappellano, e fu loro
:
A
il core
E chi mi impenna, e chi mi scalda
morte ?
Chi non mi fa temer lortuna o
?
esortato da' nostn
«Il quale », dice il verbale,
due padn di
chiamare
fatti
e
carità,
fratelìi con ogni
due del Gesù, due della Chiesa Nuova
S
l'ale sicure a l'aria porgo.
intoppo di cristallo o vetro
Ma fendo i cieU, e a l'infinito m'ergo.
E mentre dal mio globo agh altri sorgo,
E
Quel
;
;
oltre penetro,
tf*rgo
ch'altri lungi vede, lascio al
per l'eterio
perseverò
e quivi, spoghato
stizia fu condotto in Campo di Fiori
vivo, accompabruciato
fu
palo,
nudo e legato a un
cantando le
gnato st-mpre dalla nostra Compagnia,
conforpunto
l'ultimo
a
sino
confortatori
ktanie, e li
quale finaltandolo a lassar la sua ostinazione con la
mente finì la sua misera e infelice vita » *).
erron
Senza questa maledetta ostinazione ne' suoi
come s è
e nelle sue vanità, la quale era cominciata,
Commissaveduto, da quando il P. Bellarmino e il P.
;
campo
).
che dirà No
Ecco l'anima di Bruno l'anima ribelle,
ministri di
ai
estrema
nell'ora
con tutta la sua forza
anima
:
quel Dio, che
e^ìi si era infatti lasciato al tergo
:
;
1
perchè quando
nuova che vorremo sempre onorare,
accanto
sopravvivere
lasciato
quel Dio che ella aveva
le si rizzò contro con
Infinito,
nuovo
suo
al
e oltre
tutta la energia della logica, e
le
intimò
di
proposizioni raccolte dai
rio gli chiesero l'abiura delle
abiurare
la sentenza era già pubbl
fino a
e, e poi ripubbl da Parecchi altn.
111
Orano, Liberi pensatori bruciati in Roma dal XVI al
edit.
Roma, 1004. p. 88-g dove sono ricordati 1 pi ecedenti
•)
*)
opere italiane,
•)
De
imtnenso,
\
l'infinito,
l.
I,
9i-
_
in Opere italiane,
I,
^
277-».
Cfr.
il
De
D
su
,
kA'Vi..-
\
j^^^^»^^^-
Bruno, Opera. IH. pag. XII: ma
da R. de Martinis,
i.
>>?jjto«<p?^::^
—
i
Quindi
ì
Domenico,
affetto e con molta
e uno di S. Girolamo, quaU con ogni
finalmente stette
dottrina mostrandoli l'error suo,
aggirandosi il
sempre nella sua maledetta ostinazione,
e tanto
vanità
e
errori
mille
con
intelletto
cervello e l'
giunella sua ostinazione, che da' ministri di
A
Né temo
<^
tente
Chi le catene ruppe e quelle porte
Onde rari son sciolti ed escon fore ?
ore,
L'etadi, gli anni, i mesi, 1 giorni e 1
Fighe ed armi del tempo, e quella corte,
cui né ferro, né diamante è forte,
Assicurato m' han dal suo furore.
0.
.
;
XV
—
— 60 —
crcoSlava
di eterno questa
!^;!r^n r^r conver<^o,
che non può vivere se non per
che per
KorTe'drqucSr vecchia intufzione. Morte
e""
nuova
filosofia è davvero la
n?n sarà, se la nostra
giuaicaBruno
1 quah
di
giudici
SsJfia b morte dei
coscienza ma la morte del
rnno come voleva la loro
m
deli uomo,
martirio della fede nuova
e dentn>
a scorgere la divimtà attorno
soquell'umverso infinito ed uno,
noi
il
;
;
r
a se medesimo in
oltranze.
fine di tutte le
s'^rTo, nel nostro, e la
fu di non aver veouto
vero errore di quei giudici
sarebbe stata pm
K
mnrto Bruno la sua filosofia
Bruno e corregrivendicare
per
nd.
prima
Jv;
se non ravvivare in noi
cose, considerate neUa loro
stanza identica di tutte le
E se e vero che non e è
aeternitatvs.
verità, sub specie
nessuna ^de si può apn^
poiché
fede senL martirio,
stonca, sempre orgamca
realtà
alla
mezzo
in
la strada
alle ^rze -ove ed
resistere
a
pronta
SenteConsolidata e
cioè senza questa
ostinazione,
innovatrici senza questa
lo spinto umano
con
nuova
fede
della
immedesimazione
mai avviata
sarebbe
si
non
fede
storico e concreto, questa
secondo
la realtà, ad orientarìa
investire
ad
la
ler^
per noi q-sto sigm.
ha
Bruno
di
martirio
deàli.'ll
correzione nveratnc^
esso è la conchiusione e
ficato
din^o/^^zione reale ddle i_
una
è
filosofia
Sella sua
non può pm
del pensiero moderno, che
11
^i
r
E
^^e QueKore. non pesiamo
vL
^"ìfsuo'rog™tutri
^1
:
k c4sa
Sire
seco are
;
pronta
prom
i
Sca
esser giudicata dalla
»
^,v
Crsa'TunTUdi rf'^'^'rno
di sé D^^- tSè^S'eS
antica del mondo che ha fuon
e però la scienza, é
la
'^flf'X
che
filosofia,
morte della nuova«^^^f
possibile la scienza,
reSe
come
la virtù,
ome
f
terra e ne
facendrrealmente scendere Dio in
S
1
arte
a™
1
bellezza e bontà, vera urna
appunto
ciò che di divino
tutto
in generile, p^r
nostro
come
verità,
come
«A^ k^^.rÈ^
»)
I
giudicare,
all'esecuzione
aveva sperato, con
consentire come Brano illudendosi
non fosse s^ao
Bruno
S^
mondo.
del
Tniuizione
conciliazione
una
e
bruciato, poteva parere P^^^'^i
quando
possibile Gahleo
sembrasse
volléche
come
scient'fica.
fede
sua
la
ma
abiurò, non un'eresia,
la hberta suprema
Br^no fu saldo invece a sostenere
a protestare che una filo^oja "«" P?„
non potesse
da
roghi ormai sono spenti
continua
genza radicale
della scienza, e
tesse essere eretica, e
ainmom-
Bruno, raccogliendo l'ultimo
della sua
a un discepolo testimone
dato
lu
menfòda
pedate e fuggire 1 pregloriose
sue
le
morte -TSeguire
fosoS «
;
S
che
c^
\ nZno
della
So compiuto
filosofia,
nel mondo.
P<«a viene realizzando
natura, e dopo Bruno divinizla
divinizza
Bruno
e l'ahro hanno d' infinito
runa
che
in ciò
febbraio iboo
filosofia dopo il 17
-a
:
iSaS
neKoria
—
Questa
di Tor di
e che rinnovò nel carcere
Bruno
del
giornata
No^. teirestrema
J^P^J.
quella che termino Ics
aosofica molto somigliante a
ostinazione,
questa
strema giornata di Socrate senza
che ha
Bruno non avrebbe tutto il significato
non sarebbe
cultura. Senza di essa
libri e dai costituti,
6i
-•v;^
Berti, pag. n. 236.
delle
devono
un
ma non ha cuna
sue sentenze. 1^
sentenze di
essere
:
— oz-
l
bontà del volere, pubblico e privato. Insegnando
quando questo Deus in rebus non è altrui raggiungibile, un Dio qualunque, che valga sinceramente conie
fondamento della legge inviolabile della vita, un Dio
davvero riconosciuto ed amato, è meglio, molto meglio
di nessun Dio ; e che tutte le fedi, però, vanno onorate,
non per galateo o per politica, ma perchè ognuna, a
ia
che,
chi la possegga, è
tutti
i
un valore assoluto
e
la
ragione di
NOTA
valori.
La sentenza del
S.
Uffizio li
Roma contro
G.
Bruno.
Intorno alla mutilazione a cui ho fatto allusione a pag. 37
conviene ancora tener presente una fiera ma giusta osservazione di Luigi Amabile, che vale un documento. E a pagg.
Due artisti ed uno scienziato :
468-9 n. della sua memoria
Gian Bologna, laccmo Svanenhurch e Marco Aurelio Severino
nel S. Offizio napoletano, in « Atti della R. Acc. delle se. mor.
e poi. » di Napoli, voi. XXIV
dal quale
« Forse un giorno pubblicherò qualche documento
apparirà come l'alito prelatizio, prossimo anche a mutarsi
porpora prelatizia, copra talvolta perfino gente senza fede,
capace di azioni molto basse. Per ora' debbo dire che ho rinunciato affatto al desiderio di studiare nell'Archivio del S. Officio romano, dopo di aver veduto che 1' impostura è di regola
giacche, pur quando si giunga ad ottener dal
in tale ramo
Papa la licenza di studiarvi le copie dei documenti debbono
sempre scriversi dagl' impiegati dell* Archivio dipendenti dal
Commissario del Santo Officio, e per lo meno vi si sopprime
ciò che si vuole sopprimere, senza neanche astenersi dall'asserire il falso. Ho dovuto persuadermene, leggendo l'opuscolo
Giordano Bruno per Raffaele De Martinis, Naìx)h 1889. [Anche
ma la copia, che io
altri cita questo libro con questa data
ne posseggo, reca la data del 1886I. L'autore, eh' è coltissimo
sacerdote e pone il suo opuscolo nella «Biblioteca di S. Francesco di Sales per la diffusione gratuita de' buoni libri «, ha
ottenuto manifestamente dal Papa il permesso almeno di studiare e pubblicare la sentenza che colpì il Bruno; e la pub:
:
m
:
!:>
;
blica con una narrazione della vita del filosofo scritta sul tipo
pag 12
di que' tali buoni libri da diffondersi gratuitamente.
egli registra un quarto processo fatto al Bruno in Vercelli
A
i\i^
„
r
**
^v
/
~ 64 due
della Repubblica genovese, dopo i
La conoNapoli ed il terzo fatto in Roma e dice «
dalla sentenza
scenza di questo quarto processo l'abbiamo
della senromana che lo ricorda » Poi a pag. 208 nella copia dovrebbe
là dove
tenza romana tale ricordo non si trova, e
con le parole seguenti
stare si leege questa sola proposizione
grande che il pane
fche tu hlve^vi detto ch'errbiastemia
etc. et infra. Le quali propositiom
SI transubstantii in carne
Settembre MDXCIX prefìsso il terti fu alli diece del Mese di
noticuia a pie di
mine di IL giorni a pentirti»....; e qui una
G. C. b. »
oaeina dice Questa nota non si ha in archivio.
^^"'alt[^
^me più sotto, a proposito del processo.
"^I
archivio. G. B. ^^^^^^.f,« Non esiste oggi
ticina dice
^J^Ji^^^J^
vasempuce
la
anche
ovvero
scambio tipografico di lettere,
ripetute, non impedisce di
riarne in siffatte iniziali due volte
Giambattista Canonico
ègeerVi . Gio. Battista Storti . o «
capo degh officiah
Storti» appunto il Canonico sommista e
dal quale è stata cerossia impiegati addetti al Santo Officio,
state aggiunte
tamente rilasciata la copia della sentenza e sono
della Pratica del Santo
notissimo
canone
Ora
noticine.
due
le
esprimere
« conviene in e.ssa
Officio circa la sentenza era che
del reo » (Masi^^^^
articolatamente la cau.sa della condannatione
tutte le sentenze
Sacro Arsenale, Roma. 1639. pag- 311); e
vedere interi \oche si conoscono (in Dublino se ne possono
pure pubblicate)
lumi oltre di che talune di esse sono state proposizioni ere^
le
recaAo nel testo, non in note staccate, tutte
precedenti della sua
tiche iscritte al reo, come ancora tutti 1
che fu P^es^te -Ula
Scioppio.
lo
Bruno
poi
T;el
^^ta tw^^nto
Rittershau^Corrado
notizia
cUede
ne
e
sentenza,
àSla
iattura
modi Narrata fuit eius
sen, scrisse: «Ea autem fuit hiiius
conqualem Inquisitio dihgentiam
vita, studia et dogmata et
Uov ^
etc
vertendo ilio et fraterne monendo adhibuerit .,
dalla
Inquisizione
latti in
:
;
.
.
:
m
:
IL
\
LO SVOLGIMENTO
DELLA FILOSOFIA BRUNIANA
ì
m
neUa copia
della
.sentenza,
la
narrazione della vita
e degli
notizia
Bruno, che recava naturalmente pure If
la copia della sendel processo di Vercelli? Manifestamente
dissimulate
^^^"[„
tenza fu rilasciata con murila zioni.
^"^^;f^"^
non si sa
Storti
tissimo modo. Ammetto volentieri che lo
con ciò
ma
superiori
ordini
senza
guisa
comportato in tal
la triste c<J^cI"^^V^^';^^^^aL^^
la ci«a riesce ancora più brurta.e
può prestare alcuna lede ».
a que' Signori del Santo Officio non si
studii.
del
;
S
\
—
Giordano Brune e
il
pensiero del Ritìaicimenio
i
\.
e
i.
Rodolfo Mondolfo ha fatto una recensione
Tocco su G. Bruno e un tentativo di
correggere in qualche punto l' interpretazione del rimpianto maestro. Se non che anch'egli sulle tracce
valentissimo nell'analisi filologica delle
del Tocco,
parti di un sistema ma intentoptr solito più a guardare
più gli alberi che la foresta, postosi a studiare i vari
aspetti contrastanti del pensiero bruniano, se n' è lasciato sfuggire r.unità spirituale, in cui, com' è pur
vii ^gnifìcato di tutti questi singoli aspetti.
ovvio,
A proposito appunto del mio giudizio sul Tocco,
da me definito, come storico della filosofia, un puro
filologo, il Mondolfo, non vede come possa conferirsi al concetto di filologia tale ampiezza, da comprendere « r interpretazione dei sistemi filosofici, la
la
loro critica interna.... ». Io dicevo, propriamente
conoscenza di quei fatti che sono (per lo storico
della filosofia a tendenza filologica) i sistemi filosofici, da accertarsi criticamente, da definirsi nelle
loro effettive determinazioni, con la critica e l'ermeneutica filologica dei testi che ce ne conservano la testimo11
prof.
dei lavori del
DaUa
Cfiiica, a.
x
(1912)
pp. 28i.:9i.
^
:
-3
*)
La
filosofia
renze, 191 2
\
(es'tr.
di
G. B. e la interpretazione di F. T., Fia Cultura filosofica).
dalla
—
nian7A
E la
difficoltà
68
—
-69
alquanto oscuramente propostami
Tocco
sistemi
,
nella storia del
s rSce a dire che anche
Mondolfo non
il
Ma
lori.
va
ma
non sono fatti
considerazioni che io avevo prete badato a tut ; le
va utaz.one
dimostrare che i tentativi di
teoricamente
lui
da
criteri
pei
fiSficrdel Tocco, e
ne fece ne' suoi giudizi,
e per le applicazioni che
II.
mes^Tr
oro^sti
S£ono
t^tti,
n^n per
difetto
La filologia, bensì (poiché l'amico Mondolfo mi trae
riparlarne) pel filologo stesso è un ideale, non un
è una tendenza, un momento logico, non una
fatto
^«"'^"^^1^^^lui adope-
a
al metodo da
loro natura affatto estrinseca
interna esigeva una mera
logica
sua
la
per
rato" U quale
pensiero)
«5J«='"^e^^,f^coSa azione di fatti (di
chi ebbe, come me, la
ogni valutazione.
E
hitamente
sue bellissime
oSa di Stare lucidezza,
non può aver
lezioni,
le
era analisi, ordine e
;
logica reale e compiuta.
dove tuto
quell'onda
Sero
E
del Tocco
:
^^Sione
:
«
(categoria a-
la filologia
:
;
che stava espoa trarsi fuori da quel processo
un
incongruenza
un'
difficoltà,
per rilevare una
quella ^cciad. solito illas'annebbiava
punto'o^uro.
impacml^a la i«rda
Lnata da un sorriso s' arrestava
spezzandosi in brevi e tronch^
immaginosa,
e
faconda
con un atto di energica
neriodi che finivano sempre
e non facnoi facciamo ora la stona,
So
Cè
ci
:
dimenticato
talora, raramente,
'''TP'fSa'se
se stessa e s intorbidasse ,
arrestasse si rimescolasse in
un suo segreto
da
ouando Ti maestro era stato tentato
come
non
perchè pensieri (o atti
sono filologi
poesie, miti, credenze religiose,
spirituaU, in genere
norme giuridiche, ecc.) che siano fatti non ce ne
sono. Per sminuzzare che faccia il filologo il suo testo,
ogni minuzzolo gli resterà sempre innanzi pieno dello
al quale pertanto
il
filologo, suo
spirito del tutto
malgrado, sarà costretto a guardare, non riuscendo il
più delle volte a vederlo esattamente, poiché ha tenuto
mala via, e gli alberi non gli lascian vedere la foresta.
E però io non ho detto, né potevo dire, che nella storia
stratta),
manchino
del tutto
le
valutazioni
;
ma
sol-
tanto che quelle che ci sono, non sono strettamente
filosofiche ^}, e però non si organizzano tra loro, non si
Ma
Ed eravamo tutti
avanti
ciSa critica e andiamo
tornava aHa luce e
poiché
avanti,
conTenri dfandare
signientrare in particolan inolto
aSno E potreicorso
asegmre fece
potei
che
fica, poiché
vi ritorno
e
impressione,
nimo m^ una profonda
e vivezza di ncordi
"So Sa memoriaoreconpiùnettezza della
^ovinezza che
!
».
:
si
*)
il
cSrsi ritorna alle
S^ge È chi prende
ai
amTmrun
maestri
come
altri
definitivo di lui
«
ha creduto,
E
il
pensiero
com-
in nota poi fa sapere che
« Quindi
io non posso consentire col
questo altri sono io
Gentile, che ritiene il giudizio del Tocco sulla filosofìa del Bruno
fondato esclusivamente sul criterio che maggior pregio abbia
quel sistema, che seppe meglio elaborare il materiale positivo, che le scienze contemporanee gli offrivano, ed imprimere una spinta più vigorosa al progresso. Questo criterio
valutativo non è l'unico proposto dal Tocco nei suoi Pensieri... »
(pag. 8). E mi fa osservare che U ilTocco ne ammetteva tre
:
ogmaUra
della
),
non esprime,
pleto o, almeno,
del
scandalo della mia definizione
dell'intelligenza e
il
nuovi bisoe^ni dello spirito » e « in ciò che l' interesse scienil M. osserva che questa
primeggi in lui sul metafìsico
frase
che. come
del Tocco (definizione
forse non avrà
nnn nnò far« a meno di porre dei limiti),
die^lo e
quell'amore
suo maeS^ro di
caro ai
Tocco.
nella sua conferenza del 1886
tifico
liete
Sào
Dopo aver detto che
Tocco faceva consistere la grande 7 za filosofica del Bruno « nella
costruzione di una filosofìa rispondente alla nuova scienza e
iiell
senetà del
f
>..
—
70
—
non tanno delle sue ricerche un vero lavoro
le si.e ricerche non abstorico. Il che non significa che
Ne hanno moltissimo
poco.
abbian
ne
o
valore
snustificano e
;
biano
O
chi
stona
ricerche, o elementi astratti di
cosa, non possa farne in
una
fa
non
chi
che
detto
ha
interpretazione
modo eccellente un'altra ? I limiti dell'
ma come
da cotc^sto suo
bruniana del Tocco derivano appunto
parte, la radice dei
d'altra
che
è,
filologico,
carattere
non saranno mai
grandissimi pregi, yx-i quali quei lavori
dimenticati dagli studiosi del Bruno.
,,
„ „
non
E ora mi rincresce di dire che il Mondolfo
di
ne
pregi,
questi
vedere
di
s' è messo in grado né
andavano messi
pregi
1
difetti.
i
ossia
limiti,
scorgerne i
della ricerca bruniana prima
in luce considerando lo stato
e cercando i punti
del Tocco, in Itaha e fuori d' Italia,
ciò che il
progredire
fece
la
Tocco
il
speciaH in cui
limitandosi
naturalmente,
Mondolfo non poteva fare,
,
:
Tocco. Per i difetti, sui
disposto a chiuden^gh
par
Mondolfo
nuah nTaLche
scoprire il difetto^
bisognava prima di tutto
della
a
audiare
S
^^
«oh
i
,
,
Ut
KeVeser
di Questi criteri
appunto quei
tre,
che
io
avevo
esposti.
punti
del Tocco, se .sbagham
11
laitv
.
n^ nuzie r infallibile
ma
caso,
a
sbagliare
auVa^. n"n può
suo Pnncipi(^
dal suo metodo e dal
portato
?H -o
t^'^.
-rr'
una
una
u
filosofia,
che
'
sia
quest'analisi esce
d^a MU^st^du
da
ettismo, ora di
.
Tocco paria ora ui ec
Il
?
filosofia
|
dimostrando
^"^1/^^,^" ®™"?elto ch^ c'è
sincretismo,
./Aristotele e quel che è P^-^^^/,^
/i^SJ^^^^elem^
tradito, gn eicu <= i
deriva da
,li Parmenide e auel che
platm.cipante.z-
fu
Ma
tZ:
cioè
della erudizione,
un uomo
Schè è chiaro che
dell'acume
Senza,
Quigtii/
imocHtH
•.
libri dello stesso
il
atomizzanti e
-Briareo
dalle
gli
-lamenti
^ento braccia
- Jbe^/^.t
Spaventa
i^^^^ ^Sy^^^tuna' rkerca di fonti ha il suo
spinto di .B™"°- J-/^
dell'orerà cui
qua '^''
.^dj
ai'^a
ma e al
valore che non è piccolo,
J7,
comedi aveva
ricostruzione
di
tentativo
Trifer sce Un
lo
sofia, lo
e s e 1 u s i v a m e n t e
P il Mondolfo ci mette unpeggio,
non si rende conto
^hl non ri misi io ma, quel che è
osservazione, che non è d. mera costadef carattere dito mia
rimanda alla conclusione delle 0^'r.
ta zioneim. di critica E mi
che non m. fosse
c^ei Mondolfo non dubitava certo
occasione '•
,"/^'^|
(low: f^ vero che in quella
J-^° f'^t
nn filosofo misurarsi anche (.1 ^°P
<li
che
ne un
efficacia t
dalla 'orària
svista)
una
è
Mondolfo
mette qui il
(pag^
rolare sul
X
.
hWo 'esercita
sui
successori
suoi
,"f
'
.LìT
-
Hsa^astili
acoti
MSe^d"S'x^.rMo^n^oH^'orcr^^^
amico
^
d'i
O
i
r".i
mentari
?
:
*)
ma
che aveva esso stesso
i.
grav
emcacia
K
v-ìinrp SO non mi sbaclio. e finalità.
bruniana. è n.eccomsmo.
^arl iT-rocco^r la meta.ìsica
concetti p.u eied^i^amo tornare sempre a intenderci sui
« o
prof. Masci
>)
Nel
poli, a.
Rena. ddVAcc.
XXVllI
delle
(1889, torn.
di
scienze morali e polii,
.^o
giugno).
Na-
I
—
— 73 —
—
72
:
la
:
Bruno q^*^"\P?^f
alla filosofia è per il
si lascia
teologia negativa.
Vuoeriore alla filosofia, la
acontemp
alta
più
«
che Bruno dice questa
Se
^
E
cSu?KÌre
I
III.
Ora
il
Mondolfo, non essendosi messo a questo punto
di vista, si smarrisce anche lui dietro alle contraddizioni
e alle oscillazioni del Bruno, e non può mirare al nodo
essenziale della sua metafisica. Una prima osservazione
egli fa circa il rapporto della religione con la filosofia in
Bruno rapporto che fu anch' esso motivo di dissenso
il Tocco e il Masci, e rispetto al quale il Mondolfo nota
che il Tocco non mantenne la stessa opinione dalla Confe:
tra
renza del 1886 alle Fonti di sei anni dopo. Il contrasto
e ritiene che a in parte
bensì gli sembra apparente
derivi dal fatto, che nella conferenza fiorentina si trattava della teologia positiva, coi suoi simboU e le sue
figure, fatta per le moltitudini; qui invece si tratta della
teologia negativa dell'uno ineffabile, cui soltanto l'estasi può arrivare. Ma si collega in parte anche, in
quanto riguarda l'innegabile contrasto fra la tendenza
immanentistica e la trascendentale e il vario prevalere
dell'una o dell'altra nella mente del Brimo a quella successione di fasi nella filosofia di lui, che è merito del
;
Lasciamo stare
se un contrasto apparente dei giudi/i del Tocco possa
collegarsi a una reale successione di fasi nella filosofìa
del Bruno. Il contrasto il Mondolfo crede in realtà che sia
(benché apparente ed eliminabile) non nel Tocco, ma
il quale una volta pare (come parve al Tocco
nel Bruno
nel 1886) che metta la filosofia al di sopra della reliun'altra (come parve al Tocco nel '92) che metta
gione
Tocco avere per primo messo
in luce
».
Ita...
^*=-
.^v»..,
'
.\S
impossibile
natura»
che aiende sopra la
che cioè essa ape r e d e »)
n
o
n
h
i
e
a
a
11
ù
n
e
reUgione positiva ; ma che
della
contenuto
nunto è n
perchè le parole non
Stra parte a contrasto non e' eè bisogna
intendere il
unificano nulla per se stesse
permetto di cremi
io
che
Punto
rimiro del Bruno.
ffinitivamente -^^^^
altra volta clvarito
stona della cuUura^
nella
Bruno
G.
mia conferenza
accorao
allora d'essere al tutto d
Sne
;
CTa^Je
(e il Tocco mi scrisse
contemplazione, impossibile a du
fon me) La più alta
chi, come
alta, ma è vuota per
più
non Zdv è bensì
ndmmta
la
cercar
Bruno ha dottrina di non
rivelata pm alta
cogmzione
la
L'essere
noi.
mossa da
--ra cogm^^^^^^^
"on
razionale non toglie .c^^
.falta per 1 og|e«o,
razionale. Più
della
bassa
più
e però
per Bruno, e infinitain^cesfibile alla ragione, essa,
quanto processo co
speculazione,
mpnte inferiore alla
dev:essere ogni vexo proc^^^^^^
a" tonomo, rome
S
m
SU
^^T'rto^he^ c^eTrTd
Ts^^star dSro^geX'della
il
11'
Eel^
fede
del fiTotolf.
^^jf^^^^
è merito *1 Br-^on^.T^o
del uio im
sua concezione msufficiente
tutt dtro
l'integrazione,
è
trascendente
il
onde
noumeno
il
(come
mmanente
rhP trascurabile dell'
fenomeno) ma
a integrare il suo
'^te.rSZ%.io-M
no^ito
data
la
Xnie
ì Kant
è
richUto
;
;
k
E
crede che
filosofia.
reUgione al di sopra deUa
rehgioneinfela
che
questo
conSzione non ci sia per
difetto del peccato originale de' suoi studi bruniani
non potendoci essere svolgimento senza un'unità, senza
un pensiero che si svolga attraverso vari momenti.
«)
-)
papj. 232.
Dia!, met., ed. Gentile,
Vedi sopra, specialmente pag. 4;
;
\/
—
ciò
sia
—
/4
—
75
non toglie che l'anima della speculazione brunianà
r intuizione sempre viva della divina natura, o mens
insita omnibus. E dimenticato o tiaNCiirato questo concetto, nessuna frase, nessuna pagina in lui è più intelligibile. Il teismo di Bruno non è la sua religione, ma il
limite della sua filosofia, che è pure la sua religion(
del se/eno
sue convmziom,
t^bd
^^^^^
.
A'
panteistica.
essenzialmente
delle più
le""
(pp
Tocco distinse tre fasi nello svolgimento del peni. schietto misticismo neoplatonizzansiero bruniano
dove il moirjv'te, rappresentato dal De umhris (1852)
di trascennismo è commisto a motivi di duafismo
2. monismo aleatico, panteizzante, rappresendenza
:
concepite è facile vedere
ziomust apposi
W^.^.^.^,
22-24).
/
dal
ne, resa possibile
:
(\
*
°
^«"«f ^!^^ brunianà nella somnascono
"T^'^S^nt^Th V Silrono. Donde_
ma
;
tato principalmente dal De la causa principio ed uno,
e in generale dagli scritti italiani (1584-85); 3. atomismo, svolto segnatamente nel De minimo (1591). Contro tale distinzione fu osservato che le varie tendenze
degli
domande
^"".^^e le
^1"^^!:'^J'
gravissime,
come
seguenti
,8
:
ConV
è
possi-
^^ f^ ^^ere
ì'.''^^^'ZraS£airinTiizt;a1trattadegliEleati,
.acceda a^i
l'uno ne, molti
non si succedono cronologicamente, ma sonò simultanee
e s'intrecciano nell'opera brunianà, che si «sforza appunto di accordare motivi filosofici di: cordanti. Occorre
intendersi, dice il Mondolfo. «La distinzione delle fari
del pensiero bruniano non è separazione nettamente
determinabile il fatto, che simultaneo alla metafisica della Causa e ad un indirizzo etico con essa congruente, si presenti un altro indirizzo di morale, che
n^olteplicità.
senza
pnma^^^^^^
della sua
S^tieTraS^rroneità
O com- è possibile ^}^lZ^:^^f%l:::^lLon.re
duca a riconoscere
^"^^"/^^Sa del non essere ? O
l'
S
e non
"° neoplatonico,
v^
^o'ta
J^'^X
chi 1" ""^
come può '^^.^f
^^^^^^ ^
^^
^«scr
^
tutto a
all'animiha cessato mai del
^ ^
(come
del tutto
:
>
tien sempre fermo
smo universale
y^dell'anima del
° ^J^^^^^^,
meccani^uizione
ii
i
^"^^^^^fi?
egli accogliere
mondo, come può«"^f
t poss ^jj ^^ ^^
intende rebbe se contemporaneo alla metafiè prova novella di ciò che anche
conil Tocco rileva, che il pensiero del Bruno è tratto
tinuamente per opposte vie da forze antagonistiche....
Una coerenza sistematica non sarebbe naturale chies'
De minimo,
di
cista e pluralista
«no
un ^emoci ito
.
concorrano Proprio ^,!^K.^^
stesso pensiero
—
avverse e repugnanti ?
f^ ^
studia^
Opere latine prinia d.
,.
-^
-^^^^q
'iJCt^L
Bruno. In una vita così tumultuosa ed errabonda
derla al
in un'attività filosofica così intensa e svariata, fra
Noi fSjure. dunque,
Comunque, tre tasi .^''f'/;"
svolS.m nto^m^^^^^^
che non -no -o
Il
meglio
m
?^r!l\Xa rtal-Sw" ma^tja-a jasi_realu,
ÌV.
sica del
gravi
ostesse periodo, o an'^«"f^^.^dc
^"'"' ^^'".^
tendenze centrane
^j^^ chòvolta a volta
:r£stri preponderan
gh
V
TtSlta
ti D^JSo. tomismo
^^^^^
am-
bruniano
di Democrito e
-1
#
\^
-76
—
— 77 —
Epicuro venisse e incontrarsi (nientemeno !) nella
monadologia leibniziana
perchè Bruno avTebbe nei
suoi minimi frantumato non solo il corpo dell'infinito
universo, ma anche l'anima del mondo, ammettendo la
realtà delle anime individuali^ Nella prefazione invece
alla memóFiaTsulle òpere Ì7iè^te confessava candidamente:
nell'interpretazione di alcuni luoche era corso troppo
di tornare indietro ), nconoe
minimo,
del De
di
;
« Il confronto colle opere inedite mi fa ora ricredere.
L'individuazione dell'anima non è per Bruno se non un
fatto passeggero, che nell'infinita serie del tempo non ha
consistenza e durata maggiore del baleno. Per tal guisa
la trasformazione atomistica della speculazione bruniana
resta a mezzo, perchè, se la parte materiale si risolve
tutta in atomi insensibili e irriducibili, la parte spirituale invece cotesto frazionamento non conosce, e resta
sempre una di qualità e sostanza. La quale in conseguenza reca a dir vero questo vantaggio, che l'atomismo della terza fase si saldi più facilmente col panteismo della seconda, a quel modo istesso che l' immanenza della seconda fase si saldava con la trascendenza
della prima » *j. Studiando la Lampas triginta staUiannn, il Tocco, insomma, ebbe il merito di accorgersi
ghi
sccndo che
il
Bruno non aveva riconosciuto
:
frazionamento
:
sem-
molti.
V.
Ora viene
il
Mondolfo e sottopone ad esame
il
can-
che questi aveva
giamento d'opinione del Tocco, e sostiene
che cioè anche le
dopo
torto
ebbe
ed
prima
ragione
del:
^1
il
oSre
in Bruno
inedite confermano la coesistenza
Questa e la parte
e della monadologia
Kmismo
ai
la-
dicendo
conchiude
«
originale del suo scritto, che
soltanto il campione del moluni, che nel Bruno veggono
in ui •! Precur^re
nismo panteistico, quando salutano
ricordano anche .1 Leibniz e se si
accantrallo Spinoza
*)
Il pluralismo delle monadi (delle monadi spirituali) si
regge su un concetto fantastico della monade, che in quanto
spirito è immoltiplicabile. Ma il luogo sopra trascritto del
Tocco dimostra in modo caratteristico come vigorosa fosse in
lui la fantasia (a danno, s' intende, dell' intelletto speculativo)
perchè solo con l' immaginazione si può vedere nell'atomismo un termine medio tra il monismo panteistico e la monadologia, e si può parlare di un
spirituale analogo a quello materiale che sarebbe operato dall'atomista. Anche l' Hoeffding {St. della filos. mod.. trad. it..
I, pag. 492) a proposito di questa inconseguenza addebitata
dal Tocco al Bruno, il quale si sarebbe fermato a mezzo nella
« È
trasformai zione atomistica, della propria dottrina, avverte
tuttavia una grave questione anzitutto se il concetto di atomo
si approprii a venir applicato al lato spirituale dell'esistenza,
e fu forse un retto istinto quello che trattenne Bruno daluna tale applicazione
l' intraprendere
anima
altra
pur mantenendo
sostanziale che quella universale,
salvo a notare, come
atomistica,
vve V interpretazione
una e i corpi
l'anima
un' incoereriza tra
s' è veduto
;
ven
questi P'-ecommenti si
chiedesse loro in quali opere
il pnmo nelle opere
rispondere:
pur
dovrebbero
fichino,
poemi latim » (p. 34)
nei
secondo
il
umbris,
successive al De
che vogUono significare,
Parole non troppo chiare ma
momsta panteistico
che molti che fanno di Bruno un
costoro ?) lo fanno
sono
chi
(e
poi inza troppo riflettere
ammettendo im??ècur^re di Spinoza e di Leibniz ;
;
monista,
il
mo-
che'in Bruno ci sia. oltre il
vorranno certamente tronadista le cui dottrine essi
?5amente
anche nella Lampas e nell'altra
principiis fosse esclu^ la molrerum
De
inedita
opera
molte amme sostanziali, il
in
dell'anima
tipMcazione
""vedTam^ut ^' le
>».
.)
u
open
PtediU
di G.
B..
Napoli, 1891. pagg- 65-73.
.,^^''**
^>^m
^
««js-w^ft^
7
—
- 78-
.ìirla
ci
lì
dal Bruno, dovrebbe
a pag. 239.
'''^^^Xl^rX^r^
comincia a p
si
^^^6
a cu,^^^^^^ ^JV^^^
proponendo l'esempK.
l'arte
'"X
f-aninla
sbiritmUs, il Bruno
non all'anima del
"fensce au
«i
aggiunge
materia che
anime
dell'anima del
»
«"«i"'
la d v^^ne ?
la nioltephcita^^
^^^^^
sola introduce
in*^"^"^^^*^
del
« La vera
^if^'liStà sta nell'anima
v^^ajosta^zianta^ta
_
^
per meglio dire, la
s«^°
le aure non
sono
non
;
^^la chiaramente,
o P^r ^in
di quell umca,
^^^0 stesso
Xtó e^ m
f
da escludere che sia la prima per ragioni.... come
dire? a priori, a Se l'anima, di cui qui si parla, fosse
l'anima del mondo, non saprei vedere come tutti questi
dolfo è
Udo
residui della scala plotiniana degli esseri s'accordino col
panteismo, per cui è Deus sive natura, e l'anima del
mondo è una faccia di quest'essere unico, che visto da
un altro lato è materia. Tra spinto e materia il Bruno qui
distinzione, che sarebbe condi essi, come di contrari
identità
stessa
dizione della
ma una vera e propria separazione ». Ragioni, adunque,
a priori, e, quel che è peggio, oscure, perchè fondate su
non afferma soltanto una
;
la
l'unità.
^
sioni
se «^o"
né più né nìeno
•
una
^/^^f jf^^toa dell'uomo è vita,
della
centro
nel
riccie
P'-^^P^'^-S^v^a'ct
sostanza '"d';'^"^;^,*=^he^a un essere dive>;so dall aninon
SI
devo
universale ,^he agisce
da quel punto irraggia
f^'™i'ànima
'f«^f
E i"^»^^^, ^' .
ma um versale.
pu^^^^^^^
'
in quel d«ter™mato
tutto • organi^
l'azione sua
ani
1' '"^"^°!*ahta dell
ammettendo
pur
nel
anche
ma
lolo nella C««s«
indi^^
e
m
,^
^e
amma
paure deU'Orco Non
in 4"
l'operazione locahzzata
,
jj
^^^
g^uno non
^^^.^ ^^
j.
^^^ ^
.
stessa, che
ma^ben Pi"\t°^*^
VI.
più semplice maniera di vedere che specie di
anima fosse quella di cui Bruno parìa nei luoghi citati,
non era quella insegnataci dal Tocco, di andare a guardare il testo cioè, dico io, il contesto ? E allora, salvo
Ma
\™an"Xne
organismo n comporrà
frammenti del disciolto
^^^^^
tVmtsicSjSaVmandadel
la
;
:
le
'"°f,f°;,^^^S d^f Brimo^ che
va
fuggevoU
«allora dove se ne
^«^Xd^rcussioni
cnenix
individuali non siano
Quest'anima è quella
et post corporis societaiem consista.
del mondo, o quella di ciascun individuo ? Pel Mon-
una conoscenza non
dualità non esclude punto
•
cm
inventiva della ^^^'^l^r.-i^ che ahsolvitur a corpore
Tocco
E lì si parla di ««"««
_he per ciò ? « Il
exisM s^nc
nella magche
et rcalUcr
^^J^^f"^^^^^
Mondoiio.*
medesimo », osserva il
provare che
suhstantia
^or parte degli ^^g^^'^/i^'-Jf^orpT
ma
corpo
del
non sia accidente
.^^.^.^^^i^_
nione che avviene, casu, non nattiraliter; e l'anima
multo intervallo relinquit post se matcriam ; anima ante
esatta del neoplatonismo, dove
j
di
cui
esser quella di
Ili
e oscillazioni, che rendono più che dubbia la risoluta
interpretazione del Tocco. Nella Lampade Bruno dice
l'anima naturam ex se suhsistentem, non accidcntalem
formam, non entelechiam, non harmoniam, non aliud
simile ;Vanima e il corpo duo siihiecta per spiritum imiunibiU di un'ubilia, quorum principalius est anima :
s
Tanirm
errore.
Mondolfo non vede come questo potrebbe obbligarci
ad escluderla dal De minimo, che rappresenta un momento ulteriore nello stesso sviluppo dell'atomismo, non
ancora accolto come dottrina metafìsica nel De prinpalesa incertezze
cipiis. Ma già nella Lampade il Bruno
—
7Q
*)
ì^e
opp. ined., pag. 69.
dai
altri
Mondello
;
il
^^,j^
(dove
—
8o
—
—
»
^
:
bruniana
derivare
sostanzialità e individualità dell'anima universale, di
la prima è un'emanazione. L'anima dell'uomo, insomma, è siihstantia individua, siihsistens de, quatenus
anima universalis concetto ovvio a chi abbia studiato la logica spinoziana di sostanza, attributo e modo.
Bruno.
il
;
Ma
la difficoltà esiste ? Considerata nella sua
materia sarà una e tale sarà in quanto
animata, giacche la materia per se stessa è caussa miti'
titudinis et divìsionis. E s' intende che in tale unità non
ci può essere più morte, e non e da parlare di distacco.
Ma la morte e l' interruzione (relativa) dell'azione avvivante dell'anima universale è appunto nella materia
in quanto materia
che non è tutto, cioè uno, ma
nella quale un essere non è l'altro, e
molteplicità
però la vita dell'uno è la morte dell'altro, cioè distacco
dell'anima
la quale non resta ad agire nel vuoto pel
fatto che la morte del secondo è pur vita del primo
cui
totalità,
:
Aquam, quatenus aqua
ricordi infatti Spinoza
dividi concipimus eiusque partes ab inviccm scparari : at non, quatenus substaniia est corporea ; eatenus
anche per Spienim neque separatur neque dividitur *)
:
est,
.
—
ma ogni specie di emanatismo che fa
molteplice dall'uno e potrebbe riuscire se
mai una critica, non già servire alla interpretazione di
sofia
se ne va?) il Tocco ha perciò risposto la sostanzialità, r individualità dell'anima di ogni uomo è la stessa
Si
81
la
;
:
E
:
noza la mente umana è parte, com'egli dice, dell' intelletto infinito di Dio ^); e quindi è sostanza, ma non in
:
quanto mente umana, nella sua finitezza.
Mondolfo, dopo avere esposto il concetto del
Il
Tocco, che si rifaceva certamente da Spinoza nell' intendere il rapporto dell'anima universale con quelle
essere.
La difficoltà ci sarebbe se l'anima si distribuisse nella
materia. Allora una parte materiale esanime importerebbe una parte dell'anima a spasso. Ma l'anima come
sostanza indivisibile è tutta in tutto e in ciascuna parte,
e la sua azione animatrice perciò non è possibile che sia
mai interrotta. S'intende che d'altro canto né anche
una parte di materia può restare senz'anima ; perchè
Se l'anima
particolari, solleva la seguente difficoltà
ed unica realtà, e, come
del mondo è
:
<<
individua
unita inseparabilmente alla materia considerata
sì da costituire entrambe due facce
tale,
nella sua totalità
—
—
essa è ugualmente inseparabile
dai singoli esseri, che costituiscono la totalità della materia non si può concepire il suo distacco neppur temporaneo da alcuni di questi, senza supporre che l'anima
sia imita ad una parte e non alla totalità del mondo,
di
una sostanza unica
la
in loto et in qualibet totitis parte. D'altro canto, però,
queste separaziom, inconcepibili per l'anima universale,
sono concepibilissime per le anime individuali, quando
esse siano considerate non accidentah, ma sostanziali .... ».
Difficoltà, però, che non toccherebbe soltanto la filo-
VIL
almeno non riesco a scorgere la difficoltà che ci
Mondolfo il quale, una volta creatasela per eliminarla, propende a credere che il Bruno realmente ammettesse la sostanzialità delle anime individuaU, oltre
— Giordano Bruno e il pernierò del Rinascimento
Io
I
Eth. I, prop. 15 sch.
Eth. II, prop. II cor.
la
;
ad ogni momento quella continuità
della sua azione, che dovi-ebbe spiegarsi sempre tota
*)
Onde
materia nella sua totalità, cioè, ripeto,
rome unità, è sempre animata, ossia è anima e quindi
non patisce mai morte.
gregati.
e senza interrompere
*)
morte è relativa all'essere particolare che si disgrega
atomi in quanto questi entrano in nuovi ag-
nei suoi
:
vede
<5
il
;
A
—
82
—
-83 -
accorgersi né anche
qiieUa dell'anima del mondo senza
che era sfuggito al Tocco nel suo lavoro sulle
la negazione
Opere Mine ; che cioè l'anima del mondo è
e senza avvertire,
delle anime individuaU e viceversa
;
rito generale del «sistema che fa nascere le differenze
dalla materia. Nella 7.» male si appaia il principio di
Ubertà filosofica e religiosa *) con la dottrina del libero arbitrio e inesattamente si crede che 'I libero arbi-
lui di quel
;
;
la difficoltà
da
com'era naturale, che
hii sollevata, ci
;
questa ipotesi
sarebbe, e insuperabile, appunto in
umficate e fuse
perchè ammesse le anime individuali
quanti sono gli
anime
tante
e
mondo,
del
nell'anima
dav\'ero come si poesseri del mondo, non si vede
trio di
Bruno possa scambiarsi con
della
coscienza individuale
;
l'autonomia
(che
il
per positivistico pudore vorrebbe sostituirgh)
arbitrio di
Bruno (amor confusus, non
Mondolfo
.
Il
libero
adirne limitatus, e
perciò/>c)/^«/irtquarèinDio,che è, per lui come per Spinoza, ahsoluta necessitas ut sii ctiam ahsoluta lihertas ^)
è difetto, che lo sviluppo della ragione deve a poco a
poco colmare, e che perciò non può a nessun patto
,
trebbe morire.
E posto che
Baino parlano espbciti lu-l
fulgurazioni dell'uridurre le anime individuali a mere
dottrina analoga
mondo
del
anima
nica sostanziale
i
testi di
—
ragguagliarsi alla divina libertà del filosofo, partecipante della libertà dell'oggetto con cui si immedesima.
La libertà di Bruno (e questa è la sua insuperabile inferiorità verso il monadismo leibniziano) non è del
soggetto, ma dell'oggetto. £ autonomia di coscienza
individuale, nel senso che il ]\Iondolfo dà ali* i n-
che ebbe
a quella avcrroistica dell'unità dell'intelletto,
pnma
sostenitori anche nel cinquecento immediatamente
un pensatore del tempo di Bruno
Mondolfo.
non poteva vedervi la difficoltà che ci vede il
considerazioni che
sette
le
fondamento
ogni
perdono
per dimoegU enumera nella conclusione del suo scritto,
del Bruno; posto che
opinione, che male
strare la probabilità della vecchia
circa la tenabbandonare,
ad
fatto
il Tocco avrebbe
monadologia. Per la i.a e ]a
l'elenco di queste consideraa
scorrere
volesse
(chi
3
al luogo deU'anizioni del Mondolfo) metta il Mondolfo
sostanza
dell'anima
operazione
l'anima
ma-sostanza,
vera quella dithcolta
e tutto è a posto. La 2.» suppone
che
fondamentale che s'è vista. La minima realtà,
quella
sostanza:
la
cioè
minimo,
il
è
è immortale,
apparenza
sostanza che, spinozianamente, è solo in
una, come
che
non
è
mente
la
per
laddove
molteplice,
nella 6. «^1 arora vedremo. Nella 4*> nella 5-* e
supgomento del Mondolfo, che le differenze individuali
denza bruniana verso
la
d i V i d u a 1 i t à, per Bruno non ce ne poteva essere.
E però è megho consentire col Tocco noli' opinione che
a
lui,
dopo matura
riflessione,
parve definitivamente
preferibile.
;
e rovepongano la sostanzialità delle anime individuali
e dallo stesso spisciato da espliciti luoghi di Bruno ')
vin.
Vero è che
di Leibniz,
monadologia bruniana, se non è quella
neppure l'atomismo di Democrito e di
Tocco a furia di istituire riscontri e indala
non
è
Epicuro. E il
gar fonti cancellò differenze essenziali, e
*)
Religiosa
Bruno non riconobbe
i)
Vedi
metafisici, pagg. 253-4.
p. e. Cabala, uei Dial.
si
lasciò sfug-
solo in un certo senso. Praticaniente
libertà religiosa. La sua religione libera
coincide con la filosofìa.
*) Opera, III, 41, 161, 22.
>r
- 85-
-84-
Questo concetto del minimo-sostanza fu luminosachiarito dallo Spaventa fin dal 1866 in un piccolo
saggio, di cui il Tocco, che si servì del maggior saggio
concernente la teoria della conoscenza, non tenne il debito conto *). Ma lo spinozismo dell'atomo bruniano non
sfuggì neppure allo storico più accurato dell'atomismo, il
LassVitz -) (la cui opera il Mondolfo non avrebbe dovuto
Bruno strozzando
vero concetto della monade di
tiire 11
^rciò
l'unità
mente
D.««.6m ai
del Fnsiero ^nmiano dal
stes»
Unità che mogho si ritrova nella
^mi
latini.
Bmno
non sono atomi
malgrado la sua superficialità.
esposizione del Hocffding,
chiaramente che gli atomi di
vide
e.
p.
storico
Onesto
assoluti e con ciò ^ttrasse già la
;
sistema
all'atomismo vero e proprio (come
sua
di concepire
modo
suo
il
quantunque
meccanicista)
per un doppio «spetto ^
1
-atomo bruniano sia inesatto
contraddiàonc tra la polemica de Bruno
quantunque anch'egli malamente insista,
della
Hocffding, sul carattere
relatività delle monadi particolari, e non iscorga la vera
filosofia
traspirare),
come
;
vedendo una
e la dottrina della relacontro la divisione all'infinito
atomi, e non vedendo clu. gh
degli
concetto
del
tività
sscie tah t tti ad
relativi di Bruno possono
il
fenomenico
differenza che separa queste dalle
monadi
leibniziane.
(
atomi
la
monaj monadum.
eccezione di uno. che è assoluto,
una sola, derivante da
due inesattezze che sono poi
oggettivo
metafisico
carattere
disconoscimento del
della relat,V|ta del atomo
soggettivo,
e
gnoseologico
non
<-•
'
che è gra^•issimo
"°"'^"".' lì,,"' " '"
'''f
unica
attive teleologiche .n>anto
di Bruno sono sostanze
atomi
loto cado diversi dagli
sono
però
e
sostanza
quanto molte. Ne quesostanze inerti e meccaniche in
contraddittorio al p.nte.smo neopla-
bruniano
:
,
:
sto
monadismo
tonico
.
è
nel pensiero
anzi ne è un momento necessario
van
i
secondo
svolto,
meno
dfBruno, e quindi più o
^ Sritti mk pur stnnp5-e presente »). La_moiLade.^mn:
sostanza_di
le cos-. » di BrunoJJa
'
^
•
dpio e istanza de
Spinoza, non la monade
i^
Il
di Leifa'j.-
mouismo
nella sua terza fase il
moscorgeva l'identità della mor,as
vemonad. Partfcolari e però sosteneva
Tocco liquidava
hmiauo ^Tchè non
Sr:\S
-n
chiaro in Bruno U
ain<;tamente osservato che
«Pfg°/f„
^°Sn^'nVe^ta
spiega-
lersi
hT
òroS^uàndo
«ima, 1.2:
in
omnibus
.,
nel
Minimum
y^.
De
,«,".,
'
r>.
I,
».iiia.i«
si
4 dice D.o monadu,,.
substantia rerwn
:
m-
,mm..... essentxahter
*)
*)
Spaventa. Saggi, Napoli, 1867, pagg. 256-67.
Gesch. d. AtomisHk, I (1890), pagg. 365, 399-
::*-.
III.
VERITAS FILIA TEMPORIS
POSTILLA
BRUNIANA
}
il
I
Dagli Scritti vari di eruditone
di
e di critica in
ovore
R. Renier, Torino, Bocca, 1912, pagg. 235-248.
Nella Cena delle ceneri (1584) ^), ai vanti che Teodella grandiosa rivoluzione scientifica apportata
dalla filosofia del Nolano, il ^x^dante Prudenzio risponde
con un ammonimento preso a prestito dai Disikha
filo fa
Catonis
:
ludicium populi
Ne
nulli placca?,
numquam
contempseris unus.
cium vis contcmnere multos "').
«
Questo è prudentissimamente detto », ripiglia Teoche rappresenta il pensiero stesso del Bruno, «in
proposito del convitto e regimento comone e prattica
de la civile conversazione ma non già in proposito de
la cognizione de la verità e regola di contemplazione,
((
per cui disse
«
« filo,
((
«
:
medesmo
il
Disce. sed a doctis
:
saggio
:
indoctos ip?e doceto^).
di dottrina
« È anco, quel che tu dici, in proposito
espediente a molti e però è conseglio, che riguarda la
;
*)
V.
Dial.
I.
3)
Dist.,
luoghi che saranno citati in questa nota
ed Gentile. I. pagg. 25-29
Poet. lai. min.. Ili, 226 (dist. 29 del hb. II).
Per
Bruno. Opere
2) Baehrens,
i
ital.,
IV, 23 (pag. 232).
~-
—
—
9<>
:
;
:
:
;
1' ignoranza genedeterminarsi non co'
la moltitudine di ciechi e sordi testimoni, di convizi
e di parole vane, ma co' la forza di regolato sentimento,
perchè, in fatto,
il qual bisogna che conchiuda al fine
tutti gli orbi non vagliono per uno che vede e tutti i
et? èjioi
non possono servire per un sacio »
stolti
aveva già detto Eraclito *). Onde
piòpta, sàv 'ip'.iszo;, ^,
la legge della pratica sarà nella moltitudine de* tequella della
stimoni, come a dire nel volere dei più
scienza nel regolato sentimento, ossia nella logica, che
;
e
avrà vinto, e trionferà contra
non
diente ai moki*).
Posta questa distinzione e
è dubio, se la cosa de'
:
listica,
la
cognizione della verità verso il suo
liberandola dalle difficoltà disconvenienti,
ossia dalle contraddizioni.
La pratica, d'altra parte (costume, legge, culto reh-
non
vita,
Il suo mondo non è quello della
quello della contemplazione, non è quello della
la sua stessa etica dello
storia, ma quello della natura
Spaccio finisce negU Eroici Jurori, che sono sublimazione
non
della mente nel processo della verità. EgU perciò
dello
movimento
del
problema
il
proporsi
a
ha luogo
esterno,
spirito prarico lì. per lui, e' è solo arbitrio, dato
ma
è,
:
(testimoni),
;
:
fatto, e
quale bisogna che alfine conchiuda è l'accettazione,
refrattaria per sé ed estranea alla critica scientifica del
pensiero logico, di concetti, ancorché falsi, utili e ne-
il
contem-
questa domanda.
per Bruno, mera volontà, quale si
nelle grida e nelle
ma è
altre espressioni violente dello spirito popolare
anche pensiero o, come egU dice, « dottrina
espediente a molti»; è un sapere che è credenza, sottratta alla forza di quel regolato sentimento
gioso, ecc.)
manifesta nei voti
dello
tutto acceso com' è dell'ardore mistico della
plazione, che è puro pensiero o cognizione della
dello
verità, ha più interesse di ricercare lo sviluppo
nelle
spirito pratico. C'è un processo nelle rehgioni,
espedienti
leggi, nelle idee moraU e in tutte le dottrine
risposta a
ai molti ? È inutile cercare in Bruno una
;
termine,
mcommensurabihta
spirito pratico, possiamo dire, e dello spirito teoretico,
egU non ricerca più oltre la radice di questa doppia
direzione dello spirito umano (radice che noi piuttosto
possiamo additare in quel residuo di trascendenza duache e' è in fondo al naturalismo bruniano) ; né,
;
muove
—
—
popolo, col quale egh, praticamente, si confonde. Quindi
l'atteggiamento del Bruno verso la religione, in quanto
atteggiamento di rispetto,
chiesa e istituto sociale
fondato sul concetto dell'assoluta incommensurabihtà
della dottrina filosofica, che è sforzo di conoscere la
espeverità, e della dottrina rehgiosa, che è credenza
pratica e la scienza, tra la legge dell'una e la legge dell'alperchè la pratica è attività sociale, il cui soggetto è
la comunità civile, il popolo la scienza è opera dei savi,
onde «un solo, benché solo, può e potrà vencere, ed
al fine
alla
pratica,
;
rale
—
vita civile. Anche questo elemento della
benché in sé pensiero, non ha valore, secondo il
Bruno, come tale e pzvò il savio non ha autorità e competenza rispetto ad esso, e deve accettarlo qual è nella
del
che è volontà orientata secondo una fede
vita
cessari
moltitudine perchè non fa per le spalli di qualsivoglia
questa soma [la cognizione de la verità], ma per quelli
che possono portarla, come il Nolano o almeno muoverla verso il suo termine, senza incorrere difficoltà
sconveniente, come Copernico ha possuto fare».
Bisogna dunque, secondo il Bruno, distinguere tra la
tra
91
:
nale, e
non logica. La fede, infatti, come
non può avere sviluppo.
tale, è irrazio-
\*
')
Vedi in proposito
storia della cultura.
»)
Fr. 49 Di»li.
m
il
saggio prtctdente
:
G.
Bruno
nella
'
4»
—
92
—
—
scienza, invece, è per il Bruno la negazione assoluta della fede e però egli esclude il popolo dall' insegnamento di quella. «Color e' hanno la possessione di
questa verità, non denno ad ogni sorte di persona co-
La
93
--
Bruno,
di se stesso, o. come dice
e testimone della verità».
«esaminatore, giudice
;
municarla,
si
lavar,
a l'asino ». 11 dotto,
deve, secondo lui, indirizzarsi a chi ha ingegno, ma
anche disciplina, sì che ignori tuttavia «sol per non avvertire e non considerare.... per la privazione de l'atto
solo, e non de la facultà ancora ». La facoltà, dunque,
o la condizione per essere in grado di accogliere la verità
ossia di conoscere, è in parte naturale (ingegno) e in
parte acquisita con lo stesso esercizio del pensiero, con
gli studi (disciplina). In altri termini, la scienza è
La
figlia della scienza.
verità
nuova presuppone
ma
malamente appreso
è la fede, è
messa
La
».
credula pazzia,
che
sullo stesso piano della passione,che
la vista del vero, come la negazione assoluta
tutti costoro il filosofo oppone
dello spirito scientifico.
quei «felici e ben nati ingegni, verso ^\\ quah nisciuno
impedisce
A
temerariamente non giudicano,
hanno libero l'intelletto, terso il vedere, e son
prodotti dal cielo, si non inventori, degni però esaminatori, giodici e testimoni de la verità ». Questo libero
onorato studio è perso
non solo supera la scoIn questo concetto Bruno
(cfr. la teoria dell anamnesi
lastica e la filosofia greca
Aristotele, ecc.)
dell' intelletto atrivo di
Diatonica
;
ma
:
non è già intelletto vuoto, poiché il Bruno
richiede, come s'è veduto, la disciplina; ma è
la ribelhone al credo ut intelligam di S. Anselmo, e a
ogni intuizione del pensiero che non sia tutto creazione
lo stesso
suo naturalismo che non ha
posto
per
come autoctisi.
la libertà dello spirito
-^;f^™^.*!
intmzione dell attività
ferma qui. Portato dal 'oscura
era in fonche
storia,
progressiva dello spirito nella
(in cui pur
Rinascimento
del
spiriti
do a tutti gU
verità
queste stesse sono frutto di regolato
sentimento, di pensiero che procede secondo sye
leggi. E però dall'insegnamento del Nolano sono escimi
non solo quei «maligni e scelerati, che per una certa
neghittosa invidia si adirano ed inorgogliano contra
colui, che par loro vogUa insegnar »; ma anche quegli
altri «che, per qualche credula pazzia, temendo che per
vedere non se guastino, vogliono ostinatamente jx?rseverare ne le tenebre di quello eh' hanno una volta
precedenti,
IL
come se dice, il capo
che scopre una verità nuova,
non vogliono
si
mescolava con
il
secolo
l'
idea opposta, ^rdurata fin a tutto
della identità immobile
attraverso tutti i tempi e tutti
dell
XVIII,
ma umana
an
luoghi),
i
solo come
e concepisce la scienza non
di un atto immalibertà
la
essere
potrebbe
libertà, che
ferma eternità dell oggetto
ente ^ congruo alla fissa e
e poi da Aristotele
Platone
da
concepito
com'era
suo
a Bruno si anche
fino
posteriore
filosofia
e da tutta la
lo spinto e costiche
visto
come storia. E già abbiamo
che e fordisciplina
dalla
sua
facoltà
tuito nella
per cm i
fede,
della
luogo
il
piglia
mazione storica, e che
capace di conoscere il.
pensatore medievale era fatto
questo
egU svolge con un'arguta osservazione
egU va
oltre,
;
vero.
Ma
con la viltà miso""""^Prudenzio, molto prudentemente,
innanzi alle
sbigottito
ricalcitra
neista del pedante,
io non
vuole,
si
la
come
novità di Te^filo dicendo: « Sii
antichi F^-^^^^^j^^.
degli
parer
dal
vogUo discostarmi
Teofilo
nell'antiquità è la sapienza»^).
il saggio
E
.
:
intelletto
-'
"
-
')
«In
dentia
»
:
aiitiquis est sapieiitia
12.
Giobbe, XII,
et
in multo
tempore pru-
«««m«»«*«a>»w«w
—
—
^4
—
in molti anni la prudenza. Si voi inten« E soggiunge
deste bene quel che dite, vedreste, che da* vostro fondamento s' inferisce il contrario di quel che pensate
vogho dire, che noi siamo piiì vecchi ed abbiamo più
lunga età che i nostri predecessori intendo per quel
che appartiene a certi giudizi, come in proposito. Non
:
:
:
giodicio d'Eudosso, che
astronomia, se pur in esso
non rinacque, come quello di CaUppo, che visse trent 'anni
dopo la morte d*Alessandro Magno il quale, come
giunse anni ad anni, possea giongcre osservanze ad osservanze. Ipparco, per la medesima raggionc, dovea
saperne più di Calippo, perchè vidde Ja mutazione fatta
sino a centononantasei anni dopo la morte d'Alessandro.
Menelao, romano geometra, perchè vedde la differenza
de moto quattrocentosessantadui anni dopo Alessandro
morto, è raggione che n' intendesse più eh' Ipparco.
Più ne dovea vedere Macomctto Aracense milleducento
e dui anni dopo quella. Più n'ha veduto il Copernico
quasi a nostri tempi, appresso la medesma anni milleottocentoquarantanove ^). Ma ch(^. di questi alcuni, che
son stati appresso, non siino però stati più accorti,
che quei che furon prima, e che la moltititudine di que'
che sono a' nostri tempi, non ha però più sale, questo
accade per ciò che quelli vinsero, e questi non vivono
gh anni altrui, e, quel che è peggio, vissero morti quelli
ha possuto
visse
essere
poco dopo
sì
maturo
il
la rinascente
;
e questi negli anni proprii
».
In questa pagina, per la prima volta, ch'io sappia,
moderna,
il concetto tutto proprio dell'età
è affermato
tutto questo schizzo di storia dell'astronomia (la
*) Per
I. pagg. 28
cui fonte è Copernico) cfr. le note all'ediz. cit..
e 416.
*»>
—
della importanza e della scTietà della storia, come attuahtà dello spirito nel suo svolgimento. Lo spirito esaminatore, giudice e testimone nella verità non è spirito
astratto, la mente, quale si trova indifferentemente in
né la mente in sé, fuori delle sue condinon è l'anima, p. e.,
determinate nel mondo
di Platone, la quale sohanto nell'Iperuranio è veramente in grado d' intuire le idee. Lo spirito è Eudosso,
Calippo, Ipparco ecc. ossia in tanto esso conosce quello
che conosce, in quanto esso stesso è determinato nel
tempo, o megho, nella maturità del giudicio che progredisce col progredire delle osservazioni (« osservanze »)
benissimo
e, in generale, del suo stesso operare, o come
tutti gli uomini,
zioni
:
;
dice Bruno, del suo vivere. La vita dello spirito
crea lo spirito e più lo spirito vive, più è spirito, più
è capacità d' intendere. Non solo la scienza cresce con
l'andare del tempo quasi per addizione di verità a verità
(che sarebbe osservazione empirica abbastanza ovvia)
ma la mente stessa riceve un continuo incrernento,
E questo crescere o svolgifhento
si fa più accorta.
intimo della mente non viene per azione estrinseca di
una illuminazione progressiva che la mente riceva dal
ma è l'autoformazione della stessa mente, che
di fuori
;
;
:
fa dei suoi gradini raggiunti
base ad ascensioni ulteriori
impossibili prima.
Ed ecco lo spirito che è storia. La quale non
nella
Bruno lo avverte espHcitamente
consiste
vana cronologia, ma nel pieno e concreto processo spi-
—
—
onde dopo Copernico vivono i contemporanei
Tolomeo, pei quah tutto il frattempo non è stato
rituale
di
III.
95
:
vita di pensiero.
Questo concetto della storia in Vico e in Hegel
s'in-
tegrerà e illuminerà nel sistema di una filosofìa dello
spirito, che in Bruno manca quantunque anche altrove,
celebrando la potenza del lavoro imiano e criticando
l'ingenua raffigurazione mitica dell'età dell'oro, egU
dimostri d'intuire profondamente il carattere essen-
.
— 97 —
verbo ipsi
negligens omnino est, et vix
prò angrandaevitas
et
cSrua Mindi cnim senium quae temporibus no^^^t
habenda
;.
vere
uquitate
non union aetati mundi, quabs
stris tribui dcbent,
revera quemadmodum ma oAtquc
fuit.
antiquos
apud
et maturius ]ud.cium
notitiam
humanarum
rem rerum
sene ex^ctadomine
ab
giodicio di B.]
iosa fovent
episodica
zialmente storico dello spirito *). Ma, come
la coscienza
sé nella concezione generale bruniana, esso è
perfettamente lucida che lo spirito acquista del caratenergico ed
tere sacro dell'opera sua in un momento di
può
entusiastico ritmo della propria attività, che non
la
contro
battagha
nella
progresso,
essere altro che
cT
'
s
il
maturo
et rerum
juvene, proptor «^Pf "^"^lam
et co
atem
vane
cog'tavit,
et
quas vidit, et audivit,
nostra aetate (si vires suas
a
et
modo
codem
niam
vellet) majora multo
nosSt et experiri et intendere
utpote
par est
expectari
nulm a priscis temporibus
et
grandiore.
^"tate mLdi
^^^^)^^\f^l]^^'l^Jl
di B.l aucta et cumu
observationibus [cfr. le osservanze
mus quam a
V
tradizione degli antichi.
•
f
h
IV.
;
lata
Il
si
valore
di
questo concetto biuniano della storia
si raccosta a idee molto simili che
fa pili evidente se
periodo, ma
*
1,
n«i
«,»r.
che
in fondo
a
qviesto aforisma
Bacone
poste-
incontrano in scrittori dello stesso
Bruno e ai primi de 'quali mi pare molto probabile che sia stata innanzi la pagina del Bruno.
Più di un motivo abbiamo già per ritenere che le opere
segnatamente
italiane del Bruno, pubblicate a Londra, e
che ebbe famila Cena, fossero note a Francesco Bacone,
nostro
hare la letteratura itahana, e una voUa cita il
lib. I, e.
scrittore-). Orbene, nel Novum organiim (1620),
in passato al pro84, tra gh ostacoU che si sono opposti
antigresso delle scienze, è menzionata quella revcrentia
che abbiamo ammirata in maestro Prudenzio.
q lutati
s'
» *).
riori al
a^«'^^voc.
E
si
può anche
citare Senofane
(fr.
18 Diels)
.
Bsol Ovr^iola' ÓTiéeet^av,
a|i6ivov.
^YjxoOvTEC è:p6'iptaxo'>3vv
obia in' àOTC Olivia
àXXà
Qi
Si
1'^
XP^v(|>
niiò altresì
P"^.^^Y^
citare
quell'osservazione
\ òuando
,^'^1
Machiavelli
un
alcuna maUgnità sta occulta
s,
l'osservazione critica di Bacone coincide
gegnoso sgambetto che Teofìlo dà nella Cena
zione del pedante («Si voi intendeste bene
dite....»). «De anriqiiitate autem opinio »,
E
cone quasi con
le
stesse
parole,
M
Vedi più avanti, pp. i44-3-
2
V
«
con T
in-
alla cita-
quel che
dice
Ba-
quam homines
de
n
.,,
G
/-.a
MAGALLi.
>/
verità figliuola
fJfj^^l^Z^'ol^^^
^^^^'.^.7^*"'
typograph. Italxae
Inveniaire, pagg. 200-7.
pag. 492. Cfr. Delalain,
Bruno t ti pernierò del RinatcimenU
_
,
INTYRE G Bruno, London, Macnullan, 1903,0 quel
e nell'opuche ne ho dotto'anch' 10 nella Critica, ITI. (1905).
scolo
^:TXoLexicon
7
seg.
B. nella storia della cultura, Palermo, 1907, pp. 136
i
Czcrdano
^
^'
-!:,-« a?S»iB '^'^-^.^..-r-M^''
~
^tì^ffi^^Sis?"*^*; --Hf«'^«tóv
-
-9«
—
\
par possibile dubitare che questo passo
derivi dalla Cena, con gli ampliamenti ovvii appunto in
chi ripete, e senza più la nota finale della distinzione
tra il semplice scorrere del tempo e la vita operosa del
pensiero, quale vera rappresentazione dell' incremento
\
Non mi
State super vias antiquas, et videte quaenam sit via recta,
et bona, et ambulate in ea. Antiquitas eam meretur
l'arguta
f
nel
De au^mentis
inversione
umano, che
scientiariim (1623) ricorre
bruniana della vita del genere
dall'alto della
nuova scienza cominciava
a guardare come fanciulli i già venerati vegliardi del
sapere antico. Qui Bacone appaia come egualmente viziosi i due eccessi opposti dell'amore immoderato così
del
liae
-S
\
spirituale.
Anche
nuovo come dell'antico « Qua in re Temporis fimale patrissant. Ut enim Tempus prolem devorat,
:
haec se invicem dum Antiquitas novis invideat augmentis, et Novitas non sit contenta recentia adjicere, nisi vetera prorsus eliminet, et rejiciat. Certe
consilium Prophetae *) vera in hac re norma est
si
—
99
f
;
:
Male invece si cita a riscontro dello stesso luogo del N. Organum, come ha fatto I'Ellis (in Bacon's, Philos. WW.,
ed. Spedding, Ellis e Heath, I, 191, «• i) il seguente luogo
di Campanella {Apol. prò Galila^o) di significato ben diverso:
«Quapropter invidi sunt aut ingenio et fide in Deum exigui
qui putant in Aristotele et aliis philosophis antiquis quiescendum praesertim post Evangelii lucem, et novi orbis ac stellarikm inventionera, qua prisci carnerunt, sicut et luce fidei
quae perficit in nobis naturam supni ethnicos non deprimit
sub eorum ìugo cum eorum philosophia sit catechismus et
:
;
unde in inundo
nostra sit perfecta doctrina, teste Cyrillo
qui est liber Dei et sapientiae melius legere jx^terimus, si gra
tiam quae est in nobis non negli gain iiS)». Cfr. puie L. Blanch kt,
Les antécédeìUs historiqites duje pense, doncjc suis, Paris, Alcan.
progiesso
1920, p. 265. Por le idee del Campanella intorno al
V. g'. S. Felici, Le dottrine filosofico-religiose di T. Campanella,
Lanciano, Carabba, 1893, pagg. 167-181. Mej^lio piuttosto ricordare col RiGAULT, Opera qui appresso citata, pag. 24 quel
luogo di Ruggero Bacone, Opits mams, 1. 6: «Et infert.
quanto juniores, tanto perspicaciores, quia juniores, posteriores
successione temporum, ingrediantur labores priorum
*) Gereml^, vi, 16.
"/'»'*".
u
reverentiam, ut homines aliquandiu gradum sistere et
supa eam stare debeant, atque undequaque circumspicere, quae sit via opti ma
quum autem de via bene
constiterit, tunc demum non restitandum, sed alacriter
progrediendum. Sane, ut verum dicamus, Antiquitas
saeculi, Juventus mundi ^). Nostra profecto sunt anti:
qua tempora, quum mundus jam senuerit non ea,
quae computantur ordine retrogrado, initium sumendo
a saeculo nostro » ^j.
A questo luogo qualche commentatore di Bacone •)
ha avvicinato un versetto del 2° libro di Esdra (XIV,
io)
quoniam saeculum perdidit juventutem suam et
tempora appropinquant senescere ; dov'è, piuttosto, Tintuizione contraria della vita, non come progresso, anzi
come decadenza e vi si può vedere soltanto un riscontro
verbale al motto baconiano antiquitas saeculi iuventus
mundi. Più a proposito si cita *) un luogo dei Problemata marina (1546) del Casmann: « Si....antiquiorum dignitas ex tempore major videtur, id nostros qui hodie
docent posteriores unice commendabit, nam tempus....
doctius et prudentius evadit ex continuo progressu, ut
:
:
;
senescens judicio sit acriore, solidiore et maturiore ^.
Ma, oltre che è assai improbabile che il Casmann fosse
noto al Bruno, che suole sempre ricordare gli scrittori
che conobbe, si t rat tacqui di un'ovvia osservazione
;
4..
>•.
«W¥*«S«i*»P3^^fe^.i|8BÉ%».
»i^mmmsimf'v^^Bt?^-
*)
u
This remark
ritata (pag. 458,
a quotation, and
><,
dice
it
i
l'
Ellis nelle sue
note alla edizione
not, I think, given by Bacon as
proba ble that he did not derive if from
n. 4),
« is
any
earlier writer >.
*) De
ajigm., lib. I,
Spedding e Heath, voi.
ed. Ellis,
Philos. Works
38 (in
pagg. 458-9).
^) Ch. De
Remusat, Bacon, sa vie, son temps, sa philo
Sophie et son influence jusqv'à nos jours, 2.e ed., Paris, ^858,
pag. 183, ed Ellis, nota al 1. e.
*) Ellis, l. e, pagg. 458-9 n.
ii
I,
*>
y
—
100
— lOI —
—
mostrarvi un
Io non voglio tralasciare di
solo voi ma
non
incorrete
quale
nel
grandissimo errore,
i filosofi moderm
anche molti e molti altri mentre accusate
fondandovi sul vedere
che iMa antiquitaU non utuntur,
scoperte novelesperienze
ed
che essi mediante le ragioni
valersi dell antichità
D
opinioni.
nuove
segnano
lamente
ma non dell antichità
in filosofare è ottimo pensiero
vogliamo dire che un
intesa a vostro modo, se già non
leggerezze e nei pianelle
involto
sia
quale
vecchio, il
a l'etade antica, poi che
ceri Kiovanili, viva conforme
dei vecchi hanno costuparte
maggior
la
e
egli
così et
filosofia si ha
che
dice
si
Quando
mato di vivere....
che ci conviene
da rivivere l' età più vecchia e
antichità, si ha da intendere delalla
pensiero ha nel primo.
»
V.
q-te
-tgji^rqudn trèSi.1
assoluto del se'Z$'^^:^^'^^,S:Td.ào
u
aestati
sospetti abbia
E
noto poi
trovino
quali
rr^dKVa ifpaf
^pSSUllo ^Pf- Xe^J^d^ve^^^r
k^rtiS
è
improbabile. Frche siccome
di
^.nzoi^
sul
C.«a
della
fll
S?e
^^
determmaziom par '^^^.^'^".^.lii^un^ersalità
cresca il
e che con gli amai
determinazioni
g^"_Ì^^^'[°^f
uUime ^egr
par ragionevde 1
uomini
sien
qui.
le
più vere
ma
in
»
È
«
;
m
avere riguardo all'
di
del mondo, il quale col crescere
l' età più vecchia
e maggiore espeperfezione
maggior
in
cresce
anni
se questa vecchiez»
rienza e notizia delle cose. Ora.
a quelli d Aricompete molto più a' tempi nostri che
la filosofia da due
e
adesso, era si può dire novizia
manco che
non biasimate
pargoleggiare
avendo
coloro che in età
mia ^nm
fanciulla
matura più non voghono
» ').
^^^^^
^^^^^ ^
lo ^ esso concetto
una forma fil^fi^^^^^f
:
stotele, ne' quali,
un uomo p
l'ultime
degli
luce
^J^^dere che esso
VI.
^uel eh
1^0 gafifeiana può ntenem
nòto
^ui^"^"'
Mano
uno scritto polemico di
^^^J^^,
loUo
suita
Più prossimo
alla
forma
del
pensiero
brumano
Cartesio pubblicato dal BaiUet
est
« Non
des Cartes (1691)
Mr.
de
nella sua Vie
antiquitapropter
quod antiquis multum tribuamus
è un frammento
di
:
~77~^Utti
SPAMPANATO,
O-''-/'"-/^
in .S<or.a ,'!" ,"' ,,o--.76ì
de,
. Att.
mi. di Firenze, in se.
mor., pas;. 102.
parte terza, Mem.
VII, 686, post. 63.
ti
Dal Berti
^l^^Jlli^f^k
S/ion,
%:Li^.L
""^'"^'^"'
s. 2»,
voi.
IH,
in Ó^,r., ed.
«)
Mei
a.
Da ANTONIO Favaro, Amici e ^orri.^Ì°«'^"%J,'
^rj",'
\en. .,
XII M. Guiducct negli « Atti del R. t^t.
XXX
1915-16,
:
t.
II,
pag. 1404.
— 102 —
—
cmm
diccndi. lam
tem sed nos potius iis antiquiorcs
habcmus
maioremque
tunc,
quam
mundus
senior est
Cartesio
m
idea
quesf
Ma
rerum experientiam» ').
la stona, poiché egli non
apprezzare
ad
già
non giova
espc-rienza
insiste sul
fondamento
di questa
maggiore
della
;
mépris
il
gile
significato
y seraient contenues,
Virquelques-uns trouvent qu Homere et
littévaires
Hachette. i8q6.
I^escartvs
pag.
;
«
.
b^n
JSliU
pag. 203).
et
m
pagg.
183-250 e
J.
Delvaille
Essat
siir
de progrès jusqn'à la fin du XVIII siècle.t-a.Sulle deficienze del libro del Delris. Alcan. 1910. lib. IV.
pagina della Cena,
vaille che si lascia sfuggire il valore della
Messina,
vedasi la mia Rifrma della dialeUica hegeliana
Delvaille
il
Principato. 1913, pagg. 231-4T. H Michiels e
molto
hanno richiamato l'attenzione sopra un luogo infatti
Pascal, del
notevole, come anticipazione del concetto di
163Ò) di Guillaume
(3 gennaio
«Discours à l'Académie
« Si
nous pouvons savoir les choses qu ils (les
Collete
nous les saanciens) ont sues et les égaler en ce que
suipasser en
vons comme eux. nous pouvons aussi les
leur ont r-te cachees,
ce point que nous savons des choses qui
nous a dccouvertes. et qu'il semble n'avoir ré•
53.1
Paris, 1691, liv. vili, cap. X.
unlik ay that
« It
Oe.vr^. ed. A^m-Tannery, X. pag. 204.
pag 336) \^°"'?,„^'"
Descartes (dice 1' Ixtyre. op. et.,
Meisenne and Huet
ianorant of a wiiter well known to
mcnt.ons the guilty
cSt-ùnlTtbe fact th^th Dcsc. nowhcre
dec.ding as to the mfluence
is of no importance in
I,
siede
>
et
•X
t.
Htst. des idees
de leurs origines dans
Alfred Michiels,
XIX
l'hist de l'idée
:
LiER,
querelle
XV
seraient trom-
ìfìITu.Tn.TcW
della
en Francp au
Brunftièri:, La formales siècles antérieures, Paris. 1863;
Études cnttques
III siede,
tion de l'idée du progrès au
ed., Fans,
sur l'hist. de la littér. frane., cinquième sene, 2»
se
Platon, Epicure, ces grands hommes,
Platon, Epicure
pés " On ne considère pas qu'Aristote,
la méme espece
de
et
nous
comme
hommes
étaient
nous ,.sommes
que nous et de plus, qu'au temps où
deux mille aiis, qu il a plus
le monde est plus àgé de
et que e est
d'expérence, qu'il doit étre plus éclaire,
qui font del'expériencc
de
°*
aheno da
N. Amenta, avvocato napoletano. De' rapporti
Cfr
questo
Parnaso, Napoli. 1710, pag. 118, dove si rimanda a
antichi.
luogo di Malebranche contro la sui)erstizione per gh
de 1657
Vedi Maugain. Ètude sur l'évolution ivtell. de VJtalie
ti 1750. Paris. 1909, pag. 173.
RiciAULT, Hist. de la querelle des anf. et des
*) Vedi H.
pei motivi e U
wod., Paris, Hachette. 1856. pag. 49; e cfr.
les autres sciences
du monde
affatto
«)
de la nature.
avaient une connaissance parfaite
quoi Anstote,
dit-on
faut respecter l'antiquité,
la vieiUesse
che insegnò, è stato detto, «le
avait prechée
commc Rcnsard en
(il
:
Il
de l'antiquité,
l'adoration» «). Bruno era stato
questo dispregio dell'antichità 3).
de son
histoire
;
tesio, co' suoi seguaci,
:
méme toutes
de méme que
—
couvrir la vérité»^). Ma qui si obbedisce ai motivi
che in
della celebre querelle des avciens et des modernes
Francia fu dibattuta lungo il xvii e xviii secolo, e fu
degli scrittori nostri
la continuazione del movimento
Rinascenza iniziato in Francia appunto da Car-
ali illusione antistoattribuita ai moderni e partecipa
ab imts. che faccia
instauratio
una
di
rica del Bacone
Bruno, invece e
per
quale
tabula rasa del passato. Il
matematica di
L'intelligenza
presente.
del
la base
men favorevoli
condizioni
nelle
Cartesio è, com' è noto,
della stona.
positiva
valutazione
„
una
,, , ,
a
MalebranE con lui.neir identica situazione, si trova
della Recìwrche de la
che (1674), che in un luogo benissimo
cstime davantage
«On
dice
famoso,
divenuto
vénté\
sont les plus
qu'elles
parce
vieiUes
les opinions les plus
Nembrot avait ecnt
éloignées de nous. Et sans doute, si
et
règne, tonte la politique la plus fine
r
103
3 (ed.
Garnier. a cuxa de, Bov.l-
.*!
que
1^
temps
expcsérvées que pour nous. Et, en effet, comme une longue
est bien croyarience ne s'acquiert qu'avec un long usage. il
vieillesse du monde,
ble que les derniers qui sont comme la
lunuepeuvent donner aux hommes des connaissances et des
res
encore ».
que l'enfance du monde ne leur pouvait pas donner
Non ha badato punto a questa differenza essenziale
3)
tra
il
concetto del progresso e
la
svalutazione degli antichi
—
ro4
—
—
—
105
All' incontro, le
aggiunger altro.
sia più possibile
geometria
^^enzl dell'aura classe (la
non
Bruno, |x4magMolto più >-a vicinano al p, nskrodel
il misticismo,
loro
che
dà
spirito
eior senso del valore dello
quali ribatteva la vecchia
dei
primo
Il
Pascal.
e
Arnauld
teologo
progressiva corruzione sostenuta da un
tesi della
nuova filosofia, dicendo paradosso
più sapienti i P»" fatil'immaginarsi
ridicolo
qu'il y eut, avant le deluge,
chi « Si cela était, il faudrait
savant geometres
dp'plus habiles médecins, de plus
N est donc pas
Ptolémée.
et
Archimede
qu'Hippocrate,
se ptrfechumaines
sciences
visible au contraire que les
temps?»*).
le
par
lionnent
svolgimento che da Pascal al con-
Ma
alla
classico è lo
al principio di autorità
cetto del progresso di contro
vero
vide
(1647) ed è 1 solo
du
Traité
Préface ìur
nmase
altro
per
lui
a
che
al luogo di Bruno,
Sa
fisica
la
la
la
Smma
VII.
avverso
l'aritmetica
medicina, l'architettura e tutte
soggette al ragionamento e all'ele discipline
tempo, con la fatica che
l^r^pnza) crescono sempre col
^n.^^
:
commento
una distinzione analoga nm
forse ignoto. Il Pascal fa
veduta nello scnttore
abbiamo
non eguale, a quella che
dipendono daU
ossia^ distingue le scienze che
esperienze.
e col moltiplicarsi deUe
mancar di
senza
teorie
nuove
Tr^n(> accoeliere
d'ingratitudine
peccare
e senza
vfs^sSde Storno
&
^
o'Si
anS.
nous ont
premières connaissances qu'il
que dans
et
notres.
aux
donSsont servi de degrés
redevables de 1 asommes
lenr
nous
ces avantages,
eux parce que s étant
candlnt que nous avons sur
ou ils nous ont porte,
^^kvé^^usqu'à un certain degré
plus haut, et avec
monter
fait
nous
fé moiff effort
nous trouvons
nous
gioire
de
moi^is de peine et moins
que nous pouvons decou^^r
là
de
C-est
d^èux.
fu dessus
Noétait impossible d'apercevoir.
des ch^es qu'il leur
«Sue
les
;
^"
^'s'c^l
del pros t e n-
'^ome'srve'drteorizza la necessità
progresso suo e e
par "di Bruno. Ma il
cesso al
non
e ma 1 co
fivo enon intensivo; mat
Bruno lo spinto si
1
'^Jr.,^
et ori
co
Per
Sano:
la
non hanno altro fondamento cht
a
mirando
storiche
memoria, e sono puramente
dagli scntton e
tramandato
stato
è
che
quel
conoscere
dai nostri sensi e dalla ragione.
le scienze che dipendono
geografia le hngue
Esempi delle prime la storia, la
d'«^^Pl^^"^^^
queste
In
teologia.
la
Pf^^^
ma, sopra tutto,
cui
l'autorità, le quali
,
:
Pascal che
il
r.,v»i-
in^eHen
si
del Progresso Al
vero e concreto concetto
La *gniU ^eUa
profondo.
più
lato
pl^ca^ì' fugge questo
sull istinto ciir
superiorità
ragione umana e la sua
égal », consiste aptouiours dans un état
rito
Cte è
rSure
4"*=
«en ce que
nun^ 7en
punto
totale,
possa giunger alla conoscenza
neffU
estratti
nAfaTet
Pascal,
raccolti nel suo volume
pH,U>.
De Vauiorité et ^u progrès en
:
nS
33.
effets
les
'
du raisonnement augmenLa se enza istmffptH
,.
I
natura e
-n la ™^^
vonJ avvita a volta dalla
mai il nuovo al jeccmo
vano onde non aggiungono
possesso. La natura
vecchio
un
mai
^rchè non hanno
;
RiGAULT, pag.
il
— ic6 —
—
non perinon concede mai loro nulla di meno, affinchè
di più «de peur
scano ma non concede loro neppure nulla
hommes. pendant
•
f
ron
finito
della
ad appartiene all'oggetto e solo all'oggetto
L'unilateraconoscenza infinito matematico, astratto.
,
:
pagina,
suo progresso è evidente in questa bella
prodotto
onde egli spiega l'infinità, per cui l'uomo è
premier àge de sa vie mais
« n est dans l'ignorance au
son progrès car il tire
dans
cesse
il s' instruit sans
enavantage seulement de sa propre expérience, mais
qu'il garde
parce
prédécesseurs
ses
des
ceUe
core de
qu'il sest
touiours dans sa mémoire les connaissances
lui sont
une fois acquises, et que celles des an<^iens
laissont
en
qu'ils
livres
les
dans
touiours présentes
connaissances, il peut
sés Et comme il conserve ces
de sort que les
aussi les augmenter facilement
sorte dans le
quelque
en
hommes sont aujourd'hui
meme état où se trouveraient ces an^iens philosophes,
jusques à présent, en a i o us'ils pouvaient avoir vieilli
aux connaissances qu'il avaient celles que leurs
t a n t
de tant de
études aui-aient pu leur acquérir à la faveur
particuliere,
prerogative
une
siècles. De là vient que, par
de pur
non seulement chacun des hommes s'avance
hommes
les
tous
que
mais
sciences,
en jour dans les
que
ensemble y font un continuel progrès à mesure
ve dans
am
chose
meme
la
que
parce
vieillit,
Vunivers
les àges dittéla succession des hommes, que dans
la suite des
rents d'un particulier. De sorte que tout
lità del
:
:
;
;
doit
siècles
qui
)
contmuellement
touiours et qui apprend
combien d'injustice nous respectons
voit avec
sub-
dou
an-
car, comme la vieiUesse
tiquité dans ses philosophes
l'enfance, qui ne voit que la
est l'àge le plus distant de
univeisfl, ne doit pas etre
vieillessc, dans cet homme
de sa naissance. mais
proches
cherchée dans les temps
éloignè: ? Ceux qui nous
plus
les
sout
en
qui
ceux
dans
nouveaux en
appellons anciens étaient vératablement
des hommes protoutes choses, et formaient l'enfance
a leurs conprement et comme nous avons joint
e est
ontsuivis,
les
qui
siècles
naissances l'expérience des
cette amiquite que nous
trouvcr
peut
l'on
que
on nous
révérons dans les autres » *).
non vede altro progresso
Il Pascal stesso, adunque,
per cm.l uomo
conoscenze
delle
quantità
che quello della
nell infmita
attingendo
ed
conserva le già acquistate,
aggiungervene nuove Ma 1 uodello scibile può sempre
che faccia
mo resta sempre lo stesso uomo, per estendere
Questo sarà appunto .1 conla sfera del proprio sapere.
meta del Seicento nella
cetto che prevarrà nella seconda
degli antichi, si
superiorità
la
gmrelk.iv cui, F^ negare
tempi sono
in tutti
uomini
gli
che
sostenere
col
finirà
progresso
col toglier di mezzo il
;
anche lui poco
diverso da quella di Bruno, che diceva
promosso a scuoinnanzi al passo qui studiato d'esser «
causa, il vero e vivo
prire l' infinito effetto dell'infinita
Bruno questo investigio de l' infinito vigore ». Per
Pascal è fuori
è interno a noi, ed è noi stesso. Per
;
de
:
si^^te
alla
di noi
cours de tant
commc un meme homme
ètre considerée
a prescrites »
qu'ils'ne passent les limites qu'eUes leur
L'uomo invece è nato per superare ogni limite: n est
pensiero, che pero
òroduit que ponr l'infinite. Grande
come conveniva
faccia,
sola
una
da Pascal è guardato da
radicalmente
sua filosofia, orientata in modo cosi
le
—
107
;
;
i
ossia
«tati gli stessi
se la
Onde>ontene!le nei Dialogues des morts (1683),
delle espenenze umane,
frutto
il
Montaigne
da
negare
;
•)
Charles Pffrault
nel
PanUèle
des
/^cunts
et
des
doit etre consi« Le genre humain
moderne^ {i68S-o7) dirà
de
éternel, en sorte que la vie
déré comme un s4ul homme
a ^on en ance et^a
rhumanTté. comme la vie de l'homme
vinbte, mais quelle n ama
ieunes«e qu-elle a actuellement sa
incessant Prog'^^^^t ^^«
Si de d'An et. que cette loi d'unponr
les sciences exactes et
démonstiable non seulement
nms meme
d'o^^vation. et pour l'industrie ou la politaque
op. ctt., pag. 207).
pour la morale ou par l'art» (m Guyau,
pagg. 49-61«) Nell'ed. Guyau rit.,
:
•
^
1
,
—
io8
—
109
qui
le oiseaux
« sont faits comme
les memes filets ou
dans
prendre
toujours
Ssslnt
oiseaux de leur espèce il n y
l'on a deià pris cent mille
neuf dans la v.e et les sottout
n'entre
Jui
a Frsonie
da
pour les enfants »
perdues
sont
ti^s des pères
changent;
habits
«les
che
fa difendere la tesi,
change
à dire que la figure des corps
cerche
uomini
gli
E
.
Sate
Sce
n'est pas
ou 1 .fola grossièreté. la science
d'une certame naivete le
moins
ranee
là que le dehc^s
gé^e's'^ie^ux ou badin, ce ne sont
le cceur ne change
mais
de l'homme, et tout cela change
le cceur» ).
dans
est
l'homme
tout
aussi.
La
politesse
ou
le
p^us ou
le
:
^
ooint et
natura umana cioè
Tale fu il concetto astratto della
secolo antistorico per antononel
prevalso
spirito,
dello
nostro CmquemaSa^l xv if ed era stato il concetto del Terenzio col
e
Plauto
Snto quando comici copiavano
,1
ripeteva
come
Ruf ^.'^te.e
novi,
sub
nil
pretesto che
Lorenz.no de' Medie, nel
S,[\
mondo», come diceva
prologo deWAridosia.
«
è stato
sempre a un modo
»
.
o.
anctens
sur les
Lo stesso FoNTENEiXE neUa Di.ression scriverà:. Un
modlm^s (unita aUe sue Eglognes. 1688)
compose de tous les
i)
et lei
vLn
sK
prnrit cultivé est,
pour ainsi
!.v.^ =i
1
£
S
:otrò che
per es^r questa matena
sostanza sapore et hawr
me'desima
S'horT^'una
spinti, che tutt gU aim
dentro tutto quello in questi
assenva l'autore dei
«hanno avuto »; e come anche
I«-»o. quando ripoT.
di
deca
prima
la
humorlTiù
Dkcor^Zpm
neva
la
et più volte
S
:
«vera cognizione delle
istorie » nel «trarne, leg-
quel sapore
e nel «gustare di loro
gendole q^el
cui
ammaestramenti,
quegli
hanno in sé »: ossia
piacere
pigiando
leggono,
Sle
»
gli «infiniti che
che ,n esse si connf udire Quelle varietà delli accidenti
giudicando
imitarle
d'
altrimenti
tèn^rono s^nz^ ^n^re
non badano
aSazione nS
uS dttn^'e
il
gli
sole
ioìo
ma impossibile come
vanat, di
elementi, gli uomini fossero
erano
egh
che
quello
di potenza, da
solo difficile,
:
^
per cotesta
in tutta la Rinascenza,
una
storicità dello spinto, è
della
ntuizione
^ua netu'
resta in tutta Europa fino
tale
e
l"c^e affatto
"^"'Ko 'insamma,
Sata
a G. B. Vico
;
').
dire,
ce "'«st q"^" ."«éme espnt
Ainsi,
cultivé pendant tout ce temps-là.
a pre
Srits^des
\
del Doni
quello spirito bizzarro
volte, perche
dire ocei è stato detto molte
noi haimo avuto i medea
stafinnanzi
sono
rome teorizzava
^écéSntes;
/ A/«.,m
Venera,
^*^?^^l:
commencement du monde jusqu
an l vecu depua
""'i'^,^
». Dove par di
etc,
1^ P^^^l*.
enfance,
s^nt a eu son
pub
di Pascal non era allora
M^.^^^'^ilI^lV
Si può ricordare ancfr. III. «j/'Z",
Discorsi, lib. I. introd.
"Jctoria è la
« Io ho sentato .^'r„^?!:
luogo
quest'altro
che
't .|u mondo
maestra delle azioni
hanno avuto
kLo^^
fu
quWest
le
eS Pascal
Ma
il
frammento
nel
1779 co
1»Hi?o oer la prima volta dal Bossut
9
de philosaphie) quantunque
.«^S.V.
tìtofo
1^"*°
^s a sospettare che il Fontenelle
l'f-«!f„
De
^|^f^t, i^e
citano S. Agostino,
ascritto I commentatori di Pascal
paragonata a un solo
14 dove pure l'umanità è
Sicut auUm
varie età
uomo che si sviluppa attraverso le sue
.)
«
;
;
"°«tre«X^|'ruo^"chf
da uomini cne
sempre ad un modo .a^Jt^to
^
j
V'^«u«o%
^^DeiX
S
:
iZunts. itìlumani
generis.... recta
'"^f^ìslu
'«^,^''"'*''4" Cb
aelatum /''%«''
p^J
articulos tempori,», ta^uniam
Pascai., Pensées. l-a
Havet. nelle note alla sua edizione di
E
ris,
Delagrave, 1887,
It.
275-
molto Probabilmente il
^"t^'fw"co .una Cena bruniana è
4-1684
Comeho
16
del rasentino Tommaso
proemiale ai suoi
N^c
.^^pi^^Srit
uno ^egl^
quale Giordano Bruno è
'^^^\*jS„j subcontuiratura.^.
gravius
iJorro
P"<;f XVi «tu^ioaue tuo eiga barn^rnS^a!"m'èXamqne luguste
v-evente
,4so
tè
n^^^llo
•
brillT^S!- q^u^r^
i
—
no
—
interea ne mmium fallare, dum
et sancte veneraris. Sed vide
aetibus habet sesapientiam illam authoritatemque, quam in
tibi illnd excinectus antiquitati deferendam arbitrans.
consenuisse jam mundum atque
dit quod paulo ante dixeras.
senectutemque nostro potius sae-
Num
adéo ipsiurgrandaevitatem
esse tribuendam ? At vero
culo miam priscis temporibus
ma turiqueiiiadmodum senes et rerum cognitione et
praestant.
tate i udirli, natu minoribus saepe numero
quia nimirum plura ilUs experiri et "s«/og^:^^^l! •I^^^'^;,^-
hi
haec aetas, utpote antegressis granriaue
umulatior plurima
Sor et permulta experientiarum varietate eantiquionbus ignocompertr habet atque perspecta. quae ab
a vetenbus vel
rabantur. Ouocirca quum non panca nos
quasi
vel pei manus tradita et haereditano
licuit. ita
nostra
consignata,
literis
illam amphorem notitiam,
iure transmissa acceperimus. rerum
plerumque praecellunt
Quae aetate provectiores minoribus
profecto se res habet.
3obis non iniuria vendicabimiis. Ita
est. Rudis quidem
Nihil piane inventum simul et perfectum
temporibus philofuerat ac pene dixeiim puerilis Pythagorae
sequentibus nacta est
soohia quae magnum deinde saeculis
felicissima haincrementum; et medicina sub Hippocrate
aetatibus etiam atq^ue
buit incunabula. postea vero una cum
etiam adolevit » ediz. di Napoli. 1688 pagg^ 22-3, 1/1%^la V^^^ \^}^^'
nasmi erano già usciti a Venezia nel 1683.. e
Babà -. nel 1663.
anche a Venezia. «Typ. haeredumFrancisci
pag. 296.
in-40 V. N. Toppi. Bibl. napoL, NapoU. 1778,
:
•
a.C"il:'V-'-r-"
-
IV.
IL
CONCETTO DELL'UOMO
NEL RINASCIMENTO
Il
f
ti^
«
Basterebbe questa sola conquisti*
un obbligo di eterna riconoscenza verso gli uomini del Ri»
nascimento
per imporci
-4
Burckhardt,
it., IT,
Da] Giorn.
con aggiunte.
sicr.
d.
UtUr. Hat. voi.
LXVll.
Civ.
Rinasc.
ital., tr.
95-
19.6,
La conquista, che il Burckhardt ascrive a grande
merito degh scrittori e degli uomini italiani del Rinascimento, è quella del concetto, allora scoperto, del
valore proprio dell'uomo e della sua superiorità sulla
natura. Noto abbastanza è come tale concetto si sia
fatto strada a grado a grado nella coscienza degli uomini
ma
finora non si è studiata la forma filo;
sofica che assunse ben presto, e con cui vigorosamente
si spiegò nelle menti dei maggiori pensatori.
parte, la
Il problema filosofico concerne, da una
di quell'età
posizione dell'uomo di fronte a Dio inteso come prine riceve nel Rinasci;
mento una soluzione naturaHstica, poiché si assegna
cipio trascendente della realtà
alla
vita
umana un
fine
immanente. Ma,
dall'altra,
riguarda la posizione dell'uomo di fronte alla natura,
con la quale egli era dalla filosofia antica mescolato e
confuso e riceve per questo rispetto una soluzione opposta alla prima; una soluzione che rivendica l'autonomia dell'uomo di fronte alla natura inferiore, ricollegandolo alla divinità trascendente. Onde per un verso
;
I
,
nega, ma per l'altro si è condotti a riaffermare V immortalità. E si hanno due diversi e talvolta opposti insi
^
_
Giordano Bruno e
il pensiero del
Rinas€imento
~.
f'.^
-
rise
-fft^
114
«^rdlTTuT.o'ìr™;»™
de,
Rina»,»».»
italiano.
nanzi
115
—
Il Campanella è convinto, come risulta dalle stesse
poesie e da tutti i suoi scritti, che l'anima infatti predica
a sé altra vita oltre a questa, in cui pare che soffra il
giusto e r ingiusto goda un'altra vita, in cui le parti
s' invertiranno, come tutti i teologi e molti filosofi dicono. Ma nel suo naturalismo, in cui la natura tutta,
compreso l'uomo, si spiega «iuxta propria principia»,
senza che si ricorra a una realtà trascendente, crede
che la giustizia s'adempia già perfettamente in questa
vita, e il castigo sia immanente alla colpa stessa, come
il premio alla virtù ;o, come oe:gi si direbbe, che il valore
o ancora, come
è nella stessa volontà che lo realizza
diceva Kant (che pure continua anche lui a desumere dal
concetto della giustizia la fede nell' immortalità dell'a;
(.
uno
—
f
de.
ai quali
pm
notevoU
lo
studioso
lampi
ferma colpito da
segnato col n. 34
Adami ne
V622
1607
io credo, al
'questa vita e
-^"ItSL 'leT ^-fco'si
quello
1^.
i^^^^^t^ofoné., è
^^^"^^"^"^bblicata da Tobia
di f^
^f^^'riUo anteriormente, come
^^ moHzia in
^ nnd'
^^^^^^^^^^
E 1""^°'""
»).
'-«'«f
/^ ;« bontà bea
« «^^f^
f,f^"''rimere il concetto
oltremondana per
e là:
N^?a
^«"'•P^t'LtE
postulare una vn
che non occorre
lua
^
^
;
nima), che il bene supremo risieda appunto nella buona
volontà.
Seco ogni colpa è doglia, e le
pene che essa trae con sé, naturalmente, nell'anima e
nel corpo, nelle sostanze, nella famiglia, e anche nelle
amicizie, sono conseguenze della stessa natura della
colpa che porta seco la coscienza di sé, e quindi il
rimorso, il
penar seco. E qui s'arresta il ciclo
della colpa. Che se il rimorso genera la contrizione, il
tormento dolce alla penitente Maddalena, «remittunpeccata multa, quoniam dilexit multum » *)
« tur ci
allora, dice il Campanella non è più colpa, ma virtù
;
S^dS^StuS^^DS
II
sonetto dice:
doglia, e trae la
«^co ogni colpa é
pena
:
'^ saAgue o lan^xi.>a granoseco ^ «a
se contra voglù.
^ ^bl
:
"on^r^^
allora la volontà, quella stessa della colpa, fa giustiz i a in sé. Che é il ciclo della redenzione. Man-
r/ai^rj;rc^aAè^---r'
cando
la coscienza del
male,
il
male non
e' é
;
ma
la miseria del male, giacché infelice é chi si stimi
ignorando che
od ignorante
KtalimonPiero
dò
ch'altre pur
d'esser
d,cc.
al mago Simon
je^^^^^
dir che va
vite e sorti a se \
~
.
infelice chi finge
all'uno e all'altro quella
bontà, nel cui possesso o nella cui coscienza consiste la
beatitudine. Concetti, che il Campanella svolge anche
ancor ch'altèra.
n.
qrdo%o,essim
ronfile
Bari
Laierza. 1915.
bontà vera, come
e' è
buono
P^g- ^3:
•)
buono
Lue.
7,
mJC-^i:.m.
sia
:
47.
mancando
4%--
_ ii6 —
nella
«
PkUcsopMa
—
t^-^- tullfesi SJS che
no^n
^^
pu5 es.r
d.UoJ*
rità
facendolo apparire quasi una opinione antichissima della
stessa Chiesa cristiana, e, secondo il Campanella, dell'Età apostolica, quantunque poi sopraffatta dalla più
diffusa e prevalente dottrina, che riconnette la giustizia divina all' immortalità trascendente dell'uomo. A
intendere l'accenno dei w. 12-13 giova leggere l'esposizione che fa del sonetto lo stesso autore in questi termini «Notabile sonetto pfr far conoscere che il male
punisce l'uomo da sé subito e che, quando non è vero
male, non porta pena contra il volere. E che la coscienza netta può bear l'uomo. E quantunque l'alma
fosse mortale, è più beato chi vive bene e puramente
che gli malfattori. Questa sentenza è di san Piero in
san Clemente Romano, dove risponde a Simon Mago,
che dicea che con la speranza dell'altra vita perdiamo
la presento. E nell'ultimo verso pruova che sia immortale, perchè essa alma ha taU sillogismi efficaci a proe trovansi oltre le profezie e religione ».
varlo
Cosi, nella seconda canzone della Salmodia metafisica, appartenente al periodo delle più dure sofferenze
del povero prigioniero chiuso in un'orribile fossa di
Castel sant'Elmo, dice a Dio
vlo-
Ca^-g;
il
questo modo, è stato
moderni^^^.
precedeva
nella
f^^Xrmartenfndosi
al pan di costui
^^^j.
(benché non trasmodi
^n-ln
.
JVs^St Lak
nei giusti li™^')'
Ma tra lo
di.s^iP
"!
l'unico mezzo di
"f
differenza, che
"u
^ran
e
""^
^^^^
Spencer e il Campanella
del secondo^^g
vantaggio
a
tutta
mecP^^zione
torna
re
sempb^
natura ^ una
la reazione della
IgU
come
.
:
^
^^^
canica. alla quale
'^^^^'^^tsSdloIntemo
d'ssmio^
'^«'i.^fsenza
laddove pel Campanella
Ijmo il male e un p
colpa: ossia per
68^
natprale. poiché si opPone
f
e q^» ^^hnge
realizza nella volontà,
possibilità del F0P['°
P^^jj^
V o g 1 i a s ec o e Ila " «
af
u
^X^J^^t
^
non
^.^^^^
,^^^ ^ j^
s
^^^^
vera colpa
Conoscenza
\^puro sensualista,
^rpuò parere un P"'
sofo italiano 'nn?mS
^cm eg
ma il *nso
risma deUo Spencer
non f
conoscere,
Pf ^ JfJ^"^
forma del
percezione de la P^^^^^
il
j^^^g
^n'Toncetto
piuttosto
sf risela
piuttosto deU:
XIV,
a^
.
e .. Cfr.
^"^S gVger.n'5!'g«^^^'«'^»
pag. 160
Torino, Paravia, 1900,
_V_t^A^sI^±^^d^tf3^
'ossia
:
intel-
Io con
^^^^^^.
uno schietto
..
^Ma
son.
£,1
Mcio
^,,ag. .««r del .ec.
XVII.
amici pur sempre
ti
scuso
sdegno, ignoranza e sospetto rinchiuso
e che di lor fortune traditrici
ult.mi
.i filoso-
ejli
ch'altro secolo in premio a tuo' riserbi,
e che i malvagi in sé sieno infelici
sempre affliggendo gli animi superbi
immanente va^^^^^^
Sr^^^IirM^dn^rm":.
"ZmZTc.
ogm
^^^,^
'i -,
.
stato notato,
coSeraTo!-
;
filo-
della stessa
jj
:
Tn:
Cè
^ ^^^^_
^^
—
versi del sonetto è ricondotto dall'autore a un'autoche toglierebbe ad esso ogni importanza storica,
una
^.f-'ì'^TJrttlX^^ol
FJ^he ogm
^ulp^e »
naturalis est pumtio
117
trabocca n sempre al
;
fine.
E
« A* buoni s'aspetta
nell'esposizione commenta
che di più in questa vita
vita in premio.
gli tristi sono più puniti in verità, clie gli buoni internamente, bench' e' non paia ; come pur disse san
un'altra
:
E
•ill^,-fc'^
"^
—
ii8
— 119 —
—
provvidenza
vale per gli epicurei che anche questa
negano. Quindi tutta la forza della sua polemica
argomenti ai quali passa
si restringe alla ^eric degli
tempo egli
crc » »). Nello stesso
crv^^n
maeo ecc.
^im^n mago
j^.
caratteristico contm^^^^^^^^
componeva qud suo
nìano^.^^,^ „^1 ,6
X.
Piero a
>
machiavc lusii
tro epicurei e
Sciopp o
scritto a Gaspare
^(fc.ism**s
/rÌMmM«a.s
«
e
da ccstu
Ju
intitolato
quaestioni
naturah,
subito, desunti da considerazioni meramente
che
è questa
prima,
la
Basti
naturalistiche.
meglio
o
si haec,
((Insuper assero,
:
'l//^"f cap. X
vi ri^^f,„u
V l g ^^^^^
Campane la Nel "c^^'
la teodicea del
spondeva
i
,
;
ilistas
^^^^^^^^^
wa n
et MaSv<
«hominum, P^aecip'ie Epicurcos prokti
Geremia e d, altr
^^y
la domanda di
.impiorum Pr«^F-^^"T ^^^^^
j^ ;^^,XeTse
»
:
^.^
ei.
qnod
quod etiam
non credi s, bonum
crit
operali
bonum
sccun-
dum naturam. Opcrari enim secundum naturam cuisano iucundum est, dicunt physiologi. Ergo
libet
et
pravi homines operantur malum e ontra naturam
ergo semper moesti sunt. Gaudium auregulas eius
tem apparens est falsumque, quod subito perditur,
contra legem
sicut gaudium aegroti bibentis aquam
medici magna cum voluptate sed statim affert mortem et voluptas falsa fuit. Plus capit voluptatis qui
prout natura
in fame manduca t panem caseumque,
saginatum. Hoc
statuit, quam qui sine fame vitulum
es
nec Epicurus negat ergo si famem expectes, non
;
;
;
rdr;^^;d:ntSrair^^^^^^
quod mmirum
argumentum moraliter
*'*
convinclt
altera
:
T^^'^'iniin
Dove .ognun vede che
il
Campanella
ripete l'argo-
J^^^ ^^l' ^^ ^on gli attribuisce nessun
mento
S^^^^^f^^J^e che' el^o può creare una convinnon
nelfa provvidenza. ma
ronTmo^r:;;'n cir^à ctda
eggerec^^^^^^^^^
campanella per auro potè
Basilea, 1561.
t. II,
pag. ?°72)
i„ste,
commune
.composito quoque •"^'f'""i.j''Sfb sessioni busque ani„praemium velsuppl.ciumproactoniDus^l
gi^sj^odi in
lud cu,m ve
,„ „^
,mae corporique .<^omm^mhm^
minus
infortunati....
.vita praesenti
'"«P'f,^";:'
.
„
fortunati
Nisi
emm
sunt
"^ freouenter
pu
manereni v
praemia ^^^^'^ft^^f^ae
•
sTquentis,
^
providentia
-^
^^^^^
Ma
Parisiis.
Du
Bray.
1636.
pag.
222.
dove
si
av-
Petrus Apostolus hoc arcanum docuit contra
Simonem Magum, quod, etsi alia non superesset vita,
hominem magis,
« coscicntia recia in hac beatum facit
«quam quaecunque fortuna laeta incredulorum. Ecce
Et quidem qui
« ergo quia boni sunt beati undequaque.
proprio
experimento
probitatem
«non statuit vitae
Et
«agnoscere, hanc philosophiam unquam agnoscet.
verte che
«
<
feci.
testis sum, qui de omni viventi modo examen
vitae
Scio etiam caros mihi puritate conscientiae ac
«probitate longe magi.- gaudere, quam quibuscumque
«ego
«
«deliciis»*).
La discussione di san Pietro e Simon Mago intorno
ripetutamente
all' immortalità dell'anima a cui s'allude
,
Campanella,
dal
3)
in cibo potuque ».
più ci interessa qui la conclusione
minor rege
*)
Ath.
tr.,
è
nelle
pag. 225
Pseudo-clementine
Rtcogm-
^~%).^
—
120
—
—
a qu.l ^he
PJ-^.ttjrJTnma
aver ^^^^^
doveva
Campanella
e che il
della sua
E ^cht
^ioni, scntte.
L
'^^^SS^:
deli'
^
finem vitae
«in lectulis suis defuncti sunt consecuti
alii vero,
inler suos et honorabilcm sepulturam ;
omni iustitia et sobrietate yi« Deum colentes et cum
«tam suam in parsimonia conservantes prò iustitiae
desertis intcriere, ita ut ne sepoltura
« observantia, in
digni. Ubi est ergo iustitia Dei. si
haberentur
«quidem
impie egent,
«anima immortalis non est, quae vel, si
praemia conse«poenas in futuro, vel, si pie et iuste,
' »
E a questa dichiarazione segue uno stnn« nuatur
dice:* Hoc utique est quod
eente dialogo in cui Simonbene agentes male pemulti
quia
facit,
incredulos
f nos
longi temjXMis
agentes
inipie
multi
et rursum.
« reunt
Petrus: Hoc
Et
fìniunt.
vitam
beatitudine
«cum
quod te ad incredulitatem trahjt, no-
^Q^ia
S
\
dire che
volta bisogna pur
a Simo"
dice
Pietro
fatti san
^^^.^l^a egualmente
^
dare il tuo sole e '^ sua P'Ofeg'
M^f
bontà divina
.
—
«
im^
^^^po-
S^alaglonfSare "-^ ^-^^
--£.
xjuesta gh sm miij
121
g^.j
—
•
«ipsum. inquit,
fidem facit, quia ludicmm erit. Etemm
« bis certam
necessanum et
«cum certum sit Deum iustum esse,
unusqmsque
quo
in
seculum.
esse
aUud
« conscquens est
Dei probet. Quod si
iustitiam
recipiens
mentis
«prò
reciperent. vere
«nunc omnes homines prò mentis suis
dicentes futurum esse ludiciiun
« nos fallere videbamur
praesenti vita non reddi«et ideo hoc ipsum. quod in
fidem mdubitabilem
suis,
actibus
prò
biade e il loglio, e P«i'.^f/""P^ ptgUa e il loglio
conserva e e
granaglie vengono
l^J^f^'^^^^^.^^oVl
g"^.<l'^'°
così nel di del
le
bruciati,
^f ""^t^i
e allora alla
regno di 0^°/ -^
fsl^n Pietro non
gi^^^izia rti ijio. P
bontà succederà la
^^tuo map^rmanc^^^
^^e si aequahs
^^
.i può negare
«lis et bomr, lam h'?c.^^^^°'^^_tur
perchè non ci
.'Sz.aTS
:
<<
«tur unicuique
»
«
facit scientibus
Deum
esse iustum, quia
mdicmm
ent.
—
persuadetur ?
Et Simon: Cur ergo mihi non
non audisti, di«Petrus ait: Quia verum prophetam
lUstitiam eit^,
primo
Quaerite
(Matth.
6)
« centem
Simon inEt
vobis.
adponentur
« et haec omnia
iustitiam quaerere,
primo
nolenti
mihi.
inquit,
dulge,
«
t-t re«antequam sciam an immortalis sit anima.
possim
non
quod
indulge,
«tros Et tu mihi hoc unum
quam me Propheta veritatis edocmt.
«_
—
:
—
«imraortal.s non ??t'"^^^.,P;^n
contentarlo Pietro,
ai ciò noi p^ò
h
jg.
«stare professi© *. Ma
—
•
.
«facere aliter.
«
«
,«na v-«
prima non|U sigv,
«a'tpirtament.
«
«
est, inquit,
:
;
rionis istius.
quam
conaris
adserere.
reli-
tota professio
:
prudentiam tuam, non tamen
«ft ideo laudo quidem
multis enim persuades suscipersuasioncm
« probo
:
J
';^«»-'^_„
te adserere,
cavillans sciens,
non posse
Simon Certum
quod immortaUs sit anima et hoc
conveUatmquod si mortaUs probetur, radicitus
Tum
:
~
:
—
*l
122
—
—
12:1
—
m
terns,
vitam agat
eentiam, duriorem quam besiiae
ilU eundem pemtus atque
natura
vivendi
«ci termiAum
tribuis^t, nullum animai esset
continentiam sub
«pere religionem et libidinis subire
evenit ut neque praequibus
bonorum,
futurorum
spe
*
futuns. bimul
4,sentibus perfruantur et decipiantur
anima panter extm<,enim ut mortuis fuerint, etiam
,
«ceteris animantibus
vero fieri nequit, ut homo
«infelicius homin<'. Quoniam
mortaUbus accedit ad
cunctis
propius
aurDei cultu
sit
beatitudinis authorem, omnino
post mortem corporis
autem
solum
«inielicissimus;
necessanum esse videtur ammis
potest
ommum
Xum
<(guetur » *).
,
^
contro
La conclusione è quella che doveva essere
di
modo
ha
Simone « principia negantem » Pietro non
l'umana immordimostrare né la giustizia divina, né
la sfrontatezza
tahtà e finisce con lo sdegnarsi contro
accenno, come si vede ali ardita tesi
.
:
À
So
,
nostris
èffici
:
lucem ahquam
ab hoc carcere discedentibus
;
dell'ateo.
Nessun
immanentistica che
il
Campanella credeva
anima,
per lo scrittore
incontrata in quella discussione. Anzi
un altra vita
senza
giustizia
é
e'
delle Ricognizioni non
svolta dal Campache é la recisa negazione della tesi
filosofia
;
aerate
,
,
,
^
;„
del filosofo calabrese potesse in
sae
intendere
questo caso irtgannarsi non é difficile
Certo egh merebbe inutile spendervi attorno parole.
tra san
di quella vivace discussione
la
a difesa dei dommi
memona
E
Me
;
».
.
or
.,
mondo
i88Ì
mondo
%'^W-i
:
'
D. Clementis
F.CNO.
pag
Theol.
in.L,,\.
218 attribuisce
al
75
'i,'" .,e,''r;«lJ,/o^
nel
ere
a%
Fontano il mento di
che si dice nel capin^comesw e accostarle a quello
^r -de- che la vutu^^c^^^^^^
t'^^'^lùente dello stesso libro
stessa
cepita da lui come fine a se
"^'^^^r^^^^^o^anente il
xàp«.« aristotelica, ed egli "°'l ?°;^ff veui
luoghi
u
5
Aristotele,
di
eudemonistico
punto di vista
1.
Appendice,
riferiti neW
cr-v.T-o«
Seneca.
stessa
premio a se
Pel concetto stoico della virtù
?ras.
t
i'''
»
vXHue
1
Recogniiionum libri tres. ^"^1^^
hoc est B. Clem.
RANO Aquileiense interprete, in Clementina
pagg- 56-7 (cito un
loHA^ opera, Coloniac Agrippdal1569,
C).
edizione che potè essere usata
i)
Pom^X'loS
"
sequi
:
che trascende l'esperienza, e insomma
immortaht a dell anima,
quella critica del concetto dell'
Rinascimento.
del
propria
che è
tt-^
Marsiho Ficino,
Ancora nella Theologia platonica di
importa
umana
composta tra il 1469 e il '77, la felicità
prime parole dell opera sono
la vita oltremondana, e le
propter mquietudmem
« Cum genus humanum,
queste
rerum ommum indicorporiset
imbecillitatemque
«animi
ebbe .mpugnato
Nessun male ninane esf nziataente
« Neutrum
irnmunerato «) V ha un dopimpunito, nessun bene
scolava al ricordo
dovuto fare molta
Pietro e Simon Mago, che avevagli
relative allo stesso
letture
impressione, il ricordo d'altre
scrittori molto recenti,
di
bensì
letture
argomento
immanente "^Ijo stesso
poiché ridea d'una giustizia
o il dubbio
dell'esperienza suppone la negazione
intorno al
cristiani
subito mnanzi ali obl'immortalità dell'anima, si trovo
a reggere il mondo,
Dio
un
è
biezione che allora o non e'
Xh/èassurdo) egli è iniquo. il
ma sopra tutto alla logica
randosi forse allo stoicismo,
P^n^ero, "spo^^
mmaneitistica e originale del suo
nella nel suo sonetto.
Come
mmortalUate
nel 1516, nel suo De
stesse arm.deUa
vt.iro Pomponazzi con que le
per tanti secoli
aristotelica che erano state
^'Tosf'quaU
avere
di
Jm
i,
— 125 —
— 124 —
pio
tv^r rui la
premio un m^^^^^
prem o è essenziale ed inseparaoue
d' intendere la
modo
cena o
il
pena e
4*^
:
il
qumd.
e
fnn^lSo ircui invece, essa è accidentale
virtutis est ipsamet v,rPraemiumess^ntiale
Lmrab k
facit>nhilenimrna.usna^
•
<.
hominem
Xqut habere
felicem
quandoqu.dem
potest ipsa virtute,
humana
etremotum ab omni
«sola hominem securumfacit
consonant
toba^one. Omnia namque in studioso
i^
.
.
per-
mM
m
eX
°f,2ET
e^
:
nU
;
:
ipse sibi
;
neque vigilans neque dormiens
cruciatibus angustiatur
diris corporis et animi
I ^it
sapiens quantumnullus
quod
l ta in eUcissiL. Adeo
infirmus, ^ ,
corpore
egenus,
.cumque
^ofif ;°'r7^^!
.
;
.
*^",.
destitutus%ligeret vitam tyranm,
J. ^^^^^.^^^f
spos tione per
sapiens in sua d
tis vitiosi malletque
feUet
sua
virtute
«manere Itaque omnis virtuosus
XI
ProW^-/«Aristoteles
IdtaTe praemlatur. Quare
in .^ertamimbus ) a^
cur
quaent
quo
« problemate,
et sc.ent.is,
praemia, at non in virtut.bus
, ^nuntur
f
«
<,
^T^T^ ROHDE,
Psyche.
Pan. Manlio Theodoro vv.
1
tr. it.. II,
ss.
318
-
;
più perfetto delFaccidentale, come la virtù, p. e., del
denaro e la pena della colpa è ben altra del danno,
con cui essa può essere punita 2° che il premio accidentale od estrinseco non si somma al pregio intrinseco
anzi lo scema. « Exempli causa, si aliquis
della virtù
«virtuose operatur sine spe praemii, alter vero cum
«spe praemii, actus secundi non ita virtuosus habetur
« sicut primi ». E maggiore quindi è il premio del virtuoso cui non tocchi nessun premio accidentale. E viceversa, il contrario può dirsi della pena « cum poena
damni adiungitur culpae, diminuit culpam ». Onde il
Pomponazzi potrà conchiudere avvertendo da ultimo
studiose operans, non expectans praemium
« Quod
«aliud a virtute, longe virtuosius et magis ingenue
«videtur operari quam ille, qui ultra virtutem praequique fugit vitium ob tur« mium aliquod expectat
« pitudinem vitii, non propter timorem poenae debitae
« prò vitio, magis laudandus videtur quam qui evitat
VII Eth^coru^^
ienda maSfe'Sat Aristoteles
nemini fidus,
dissonant
omnia
ostendit quod vitioso
quie-
^mque
praemium.
;
«timens, nihil sperans, sed ^1?^^^^^'"' 'L^^^'^'^'Z)
fine 1 (cap. qo)
«formiter se habens, sicut dicitur
bono neque
.'Viro
<m Et Plato in Critme dixit
At oppo^
^ontmgere
malum
ahquod
«defuncto potest
poena '^^'^^1,'^^
«sito modo'^de vitio
potest
l'^fehaus
«vitium, quo nihil misenus, n.h.l
lu
maximt
et
vitiosi
vita
* Ouam autem perversa s t
:
hoc ideo contingere, quoniam virtus ipsa est
Nam cum praemium debeat esse praestan« tius certamine, nihilqn^rudentia potest esse parestan«tius, sibi ipsi igitur praemium est *;. At contrarium
« de vitio contingit. Ideo nullus vitiosus impunitus relin«quitur, quandoquidem vitium ipsum sibi vitioso sit
« poena ».
Il premio che può mancare alla virtù è quello accidentale e lo stesso dicasi della pena e soltanto perciò
per rispetto a questi premi e pene accidentali si può dire
che non ogni bene è ricompensato, e non ogni male punito. «Neque hoc inconvenit », trattandosi di punti di vista,
come oggi si direbbe, estranei alla natura intrinseca
del bene e del male. Ma, nota il Pomponazzi, due cose
sono da osservare i.o che il premio essenziale è assai
«dicit
M
,
:
:
Cxaud.ano.
:
;
sibi, solaque late
Iosa quidem virtus pretium
fascibus ull^
Fortunae secura nitet, nec
clarescere vulgi e te.
Erigitur, plausuque petit
Pnn., Xlll, 663:
e già Sino Italico,
sibjmet pulcherrima merce».
virtus
quidem
Ipsa
«)
Probi.
XXX,
, I
:
...
li, m, 33'
xì; nàv K«xà tó
Ovidio, t'x Porto,
rfr
itòt^^ xy<»v..««.
*)
'Eli òk
òti
x^i
àywviac
Té5v "/^fjivtxwv àOXr,|jiàT(Ov
viflic
I
tò
xò
dcQXov
àO-Xov vipeìrcov elvai*
alpeteóttpov xal
ovfioLi 5è zi àv ài)-Xov ^éXxicv Yévoixo
èn\ jièv
pdYUCv
x^
yàp
àyaH
.
.
w
—
126
—
—
timorem poonae. Quare perfectius
propter
salvare
«asserentes animam mortalem melius videntur
immortaipsam
asserentes
quam
«rationem virtutls
et poenae timor videntur
« lem. Sdcs namque praemii
quae rationi virimportare,
quandam
« servilitatem
I
—
imortalità trascendenti^ dell'anima di un'asi spieghi come un risultato o un principio
della stessa natura, ma la trascenda, e postuh una
realtà superiore. La tendenza immanentistica del suo
sogno
«vitium
127
dell'
:
nima che non
pensiero si palesa tuttavia anche nella sua maniera di
argomentare l' immortalità fondata sulla osservazione
della profonda differenza che separa l'uomo dal mondo
naturale, onde Tuomo sovrasta a tutte le cose e celebra
una natura analoga a quella di Dio, in quanto domina sull'universo, ne regge le forze e crea un mondo che è suo.
Tra le poesie della Scelta una delle più belle è questa
che canta con alta e commossa ispirazione la possanza
:
«
tutis contrariatur
» *)
v
^
•
.
senta
Bisognerà venire fino a Spinoza, perche
non per influsso del Campanella, né del Pommedievale Maimoponazzi, ma forse del filosofo ebreo
elaborazione
rigorosa
una
per
tutto
sopra
nide^/e
neoplatomca,
delle idee immanentistiche della filosofia
che « beadestinata a risolversi in schietto naturalismo,
virtus»^
ipsa
sed
praemium.
virtutis
titudo non est
tutta la realta
(Eth,, V 42). Ma Spijioza, proiettando
la stessa realta
dello' spirito nel pensiero divino, che è
libertà, questa
della natura, rende inconcepibile, senza
valore assoluto
virtù, che non sarà intesa nel suo
si
ripetere,
dell'uomo
O
di
:
Gloria a Colui che
arte mia, nipote
fa'
—
qualche cenno
Kant.
io
non
noto che un puro naturalista il Campanella
moderni
filosofi
dei
nessuno
e
è
come non è Bruno,
ha biprima dello Spino7n Anche Campanella perciò
È
tutto sape
e
puote
!
Primo Senno,
su' immagi n bella,
al
di
uomo » s'appella
eh'
«(Uomo., s'appella chi di fango nacque,
15
•
—
inerme, ignudo
senza ingegno soggiacque,
a lui parve il Primo Ente,
patrigno c»*udo
d'altri parente.
—
II.
'1
—
'(
s
prima
*)
:
D'altri parente, a' cui nati die forza
pelo e squame.
bastante, industria, scorza,
han corso, artiglio e corno
Vincon la fame
contra ogni scorno.
Ma ad ogni scorno l'uom cede e plora
troppo tarda ;*)..
del suo saper vien l'ora
che dal basso mondo
ma sì gagliarda,
par dio secondo.
—
—
—
—
;
Poesie, pagg. 170-2.
È evidente in questo tratto la remiiuscenza del mito
di Protagora sull'origine dell'uomo e della società (Platone,
Profag., XT). Ma questo contrasto tra l'infermità fìsica dell'uomo e la forza degli altri animali era diventata negli scrittori del Rinascimento proverbiale sull'esempio di Plinio {Nat.
»)
-)
imìu. an., cap. XIV.
r
t
n
cfr. L.-Cr.
«
Guide des égarés, trad. Munk III, 51-54; e
mia
una
e
pag.
256;
LÉVY, Maimonide, Paris. Alcan. 191 1,
Anche
nota in Spinoza. Etica, Bari. Laterza. 1915. P^g. 370non meSpinoza per diversi motivi del Camp?inella. ma
e. come già
no del Campanella crede l'anima immortale
aeternarn
dice che quamvis nesciremus mentem nosiram
il C
ahsolute omnia quae ad
es^e pieiatem tamen et religimem et
pnina haatiimositatem et generosilatem referri ostendtmus
ber emù i {Eth., V, 41).
De
')
;
'
WWWWw»'<aiigw
gw»
»'B'"j 'ii ì» tt.
i
proemio^, che il Landino così tradusse (nel suo
volgarizzamento pubbl. nel 1476): «Cominceremo dall'uomo,
percagion del quale pare ,fthe la natura abbia prodotto tutte
le altre cose. Ma non sanza gran prezzo ci badato tante cose, e
con crudeltà ha voluto ci sieno' coste troppo care, in forma
Hist., VII,
4
— 129 —
—
E
128
Ogni ardir fiero ed ogni astuzia abbatte,
s'arma e corre.
con lor s'orna e combatte.
dio secondo, miracol del Primo,
—
—
—
2^
e gran città compone
e leggi pone,
astuto
Ei leggi pone, come un dio. Egh
ed alle carte
ha dato al cuoio muto
40
AK
^^
—
che
e '1 terre n gì obbo
vento e '1 mar ha domo.
accerchia, vince e vede,
con le^no gobbo
—
11
merca e
fa prede.
:is
^
—
ardir ben
fiero
;
sciolse,
—e
il
tolse
ammazza
;
ferro,
il
se ne scalda e cuoce
:
liquor divino.
—
—
oh
60
Oh
^
Come lungamente
tir ^are superbia
stato sviluppato dal G^Ui nei Pr;!^^„'^7;,.f
Bonardi. G. B. Gellt e
Circe, è dimostrato da C.
pa?g9^ ss.
Castello,
1899.
di
Città'
—
6s
Canta
J^'
le
f^l^lZ
sue opere.
verme
—
sia
—
—
;
;
;
tua scuola
e truova
alla tua scuola Paolo ascende,
Cristo a destra
con manifesta pruova
Potestade immensa.
della maestra
Pensa, uomo, pensa
giubila ed esalta
Pensa, uomo, pensa
alla
70
;
—
—
!
;
-- quella osserva,
la Prima Cat^ion alta
ogn'altra sua fattura,
perch'a te serva
—
7S
;
ae pura,
seco ti unisca
in più altura.
e 'l tuo canto del lor vada
G^entil ^
pel suo penconcetto (vv. 16-17) dell'uomo che è,
Vico *), e si può
Giambattista
in
ritornerà
dio,
siero,
Il
^Tdeha^^
f
!
fin d'ogni cosa.
epilogo, armonia,
di tua gloria propria
O' virtù ascosa.
pur gli fai copia.
morto
Pur gli ^ai copia, se altri avviva il
1' Eritreo
passa altri, e non è assorto,
Elia, se 'n vola
il futuro
Eliseo
Sr
essere^i^to^^
^^^^^omca lontan^
SzioS Plinio traeva la conseguenza
sanza^^^^^^^
«
dai pensiero di Campanella
principio. Persuaderci essere
stultizia avendo noi tale
leggi rotte
eh' un sol
!
leggi rotte
re
I
questo
—
;
altri
.,.
i
Liquor divino, che gU animi allegra.
il cibo, e saim.
Con sale ed oglio integra
giorno quando e notte,
Fa alla sua tana
^^^^^^^^^ .^^^^^e ^Ja^uTper signoreggiare, agli
^a sup
sua vita da legami
per n^lo aueurio, comincia la
non
per altro suo errore, se
adiviene
^cii Né qulsto Alale gli
consideI^ssimistiche
queste
da
Ma
ecc. ecc.
Z
monti
ss
;
!
.
ei solo
;
.
IT^
;
accende un cerro,
vivanda atroce
vivanda atroce d'animai che guasta
ogn'erba e seme
latte ed acqua non basta,
ma preme -- l'uve e ne fa vino,
per lui
mo
Ito
maneggiasse
—
migliore madre inverso
rhe difficilmente si può giudicare se
Imprima l'uomo e solo
dfn<^ è sma. o più crudlle matrigna.
natura non ncuopre coUe sue
tra tutti -h altri el quale la
d^^^^
d'altri. AgU.altn ammali è
Tose mekim: 'mk con%uelle
spi
o guscio o corteccia o cuoio o
el suo vestire naturale,
arbori
penne o squame^ o veli GU
setole o pelo o piume o
dal freddo e dal caldo. Solo
fiirora con due bucci soniTdifesi
e 1 dì che nasce in terra
nudo,
natura
dalla
prodotto
ruomo è
altro animale e pr^
nudrcad^e cominciandosi dal pianto. Né
e queste
l'uomo,
non
se
lacrime
P^^^^^J.^
alle
dotto
quadragesimo ui
-;^3;J
A^ua vita, sua Ne ride alcuno pnma che 1
l^stia^^^^^^^^^
ogni
benché
s^bito%he é nato.
nmanghi l\b^J^' ^^^^ j "^^^
quelle niscono tra noi, nascendo
^Vange
—
—
-con questo
;
—
fuoco illustre
co
—
cavallo audace.
Cavallo audace e possente elefante
a lui il ginocchio
pieca il leon innante
del roman guernero
già tirò il cocchio
e che
alzò a tal volo.
pianeta
Si alzò a tal volo.c dal
Merca e fa prede a lui poca è una terra.
nato inerme
Tuona, qual cfiove. in guerra - - un
membra e sottogiace
sue inferme
porta
'1
;
si
;
.0
—
—
1 tempi distingua
dà al rame lingua.
alma
Dà al rame Ungua. perc'ha divina non
si mdustre,
e
La scimia e l'orso han palma.
di parlar arte
ed altra e calva,
perchè altra ha le chiome
e pur quando 1 eclisse
chi strugge o salva
a lor venisse,
quando venisse all'aria, all'acqua, all'humo
—
—
Giardino, torre
e 'n ciel sormonta
egli 'comanda all' imo,
moti e misure
i suoi
senz'ali e conta
e le nature.
'1 nome,
Sa le nature de le stelle e
—
20
—
«)
V.
p
_
i
Principato, 1915, pag. 46.
miei Studi vichiani, Messina,
Giordano Hruno
e il pensiero
del Rinascivienio
^
—
130
—
—
—
131
di apprendere delle già
alcuna di nuovo, ma anche
ed afflitto da^a d,SF
stupore
dallo
confuso
? ovate
infelice. S 10 guardo
che
meno
poco
razione mi reputo
a me mcdesmio
statua'delle eccellenti dico
ipezzo
il sovcichio da un
levare
sapresti
E quando
nascoera
v.
che
figura
bella
di maLo. e scoprire sì
tela
e distendere sopra una
sta ? Quando mescolare
tutti gì.
rappresentare
essi
con
o parete colori diversi, e
Raffaello,
.
„
Sa
„_
<,
^'^'^«''
Dialogo dei masstnn
intensivo ed estensivo
quanto
« <e«sm. cioè
'^^.^'^ll'l^^J'llornc
*
"^K^^nirriso^ttò
al -infinità è
«.x-
e
iVc che
mcc
-iQ^i-.J/e
mtendere
dell
._
nulh.,
come uno zero
<'
ma.
suore? Che
Settura dei
:
^^
«nie
l!
intel^tto
"^^P'°P°l''rirSo«o
come un Michelang.olo, un
re>
.^atemaSe^'^!doS^^^^^^^^^^
:?^;tica. delle quali
visibili,
che hanno n^^^^^^^
? -: S'io guardo quel
: uf Tiziano
intervalli musici, neUo
gh
compartir
nel
uomini
« eli
per potergh nianeggiar c<^n
:£bnir precetti e
quando potrò 10 finn di
«diletto mirabile dell'udito,
strumenti?
dei tanti e sì diversi
;
ne ha cosi ^sso
«così iKTfettamcnte e
:S
oSt
:
-
bene
chi
dirò
poeti eccellenti di qual
f:^f^i::^f}^J^'^;.
inven/ion de
attentamente considera 1
deirarc^-
e la ^piegatura loro ?ClieJiremo
navigatoria ? Ma sopra tutte
tettura ? Che dell'arte
qual'em hienza di mente fu
stupende,
e invenzioni
di trovar modo Ji coimmaginò
quella di colui che'^s'
a qualsivoglia
pensieri
m„nirare i suoi più reconditi
I-gaissimo inter^
distante
I^LeSi
>nfi^
«
^^^^^^^^
ungano credo che la cogni-
Xa^ sc^nri^nchè
tempo
vallo di luogo e di
*^°PP"
^^nSratrgTù^m^^^
ed «F^a^*^ s
css^r la mente
^jte^n^o^^e^^r
d
10
conosco
chiaramente
^^^^^ ^^^^
di Dio e ^ciie p "
« umana opera
mirabile dell' ingecantare l^^^P^/;"^^
è ispirato quasi a
mec medesimo
molte ^oj e andato
gno umano « lo son
J
«
parlare
con
quelli
che son
Sl'lnd!r?%rlareac^ielli^henonson^^^^^^^^
mila anni,
di qua a mille e dieci
« né saranno se non
yent
accozzamen
1 di
vari
e coT qual facilità ? con i
questo il sigillo d.
Sia
carta
una
Icarauemzzi sopra
umane » ).
tutte le ammirande invenzioni
divinità immanente neldella
concetto
Ma questo
semphce eco,
è evidentemente una
dorando q"=^"^!'
<,
/
^r
?
!
ntese, investigate
,,
<.
™Xo
luomo
nel Gahlei
:
^r^^'TaMo^aXrScutSu'
ifi^STo^dSo^^
in^^^
.no^no
:
VENTA, Esperienza
e
meiafiMa, T;?""°J^.;"''\t,^,ì
-^-TomeS
,^r
si "elle arti c^
uomin, .^
invenzioni trovate dagli
7^f
,
«
vorno, Giusti,
<i
1917-
V^^- ^^^
Morano
—
132
— 133 —
—
altissimi effetti
effetto loro,
«e onera più che nullo
molto più
loro, ma da cagione
da
pende
non
Talché
l'uomo va
quando
che
Ecco
aUa che Dirs'appella.
fuori
sole, e poi sopra, e poi
cogitando pensa sopra il
del
deCe ^ù
infinitamente,
mondi
La
sua speculazione
concetti centrali della
quella vigorosa metafisica
a
argomento
nuak ne tme
teleCampanella dal natural.snio
divfno onde il
naturalistica della re
r^n^ dèi
S
fano
rsolleva a una
filosofia
'del mondo,
(PO-!i^fS"^%ra^et reUgio'ne iatu-
gione
come escogitano
loro,
come vem. dentro
e pure solo
uom ni
gli
.
s accor
«ventre dell'animale
grande animale e il suoi prin^ono che cosa è questo
Dunque, l'uomo sta non so o
morte
e
dti" cors^vita
e
:
politiche
ale"sue ri^luzioiàrl idee
'™fre Sdi
con
e l'uomo
Ò'rl!;
sensu rerum
flì^T' del secondo libro del
riore capitolo 23 «,^1 ?f
redazione ita'^''^g^i "„iniitiva
v'r^ie,
a-miratore e luogoten^
ma come
De
Di
£1 'e^n"ètn::nefdola
Campanella e
dplla noesia del
questo
fn cui elli tratta
S
q^^' ^iS^i^ari
gh a tn mogn
di tutti
argomento dell'eccellenza
,
del-
l'uomo sulla natura.
III.
questo canto de la ix)ssan^a
dimostrazione filosofica, dal ^'^P;'"!''
o quini
tuta, della natura divina
^^^Zxie.
^^^^^^^ /",„
,
umana. L'uomo,
egli dice,
ripe-
bell'anima
^™ J^^^,°f Hltri
"«"^^ ""
""J'pjft
Jpra
la
M^
<i
fratta di
del Rinascimento
;
un argomento caro
potUe
è
SI
l^ioSricoSvVcon
'''
della nobiltà del"t rauIndt'neT- Cor^ivio
magnifico salmo
la memoria al
Dio
homo qnod m^emor
biblico, che chiede a
niiirt fst
mio
r. e. con un
,)
di
V.
pag. 26
il
r./«Wa», -^W «.
scritto /.. -,.>
me.i..
sac^io de! lesto Ual.
iNapo«,
^evsu^^
ai filosofi italiani
parere ereditato senz'al-
-^
11
sole
e
la
terra,
nalu'rf agenti
«)
:
De sensu rerum,
o
della
l.
e.
il
es eius
caldo e
f^
il
?
freddo
erano
tel^siana. seguita da,
(redaz. ital.).
le
C
due
\
—
134
—
—
minus ab
a»igelis
Miniiisti eum paulo
Ploria et honore coronasti
et
conlS.
oum
super opera
luarmu.
nostri scrittori del
sub jiedibus cius,
Omnia
oves et boves uiiivf rsas,
:
argonu;nto a «^l^biarc
Salmista ne traeva solo
di Dio. teimeravigliosa
grandezza
rnn Tratitudine la
Donnnus
Damme
come aveva cominciato
il
:
7S}uZ.
'^'''t
tuum
nomen
est
admirabilc
Lattanzio
di
si
IV^g-^,'"
della
origino
(li
compia-
«^f
^^f ^''^"/ii ^5
nelle
celebri 'versi, che
guito alla descrizione
naturali
^
umversa
,n
Rinascimento invece
nostri scrittori del
cevLo'comTdà
tutte
..^
le
col
:
Sanctius his animai
npprit adhuc
NatS
homo
est
"'<="''^q.";;
,f .^''^eTera^^s'^et
in cetera po^'.'^^quod dominar!
et
:
sive lume divino
semme
fec.t
melions ongo.
me opifex rerum, mundi
nuper ab alto
SWe r^cens tellus seductaque
semina caeli
\ptheie cognati retinebat
und.s
nuam satul lapeto mixtam fluvialibus
,
Kt
in effigie^
tram'
""'^-'^"^"'^^'""^te'ra
ammalia cetera terram,
Pronaaue eum spectent
y.dere
sublime dedit, caelumque
Shom"ni
uLit™
sagax, multiplex. acutum.
«dum
insuper et pecora campi,
raans
volncres caeli, et piscemaris.
qui pframbulant semitas
Zando
:
memor, plenum rahominem praecara
vocamus
Uoni's S^onsilii quem
supremo deo sdum
a
gcneratum
conditione
quadam
atque natuex tot animantium genenbus
« cnim est
subiecisti
Ma
—
aveva anch'egU conCicerone nel De legihus (I. 9)
parole pur care ai
con
natura
alla
traonosto l'uomo
hoc pro^^«Animai
Rinascimento
;
eum.
mnnuum
135
vultus
erectos ad sidera toUere
\
ri"
p^rViceps rationis et cogitationis,
eum
cetera sunt
m
homme
omnKxpertia. Quid est autem, non dicam
dmnius
? » E
ratione
terra,
sed in omni caelo atque
per dimostrare quantae
(II.
56),
deorum
natura
iToe
ques^^a
eximiae tn^-utae smt
<aes hominibus quamque
uomim
degh
noneva a capo di tutte le prerogative
exitatos cekos
QuaT (provS^ntia naturae) eos humo
caeum
cogmtionem
deorum
<,S erectos constituit, ut
terra homines
capere possent. Sunt emm ex
,
<.
.
«intuentes
sed quasi spectanon ut incoile atque habitatores,
caelestium quarum
atque
rerum
superarum
tores
nuUum aliud genus ammantium per« speculum ad
ricordano quelle del De sensu
« tinet ». Dove le parole
qu, riprocampanellia'no ; e il concetto stoico
sgorga
cu
da
fonte
la
certamente
dotto da Cicerone, è
^^1 Campanella Ma e
pensiero
del
principio
a emoto
per Cicerone può dirsi
evidente il divario tra quella che
e l 'opposizione qualiuna J^mplice differen^ di grado,
lo spettacolo e lo
tra
scorge
Campanella
tativa che il
L
la natura e la mente.
un
dell'eccellenza timana era
l'esaltazione
luche
e poi neopla^
pnma
stoica
polemica,
motivo dell'antica
della fìnahta e della
tonica in favore del concetto
^n-^ttatore
^
n Salm. Vili.
,
,
,,
,
ve falso et rero^noM O^P^^^'^'^'^^'^^^^^f.^^;
Epist.
Cardano, De rer. ^'«'''f
''^,,1"'' J„,.%A«o»5/...
vJ.lt
provvidènza divina contro
il
meccanismo epicureo.
E
ff'
ignorare nec fas
nostri caelestem
^>^^^^.
instar
sacrile ^u cium vel maxime
''f^^^^^^^^^
».
in sublimi debeas mvemre
^V^^^^
clantatem
est. hiimi quaerere
quod
.
—
136
—
—
deor., II, 59);)
% nff
^
tanji
in Cicerone (De noi.
poesia del Campanella sulla
dei colori adoperati nella
elodell uomo
l'intelligenza
possanza dell^iomo
art.um
«multarum
quenza, il linguaggio, le i^^^i
delle bestie e lo sfrutta
nistiae» l'addomesticamento
le ^o^ze della naura
tutte
di
di tutti gli esseri e
viokntc, del mare e de
più
potenze
delle
dominio
e il
montibus fruimur, nostri
venti- «Nos campis, nos
nos arlacus. nos frugcs scrimus,
« sunt' omnes. nostri
m-
:
T
137
ma del platonismo
Ifflnenie ir dir^Ssì, della
i..e:n
—
fiorentino, che è l' altro
filosofia del Campanela.
de' suoi pensieri sul a
a sorgente
oScÌu&
dell'uomo. È noto
ed
diS
P co M ed
f
l^^diret
eccellenza
^^.n^va
è celebre
•
il
in qual conto
l'orazione De ho-
mS
terns focunditatem
«bores nosaquarum inductionibus
aver .mus
derigimu.,
arcemus,
nos^uliiina
natura q^^s alte
rerum
manibus
denique
nostris
Ss
m
<,
«ram naturam
efficere
ragione è penetrata
conamur
.>.
Che
pu?
fino nel cielo. « Soli
la
emm
umana
ex
am
cursusque co
,manTibus^nos astrorum ortus obitus
i^'
d^^s
est
finitus
genere
hominum
« gnovimus; ab
"^ff
lunae coqmtae praed ctaeet
solis
ectiones
de
Innus.
q^anUc, quando
queinomne posterum tempus, quae,
accedi ad cognanimus
.Murae sint. Quae contuens
quelli prestati
i colon son
se
Ma.
».
«tionem dcorum....
e uno sp n o
C
Rinascimento
antichi scrittori, nel
^-
mS d
TTiir-ìPolo
del
chiede
mondo,
il
Pico.
«
et
cur non ipsos angclos
e l'unico, è
uomo. Fercne
1
yreciiu
.
dagli
dell'uomo che rrpigha
nuovo, derivante dalla riscossa
ne mondo per
preminenza
sua
V antico tema della
quasi cenautonomia,
sua
comrapporTa questo, nella
nuova concezione
d'una
svelerà,
si
tardi
come
Più
tro
della \ita.
lettera del 1607 al
>\
V^TTua
.)
Ved. L. DORI
nel Giorn.stor.leU-
De
ho,n. dign.
/
Quorengo in
L
Amabilf.,
LHUe^^
DoRrz et L. Thuaskk
AA\ f'lÌ%%
354 35^- L
__ pei
'^
./•
,
mi attengo
È
alla ediz.
degu^P
Burckhardt,
(^^lea, 1601. pagg..207 ^ggVt Firenze, 1900, li, 05)
La civiltà del Rtnasc. "'''f'"-\\liondè ^oltentó a una parte
''""'.
e
che il titolo ^f;
le CommeHtoHones.
; P^rtra
ci<i i.
onginanaineiue
IV.
"f°
*^^^e,
J
natura non è
alla
Questa opposizione dello spirito
del
del Pomponazzi e
naturalismo
r^do
opera det
R
Ve '""
j.^^"'^","^!];
fonte in questa parte àe\
T h.
f;
1
Ciceros phUos. Schn/len.
H.RZE... Vntersuch. z.
203pag.
Hirzel, 1877),
M La svm
cfr
(Leipzig,
dell'orazione, che
titolo.
ricevette più tardi quel
che disse
questi altri ;?^*
31 Tra
deg?i scritti erme/";°f„udlo
ossia
^
q"^^
;
luomo wagnum miracilum
j^ commenAp^^^^^^^^
da
.^
.4 5.;..^t».^trad^
^^^ ^^^
tici che è intitolato
Asclepio
ia't^V-to\iei'sto^sc^Httonn-F,ci.o. Opera,
silea,
1561,
t.
II, pag2:. 1859-60.
ediz.
Ba-
^
-
—
138
.f.f
tura, oggettoMel pensiero, e mancava il fxnsicro. E pure
« nec erat in
tutto pareva che già fosse stato creato
«archetypis unde novam sobolem effingeret, nec in
1
:
.
<,
;
creatore di se
medesimo
Ss
et contrariae
"^^r^f
substantia
tias et totius universitatis
libero
(«tui ipsius quasi arbitrarius
honorariusque plastes et fìctor »), egh sarà quel che
vorrà. Può tralignare abbrutendosi, e rigenerarsi in
Dio «ex sui animi sententia d. E questa é la felicità,
questa la grandezza dell'uomo essergli dato d'ottenere
quanto desidera, farsi quello che vuole. I bruti, da
una parte, e le nature celesti, dall'altra, sono immediatamente quello che sempre saranno. L'uomo in sul nascere non porta seco se non i germi di tutte le vite
dei quah germoglieranno e daran frutto quelli che
saranno da lui coltivati.
Tale la vera analogia tra l'uomo e Dio, il Pico
<(
:
plemtudincm
1-
ipsa^om^
cne
insisteva sul « re ipsa » notando
« Dlectitur
tra gli angeh e qua
n'Sò consiste appunto la differenza
parte e 1 uonio da
una
da
intelligente
essere
lunque
contengono le forme e lo
•altra- che anche quelli
é intelletto che conodi tutto, in quanto ognuno
? »
fu bensì conferito «commune quidquid privatum sin
« guHs fuerat ». Messolo in mezzo al mondo, quasi compendio ed epilogo di tutto, Dio avrebbe indicato ad
Adamo la sua prerogativa, come l'essenza stessa della
libertà. L'uomo non ha una sua natura specifica, e non
ha perciò leggi a cui soggiaccia, né limiti, entro cui si
restringa necessariamente la sua attività, salvo quelli
che egli stesso s'imponga liberamente. Egli non è né
:
le
nobisVtlora
'^j'^^f.
cognasimilitudims et.^*™f,"
«tanto cum divina natura plus
occorre
c^
osservato
aveva
tLnis ^bentia . Anche lì
nell uomo, ond egi sia s,
cercare un che di pecuh^e
comune con nessun altra
abbia
mile a Dio, e che non
potest, quam quod hoaliud
esse
quid
ìd
«
creatura
omnium in se naturarum substan-
;
né terreno, né immortale né mortale
^^l biblico
nAV Heptapius (V, 6) '), a com.nMito
nostrani ». Non e la
hnaginem
ad
hominem
Faciamus
«
assomigha 1 uomo a Dio,
mente aveva egli detto, che
in angehs sunt quam
quanto
propriftà di essa *
^n
naturalismo, che, lasciandosi alle spalle lo spirito, non
trova lacuna di sorta nel reale sicché quando si sforza
di concepire lo stesso spirito, lo degrada e quasi disumanizza facendolo rientrare nel quadro generale del
meccanismo della natuia. Ed ecco la soluzione del
Pico, che assegna, secondo lui, il vero valore specifico
dell'uomo, mettendolo al di sopra della stessa natura
angelica. All'uomo non fu dato da Dio nulla di proprio
celeste
—
dirà
ZSi
«thesauris. quod novo filio hacreditarium largiretur,
« nec in subselliis totius orbi, ubi universi contempla«tor iste sederet. lam piena omnia summis, mediis
« infìmisque ordinibus fierant distributa ». Stupenda immagine, in cui si raffigura la situazione propria del
139
E
raS'
non solum
/At' veri quemadmodum Deus
itaveipso
se
quia
sed
«obidqnod omnia inteUigit,
unit et
cubstantiae perfectionem totam
cf tutto
m
r^
rae
suae subcoUigTt^ta et homo... ad integritatem
et
corrogat
naturas
mundi
stantiae' omnes totius
nell in eltetto
raccolgono
si
che
forme
counit». Le
pnve di quella
alla dottrina anstotehca,
sono conforme
Sa
"^teria
onde
a
della sostanza, che implica
de
la Pe^uhare natura
mente, in cui Pico non trova
se la
di
fuori
ha
che
l'uomo è r intelletto astratto,
realtà
la
l'
mondo, poiché
^d èva concepirsi creatore del
pura forma,
oltre che forma, ed esso è
mente invece, che
si
può
creatrice
m pi opno a^
non contemplatnce
attribuire
l'uomo e a Dio, sarebbe attività
ma
motore immobile,
intelletto aristotelico, quel
che non
questo è materia
r
.
realizzatrice dell'esrere
della
sostanza
«)
:
Mi^anjah
c£r..tì. P. della
Scritto nel 1489
Mirandola, 1894. pag- 62.
studio del p. G. Origlia,
Studi vichiam, pagg. 3S-40.
•
.)
')
Cfr.
i
miei
e la cabala.
—
T40
—
—
lo spirito, insubstantiae »)
tiuaiismo
intellettuali;
mitene
l'
1
secondo
seconao
più
somma, concepito non
di contro a sé ma
cieco per cui la mente ha la realtà
la vera realta
secondo l'idealismo distiano, pel quale
U perfectionem totam
—
quo complexum nomentibus nostris spiritus inesset,
rerum»
).
attingeret
«titiamquc tantarum
platonica (XIII 3)Ma in un capitolo della Theologia
Campanella lo spuno
la fonte diretta del
:
«
;
è opera dello stesso spirito
141
,-he
sSebbe
pagine più belle della
è svolto in una dc'Ue
potenza dello spidella
e
?oria del concetto della libertà
arte vnmnt ve
absque
vel
animalia
Cetera
to umano
ipsa s^
usumnon
cums
ad
«sincula una quadam arte,
signum est
cums
trahuntur
lege
fatali
cònferunt sed
industriam mhil proficiunt
quod ad operis fabricandi
*).
MvìtToco
I
:
<.
:
V,
innumerabilium mtorpore Centra homines artium
quod
arbitrio
exequuntur
suo
vtX'^' sunt, quas
artes,
exercent
multas
quod singuli
: sTgnificatur ex eo.
usu sunt solertiores ».
« mutant et diuturno
ha una stona, perche è lisolo uomo insomma
:
preceduto dalla vasta speIl Pico tuttavia era stato
dell'anima, e
culazione ficiniana intorno alla natura
immortale
propriamente intorno alla natura divina e
lìieologia
citata
già
della
l'argomento
che è
di essa
11
:
platonica.
l'
«
i
«tam
S
Z
ne
«
L
varias
«mundi
vmus
labores saeculis traderet, nisi di
cabalistica
Cfr. M'lSsetani, La fiìos,
r. VI.
ra ndola. EmpoU, Traversari, 1897,
pagg.
Poesie,
nelle
') Che cita VAssioco
n
ili
quidam
G Pico
natura, ne' suoi dipinti,
solo imifa le opere della
naturali
d'arte che paion vive e
e in tutte le opere
-s "i
con le
natura
stessa
camporella
invàde il
s-
le
zioni magnifiche, e con
« naturae inferioris
vetri
constiingenium ferarum, conderet urbes, respublicas
videret
astrorum
et
caelum
in
etiam
«tueret respiceret
cursusque, solis et lunae ortus item et
«
« revolutiones
distantias, aequino«occasus, defectus, celeritatem.
Pleiadum etiani et
conversiones,
« ctiaque et duplices
casus et horimbriumque
ventos,
aestatis
atque
hiemis
«
quoque
comprehensos
ut
raptus,
«rendos turbinum
Mi-
sue
"^^
«««'^^J,
Frficit, corngit et
opera
:
"
est naturae divinae,
"Tsimilis ergo ferme vis hominis
.qukndoquide^ homo per
t
(,
«
•
^.^^--^l'^f^Z^r^Zl
consilium atque artem, reg.t ^iPS"."",,fJ°;f°'f„S
circumscriptum, et singuia
naturae limitibus minime
Et tanto minus
aemulatur.
nSurae aTtioris opera
subsidio quanto
eget
bruta natura inferioris
munimcnta sortitus est a natura
aim
di
^'^^^l
auasrnoT^-nin^s
animi
At haec multae sunt perpulchraeque de
natura in
mortalis
enim
Ncque
rationes.
immortalitate
contemneret
res attollere sese posset, ut
uomo-
della
•
^-^^
,,
^
pseudoplatomco
Marsilio Ficino aveva letto nello
ficitraduzione
stessa
nella
Assioco questo luogo, che
del Campanella )
niana fu certamente sotto gli occhi
sulla possanza dele pare se ne ricordi nella sua poesia
,
U
legge fatale
bero
-^^^^l
e mutazione e
invece
l'immutabilità la libertà umana
mondo suo,
d'un
creatore
pogTsi l'uomo perciò è
artes fa«humanae
mirabile,
più
è
dacché quel che
ipsa natura,
fabricat
quaecumque
se ipsas
fbdcant
naturae, sed aemuli ». L uotno
?Sora
corporis
151, 27.T
i)
Ax.,
}>ag.
270 B-C.
duUl^
.
—
—
—
quam
*
«terias
•ù
animadvertere licet, quemadmoet undique tractat mundi maquasi homini omnes subiciantur. Tractat, in-
iis
artificiis
et
omnes
cultura
urbium
!
!
Quam
stupenda
aedifi-
Irrigatio
homo autem, acciant vel hommis effugiant impetum ;
et fugat
impetum
ferarum
vitat
et
armis
ipso
a
se
ceptis
«
sub beullos
homines
unquam
vidit
«et domat. Ouis
ubique vidi«stiarum imperio detineri, quemadmodum
amma«quam', dementa, lapides, metalla et plantas et
formas atque figuras, quod
« lia, et in multas traducit
«
bestiae faciunt. Ncque uno est elemento
oinnicontentus aut quibusdam, ut bruta, sed utitur
sulcat
«bus quasi sit omnium dominus. Terram calcat,
conscendit in aerem, ut pen« aquam, altissimis turribus
Accendit
«nas Daedah vel Icari praetermittam ^).
«nunquam
«mus tam immanissimarum ferarum quam mitium
vitam parere hommibus ? Non
« armenta per omnem
crudehter tantum, sed guberhomo
bestiis
imperat
«
«
providentia
«nat etiam illas, fovct et docet. Universahs
homo igiqui est universalis causa, propria est
« Dei
prafoco famihariter utitur et delcctatur
solum
«cipue ipse solus^). Merito cadesti elemento
ascendil
«cadeste animai ddoctatur »). Cadesti virtute
«ignem
et
aquatiHbus,
incomodi e molestie.
«In
ciorum structura
omnibus, terrcnis,
« torum animalibus utitur
«volatilibusadescamcommoditatem et voluptatem );
magiaeque
«supernis caelestibusque ») ad doctrinam
Fieri
imperat.
sed
et
solum,
brutis
« iniracula. Nec utitur
quibusdam a natura acceptis
« quidcm potest, ut armis
quandoque vel impetum m hominem fa« bruta nonnulla
ma
«dum homo
omnem orbem terrae
«
!
«naturae
te
«
aquarum quam
Vicem gerit, Dei, qui omnia dementa ha«artificiosa
terrae praesens non abest ab
« bitat colitque omnia et
elementis, verum etiam elemen« aeterc Atqui non modo
fino allo opere più
ciò che di utile inventa di continuo,
dalle quaU non
disinteressata,
attività
sua
della
alte
riceve spesso
pure non s'attende vantaggio di sorta,
1.1
;
«
A
It
—
143
mente trascencaelum. atque metitur ^) supercaelesti
homo, sed orelementis
tantum
utitur
Nec
« dit caelum.
Quam mirabilis per
«nat, quod nullum facit brutorum.
bruta, sed ipsemet illa sua copia constniit alivestes, strumenta, habitacula, supellectiha
« menta,
«arma. Ideo cum ipso sua facultate se fulciat, fulcil
«uberius quam bestias ipsa natura ».
cominciare dai piaceri dei sensi, clic l'ingegno
umano moltiplica sempre, laddove «bruta brevissimis
claustris concluduntur », per venire a tutto
«
'*
142
et
;
et non
qui universaliter cunctis et viventibus
Deus est procul
«ventibus providet, est quidam Deus.
utitur omnibus, imperat cunctis,
« dubio animalium, qui
quoque esse constitit elemenDeum
«instruit plurima.
Deum demque
«torum, qui habitat colitque omnia;
vertit et
omnes,
tractat
qui
materiarum,
«omnium
vi-
'
«
126 la poesia del Campanella, vv.
i) Cfr. sopra a pag.
17-20, 26-7.
*\ Cfr
la pcesia del Campanella vv. 46 segg.
ruscuL. I. 18, 42. e meglio
3) Concetto stoico. Cfr. Cicer..
lJtanzio. Dunn. InsùL. VII 9 « Praet-e^ sTus'cS
immortalitatis argumentum est. q"^^^ ^^"^?. '^^^^^^^^f^f
his duobus ele.elemento utitur. Nam cum rerum natura
:
'
kì
«
tur
format
».
,.
inimica sunt. constet
mentis, quae repugnantia sibi atque
alter umterrae adscnbiigne et aqua. quorum alter caelo.
niortalesque sunt ttr
ceterae ammantes. quia terrenae
. tL
.reno et gravi utuntur elemento, homo ^^^^^^^^g^^^^^^^^Xo
cadeste. Ea vero
-habet quod est elementum leve, sublime,
et q"ae lev a
qu^ A^erosa sunt. ad mortem deprimunt.
summo est. mors in
usunt ad vitam sublevant. quia vita
«
sic vita sme luceut lux esse sine igne non potest.
unde apparet bovitae
Ignis ieitur elementum est lucis ac
li
minem
«imo Et
..
:
m
**i
iiiìfiii
ftì\U\''\Mi
:
qui eo utitur. immortalem sortitumesse
«quia ilii familiare est, quod facit ^^tam)).
vv. 18-19.
*) Cfr. Campanella,
2) Cfr. vv. 31-8.
démom.
3) Ossia, degli angeli e
conditionem.
—
144
.M
—
anche
prove della divinità deiranima
in rebus corpori
tantique
tot
Qui
«
il FicUio conThiude
vicem, est procul
^«^doStur't immort^Us Dei gerit
dJ S'^" /^"g^
immortalisi. Pure ci sorf prove
Da tutte queste
m
«dubio
natura dell'uomo. U quale, non
super ori della sublime
al dominio del mondo
de le arti che si riferiscono
più spirituale del
forma
una
a
Literiale si solleva
potenza
-a
della
Tvlno mediante l'esercizio
od altrui giaccne
propria
volontà
sulla
che si dispiega
di se
animali s' innalza al dominio
eeli ^to tra gli
e Quindi degli
,"•
è
solo tra gh animai e
Egli ^"^.^i^^t'imah
Stato nel genere umano.
mad
^no
pubblico
il
^enf
clpac'e di sacrificarsi per
qui singula haec mortalia
contrare la morte, «utpote
aetermque boni firn^tah
despicit bona, communis
poi anche
dimostra
E
».
« confisus
P'^f^f^^l^^^^
bcUe
con le scienza P^^^ ^ Je arti
la sua divina natura
coinc
considerare
modo
che non si possono in nessun
e ncuc
soddisfazione di bisogni terrem,
So
,
tra la
r ui
il
ministero del corpo.
NebaVI.
SeSe,
constituit
tradidit,
nisi
simili
esset
recali
Dal Ficino, dal Pico e dagU scritti ermetici già
l'esaltazione che si fa delin latino dal Ficino dipende
pubblicata nel
nell'ultimo dialogo della Circe
?ngen>o praeditus^
l'uomo
Gianibattista
i^4Q in Firenze dal filosofo calzaiuolo
dice della didove
periodi,
alcuni
leggerne
Basta
GeUi.
Ubera
»: dignità
volontà
sua,«
gnità che dà all'uomo la
sapienti di Egitto
«tanto maravigliosa, che quei primi
questo il gran Miracolo de
« lo chiamaron solamente per
creature hanno avuto
« la natura. Perchè tutte le altre
non possono compiere
elle
quale
la
per
legge,
certa
«
simi 1 itudine m
«Et qui.propter ingenii
fis^cern^it. fs certo P« ^««
modo non
n'odo
«stituere, postquam agnovit,
V^
I^^eitmateria'cumliturhomocaeloiun.^^^^^^^^^
quo progrediantur, et ^'^''^'ii;^^^'"";
« de moveantur.
mg^^^^^
^eget eum
quidve pariant. viderit, qms
^ne eodem quo et ^"thor illc
e^
caeM^
una
loquar.
tacere, si instrumenta
«ac nosse quodammodo caelos
caelestem, poHtquam facit
materiamque
tnacSuerit
ordine?»
mmc Ucèt ex alia me^eria, tamen persimiles
:
<.ut ita
«
S
altro fine che quello che
1)
/u
I
I
-*i#_i.^i*.
-*
*
scet-
•
quo^
Uud est in^rimis animadvertendum, po^
constructum non
artificiose
opus
'ariifids solertis
quove modo sit constructam
1 test auilibet qua ratione
artis in^m^^^
se^ solum q- -^cm polkt
sphaera.
Archimedes
via
qua
disceineret
« Nemo cnim
caekft
motibus
Jms
aeneas, eisque motus
similes
mente
l'ammettesse e perciò si arresta a quello stesso
Ma quella certicismo, a cui s'arresterà anche il Vico.
le due menti, era il piu
tra
scorge
che
somiglianza
ta
scorgere nello spinto
alto segno del divino che si potesse
e un
umano finché restava una natura fuori di esso,
Archimede,
di
queUo
da
diverso
cotanto
Dio
cielo di
come solo possibile teAiine di ragguaglio.
f
Tv ivnima sdeena di già
—
:
^^^^
indirizzate alla
145
della
Con che il Ficino ha toccato da maestro il fondo
già in altro
questione enunciando chiaramente, come
del conoscere
luogo della stessa Teologia *), il concetto
concetto,
come attività costruttiva del conosciuto ; quel
del Vico più
speculazione
la
mosse
le
prenderà
da cui
fissato dal filosofo napodi due secoli dopo, e che sarà
« verum et factum convermotto
celebre
nel
letano
gui il Ficino ammette 1' 'Mentita
« tuntur ». Né anche
umana e la divina; e non era possibile che
.
:
Se^mo!
—
C(r.
-
i
è stato ordinato loro dalla
miei Studi vichinni. pagg. 37-28.
(JiorJjHO
Wimù
« il feiisùro del liinaicimcnto.
liR«l^«*iWiW!>"™*^'""^
\
—
146
«
n^tnra
natura
"^^^V^
« SI
"
.
—
natura ed ordinario, ma ed
in poter opc-rar secondo la
posacciò, formando
quella
di
leggi
le
fuor
oltre
con
ordì
altri
corsi,
altri
nature,
sendó formar altre
arquella Ubertade, senza la quale non
l' ingegno, con
serbarsi dio de la
a
venese
similitudine,
rebe dettar
verrà ad essere ociosa, sarà
terra Quella certo, quando
alcuno da que tcipossono uscire in modo
nò
avere,
"^ POf^^
^^ loro. E l'uomo, per
più degno
uno
acq.aistarne
può
Intà
147
;
m
liS
^ome indarno e;^l' occhio che non
apprende. E per questo ha denbn
vede e mano che
vegna occupato ne laterminato la Providenza, che
frustratoria e vana,
a
'i^^'^.*""^/|JLrra egli diventerà stupido e simile
mani, e contemplazione per 1 mteUetto,
senza azione e non conde maniera che non contempla
contemplazione. Ne 1 etadunsenza
opra
non
e
templa,
erano più virtuosi,
nue de l'oro per l'ocio gli uomini non
virtuose e forse erano
che sin al presente le bestie son
Or, essendo tra essi per
più stupidi, che molte di queste.
zione per
le
;
,
piare
,
le
cose divine
si
farà q»»»'
»"»
i™
-j^? ^ija
adattazione di spintuosi
l'emulazione d'atti divini e
risorte le necessitadi sono
difficultadi.
le
nate
affetti
arh ,
le industrie, sco^rte k
acuiti gl'ingegni, inventate
egestade,
in giorno, per mezzo de 1
« e sempre di giorno
umano si eccitano nove
da la profondità de l'intelletto
sempre più e più per le
Onde,
e maragliose invenzioni.
aUontanandosi daU esM;r
occupazioni
urgenti
ed
sollecite
Golii
/Stll°aT.2it>:fa™£,;o'*'MedS!'il
dedica della
^t^^f^ig ;. ^^ y^omo è stato liberamente
:^^Trp^:rsiJ£&^^^
:-fsi^^?vici.al°nlt«M
ala
bestiale, più
elezione
che
quello stato trapassare,
1 E divino, e a
piacerà Pl"»-^
suo
.
voler
libero
«del
fiorenhm J^ra
concetto dei neoplatonici
1
deU'uomo
addita sicuramente il valore
stona e
nella
mondo
suo
come spirito creatore del
del progresso che già
concetto
quel
adombrare
torna ad
sua mente nella C.««rf. le ccnen*].
.
;
f^^^^jf^i f^^t^^^^^^^^
lampeggiato aUa
prenunzia Vico.
Cremomni,
Al quale pure prelude Cesare
Olii egli
(i<<2-i6^i),
amiro
donandogli
sUeTlori.
*f'mt 'f Sabota?
non solo
animali, la qual consiste
Illcoursó^ra gTaltri
1)
Opere, Firenze.
Le Mounier, 1835. P^g.
.
il
j-
di
>-
i.
Cento
padovano
celebre professore aristotelico
troppo pai famoso che
scrittore
di Galileo, filosofo e
pagg. 143-4 Su questa
^\
Dialoghi morali, ed. Gentile,
lavoro Cfr. Spaventa, Sag^i
celebratone brumana dell'umano
pagg. 160-165.
di Critica, Napoli. 1867.
144.
2)
?i;:^^f5-'fii^^W^-^'««5*S^*^
esser ai-
^Oul Bruno
r,^
n
hesUa
nello spaccio della
attamente s'approssimano a
^
Vedi sopra,
lo scritto
;
Verità^ fiha tempori^.
—
148
prulu.ion., letta a Padova
conos<iuto Del quale una
e la
contrappone l'"omo alla natura
il 26 gei uaio I597>
di sé come epiconoscenza
nella
comistcre
filoi,fia fa
di libera attività, così
logo del reale e mirabile potenza
delle sue Oraziom
prima
come faràoi. Vico neUa
inaugurali
—
a.
—
« lui.
149
s'est fait lui-nicm'-
11
;
—
Je
me
suis
fait
moi-memc,
li hom'
Fontano. Son but est lui-memc
Già
disait Latini ».
e
e
po ur 1ui la polemica dantesca contro la definizione che Federico II aveva dato della nobiltà, era stata uno dei primi
«disait
« f a i z
:
m m
,
segni della riscossa della coscienza umana. Ma pcT gli
umanisti la questione della natura della nobiltà fu uno
dei temi favoriti, e i molti dialoghi e trattati che se
ne scrissero sono uno dei più eloquenti segni del tempo.
laudino,
Jl Bruni, il Poggio, ij Piccolomini, il Platina, il
^).
VII.
Filelfo, lo stesso Ficino *) dicono a una voce che
nobih non si nasce, ma si diventa con le proprie opere.
Ecco per esempio quel che scriveva il Platina con quel
vivo senso della dignità umana che l'umanesimo promoveva « Frustra nituntur qui, omissa virtute, nobilita«temtanquam haereditarium munus a maioribus expege« tant. Quis enim gencrosum hunc dixerit, qui indignus
il
dell'uomo che è
questa speculazione del valore
ita nel
natura
alla
spirito di fronte
a
alte cime era stata
così
a
Bruno
nel
e
Ficino nel Pico
pnma e nFirenze stessa un ventennio
spinto au
generale movimento dello
Ma
infilo
Sto m
^
:
.
snondeva a un
d^^'
«"" ^^^'^0
'ffttro'^ento itaLno. Uno
-«^f
cité de Dieu se prò
ha scritto « Tadis. alors qua la
l'homme, exilé d'un ]our dans
Vlonec^it sur la terre,
•
r^oUessej^
de larmes, ne gardait d'autre
d'autre mission qu a preparei
n'avait
et
origine
son
avemr. Aupvii|d hu
:^r le jtune et la «pentance son)Oie et de la bcaute,
la
de
dans la realité présente
est maitre,
une^4
lée
,
<,
.
l'Vir^mme est tout
II
n'est plus esclavc,
il
l'n'rplSm:mbreJlestc'hef.nn'estplu^
guelfe, g.belm, chroticn
/teur, biron, drapicr,
est
.1
.
Nobilita?
« nere et praeclaro nomine tantum insignis ?
«enim viitutis socia et comes, proprio labore quaesita,
«non alieno, cum vitiis stare nullo modo potest. Unde
Qui genus iactat
« vcrum illud Senecae tragici est
Gloriari quidcm possumus nos
« suum, aliena laudat
«a claris maioribus sanguinem, artus, viscera accenobihtatem vero ncquaquam, qua e tota
« pisse
ex animis nostris pe n de t, et non aliunde
«venit, ne ignarum vulgus scquamur, qui persaepe
'
:
'.
:
in maximos errores dilabitur, cuiusque opinio raro cum
sapientia convenit *) ».
Lo stesso concetto stoicizzante del valore creativo
e della assoluta autonomia della volontà umana si fa
strada nella discussione intorno al potere della fortuna
contro la quale, per bocca di Leon Battista Alberti,
«
«
dalle
'')
Cfr.
yd.
deUa
^-^^^ lU^^'^J^^is...
ì^ns, 191..
Vn.yiossi^R, Le Quattrocento,
Civiltà'. H, Ov
.
—
-"N^ *>
•=
l'uomo afferma vigorosamente la propria potenza come
principio del proprio destino. Tutti gli scritti morali di
t
*)
Burckhardt, La
*
.
La
^^
a^
Burckhardt. II, 102-3; Rossi, (j/r(///n>^é^;//o, pag. 85,
De vrra uobilitate, in 0(^eva, Colonia, 1561, pag. 60.
mfìn
.•K*.
:
•k'A.' Miii'é')^^
I
^f-^'jfs^^*^-^-;»-*
"
~
•"'^
—
150
—
<
S
quesfuomo cosi -PpreX^i^imento sono ""^ Jl^^fi^f '''*"ster^^^^^^
esterna
K
dalla cieca forza
de^
continuo incitamento
^^a
ali
Ne- SUOI giovaniU
umana come un
fiume,
uomo
pcrcne v ^b
f^^^^f^.^e
e menu
t1
assLt,ua
^^'^iuUosto'a^Snat^^
che fanno pmttosto
sorte sunt hi
in..
idcirco
«Meliori
!
^^^
F^Pn-H p^^esenta
l'cHetto delle sue
* sinistri,
un
del caso, e
natura
d' essere
biasimarsi della fortuna e dolersi
fluttuosissime sue onde neUe quah,
« agitati da quelle
molti metti de
sé stessi precipitarono. E così
«stolti
funne cagione Ma se
forza
altrui
dicono,
errati,
« suoi
Rigare qual cosa
«alcuno, con diligenza qui vorrà i^.^f
qualanche e
«molto estolla e accresca l^.^mighe,
di fehcita costu
e
d'onore
grado
sublime
« mantenga in
avers1 d gn1
vedrà gli
Rma-
spixito del
vita
la
aUa morte
correre
-^^
qm. a
quelli
di
p^
e d'ogni suo male....
non è come alcuni sciocfortuna
« Non è potere della
vogha esser
facile vincere chi non
« chi credìono, così
a
chi sé gli sottosolo
fortuna
la
giogo
« vinto. Tiene
mette ».
-^ A^U'^^
•^
.
principio dell uLa virtù, non la fortuna, è il
.grazia j:^'
mana grandezza una virtù, che non e
«suo bene cagione
;
^P^^
"^^
fisi propnis
pracclare quidem
peragunt
«cursum
at-J^^^diuti^od^
"^"l'I^.^.^^f^tf
natandi pcntia ^^^^^ ^'^ ^^ntem navi« agitur, qui,
<.
mordiis
^"^f
'
^
<(
modore
V-^-^^Y^'^Z^deSlTprSUri.
d^vecta^^^
contendere
«culam aut. tabulas fluvio
atem maximis vinbus ut ^«P^'^^^ j^^^ didicere ».
«atque ad litus usque P^^.Y^^.f^j^'r
ingiusta largiwng
dobbiamo
qualunque nostra minima virtù: e
e occupare
contendere
a
sufficiente
giudicare la •^rtù
amphssimi pnncipati,
«ogni sublime e eccelsa cosa,
gloria. E conimmortai
e
fama
eterna
« supreme laudi,
ove tu la
«la
si
qual
cosa
dubitare che
«
.
X.
«Tolle
cupiditates
«rium,
si.
quod
tolle
ilh
au^^
^"nbuenaun
,
impetum l^^ento
« neglexeris
^°JX*Vel
^ort^ v
«rtaliurn
ideo
«ut dicis, atque
f ^^^^^^
^^t-
essere
fortuna più voi e
molti, per loro
scorgo
E
«pata.
ga
.
1)
^^^
/«
^^^
^
Firenze, i8yo. pagg.
Operjinediiri, ed. "^Unórù,
i3 S.
216.
non
t'
è più facile
ad averla
e ottenerk,
se non chi non la vuole» ).
che la virtù.
libro Della tranqmUità delpiù arditamente, nel terzo
Non ha virtù
aiuto da Dio
Voglio ne' tuoi mali invochi
dia 1 a mtene
t'abbandoni
questo
« ma non voglio in
quello che tu puoi. Resta,
te
di
te
in
potere
non
« dere
tanti tuoi voti
.quando che sìa, sollecitare gì' Iddii con
s,t mens sana
sat
virtù
e chieste. Eccita in te la tua
quando la
sana
sarà
nostra
mente
La
sano.
che il
dunque
virtù,
stessa
vorremo esser sana »*). La
ricercando nei Difortuna
alla
contrapporrà
Machiavelli,
l'
'^•
.^gione incol^^^^. ^^. ^^^^
non
E
.
£
a
nava più cWaramente
^^^^^^^^^^^^
s
« v-iensi
fecto
eg«^ P^rf™ »
e
aut
consiUo. prudcntia
/«»»g'*« t^^"
S?««
^'/.^ttato
trattato x^^
al
y^^^^? ^^^^^
Più tardi nel proemio
«niis
<.
condolendum
P^
Dirci
.«cerchi e ami,
?
.^p,.
fregeris vim,
ignav^^^^
appunto
ma umana
il
dottrina teologia, e
^^^..^^
contro la vecchia
l'adcinpimento d^"\^^^'^,i„^"extolÌere. ubi
tra vita
fortunan^ VI
, Quis putarit
Jg,\,tunati dicun^^fwig
qui
eos ^re omncs
hominum improM^^te
-
volontà: queUa virtù
MachiaveUi. «Così adunque si può
che pre^licherà
invahda «debolissima a ra«statuire, la fortuna essere
loste
alla fortuna^
^.^^^.
Contro chi attribuisce
on^r, ai nmlvag^.^ ^q^^.^^_
à^gh
e
.ione dei comodi
ercvisse
-
:
,otlosi
«mlamest,
uomini
apertamente
«
,Mi
y
aninw
:
«
:
^TinTùoe
1.
')
opere
»)
Op.
volgari,
vntg.,
I,
ed.
IT3'
Bonucci,
t.
Il,
pagg.
6,
io,
14-15-
f
BJgSWJjM'iWMwiai^i»"^^^^^
**•
^
-
"
""
"
— 152 —
—
\
che acquistapiù cagione dello imperio
combatfortuna
,>; e
la
o
la virtù,
!rono i Romani:
facci parlare ad
« rade volte è che
Livr^rchè
lendo
vatu che non
rakunorma^o, dove ei racconti della
so^,
cosa
qual
», egli
« la
fortuna »
« vi aeeiunga la
alcun modo, ne
in
confessare
soglio
7k> non
sostenere ». E ripeterà anfrredo' ancora che si possa
cte la
(e. ^5) ammonendo
Principe
nel
rU
cora l'Ai"
e ordinata
non
dove
nza
pof
sua
fortuna < dimostra la
—
153
scorsi « quale fu
ambizione (v\. K.9."/)
nel Capitolo stdl'
E quando «Icun f°lpas^^.'t
itTnca
e stanca
afflitta "f
Se in Italia, tanto
feroce e dura
Non nasce gente si iscusa
e franca
niro che questo non
può supphre
Iteha^nostra, perchè
manca.
L'educazion dove natura
borire
Questa r Italia già 'ece
<^
:
ZZI
^V
nella
^^Sue^trSc^Uo^lla potenza d.e ha radicelercio
Machiavelli.
del
fede
volontà dell'uomo, è la
Ir, he
neir^s»m
Creder
ch<i
(V,
d'oro
senza
115-1-^7)
scaverà
L^^Ji^re^caiioT-e^diira?^^^
d^^^PP-o tr-^tu
.
per te contrasU
te,
e^^r-
^ealj.ico
Concetto
PJ^^
cosuen
.^ ^^^^^^^^
^.
tuna, ma ^on minor
Guicciarc^ini
mia. espresse il
a na cere,
ha
j-uomo
^
«mondo eleggere il grado '^ ^"i'
tia ^ vivere
uomo ^^
e la sorte con che 1
_
* non le faccende
riprendere ^^
però, a laudare o
si ma^f^i
"""^f
n^^^
che ^1^0,
non '^ foj^-
ginocchioni
Dio standoti ozioso e
Stati guasti.
Ha molti regni e molti
l'orazioni
E' son ben necessarie
quel ch'ai popol vieta
E matto al tutto è sue
divozioni
Le ceremonie e le
in ver par che si mieta
,
;
:
'
m
<,
Perchè da quelle
quello
Unione e buono ordine, e da
e Ueta.
dipende
poi
fortuna
Buona
poco cervello,
Ma non sia alcun di si casa
ruma.
Che creda, se la sua
punteUo
Che Dio la salvi senz'altro
quella ruma.
Perchè e' morrà sotto
per
sua indolita
bisogna riferirsi a quella
così dei Discorsi e del
profonda
ispirazione
intendere l'
,
Le
neggiano
dallo
/flT^'^^'da' portamenti loro, non
«uomini ha a nascere uà \"
commedia, o tra-
<,
;
/f
E
"^^^^l.
stotelico
I,
^^'^1'
Veggasi invece -'"l'i^^rcom
neVho3
PONTANO
SPARY, St. leti.
concetto legano
Vili.
nel
^"«^^^^'"^"ftengastr^tto all'antico
»«'•'/
4-6; hh.Eud.. VII 146
11. 4
"V'PAvs II
v^AR^.i.PA>s
Magna Moral..n. 8 «o^f °' Vf
celebrato da Dante (/»/., X^''
,
oltre la Jfension
rante
vece giunse ad afiermare
.^.^^^
^^ ^^ ^ ^^^ ,_
. ^
^{ ^-una fortuna ope,^7 90).
Petrarca, inU^l-n^^^^
^e^senni
_
umam
.<
:
«
.Sola .yirtus
».
lortunae
g
#
^.^^^
»)
4
Arte della guerra,
illustrate
Mh
^
^}^-
dv.
jò.n
Opae
ir.ed.
da G. CaneSTrnu,
1857. pag. 149-
ti
iitoÉi'iiiir
lìr^^-^-
-- 154
-*-
opera di un fiorentino coetaneo dell'Alberti,
Giannozzo Manetti (i396-i459)> ^1 ^^^to e dignitoso
servigi rese alla
cittadino e uomo di Stato, che tanti
morirne fuori
patria, e fu costretto dalle fazioni a
presso i Genorepubblica
sua
della
magnifico
l'oratóre
Federico III
vesi e i Veneziani, il Papa, l'imperatore
per
:
^
I
li
ultimi anni il discee re Alfonso, alla cui corte visse gli
lui tra i più smcome
e
Traversari,
polo di Ambrogio
amorosamente dipmceri cristiani degli umanisti, così
:
da Vespasiano da Bisticci nel suo appassionato
amore degli studi, esperto nell'ebraico, da cm tradusse
donde trasportò in italiano tutte
i Salmi, e nel greco,
o a lui attribuite, e il Nuovo TeAristotele
le Etiche di
il solo umanista che non
: il buon Giannozzo,
toc!
stamento
si
delle invettive, in cui tutti gli altri
compiacque mai
l'ocA^ rìPUa mia dedica a re Alfonso
•
homxnis,
accanivano. Il suo De dignitate et excellentia
Alfonso d'Aragona,
in quattro libri, scritto per invito di
nd i532
pubblicato
fu
nel
1452,
condotto a termine
dell umaeppure è presso che dimenticato dagli storici
delle espressioni
una
sia
ne
quantunque
nesimo *),
si
casione del suo scritto
a stona «Q""'^!^°'^^ ^panolii
N^apo
«mine legati et oratorcs
:
1)
Il
VoiGT,
Risorg. dcUantich. class., tr
//
U.,
1.
3-4»
per
del RI.,
condanna in blocco insieme con gli altri scritti
monotono, «insopportabile per
il latino scolorito,
la forma
e mostra (II, 447) '^\J'''\ ^^^'^^ ''^
soverchia prolissità »
(I 49 dice bensì
pur letto. Il Rossi non lo ricorda. Il Monnier
vieux théo logien Giàde
traité
un
par
s'ouvre
siècle
che «le
supériorité de l'hommc et
? nozzo Manetti par la dignité et
l'homme du jeune
lo
;
la dignité de
fé sièclS par^in traitéW
senza dire della inesatIprince Pie dria Mirandole»: ma.
citazione, pare che non 1 abtezza cronologica di questa enfatica
poi a citarlo .in questa cubia letto né anche lui. che torna
la
e o.m p u 1 s e (?) ^^n traité sur
« G. Manetti
riosa forma
:
-
un ms del trattato che si
(I, 152).
Dignité de l'homme
Marco parla A Zeno,
conservava a Firenze nella libreria di S.
e di due mss della VaI, 182
>>
DuZl
te
anud tecommorarcmur,
apuQ
.
semel opuscu um q^o^J^^ ? j^emoratin
„ factum est ut
et
Fa«et egregium
";''^S™;^\"f quotì
dignum cursim l^gercmus at^ue ^/f
^e eaeleg^^^^^^^^
s.mu
«til viro eruditis.mo
^
Nicolao V su
« dem materia
^^^^^
"
ac famosissimam
e
^^^aecam mam Setrriram
f'^'itrTcaSam
« forte ad
h^nianitate tua proprò
atque
semel essemus
hominibus
« Turrim
«,,um quendam ^e ;t'idK>^^^^^^^^^^
quo evenit.
mentlonem mei-
P^XX^^
.
.
,,
f
^eXti'opusculi
:;rn°;:SicSm
;
più caratteristiche.
Fiorentini popul. no-
•
ed.
sT.cc, Vite
peria,
dove
i!
Inaf
Manetti
.-
Tt
H.
;.?7.
fn
'
r
-
n
^2
mnosto
fu virai o nei 145^
<
'
alla Scai
N. Nalu., G. MaMa deve cre-
in Mur/vtori, «• '^ romoiuto peréhè nella dedica
[l^U che allora ^^^ P'""°t.
nel .451 (v- Zi"^^detto che *" ^°^
di Giannozzo è
?„g ii m. fu per la quarta
pag.
'8)
Torre
,.i„nte a! Voigt
<^^^^o^^"ecavasi a trovarlo a
a re A Honso «^^ '
Si ricordi
volta ambasciatore
no pag| .^140-47).
Vesp^sm
ricorda
4j^j47)
^„,
^^^
del Greco come
.1
che r i^^'O-^f^^l.f'
fiorentina, ebl>e luogo
netti vita,
V^So
'
R7p"bblica
per conto deto f^P^^^^-^ella stampa
''^'^
1°
1452ig marzo
Roma
—
ac
™
:
Equitis
Clarissimi vi-ri J
Inreconsult, Floren-tim
A^rago>nciy
^rZ^l^f^T^Z^^'
a
^_^^^^.^
num-Regem Afonsim^^^^.-^"^^
homims Li— bri
H';^ ;;? "
ns in
^^
1
d,i_Brasskam lureconsimi.-recej^
^3^
lucem editi.—,
^^^^^_
I^^'!!'c7afan'ci™Anno M.D.XXXII.
-
mense
Iii-
.^i
.as5:nvenezia. 1752).
di ^^coh V scntta
ticana dà notizia F. Pagnotti. La vita
XIV
in AtH della R. Soc. Rom. di St. Pat..
Manetti,
da G.
da «iVespasiano
secondo
I/opuscolo,
pag.
431.
(1891)
;
Rabenhaupt.
Rrassicano a Nicola
\ A
A.Ì
del Brassicano
j^ e Boemia
Precede una dedica
lecki Roma". p
Ferdinando
di
^^^
Tancelliere
^
la dedica del
in data di Vienna. ^^<^^°/5ì\ a |a„g
8-13
o
pa„g.
5
se
de
Uher
*
venti endecasillabi;
M. ad Alfonso.
.
-156-
—
deremus. Quocirca paulo post benigne et perhuniane
quidem a nobis exegisti, ut de eisdem rebus scribere
«vellemus, tibique opus dedicaremus. Kos vero, qui
«Maiestati tuac in primis morem gerere et obsequi
«maxime cupiebamus, nihil nobis gratius fore, respon«dere non dubitavimus, quam ut tibi gratificari et
<i
«
«
famulari possemus
:
ideo nos, ut nosti, libenter scrip-
opus tuo nomini dedicaturos, alacriter incunpromisimns. Unde cum paulo post scribere
« deque
« inchoassemus, ac prae brevitate temporis inchoatum
« opus perficere et absolvere nequivissemus, rursus po« stea resumpsimus, ac nempe multo prius absolvissemus,
«
turos, et
—
delle idee del Rinascimento
teresse di sorta per la storia
soltanto, secondo il
La superiorità dell'uomo consiste
beatitudme celeste,
nella sua destinazione alla
di discorrere
compiace
si
ligure
della quale l'umanista
Fazio
testimomana^
distesamente, attingendo alle autorevoli
ne restasse
non
ixrchè
intende
s*
ben
dei libri sacri. E
recente studioso,
soddisfatto re Alfonso ; e perchè un
quello del Manetti,
oaraKonando al trattato del Fazio
ravvivato,
ambiente
un
in
essere
senta qui subito « di
rompenetrato d'idee nuove»»).
<
v,
„
« nisi
Giannozzo lo trasse, lui cosi buon
e il suo libro per alcuni
cattolico, a sorpassare il segno
«
luoghi
repentinus Foederici tcrtii novelli imperatore in
Italiam adventus nos quotidie aliquid describentes
nam nostrae Reipublicae legati
« parumper retardesset
« honorandae coronationis eius causa Roman venimus,
atque tantum commorati sumus, quoad ipse inde
«recederet. Ex hac itaquc legationc postea in patriam
«re versi, ultimam demum praedicto operi iam pridem
manum imposuimus, atque commemoratis
« inchoato
ut certi polli« causis adducti tuo nomini dedicavimus
« citationum nostrarum debitores tibi ceu vero illorum
creditori, tandem aliquando contracta
« promissorum
«debita solvcremus.... Verum, ut haec nostra parva
gratiora viderentur, nonnulla etiam
« munuscula tibi
« partim in laudem Maiestatis tuae a nobis antea de« scripta, partim nomini tuo dedicata, in uno et eodem
:
<(
:
(8':
157
volumine coartavimus, atque ad te siunma cum devoe Florentia usquc Neapolim p<:Tfcrenda cu« ravimus ».
ìiominis di B. FaIl De excellcntia ac pracsiantia
zio ^), scritto probabilmente ruA 1448^), non ha in«
«tione
La
tesi stessa di
;
dell Inqmda espurgare fu proibito nell' indice
bensì
presenta
Si
1584^).
del
Spagna
sUore Generale di
esercitazione retorica
anch'esso con l'aspetto di una
celebrati scntton della
Quasi un centone di citazioni da
ma chi segua lo svolgiletteratura classica e cristiana
a
le citazioni son introdotte
che
pensiero,
del
mento
e
ongmale
spinto
uno
da
pervaso
confortare lo vede
del pensiero contemrispondente all'avviamento nuovo
anzi,
metterà capo ai platonici ficiniam,
;
poraneo, che
interrotta al Campanella.
hingo una tradizione non più
delle idee il farne una comstoria
alla
perciò
E giova
estratto
piuta analisi e riferirne qualche
pnmo e dedicato alla
Dei quattro libri del trattato il
Privilegiato il corpo delè
ond'
doti
delle
descrizione
prerogative della sua
l'uomo : il secondo dimostra le
superiorità e la destinazione
la
terzo
il
/azionale
Lima
quarto è indirizzato a confutare le
di tutto l'uomo e il
pessimistiche circa la misena
antiche e recenti dottrino
morte. Basterebbe a tesi che
della
Pregio
della vita e il
provare nel quarto hbro a mettere
;
;
si propone di
nuovo del suo trattato. da esin chiara luce lo spirito
questo
lo mosse per intendere
prender
so infatri conviene
l'autore
Pubblicato: Hanoviae, typis Wechelianis, 161 1.
C. Braccio, Giac. Brnc'elli'e l'umanesimo dei liguri al
suo tempo, in « Atti della Soc. li^. di sf. pat., voi. XXTII (1890),
pag. 220.
*)
E
*)
')
3)
^^l^j^M
Braggio, Op.
Reusch, Der
cil..
pag. 224-
Tii.h'x lìer verbot.
.
Buchey,
l,
49"-
\
—
158
—
1
—
I
spirito, chetrae il Manetti nel primo libro a riprodurre molte vecchie pagine di Lattanzio e di Cicerone. Giacché di tutti i pensatori così del Rinascimento,
come di questo suo preludio, che è l'Umanesimo, è
sempre da avvertire che i vecchi materiali che gli scritsono adotori scavano e disseppelliscono dal passato,
perati a nuove costruzioni, che recano l'impronta d'un
animo e di un pensiero nuovo.
Nello svolgimento del tema proprio all'ultimo libro
ordine con cui sono diil Manetti si attiene allo stesso
quindi e confuta,
Riferisce
antecedenti.
Ubri
sposti i tre
sommariamente, quanto è stato addotto i) intorno alla
2) intorno alla ignobile nafragilità del corpo umano
condizione di
tura dell'anima
3) intorno alla misera
nuovo
;
1
han lamentato che il
corpo che la natura ha dato all'uomo sia nudo ed inerme,
senza
e così fragile, debole e caduco, da non potere
danno tollerare i rigori del freddo e gli eccessi del caldo,
che se
la fatica, la fame, la sete. Hanno osservato
suo
ogni
meno
vien
all'inerzia
e
all'ozio
l'uomo si dà
vigore, s'ammala e marcisce. Quello stesso che lo diletta,
e di cui si direbbe non possa far a meno, per lo più
troppo forte
gli riesce molesto e mortifero. Un suono
pestilene repentino, una luce eccessiva, un odore
inducono
ziale, un sapore amaro e un aspro contatto
stanchezza negli organi. La veglia e il sonno, il cibo e la
bevanda cagionano talvolta la morte. Basta una sensazione o troppo forte e improvvisa, o dolorosa, un subito
cambiamento in quello che si beve nell'aria circostante,
a ledere gli organi e produrre gravi danni nel nostro
altri
corpo. Aristotele, Seneca, Cicerone, Plinio e molti
parlato
hanno
ne
profani
e
sacri
latini,
e
greci
scrittori
a lungo in molti luoghi dei loro libri. Plinio ne conchiude
«naturam potius novercam, quam matrem
«exstitisse
».
Ma
chi
questo argomento è
M^^^i
nostram
più di proposito trattò e amphfìcò
il pontefice Innocenzo III nel suo
sÈ^Msa»'*^*'*'^^**'^^"-
—
la terra, da
miseria humanae vitae, che contrappose
alla fabbrica degli uomini e
materia,
la
tratta
fu
cui
quei più nobili elenienti
degli altri animali terrestri, a
Dio: il fuoco degli
onde furon fatte le altre creature di
e a vituperio
pesci
dei
;
l'acqua
venti,
dei
l'aria
De
astri,
umana mostrò
della stirpe
gU
altri
che, se l'uomo
1^ con
tutti
dall istante
animali comune la sorte del nascere,
della nascita corre
un
Serò del concepimento a quello
che cioè soltanto gh
suo particolare e più vile destino;
ex sanguine menutero
materno
in
«
embrioni
umani
».
nutriantur
« struo educantur et
e' è stato un certo nmnero
Talete, Anassimandro, Anassimene,
Leucippo, Democrito, Eraclito,
In quanto all'anima,
;
tutto l'uomo.
Uomini gravi e dotti, egli dice,
159
di filosofi,
come
Anassagora, Diogene,
Aristosseno, VarEmpedocle, Ippia, Archelao, Zenone,
fosse qualche
essa
che
persuasi
ronée forse anche altri,
di quelli che la negassero
mancati
son
Né
corporeo.
di
cosa
quale eU'era un nomeirnto
del tutto, come Dicearco, pel
che l'anima sia matee vano. Molti poi, pur negando
o «extra
naturalmente,
essa
che
tuttavia
riale, ritengono
potenza
dalla
risulti
teologi,
« duce », come dicono i
pertanto che essa abbia
credono
e
materia,
stessa
dell
che, come si parla
da morire insieme col corpo. E così è
parla anche delle passiom
delle malattie del corpo, si
dentro di sé dilacerata,
e deUe malattie, onde sarebbe
stessa. E quei medesimi
l'anima
e annientata
travagliata
dell
amma
che ammisero la sostanziale differenza
ella soggetta alle pasdal corpo, ritennero che fosse
sua col corpo,; e non
sioni durante la congiunzione
filosofi
starne
disgiunta,
MLpendo immaginare come potesse
staccasse se non per
pensarono che da un corpo non si
animale senza
Strare in un altro, d'uomo o d'altro
turbamenti
sottrarre giammai ai dolorosi
potersi quindi
della vita corporea.
la;
di_
composto
qual meravigUa se quest'uomo,
della natura de
due sostanze cosi misere, risenta in sé
esposto a molte
componenti ? Fragile, caduco, ignobile,
E
—
^
1
i6o
—
—
i6i
~
\
fisiche e morali,
e presso che inlìuite sorte di malattie,
querimonie
disperanti
più
delle
argomento
stato
è
egh
Valerio Massimo racall' infehcità umana.
It?
gh pare una conferma di cotesto pensiero, e gli suggeuna curiosa etimologia dello stesso nome di Eva,
che avrebbe meritato di così chiamarsi quasi unione
delle due interiezioni del dolore (Jieu, ha!). Su questi
e simili fondamenti, dice con bonaria ironia il buon
Giannozzo, solidi e ottimi, come a lui sembravano,
per
buttati lì comunque, papa Innocenzo costruisce
risce
E
intorno
conta del cirenaico Egesia, al quale il re Tolomeo doelovette proibire di più oltre insegnare, poiché così
quente era la sua dipintura delle miserie della vita, che
correvano a farne gitto. E Cicerone c'ini suoi s:colari
forma di Crantore e del retore Alcidamante, che scrissero
mali
anch'essi in lode della morte come liberazione dai
De
suo
nel
Tulho
stesso
lo
E
vita.
della
intollerabiU
maconsolatione trattò così efficacemente questa stessa
:
nuditatem, per periculos, per senectutem, per varios
morta lium labores dolore sque procedit ».
Rispondendo ai singoli capi di questa pessimistica
dottrina dell'uomo, il Manetti comincia dal richiamare
r insegnamento di tutti i dottori cattolici, che dicono
perchè nelil corpo umano essere stato fatto di fango,
della immortalità,
l 'uomo ci fosse il principio della morte e
morire egli quindi potesse se avesse peccato, come
avvenne. Sicché la morte e tutte le sofferenze fisiche
non appartengono alla natura del corpo, poiché dipendono dal peccato l'uomo, se avesse voluto, avrebbe
potuto non morire. Sicché «omnes proplianorum et
sacrorum scriptorum conquestiones et lamentationes
mortis, et de reliquis incom« de laudatione et bono
deficere cessareque deberent ». La
« moditatibus suis
morte é bensì un male ma un male voluto dall'uomo.
È vero che ciò non toglie che da quando nasce l'uomo
sia sottoposto a questa legge della morte e di ogni sorta
ma bisogna pur riconoscere che la
di tribolazioni
somma dei piaceri supera nella vita la somma dei
dolori. «Nulla est enim, mirabile dictu, hominis opeadverte« ratio, si diligenter et accurate eius naturam
« rimus, ex qua ipse saltem non mediocriter oblectetur ».
«
da non far desiderare ai lettori, come uno ha detto,
non che di abbandonar questo mondo. E Plinio, nella
uomini sia
Storia 7iaturalc, lamenta che la sorte degli
teria
se
dei bisogni
più grave assai che quella dei bruti, a cagione
angustie
spirituaH che hanno queUi e non questi, e delle
La stoinferiori.
animali
agU
ignote
procurano,
essi
che
le preghiere
ria di Cleobi e Bitone, narrata da Erodoto e
favola di Sileno
di Trofonio e Agamede ad Apollo, e la
longe optimum
homini
nasci
«non
IMida
a
che insegna
e sen«esse, proximum autem quam primum mori »,
:
ricordi
tenze' di Euripide e di tanti altri poeti greci, e
lamenti di
della classica antichità si congiungono coi
Salomone sulla vanità della vita e sulla superiorità de l
di Giobbe
dì della morte a quel della nascita, col pianto
alche vede la brevità e rapidità della vita concessa
l'uomo, come a mercenario straniero del mondo, ombra
nascere
fugace,' che non può intendere il perchè del suo
;
;
;
De bona
la 'trattazione sistematica di S. Ambrogio
Il
Innocenzo.
papa
di
fosca
più
anche
quella
e
con
mortis,
con
putrida
quale, dopo, aver accennato a quella vile e
condizione dell'embrione, continua che la prima espresil
sione del dolore, che assale l'uomo in sul nascere, è
canpianto onde egh s'annunzia. E il verso che allora
tavo^' («vnU'JT'm ilhim
Dicentes
heit vel
et d^rrìPtP.tiim vrr^^iim^
ha quotquot nascnntur ab Eva.
»
Non
lS5a»^^^ft»r^iK«(*'S.3Sl^Ì&*'**'S*
;
é senso il cui esercizio non sia fonte di godie diletto arrecano l'immaginazione, il giudizio,
''
la
1
memoria,
profittare
l'
intelhgenza, purché
si
sappia goderne, e
degli antidoti che la stessa natura
ci offre
provvida natura, che col
piacere attrae noi, come gH animah, all'adempimento
di tutte quelle funzioni che occorrono alla conservazione
a tutte
7/
w-s«i8»«a
e'
mento
—
.
le
cause di dolore
Giordano Bruno
:
la
e il pensiero del Rinascimento.
—
162
i
—
"1
-163-
Debole certamente e fradegl' individui e della specie.
sua ammirabile e delinella
ma,
Kile è il nostro corpo,
al ricettacolo delcata complessione, quale si conveniva
fu tratto il corpo
onde
l'elemento,
che
Che fa
l'anima
dell'uomo sia da
meno
di quelli
che fornì
la
« lentia
matena
i
pervengono:
non
tutto ciò a cui quegU altri esseri
essa e per se
materia tanto più nobile, quanto più vile
dal corpo
esaltata
ed
quindi
nobilitata
medesima, e
basta
umano che entra a formare. E tale risposta
si sia mosso alla
che
addebito
altro
ogni
di
disfarsi
.)
M
E
:
eiacchè il meglio
stato che si possa deberciò che ei non sia nel migliore
da quell'osservazione di
siderare. E ciò è confermato
« Sicut melior
Agostino nel De civitate Dei (XII, i)
lapis qui
quam
dolet,
cum
«est natura sentiens etiam
rationalis natura praeita
potest
;
modo
nullo
« dolere
quae ratioms vel
«stantior etiam misera, quam iUa
cadit misena.
«sensus est expers, et ideo in ea non
tanta excelita sit huic naturae, quae
«
Quod cum
m
spregio della vita non dal senso delle sue calamità, sì
dalla speranza dell' immortalità. Se così non fosse,
non sarebbero da vero da lodare che sfuggire e sottrarsi alle difficoltà e ai dolori non è da forte e magninimo, anzi da uomo molle e snervato. E alle tristi parole
di Salomone néiVEcclesiaste, poiché secondo le diverse
condizioni degli uomini egli si è espresso diversamente,
sono da opporre quelle che egli dice pure dell'uomo in
calce a quel hbro « Ibit in domum aeternitatis suae....
«et spiritus redeat ad Dcum, qui dedit illum ». Così,
se una volta egli loda più i morti che i vivi, e più felice
stima chi non è ancor nato e non ha visto i mali che
son sotto il sole, ecc., altre volte invece scrive che è
meglio un cane vivo che un leone morto, ovvero « Vade
« ergo, et come de in laetitia panem tuum, et bibe cum
« gaudio vinum tuum, quia placent Deo opera tua i>.
Contraddizioni che fecero dubitare gU antichi dottori
della chiesa ebraica, se l'Ecclesiaste fosse da accogliere
e poco mancò non
nel canone delle sacre scritture
fosse bruciato. Le lamentazioni di Giobbe poi sono dal
sapiente Elia così redarguite da cedere alle afferma2doni
contrarie. E se sant'Ambrogio e altri dottori della
Chiesa si compiacquero di abbassare di tanto la condizione della vita e lodare la morte, essi lo fecero per esaltare la vita delle anime buone dopo la morte.
Messe pertanto da parte le autorità, si può venire alle
:
:
per cominciare dal
dice dell'uomo in complesso.
conviene prima
autorità,
contrapporre autorità ad
della Scrittura che
parole
quelle
rammentare
di tutto
create da Uio
dicono «valde bona» tutte le cose
del mondo è l'uomo e non è possibile
:
ipsa mutabilis, inhaerendo
:
a
natura del nostro corpo.
corQuanto aU'anima, a quegli « ebeti » e quasi «
col
morta
vogliono
la
che
filosofi,
pulenti e pingui
quel che
anetti si contenta di ricordare
corpo, il
dimostrazione dell imnel secondo libro ha detto a
altro luogo delle Tuqualche
mortalità, aggiungendovi
rispondere a ciò che
sculane: per affrettarsi quindi a
;
licet sit
tamen incommutabili bono,
«
altre o sono inanimate, o
alle altre creature ? Tutte le
questo animale ragiol'uomo,
E
appena dotate di senso.
possedere materia
nevole, prov\'ido, sagace, mostra di
creatura e del e
animata
altra
d'ogni
ben più nobile
suo corpo possiede lo
stesse stelle del cielo, poiché nel
a pensare, a
strumento più adatto a fare, a parlare,
si
creata est, ut
id est siunmo bono,
beatitudinem consequatur, nec expleat indigentiam
« suam nisi utique beata sit, eique explendae non suffi« ciat nisi Deus, profecto non illi adhaerere vitium est ».
Socrate, Cleombroto, Catone furono indotti al di«
;
ragioni di Innocenzo III. Ma quelle tali fondamenta del
suo edifìcio fanno venire sulle labbra al Manetti parole
poco rispettose verso il pontefice « Quae profecto talia
(tsunt, ut, nisi me debita summi Pontificis reverentia.
:
— 164 —
quemadmoduni ait poeta
et a
« Suaedam et puerilia
,
nostcr
I'/
»);
contineret
lexda
quanto è necessario
vita Questa è, egli osserva, lunga
sua natura. Più
affinchè l'uomo adempia i fini della
quando tutto
lunga fu nei primi tempi dell'umanità,
da propagare,
stirpi
le
creare
da
ancora
il mondo era
trovare. Ma
1- città da edificare, le scienze e le arti da
la vita dell'uomo cofu,
ci
umano
mondo
questo
poiché
che sempre
minciò a poco a poco a decrescere, in guisa
del suo destino.
bastasse, e sempre basti al compimento
intelligendi et agendi
« Satis enim ad nostra propria
pontificia et apostolica gradimostra in
contenderem ».
E
^tate longe aliena esse
nello spiegare il
incorso
sia
papa
nuali sorotx)siti il
vimi:o. traduzione
nome d^E^a e ,1 suo primo nome
.
:
essere affatto digiuno di lettere
SsctSraico, Fr
pure attentamente badato a
ebra che e non avere né
del
nel tradurre questi luoghi
Girolamo
da
tenuto
modo
il Manetti seguita
est-margomenti papali, basterà qualche
produInnocenzo,
detto
aveva
gli alberi,
e tu uomo^ che produei
e frutta
che
^'"ii Sia' minila coniazione
a fare degli
pio Le
Se
cCo fiori, fronde
«Lende* pediculos et
« officia,
«et
!
;
E
cosi
dice
il
Manetti, *in
foeditat.bu.que referfrehqua huiusmodi spurcitiis
prosequitur, quac dccopioseque
«ta Jrocedens late
omrtimpraensentiarum
honestatisque gratia
«coris
Itamus
summi
formosis praedicti
His tam pulchris ac tam
suam fructuum
istam
po^ificis Lectionibus
Tcomparationem absurdam
St
Eftu
«
nam
videri
respondei
arbons fructus vere
suapte natura producit
non sunt foeda illa et
At propr i
genera supenus
foeditatum
spuritiarum et
1i n t e 11
1 1 1 p 1 1 e e s
u
potius
«d.
allecata
is.
quem
arbor
hominis
supeK
«
esse et
proprius cuiuslibet
Tg ndi'et
illa
:
fructus
m
?gendi operationes
fructus
h-
«cut arbor ad fru«brntur et sunt, ad quas homo,
».
«rtificandum, naturaliter nascitur
della uinana natura
Lo Stesso idealistico concetto
gran lail Manetti fl'altro.
dà
che
risposta
informa la
brevità della
la
circa
tanti
di
mento d' Innocenzo e
1)
Dantf,
Inf.,
XIX,
ad bene beateque vivcndum, superque
vivebamus et nunc vivimus ».
et
il
;
-
olirn
satis
A tutti i mali, infine, che affliggono il corpo dell uomo
a ogni buon
Manetti, di fronte al pontefice e di fronte
di perfezione che
stato
lo
opporre
di
ragione
ha
cristiano,
finale risurrea tutti i corpi competerà in virtù della
gaudii celesti che ci
zione e, da ultimo, la visione dei
Visione che,
attendono al di là di questa vita mortale.
Manetti, non alletta
per altro e questo è il nuovo del
Tnon attrae così violentemente l'animo dell'uomo, da
vita terrena e da impefargli perdere il gusto di questa
immanente di essa
dirgli l'intendimento del valore
i difetti e a rendergli
giustiftcardiene
a
Ma giova soltanto
non pure dei
posMbile un razionale apprezzamento
concepito,
astrattamente
dell'uomo,
spirituale
principio
che non e più
bensì di tutto l'uomo, spirito e corpo
fango del medio
il
la bruta materia, la carne e
dohcato quanto
strumento
lo
dell'uomo,
evo, ma il corpo
spintuah. Quel
complicato delle sue privilegiate funzioni
è di cancellare^ dalscrittore
allo
tutto
sopra
preme
che
e d mfenodell' uomo ogni nota di debolezza
l' idea
l'alta coscienza eh egh
rità che possa comunque offuscare
nel mondo, al di
ha, e deve avere, della sua posizione
sopra di tutta la natura.
;
lumbnces ». Dalle piante si
sputi e pc^ggio
i^va oiio^alsamo e da te invece,
soavi, e tu mandi
odon
sè
di
spiran
onde Quelle
fetore TbbomiiS^vole.
-165-
loi
i
111
rYhÀìi»'^'^^^'-''^^'--'- -'^'
•
«(-J" WKÌiiUi'*»»
'
—
i66
—
^v
t
— 167 —
f
circostante natura *).
sulla
capacità naturale dell'uomo da
quella degh animali. E qui spunta il concetto che riapparirà in Pico, dell'uomo che solo fra tutti gU esseri
naturali è atto a ogni arte che ei voglia. Di che sono
striunento e segno naturale nel suo corpo le mani
spaziare
potessero
essi
Giacché ben altra è
IX.
la
:
«Pleraque ammalia ad alicuius sive artis sive
fìcii participationem naturah quodam instructu
raffigurare l'uomo in questa sua eminente signoria
naturali anche il Manetti si rifa, nel primo
libro, dalla statura eretta dell'uomo e dai versi di Ovidio,
che egli introduce con le parole stesse con cui allo
e per
stesso proposito li aveva citati Lattanzio *)
descrivere la mirabile struttvira delle singole parti del
A
su
quod in araneis et api«bus atque hirundinibus et aliis quibusdam solertibus
«animantibus manifeste deprehenditur. Hoc autem rationale idcirco a natura ita factum itaque institutum
«esse creditur, ut ad cuiuslibet artis, non ad unius sosi
aptius habiliusque oriretur
« hus perceptionem,
«enim homo ad certam quandam artem, ceu de ara-
«
:
«neis et apibus dicitur, a natura instructus (corr. inillis ani« stinctus) accepisset, profecto quemadmodum
motivo iniziale, per correggere quasi il classico signiiScato trascendente dell'opposizione tra il corpo dell'uomo e quello degli altri animali osservando che
«malibus contigisse videmus, ceteris
«exercitiis et professioni bus caruisset.
il
omnium
nobilissima ita intuennullatenus ambigi dubitapossit. Nam sic rigida et recta est, ut, cunctis
ri
«ahis animantibus terram pronis humique depressis,
et impe« quasi solus eorum omnium dominus et rex
rat or in universo terrarum orbe non immerito dominari
« ac regnare et imperare videatur ».
La stessa filosofìa fa consistere l'essenza o forma dell'uomo neir intelligenza e questa esigeva che gli or-
ceterarum
figura
«tibus apparet ut de
ea
le
exequi posse t ».
Segue una j^articolareggiata rassegna delle singole
parti del corpo, di ciascuna delle quali il Manetti dimo-
in Aristoiele, De part. an,,
av,V«>^0S àvtl oxeXoiv xal noSwv t(3v
|ièv yàp èoxi
:ipoó»{wv ppa^iovac xal xà^ xaXoupiévas exei Xetpas* òp^v
IpYOV
slvat r^sCav
jióvcv Twv Cfówv 5ià Tò TYjv (fóoiv aòxo'j xal t>ìv oùaiav
xoOxo 8' oO ^deiov toXXoS xou
ToO JfsioTàxo'j xò voelv xal ^povslv
ri
M Div.
Instit.,
Cic,
149.150
ce. 8-13
—
=
De
II,
noi.
I.
deor.,
II
Manetti, pagg.
Man. pagg.
54-58»
e
16-25
;
i34-M6
e
Latt.,
De
aveva
:
ó
letto
o'jv
|ièv
'
*
xò Yòp Pópcc euoxCvyjxov Tiast xyjv dtàvaav
ow|iaxo?
pàpoug xal xou owl'.ò TtXsiovos y^Y^^I^^''®'^ '^^'^
xavTjv atoS-r^oiv
(Skjxs ;ipèc xtjv àocpAjiax(ó«ooc, àvdYXYj ^éTietv xà ocófiaxa «pò? xyjv y^^v,
OuéO-r^xev y^ cpootg
Xetav àvxl ppaxi<5va)v xal x«iptt>'' "^^'^C TvpozUo^K «o8àg
ivtt){^£v
•
èTtixsiixévo'j
'
xYjv
—
E certamente se ne ricordava svolgendo a
suo modo questo concetto della convenienza tia la statura
eretta dell'uomo e la sua superiore natura conoscitiva.
TT
^
I^ .59-w>,
opìf.
Manetti
li
li
xal
*)
Il
IV, IO, 686 a 25
m
gani dei sensi più sagaci e più nobili, vista e udito,
servigio delle superiori funzioni dell'anima fossero collocati in posizione più elevata, donde più largamente
omnibus
Et vero
«
ci
;
pene
ei datae
«et exhibitae fuerunt manus, ut per huiusmodi non
«inanimata, sed quasi viva instrumenta et (ut inquit
diversarum ar« Aristoteles) organorum organa, varia
«tium iam perceptarum opera et officia exercere et
:
«
instinctu) inclinata feruntur,
«
corpo non crede si possa far meglio che riferire le pagine
in cui questo argomento avevano già trattato quei due
divini uomini e illustratori della lingua latina, Cicerone
e Lattanzio *). Ma riprende quindi per proprio conto
il
(corr,
ci
gli esseri
;
-
arti-
xolg x£xpd:iootv.
Dei
25-41.
*
I
^-^ttiwa.^
^„^^"^'#'W»ft^«^
— 169 —
— i68 —
i
stra la mirabile corrispondenza tra funzione e struttura,
per conchiudere che ben a ragione gli antichi pagani e
moderni
i
cristiani
non hanno saputo meglio rappre-
e ben
divinità che nelle forme umane
fu detto microcosmo dai Greci questo corpo dell'uomo,
che rispecchia in sé la provvidenziale armonia del mondo.
sentarci
E
la
;
:
proporzione delle dimensioni
date da Noè alla sua arca riproduce quella di questa
perfettissima fra le opere di Dio, che è il nostro corpo.
Nel secondo libro il buon Manetti non si sente davvero la forza di affrontare la questione della natura
dell'anima, sbigottito quasi da quel che leggeva nel suo
altri
ha notato che
la
autem sit anima nondum inter
Lattanzio ^)
« Quid
« philosophos convenit, nec fortasse unquam convenit ».
Si limita quindi a riferire una strie di opinioni attinte
:
di Aristotele e alle Tttsculaiie, avvertendo
da principio che «postquam ea ipsa recitarimus, re« citataque leviter confuta verimus, quae philosophos suis
« puris naturaUbus constitutos conscripsisse percipimus,
« ad nostros theologos, qui bus haec et cetera huiusmodi
((uaturae mysteria divinitus re velata fuisse constat,
al
De anima
Il
«
tanquam
in
unum humanae
:
portum magna
salutis
« lecti
consi-
«
(«
m
i
«cutus
:
est,
quemadmodum
«
;
4,
•)
De
•*?
op. Dei, e.
17.
immor-
animam
parere dignoscimus, profecto eorum
non possumus ;
ambigere
et
dubitare
« talem fore iure
cunctis honudesidenum
«praesertim ciun huiusmodi
«terae animantes tribus dumtaxat elementis, quasi
ponderosis ac terrestribus, utuntur solus vero homo
« ignem, utpote leve et sublime ac cadeste elementum.
<n
et instigati,
arborum
conantur, partim crebris procerarum
magnorum aedificiorum
«tionibus. partim diuturnis
partim continuis fihorum procrea« constructionibus,
in hoc loco coin«tionibus, partim dcnique, no cuncta
et ingenua«nlectamur, perpetuis liberalium artium
sunt vana
ut
conscriptionibus,
«ram sententiarum
Cicero
omnia
quae
«diversorum hominum ingenia,
latius et uberius prosemulto
suis
[I,
Tusculanis
«
14I
luce clarius costare et ap-
tempestate confugimus ».
Maggiore interesse ha per noi la sua maniera di dimostrare l'immortalità dell'anima, ch'egU confida di
provare con argomenti razionali, autorità di poeti e
adamantine » testimonianze della 5>critfilosofi, e
tura. Gli argomenti scelti («panca e muhis, tanquam
primi quattro
e
aliis probabiliora ») sono cinque
saranno ripetuti dal Campanella. Il primo è ricavato
« Cedall'uso del fuoco concesso soltanto agli uomini
iactati
;
secondo
della vita pensando che
tiva cura che gli uomini hanno
« Si ornnes
del corpo
morte
la
oltre
essa perdurerà
prospicere
mortem
post
«vivcntcs homincs longe
laboribus nec micum
magnis
seculis
futuris
«ac
desiderio al«noribus sumptibus naturali quodam
quantum possunt semper prodesse
fin
«
quotidianum vitac suae
«sine quo vivere non posset, in
non exiguum, ut ait quidam»),
« usumadsumit: quod ideo
argumentum videri debet quoniam
« immortalitatis
quacquc bruta ignis utilitate priva« Dium, qui singula
tantummodo largitusest, nihil tevero
hominibus
« vit
ac operari intelligimus praeser« mere ac frustra tacere
quasdam aliquorum, nedum ad
generales
ad
cum
tim
«
species intendere ac prospianimalium
« cunctas omnium
cum cetera animalia mortalia ctti« cere vidcatur. Scd
ekmentorum discretionem quae ad
« cerct per hiusmodi
creaverat, ea ut revera
utilitatemque
« viveAtium usum
diversaruni natura«interse discreverat, ita per hunc
ab illis mtelhgi vodiscreta,
invicem
ab
« rum modum
altius a terrenis
paulo
praediti
<,luit, qui subtili ingenio
».
elevarentur
coeitationibus
«
concerne 1 istinè tratto da Cicerone, e
i)
Lattanzio, Div,
Instit.,
VII,
9.
g^np^^j^^t^r «w-w sgeaK.
— 171 ~
170
nibus vel potius
<(
humano
generi
et inania contempserunt, atque
« pellare solemus, frivola
et smgula
*inediam, parsimoniam, verbera, aculeos
susceperunt,
sua
sponte
tormenta
« quaequc corporum
immarcescibilem viut caelestem illam ac beatam et
ab ipsa natura, rerum
parente, inditum fuisse videamus. Quoniam
«aliter sequeretur ut innatae eorum animalium, quae
cupiditates ap« Deus prae ceteris nobilitata condi disse t
« petitionesque evanescerent ».
Il terzo si fonda sulla naturale aspirazione dell'uomo
alla felicità, che non può né anch'essa ritenersi vana :
«Eosdem quoque homines, natura duce, felicitatem
«appetere videmus, quam nullatenus nisi per ani«mae dumtaxat immortalitatem adipisci et assequi
omnium
<(
laborum mer«tam nanciscerentur, non modo dignam
mstis gloriooperibus
prò
*cedem non praeberet, sed
vitae miserias,
humanae
huius
cunctas
gestis
seque
*
quo quid absurdius
cruciatus, neces tribueret
valemus ».
«excogitarive possit, ne quaquam intelligere
profane e sacre
testimonianze
le
pure
Tralasciamo
nell'anima immortale.
atte a confortare questa fede
e atGuardiamo piuttosto alie manifestazioni terrene
natura
spirituale
questa
di
superiore
tuali della potenza
dici
nam, si omnino extingueretur, quonam modo
viderentur, intelligere excogitareque nequipraesertim cum in hac vita mortali, ob singu« mus
«larem quamdam eius varietatem, nullatenus beati esse
possent
<n
;
«felices
:
possanza il^am-
dell'uomo. Tra i miracoH dell'umana
(yv. 2Ò-29) ;
panella canterà quello della navigazione
prima di lui scriveva
e il Manetti un secolo e mezzo
quanto et quam mira<.Ut a levioribus incipiamus,
yaleamus. Itaque similiter vana et stulta naturae cu-
«
:
piditas et appetitio resultaret ».
della
il quarto sull'innato desiderio universale
immortalità «Omnes insuper naturah et innata voluntaM
E
rum priningenio praeditum lasonem Argonauta
primum illud navifuisse existimamus, quando
collegae vecti
«gium construxit, quo Argonautae eius
saevi pelagi
horribiles
atque
ingredi
« horrisonum mare
dictu,transire
«fluctus secure et intrepide, incredibile
viden poterat, ut
«ausi sunt? Id cuique ita mirabile
«bili
:
^
«
immortales fore exoptamus et cupimus sed huiusmodi nostra voluntas, quam philosophi appetitum cum
te
;
falli decipive non potest.
eveniret, in idem utique inanis cupiditatis
naturalis absurdum laberemiu*. Óuae quidcm quoniam
repu« impossibilia sunt ac naturae ipsi'^plane et aperte
«gnare cernuntur, profecto animas una cum corporisi
<(
compuunumquenque videntem in sui admirationem
pastor, qm navem
poetam
Actium
apud
ille
ceu
«lisset
ut procul dnanum et no* nunquam antea vidisset,
*
falsum esse convincitur ».
questi argomenti il Manetti aggiunge quell'altro
della tradizionale teodicea, che sarà combattuto dal
Pomponazzi e che il Campanella, come abbiamo vi«
bus
interire,
conspexit, perterritus
«vninV illud vehiculum ex alto
A
sto, potrà
«fieri
«interirent,
«
«
«
«
«
quindi
potuisset,
ut
porro
concluderetur.
considerare
Deum
accessorio
simul
iniustum
animae
:
«
Quod
ripcm
«
«ratione defìnierunt, omnino
<(Quod
:
,
et a dmirabundus
*
si
Fremebunda ex
corporibus
fuisse manifeste
perditis
loquebatur
:
alto ingenti sonitu et strepitu
Prae se undas evolvit
*),
et
reliqua.
paulatim per multa
Huius modi navigandi artificium
nostram aetatem
hanc
ad
«temporum momenta, usque
homi-
nibus suorum malorum facinorum praemia, vel divitias vel honores ac potentatus et regna, indignisviris vero
sime simul atque iniquissime largiretur
probis atque optimis, qui cuncta haec quae bona ap-
modo
tanta moles labitur
cum
Nam magna quaedam
hoc
«
'1.1
:
»)
Vedi RiBBECK, Scaen. Rom. poes. fragm.,
(Cic, De
•
1
ri
nai, deor., Il, 35. 89)-
I,
pag.
187
.«««!ii»«ti<^>»«B««t»i*~is!»^«w^^^a^<^^^RB5r»'. s--
— 173 —
172
lettere ereche e .latine le
natura, che consegnarono alle
E tacciamo dei medici,
meditazioni.
sottili
acute,
foro
trovati ai corpi iningegnosi
loro
coi
che soccorrono
come poi e
Manetti
il
colpisce
ferm^Ma quel che più
l' ingegno
che
prova
e il Campanella, è la gran
«ita excrevisse videmus, ut in miraculum usque pro«cesserit. Nam non modo Britannicum tt Glaciale
navigare consue« Oceanum, ut inquit Po€>ta, quotidie
verunt, sed etiam in intimam pene Mauritaniam, ultra
«terminós antea navigabile^, nuper penetrare conten«derunt, ubi plures cultas et habitatas insulas penitus
audivimus ».
« antehac incognitas rcpertas fuisse
grandi e celebri
TI Manetti ricorda quindi le più
«
onde si ^"Ikv^^' "^^^^^^
di sé ndl'astronomia,
conversioncsque siderum
«Astrologi insuper, motus
planetarum magna
et
ortus obitusque signorum
eorum cognit-tam
in
susilcientes,
cum attentio^e
Sohs Lunaeque ecl«tionem pTvencrunt, ut vanas
ante praedicerent, et futu«pses defectionesque multo
inopiasque
frumcntorum^, olei. vini "^'^t.^tes,
^^^^^^
primis Thalem M, esium
et
multos
Quales
« noscerent.
pecuius
quandam olei emptionem,
« Qui oh magnam
praeyidcrat.
esse
futuram
nnriam oer astrologiam
Syi;acudivfs effc'ctus est. Et Archimedem
diversos Lunae Sohs
quem
tradunt,
sanum^xtitisse
stellarum motus n sphaera
opere dell'arte umana come le piramidi d'Egitto e la
e poi quegli stessi meravicupola del Brunelleschi
con
gliosi dipinti di antichi pittori, sui quali si rifarà
:
;
S
stesso intento, come s' è visto, Marsilio Ficino
Zeusi, che ritrasse l' immagine parlante di Ek na
Apelle che «equam canemquc tales depinxerat, ut
quasi imagine capti
« equi canesve transeuntes, viva
«allectique, interdum hinnire ac latrare cogerentur,
«quoniam ea animalia vera esse existimabant, quae
bantur ». Ed Eu« in pariete pietà in propatulo cerne
franore,checon tanta arte ritraeva sulla parete i grapbattervi
poli d'uva fresca che gli uccelU andavano a
:
lo
;
«ac Quinque errantium
fabrefacta ita
.nesc^o qua ab eo mirabilitcr
Sr.\t
Ma
«
«Venerem
in
ita
<.
«sine ahquo caelestis mentis instinctu » ? E ad essi
aggiungi tanti celebri storici e oratori e giureconsulti
e
filosofi,
scrutatori meravigliosi di tutti
i
segreti della
t
illigasse
omnes eorum
Lactamius
^^^-^^^^^'^l^S!^^;
una regeret conversio. De quo
InsMnHonum
elegan cr in secundo Dkinarum
An Archimedes Siculus
IcaoM verba haec ponit
figuram potuit
Scavo aere simihtudinem mundi ac
libro
mrchinari' in quo
quodam Indorum tempio marmore
venuste expressit, ut vix a libidinosis transeuntium
conspectibus tuta et pudica servaretur ». E per pasmosare ad «altiora et liberaliora ingeciuarum artium
poeti greci e latini (poi« numenta », che dire dei grandi
i
ché da schietto umanista il Manetti dimentica qui
moderni) i cui poemi e le cui fantasie dovettero richiedere tanta forza d'ingegno che non erano possi b^i
«
bile dictu
:
;
tele,
m
eTS-^
insieme con questi antichi non esita
a rammentare Giotto, le cui opere a Roma, a Napoa Venezia, a Firenze gli paion degne di garegli,
giare con i capolavori più celebri dell'antichità. E coi
delpittori, di scultori attestano la sublime potenza
giacche, per ricordarne uno, Prassil' ingegno umano
becco.
col
Sino
1
umano dà
ita
<.'
Solem Lunamque composuit,
caelestibus similes conversiout inàeqùales motus et
efficerent, non modo acdiebus
nibùTsingulis quasi
incrementa diminutiovel
ce s^usSohs ac recessus.
stellarum err-tium v^
etiam
verum
ne4^?unae.
ille dum vertitur
«vagantium dispares cursus orbis
"'tia anche
tocchi
vetta che
pel Manetti la più alta
divino
del
speculazione
la
è
f
ingegno dell'uomo
gi-andosi deHa r^^^^^^
pr^p'a' Il teologi i quali,
pm nposti misten dell oc
nei
dei orofeti si addentrano
dall'
;
i\
cu to
Sibila
guisa
e incomprensibile, in
da non
la-
a
loro debba rassomighars,
sciar dubbio che l'animo
— 174 —
-175non e' è senso e senza senso non e' è bisogno cui
da soddisfare. Né si può dire che il mondo sia stato
fatto per Dio perchè questi avrebbe potuto e potrebbe
fare a meno del mondo, come sappiamo essere avvenuto prima della creazione. La natura bruta è indirizzata all'anima, e quindi al più alto degU esseri animati,
Colui che in cielo, in terra, in mare e per tutto ha creato
questo mondo di cui essi posseggono la più alta dottrina.
conspexisse putan« Unde qui haec et cetera huiusmodi
«
<(
«
animum
tur, hi profecto docuisse perhibentur similem
sive
terra,
sive
in
caelo,
in
sive
ea
qui
esse,
suum eius
in mari totove mundo fabricatus esset ».
Della stessa natura divina della nostra anima rendono testimonianza le altre due potenze di essa la
memoria e la volontà quella coi suoi portenti, onde
son celebrati tanti illustri uomini antichi e che son resi
possibili dall'arte dagli uomini stessi inventata a estenderne e rafforzarne il natiurale potere, e per cui l'uomo
tura,
;
i
quale tutti gli altri servono come strumenti
Relinquitur ergo, animarum causa mundum esse
a constructum, cum rebus ipsis ex quibus constat aniper praedictum
« mantes ipsas uti videamus, quatenus
«earum rerum usum sese conservare, ac per hunc mo«
;
ma
dum degere et vivere valeant. Si ceteras igitur animan«tes hominis tantummodo causa factas esse apparent,
a Deo fac« mundum utique hominis dumtaxat gratia
«tum et constitutum fuisse concluderetur, quoniam
homi« ipsum propter animantes factum et eas propter
«nem factas dicimus. At hoc ipsum ex eo certumesse
«
cuncta quae
»,
può non solo « quaeque
e questa, per la sua
« intellecta essent meminisse »
libertà, onde l'uomo può volgersi al bene e rifuggire
«
;
dal male.
Detto così della natiu-a corporea e di quella spirituale dell'uomo, il Manetti s' è aperta la via a trattare
del posto che spetta all'uomo nel mondo. Con l'oiigine del quale s' intreccia quella dell'uomo e il Manetti
sa quante dottrine materialistiche e panteistiche siano
state professate da grandi filosofi, con le quali non sarebbe dato di conciliare il suo concetto dell'uomo.
«declaratur, quod omnia quaecunque facta sunt, soli
meri« homini deservire ac mirum in modum famulari,
quo qui« diana (ut dicitur) luce clarius conspicimus
cuius gratia
« dem probato vereque concesso, hominem
«mundum creatum confitemur, utique a Deo factum
:
;
«
a tutte
fuisse
manifestum
est
».
Nell'uomo, l'opera più perfetta di Dio,
derivanti dall'alta filosofia egli
di sincero
si sottrae con questa modesta dichiarazione
credente « Nos, quamquam homunculi et ignari simus,
magnis philosophis com« praesertim si cum tantis ac tam
«paremur, per Sacras tamen Scripturas caelitus edocti
Ma
:
al
ili
:
intelligere
;
sia
le difficoltà
si
rispecchia
la divinità dell'artefice. Si rispecchia nella sua natura,
nel suo ufficio e nel fine, al quale esso stesso è destinato.
La natura dell'uomo, invero, compendia in sé e rias-
:
tutte le bellezze sparse ne' vari ordini dell'universo ma si appalesa nella sua potenza creatrice, che
è la virtù mirabile del suo ingegno.
ma dopo « primam
Il mondo, sì, è creato da Dio
può
« illam novam ac rudem mundi creationem », si
dire che tutto sia trovato e opera dell'acume stupendo
dell'umana mente. Onde il vero mondo è nostro
sume
«et divino quodam splendore illuminati, contra
sapi^ntiam di« sam gentilium ethnicorumque virorum
ab omni« cere ac disserere praesumentes, mundum
conhominis
gratia
et
creatum
nihilo
ex
Deo
potenti
«
fal-
;
;
stitutum asserere et confirmare non dubitamus ».
Non si ferma per altro a dire che crede perchè crede.
La stessa struttura razionale di questo mondo svela al suo
sguardo una finalità. Ora, non si dirà che il mondo
è fatto per se stesso. Perchè nel mondo, cioè nella na-
«
:
Nostra namque, hoc est humana, sunt, quoniam ab
omnes domus,
quae cemuntur
« homini bus effecta,
«omnia oppida, omnes urbes, omnia denique orbis
«
:
Ké
i
"^'
MlAi '^^T"
'
^ -^"^
t-jssm^ì^^&^s^^'^ism,^^^
^«^as«:SP«»*.«#«*e-
"
—
-i;6-
177
—
nimirum tanta et talia sunt,
«terrarum acdificia, quae
hominium oFra, ob »aquam
angelorum
«ut potius
de-
« Hominesenim, velut omnium domini, terraenaturali
« que cultores, variis eam diversisque operibus suis mirum
«in modum coluerunt, atque agros et insulas littoraque
no-
Quae si ut animis, ita
«oculis videro atque conspicere valeremus, nemocuncta
«uno aspcctu intuens, ullo unquam tempore admirari
«atque obstupc scerò dcsisterot ».
E come da una parte la sapienza si volge con le
virtù sjx^culative a Dio, oggetto supremo d'ogni sapere,
così con Io virtìì pratiche si riversa sui naturali appetiti
de 11 'ani ma, e fonda e regge il mondo morale.
La umana volontà, d'altra parte, non si chiude nel
dominio tutto spirituale della vita morale, ma si afferma
anch'essa sulle cose naturali, e fa del mondo una cosa,
una proprietà dell'uomo. Giacché nostre son tutte le
regioni della terra, e le campagne e le montagne, e le
valli e le piante e gli animali, e le fonti e i fiumi, e i
tutte le creature innumerevoli che con
laghi e i mari
la loro differenza ricchissima, proporzionata ad ogni
sorta di nostri eventuali bisogni, stanno anch'esse a
parlarci di quella provvidenza, che gli Epicurei si argomentano di negare. L'uomo, in conclusione, «cunctis
« quae creata sunt sua voluntatc uti propriaque volun« tate dominari et imperare potest ». Alla qual signoria
il Manetti non dimontica di annettere, come il Campanella, quei poteri magici e miracolosi e soprannaturali,
che la religione riconosce nei santi e nei suoi ministri. È
qui il carattere che distingue questa prima forma del
concetto del « regnum hominis », tutta propria del nostro
Rinascimento, diversa dalla forma in cui lo stesso concetto riapparirà e si farà valere per opera di Bacone.
Giacché pel filosofo inglese questa signoria dell'uomo
é conquistata per mezzo del sapore scientifico, che
Ignam quandam eorum
excellentiam, iure censeri
nostrae sculpturae
*beant. Nostrae sunt picturae,
scientiae nostrae (vel volenstrae sunt artes, nostrae
qui nihil omnino a nobis,
tibus vcl invitis Academicis,
dumtaxat excepta. scm
dixcrim.
ita
ut
.ncscicntia,
Nostrae sunt demque,
sapientiae.
«posse arbitrabantur)
cum propc infinita
disseramus,
longius
singulis
«^de
omnia d.versarum
nostra
adinventiones,
omnes
1 sint
genera, de quarum
ling^arum ac variarum litterarum
«
quanto magis magisque cogitamus,
et obstuFScere cogimur -k
tanto vehem.ntius admirari
naturale che sia stato fatto
dono
un
è
non
lingua
La
, n*
cessariis usibus
airuomo.'secondo
«et
acutum
il
l^"^> * ^"b)-'!^
^"^
J^«f
al pan
creazione dell uomo,
Manetti
artificium
»
:
:
inventò quando ebbe bisogno
della scrittura, che l'uomo
agh a^nti La inpensieri
di comunicare i propri
svariati della tecnica .
i prodotti
tutti
di
pari
al
ventò
machinamcnta, quae
«Nostra Vunt deniquc omm^
humani vel divini
«admirabiha et pene incred.b.lia
acnmoma singulan quadam
«potius ingcnii acies ac
fat.ricariqueconst.tui
moliri
praecipua solertia
talia undique
et cetcra huiusmodi tot ac
^
«
Haec quidem
ornamenta ab omconspiciuntur, ut mundus et eius
inventa instiprimo
ad usus hominum
« nipotenti Deo
gratamer accehominibus
postea
ipsis
ab
« tutaque, et
or^
Pulchriora
«pta,
«
multo
«natiora
«fuisse
multoque
longe politiora effecta
videantur».
ac
primi Popoli adorassero
Così intendiamo ^rchè i
arti. Essi mf atti contidelle
inventori
come dei i primi
e
divina
I^^^^^".?^^^P^f^:
nuano l'opera della creazione
uscito <ialle mam di
il mondo, che e
compimento
e
zione
a sopraedificare sul fonckDio. Né l'uomo si limita quasi
sua sapienza e gh
mento della natura divina. Con la
fini le stesse creature
propri
a'
volge
e
ordina e governa
:
«terris et urbibus distinxerunt.
:
conferisce
all'uomo
il
dominio
delle
forze
naturah
:
pel Campanella, come pel Manetti, questa
posizione privilegiata dell'uomo é ancora un «regno
por grazia di Dio, il qualr conferisco all'uomo imme-
laddove
/j
—
Giordano Bruno
il
pensiero del Rinascimento
— 178 —
quello
diatamente così Tuso delle forze naturali come
soprannaturali. Un regno, in cui si comincia
delle
autonoma dela intra vvedere l'iniziativa creatrice e
come, con
di questo « quidam mortalis deus »,
l' uomo
ma
Giamiozzo
frase ciceroniana, dice anche il buon
cui
a
trascendente,
realtà
la
verso
orientata sempre
ruomo con la virtù e colla conoscenza deve tornare
dove
suo fine è sempre di là dalla stessa vita,
;
;
:
poiché
si
il
celebra questa sua divina natura
della Rinascenza
L'uomo, dice da ultimo
fine in Dio,
ma
in cui
il
pensatore
si esalta.
in sé stesso
il
;
Manetti, non ha il suo
mal si può credere in
V.
e
come
fatto,
questa' parte a Lattanzio *)^che Dio abbia
l'uomo per Dio, «tanquam
il mondo per l'uomo, co^ì
spectatorem operum rerum« divini templi antistitem,
ha pensato Agostino.
meglio
Né
<(que caelestium».
eius bonitatem, non sua
« quippe Deum ob immensam
honorum no«utilitate (scriptum est enim quoniam
eget) sed potius hominis causa homi« strorum non
a vedere cofecisse putat ». Ma, quando si va
LEONARDO FILOSOFO
h',
t-
.;.
;ì''S%
«nem
me viene
uomo,
poi inteso questo fine umano dell
sollecitatamentc ogni
ecco il buon Giannozzo sfuggire
cogli stoici e
contatto coi peripatetici, coi platonici,
sono stati
ci
indirizzo
d'altro
quanti altri filosofi
abstru(«tanquam nocturnos quosdam obscurae et
sollecito
rifugiarsi
e
indagatores
»),
veritatis
<<sae
della
ci sia
nell'unico porto tranquillo e sicuro che
ai flutti della temsottrarsi
per
salute,
espressa
ed
vera
ut per quandam
« Fecit igitur Deus hominem,
pesta
intelligentiam certam« admirabilium operum suorum
cocognitionem eorum opificem recognosceret et
-
*
i
7»*1'
:
«
que
e di
Sarà anche la soluzione di Marsilio
si deve la
pure
quale
alla
filosofica,
corrente
questa
Campanella.
scoperta del \'alore dell'uomo, fino al
oleret
».
..rL-
*)
De
ira Dei, e,
.
14.
jL ' ->>" itL!^± f
.'-^rS:.-
Conferenza tenuta in
Roma
al
Lyceum
il
19 maggio 1919
Se per tìlosofo s' intonde chi abbia scritto dei libri
per dare una soluzione almeno di qualcuno dei problemi
filosofici, o una trattazione sistematica d'una dottrina
appartenente al sistema della filosofia, Leonardo non fu
un filosofo. Nei suoi manoscritti non si troverebbero
Se per
insieme due pagine di argomento filosofico.
filosofo s'intende chi, come Socrate, sdegnando quei
discorsi muti e quasi morti che sono consegnati alle
carte e vi restano fissi, incapaci di rispondere alle inat-
1
stesso anno.
e pubbl. nella Nttova Antologia del 1° giugno dello
—
tese difficoltà e alle sompre''nuove domande del lettore,
non abbia mai scritto di filosofia, ma abbia tuttavia
suscitato con l'insegnamento vivo una scuola, che ne
e fecondato
spirituale, che
ha perpetuato
ii'
il
jxnsiero,
promovendo
sua prima
Leonardo non fu un filosofo. I suoi scolari
ammirarono in lui l'artista, il sommo artista il movimento filosofico del Cinquecento, non solo non fa capo
Se per filosofo
a Leonardo, ma ne ignora il nome.
così
un moto
da
lui ripeta la
origine,
;
—
s'intende chi, senza scrivere o insegnare una dottrina
filosofica, viva seco stesso d'un pensiero concentrato
nella speculazione dell'essere, tormentato dal senso del
mistero, incurioso di quanto possa distoglierlo da que,sto senso, o non giovi ad appagare il suo bisogno d'un
concetto universale della vita, Leonardo non fu un filosofo, n suo spirito è dominato da molti interessi teore-
/
—
tici
e speculativi, anzi
problemi della scienza,
si
l82
— 183 —
—
ma
stintiva vocazione dell'artista,
dei colon e delle
sausto della visione pittorica,
a questo mondo
mondo
sappiamo concepire se non come un
causa, ne
in cui niente accade senza una
mf«ani^
ce causa
ora
il suo effetto
che possa non produrre comunque
ci siano pure gli uom.n.
mondo
nel
che
presupponendo
il valore della
d siamo noi, che non possiamo aftermare
esigenze ^n^Fesc^ndiM^^
sue
le
con
persc;nalità
nos ra
attribuire
ideaU imperituri ed eterni senza
,
meccamsmo
una Ubertà che ripugna all'universale
coesistenza nella
avvertiamo
quando
o
ammesso
opposte tra
radicalmente
l'anima nostra di due anime
di vivere una vi a che
par
ci
quaU
delle
una
loro con
-nsa-oni aMan is,
attraverso k mille e mille
coscienza. ?lt»rbmio delle
a ogni istante nella nostra
di crearci da noi la nostra
l'altra
con
e
forz^ circostanti,
di godimento o
d'eroismo,
infamia o
•
dianzi
-
Sta
vita spirituale, d'
aspirazione
senso brutale o di sublime
a un tratto
«veghatic
quando,
o
a un ideale infinito ;
vita dell uomo praingenua
è
la
che
sogno
quasi
da quel
S sacS. i
-
notiamo che questa vita ondeggia di continuo tra
un concetto secondo il quale tutto trapassa e muore,
i
non solo le cose che mutano incessantemente sotto
ad ora ad
nostri ocelli, ma noi stessi, che ci sentiamo
Imee,
umana.
dalle quali traluce l'anima
comunque, venga mSe per filosofo s'intende chi,
quando commciamo
contro al bisogno che tutti ci assale
di quel pejnsiero
palesi
contraddizioni
a riflettere sulle
dalla nesospmti
abbandoniamo
(cui pure per solito ci
vita) e, sentennostra
la
rapidamente
vivere
cessità di
a un concetto, che
done il doloroso disagio, aspiriamo
restituisca la pace
componga e conciUi i contrasti, e ci
ci venga incoscienza
della
;
forza
la
e
fede
interna e la
a
rischiaratrice
luminosa,
contro, e ci dica una parola
fu un filosofo
non
Leonardo
orizzonte.
nuovo
un
noi di
attingere il conforto che
Dalle sue carte non possiamo
esempio, ci accordesideriamo dai filosofi, quando per
tutto si induca
che
presupponendo
ora
riamo di vivere
e che non
innanzi,
sta
ci
materiale che
e coi suoi
tico
dire attratto àz. tutti i
è retto nel profondo dal! idal desideno ^^mpre ine-
può
meno di dentro i nostri affetti, le nostre pascornostre convinzioni, tutto l'esser nostro
dell'oceano
rente dalla nascita alla morte, come onda
concetto,
destinata a infrangersi sul Udo, e un altro
onde noi, nel nostro essere più profondo, contemphamo
trasmutabile
tutte queste cose della sterminata natura
movimento
per tutte guise o lo stesso animo nostro in
delcontinuo dall'alba della prima infanzia al meriggio
noi
sera,
nostra
della
crepuscolo
mesto
al
ora venir
sioni,
l'età
'-
%L
matura,
con la bellezza eterna dei
della buona
immarcescibile
frutto
col
fantasmi,
nostri
partecivolontà che è nostra, non possiamo perire, e
piamo dell' immotalità delle cose divine.
Ebbene, quando noi sostiamo innanzi a questi anma dunque, che
go^^ciofi problemi, e ci domandiamo
che viviamo di
vita,
questa
di
pensare
dobbiamo
cosa
un tutto, dal
in
società,
conserva, noi e le cose, in una
viquale non potremmo mai uscire ? e come dobbiamo
nostre
alle
fede
?
quale
con
e
lege;e,
vere sotto qual
con
'j^^V"-
le
la nostra santa verità,
:
-.*ii...
—
,
domande non troveremo in Leonardo risposta. Non la
semplice
troveremo, se non vorremo contentarci d'una
la quale
afférmazione, e cercheremo una dimostrazione
per avventura da
ci liberi dal sospetto che non sia
preferirsi l'alternativa opposta.
II.
Leonardo, dunque, non ha lasciato né opere filosonon è vissuto sotto il
fiche né una scuola di filosofia
a
dominio sovrano dell' interesse filosofico, indirizzando
e perciò non ha
pensieri
suoi
de'
somma
la
segno
quel
;
;
— i84 —
i8s-
potuto risolvere nessuno dei problemi, che i filosofi
si propongono di risolvere. Per tutti questi rispetti può
ben dirsi a ragione che Leonardo non appartenga alla
storia della filosofia. Ma, soggiungo subito, nello stesso
senso né anche Machiavelli, e né anche Galileo, a rigore,
vi appartengono ; pei prendere due nomi che per vario
motivo vanno storicamente congiunti con quello di
Leonardo, e che pure si é soliti d' incontrare nelle storie
della filosofia poiché tanta intatti è l'importanza storica del loro pensiero, quantunque entrambi abbiano
propriamente atteso a speciali problemi scientifici, estranei al complesso sistematico di quelli che si possono
;
dire filosofici. In verità, la filosofia cesserebbe di esse-re
filosofia, concetto sintetico o, come Platone avrebbe
detto, sinottico ddla realtà in cui si vive, se potesse
effettivamente ridursi a lavoro speciale, professionale,
di
una
deli
sola classe degli uomini
scrittori
di
filosofia
!;
:
<^^
dei professori, o magari,
fosse davvero possibile
platonizziamo
a suo modo, come dimostra il
gran numero delle interpretazioni). E che varrebbe il
sorriso di monna Lisa se, dopo che fu visto da Leonardo
e fermato perciò sulla tela innanzi agli occhi immortali dello spirito umano, non fossimo, quanti abbiamo
occhi e anima, e siamo cioè uomini, capaci tutti di
guardarlo, vederlo, ed esserne conquisi ? Egli, maestro, e noi, attorno al suo quadro, scolari, folla sterminata, tutti, uno spirito solo, \'ibrante della medesima
siamo in grado
(ciascuno,
i
s'
di leggerlo, e tutt^ così
intende
può non essere
resta al di qua e
al di fuori di essa. Si può, cioè, non essere originaH in
questa parte; ma non si può non pensare, o pensare
senza filosofia, se è vero che la filosofia non è altro che la
forma stessa del pensiero, in cui la realtà, tutta la
commozione,
maestri in
nella stessa intuizione
?
ma non
si
filosofia
;
perciò
Si
realtà, perviene alla coscienza di sé. Egualmente, si può
essere originali in arte, e non esser capaci di scri-
non
ma
che anime sovrane, geni capaci di svegliare negli uomini
e far vibrare tutta la loro umanità, come Leonardo,
Dante, Michelangelo, e peir restare in Italia, Manzoni,
Leopardi, non avessero anche loro, a modo loro, una
se la filosofia, insomma, potesse aftatto confilosofia
fondersi con tutte le altre scienze, che tali si dicono
in senso stretto, e che, ad una ad una considerate, sono
forme accidentali, perchè avventizie drll'umano pen-
vere una tragedia sofoclea
linguaggio di Antigone ?
siero
matico), è filosofo dentro alla sua arte e alla sua scienza
voglio dire che si comporta da artista e da scienziato
di fronte al contenuto filosofico del proprio pensiero, che
;
é che in ogni arte e discipHna,
si
può essere
maestri e si può essere soltanto discepoh e che in arte,
in filosofia, in religione saranno pochi i maestri, ma
onde in ogni tempo i maestri han
scolari siamo tutti
potuto parlare, più o meno direttamente, al genere
umano, ai dotti e agl'indotti, ai grandi, cresciuti nella
;
;
nella meditazione, e agh umih, ai sempHci,
parvoh convenendo tutti, maestri e scolari, in una
comune, qujlsi elementare, ossia fondamentale ed esper cui Platone è uno, ma tutti
senziale umanità
coltiu-a e
ai
chi
non intenderà
il
Leonardo in filosofia non è un maestro, come non è
un maestro in filosofia Dante. Ma egU, al pari d*ogni
uomo, ha la sua filosofia al pari di Dante, ha una rigo;
rosa filosofia dentro a quella forma in cui il suo spirito
grandeggiò. Dante, poeta, è filosofo dentro alla sua poesia
;
Leonardo, artista e scienziato (naturalista e mate:
1
EgH
;
:
;
e congrua forma filosofica,
intuisce con la geniahtà dell'artista e afferma con
la dommaticità dello scienziato. La sua filosofia, in
questo senso, non è un sistema, ma l'atteggiamento del
suo spirito, ossia le idee, in cui si adagiò quel suo spirito
non svolge perciò in adeguata
ma
possente, creatore d'un mondo di immagini, imiane o
ma tutte egualmente espressive di una ricca,
commossa vita spirituale è la cornice del quadro, in
naturali,
:
-
i86
-187-
—
•
era
cui egli vide spiegarsi quella infinita natura che
esposta al suo avido occhio di indagatore.
Volete sorprendere l'atteggiamento spirituale delpiù alta
l'artista, che ha fatto della pittura la forma
quelle
detta
che
l'animo
Spiate
?
potenza
della sua
l'arte
parole del Trattato della pittura, in cui quest'arte,
Guardate
musica.
della
paragone
al
messa
è
Leonardo,
di
le
;
•
;
•
;
dello spirito,
femminino splendente
chè è
alli
;
le
bellezze, le quali
il
tempo
ri-
e la natura fa fu-
11
naNobile arte, eternatrice di tutto ciò che è nella
nasce
che
tura e che vi si va consumando mentre
dominio,
accoghtrice, nell'infinità del suo universale
sono, come si
delle forme che sono e di quelle che non
crea
conviene a una potenza veramente creatrice, che
e
operazione
sua
nella
;
quindi
perchè infinita, e Ubera
dmdegna perciò veramente di raffigurare all'uomo la
t
^
;
4)
Ed. Ludwig,
§
31
b.
i;££ttlàtià^iuemÉté.
fantasia
dell'artista
e
da
deL'arte
che a lei si pieghino le ginocchia mortah.
potenza
insomma di Leonardo spazia universale con la
garegDio
umano,
spirito
lo
creatrice onde, attraverso
ma con se stesso, e si svela a se stesso si svela, merce
uomini, così come si
l'opera umana, alla mente degli
della sua natura
svela per entro alle forme infinite
Quest'arte diegualmente possente, eccellente, eterno.
di cui
un'arte,
Leonardo
gloria
vina è quella di cui si
dell' orma più
a ragione in se stesso si esalta, come
nell'umana natura.
vasta impressa dallo spirito creatore
del suo spiTale l'atteggiamento, veramente rehgioso,
«
una cosa divina
»,
^a
;
*) D.
alla
questa raggiante nella luce di
magniquelle che non sono in natura ; è più da essere
attende alla
ficala et esaltata che la musica, che solo
dintorno a
voce. Con questa si fa i simulacri alli dii
con la
ornato
quale
è
il
divino,
questa si fa il culto
gitive
—
—
:
serva
ogni
all'amante l'amata, aUo spirito, in generale,
deUe
bella, che esso collochi al si sopra
tempo. Quest'arte
cose fuggitive della natura e del
sua
« tanto più
che è per Leonardo la vera arte, la
omim, che
li
de
«gl'ingegni
dice,
com'egli
supera»,
pittura, che non
r induce ad amare et innamorarsi di
intervenne a me
rappresenta alcuna donna viva. E già
cosa divina;
una
rappresentava
fare una pittura, che
di quella, volle levarne
la quale comperata daU'amante
per poterla baciare senza
la rappresentazione di tal Deità,
vinse h sospin e la
sospetto. Ma, infine, la coscienza
casa » ^). be
e fu forza ch'ei se la levasse di
libidine
donna viva,
alcuna
era
non
che
quella
la levasse perchè
ma idea di Leonardo, era pur bella e seducente non meno
dall'uomo e creata da
delia più bella donna generata
privilegiata delle
Dio era irresistibile, da quanto la più
della natura, ma
non
miracolo,
viventi;
creature
come la donna ideale del poeta, 1 eterno
nità
cosa' grande e
all'animo, e non cercate la dimostrazione di quanto
parole asseriscono
che satisfa a mighor senso
« Quella cosa è più degna,
adonque la pittura, satisfattrice al senso del vedere,
all'udito.
è più nobile della musica, che solo satisfa
Quella cosa è più nobile, che ha più eternità adonque
ch'ella nasce,
la musica, che si va consumando mentre
si fa eterna.
vetri
con
che
pittura,
dejla
degna
è men
vaQuella cosa, che contiene in se più universalità e
adunque
eccellenza
di
più
detta
fia
qvella
cose,
di
rietà
operazioni, perla pittura è da essere proposta a tutte le
contenitrice di tutte le forme che sono e di
musica a questa servente con questa si dà copia
amanti della causa de' loro amori, con questa si
1
:
:
rito artistico.
E
lo
animo
»)
si
,
quale
scienziato ? Udiamo da Leonardo con
naappressasse alla misteriosa spelonca della
Trattato dilla pittura,
§
26.
I
— i88 —
tura, così com'egli, quasi simbolicamente,
senta
— 189 —
la
rappre-
\àta dal sentimento della propria
illimitato del sapere.
Da una parte, dunque, l'artista orgogUoso della sua
divina potenza di produrre e di popolare un mondo
non meno vivo di questo, che egli trova innanzi a sé
dall'altra, lo scienziato che s'affaccia con religioso terrore all'entrata della gran caverna, in cui l'occhio cerca
sostenuto tutta
ignoranza e del
:
« Non fa sì gran mughio il tenpestoso mare, quando
settentrionale aquilone lo ripercuote con le schiumose onde fra Scilla e Cariddi, né Stromboli o Mongisolfuree fiamme, essendo rinchiuse,
bello, quando le
per forza rompendo e aprendo il gran monte, fulminano per l'aria pietre, terra, insieme coU'uscita e
il
;
alcuna cosa lo scienziato, nell'umihà della propria ignoranza, che é coscienza della
vastità infinita dell'oggetto da conoscere, e dell'abisso
che separa l'uomo dalla natura. Perché egU lascia manoscritte e incomplete tutte le opere, in cui aveva fatto
disegno di comporre in corpo di scienza tutte le sue
sjxiculazioni e le sue osservazioni ? Leonardo, l'eterno
insoddisfatto, l'incontentabile, di cui parlano i suoi
più prossimi biografi, è lì, all'entrata della gran caverna,
tormentato angosciosamente, tragicamente dalla sua
se vi possa discernere
né quando le infocate caverne di
Mongibello, rivomitardo il male tenuto elemento, spienendolo alla sua reg^ione, con furia cacciano innanzi
qualunchc ostacolo s'interpone alla sua inpetuosa furia.... Tirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere
varie e strane forme fatto
la gran con (fusione) delle
dalla artifiziosa natura, ragiratomi alquanto infra gli
ombrosi scogli, pervenni all'entrata d'una gran caverna dinanzi alla quale restato alquanto stupefatto, e
ignorante di tal cosa, piegato le mie rene in arco, e
ferma la stanca mano sopra il ginocchio, e colla destra mi feci tenebra alle abbassate e chiuse ciglia
e sf)esso piegandomi in qua e in là per vedere se dentro
alcuna cosa. E questo vietatomi per
vi discernessi
la grande oscurità, che là dentro era, e stato alquanto,
subito si destarono in me due cose, paura e desiderio
desiderio
paura, pe-r la minacciosa e oscura spilonca
per vedere se là entro fusse alcuna miracolosa cosa ^)
Ecco la natura che Leonardo scruta, con paura e
miracoli
con desiderio con desiderio di scoprirne
con la paura religiosa che suscita lo spettacolo delle
sue forze indomite stupefatto, piegato lo reni in arco,
ferma la stanca mano sopra il ginocchio, protesa Tanima e intenta dalla bramosa voglia. Questa è la sua
vomitata
fiamma
;
:
:
:
>>.
gli dèi
una
:
i
brama
inesauribile
*)
Ms,
Bril.
Mus., 155
O
—
si
;
r.
\
gli
domanda
fo-
:
tanto penate
?
volge piuttosto a Dio con la Orazione^)
ci vendi tutti U beni per prezzo di
e s'affretta e s'adopra a spender bene la sua
fatica »
giornata alla fine della quale gli arride un lieto dormi-
Ma Leonardo
;
;
^),
L.iouardo, perchè
«Tu, o Iddio,
una
instancabile, senza riposo
di vedere, in uno sforzo costante
ricerca
!
Codice Atlantico
;
:
scienza
—
mico, che segnò qualche suo verso smozzicato nei
;
i
;
bramosa voglia. Egli è al cosjxitto di quella natura,
che non si lascia chiudere in nessun libro, e che avvince
piuttosto essa a sé l'uomo, e lo trascina di problema
in problema, di ricerca in ricerca, per una via indefinita, dove l'uomo più va, e più scinte di doversi affrettare' sospinto dalla lunghezza del cammino, e non può
L'aEcco, ora, ho finito e concluso
dire mai
:
:
la
campo
^)
Fol. 71
')
Richter n. 113.^
y.
:
— 191 -^
— igo —
—
che
un lieto morire *). Né in arte, né in scienza
egli concepisce forma
già per lui sono una cosa sola
perfetta, nella quale altri possa posare. «Tristo, perciò,
maestro» '),
è quel discepolo che non avanza il suo
all'opera
innanzi
che
maestro
quel
anche
ma tristo
sua s'arresti pago come innanzi all'ideale già divenuto
quel
reale. Son sue queste parole profonde: «Tristo è
giudizio»*).
dal
.superata
è
l'opra
quale
maestro, del
ancora, scoprendo anche meglio la disposizione d'animo con cui egli guardava alle creature della sua fan« Quel pittore
tasia e della sua mente indagatrice
re,
—
nelle sue carte
o
altrove
poiché
bene operato
le
al
della
figliola
la verità è
tempo che genera
la
natura
;
*)
«
che non
*)
:
.
si
compimento
ma
;
;
:
Trattato della pittura, § 57.
Ivi. 62.
Frammenti, ed. Solmi, pagg.
*)
né
dal suo genio a perseguire l'infinito, che non si dà,
fa penare (0 Liolo
che
l'idea
inseguire
a
tocca
si
senza trenardo, perchè tanto penate?), sospingendolo
gua a' inseguire questa natura che fugge, e pure é semfantasia supre lì, o che egU in sé la ricrei con l'alta
mobilitò
scitatrice di una sua natura più vasta, nella
dormire,
«Sì come una giornata bene spesa dà lieto
una vita l)ene usata dà lieto morire (Trtv.. 27 r). Cfr.
La vita bene spesa lunga è « (Ivi, ^4 r).
') RiCHTER, n. 498.
3)
»
tempo bene
irraggiungibile
*)
«
il
.
,
:
o forse nessuna, come doveva accadere allo scienziato,
che vivamente sentì con la sua personale esperienza,
testimoniò la verità del biblico detto, che trascrive
cosi
sperienza
l'arte, la scienza,
e conchiusa. Infinita la natura, infinita
come cose che non si danno. Non tacciate
lo spirito
dunque di volubiUtà ») Leonardo. EgH é trascinato
sue perpittore
il
spiegata, quasi opera pervenuta al proprio
E
uomini con admirazione a contemplar
fezioni » ^), Poche opere, come accadde
;
«'La sapienza è
bile,
;
giudizio supera l'opera, quest è perfetto
s'egU è giovane in tal disposizione, senza dubbio
segno.
questo fia eccellente operazione, ma fia compositore
formeranno
di poche opere ; ma fieno di qualità, che
il
gli
;
:
:
si
» *)
dà, e s'ella si desse non sarebbe ? Egli è l'infinito. Il quale, se si potesse dare,
perchè ciò che si pò dare
e' sarebbe terminato e finito,
La stessa naè quella cosa che non ha termini » *).
inesauripotenza
quanto
in
infinita
é
dunque,
tura,
vita eterna e divina, che non è, né sarà mai tutta
mira sempre bramosanente « Quando l'opera sia
giudizio ;
pari col giudizio, quello è tristo segno in quel
pessimo,
e quando l'opera supera il giudizio, questo è
maraviglia d'avere
:
egU domanda,
l'avarizia non l'impedisse » *).
meglio ancora, additando l'altezza dell'ideale, a cui
si
tempo
quindi 1 1Leodeale della scienza, arte o speculazione che sia.
nardo esprime con matematica precisione questo suo
concetto dell'irrealtà dell'ideale, in cui consiste propriamente l'idealità dello spirito « Qual' é quella cosa »,
nisce di migliorare, se
quando
verità fu sola figUola del
della storicità del sapere e d'ogni altro valore
e che Leonardo, da parte sua, commenta
Sterminata
;
com'accade a chi
La
mtura»).
:
e
«
speso, impiegato nella esperienza intorno alla sterminata
che non dubita, poco aquista. Quando l'opra supera
operante poco aquista
il giudizio de l'operatore, esso
fie quando il giudizio supera l'opera, essa opera mai
E
mcgUo
spirituale
E
egli
:
Bacone, e assai più profondamente Bruno e
Pascal trarranno ispirazione al concetto del progresso,
donde
1)
'^)
3^
*)
209-10.
»)
'^,i
Ms, M., 58 V.
RicHTER, n. 1150.
Cfr. sopra Veritas filia iempons.
Codice Atlantico, 131 v.
Vasari. Vite, ed. Milanesi, IV, 22,
i
\
—
— 192 —
vibratile
deiranima che
la
muove,
osservi e contempli quella che
con
—
disperazione
conia»*).
scorge nella esperienza.
si
t'abbi
tu
effetto,
che studiosamente
193
a
darti malin1.
.
/
j-
„
che fa discerQuesta semplice e mera espenenza,
a contenere
uomini
agli
insegna
e
vero dal falso,
nere
il
possibile, e orgaaspirazioni dentro ai limiti del
conoscenza da
una
presuppone
quasi
che
no di verità,
innanzi coviene
ci
verificare. Ma altrove l'esperienza
I
le loro
III.
ogni cono-
prima maestra, la quale ci apprende
onde la mente, prescinscere ed è la fonte del sapere
tradizione sciendendo da ogni argomento fattizio della
la beUa
secondo
che
è,
autorità,
ogni
tifica ossia da
mano
per
quasi
toccare
immàgine del Campanella, un
al
presente, anzi aderisce immediatamente
me
Hr
la
;
n
Cominciamo da questa, che ci condurrà alla prima.
le benemerenze di Leonardo nell'esaltazione dell'esperienza, come strumento di certezza e
Chi non conosce
E
primo generarsi del vero
dei sensi
:
e
»*).
, „
Ai recitatori e trombetti delle
simati
!
,,
•
altrui opere
suo tempo,
agli eruditi, ai quali, fin dal
Efeso aveva detto che la pohmazia
somma
1
„ in;„
e
oscuro
non da
gli uomini «invencontrappone
Leonardo
l'inteUetto,
paragone dei primi egli
tori e 'nterpetri », che, al
filosofo di
dello specchio e
sono quello che l'obbietto fuori
si riflette nello
dell'obbietto
che
immagine
rispf^tto alla
cosa, e 1 immagine
specchio dove l'obbietto è qualche
freschezza ed origmaè niente L'inventore, che nella
dice
«Queste regole son cagione di farti conoscere il
vero dal falso la qual cosa fa che li omini si promettano le cose ix)ssibili, e con più moderanza, e che tu
non ti veli di ignoranza, che farebbe che, non avendo
:
;
Codice Atlantico, 119 i-Codice. Atlantico, 117 r.
')
20
•
.
;
quale è maestra vera.
fol.
percezione
;
:
Cod. Trlv.,
:
«
« Ogni nostra cognizione
cose udite o lette
prencipia da' sentimenti » *). Certamente, alla esperienza sensibile egli si appella combattendo, come altri già aveva fatto nel Quattrocento italiano, il principio d'autorità ancora dominante nella scolastica contemporanea. E giova rileggere alcune note del Codice Atlantico, di significato evidente
« Molti mi crederanno ragionevolmente potere riprendere, allegando le mie prove esser contro all'alturità d'alquanti omini di gran reverenza a presso de'
loro inesperti indizi, non considerando le mie cose
sotto la senplice e mera sperienza, la
essere nate
*)
attraverso alla
,i
r
u
allegare gli altori,
Se bene, come loro, non sapessi
allegherò
leggere
a
cosa
molto maggiore e più degna
loro maestri, t^oallegando la sperienza, maestra ai
e ornati, non
vestiti
pomposi,
e
storo vanno sgonfiati
e le mie a me mededelle loro ma delle altrui fatiche
disprezzeranno
simo non' concedano e se me inventore
ma trombetti
quanto maggiormente loro, non inventon,
essere biapotranno
opere,
altrui
delle
recitatori
la
corre a Galileo e Bacone?
rienza sensibile. Sua è la sentenza, quantunque, come
tante altre da lui segnate ne' suoi manoscritti, possa
riflettere
è
altrui
dubbio, presua esperienza è la espe-
di verità della cognizione, ond'egli, senza
«)
r.
—
,3
Gùrdano Bruno
tr
>A
>>
.-
w
_
>,
.idttj&M*.
i ti
ptmitrt iti RinosciiiunU
— 194 —
— 195 —
sua scoperta realizza la cognizione, può dire
Voi siete gente
dotti ripetitori del sapere altru?
poco obbligata alla natura, perchè l'abito che portate,
lità della
ai
e con«strutto e s'esso litigio resurge, la (è) bugiarda
rinata. Ma le vere scienzie
« fusa scienzia, ( non certezza
ha fatto penetrare per h
« son quelle, che la spe rienzia
de' litiganti ; e che
lingua
alla
silenzio
* sensi e posto
investigatori, ma sempre so« non pasce di sogno li suoi
«pra li primi veri e noti principii procede successivainsino al fine» *).
« mente e con vere seguenzie
;
:
l'umanità che vestite, non vi appartiene in proprio
;
e ridotti al vostro, sareste da essere accompagnati fra
bestie *). Qui la esperienza non è
gli armenti delle
più la misura logica del conoscre, ma lo stesso conoscere ;
il conoscere nella sua schietta originalità, il conoscere
certo, al quale si commisura la certezza d'ogni conoscere secondario e derivato.
In questo senso Leonardo combatte i filosofanti del
suo tempo, (e d'ogni tempo), che davano del meccanico al sapere partorito dalla esperienza. Ed egli
ribatteva nella pagina più tecnicamente filosofica del
Trattato della pittura :
Ma a me pare che quelle scicnzie sieno vane e piene
« di errori, le quali non sono nate dall'esperienza, madre
«di ogni certezza, e che non terminano in nota cspc« rienzia ; cioè, che la loro origine o mezzo o fine non
a passa per nessuno de* cinque sensi. E se noi dubitiamo
«della certezza di ciascuna cosa che passa per li sensi,
«quanto maggiormente dobbiamo noi dubitare delle
«cose ribelli a essi sensi, come dell'essenzia di Dio e del«Tanima e simili, per le quali sempre si disputa e cone veramente accade, che sempre dove manca
« tende
« la ragione, supHsse le grida ; la qual cosa non accade
«nelle cose certe. Per questo, che dove si grida non èl
il
« vera scienzia, perchè la verità ha un sol termine
« quale essendo pubHcato, il letigio resta in eterno di-
I
non v' ha per lui altro
La quale
che sogno appena si abbandoni la esperienza.
ha in se
perchè
e
certa,
e
vera
cognizione
invece,
è
né ha bisogno di essere giustificata
il' suo proprio valore,
e perche
e garentita dalla testimonianza dell'autontà
nascente
dispute
delle
»
grido
«
al
litigio,
al
oggetti dell'esperienza sensibile
<i
;
;
•)
« È da essere giudicati e non altrimenti stimati li omini
inventori e 'nterpreti tra la natura e gli uomini a comparazione de' recitatori e trombetti delle altrui opere, quant' è
dall'obbietto fori dello specchio alla similitudine d'esso obietto
apparente nello specchio, che l'uno per sé è qualche cosa, e
l'altro è niente. Gente poco obrigate alla natura, perchè sono
sol d'accidental vestiti e sanza il quale potrei accompagnarU
infra gli armenti delle bestie », [Codice Atlantico, 117 r).
da
Tralasciamo per ora questi veri e noti principi!
dedutticioè
«seguenzie»,
vere
con
cui si possa procedere
vamente, infino al fine, ossia per tutta l'esposizione
or ora quelogica d'un sistema scientifico. Vedremo
l'attenzione di
st'altro aspetto del sapere, che attrasse
agh
Leonardo. Intanto, nessun dubbio che intorno
;
pone
I
convemre tutte
dalla varietà delle dottrine, facendo
percezioni.
medesime
nelle
menti
le
espeL'esperienza di Leonardo, dunque, non e 1
positivista, che,
rienza di Protagora e dell'empirismo
impresriducendo l'esperienza sensibile alle soggettive
necessità ed universioni dei sensi, non può ascriverle
non è sorto ancora il problema della
Per Leonardo
alla
fenomenalità del reale dell'esperienza, che verrà
cntica del conluce con Galileo. Egli non ha nessuna
chiaramente, che
cetto dell'esperienza. Ma questo sa
salità
verità, non
quell'esperienza che può accertarci della
dato accidev'essere un semphce fatto, o un semphce
e di
piùsvanate
forme
le
d'assumere
dentale, suscettibile
logica che lo
sottrarsi ad ogni possibile determinazione
di Leonardo nella sua
fissi come verità. No, l'esperienza
*)
-^
fine
Ludwig,
§
33.
.
— 196 —
—
ingenua e dommatica oggettività, si solleva al di sopra
della semplice contingenza del puro fatto sensibile
per assumere carattere e valore razionale. Leggendo
«I sensi scmo tercstri. la
nel codicetto trivulziano
contempla » *), noi
quando
quelli,
di
for
ragione sta
potremmo essere indotti a pensare a Kant, che l'esperienza fa consistere nel sistema dei dati sensibili formato
:
dall'attività costruttiva razionale dello spirito, che interviene dal di fuori in certo modo, nella materia fornita
dalle semplici sensazioni. Il Franti si ricordò della ra-
gione o intelletto aristotelico, che parimenti sopraggiimge dal di fuori, date le rappresentazioni sensibili*).
ce ne avverte quel termine
In realtà, convien pensare
a una dottrina platonica, la quale
del «contemplare »
prenunziare
si ritrova in una forma che a taluno parve
—
—
il kantismo, nel Teeteto.
più che a Platone, ai Platonici, tradotti, commentati e resi quasi familiari nella Firenze colta degli
ultimi decennii del Quattrocento, dove si sviluppò e
formò il genio e il pensiero di Leonardo a qviei Platodestinici, che opposero ai sensi terrestri o materiali, e
nati a disfarsi col corpo onde si esercitano, la ragione
contemplatrice di \ma realtà trascendente tutta quella
da lontano
Ma
;
la quale i sensi ci mettono in comunicazione, e alla quale, per mezzo di essi, apparteniamo.
Comunque, se Leonardo ripete cogli Scolastici, che ogni
cognizione comincia dai sensi, egli non fa consistere la
197
—
nente nella stessa natura o nelle cose. Onde delle sue
«Queste regole fanno,
regole date al pittore può dire
'1
che tu possiedi uno Ubero e bono giudizio, imperocché
intenbene
il
e
intendere,
bene
dal
bono giudizio nasce
dere diriva da ragione tratta da bone regole, e le bone
regole sono figliole della bona sperienza, comune madre
regole
di tutte le scienze edarti ))^). Dunque, esperienza,
si
e ragione, la quale dà quel bene intendere, che non
ha quando altri si arresti alla semplice esperienza. « Ri:
^
'™^
cordati, dice Leonardo a sé
comenti l'acque, d'allegar
ragione
medesimo
prima
;
ricordati,
quando
la sperienza e poi la
)>*).
distingue in un luogo del 2 ruttato detla
pittura il senso dal giudizio che il discorso deve esercitarvi su per avere scienza, mostrando come « lì maestri
non si fidano nel giudizio dell'occhio, perchè sempre
inganna », e come spetti alla mente di correggere le false Leonardo schernisce quel matto
lacie del senso'*).
la
di filosofo che si trasse gli occhi per non distrarre
E nettamente
E
mente dalle speculazioni del suo discorso, non sarebbe
neppur disposto a rinunziare al discorso della mente,
immergersi
al giudizio, alla ragione contemplatrice, per
indetutto nello spettacolo che si apre agli occhi nella
natura corporea, con
finita
cognizione, tutta la cognizione nella esperienza immema airesperienza immediata condiata del senso
che '1 vedere impedisce la fissa e sotco la quale si penetra nelle
mentale,
cognizione
tile
filodivine scienze, e tale impedimento condusse un
a questo risponde, che
sofo a privarsi del vedere
dare
tal occhio, come signore de' sensi, fa suo debito a
;
trappone una forma di conoscenza, che egli chiama
ragione, e che giustifica platonicamente, come ragione nostra in quanto prima di tutto ragione imma-
«
penombra
Se tu
della natura.
dirai,
;
confusi e bugiardi, non scienzie ma (^sempre con gran gridare e menare de
quali
scorsi, per li
mani si disputa ; e il medesimo dovrebbe fare l'udito, il
impedimento
alli
quale ne rimane più offeso, perchè egh vorrebbe accordo,
Triv., 33 Y.
Sitzber. d.
L. d. V. in philosaphischer Beziehuug, in «
Philos.-philol. CI.,
Miinchen
k. baver. Ahad. d. Wiss. z\i
1885, 'pag. 8.
»)
»)
«)
RlCHTER, n.
Ms. H., 90
3)
Ludwig,
*)
i>.
§
18.
r.
36. pag. 76.
il
del
quale
tutti
i
sensi
s'
intricano.
E
se tal filosofo si
suoi
occhi per levare l'impedimento
pensa, che tal atto fu compagno del cervello e de' discorsi, perchè '1 tutto fu pazzia. Or non
potea egli serrarsi gli occhi, quando esso entrava in
si
tal frenesia, e tanto tenerli serrati, che tal furore
trasse
alli
gli
discorsi, or
consumasse
?
e stoltissimo
Ma
pazzo fu l'uomo, e pazzo
il
discorso,
dimento, quanto esso
» *).
nel rapporto della causa con
seguire questo dove quella
non
può
non
cui
per
l'effetto,
deve mirare la
s'avveri' è la necessità o ragione, a cui
fatto mistenoso
scienza,'e senza la quale l'effetto è un
Per
lo
meno dunque
non per anco noto. Più chiaramente
e
:
pju oltre
farò alcuna esperienza avanti ch'io
prima la
allegare
è
intenzione
mia
perchè
procieda,
perche tale
sperienza e pò colla ragione dimonstrare
è constrecta in tal modo ad operare.
«Ma
trarsi gli occhi d*).
il
impedimento è più o meno po-
tente dei già detto principio
«
«
E
«esperienzia
come li speculatori deUi effecti
« questa è la vera regola
natura
«naturaU hanno a prociedere. E ancora che la
a noi
sperienza
nella
termini
e
ragione
« cominci dalla
cioè cominciando (co« bisogna seguitare in contrario,
sopra dissi) dalla sperienzia, e con quella investi-
IV.
«me
Trarsi gli occhi no ; ma né anche la mente, che ci
quali
i
fa bene intendere, sorpassando i confini, entro
resta chiusa la semphce esperienza. Questa ci mostra
soltanto il fatto, l'effetto, ma non la ragione per cui
ha luogo, e non può mancare e il fatto, senza
sua ragione, non è oggetto di vera e propria cognila neceszione, che intende il fatto in quanto ne scorge
quando si
sità. Onde il fatto è conosciuto davvero solo
presenti alla mente nella sua razionalità, come neces-
l'effetto
;
la
sità operante nella natura.
«
ma
La
»
dice Leonardo « non falla mai ;
vostri giudizi, promettendosi di quella
sperienza
sol fallano
i
non sono.
effetto tale che ne'nostri experimenti causati
che
Perchè, dato un principio, è necessario che ciò
principio,
tal
di
conseguenza
vera
è
quello,
seguita di
seguita alcuno
se già non fussi impedito ; e se pur
impedimento, l'effetto, che doveva seguire del predetto
partecipa tanto più o meno del detto impe-
«care la ragione » ^).
«nessuno
Giacché, come egU stesso dice altrove,
e
ragione,
la
Intendi
ragione.
sanza
effetto è in natura
%
non ti bisogna sperienza»»).
^_ ,,.^ v
Non diranno, né vorranno di più gì ideahsti più
della natura j
filosofìa
una
che vagheggeranno
dommatici,
Leonardo
ben si son potute queste ultime parole di
¥xlo^ocelebre
deUa
l'autore
cui
in
raccostare a quelle
formulò il concetto di una
fia della natura, lo Schelling,
paria Leonardo,
scienza a priori. La ragione infatti di cui
schelhnghiana da
a priori per l'appunto come l' idea
e
:
è
non attraverso
non
una
volta raggiunta, intelligibile soltanto
attingibile se
e quindi
cedente dei fatti manifestati dall'esperienza;
che la futura
principio
come
noi,
da
anche
posseduta,
ossia moesperienza dovrà necessariamente confermare,
e non potrà sraenefficacia,
irresistibile
sua
nella
strare
principio,
*)
»)
Ludwig,
*)
.«
.-iStA
§
i6.
ma,
come un ante-
l'esperienza,
noi
3)
Codice Atlantico, 154
Ms. E, 55 r.
Codics Atlantico, 147
»'•
v.
\
— 200 —
—
tire mai. La ragione di Leonardo non è un prodotto, né
anch'essa, dell'esperienza, ma un presupposto dell'esperienza, che attraverso di questa, perciò, si scopre
presupposto, che ci
come la sua intima sostanza
rende intelligibile la stessa esperienza. Anche Galileo
—
;
empinsmo, che gu
tano da quella forma ingenua di
da ripetere
posteriori,
positivisti
i
vorranno attribuire
del platonismo,
perfino quella teoria, cosi caratteristica
èpropnamente
ScheUing
*).
innate
idee
delle
dice
che si
nostro intelletto è capace
mercè l'esperienza, è la stessa verità che è a base della verità di cui
201
estraneo neptivo atomista e meccanicista, che non è
rimane lonpure al platonismo originario ma tanto
:
penserà che
-
il
Giordano Bruno
spinozista ma Spinoza lo riconduce a
si ricollega al platoe attraverso Spinoza e Bruno egli
nella natura vede
e
Rinascimento,
nismo del nostro
inconsapevole di sé, e la realta
il pensiero come realtà
speculativaquindi come quel pensiero che la mente
come la verità eterna, l'eterno pre;
;
l'esperienza
K
•'-i
la verità dell'intelletto divino, l'assoluta
pensiero che l'uomo, guardando alla natura,
:
verità, o il
e vedendone la razionalità e inteUigibilità, è portato ad
attribuire a Dio che la natura ha fatta, e nella natura
reahzza un suo disegno, il suo pensiero. Anche per
GaHleo l'intelletto umano, se non per estensione, certo
per intensità, o qualità, coincide con l' intelletto divino,
mente
pervenendo a quella ragione delle cose da cui le costprovengono ^).
E poiché ho ricordato Schelling, dirò per definire
storicamente
il
pensiero del Vinci, che così
il
:
filosofo
tedesco, come Gahleo, come Leonardo s'incontrano
in questo concetto di una ragione che è al principio
delle investigazioni
delle cose naturali e al sommo
umane, come pensiero che si fa natura per giungere, da
ultimo, alla coscienza di sé nell'uomo e chiudere il
circolo del mondo, perché tutti tre appartengono, più
o meno, a una medesima corrente ideale, che, come ho
già rammentato, in Firenze tra i coetanei ed amici di
Leonardo ebbe alcuni de' suoi maggiori rappresentanti
;
della natura, le quah
perchè e costrette
sono quelle che
radalla sua legge, e s'impossessa quindi della
si immedesima. JNel
vi
e
natura,
nella
infusa
^one stessa
ragione è la stessa natura nella sua
strazioni,
:
all'indirizzo
platonico
^).
Il
Galilei accentuerà
il
degh
devono
ossia
effetri,
essere,
discorso dell'umana
Dioche s è svelato ali uointeriore necessità o razionalità:
sopra tutti Fico
Neoplatonici,
i
insegnavano
come
mo
mo-
—
pure
della Mirandola, e come insegnerà non
madre
Granduchessa
alla
Lettera
nella
Galileo
Bruno,
ma
— per mezzo
G. Gen-
Cfr. Galilei, Fratmneriti e lettere con note di
tile. Livorno, Giusti. 1917. pagg. 24-25.
asserzioni del compianto
») Arbitrarie e ingiustificabili le
amico Edmondo Solmi {Leonardo e Machiavelli, in « Arch.
circa 1 rapstor. lomb. », 1912, s. 4, voi. XVII, pagg. 209-17)
porti del Vinci coi Medici e coi platonizzanti di Firenze. Per
alla biociò che riguarda i Medici cfr. Ger. Calvi. Contributo
St<r. lonih.,
1916, parte 2\
grafia di Leonardo, in Arch.
*)
ricostruisce
segno mira,
supposto della scienza, Dio stesso. A questo
oscualquanto
artista,
da
e
scienziato
a modo suo, da
deterramente, anche Leonardo. E la sua «ragione » è
com egh
minatrice di quella necessità, che costringe,
nequella
di
ojx^razioni
sue
dice la natura in tutte le
della natura », « teina e
cessità che « è maestra e tutrice
eterna » ) della
inventrice della natura, freno e regola
sua legge, che in
natura, «costretta dalla ragione della
La nostra ragione mediante
lei infusamente vive» «).
delle dimol'esperienza, commenta la causa
*)
Frammenti
lì
MrF™23 ? e
sJi
pagg. 419-34-
8.
da E. Solmi.
cfr. i passi analoghi citati
V. Modena. 1898
/.. d.
iuìlafiloìofia naturalistica d^
pag. II.
i
cit. p.
—
—
20^
delle opere sue, nella natura, in cui V intelletto
deve
il
;
dimostrare
:
pittori [cioè
Leonardo
stesso],
li
quah
i
;
amici, ammiratori
dei platonizzanti fiorentini scolari,
dalla bocca o dai
colte
frasi
essere
Devono
Ficino.
del
da una delle loro
contemporanei,
libri dei neoplatonici
del dialogo divino
teorie d'amore intessute sulla trama
un foglio del Codice
di Platone, queste che si leggono su
:
li
stu-
Trivulziano
:
la cosa amata come il sucon seco s'unigetto colla forma, il senso col sensibile, e
L'opera è la prima
sce e fassi una cosa medesima.
se la cosa amata è vile,
cosa che nasce dall'unione
Quando la cosa unita è convel'amante si fa vile.
e piacere,
niente al suo unitore, fi seguita dilettazione
Quando l'amante è giunto all'amato,
e sadisf azione.
-Quando il peso è posato, lì si riposa.
li si riposa.
intelletto» ).
nostro
col
cognosciuta,
La cosa sta^),
che conè tutta la teoria platonica dell'amore,
gli
conversione
questa
e
in
nell'amato,
verte l'amante
della sua natura
fa raggiungere la somma perfezione
cui lo stesso
gioia deUa sapienza, del pensiero. Per
diano li giorni delle feste, nelle cose appartenenti alla
vera cognizione di tutte le figure, e' hanno le opere
di natura, e con sollecitudine s' ingegnano d'acquistare
la cognizione di quelle, quando a loro sia possibile.
Ma taciano tali reprensori, che questo è il modo di
conoscere l'Operatore di tante mirabili cose, e quest' è
Ch'invero il
di amare un tanto Inventore
il modo
grande amore nasce dalla gran cognizione della cosa
che si ama [amor Dei intellectualis, dirà Spinoza!];
e se tu non la conoscerai, poco o nulla la potrai amare
e se tu l'ami per il bene che t'aspetti da lei, e no per la
somma sua virtù, tu fai come il cane, che mena la
coda e fa festa, alzandosi verso colui che li pò dar un
osso. Ma se conoscesse la virtù di tale omo, l'amerebbe
assai più, se tal virtù fussi al suo proposito » ^).
«
Muovesi l'amante per
—
—
!
C
nella
manoscritLeonardo sarà tratto a fermare nello stesso
osservazione di Corneho Celso « Il sommo
^) quella
del corpo,
bene è la scienza, il sommo male é il dolore
cioè d aimperò che, essendo noi composti di due cose,
migliore, la pegprima
è
la
quaU
delle
corpo,
di
e
nima
mighor parte, il
giore è il corpo, la sapienza é dalla
male è dalla peggior parte, e pessima. Ottima
:
to
V.
sommo
•)
Trattato dilla pittura,
§
77.
.|l
ninna altra cosa è
cosa é nell'animo è la sapienza.... e
il
^'«^fr^^SMi&.igifl''-^
nsa
*)
Ms.
«)
Fol. 6 r
*)
f^pr^H^'iJ^
^"^i""*^^
:
—
—
;
Dio dunque, oggetto dell'amore di Leonardo o della
sua rehgione, è il Dio che si conosce nelle co»e (Deus
suo essere,
in rebus), dove egU operando manifesta
espenenza
quella ragione, intesa la quale non occorre
immedesimandosi
Leonardo,
per
anche
intende,
s'
e che
Platone nel
con essa, come aveva insegnato primo
continuarono a
Convito e come con infinite variazioni
ed era un tema obbligato
suoi seguaci
cercarne il vivo vestigio.
È questa intuizione del divino naturale, che infiammerà gli eroici furori del Nolano, e che accende lo
sdegno di Leonardo contro gì' ipocriti del suo tempo,
congiurati a impedirgli o a screditare le indagini sue
nuove intorno alle cose naturali
«Sono infra 1 numero, delli stolti una certa setta,
detti ipocriti, ch'ai continuo studiano d'ingannare sé
ed altri, ma più altri che sé ma invero ingannano più
loro stessi, che gU altri. E questi son quelli che ri-
prendono
—
203
:
Triv
2
»
t
— 404 —
Somma
ripatriarsi e
vedi, la speranza e '1 desidero del
de la farsimilitudine
a
fa
caos
«ritornare nel primo
desideri
e l'uomo, che con continui
« falla al lume
beninteso,
quell'amore
con
appunto
aspirarvi
eia
e
irraggiungibile,
Penìa, povertà,
(he Platone nel Convivio fece figlio di
con
felicità», dice
somma
«La
incolmabile.
difetto
profondità Leonardo, «sarà somma cagione
da a questa comparare».
«Or
felicità,
;
sempre
sempre con festa aspetta la nuova primavera,
e nuovi anm,
«la nuova state, sempre e nuovi mesi,
cose venendo sieno troppo
« parendogli che le desiderate
«
grande
della sapienza cagion
della infelicità, e la perfezione
mfatti, ancorché
platonicamente
della stoltizia».
raffigurava in un
possa non aver letto il Fedone, egU
simbolico, inseparabilmente congiunti, e
disfazione.
«tarde e non s'avede che desidera la sua
«Ma questo desidero è la quintessenza (spinto degh
anima dello
«elementi) che, trovandosi rinchiusa per
«umano corpo, desidera sempre ritornare al suo manE vò che sappi, che questo desiderio è quella
« datario
l'uomo è
«quinta essenza conpagna della natura; e
E
suo disegno
un
confusi in
tava
solo tronco, piacere e dolore.
:
;
E commen-
Ili:
piacere insieme col dispiacere e tiguda l'ahro.
«ransi binati, perchè mai Tuno è staccato
contran
son
perchè
voltate,
schiene
colle
«rannosi
un medesimo
«l'uno e l'altro. Fannosi fondati sopra
«
Questo
si
è
il
;
«modello dello mondo»*).
ncapitolazione
Modello del mondo, o microcosmo, o
come lo concepiva ed
di tutto l'essere deU 'universo,
.
esaltava
man
«con quella son venenore»^).
^,,
detto che tutti
Altrove egU stesso, Leonardo, ci ha
la
E
fatica.
di
prezzo
a
beni ci son venduti da Dio
i
corrugata dal
sempre
pur
è
luminosa,
così
sua fronte,
quell'interno giupensiero delle conquiste da fare, da
sdegnoso d'ogm mediocrità
dizio, di cui egli si gloriava,
là dell opera
da quel giudizio, che andava sempre al di
dello spirito, che non conovirile anzi gigantesco asceta
quella, che è la suprema,
sce altra gioia all' infuori di
E come in tutti gh
infinita.
si dà, perchè
.
:
:
e che non
corre
il suo occhio
asceti e mistici, platonizzanti o no,
egli vegga, da
quantunque
natura,
dalla
di là dalla vita,
ma
uomo della Rinascenza, che di là non e' è il dolore,
la gioia, sì la morte e il nulla.
qui ci ha
originaria
ed eterna. L'anima, intorno
RlCHTER,
n. 67Ó.
^^^bkib^^^^^^^l^kuuadwllB
alla quale,
come
speculare,
intorno a Dio, Leonardo non amerà troppo
padn de
preferendo lasciarne il pensiero ai «frati,
li segreti »
tutti
sanno
inspirazione
popoli, li quali per
perchè son somma
e lasciando « star le lettere incoronate,
ritiene sottratta,^ al
pur
egli
che
»
l'anima
^),
verità
quanto al pandi
pari di Dio. alla conoscenza umana,Mn
osservabile direttamente
esso « improvabile », ossia non
da cui soltanto può muovere il nostro
nell'esperienza,
egh concepisce platonicacompagine organica,
semphce strumento
anzi di questa dominatrice come di
soggiacere alla stessa
a
destinata
non
conseguenza
per
e
sapere
•
l'anima,
tuttavia,
mente come non derivante
né anche
^)
•
rappresentato i plail Pico, come l'avevano
quali tutti l'anima
tonici della tradizione ermetica. Pei
carcere, agitata di
era pellegrina sulla terra, chiusa in
mandatario, come
continuo dalla inquieta nostalgia del
sede
detto Leonardo, o, comunque, della sua
fondamento, m«corpo perchè hanno un medesimo
si
è la fatica col
piacere
del
fondamento
« però che il
del dispiacere si sono i vari e
« dispiacere, il fondamento
colla canna nella
«lascivi piaceri. E però qui si figura
le punture fatte
e
forza,
senza
e
destra, eh' è vana
«
,
156 V.
•)
Br. M.,
»)
RiCHTER, n. 837.
fol.
dalla
— 206 —
partecipe,
fine del corpo, anzi
come cosa
207
Leonardo, distinguendo tra l'opera della natura e
quella dell'uomo, di questo, e solo di questo ammonisce
doversi fare materia d' indagine, ove si miri a indagarne
« O speculatore delle cose, non ti laldare di
il disegno
affatto divina,
immortalità dell'eterno.
i
.r
«y,
L'anima », leggiamo nel todue frtvulztano
ma
del corpo
corruzion
nella
corrompere
« mai «^i può
de
del vento, eh' è causa del sono
, fa a similitudine
canna non resultava
una
guastandosi
che
« l'organo
buono effetto ».
« per quella del voto
meraviglie della
E dove considera a parte a parte lecorpo,
ecco Uonostro
del
costruzione
natura nella
rivolgersi
e
dell'anatomico,
nardo smettere la freddezza
umano
aUamente
accento
con
, ^.
all'uomo
mia lattea
«E tu uomo, che consideri in questa essere
cosa
giudicherai
«l'opere mirabiU della natura, se
essere cosa nefandispensa
or.
distruggerla,
il
« nefanda
convita all'omo. Del quale, se questa
« sima il torre la
artifizio pensa questa
posizione ti pare di meraviglioso
che in tale architettura
«essere nulla rispetto all'amma,
cosa divina
e veramente quale essa sia, ella è
« abita
beneplaabitare nella sua opera a «uo
dell'
i
«
:
conoscere le cose, che ordinariamente per se medesima
la natura conduce. Ma rallegrati di conoscere il fine di
quelle cose che son disegnate dalla mente tua»^).
;
;
Una
:
.
«
.
piante
cui consiste la ragione che alla
mente
è
ed
effetto,
in
dato scoprire nella
natura, Leonardo vede, giustamente, il miracolo, ossia
l'opera dello spirito onde a proposito dell'occhio dirà:
delle
« Qui le figure, qui li colori, qui tutte le spezie
parti dell'universo son ridotte in un punto, e quel
punto è di tanta meravigha O mirabile, o stupenda
;
!
necessità, tu
V.
ar'^rÙei' slwH
:
;
quelle dell'animah »^).
Nella stessa corrispondenza tra causa
:
^1
moto non hanno a percotere ne' contr'a
onde la doglia non è necessaria nelle
onde, rompendole, non sentano ^) dolore come
vigitative senza
sé posti obietti
;
Vichianù Messina, Principato.
stessa
:
che la tua ira e maligmta distrugga
, cito e non volere
veramente chi non la stima non
che
vita
tanta
* una'
,
«la merita»").
^,^„-^^
che è 1 amnna
Dio dunque, e questa cosa divina,
cogmzione perchè
umana, eccedono i limiti della nostra
stessa non si
natura
la
Ma
non soggetti alla esprienza.
quella
si può conoscere soltanto
essa
Di
tutta.
cono^e
l'osservazione dei
conduce
ci
scoperta
ragione alla cui
esterne manila legge che ne governa le
suoi effetti
pens'cro che s inun
forse
Riecheggiando
festazioni.
(
),
platonica del Ficino
contra pure nella Teologia
sarà
che
ma
Socrate,
ricorda infatti un concetto di
fecondato da Giambattista Vico,
ripreso, approfondito e
Fol, 40
alla
;
sicché lasciala
•)
Leonardo attribuisce
e Leonardo ammira
governatrice delle cose naturali
l'economia ond' è retta la vita del mondo, e non rifugge
dall'uso della finalità come criterio euristico d' indagine
oltre le dirette testimonianze deiresperienza. Così, dove
conchiude alla negazione del dolore e del senso alle
piante movendo dalla mancanza di bisogno che esse ne
abbiano « Se la natura ha ordinato la doglia neiranima
vigitative col moto, per conservazione dell'istrumenti, i
quali pel moto si potrebbono diminuiie e guastare l'anime
;
•
finalità, bensì,
Natura, che è necessaria perchè razionale, e razionale
in virtù, come s' è visto, della ragione che la regge, non
pcTchè meccanicamente opc^rante. Tutto il filosofare dei
Neoplatonici insisteva nel concetto della provvidenza
1915.
pagg. 27-29.
1
costrigni, colla
tua legge, tutti
G., 47 r. « Laldare \ laudare.
Sentano », sentono.
*)
Ms.
*)
«
3)
Ms. H.,
6oIf.
li
effetti,
—
208
— 209 —
—
Bruno
•
.;t^n
via
^rrScoir-
tlTmiSm;
tnce di mezzi
*""'
ai fin
•
f/.
e di
Cam-
di
GaUleo, bensì di queUo metafisico
ma spintualizpaneUa che naturaUzzano lo spinto,
Stoici, aveva
Lno la natura, come, dopo Platone e gh
risorgimento in
cui
al
alessandrina,
fatto la filosofia
partecipò, senza attratFirenze Leonardo assistette e
propriamente^ [speculativi
problemi
pei
certo,
di
tiva,
delte
le dispute e il gndio
anzi con qualchrdisdegno per
suo
del
aria
l'
respirando
scuole filosofiche, ma pur
niente d tutti gli
nella
penetrate
già
tempo le idee
contatto quotidiano. Da quelle
spiriti-colti, con cui fu in
altri artisti del suo tempo
come
ma,
pittore,
£e eili,
della sua arte, e portato
tecnica
studiolo profondo della
alla scienza propinaquindi dal genio possente elveloce
cause. Quea oartccipare delle lor
come, in
Notomia.
tua
Pf'
ScrilT neUa
rinascere e
1' .mxnagine possa
spazio,
dilatazione » )
ricomporsi nella sua
<ioyej^' spnga
E la Natura sempre gli appansce,
provvidenza 01 dina
una
come
indagarla,
occhio a luu
il
^,w occmo
b
Il suo
'
armonizzanti a
u
insieme
'"-^ell'occhio dell'uomo.
,
tecnica, trasse 1 indetti, in cui si risolve ogm
il suo sguardo
rivolse
cui
tuizione di Quella natura, a
com'egh amava
Universale,
universale.
e
acutissimo
infinito sapeva
^re non pensando all'universo, che come attraverso U
ma all'universalità della vita
mente
'Ae
/male, ^,
If«7trcVS?».f «"Sn.';
non'e^^te^e,
f4
numero
O^
esso ^ito ntornan.
Sito, desiderano a
s esercita P^^," "'
violento, quanto più
sturale
fa l'opposto
:
liberamente, più
^^
.,
^^ ^«v).
obedisce
.
per l'umano
liberamente, mstar^abilnessun limite, ma di spaziare
™.^°tto leonardesco
secondo
mente. sine lassitudine
del suo spinto
E lo stesso atteggiamento scientifico
filosofico per 1 suoi presupaspetto
pertanto
assumeva
%
»
VI.
a/,^^Sl;=.-"=—
Sà
quindi aUa neinesauribile delle sue forme, e
dentro
chiudersi
non
di
ingegno
--"
confermava nella coscienza di
posti e si scaltriva e
Che sono sostanfondamentaU.
metodici
canoni
Llcuni
base del conodell'esperienza,
quello
7 almente due
e quello della matemadetto
già
ci^abbiamo
di
scere
esatta della ragione o legge
tica come determinazione
l'esperienza. Concetto di
naturale, accessibile mediante
nella scienza cons'impadronisce
Leonardo
cu
e parso di
cui
a
filosofia,
stessa
temporanea e nella
e vi insiste
doTlo riconnettere
^^^^^^^^^^^^f"^^^
lo svolge
;
del suo intelletto
e la perspicuità somma
•
;
-era
')
t)
3
RlCHTER,
n.
22.
.
FratntncrKi, ed. Solmi.
«Lussuria è causa de
P;"'^
la
"7
nTa^-Do^ré-lvaSodluo
organi).
Ms. H., 32
«)
^s*.
5)
Ms. C, 26
•)
Corf.
II,
•
generatone
_
^^^
^
^^^^
strumento»
^ jo&n-
(cioè.
^o
degU
-
»••
4-
Tni-
')
!.
26
m
r.
Ms. H., 48
- Cior/ow
,f
V.
Bru«}
t il
Cimiero del Rinasdminlo
t"^-"i
f'rf'ii atfc^'ivf
•fei«l^a>t^^«»!^t'''.->^
—
210
—
—
ed assoda con una coscienza, che anticipa anche qui
Galileo.
La matematica a
lui,
come
al
grande
capace, e non
«che la mente umana non è
naturale»
«dimostrare per nessun esenplo
—
somma
il
si
posson
).
Pisano e a
tipo del vero sapere scientifico
da « li primi veri e
son sue parole
che partendo
e con vere sesuccessivamente
procede
noti principii
gue nzie insino al fine ». Questo è il processo, infatti,
dell'aritmetica e della geometria, «che trattano con
Cartesio, rappresenta
—
211
:
—
verità della quantità discontinua e
continua
>>.
Qui », è sempre Leonardo che parla, « non si arguirà,
che due tre facciano più o men che sei né che un triangolo abbia li suoi angoli minori di due angoH retti » (l'esempio che torna sempre sul labbro del più grande dei
«ma con
filosofi matematizzanti, Benedetto Spinoza !)
eterno silenzio resta distrutta ogni arguizione, e con
pace sono fruite dalli loro devoti il che far non possono
suggella
le bugiarde scienze mentali » *). La matematica
«
;
;
;
l'immagine della divina natura, che anch'egli, come tutto
vagheggia ed ama quale
il Rinascimento che già s'avanza,
perfetta rivelazione dell'eterna possanza. Alla cui mente
egli non ardisce alzare lo sguardo e contentandocontro gh stolti
si delle sue anatomie, si volge sdegnoso
nelle quale
Dio,
di
mente
la
abbracciare
vogliono
che «
«s'include l'universo, come se l'avessino anatomizata.
«O stoltizia umana, non t'avedi tu, che se' stata con
«teco tutta la tua età, e non hai ancora notizia di quella
sovrana
;
cosa che tu più possiedi, cioè della tua pazzia E volli *)
«poi con la moltitudine de' soffistichi inganare te e
«altri, splezando le matematiche scienze, nella qual si
«contiene la vera notizia delle cose... o voi poi scorrere
«ne' miracoh, e scrivere e dar notizia di quelle cose di
«
!
;
VIL
esempi naturali,
La mente di Dio va cercata negli
splende nell'opera
così come l' idea dell'artista
quale non è per Leonardo
sua.
naturalista dunque,
-
copia della natura sensibile, ma 1
egli potrà
Onde, esaltando la sua pittura,
poeta
Qual
filosofica
«
dire con pienezza d' intenzione
o amante, a vera effigie
innanzi,
metterà
ti
parole
con
qual farà il pittore ? » ).
della tua idea con tanta verità,
imita, ma crea
Il quale, perciò, non
vedere bellezze che lo innamorino,
« Se '1 pittore voi
cose modi generarle e se voi vedexe
platonico
dell'idea
«)
efiigie
-la
:
'
n' è
egli
struose
risibili
signore
che'
;
sieno
spaventino, o che
o veramente compassione voh,
>^«onesche
n e bignore
ei
Trattato di pittura,
»)
Vuoi.
§
33
;
cfr.
§
i
e
e
lochi ombrosi e
se voi generare siti e deserti,
Dio
caldi
li figura, e così lochi
esso
caldi,
tempi
freschi ne'
cime
alte
delle
vole
se
valU.
ne' tempi freddi. Se voi
e se vole ^opo quella
campagna,
gran
scoprire
monti
de'
è signore ; e se delle
vedere l'orizzonte del mare, e gh n'
E
rmnti, ode li alti m^^^^^
basse valU voi vedere gh airi
effetto, ciò eh è nell umin
E
spiaggie.
e
valU
le basse
immaginazione, esso
verso per cssenzia, presenzia o
*)
Qiiad. d'anat., II,
«
Sopra questo
f.
14
^-
.
.
,
«.off*»
n<;^prvaosserva
punto vedi le giuste ed esatte
La Critica e l'arte di L.
zioni ^^LioNELLO Venturi.
*)
La
ma
Bologna, Zanichelli (iQIQ). pag- 7-818.
3) Trattato di pittura, §
d.
F.,
—
212
—
—
mente, e poi nelle mani, e quelle
sono di tanta eccellenza, che in pari tempo generano
ima proporzionata armonia in un solo sguardo, qual
fanno le cose » *).
Questa potenza creatrice del pittore è quella divinità
dell'uomo che il platonismo additava nell'anima umana
onde esso insegnò a tutto il Rinascimento ad esaltare
di cui
la dignità e grandezza dell' uomo nel mondo,
anche Leonardo ha detto l'uomo modello. Leonardo,
che, con l'animo dell'artista il quale ha tutto nella sua
arte, vede nella pittura l'apice dell'umana eccellenza,
e nell'occhio, nel divino occhio mentale che scorre per
l'universo e lo idealizza, e si affisa nell'idea che è sua,
canta commosso questa potenza divina dell'uomo cen-
lo
prima
ha
nella
—
ha trovato gli elementi e loro
dezze delle stelle questo
il
le cose future mediante
prciire
fatto
questo ha
?ti
prospettiva.
e
l'architettura,
corso delle stelle questo
O ecc^
ques°o'fdfvina pi'ltura 1Q^^^li
Dio
da
create
sopra tutte l'altre cose
Quali
la tua nobiltà ?
possino
ch'esprimere
auelle
possaranno quelle, che appieno
;
;
I
;
tro e riassunto dell'universo e signore della natura: lo
canta nel Trattato della Pittura in una pagina che ricorda
anche nei particolari, la celebre canzone di Tommaso
Campanella in lode dell'uomo «re, epilogo, armonia,
213
6^-^
IjJ-fJ^^™
•
!
rpoH. quali^ingue
o^razione ?
ano descrivere la tua vera
corpo,
finestra dell'umano
del
specula e fruisce la bellezza
«Questo è
I
per la quale
mondo Per
l'anima
e
^ell uniano carcere
questo l'anima si contenta
e suo tormento.
carcere
umano
esso
sanza Questo
umana ha trovato il fuoco,
E 4r questo l' industria riacquista
quello, che prima h
l'occhio
quale
il
melante
coli agriQuesto ha ornato la natura
SJ^ro le tenebre.
coltura e dilettevoli giardini.
, ^i,
,
,^ e
o lungo
inn^o
in si alto
che bisogna eh' io m'estenda
si faccia
non
lui
per
che
cosa,
discorso ' Oual' è quella
o
ques j^
l'oriente all'occidente
Ei r^we li omin^ da
qu-to
in
^^P^.'^^^,^
E
navigazione.
ha Trovati la
naturah sono finiti, e op«^e
natura: che li semplici
mam, sono infinite come
alle
commanda
che l'occhio
d' infinite forme d afinzioni
nelle
«
.
Ma
;
cosa » *)
quanto la
« Tanto più vale la pittura che la poesia,
pittura serve a miglior senso e più nobile che la poesia.
La qual nobiltà è provata esser tripla alla nobiltà di
tre altri sensi, perchè è stato eletto di volere piuttosto
perdere l'udito e odorato e tatto, che '1 senso del
vedere perchè chi perde il vedere, perde la veduta e
bellezza dell'universo, e resta similitudine di un che
sia chiuso in vita in una sepoltura, nella quale abbia
moto e vita. Or non vedi, che l'occhio abbraccia la
fin d'ogni
:
;
bellezza di tutto il mondo ? EgH è capo dell'astrologia.
Egli fa la cosmografia. Esso tutte le umane arti consiglia e corregge muove l'omo a diverse parti del mondo.
Questo è principe delle matematiche. Le sue scienzie
sono certissime. Questo ha misurato l'altezze e gran-
,
^mostra
il
pittore
nll^'o^mr^^d^tltua^ingua
;
reggiatrice della natura.
;
»)
Ivi.
*)
Vedi sopra pag. 127,
§
13.
v.
62.
di
Leonardo é
il
nascimento a^qm-
penSero dell'uomo è l'uomo che
e /Ple'lf ^^amente
^a il senso profondo del suo valore,
di bel ez^
creatore
Leonardo
lo dimostra nello stesso
signo
scienza
moltephce
immortale e fondatore di una
riel
*)
28,
Trattato della pittura, §
f
^^^^^TZ^^T^^^ti .'"^ìi.,
5<«#4»..
%f
VI.
GALILEO
E IL
A
!
i
'.ViftP^
i
à£dL.£ì£3l
SUO PROBLEMA
SCIENTIFICO
..«MiMM..
I.
La
DaUa
prefazione al volume
e lettere
:
G.
Ga
1
i
1
e
i,
Frammenti
vita
suo^ritS
sia
deUa
storia de'
Galileo è tutta piena
de suo. |rgessi d^^edelle sue scoperte e
musicista e scm
valente
Vincenzio,
da
di
M Nacque
IQI?con note di G. Gentile, Livorno, Giusti,
^ XS
verebbe voluto.... «"e»^"^*
ordinario in
accortez^
Ma il
,"
ES^iSiJiza.o.
qualunque protessione e ^y
volendosi
Jovane", conoscendo la
povertà della
*
iS ?
^^^^^tSire
^
.)
.
alfa
Sl^f^tS rprSi^nelle
Tutti
i
documenti
lettere
«^en-^St^ntfnfvol.TxTé
Opere ed. ^^'^•,?.Pf"f^^f,^„Zii che fa parte
/nd»c.d^»«^^^^^^ seregesto
se ne può vedere il
dei voi. XX. s. (^,f!''Jf'^aediz r^^- delle Opere per cura
gesto biografico gaM'^''l°f^Ì'f' Barbera,
1907.
S^^bèra i9"7-
colti nelle sue
eli
•
i'
ili
Antonio Favaro,
^U
Firenze,
S?^)V!^Ks5SB{^feS^a -, -"^.r-i* fl!%.-tMi.^
^
^-^
i
—
— 218 —
11()
—
della quale si mostrò poi in ogni privato congresso, ne' circoli e nelle accademie riccamente adornato.
umane,
In questo tempo si diede ancora ad apprendere la lingua greca, della quale fece acquisto non mediocre *).
Nel '78 pare fosse nel monastero di Santa Maria di
Vallombrosa e vi stesse facendo il noviziato. Quivi certamente « udì i precetti della logica da un Padre Vallom-
II.
j>
.brosano;
ma
però que' termini
dialettici, le
a studio
Nel settembre 1581 Galileo era mandato
immatricolato tra
veniva
università
questa
in
a Pisa, e
non s avdi artisti (come chiama vansi gU scolari che
studi di medicina
viassero pel diritto) per attendere agh
farne un medipoiché il padre avrebbe desiderato
con gli studi di medicina gh convenne
tante defini-
zioni e distinzioni, la moltiplicità" delli scritti, l'ordine e
il progresso della dottrina, tutto riusciva tedioso, di
poco frutto e di minor satisfazione al suo esquisito intelletto»^). Ben si dilettava piuttosto di sonar il liuto,
su l'esempio e V insegnamento del padre ; e secondo ci
racconta il suo scolaro e biografo, dal quale andiamo
traendo questi ricordi, « pervenne a tanta eccellenza, che
più volte trovossi a gareggiare co' primi professori di
que' tempi in Firenze e in Pisa, essendo in tale strimiento
ricchissimo d' invenzione, e superando nella gentilezza
qual soavità
e grazia del toccarlo il medesimo padre
di maniera conservò sempre sino alli ultimi giorni ».
Molto anche dilettavasi del disegno, al quale mostrò
;
di possedere segnalata inclinazione, e nel quale andò
tanto innanzi, da acquistarsi pel suo gusto e perizia
autorità grande tra i pittori più famosi del suo tempo,
e il Cigoli, del quale è noto ^) quale stima facesse il Galilei,
« attribuiva in gran parte quanto operava di buono ahi
ottimi documenti del medesimo Galileo, e particolarmente pregiavasi di poter dire che nelle prospettive egli
solo gU era stato maestro»*).
;
Il
*^
\
co E insieme
congiunti della
imprendere quelli allora strettamente
scuole L.a
nelle
insegnavasi
filosofia peripatetica che
quella parte affatto
quale non comprendeva soltanto
tardi s intese
speculativa del sapere scientifico, che più
scienza pola
anche
ma
propriamente per la filosofia,
sotto il nome
compresa
andava
che
natura,
della
sitiva
primamente campo a
di fisica E qui il Galilei ebbe
ingegno. «Il
manifestare la Ubera originalità del suo
natura tu
dalla
«
biografo,
solito
il
dice
Galileo, che »
che
segreti
que
di
parte
eletto per disvelare al mondo
densissima
una
in
sepolti
restarono
secoh
tanti
già per
schiave del parer e
oscurità delle menti umane, fatte
secondo 1 condedi asserti d'un solo, non potè mai,
cieca ; conie
alla
così
preda
in
darsele
sueto degU altri,
pareva di
gh
non
Ubero,
che, essendo egU d' ingegno
a' soU detti e opmioni
assentire
facilmente
così
dover
vasi col
e moderni scrittori, mentre potè
delli antichi
appagar se medesimo
discorso e con sensate esperienze
naturali tu
conclusiom
delle
dispute
perciò nelle
ogni detto
d
difensori
sempre contrario alU più acerrimi
di spinto di
quelh
tra
nome
acquistandosi
aristotelico,
venta provocontraddizione, e in premio delle scoperte
E
*)
XIX,
'-')
3)
*)
V. ViviANi, Racconto
istor.
dilla vita di
601.
ViviANi, pag. 602.
V. i citati Frammenti, pag. 82.
ViviANi, pag. 602,
G.,
in Opere,
non potendo soffrire che da un
candosi l'odio loro
che per ancora, secondo un lor
e
giovanetto studente,
;
^- 2l0
detto volgare,
quelle dottrine
non avea
da
—
—
fatto
il
corso delle scienze,
imbevute, si può dir, con il latte
gli avesser ad esser con nuovi modi e con tanta evidenza rigettate e convinte » ^)
Studiava bensì nei testi Aristotele e Platone, e approfondiva da sé la cognizione diretta della scienza antica. Ma, insoddisfatto, ha vigile l'occhio a nuove osservazioni, portato fin d'allora a non cercare nei libri
la verità. È del 1583 la celebre osservazione suggeritalor
gU dalla vista di una lampada che oscillava nel Duomo,
onde scopre la legge dell' isocronismo delle oscillazioni
del pendolo. L'anno dopo si volge allo studio della geometria, nella quale e nella meccanica fa subito progressi
mirabili. Sicché ancora nel 1636 riprenderà e invierà
a un suo amico, perché siano stampate, le dimostrazioni di alcuni teoremi intorno al centro di gravità dei
solidi,
«trovate (dirà con visibile compiacenza) da
me essendo d'età di 22 anni, e di due anni di studio di
geometria, le quali é bene che non si perdino »*). Studia Archimede (1586), ed escogita «un nuovo modo
esattissimo di poter scoprire il furto di quell'orefice nella
corona d'oro di Jerone » inventando la bilancetta.
E quell'anno stesso tiene in Siena pubblico insegnamento
di matematica, che legge pure in privato così a Siena
come a Firenze. Nel 1578, va a Roma ed entra in relazione col gesuita Cristoforo Clavio, celebre matematico
del tempo ; e con altri matematici di varie parti della
Penisola conferisce le sue teorie sul centro di gravità,
onde si viene sempre più ampliando la sua riputazione.
Tra questi matematici,
marchese Guidobaldo del
il
Monte, di Pesaro, concepisce per lui grande stima e si
adopera presso i Medici, affinchè gli sia affidata la cat-
»)
O. e, pagg. 602-3.
Opere, XVI, 524.
—
tedra di Matematica vacante nello studio di Pisa. E
provvisione
gli fu infatti conferita nel luglio 1589, con la
annua
di
60 scudi.
III.
Dal novembre 1589 al '92, per un triennio, lesse
pertanto Matematica a Pisa, continuando i suoi studi,
con i vecchi inle sue osservazioni e i suoi contrasti
accademica
gravità
cui
la
tradizione
alla
;
ligi
segnanti
compiacevasi di pungere e deridere in capitoh bernela toga (i^gi)
schi, come qiuaio giuntoci Contro il portar
i professori dello Stuper
prammatica
di
era
poiché la toga
per stabilire
dio. Nel '90 inventa la cicloide, che gh serve
nello studio
Insiste
ponti.
dei
archi
agli
dare
da
forma
la
;
l'errore della dottrina aristote; scopre
che fa variare la velocità della caduta dei corpi secondo la gravità « dimostrando ciò con replicate espe
Pisa con l' inrienze, fatte dall'altezza del Campanile di
del
movimento
lica
:
tervento dogli altri lettori e filosofi e di tutta la scolacontro
resca » *). Commenta l'Almagesto di Tolomeo;
siano sorti i suoi primi dubbi ;
il quale non si sa quando
ma è certo che nel 1597 ^) poteva dire di avere abbracE forse
ciata già molti anni innanzi la opposta dottrina.
essere
ricordava
tardi
più
che
questioni,
delle
era una
collega ed
stato solito lietamente disputare col dotto
amico
di
Pisa,
il
signor Jacopo Mazzoni
Ma a Pisa non è sicuro
del triennio, e per
*)
*)
221
3)
3)
Vtviani,
0.
le
^).
d'essere confermato allo scadere
naturaU avversioni suscitategU contro
e, pag. 606.
Cfr. la lett. a Kepler, in Frammenti pag. 191.
Cfr. pag. 192 e n. I a pag. 191.
— 222 —
?«%
e
dalle sue novità scientifiche e dal suo spirito ribelle,
per esser forse caduto in disgrazia presso i padroni, a
causa di certo giudizio da lui liberamente espresso su
una macchina idraulica di don Giovanni de' Medici ;
ha bisogno, d'altra parte, di trovare un collocamento
più vantaggioso, poiché nel luglio de' 71 è morto il
padre, ed è rimasta a suo carico tutta la famiglia. Onde
Matematica nello
si studia di conseguire la cattedra di
Studio di Padova la quale gli viene assegnata il 26
settembre 1592 con lo stipendio di 180 fiorini e confermata per sei anni nel '99 con fiorini 320 e poi ancora
a
nel 1606 per ahri sei anni, portandosi lo stipendio
mille
con
vita,
a
nell'agosto
1609
infine
e
fiorini
;
520
si fa
fiorini. Giacché a Padova la grandezza di Galileo
ogni giorno più manifesta una grandezza di ingegno
singolarmente felice, che accoppia le più rare attitudini
speculative del matematico con la passione indagatrice
dell'osservatore il quale non osserva per altro col solo
estendere
fine di appagare la propria sete di sapere ed
delle forze della natura
i Hmiti del noto, ma per servirsi
onde la sua scienza non desta
ai fini della vita umana
e
;
;
;
:
;
;
soltanto l' interesse dei dotti, ma e dei principi e degli
inStati ; e non e' é scoperta sua che non dia luogo a
venzioni di strumenti utili alle arti della pace o della
movimento scientifico che fa capo a lui,
fecondi per la costituzione della moderna
più
com' é dei
scienza della natura, così è de' più benemeriti rispetto
a quella signoria dell'uomo sul mondo delle forze brute,
che Bacone in quel tempo assegnava come principale
guerra
;
e
il
sapere scientifico.
o in quel torno, scrive per uso degli scolari
un trattato di Fortificazioni ; e nel dicembre inventa
una macchina da alzar acqua, per cui il Senato Veneto
gU conferisce un privilegio. Insegna Euclide, Cosmogra-
ufficio al
Nel
'93,
Astronomia. Nel '97 perfeziona il Compasso geomeintorno
trico e mihtare, e stende per iscritto le istruzioni
airuso dello strumento. Comincia a scrivere in lettere
fia,
— 223 —
'.j/*!.
mentre
private in sostegno dell'opinione copernicana
pure ad argolegge agli scolari sull'Almagesto, Toglie
mento delle sue lezioni le Questioni meccaniche di Ariche entrestotele ; ma getta le basi di nuove dottrine,
delle
ranno a far parte dell'ultima sua opera. Dialoghi
l'armanuove scienze, che pubblicherà nel 1638. Studia
che contura della calamita e fa le prime esperienze
durranno all'invenzione del termometro. Nell'ottobre
per la prima volta la nuova stella del Ser;
;
1604 osserva
pubbliche lepentario e nel dicembre tiene su di essa tre
poderosamente una delle
zioni, in cui comincia a scuotere
legata ai
dottrine fondamentali della fisica [aristotelica,
della metafisica di quella scuola ed entrata,
;
principii
pensare comune, mercè la
si può dire, nel modo di
la dottrina
dottrine
quelle
di
straordinaria diffusione
:
dell' inalterabilità del cielo.
^
^
„
a
GranduNell'agosto del 1605 pr invito della
reca in
chessa madre Maria Cristina di Lorena, si
Medici
Toscana a insegnare al principe Cosimo de'
l'anno
e
militare
e
geometrico
l'uso del compasso
in sessanta esemplari, nella propna casa
;
dopo stampa,
di Padova, Le operazioni
del compasso geometrico e minell'eche dedica a quel principe. Di cui torna
ama legarsi di semstate ad essere ospite, e col quale
Capra, che già
pre più stretti rapporti. Un Baldassarre
nuova, aveva
contro le lezioni di Galileo sulla stella
Considerazione
scipita
quanto
un'insolente
pubblicato
fuori per
astronomica, tenta ora plagiarlo, mandando
circini cuiusdam proporle stampe un Usus et fabrica
le Operazioni del
tionis in cui riproduceva in latino
presso i RiforGalileo. Questi gl'intento un processo
dell opusoppressione
la
ottenne
e
studio,
dello
matori
sua
Difesa
una
egU
pubblicare
di
scolo, col permesso
Baldassar Capra micontro le calunnie et imposture di
Astronomica
usategli si nella Considerazione
lanese
(et assai più)
sopra' la nuova stella del MDCIII, come
nuovamente come sua invenzione la
nel pubblicare
litare,
;im^''^Sgp^-'^<-'^W^^-
— 225 —
224
fabrica
et gli
usi del
Compasso geometrico
e
militare
cipio del Rio de' Veneri,
nella laguna e nella città
(1607).
Nel 1608 continua a studiare lungamente
blema dell'armatura della calamita e nel 1609
;
il
pro-
è tutto
sue ricerche e dimostrazioni meccaniche ;
nel giugno & Venezia gli giunge notizia di uno
strumento che in Olanda era stato presentato al conte
Maurizio di Nassau, composto di due vetri dentro" un
tubo, onde' si sarebbero veduti gli oggetti lontani come
dentro
alle
quando
IV.
maggiori meraviglie son quelle che Gaa poco scoprirà nel cielo per mezzo di questo
cannocchiale. Lo drizzò egli subito alla Luna, e ne
Ma ben
fossero vicini. « Con questa sola relazione », racconta il
Viviani, «tornando subito il signor Galileo a Padova, si
pose a specularne la fabbrica, quale immediatamente
ritrovò la seguente notte: poiché il giorno appresso,
componendo lo strumento nel modo che se lo aveva
immaginato, non ostante la imperfezione de' vetri che
potè avere ne vidde l'effetto desiderato e subito ne
lileo indi
ineguale,
scorse, primo tra gli uomini, la superficie
con cavità e prominenze a guisa della Terra. Vide quindi
nebulose essere una congerie di stelle
ad occhio nudo per la loro immensa
distanza e la loro relativa piccolezza. Ed ecco il 7 gengirano
naio attorno al corpo di Giove tre satelliti che gh
la via lattea e le
fisse,
;
diede conto a Venezia a' suoi amici, e fabbricandosene altro di maggior bontà, sei giorni dopo lo portò
quivi, dove sopra le maggiori altezze della città fece
vedere e osservare gli oggetti in varie lontananze ai
primi senatori di quella Repubblica, con lor infinita
maraviglia»*). Ne lasciò memoria infatti il procuratore Antonio Friuli nella sua Cronaca, sotto il 21 agosto
1609
:
«
Andai
io in
Campami
di S.
Marco con
l'Ecc.te
Galiileo, e sig. Zaccaria Contarini.... a veder le meraviglie et effetti singolari del cannon di detto Galiicon il quale posto a un occhio e serando l'altro,
leo...
;
ciascheduno di noi vide distintamente, oltre Liza, Fusina e Marghera, ancora Chioza, Treviso e sino Conegliano, et il campaniel et cubbe con la facciata della
si discernivano
chiesa de Santa Giustina de Padova
quelli che entravano e uscivano di chiesa di San Giacomo di Muran si vedevano le persone a montar e dismontar de gondola al traghetto alla Colonna nel prin:
;
*)
con molti altri particolari
veramente ammirabiU» *).
O. e, pag. 609. Cfr. Frammenti pagg. 201-2,
indistinguibili
un quarto, sei giorni dopo. Con animo altamente commosso Galileo descrive in pochi giorni, in
intorno, e
breve storia di queste scoperte, che portavano
nel cielo nel cielo, quale si continuava ad
rivoluzione
la
inmiaginarlo secondo la fantastica costruzione aristotelica,
al
con la Terra in mezzo, centro dell'universo, intorno
cielo. Scrive
del
mobiU
stelle
le
tutte
muovano
quale si
mincius, pubblicato a Venezia il 12 marzo
il Sidereus
onore
1610, dedicandolo al Granduca Cosimo, e in
latino, la
:
I
i quatdella sua casa denominando « Pianeti medicei »
fatta
tro sateUiti gioviali. Nulla più dell'accoglienza
pure
espose
Galileo
materia
cui
(la
nuncius
al Sidereus
Padova)
in tre lezioni nella primavera, nello Studio di
da parte dei filosofi che insegnavano nelle università
può dimostrare la gravità del colpo che le sco-
italiane,
conperte galileiane arrecavano alla scienza ufficiale
*)
75
In Opere,
—
XIX,
387-
Giordano Bruno «
ti
pensièro del Rimaset'mtnU
'
~
fi
I
T-T -É'éM
I
.
— 226 —
—
227
—
buon Vi« Non mancarono già », dice il
e fra questi de'
viani, «de' così pervicaci e ostinati,
alludendo
constituiti in grado di pubblici lettori»
dei pensatori più
tuttavia
fu
che
Cremonini,
a Cesare
del
spregiudicati della fine del sec. XVI e del prmcipio
questa
alcune affermazioni di
Chiesa cattolica, che da
Senta temeva di vedere ^os^J^,.^'^^'^.}'ZZMedici*), alla cui om
matiche E gì' interessi di casa
poche molee che ebbe perciò dal S. Offizio non
altro in gran stima, i quali, te« tenuti per
mendo di commetter sacrilegio contro la deità del loro
osservazioni, né pur
Aristotele, non vollero cimentarsi alle
ni
una volta accostar l'occhio al teloscopio e vivendo
bestialissima ostinazione, vollero, più tosto
alla
temporanea
:
—
XVII,
stie
^),
di fronde
non avrebbero ^onsen ito
uomo
gand
del
energica
Curia una'difesa aperta ed
la hbera
taG^ileo
riparò,
l'avrebbe assunta
che l'onorava, quale forse
—
scopre la forma tricor5K>r.a
nell'ottobre comincia ad
e
Ai Saturno Nel settembre
intorno
Venere nel suo movimento
o servarle fasi
delle macchie soosservazioni
prime
indi fa le
"^'STugt^erOaÌaeo
I
;
questa lor
medesiche al loro maestro, usar infedeltà alla natura
ma» «h Erano quegh stessi, che ventisei anni prima
Giordano Bruno aveva nella Cena de le ceneri additati
copernicana
« Sono
tra gU oppositori della dottrina
temendo
pazzia
credula
qualche
per
che,
alcuni altri,
ostinatache per vedere non se ne guastino, vogliono
eh' hanno una
quello
di
tenebre
le
ne
perseverare
mente
al^k
:
malamente appreso» 3). Ma di tutte le oppodal plauso
sizioni Gahleo è largamente compensato
a Fitornare
può
e
Kepler
Giovanni
mandatogh da
aveva -desiderato
renze, ottenendo il posto che molto
di Pisa
ed ambito, quello di matematico dello Studio
filosofo
e
d'insegnamento)
(esente da ogni obbligo
celeste
e confermava
dahra
parte
U
marzo 1611 ^i /«ca ^ Rw
sistema copernicano. Nel
L vi
sue scoperte celesti.
delle
verità
la
r^r ^mostrare
?
volta
;
inalterabilità
.
^rande^^^^^
fin al giugno. <i-tando
cne 1
le novità annunziate,
per
interesse
vivo
Diù
TtraSl
il
del Granduca, con mille scudi annui.
5
V.
a Firenze
Sncei. Sicché può tornare
T>./MT
Paoli
nel
Firenze però doveva essergli pur troppo
nuova ^lenza,
conflitto destinato a scoppiare tra la
svolgendo, e la
liberamente
veniva
che per opera sua si
fatale
')
')
')
Vedi Frammenti pag. 209, n.
0. e, pagg. 610-11.
Opere ital., ed. Gentile,
I,
veder
lieto di
mm
rhe molti
cne
n
studi dedicò
.^
Aless.*.ndro
II prof.
del
alla' illustrazione
in chiara luce
messo
P^'^rd^umentì
docurnentin^
la
merito di avere con copiosi
pe^
toscano e specialmente
^„^„devoquali motivi ispirassero 'l^^J^rno
'1
I.
27.
:Ì
in opere. XI. .96.
SVt.^dfi f2°;r:g|io 16X..
— 229 —
— 228 —
da
lui
ac-
conosciute tutte le benemerenze scientifiche
erano poste le
quistate nell'esplorazione del cielo. Ma si
nposto
premesse di un dramma, che il destino di Gahleo,
avviato a
ormai
pensiero,
suo
del
stesso
indirizzo
nell'
qumdi
conclusioni, doveva di necessità svolgere
egli
opera
meditava un. grande
f^J^l^^Z^^
certe
fino alla catastrofe. Giacché, assodati
i
fatti,
di cui
il
egli era portato
telescopio gli aveva reso testimonianza,
a spiegarh e
dalla tendenza sistematica della sua mente
non poteva
inquadrarli in un sistema del mondo, che
onde
Tolomeo
di
e
Aristotele
più il sistema di
essere
;
copernicana,
veniva risospinto verso quella dottrina
voler per
non
di
Kepler
al
scrìtto
aveva
che nel 1597
praeceptorts noallora toccare, fortuna ipsius Copernici
se questa volta egli può contentarsi
stris perterritus.
presto dovrà
del riconoscimento delle sue scoperte,
condanna di
tornare a Roma, per cercare d' impedire la
netto
cui proibizione avrebbe troncato di
E
Copernico la
sua vita scientifica.
:
Ma
prima ancora che
controversia coi
Nell'estate dell'ii è avvolto in una
delle CoLodovico
da
capeggiati
Perìpatetici pisani,
della raiclombe circa i fenomeni della condensazione e
che gli avversari
fazioné, e sulla causa del galleggiare,
anzi che alla
attribuivano alla figura del galleggiante,
alla tavola del
gravità Di che avendo pure discorso
futuro
Granduca, presente il cardinale Maffeo Barbermi.
Cosimo di
papa Urbano Vili, il Galileo ebbe invito da
che 1^ quello
stendere su questo tema un Discorso ;
pubblicato
l'acqua,
su
in
alle cose che stanno
Intorno
primavera del '12. Pone quindi mano
stampate l'anno dopo dai Lincei
alle
sue lettere
col titolo
macchie solari e loro
Istoria e dimostrazioni intorno alle
tedesco Cristoforo
accidenti, in risposta al gesuita
indirizzato altretaveva
Scheiner, che allo stesso Welser
tabulo pseudonimo Apelles latenspost
al Welser,
tante lettere, sotto
mente gravitava
lam, contro la scoperta galileiana. La sua
intorno al quale
intorno al problema cosmografico
Granduca cne
neU'agosto 1610 aveva fatto sapere al
:
com« ^^^f^^
blicarrìente
Sparente tra essa e
reale
del contrasto
^ ^^^^
la questione
rappoiu tr
'^^'^'^^S^Tóopp
generale dei
la Bibbia, e in
pm e
porse uno de suoi
gliela
La occasione
er
appun^
quale
al
Castelli,
discepoli,
la
nella
VI.
^j^^^.
^^_
il
Jato
dalla GranduchessaJ-^^^^^^^^ .^^^
h
la ^^rmui
Gal leo. Il
tesse accordarsi con
si
che
Terra,
della
^^PffP'°fSecati Castelh del
con citaquale scris*. allora
^l^-^J^^^^^^Zv^.,.
poijarg
21 dicembre ioi3.
nella lettera a essa
ne^
testi
di
schiarimenti
zioni di Padri e
^^^
Madama Cristina de^ rigettare apertamente l'autorità
p
^
^^^^ ^
sia'stato il primo
trent'amii
della Scrittura i^^^^t^f.^^'uaSe^
quasi
^ quella
^he
^^.
sostanzialmente identica
^
StL
c^S^
il
^^^^
quanprima aveva sostenuta
st^ano^a^al Gahlei, .^^^^
"«J^^
credere sa
^.
tutto induce a
rror&Tno SreVJrtsul
i^
,
3)
pag. 212.
Cfr. Fram-'nenti,
roV come
ere-
105-24.
vidi i;--!-;;";iP^fee.'^czzo%^Ua sua'mtrod. al
"°
come ha
xxi-xxii.
Gaulei, Vxta
fopere
ed
pagg.'^Jc
ecc., f<ib6
voi.
—
230
—
—
a quella che più tardi propugnerà a difesa
della libertà della filosofia di fronte alla teologia, Benedetto Spinoza nel suo Trattato teologico-politico ^).
Tutti e tre questi pensatori distinguono il dominio della
vita pratica da quello della pura verità speculativa, e, assegnando alla religione il primo, riserbano il secondo alla
scienza. Distinguono analogamente una doppia rivelazione divina della verità una positiva e sovrannatue
rale, l'altra razionale e in via di continua formazione
la prima considerazione come fonte degli insegnamenti
l'altra,
destinati a indirizzare la condotta dell'uomo
radicalmente indipendente dalla prima, come la sor-
tico
*J,
e
fa se
non
non
231
—
riflettere la luce
che
si
riverbera nella
preme difendere ^^^'^ ^^^ffl^^^^^
ìlella
non
rel^osa^^^^^
tradizione scientifica e
mzione dei
la
è tanto
^f
^^^^^^^
'^t^^.:::T^^^^
:
^
.;^^^^-
IX^T^^^--- dottrina, che^n
;
\
;
^S'^n.'".
gente della libera ricerca scientifica. L'una, depositata
nei libri sacri, direttamente ispirati da Dio: l'altra,
matematiche,
delle sue leggi, consistenti
Uj^ak
appunto
mS'vo ad alcuna preoccupazione
né moxi
umano ne
'T umano,
^^^^_ ^g^.
secondo rapporti
dSiSa
P^'-^'^n'^iStoSt^
carneamente conce^^a^^d
^ ^
'"
matematici. Sicché la stessa
rappresentazione matematica della realtà conosciuta
per mezzo dell'esperienza sensibile non è il prodotto
d'un lavorìo soggettivo della mente, ma la fedele lettura
in determinati rapporti
tlo spinto
^^^^
cne boiu 1" H
inflitto coi dettati
conflitto
può entrare
non
che
^^.^^^
^ienza
scienza insomma Jim q
della teologia. La,
separandola dal saF^e
difende la libertà,
quantitativi
del hbro del mondo, in cui Dio volle scrivere, del pari
di
che nelle sacre scritture, il suo proprio pensiero
guisa che, come di fronte alla rivelazione sovrannaturale della religione, così nella stessa scienza che è il
;
più alto segno dell'umana grandezza, l'intelletto
^
f^^^.^^
qucM
^^^'^^^ro^qu^^^^^^^
diletto ai
tere speciale e il
per
scienza.
della Ubertà della
J^ognizione cne^
e
quanto
in
dalla teologia,
n
ha nessuna portaU pei
^^
della teologia, non
egli
^^^
come
umano o
;^ ?^f^tti
ziali dello spinto
e non 1 ha.
salute delle anime »,
P^^f^, ,
^o per
frutto della mente umana. La quale, pel Galilei, non
attinge dalla speculazione astratta de' propri principii
razionali la verità che è termine delle sue più legittime
aspirazioni ; ma dalla osservazione della natura sensibile e dalla interpe trazione, possibile solo per mezzo
delle
Ci^f^^i -r,J^'n™rf.:
pendere
deUa teologia, è
umano
m
,
naturalistica.
la scienza
VII.
proposito Fiorentino, pref. alle Opere latine
del Bruno, I, pag. xlvi; Spampanato, Quattro filosofi napolitani nel Carteggio di G., Portici, Della Torre, s. a., pagg. 9-36
e Vito Fazio Allmayer, G. G. Palermo. Sandron (1912)
(nella collezione: «I grandi pensatori»), pagg. 16, 30-3 1' 5^»
*)
Cfr. in
Ma C
;
58, 90.
*) Cfr. le
mie note
ai
afetto^^tural
è una scienza
PnefrSl£ non
.
Frammenti, pag. 112.
I..
-
Jf^
si
cjoè
-
separacapacitarono di questa
—
232
zione da lui fatta del mondo a cui guarda lo scienziato,
da quello a cui guarda l'uomo che pensa e deve pensare
alla salute dell'anima sua. Nella questione speciale da
cui sorgeva il conflitto, circa la stabilità o mobilità
della Terra, c'erano passi della Bibbia, che stavano per
ìa tesi oppugnata dalla nuova scienzia ; e ciò per comune e costante interpe trazione dei padri, dai quali
la pretesa dei
il Concino di Trento aveva dovuto, contro
Protestanti, prescrivere che non fosse lecito dipartirsi.
Né il movimento della Terra ponevasi come semplice
ipotesi d'un mondo matematico costruito dalla mente
secondo le leggi della coerenza geometrica, sì bene come
induzione della realtà di fatto che è una ben notabile
differenza. Giacché il matematico costruisce per suo
instituto mondi, che non appartengono alla realtà
esistente ; ma in questa non è possibile che ci sia un
particolare che non si leghi col resto dell'universo, e non
vi si ripercuota, e non abbia perciò la sua importanza
per gli interessi dello stesso spirito umano. Sicché la
:
non può disinteressarsi della definizione di quel
mondo, che non é più nel cervello dei matematici, ma
teologia
in quell'essere effettuale, cui appartiene pure l'uomo,
che essa mira ad ammaestrare ai fini morali della sua
GaUleo insisteva *), che la posizione
eterna salute.
E
copernicana non era un'ipotesi di matematico, ma la
dottrina d'un filosofo che definiva la reale costituzione
del mondo. E su questo terreno la scienza non poteva
non incontrarsi con la teologia, quaU che potessero essere
gH accorgimenti escogitati da Galileo per salvare la
alla
veridicità della Scrittura nei luoghi in cui si accenna
stabilità
della terra,
mettendosi sullo sdrucciolo delle
della
interpretrazioni non autorizzate dalla tradizione
scriveva
Chiesa. Merita di esser tenuto presente quel che
da Roma il I2 aprile I615 il maggior teologo che allora
*)
Cfr.
— 233 —
—
Frammenti, pag. 247.
Ucar^^^^^^^^^
avesselaCMesa Romana
carmelitano di ^a^J^^
opuscolo conciliati^
autore di un
copernicana con^ai^i
teoria
della
documento storco
lettera è ^^^
contro
massiccia tradizione,
^eHarnun
^.
^^^^^^
^^^^
^^^^^^
^.^^^j^^ ^.u^
al frate
P^^^^^^^^^^^^
^^^^^^
iq
4
Galilei.
gli sforzi del
^ ,
IO Dico che
IJ
mi pare c^e V r
5
"
^^^^^^ j^^.
^^
a content^^^^^^^^
sciano prudentemente
.positione e
non -^°
parlato
«auto che abbia
che a lerra s
supposto
« che.
tutte 1.
, si salvano
^
^en^^eg^
eccentrici
ed
^^^.
a>^„ico. Perchè
il^F^^
.^
dire
il
3^^^ 3,.^
^^^
^^^^o. e
epicicli
^1
j,
non ha
matematico
;
e ^ J^^^^.^^
pericolo nessuno
q^^^^^^^^e il Sole stia nel
volere
stesso senza
.{^a
rivolti in se
« solo .in
^^ ^^^^ ^^^^
«centro del mondo
a^l cK:adeiite
.^^^^^^ ^^ 5,1
.correre d^U'onente
con somma 1
e
^°
cielo
^^are tutti 1
nel
j
«
<.
^«e^^X i
gm
«
molto pe^^-^^S.rmallnco ^nuocere alla
teologi scolastia,
« filosofi e
g ^^^^e Sante perfede con "rendere tarato molti modi di esporre
« santa
ha bene d'i"°fT,^^° "^^atiin particolare ;
! che la P. V.
Scritture,
difficultà
e sinte
"--«';;; J^tf^;:^^^^^^^
:t co'sa
;
*f aws^'^Sìre^r;:
Sti
V
1-^^
^^^
^^^
--S^rcotScomelei-^^^^^^^
Scritture contra
Padii ; e se la P.
ae
il
c°^mu
^^^ ^^^
^^
Genesi.
J'^^-^^^^^ tro
J-^^^^^ri moderni sopra
commentanm
,.
il
«Santi Padri, mah
Salrm,
\ sopra U
^Pl^^^^^'t
e'S^e ad lUeram eh'
me^p
tutti convengono
^^^^ ^^^
, vara che
ij^orn
il
e gira
1
^.^^^ ^ ^^^
Sole è nel eie o,
la
la
^^-^
che
„
e
aocità,
consideri
immobile.
rtare che si
«centro del ^ondo,
«
«sua prudenza,
Terrae^^
se la ^^niesa
^^
y^
— ^35 —
— 234 —
dia alle Scritture un senso contrario alli Santi Padr
«e a tutti li espositori greci e latini. Né si può rispondere
« che questa non sia materia di fede
perchè, se non
d è materia di fede ^^ parte obiecti, è materia di fede ex
« parte dice^itis ; e così sarebbe eretico chi dicesse che
« Abramo non abbia avuti due figliuoli e Jacob dodici,
« come chi dicesse che Cristo non è nato
di Vergine,
« perchè l'uno e l'altro lo dice lo Spirito Santo per
«
;
che la nave
si
muove
e
non
il
lito
;
ma
quanto
al Sole
è che abbia bisogno di core la Terra, nessuno savio
esper-menta che
chiaramente
reggere l'errore, perchè
inganna quando
s'
non
l'occhio
la Terra sta ferma e che
non s mganna
anco
come
muove,
si
Sole
iriudica che il
muovano » ).
si
stelle
le
e
quando giudica che la Luna
bocca de* Profeti e Apostoli.
« 30 Dico che quando ci fusse vera dimostrazione che il
« sole stia nel centro del mondo e la Terra nel terzo cielo,
«e che il Sole non circonda la Terra, ma la Terra cir«
conda il Sole, allora bisogneria andar con molta considerazione in esplicare le Scritture che paiono contra« rie, e più tosto dire che non l' intendiamo, che dire
« che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò
« che ci sia tal dimostrazione, fin che non mi sia mostrata;
« né è r istesso dimostrare che supposto eh' il Sole stia
« nel centro e ]a Terra nel cielo, si salvino le apparenze,
« e dimostrare che in verità il Sole stia nel centro e la
« Terra nel cielo: perchè la prima dimostrazione credo che
« ci possa essere, ma dalla seconda ho grandissimo dubbio
«e in caso di dubbio non si dee lasciare la Scrittura
« Santa, esposta da' Santi Padri. Aggiungo che quello
« che scrisse
Oritur sol et occidit, et ad locum suum reavertitur etc... fu Salomone, il quale non solo parlò in« spirato da Dio, ma fu uomo sopra tutti gli altri èapien«tissimo nelle scienze umane e nella cognizione delle
«cose create, e tutta questa sapienza l'ebbe da Dio,
« onde non è verisimile che affermasse una cosa che fusse
« contraria alla verità dimostrata o che si potesse dimo« strare. E se mi dirà che Salomone parla secondo l'ap« parenza, parendo a noi eh' il Sole giri, mentre la Terra
« gira, come a chi si parte dal lito pare che il lito si parta
« dalla nave, risponderò che chi si parte del lito sa bene
« gli pare che il lito si parta da lui, nondimeno conosce
« questo
errore e lo corregge, vedendo chiaramente
Vili.
«
«
:
nostro
dal
dei due processi sofferti
^ora.^^^^
all' Inquisizione di
innanzi
^nsatore
grai^e
particolari, e qui basterà
ormai note in tutti i loro
processo, aperto su
primo
U
brevemente.
ricordarle
Lorini a propos, o
Niccolò
domenicano
denunzL del
Le vicende
febbraio
padre Castelh (7
della lettera del GaUlei al
segretissima, durante la quale
istruttoria
un'
161?)
Discorso
die. 1615), scrive il
Roma
doS
Galileo
?oSa '/
Treca a
(3
/^^^sso . reflusso del
cS^micana, poiché
gato col movimento
il
mare^^. schietta professarne
flusso e riflusso
manno
della Terra, e invano
vi è spiesi
adopera
Copernico non sia condam^^^^^
Iffinché la dottrina ^i
aue
24 febbraio 1616) delle
ti chiude con la censura
mov^^^^^^
^^del
pro^Soni della stabilità del fo^efebbraio) fatta per
26
J^Plla Terra e con l'ammonizione
da^
al Galilei che si astenga
Szzo dd^^^^^^^^^
impedisce a Galile
non
divieto
questo
Ma
nrofessarle
speculaziom intorno ai
in segreto le sue
sistemf del mondo. La
^--^^^^
una delle quali, nei
rSoiSre
-mp^a^
due'mS
comete,
fino al gennaio
^^o^dello Scorpione, rimase visibile
nell'agosto del '18 di tre
i)
In Opere
di Galileo.
XII, 171-2.
%'
—
— 236 —
successivo, illustrata dal gesuita di Roma p. Orazio
Grassi in una Disputatio astronomica nel senso aristotelico-tolemaico, lo trasse, anche per gì' incitamenti venutigli da varie parti, ad esporre il suo pensiero ; il che
fece per mezzo di un Discorso delle Comete, letto dal suo
fido scolaro Mario Guiducci all'Accademia Fiorentina,
e dato in luce nel giugno 1619. Fu il segno di una bat-
soltanto
ntondo è compiuta
taglia ingaggiata dai gesuiti contro il sospetto fiorentino.
GH si avventò contro il Grassi, sotto l'anagramma di
Lothario Sarsi nella Libra astronomica ac philosophica,
divertì da prima a postillare minutamente,
e poi a confutare nel celebre suo libro polemico // Saggiatore, pubblicato a Roma per cura de' Lincei nel 1623.
che
il
Galilei
237
—
il
21 febbraio 1632.
IX.
si
6 agosto sale al trono pontificio Maffeo Barberini, dal quale Galileo si teneva sicuro di essere benvoluto
assai, oltre che stimato. E spera subito di poterne ottenere migliori disposizioni pel sistema copernicano. Si
reca una quarta volta a Roma nell'aprile del '24, e vi
spende più di due mesi in colloqui con Cardinali e col
Pontefice per persuaderli dell'opportunità, anzi necessità per la Chiesa di cessare da ogni opposizione contro
una dottrina scientifica, che nei paesi riformati si diffondeva sempre più. Ma da Urbano Vili riceve bensì
buone parole, e medaglie, e « buona quantità di Agnus
Dei», e la promessa d'una pensione pel figlio, ma nulla
che modifichi la situazione giuridica creata dal precetto
del 1616. Galileo riprende il Dialogo, a cui già pensava
dagli anni di Padova, sui massimi sistemi, tolemaico e
copernicano ma tra minori studi e malattie e la naturale titubanza derivante dal divieto del S. Ofiìzio, procede in esso lentamente. Lo compie soltanto nel '30.
La prudenza usata nelle espressioni evitando di affermare
mai risolutamente la verità del sistema copernicano,
certe vaghe voci giuntegli da' suoi amici di Roma circa
suo
le intenzioni del Papa, la fiducia nel patrocinio del
Il
;
Granduca, a cui il Dialogo era dedicato, gli fecero sperare
di ottenere la facoltà di stamparlo, e di poterlo quindi
a sapere che
ria noU'aeosto Galileo viene
in
potere
suitfLSan:'- ogni
i
gè-
^^^^J-^t^,
''
""'^'''^o
esaminarlo.
s^tternwe F
II ^.V't'emb"
Il
?,3
p^
rzzo°SWisit^e
comparire non più
0*^'° ';^,Ì;Tmnella gran
^^gno del '33
o.?
il 22 giugi
processo, che si chiuderà
sopmm^^^^
Maria
\Santa
Lia dei Domemcam
che proibiva ilDta^^^^^^
lettura della st-ntenza
dall attranto v S
copermcana
della dottrina
ralc del S.
^tU
minacciato il
^^ -"gai
d'uomo.
co
ogm 'S^ienS
contro di cui si rwo"f
qual^^^,^.
tortumja
più che la mmae^^t-
Ma
della
di-
f
dr m^
offcS il^o^tro
sentimento
JaS
-^^ =^^^^
''?
nft'to
i)
Cfr.
P^.
cimento.
noichè%rvenne meno, nell'estremo
Frammenti pagg. 274 ®
**•
w
£
—
238
_
—
onde doveva restar colpita assai più l' istituzione che
condannava, anzi che la vittima che n'era colpita.
Giacché tutte le durezze con cui si vollero inesorabilmente travagliati gli anni estremi del Galilei, nulla poterono togliere a questo della sua grandezza e della
moderna meccanica
;
239
—
stendendo
ij^^ff lettera
^t^";:
^JJ^Jf^opra
scrivendo la
Oberazioni astronomiche ;
nel
Luna ; e commentando ed esaltando
il candore della
gli
con
carteggio
equente
^--j/^^.t^ik'urvto
tutta la sua vita.
quella scienza che era stata
tani,
tutta interiore, procuratagli dalla potenza del
suo genio ; ma quanti animi non alienarono dalla
Chiesa Romana ? Che se alla distanza di un secolo e più,
in cui lo spirito gahleiano venne celebrando i suoi trionfi,
faceva dalla Congregazione dell' Indice cancellare (i6
aprile 1757) il decreto quo prohibentur libri omnes dogioia,
centes
inunobilif aleni Solis et mobilitatem Tcrrae
*), essa
cancellare il senso di ripugnanza o di
diffidenza contro le sue decisioni e il sospetto entrato
negli animi, che a lei forse increscesse della luce che
non potè
la
XI.
pii^
mente umana vien facendo cgn
mosS
scienza,
Wranei
cTn
Egl
la scienza.
come fu rinnovata e pròsec. XVII, nessuno tra i
del
nella prima metà
il Galilei.
ebbe l' intuizione esatta come
quale
Della
filosofo, ma un
fu propriamente un
magche, a differenza dei nostri
^naturalista
e
Sco
Telesio, Bruno e CampaRinascenza,
della
riori fi^ofi
pensatori e scienziati che
nella e dei più celebrati
come Bacone, Descartes e Ke-
X.
matema-
Ton
aoroAo
rcS
moderna,
chiarissimamente, che una
per la prima volta
che si
deE natura si può costituire ae patto
si fermi nel
rigorosamente dalla metafìsica
cognizione diretta dei fatti,
Juo proprio carattere di
ma da considerare come già
produrre,
da
sono
che non
loro intrinseco essere e pro-
Xr
^de
£;^
Nelle lettere di Galileo è tutta la storia di quelle durezze, di tutti i dolori sofferti, fino alla cecità, onde fu
suggellata nel '37 la sconsolata solitudine degli ultimi
anni
;
avvenuta 1*8 gennaio 1642.
gran vecchio non fu fiaccato e le sue
e fino alla morte,
lo spirito del
tere ci attestano
;
come
Ma
let-
nel villino d'Arcetri, assegnatogli
la pena inflittagli del carcere
da ultimo a scontare
M
'
perpetuo, quello spirito vigilasse, tutto assorto ne' suoi
studi, portando a compimento i Dialoghi delle nuove
scienze, in cui tornava al soggetto delle prime ricerche
giovanili e gettava in un capolavoro i fondamenti della
S^rf
comSi
°ndecifrabili nel
soltanto, perqualitative
nelle loro differenze
loro proporziom qu^timisurabilinelle
e
constatabili
com'egh dice
di esperienza sensata,
Se
do
tLtlve
:
Odetto
di ragionamenti, perche
non argoE abile in virtù
che lo conosce, e
spirito
allo
r^ranoo anzi opposto
come um
ossia pensabile
adente i'nTè la sS legge
i criten di razionariferibili
S)no
non
Stfbruta, a cui
aziom delinterpetra
mi finalistica onde l'uomo sola realtàle ammessa dal
è la
che
natura,
4omo
verso cm piego sempre
e dal materiaUsmo,
:
qS
1)
Opere,
XIX,
419.
ma
naSusmo
—
nel secolo
XVIII
240
—
e nel seguente la
pura scienza della
natura.
Del valore di ima tale scienza, ossia del punto di
!
discuterà più tardi, quando si
vista che le è proprio,
riaffaccerà, in forma di gran lunga diversa, il problema
in cui si dibattè ai suoi tempi Galileo, dell' accordo di
questo sapere che non conosce i fini e i bisogni né le leggi
proprie della natura umana, e ne rende quindi imposcon la
sibili, non che la spiegazione, lo stesso concetto,
scienza che muove dalla intuizione di questa realtà
si
,
umana.
E
se
ne dimostrerà
il
Hmite. Ma, pur
nel
suo
limite, cotesta scienza gahleiana è una delle glorie
maggiori dell'età moderna, e una delle forme essenziali,
VII.
non la sola legittima, della nostra mentalità. E per
questo rispetto Galileo è uno dei maestri immortaU
sparsi in
i cui insegnamenti sono
dello spirito umano
tutte le osservazioni di carattere metodico e filosofico
che ricorrono qua e là in tutti i suoi scritti. Attraverso
della scienza si possono
i quali perciò i caratteri proprii
se
IL
:
CARATTERE DELL'UMANESIMO
E
DEL RINASCIMENTO
studiare nella schietta originalità della loro prima formulazione, definiti con la maggiore semplicità da uno
noscrittore che è dei più logici e insieme più lucidi della
stra letteratura, tanto serrato e organico nel pensiero
quanto limpido e trasparente nell'espressione.
I
;<5
-
Giorda'
Bruno
# il /insterò eitl Rinoicitnénio
W^lKii^*^^^
I.
è la Preparazione
V Umanesimo
I^nascim^"^%
Da un
di Roma
corso
nel
di
1918.
lezioni
—
tenuto
Inedito.
nella
Università
r inizio del
sotto lo stesso
nome,
o
f
jLi
are
gnare
se si vuol des Tn
wole
s^
tX^^^
dello
PY'^^PP".",./Rinascimento quel periodo
-minaa -n^^^^^^^^^^ ^]^.
europeo ocadentale^ che.
Sri ^o^^^^^^
SSco^-jJreS
pu
diagnosi dei sintomi
di assegnare
la
[^^^.^J
carattenzzaw
avvenimenti,
'^°'"°
e inaagaio
iLt" èTnCto
volume, dove
si
"12
a^nSf^ma^neSmo
^^fSa
che riguarda
^^
gPfSfsto^rico
^d rifioriie degli
rcSc'etS
ì^
filosofia
ma
con
Sconda metà
.
se
le
4
^^
u^^.
^onla
dalla
^^}'fJ^J^^''^Ìi^^^cil^^
letteratura Italiana ci^
la stessa
del sec
magari oscuramente
il
XIV -"^ pr^,^^^^^^
Fo^n^^ /^^^^^^^^^^^^
un Valla o ""
Petrarca, un Bruni,
o
^
Aretino, un lasso
un
Ariosto,
un
parte, e
un
^^ epoca
distingue
-"^^^.fp^enTro ^ ^^^,
l'orientamento generate de^^
e diverso u
mento propriamente detto
che
ognuno
e
nesimo
Ma
;
degli
studi
^^
d'eU'uomo nel
un
<ja
g
una
„o
.»tjflP!«t^#ié«(***«
I
—
dall'altra.
si
Cè
di
mezzo un mutamento
spirituale,
Il
che
^erme
245
—
Cristianesimo era stato
di vita proprio del
il
manifesta principalmente nell'estensione della sfera
d'interesse intellettuale e morale, per cui l'umanista
pare che si restringa tutto nello studio e nella celebrazione di quello è strettamente umano, nell' animo suo
stesso o nella memoria e nella tradizione, a cui egli
ama affacciarsi per ingrandire e rinvigorire lo stesso
suo animo laddove l'uomo del Rinascimento gira intorno lo sguardo fuori dell'uomo, e abbraccia con 1* intelletto la totalità del mondo a cui l'uomo appartiene
stesso, luà. 1^^
Vh?
S
f
Onindi un nuovo concetto
come intelletto, che
rf'^^^-ir,
nt'^ù tn?e7to
l!i%S"che
coi
il
mondo da -^cond.jona^^
;
e in cui gli tocca di vivere. Il punto di vista umano
diventa punto di vista naturale che è lo stesso punto
di vista di prima, ma ampliato, in guisa da ricompren:
dere nel suo orizzonte
la
natura.
che
aXoToUfalftnft/d!%u'eUo
verità come questa
ahro èTtuire una
con
nel^mo annunziò infatti
essa crea Ma
che il Cnstia-
la
ai
^"^^^"^"^J^^S^^
la venta stessa, e
oUrr^ ^ npnsare sistematicamente
SJun^.l
.
Je
raosofi» che
del suo vero,
.a
"«»
»»»",,
II.
d«.„»c.no
J^^S
perche
E'Srl
Per intendere questo allargarsi dell'orizzonte proprio
dell'Umanesimo, conviene rendersi conto con precisione
del significato dell' Umanesimo di fronte al pensiero
precedente, medievale. E poiché 1' Umanesimo è un
fatto della storia dell' Occidente di Europa, quivi è
pure da cercare la situazione spirituale, a cui gli Umanisti si oppongono. Essa può essere definita, nel secolo
XIII
e
XIV, quando
il
movimento
spirituale
e religioso culmina nei grandi sistemi scolastici, nella istituzione dei grandi Ordini mendicanti e dell' Inquisizione, e nella Divina Commedia,
come la cristallizzazione definitiva del pensiero cristiano
filosofico,
:
lasciando», slugg.re che
^SLtc*jS,st„o„.n
Le,
se „0„ per
!
m-
avrebbe più do™.^^^^^^^
'
«f«\ 'fJ'XTitS Sono
i
artistico
primitivo e l'arresto di quello sviluppo che, prendendo
di Paolo,
le mosse dalle intuizioni originarie di Gesù e
aveva dato luogo all'elaborazione teologica dei Padri
mediante
;S™rtellett..aBstico
le
foime del pensiero classico greco.
gimento della
filosofia
,al«^^"'i""f .PL^
'
^^a
bgica
la io|i
analitica e deduttiva è
logica aristoteUca,
e
pnncipu,
dei
cogmzione
la
del pensiero che presume
che
cio
cogmzione di tutto
implicita in essa la
-wyMa^'saBwpSir
—
246
— 247 —
—
zionalmente conoscibile e cosi non s'adatta se non a
una forma di verità, che sia precostituita di qua dal
processo del pensiero e sia quindi immediata, e perciò trascendente. E il platonismo, nuovo od antico,
che è poi il fondamento ultimo della logica aristotelica, era infatti la concezione della realtà come trascendente lo spirito, e quindi immediata. Ma realtà trascendente lo spirito, o realtà immediata, è natura. E
invero tutta la filosofia greca si esaurì nel naturalismo.
E la filosofia cristiana, se si sforzò di concepire la realtà
come spirito, e di portare la mediazione nel seno stesso
dell'Assoluto, in conclusione tornò alla trascendenza,
e non riuscì a superare il naturalismo greco poiché
ebbe consentito di porvisi a contatto, o d' incontrarsi
con esso sulla stessa \'ia per cui quello era incamminato.
La realtà trascende l'uomo, in quanto l'uomo è essere naturale, finito. Questa è la posizione platonica
e questa è pure la posizione cristiana medievale. Coesiste, certamente, con essa un elemento contradittorio. Poiché, prima di tutto, Dio (questa natura che ci
trascende) è spirito. Poi, se molti filosofi, la maggior
parte, quelU dell' indirizzo che finisce col prevalere,
dicono che Dio si conosce con l' intelletto, altri, che
;
;
;
riaccendono negh
della
w
re.
I
si
necessità di appellarsi all'amoPoi lo stesso Tommaso d'Aquino, che è dei più
proclamano
la
senza dubbio, il più genuino
rappresentante della sistematica cristiana, oppugna con
grande vigore la forma più caratteristica e più veramente platoneggiante della concezione della trascendenza, come s'era annidata nella dottrina averroistica
dell'intelletto (inteso come unico nella sua universalità oggettiva, e sottratto pertanto ad ogni intrinseco
nesso con la personahtà concreta dell'uomo) e in questa polemica mette in luce, quanto gh era consentito
dalla sua filosofia, l'immanenza innegabile del divino
rigidi
»
tempo in tempo la fiamma
oppongono a cotesta pagana
spiriti di
fede cristiana,
pretesa, e
intellettualisti
wwfet'g^g fj-**ai*KW»»*»
e,
ì\
nello
spirito
°;)
it'amt ^1
era
che
'^^.f
orientato verso ^^^^^^f ^"^
^eaUzza in noi, ed è perche
è Dio. è uno ^P'"to
n°.^'lJ stesso misticismo della
noi,
ciò, rispetto a
e del nostro Bo"f "^V^iJtorini,
dei
shmana
direzione
^^^^ „„.
Bagnorea non ce eora
Vi™.
^f
naventura da
cipio positivodeUareal
negativo di
di Diotrascendente q;?f
aspm
uà
gU
^-^^^^S
\""; ^
degli altri
f
^
^«^^"fJS to
stesso divenire
^nzicome
ey luo
sLzi
v^
.^
,
Tommaso
di
e
ttono l'averroismo
ar^^^^^^^^^
dell'atto
puro
de«no;^^^^^^^
verroismo u^^^^^^f„lnte e nel successivo la filoXIII cadente
venta nel seco o
^^^^^^ jj^^^^tro
forti,
sofia degli spinti
eh^^^fViV^^^stotelismo, e se. con
conseguenze
alle
negano la crea-
f<^etf™r„a[ura
denanatuwg^^^
dev'eternila
la dottrina
^^.^^.^^^
cosi daUeradici
zione. e spiantano
^^^
aeiw
v
realta assoluta
^^^^ ^^^^^
dell' infinità o
unico accres -no Je^^. ^^^.^^^^_
^^^
dell' intelletto
e a <i'"
epicurei di Dante
n'altra parte, il vo-
a fann^^^^^g^X
col corpo mor
di Duns beo
lontarismo .'"^sticizzante
vLima
iniCgS: defVre7runiversale,
matej^^^^^^^^^
pretto naturalismo
o
Ma, SI dica ^atoaUsmo
t sempre
fondamentale
zion«
;
I
in generale,
Ma lo sDirito,
" quello' spirito
^"deL?
"'
I9I3. pag- ^^^'
mette
^^
. anch'esse
^^.^^„_ ,
q
capo
,^^.
negazione
^^ncreta, che si
^^
)t.p»''^'^^mmfm^(m^-'-
—
248
—
—
l'uomo nella natura materiale,
da cui l'uomo è circon
""^^^^ ' ^' '' ^^" "'"^
":
ovvero
ow^ro^'d^Tà
ai là dalla coscienza
S
:
SI
"-
m
cui eeli si sente tal
quasi racchiuso, come
per l'eSreo che nl^i'
immortalità dell'anima sia c^e
qu?sta TndividuaUtà
neghi insieme con tutta
la natura
volta
;
finita,
lespenenza,
ne
la
realtà
Setto deN
trascendente tuttfh sfera
dell esperienza, la
conclusione è identica perciò
che r?
^^'^"^^ ' '' ^^'^^
^i
iS'rir aTtnt;
^^^"à- ^ quin^'i una potoiza e^m vlV°''^' '^ ^ ut "r^
^^ affermarsi e di
fronte alla
an^ natura
n^
T'^^' ^''°g"°
estenore,
da cui, se afferma se stesso
gh conviene pure distinguersi,
e di fronte a ogni realtà
che distingua da sé. Comunque,
in ambo i cafir indi
viduo perde di vista se
mide imo. la mopria ima
nita 1 proprio valore
o per affisarci in ?uest"
mònd^
naturale che non contiene
infatti nulla
umano s' intende la realtà spirituale di umano Te r^r
o Der affi<;fr.Hn
un mondo ultra naturale
p"
che' qu^ntunqu^defin
^
S'uomo
;
•
to
contiene nulla né della na^uTa
né dX'P"'''-? ^"'k"^"
nella Lsa'ia't'.''''
^^^«
'"
fi-
ff '
^'
^^"^'^^^^
i""^^S
"'!"^'
"°^' deU'uomo per ciò
ì\^^
natu^aL'dVcrfgn d^ve "a' |?ado""' ^-"^P^^"ger =.ttuare\hor£mtt:
l'i^a
che è
^*s#*»«f^"
II^Z^TS^
;
nentemente
;
concetto degU ordmi mendi Antistene, di cui
dicanti all'
ali anima del
opposto
più
niente si può concepire di
fede nella potenza
Cristianesimo. Giacché questo è
la conseguenza del a
creatrice dello spirito e queUo è
che allora toccherebbe la
sfiducia assoluta nello spirito,
ad ogni precima deUa perfezione quando rinunziasse
coscienza del
negativa
neUa
tesa di azione e si chiudesse
domenicani e degh stessi
dei
Inquisizione
L'
nulla.
suo
dommatico della
francescani è il corollario del concetto
individuo riceve, e non può
verità trascendente, che l'
a ricevere. Isegache ricevere, e deve perciò Umitarsi
e pere o
indmduahta.
deU'
zione anch'essa, pertanto,
del domma del^
logica
alla
conforme
dello spirito,
ultima analisi,
e, in
Chiesa come società autocratica
scende
verità, e però la legge,
rito s'adagia,
o riaccosta
ideale
Questo naturalismo medievale
che si concentra nella
"'"' '°™" ^^'^'-^' -llfform:
:'
dKt'é dellf 't
^*?'* concreta vita politica. Il seA
.
è
11
secolo di
Domenico
il
Budda o
di
;
teocratica, in cui
^
in
la
per l'allegoria
Uarte non si può giustificare se non
all'espressione del sentinon
servire
deve
quanto
:
l'
individualità dell'artista, ma alla rap«tessa venta che
presentazione attraente di quella
filosofia. Il poeta
forma il valore della rehgione e della
poi Pienamente
Convivio
secondo l' ideale dantesco del
il pm grande
veramente
è
che
Poema,
nel
incarnato
stesso teoesso
e
medievale,
dello spirito
III.
VTTT
XIII
—
lavoro e perconcezione negativa deUo spirito, che è
concreta indmduahta,
come
lavoro
è
ed
ricchezza
ciò
nella concretezza
forza che si spiega consapevolmente
che la fa nascere e emidei suoi rapporti. Lo spirito
ma la forma in cui questo spicristiano
mento, che é
rolr.
colo
249
Guzman e di
Francesco d'Assisi. La dottrina
della povera è una
di
monumento
dogmaHs
come ripeterà il Boccaccio: nullms
Cioè, la
Virgiho.
del
Giovanm
vorrà
expèrs, come lo
Sg^.
pSsia'non può attingere valore
se
non daUa fonte unica
da queUa
medievale
d'ogni valore all'occhio dell'uomo
realtà, che non è nello spirito ^^^^^•^'J'.J'']l^t^l
Spinto che solo è
di là da esso, in quello
operare
l'uomo; atto che
esso
in
e
mondo,
che crea il
:
•
atto
ma
at'to
«XMfcl'" '""'»»** '!"*' »»'
!
— 251 —
vffl'
V.'-
fa
nel mondo ogni germe di vita, e nelintelligenza ogni raggio di luce, di verità e
comunica, con
piovere
l'umana
di bene.
Certo,
Dante non
lui
;
ha
legge che egli
IV.
E
noi sentiamo battere il suo cuore, lì
e' è di più.
suo
è Dante con la sua forte personalità, nel nerbo del
individuale potente carattere. Ma non è al rilievo di
anzi a
questa sua individualità che mira il poeta
raccogliere dentro all'anima capace il cielo e la terra
:
:
ine insegnamenti di teologi e memorie di storici sono
dustriosamente adunate e chiamate al gran lavoro, che
tanto cresce di pregio agli occhi di Dante, quanto
in sé di verità imiversale ed eterna e di
più riflette
coscienza del genere umano. E se l'uomo moderno ammira l'alta fantasia che spiega a sé e trae nel suo volo
guarcosì vasta materia di pensiero e di fatti, solo
dando al vigore onde questa fantasia infonde la vita
animo
nelle sue creature, Dante protende tutto il suo
laboriosamente alla dottrina che s'asconde sotto il velame dei versi. Il suo interesse è lì. E se la sua fibra
lui non
è così robusta da reggere al peso enorme, a
quanto
cale tanto della libertà del suo movimento,
addosdi
compiace
si
che
soma
dell'ardua
piuttosto
ma poeta vate maestro di verità, che
che detta dentro assoggetta al
d'amore
il
seppe
bello stile di VirgiUo « il savio gentil che tutto
E appunto perchè l'arte trae il suo valore dal sapere,
ed essa che per sua natura è
la poesia è allegorica
sarsi.
Poeta
dolce
sì,
osserva perchè non
fatta.
ma
Dove
:
stile
Attorno a Dante, mentre
classica
;
più libera espressione, anzi celebrazione della libertà
neldello spirito nella sua individuaità, si sommerge
l'universalità di un sapere, che aU'uomo s'impone
la
dell'
pubbhcistica dotta diorigme dello Stato e
scute la dottrina
non vede altra possibile
tra imperialisti e curiaUsti,
la sorgente stessa d ogni
che
poUtica
fonte all'autorità
di Dio tumultua nel
trascendente
realtà la volontà
pullulante dallo sviluppo
nuova
vita
d'una
fervore
economico-sociali la stona
spontaneo delle reali forze
Comune
che Dante non intende. Ma il
del Comune
e non sa ancora
Evo,
Medio
del
limiti
i
supera
stesso non
forza pohtica che
concepire Stato o una qualunque
e l'effetto dell'attmta indivi:
sia
la
duale
Sori
manifestazione
individuo è il popolo contro i
corpoal di sopra del cittadino la
volere
l'individuo si spogha del suo
Al disopra
del contado
dell'
;
razione in cui
un interesse di classe
particoiare per essere assorbito in
economico e ancora al
meramente
valore
suo
nel
che
propriamente .Po«ti'^a. Quandojer
di qua della realtà
classi e fondare 1 unita
^^ncere l'antagonismo deUe
dal
coesione degl' interessi discordi
Stato nella
tranionU «
sorge la Signoria, il Medio Evo
della stona la potenza
luce
piena
nella
innanzi
si fa
non presuppone la
dell'individuo, come spirito che
dello
Smune
)>.
la
la
Comme-
è nell'allegorismo della
in quanto noi svestiamo il poema del suo
apparato allegorico, e di là dal simbolo andiamo incontro al suo animo \àbrante della passione sua, Dante
tempo, e di tutti i tempi^
si solleva al di sopra del suo
nell'eterno.
al pari di ogni poeta, per sublimarsi
dia
1'
legge,
ma
la crea.
e-
•„
„„„~
la Signoria, come
stato detto giustamente che
con a
armonicamente
compone
sforzo personale per
Stato in
gli elementi di uno
volere
proprio
del
forza
a un disegno, è tratpotenza organica corrispondente
personalità che campeggiano in
forti
queUe
da
tata
È
,
,
.
t^emi^^^mm
^
^-^i^vSfemm^
,
— 252 —
—
Dante a quello di Machiavelli come
un'opera d'arte *). E la caratteristica è più profonda
che non si sia pensato. Giacché veramente tutta la
politica italiana che mette capo praticamente a Cesare
Borgia, autore del maggior capolavoro di quell'arte di
fare lo Stato, e scientificamente a Niccolò Machiavelli,
autore del ritratto ideale più coerente, e, come tale,
più vero d'un principe capace di creare una tale opera
d'arte, è ima politica che si può definire estetica
nel senso stretto di questa parola
come estetico
è, in generale, il concetto della realtà umana che V Umanesimo afferma contro il naturalismo medievale. E
soltanto da questo punto di vista si può intendere
agevolmente perchè la civiltà itahana del Rinascimento
rifulse di luce sì viva in tutta Europa, mentre 1' Italia soggiaceva alla prepotenza straniera e s'avviava
rapidamente alla decadenza, con cui pagò l'alto onore
d'aver dato un così potente impulso a tutta la civiltà
moderna.
Italia dal secolo di
trad.
J.
it.,
BuRCKARDT, La
voi.
I,
parte
i*.
Civiltà
del Rinascimento in Italia,
253—
;
suo carattere. Onde accade che,
propone precisamente di compiere
agisce egualun lavoro d'arte, il suo carattere estetico
la sua volontà.
e
pensiero
suo
il
di
sé
informa
e
mente
tale sia un
Poiché non é da credere che l'artista come
hanno
semphce contemplatore inerte di sogni che non
siano
che
sogni,
mai
sono
ci
non
Già
realtà di sorta.
volgarmente si crede.
così fuori d'ogni realtà, come
quella sola
Anche il sogno ha, a suo modo, realtà
l'uomo \ava la
realtà che l'uomo reaUzzi, e in cui
mentale e il tono
anche quando non
al
si
m
:
E
non
personahta.
realtà spirituale della sua stessa
si hmiti alla
l'uomo
cui
in
spirituale,
e' è situazione
non e possibile
parte di semplice spettatore ; poiché
noi stessi instauda
l'opera
che
altro
contemplare
mai
attività lavorante
rata col vigore della nostra interna
L'artista,
sempre mai aUa costruzione del proprio mondo.
ossia una più
corpo,
dare
per
combatta
dunque, canti
del suo sogno, in
piena e viva e sana realtà al mondo
essere, ed è, anche
può
artista
però
e
opera
caso
ogni
medio, da cui 1 artista
in quella vita pratica che l'uomo
rihevo deUe sue attitudini
si distingue per il peculiar
di una più comestetiche, l'uomo che ha coscienza
alla quale 1 ammo
plessa vita che non sia quella entro
tende a ritirarsi e quasi a chiudersi, e in;
^k'
dell'artista
hi
^)
,
e il suo concetto
tutti i suoi sentimenti e le sue idee,
quale egh
del passato e il disegno del suo avvenire,
scienza
sua
La
promuove.
e
vagheggia
e
lo concepisce
fondere nel fuoco
o la sua filosofia diventa materia da
tutta la sua vita intenore condella sua fantasia
dà la nota fondafluisce e sbocca nella sua arte, che
;
Ma bisogna prima di tutto rendersi conto di quel
che sia propriamente l'atteggiamento estetico dello
spirito. L'arte non è im elemento, ma una forma, o
\m momento, della \ita spirituale. E come forma, non
coesiste con altre possibih forme, ma investe totalmente la vita dello spirito, in guisa da imprimere
il suo proprio sug-gello a tutta la personalità dell'uomo.
Il quale, se è artista, raccoglie e risolve nella sua arte
0*\mmf(mm<>?m^
ig0
contrappongono
sieme con quest'uomo medio il filosofo
poeta.
del
sogno
al
che senza una conIl filosofo, insieme con l'uomo
e sente la diffecezione sistematica della realtà vede
dalvita qual' é e la vita idealizzata
da
differisce
che
realta
ha l'occhio a una
come la
deU'artista perchè la contiene; così
renza tra
l'arte
quella
la
"•
.#
'
— 254 —
—
realtà della veglia contiene in sé quella del sogno. La
contiene, perchè l'artista non conosce se non ciò che
Amore o altro dio gli detta dentro conosce cioè solo
quel tanto della vita che egli sente immediatamente
vibrare nell'intimo dell'animo suo, e che si dice il
:
propriamente
suo sentimento, ed è
il
momento
in-
dividuale o soggettivo della vita dello spirito il momento dell'astratta individualità e soggettività, che si
oppone all'universalità del mondo oggettivamente pensato. Il filosofo, invece, guarda a questo termine obbiettivo verso il quale necessariamente gravita il soggetto,
e pel quale l' individuo si fa universale, e la Ubertà si
determina nella legge e nell'universale e nella legge
si spiega la storia, ossia la positività attuale dell' individuo e della Hbertà. Il filosofo pertanto riconosce
bensì che la realtà è spirito, e che spirito è libertà e
individualità ma questo spirito concepisce come storia ond'egli, cioè lo stesso spirito, realizzando la propria
individualità, la vien determinando in un pensiero che è
logica, scienza, catena o norma inderogabile del pensare ; e realizzando insieme la sua libertà, la attua come
legge che è realtà ferrea, da cui l'uomo non si può
staccare e ritrarre senza condannarsi all'arbitrario vano
conato di vivere fuor della vita, e quasi cercare se
stesso fuor di se stesso, (di quel se stesso, che è storia, e si dica natura, società, mondo, o come altrimenti si denomini). Il filosofo tien conto di quel momento religioso dello spirito, che l'artista si la:
;
:
;
scia sfuggire
E
poiché ciò
stessa libertà.
filosofeggia anche lui, a suo
quanto più essa
*)
Cfr.
i
e
Hberarsi dall' immediatezza
l'artista
possibile,
e cioè
non
attri-
si
universalizza,
non
s'afiìsa
se
non
immediata astratta perin un'oggettività anch'essa
la realtà del filosofo.
è
ciò dalla realtà storica, che
si può dire usando
estrania,
Si
artista.
è
egU
E perciò
mondo, e si ta
dal
sequestra
si
Uncuaggio comune,
il
ma un mondo suo,
anch'egli un mondo, in cui vive,
che non è altro
fantasia
sua
neUa
tutto suo, chiuso
astrattamente
posizione
che il suo pensiero, in questa
sì
:
individuale o immediata.
col mondo
Ecco che l'artista, perduto il contatto
egh stesso nel suo
che Umita la sua hbertà, assorto
hbertà infimta,
mondo, vi si sente in possesso di una
ostacoh, senza dolori, anzi
in cui può celebrare senza
natura esser lui,
con la gioia del creatore, la propria
e sottratto neUa
solo
perchè
dominatore irresistibile,
:
d^gni resistenza
sua infinita soUtudine alla possibihtà
deira^tista
hbertà
la
realtà,
In
e d'ogni contrasto.
^^^T
pensatore, poiché effettivaè maggiore di quella del
pensare. Non e
che
altro
fa
non
stesso
mente egU
del pensatore,
maggiore, se si guarda alla condizione
*).
pensare,
non è
modo,
tanto più potente
e
che l'artista riesca effettivamente a chiudersi dentro al suo astratto momento individualistico.
Ciò non è possibile, appunto perchè vivere spiritualmente è uscire da questo momento e universalize
—
astrattamente indivibuisce mero valore soggettivo e
con quello stesso
duale ai suoi fantasmi, ma li tratta
si volge ali oggetto ril'uomo
cui
con
religioso
spirito
ritrova innanzi
conosciuto come tale, aUa Realtà che si
finita personasua
deUa
potere
il
trascendente
come
cne
soggettività
altra
conoscendo
Utà Ma l'artista, non
che quello astratto,
quella immediata, né altro individuo
del soggetto e dell indivie non cogliendo la storicità
mediazione^ oggettiva U
sua
duo, onde, attraverso la
quanto più si oggettiva
soggetto
più
tanto
è
soggetto
è l' individualità dell' individuo
Non
zarsi,
255
della
da
cui l'artista
ama
distinguersi, dal
punto di vasta
ma
riconoscendo 1 oggetto,
dello stesso pensatore che,
realta piena
come l'oggetto che è suo, ossia la stessa
intorno
sorta
di
Umite
sente
non
sé,
e concreta del suo
miei Discorsi di reHgiofie,'FÌTeiìze, Vallecchi, 1920.
£
—
— 256 —
Tommaso d'Aquino, come
canto, suUo stesso piano, a
una magra figura. Nella
filosofi non possono che fare
dell'Umanesimo, conpadre
il
Petrarca,
il
che
polemica
averroisti e 1 dialetgU
contro
instancabilmente
-'V
I
Ma
che non riconosce
quest' intimità dell'oggetto storicamente determinato,
e vede perciò nella Realtà dello spirito religioso e
della filosofia una massiccia barriera destinata a fiaccare la forza spirituale dell' individuo, ritraendosi nel
suo mondo non sa d'altra possibile libertà oltre quella
che egli quivi si gode. E in verità di contro a quella
obiettiva Realtà, ove storicamente essa siasi configurata in forma di Realtà trascendente, e la filosofia
siasi ridotta a concepirla e a presentarla come toto
caelo opposta e remota dal naturale sviluppo dell'individuo nella spontanea affermazione ch'egli fa di sé,
finché non siasi trasformato questo concetto della
Realtà, la vita dello spirito non ha rifugio, dove possa
ritrovare la propria libertà, all' infuori dell'arte.
alla
sua libera potenza.
257—
l'artista
duce
letterato che non
ossia gU occamisti, si sente il
hngue di naturamale
quelle
torti
i
tutti
avevano poi
Eppure chi min
Usti veneti di trattare da ignorante.
tici,
aUo sviluppo
possibile
della filosofia e
aUe ragiom che resero
la filonella seconda metà del Quattrocento
Leone Ebreo,
Ficino, e poco stante queUa di
sofia del
alto valore speculativo,
e poi l'ardita negazione, di così
intuizione di Telesio,
nuova
di Pomponazzi, e poi la
senza di cui incontro alla scola-
di
Bruno
stica,
e
CampaneUa,
non sa.rebbe
che mai non scomparve daUe scuole,
mai sorta la
scere un alto
moderna, non può non riconoanche nella stona della fio-
filosofia
significato,
progresso dello
poeta di Laura, e metterlo "«1
di quegh spiriti
pure
non
sopra,
di
al
spirito
da lui canzonati nel De
forti che erano gh averroisti
ignorantia. ma alla stessa aquila
sofia, al
umano
sui ipsius et multorum
imniortale Tommaso.
delle Scuole, il grande e
dei filosofi e e la tiloOltre, insomma, la filosofia
sono filosofi di profesnon
che
filosofi
non
sofia dei
perchè non sono in grado di
VI.
:
non sono filosofi
del loro tempo che sia
istituire una critica dei sistemi
"on intendono ne pure
sistemi
stessi
all'altezza degU
professione. Ma hanno
di
dei filosofi
sione
Tali considerazioni
menti
storici,
al
ci
modo
spiegano come in certi moche in certe situazioni
stesso
particolari degl'individui,
;
la filosofia stessa sia arte, e
tutto
assuma
moderna, debba guardare
metà del Trecento e del
secolo seguente. Il Petrarca, Leonardo Bruni, lo stesso
Valla, e l'Alberti, e Leonardo e il Machiavelli, messi aclismo con cui
Umanismo
s'
linguaggio
un motivo
il
Ci spiegano perchè allora
all'
il
di questo linguaggioj e
filosofico, è un attegvalore
questo loro motivohagiàun
Petrarca ha un imriamento critico. El'atteggiamento del
ispiratore e
Petrarca
del
prim'ordine
di
storica
valore che è proprio della filosofia.
gU artisti riescono a condurre
la piiì efficace polemica contro i sistemi filosofici, e
determinano la crisi di una concezione speculativa del
mondo. Ci spiegano perchè chi vogUa intendere come mai
dalla Scolastica del sec. XIII si passi al naturalismo
del Rinascimento, e quindi all'empirismo e al raziona-
l'arte
:
di
non volerne sapere
portanza
dei giovam che
maestro della scuola umanistica fiorentina
promoveranno con 1 eche
e
Salutati,
al
intorno
stanno
Umanismo rinsempio e l' insegnamento lo slancio dell'
spinto itahano del
novatore di tutta la cultura e deUo
tracce deUo stesso
Quattrocento. Si volgano essi, sulle
si brama coardentemente
Petrarca, a Platone, che
:
inizia l'età
della seconda
r
If
— GitrdaM
Bruno t
il
fensitrt del RÌHìKCÌm'»t()
i
-258-
—
controaltare all'Arinoscere e volgarizzare per farne un
tradizione, o si volgano
deUa
e
scolastici
degli
stotele
in circolazione e si
a Lucrezio, che si discopre e mette
eloquente come
imita- vagheggino una prosa classica
quella di Quincome
piuttosto
arguta
o
Cicerone
quella di
studiare e illustrare gli
tiUano, e gareggino comunque a
che il Medio Evo aantichi scrittori di Grecia e di Roma,
da vicino; lo spiconosciuti
non
veva dimenticati o
contrapporre una scienza
rito che li anima è uno:
medienuova a quella che s'era formata nelle scuole
sostisenza
disfarsi
possibile
vali, e della quale non era
scoprire e additare
tuirvi una scienza superiore senza
non aveva
un nuovo mondo, che la dottrina tradizionale
un mondo hbero,
giudicato, poiché l'aveva ignorato
cui questo
aperto a una vita nuova dello spirito, in
e non ha
scopre,
chi
di
gioia
potesse avanzare con la
f
r
I-
•
—
questi studiosi di moversi Uberamente nello sconfinato
campo di un'indagine scevra d'ogni preoccupazione
estrinseca o pratica.
L'umanista, distaccandosi dallo spirito di quella che
per lui di\dene Età di mezzo, limita questa età e la chiude,
e celebra la rivendicazione dello spirito umano da quel
concetto del trascendente, in cui la stessa filosofia cricelebra la libertà del filosofare, a
stiana era caduta
cui lo spirito non vorrà più mai rinunziare ; e che sorge
col Valla come un modo di quella libertà generale
dello spirito che riafferma come può, immediatamente,
proprio valore di fronte alla scienza tradizionale,
il
e al suo trascendente. Si apparta da quella scienza,
:
non è, ben inlegami da rispettare. Il mondo nuovo
non
medievale
del
vecchio
più
era
che
teso, l'antico,
:
la cui ristauraè il 'classicismo pagano e precristiano,
progresso. E 1 antico
non
e
regresso
stato
sarebbe
zione
enma disseppellito, è questa nuova opera, quest culnuova
tusiasmo di indagine e di scoperta, questa
creando una
tura che si suscita dai vecchi codici,
invano avevano defilologia che i dottori delle scuole,
i loro testi
siderata (essi che nel Dugento per leggere
di ignoall'aiuto
ricorrere
dovuto
aristotelici avevan
e nella filologia, e per
ranti frati non ignari di greco)
vasta, che mai non
essa, una conoscenza nuova e più
arte e deldell'antica
dell'antico,
si fosse posseduta,
defiiiirlo quale
a
che
pensiero
quel
di
pensiero
l'antico
studiati diretfu in Platone e nello stesso Aristotele,
col sussitamente nel testo, e tradotti, e commentati
innovi
più
costringe
non
interpreti,
dio degli antichi
coi
antichi
studiosi al paragone degl' insegnamenti
di quel a
e non richiede lo studio
;
:
e vive nell'antico che ricrea nella sua intelligenza, nel
suo mondo, tanto diverso da quello in cui pure i suoi
coetanei vivono, e così remoto dalla Realtà storica, e
dal suo sapere assodato, dal suo domma e dalla sua
legge, che egli può spaziarvi senza incontrarvi giammai
ostacoli e limiti. Questa affermazione di sé come realtà
spirituale, come individualità e libertà, ancorché astratta, è una filosofia in quanto la filosofia non é altro
che l'affermazione della realtà universale e l'umanista, raccoghendosi e concentrandosi nel suo astratto
mondo, non conosce altra realtà fuori di questo, e
quella vita in cui pur gh tocca praticamente di vivere ha perduto ogni valore a' suoi occhi ; e, vi si conformi materialmente o ribelli, il suo spirito non è li, ma
in quel mondo che si agita nel cervello dell' umanista. La
;
sua congiura politica, come quella di Pomponio Leto, non
é propriamente un'azione politica, perchè non s'inserisce nella realtà storica contemporanea, ma è una costruzione letteraria dell'uomo che s'è fatto nell'animo
suo contemporaneo degli antichi romani *). La sua
cristiani,
irretita
grave e soffocante teologia, in cui s'era
insomma
permette
e
secoli
ultimi
degli
scienza
i
:
,- i'
:
dommi
«.
tu,
259
la
a
*)
;
giura
Cfr.
di
intorno
Pomponio
questo carattere letterario della con-
a
il
libro
dello
Zabughin, G. Pomponio
\.
— 260 —
stessa religione
non
— 361 —
da quel mondo della
lo fa uscire
sua immaginazione, in cui le memorie della felice ane Pier Paolo
tichità lo trasportano e trattengono
Boscoli, che ha cospirato contro i Medici per ardore
dell'antica libertà, quando il suo sogno s' infrange contro la dura realtà, e gli tocca di morire e, sul punto
estremo, è confortato da Luca della Robbia a riabbracciarsi alla fede de' suoi e del tempo, a quella religione da
cui lo aveva distolto l'ammirazione delle cose classiche,
sente l'abisso che separa il suo mondo, cioè il suo cuore
« Deh, Luca, cavatemi
d'artista dal mondo della storia
dalla testa Bruto, acciò eh' io faccia questo passo interamente cristiano »^).
:
:
!
VII.
m
quanto tale
Paganesimo ? No. L' Umanesimo,
senso del
nel
cristiano
non è pagano, e non è neppure
scettico ma ha
parere
può
che
spirito
Pastor E lo
ma e mdifferente
sua fede. Può parere indifferente,
e i timon della resperanze
le
credenze,
le
solo verso
eredita del passato.
che c'era attorno ad esso,
e certamente il deismo
deista
detto
anche
stato
È
dalla speculazione sincredi Campanella è preparato
e Cinquecento si abbanQuattro
tistica a cui i dotti del
considerazione tutte
comune
una
in
pareggiando
donano
volgesi con insaziaquali
alle
filosofie
Te fedT; tuttfle
piuttosto che con spinto
la
Sne
;
e Gentile, Storia della
I, Roma, 1909, lib. I, cap. 3
italiana (nella Storia dei generi letterari del VaUardi),
I, pagg. 209-12. Per tutto il concetto dell'umanesimo reggasi ivi il cap. 2 del lib. IL
poca fatica » gli risponde l'amico, « volendo
*) « Co testa è
voi morir cristiano. Senza che, voi sapete che coteste cose
de' Romani sono state non nudamente scritte, ma con arte
«
il Boscoli
cenando le fussino vere, che
accresciute »,
m' è ? Conciossia che non hanno il vero fine » {Narrazione del
caso di P. P. Boscoli e di A. Capponi pubbl. da F. Polidori,
in «Arch. stor. ital. », I (1842), pp. 289-90). Il Boscoli, dice
un
dotto giovane »
il narratore, era « speculativo ingegno,
umanista, insomma e quanto a religione « già era ito un falso
grido fuori, che e' non credeva » (pag. 298).
Altre parole rivelatrici del suo stato d'animo estraniatosi
dalla fede, di cui nel punto di morire sentiva il bisogno, sono
queste altre allo stesso amico « L' intelletto mio crede la fede,
ma e' me lo par forzare. E' parmi
e vuol morir cristiano
aver un cuor duro » (pag. 290). Il confessore, un frate di S. Marco, « gagliardamente lo confortava a sopportar la morte. AlPadre, non perdete tempo a cotesto
lora il Boscoli disse
perchè a questo mi bastano i filosofi aiutatemi pur eh' io faccia questa morte per amor di Cristo. Io vorre' ire intrepido alla morte, con tanta fede che affogassi il senso »
Leto,
filo',
E
E
:
;
;
:
;
:
—
:
curiosità intellettuale,
bile
J
vera e propria
religiosità.
Ma
1'
Umanesimo
FoWema
vamente riprende, come può, il
aveva piuttosto soppresso che
la filosofìa medievale
ispirazione cristiana della
risoluto torna aUa primitiva
e gettando la base
spirito
come
intendere
realtà d'a
;
k
stona m^^^^
tutta
concezione a cui si lavorerà in
sottra^
spinto
non
^
derna della libertà, senza di cui
stretta indmduasua
neUa
l'uomo,
altro,
non potendo
rappre^ntata
^ogo di quella realtà che s' è
det
Utà
al
nel libero mondo
rfscfudente^ e lo lancia
sarà mai per nconnon
realtà
f arte in cui cotesta
sua
suo concetto deU'uomo, della
trars^' Di qui l'alto
celebrazione
una
è
che
*)
potenza,
deUa sua
e il suo sigmfìcato
nuova per il suo accento storico
rappresenta senza
moderno
; e
pensiero
stSa del
del-
come
dStà
S
(pag. 301).
*)
^ÌBd»^(«3«»^'«*S»eS'
effetti-
cristiano, che
Cfr.
il
saggio
IV
di questo
volume.
\.
fi
— 162 —
—
i
dubbio un passo innanzi di grandissima importanza
verso quella interpetrazione spiritualistica del mondo,
teorica e pratica, che è la mira del Cristianesimo. Sicché, infine, questi umanisti increduli e derisori di frati
e cinicamente pronti a tutti gh accomodamenti con la
Chiesa, hanno più sostanza di fede dei loro avversari,
e sono, a dir vero, più profondamente e progressiva-
mente cristiani.
Con r Umanesimo
Italia a staccare
si comincia in
l'uomo dalla vita, e a trattare la vita, con tutto il suo
contenuto (rehgione, morale, politica), con quella in-
differenza che è proprio dello spirito estetico. Le grandi
passioni che avevano legato gli uomini medievah alla
loro fede e temprata la loro fibra nelle lotte religiose
e sociali o civiU decadono. Savonarola a Firenze sull'estremo Quattrocento è vox clamantis in deserto; e
il suo rogo e le triste parole dispregiative che getta sulla
sua memoria il maggiore pensatore del suo tcmpo,mistico al pari di lui, e già di lui caldo ammiratore, Marsilio Ficino*),sonola dimostrazione evidente dell'aperta
e stridente opposizione tra il suo pensiero di lui e quello
\n
ti
;
si
concepisce soltanto
) Vedi
stor.
d.
la
come creazione
di
una
forte in-
sua Apologia pubbl. dal Passerini nel Giom
Archivi
tose. t.
III.
pagg. 113-8.
—
,•
unità di forza
uni
v i r t ",
la ,rirtii
i«
i.
dividualità, mediante
P'^escmde
talento : virtù, che
e di
^^^^
da ogn
_
^
Ubertà individuale e
pria forza
da^J^jJ'^f^oT trasformata dal
naturale,
senza fede o
P«f
^^nza sCTupo
arma ."^^^^^^^'^^"poii,
;
^nsiero, onde
P^eglio con 1?
.
si
^
.
problema
propii
nei Votrio'd'stirÈ
con la sola fede
^^ ventura che
ca
poht
degh umanisti della
^^P^^^'^^tj^iscono ideal^h^
Stato o Pe-^tf
si fanno lo
e^ sentono di
si app
^^^^^ ^^
mente. Della virtù a ,^«1
il
n'ef
.
^^
in
quando
«
fortuna
»,
J^^S
^f
a cui
che è"J°
1 i"^R™'°
,„
vede: i;ig^°^,.^Ì^:^'d;rs
la"
\
rtù non prov-
lu^i là dalla sfera
l'intelligenza
muove con
fcoTiw: -^^^s^ss:^^^
eSer^nU
del tempo degH Umanisti. I quaU celebrano la potenza
dell'uomo, ma non dell'uomo che nella sua individuaHtà concentra e risolve la storia, sì dell'uomo che si
pone inmediatamente di fronte alla storia, quindi anche alla cosi detta natura, e si fa centro di un mondo
che sia quindi tutto da ricostruire.
Così accade che con questa indomita e ingenua
fede nel potere dell'uomo come astratto individuo,
anche la politica diventa un'arte estetica e il problema
dello Stato si configura come problema dell' individuo,
del principe, che crea o mantiene lo Stato. Il quale
263
•.•->-.
dall'umana virtù.
e soggiogata
Vili.
Il
U-nes^^'^S
l'arate. E
^'^:i\y^l^i:{,Ts^e^f>^o.
carattere sp
dell'
spirito
dominio, in cui lo
suo limite
suo
t^^^ione
a cui lo portava
comunali neUa^^^.^^^^^
liberta
de
sulle rovine
tr
rehgiosita medievale,
della robusta
costume indmduajistico,
^ s^^^^
il
^
^
e decadenza del
Jununoso
deggia e rifulge come ^ro
e per i suoi
per i suoi poeti
sì che il
tutto,
Tcercati Per
Ungua sono f^"?!*^^" ^,,*^"
nome
„^no
Sk'lirqSa'Srr
H"
.
^^^^.
'-"i7||'fi|Ai
^ ^
e la sua
yt^^^_
d
non s'accompagm
^rattere: e
si
formi
— 264 —
t»
1*
[il
I
—
quasi per tutto la convinzione che gli italiani sicno
meraviglia nel mondo dell' intelligenza, ma siano anche
« vituperio del mondo », al dire del Machiavelli *), perchè incapaci di battersi e far rispettare la loro terra,
loro vita, e i loro interessi. Essi infatti per rialzare l'uomo oppresso sotto la trascendenza antica, avevano dovuto chiudere l'animo al vecchio mondo, e
rifare in sé la fede dell'uomo in sé stesso, mediante
r intelligenza. Ave\'ano dovuto pe/ sé e per gli altri
alzare lo stendardo della libertà, per aprire e allenare
le menti a un concetto immanentistico della realtà
e
s'erano chiusi perciò nell'astratto regno del pensiero.
Senza questa autolimitazione iniziale del pensiero,
il mondo moderno che è il vero mondo cristiano, non
sarebbe mai nato. AU' Umanesimo (e al Rinascimento)
265
—
vecchia Chiesa, che essi
più ostiU alla Protesta che alla
passivamente accettavano.
la
:
italiano
contrappone fuori d' Italia la Riforma, che
non potè prender piede mai. La Riforma è
si
in Italia
liberazione dell' individuo dalla tirannia esterna della
Chiesa; è proclamazione anch'essa dell' infinito valore
dell' individuo, cui si restituisce il « privato esame »
della propria verità religiosa
ma l' individuo così posto anche dalla Riforma nella sua immediata e astratta
soggettività non è più coraggiosamente, \irilmente,
come dall' Umanesimo italiano, abbandonato alle sue
forze, al suo destino, alla necessità di farsi egli il mondo
che non può valere se non è il mondo che egli s'è fatto
anzi viene misticamente gittato in braccio a una Realtà
trascendente e in un nuovo fervore dell' intuizione agostiniana della grazia che sola può dare l'umanità all'uomo, la Riforma lo inchioda a un sentimento profondo di sfiducia nelle proprie forze, con la dottrina
de servo arbitrio. Nulla di più contrario all' individualismo italiano e niente può meglio spiegare perchè gli
umanisti, padri del futuro razionalismo, siano stati
sì
;
;
;
;
IX.
Rinasciil Naturalismo del
del a
concetto
dal
già
passò
mento. quando non si
al concetto di una realta
umana
realtà
come
realtà
ma quando lo stesso
diversa, concepita come natura
in un concetto più
concetto dell'uomo si trasfermò
vincere 1 antites
per
e
uomo
stesso
profondo delb
del
pure
1 antitesi
era
che
virtù e deUa fortuna,
L'
Umanesimo divenne
:
;
della
di
negarla,
..
si
per
dei due termedesimando l'uomo e la natura. Sicché
tutto natura, ma
bensì
fu
che
solo,
un
fece
mini se ne
non ha mente che venatura spirituale ed umana, che
Presocratici. E come prima luodei
natura
la
con
dere
Umanesimo,
astratta immediatezza, per 1
mo
nella sua
filosofia
universale, così la
era stato il tutto, la realtà
concepire ™manent,stidi
sforzò
si
del Rinascimento
chiuso, intelligibile
tutto
un
camente la natura, come
principia.
propria
iuxta
.)
,i;
La
platonica siye
^^^''^^ró
per io
''%7"f'''««'.f
amma
assicurare 1" immortalità dell
il .uale vuole^^^^^^^^^^^
Theotoitia
T^.r.vn vuole
stlò^J^f Jl^r
'^ f^m^eSo'd^U' U«aUir;
Arte della guerra,
lib.
VII.
Ma
vedi Appendice n. IV.
e
runo ^^-^a
f
non «««^ ^"«ft^
dFvino che è nell'uomo l'altro
<^'"''°;,^ehe
spicca «^«l
'
per affermarlo più risolutamente,
"°f timto,
fiiuto
dei sensi, del corpo, 1 uomo
è l'uomo dell'esperienza,
l'esperienza.
trascenda
da ogni realtà che
;
')
Pompo-
platonismo di Ficino e dell'aristotelismo
intorno al problema delnazzi >), moventisi entrambi
l'uno per affermarla e 1 altro
deU'anima,
immortalità
l'
mslargò il concetto deUa «virtù
^"°
—
'
266
— 167 —
—
La natura di Telesio, di Bruno e di Campanella non è
né avversa airuomo, come la natura del pessimismo cristiano o leopardiano, né inferiore all'uomo, come quella
del materialista: è una natura che ha in sé non solo il moto
e la vita, ma il senso e il pensiero e la virtù. Il « calore » telesiano attraverso lo sviluppo di tutta la natura è principio di tutte le forme della vita, fino alle più alte manifead eccezione di quelle onde l'uomo
stazioni umane
partecipa a una vita soprannaturale e nell'universale
catena degli esseri naturali l'uomo si ricongiunge agli
i
:
;
al loro livello, anzi
per innalzare gli altri esseri tutti fino a quella natura
che egU scopre in se stesso. Onde Bruno sollevandosi
al concetto dell'infinito, non la natura materiale, figu-
non per abbassarsi
:
rata e figurabile, che si spande nello spazio, intende
come infoiita, ma quella natura che è Uno, indivisibile e immoltiplicabile, tutta in tutto, identità di contrari, di massimo e di minimo, e che si sorprende infatti nel minimo, effettivamente semplice e impartibile,
dentro al pensiero dell'uomo col profondarsi della
mente in se stessa, come dice il Bruno *), come suo
centro e monade. E Campanella approfondisce anche
più questo concetto della interiorità propria della natuma
e quindi essere,
ra, che è perciò tutta posse,
essendo nosse e velie : il cui essere è notitia sui; ma
non semplice conoscenza passiva, anzi potenza effettiva e realizzatrice. Cioè appunto spirito. Non l'uomo
dunque si è fatto natura ma la natura, nel pensiero
dell'umanista esaltatore della divinità dell'uomo, é di-
E
che Campanella
della sua Città del
individuaUtà e nell'audace disegno
la potenza degh Spagnuoh,
sotto
cadere
dovesse
sole
la forza d'ammo. scampare
e a stento, con l'astuzia e
di prigione in prigione
dalla forca ma per trascinare
tumultuosa passione
di
vita
sua
la
J^ ventisett'anni
se a Roma
meraviglia
Qual
?
Tdi dolorante pensiero
suo zelo «.l^gi.oso e il suo
1
sospetto
in
avranno
poi
costringeranno lui già vecchio e
trionfato ateismo, e
andare (1634) a niorire
infermo a cambiare cielo e
era stato supphziato il
prima
anni
Frauda, dove 17
—
m
^^
di Campanella, come anin Francia il pensiero
continuatori anche più
troverà
che anello di Vanini.
filosofia italiana del Rinascimento
la
e
ItaUa
;
che in
;
ventata essa uomo^).
La natura è diventata uomo, e l'uomo così é cresciuto ai suoi propri occhi, e celebra con maggior pro-
')
Eroici furori, in Opere italiane, ed. Gentile, II, 413.
Cfr. su questo concetto il mio opuscolo
Telesio. Bari, Laterza, 1911, pagg. 75-7.
M™
darà l'abbrivo
fondità di sentimento e sicurezza di coscienza la prò-
»)
È
se Bruno finisce
concetto di un infimto, fuori
laria della sua filosofia
in cui dovrebbe pur vivere
storia,
la
dtì quale rimane
qua mera^^gha
ruomo che s'affisa in tale infinito
forte
con queUa fede ardente nella sua
gUa
'
—
—
—
—
esseri inferiori
Bruno. Nella
È
l'eroico furore di
pria infinità e divinità.
l'uomo del Rinasamento è lo
altro
per
infinità
stessa
sua
individualità ancora astratdeU'umanista
stesso uomo
storia e senza legge 11
ta e immediata, quindi senza
che è Stato
la legge
l'accetta
Bruno,
filosofo, come
ma non
pratica
necessità
;
una
come
ed è religione
che è la stessa
neU'uomo
mondo.
suo
nel
incontra
l'
costruisce, come Campanella,
infinita natura. Quando
esteneU'utopia, che è Stato concepito
il suo Stato cade
e la stes^
astratto
vista
;
di
punto
un
ticamente, da
in rehgione naturale, cne,
relieione eh si trasforma
Qual meraviS^essere^aturale, non è più religione.
la conclusione necessul rogo ?
--*
ì-
Bernardino
!
alla
moderna
filosofia
europea.
\
APPENDICE
ì
L
Il
concetto della virtù in Giovanni Fontano
(cfr.
I.
pag. 123 n.
2).
Virtutem virtutisque adiones gratuitas esse debere
Et quoniam habitus perfecta quaedam res est virtutumque
singulae sunt viriastar omnium, vel singuli potius habitus
ad finem usque
tutes iUud perpetuo quidem ab electione ipsa
ommsque
susceptae actionis lenendum est, ut electio, ut actio
animi contentio sit omnino gratuita, ut finis denique tantum
enim nihil, extra se
sit propter se ipsum expetitus. Virtus
quod sit, quaerit aliud, nihilque simulatum patitur aut fictum,
etiam aliunde arcessitum, astu vacua, a fraude aversa,
sui luris,
a preiio incorrupta, a fuco prorsus aliena. Ubera,
opibiisque etiam suis contenta.
De priidentia, II, 11, in J. J. Fontani. Opera omnia
aedibus Alsoluta oratione composita, Venetns, in
di, MDXVIII, part. I, pag. 176 b).
nihil
2.
Per virUiicm comparari
felicitafcfn.
Nam si consequendam ad felicitatem tribus omnino est
opus corporis, fortunae atque animi bonis, ad bona corporis
contendeiis
a natura data illud etiam adiunget ad virtutem
et quantum satis
vir ut externis quoque abundet commodis
comparandam
est'bonis Nam si daturus est operam actionibus
sine
ad virtutem necessariis et rebus etiam illis dabit oi->eram,
fcliquibus ncque virtutis comparari habitus potcst. ncque
contingi. Quocirca
citas ipsa, humanorumque studiorum meta,
quae ad iustitiam exersi futurus est iustus, habebit utique
\
— 272 —
\\
si liberalis. quae ad
necessaria sunt et rommoda
fortitudinem
si fortis, quae comparandam ad
liberalitatem
omnium
pertinent de reliquis ut taccamus virtutibus, quarum
cuncta
affatim
eadem est ratio. Quod cum ita sit, viitus ipsa
et undique coasumsibi sufficiet eritque eadem ipsa perfectus
cendam
;
matus finis, cui etiam nihil desit ad bene feliciterque vivendum. Praesertim ubi post civilium humanarumque actionum
defunctionem, tanquam tutissimum in portum dclatus. totujque
ad naturac rerum caelitumque contemplationem conversus,
conquiein hoc ipso por tu rerumque omnium tranquillitate
etiam. quae
verit. Ut non morales solum virtutes, verum
summa est divinaque iure etiam ipsa habendn mentis nostrae
,
virtus, illam fuerit
etiam consce ut us.
(II.
sic vaiia
permanct.
;
est, nascitur
•
mundus nunquam
perpetuo fluctuat. Sic
semper et moritur.
floridum quindefloreauditorèe. niliilestapudnosadeo
constans quincorruat; fluxa
adeo
decidal,
quin
"rande
adeo
.ìrit
feicsunt quibus lingimur, momentanea. i"f^^biUoritTouod
moritur. yuoa
mundus nunquam est, nascitur semper et
•
iVa
tandem
'"tantarumpermuat.onun.tan
ajfq^is homini coi^tituto
eventu. 4"asi mter pelag
vario^et turbulento et tumultuano
praecpites Pr°f
venlis et turbinibus agitati
>i^^' .'?""^„f^:,
nihU
agendum sit .petatur
Ritaiidum. quid eUgendum, quid
exlstimo quam si r|fe^a jetus
sfnctius res^ndeie^um posse
s
K
12. pag. 177 ^^-^)-
ipsum
bi
emm
Nosce te
iUud \pollineum monitum: «
humanum inter
q Ud e-sf. quo<l animum
'"g^^XuutYs
.
.
aii
"«^'
Lt%a^anSenuuror:rLi rts^^^^^^^^^
II.
^i non
n^scitTrùr it^T-ditus
omnibus «
quemadmodum
Il concetto
de
aliis
promptae.
"f
'^^
exstrin\d°Xn?vT'auae
quae exbiriii
retrahantve.
quoddam q"od '" ob-ctas
I^lrant^ul^ qu-i chrystallum
Tee
antiquus '11^^^°^^^"%^"'
aut
format,
quaslibet formas sese
abire poterat. Hoc vero
n eam uuam volebat tìguram faciUime
ipsam, vimiUamqua
rationem
et
quod,
mise""m^vXerI potest,
i.sque P^aep^let omms
disiungiti.r
atómalibSs
tornò a reliquis
ommsque
notitiae prorsus expertem
'^f™ "f '^^^^^ssiLm
ac .^e^.^*'^'
posterae ao furentis, et honestae
'=t?fterc^m
determmavit,
eandemque
constituit,
natura
et
"""^^^f'^^^,^"'"
esse, quam «ensu"m^arte
tionis imaginibus dopingondam
quamobrem nescio ego haec ^^f^.f ™P^?,°!"';So
penicillo
hoc scio Ci
dignitasne sit. an calamitas
;
;
;
:
:
tiae praerogativa
maximo
r
discrimine
^
hominem
:
ti
versari, «"^^
.'^'^'Ifiaeaue
leeis
hanc ipsam licentiam. =-f"l"f„,f ^j;|^*^„?ear^7icn^^^^
iu^cil-^ y^
Grave emm imminet atque
sciUcet^aepissime imanTtantrSas non bene vertat.
sequamur non s^us ac
ginem seii-sus depingant. quam si
^°"^tes) a inalo auqu
(diceret
aut
larva,
Inoxia quapiam
l»ctuosum atque^nex
nusenae
tristis
in
daemone duceremur.
proxime im
decidamus. Quam sane adeo
^roAnn rohilieat
;
r
^^
v^'^^f^.^'^X^'
Q^m vi
sint facultatcs ad omnia
r-riirrentes nuocunque ea trahant
n).
Mundus nunquam est. nascitur semper et moritur quod
quotidie
niiidem praestantissimi auditores. vel ea ipsa. in qua
sumus alternis coeli revolutionibus iterata temporum perflorum
mutatio potest declarare. Nunc campi et colles mira
suavitate ad
pictura exornantnr amoenissimaque odorum
graZephyri auram redolent fugiunt nitidissimis undis ^t
mina rivuli musicoque interrupti cursus murmurc veris illelusciniae. mcebras loquuntur volant hac illac inter frondes
ndent, delitns.
terque luscinias ludunt Amores omnia passim
Paulo post vero en forfesti vitate, venustate referta sunt.
mosus annus oraecipitat, fervent dies, torridus aer igncas trabcs
gravis
cometesque regnorum eversores undique prae se fert,
prata, sed
aestas accensis solibus desaevit sitiunt non solum
praeterlabente, vix
flumina, donec tandem, et ipsa ictu oculi
rigent
hiems
dives fructiium autumnus apparuit, ingruit
prò
omnia languent omnia, horrent omnia, habet campus
armatus glacie Boreas
flore nivem. ramus pruinam prò fronde,
sylvas perque
in nullos agros incursionem non facit, perque
conmontes nihil non dispeidit. devastat, depopulatur. Sic
nunquam
tinue mutat faciem natura, sic in eodem statu
taiUiim.
•
r
148
pag.
-Uis
Semina indita sunt si^l"
timus, sed multiplicis vitae
quae •*« ^^%\P^'^
bus eiusmodi e.W gerit insignitam,
dell'uomo in Cesare Cremonini.
(cfr.
rebus
-
rabilem Cocytum
')
,ì
Cfr. sopra pag.
- Giordano
Bruno
139Riuotcimento
e il pensiero del
— 274 —
— 275 —
minentem infelicitatem ut avertere valeamus, in nos ipsos
ex
inspiciamus, solliciteque admodura inspiciamus, oportet
huiuscemodi enim inspectione facile percipiemiis sensus extra
vagos et deerrantes non esse animae adiunctos, quasi illius
duces sint futuri, verum potius ceu exploratores et inter-
attinet ad rem cognoscendam semper
certos, sed interea pronos, qui iucunda rei perceptione nimis
atque ideo dignoscemus,
allecli' eidem pernitiose adhaeieant
non esse statim eam effigiem quam illi intus effinxerint actionc
a nobis imitandam, sed non prius quid agamus esse deliberandum, quam apud mentem rcginam causa dieta inspectaque sit, atque illius, quae sola rem totam versat, ex anteactisque dicit, ex instantibus iudicat, ex futuris praenuntiat,
decretum fuerit auditum, cum vis ea qua sentimus corpori
nuntios, quod quidem
;
adstricta ea lege ligetur, ut tantummodo censeat de eo quod
nunc adest, eodemque rapiatur, praeterita nonvideat, futura
non praesentiat.
Homo itaque, sic se ipsum contemplatus, hunc statum
a natura animae donatum esse accipiet, ut sensus extra
porrecti, quasi apud res quibuscum nobis, postquam mundani sumus, commercium necessario interccdit, legatione fungentes, nuntient solum imaginatio, veluti a secretis rationi
adiunc'ta.receptas nuntiationes fideliter ministret, regat tandem
ratio et deliberet. Quemadmodum autem in hac rerum universitate, si naturae ordo dispositioque perderetur, adeo ut
sol iste aureus e coelo caderet, in eiusque locum opaca terra
sufficeretur, prò concinnitate, in qua nitet mundus, tumultus
si nativa haec
statim fieret et inconcinnitas et confusio; ita,
compositio, qua vires animi quasi civitatem quandam rege et
subditis praecla rissime consti tutam natura ordina vit, evertatur
immuteturve ut ab effraena affectuum insolentia titillantibusve
blandimentis de solio mens deturbetur, substituaturque in eius
nihil aliud
vicem cupiditas, imprudens et ignarus auriga,
recte admonet Plato expectandum esse, quam ut animi currus
in aetheream sedem directus per devium iter, quasi pr rubos et rupes delatus praeceps ruat, homoque ipse, Dei simulachrum; in monstrum quoddam vel Thebana illa Spinge
monstrosius, miserrime evadat. Quod quidem praecipitium,
quamque deformitatem quomodo in nos ipsos rospicientes fa;
—
—
ingenitam
cile devitemus, audite. Cum hanc sibi a natura
constitutionem animus viderit, tìeri certe nequit quin ambitiosus quidam sensus in parte illius domina ratione mniirum latenter iasurgat, cuius regio factu ea repleta servile
iugum infamemque obtemperandi appetitionibus et subditis
.facultatibus notam non detrectet, sibique a natura tributum
regimen conservare non studeat, innatam iudicii vim, quam
aliorum animae facultatum notitiam imnon acuat, sceptroque superba
actionem ammo
quideii non suo praescriptam edicto
Dotens est
;
mutare
STunam
/
omnem
vincere, aviere, sedulo
I
quando
ipsum et nihil aliud veteres innuebant,
debere
ambitionem ultimum osse amictum, quem exuere
eandem enim esse /f^^^t^^^ maanimus praeciniebant
sane putandum est tanti partus
Ncque
asseverabant.
trem
est mams gloparentem eos dixisse ambitionem illam, quae
^'^'l^tud''
;
^impat|ens in
aucupatio, quae secundae sedis ubique
primas quaslibet audacia et tementate ^^^^1^^' ^"^^^^^^^^Z
lUud proferre non erubuit
saris petulantem sentcntiam, qm
r^olae
^
esse, quam Romae
malie se in infimo quoque loco primum
eff^aems praece^
secundum: rabidus animi morbus sollicita
reddit. ut si ea
demens quae hominem adeo laudis avidum
pueriliter laudet. Non
ab aliis non conferatur. ipse se ipsum
salubre dictamum non e
pullulat de nocentis cicutae semine
/°%^°''
e
agnus.
mansuetus
oritur
immani
licre
^^g^J. ^V}'^
Ambitionem praedicabant rationi
pluit sed imber effunditur.
solUcitata
cuius imperns ea
se itiam cognoscenti naturalem.
intr^suae dignitatis confines egregie se ^^^^^^^^^^ ^^^1^1^^/^^
vitani declmanao
sensualem
fueitaue obbrutescere velie in
turpiter custodiendo. Quae
aut in fruticem evadere vegetalia
compungetur, heu
autem ratio imperioso hoc stimulo non
sui ipsius
quam infeliciter, quoties ad se revertetur. horndo
Experientia in
^pectu deterrita se ipsam f^gere cogetur!
rcddere conpromptu est illud quidem populanbus ndiculos
q^od ^os vident
;
sapientia,
s^ue^t viros virtute^l^rfectos' et
congressibus libenter
am^Je sÒlitudines. in foro non versari, a
est argumentum etenim
praestantiae
vero
ipsum
Id
secedere
animum egregie concmnaverunt,
isti' qui ad naturae normam
hilares viyunt.
suamet pulchritudine delectati secum ipsis
rapiantur. Illi vero,
aejrreaue ferunt si ad exterioia ahquando
consortus anxii
Quf rat onem appetitionibus subiugavere, de amant popu um.
degunt
?unt infeliciter^^egunt cum soli
a se ipsis distrasemt^r student quo pacto extra se vivant,
mtus
haXr, de se ipsis Aon quaerant, non cogitent:
propnis pemagis vitant, quam ut sint
;
emm
m
prave depicti nihil
nequeunt non
netfaUbus quia turpitudinem, qua sordent,
quo natura vocabat
abhorrere' non moleste terre. Tanti est
non benejadivina illius iura pervertisse, se ipsos
non
custodivisse. Itaque aninon
cognovisse,
non
decuit
disse ut
introspxent.
mus 'ille qui suam antea conditionem oculate diUgenter per^-qua cóndmiitate a natura fuerit comj^situs
ut accidat dubio
^nderit quantum sui deformitatem odent! Quod
amplectetur
^rSc^ est necessarium, tantum honestos habitus
S.
m
— 277 -
— 276 —
Il
il
Quare ad instituendam viitutc vitam Apollinis orarulum conducit, coque ipso philosophiam, quae mores for
mat homini, demandatam f uisse iure optimo antea censuimus. Non miniis vero eodem monito aliam philosophiae par-
tur.
esse
tem, quae in conte mplatione posita
precedere
incumbat
se^^donatu^^
^iumque intellectu o^^^
;
qui
intelliget.
potest,
^^^^^^„,^^f^,,fJ.''^^'Ì^rvadere
coagmen^^^^^^^^
terras, inier lui
universam rerum
trare
praecepit Deus. Hominem parvum esse mundum nedum apud sapientes receptum
passim in ore
est, sed iam est adeo tritum et pervulgatum, ut
omnium versari audiatur. Conftcitur mundus duplici rerum
incolae
serie: alterae sunt invisibiles et immortales formae,
supercoelestis illius ree;ionis, quae nullis obnoxia mutationibus nec ventos timet furentes. nec grandinem segetes demetentem. nec cadentia fulgura, nec hyemis horrores, nec aestalaetitiae, si
tis ardores, sed vere viret perpetuo, omnisque
poetice eam licet depingere. pienissima est. Ibi immortale
odorata, sulilium, ibi viola semper florens, ibi rosa semper
dant mella ilices, currunt rivuli nectare. fertiles sunt campi
ambrosia. Alterae vero bis succedunt, oculis respiciendae vain uno syderum
riae, et mutabiles. Videte coelestes orbes
aspectu nunquam constantes, semper revolutos, semper eunaerem perpendite nunc serenum, nunc
tes, semper redeuntes
nube obductum, paulo post pluvium, et tonantem terram
contemplamini magnas illas vices prius a nobis enarratas
et
continue iterantem. animantibus refeitam, divitem auro
aeris eiusdem termetallis, lapidibus asperam et pretiosam
raeque et aliorum, quae elementa nuncupamus, bellum calons
Ex bisce reet frigoris armis semper renovatum considerate.
ea.rum generibus, non aliis, non pluribus constat mundus,fabridemque propemodum constitutione Natura hominem
permanente
cata est. Is quidem mente in se ipsa stabili et
idem
Deum summum a se ipso neque agendo, quomam lUudipsum
operatur, recedentem, divinasque prope
est quod
quas Philosophi vocant substantias felicissime aemulatiu"
similitudinem
ratione hinc inde discurrente circumvoluti coeli
stirpium
sensione, vegetationequc ad animalium et
est,
mana,
et
.
in coelum -•.
«-^fX^/uum
mhil habet '"vium
j^
•
•
se
^irhir inaccessum
„un(jum proficiscens. nec
:
muMum^P
scilicet
^^um
'
>
recipere,
per
inquisitione extra se Vroducta
constructionem
leriam
negotio
mvllto quidem
quo
pene-
admirab.h P^g^'t"'°.^^f^";^ui-
^^^^.^^^
fabulosus
j^^
contiiiue exuat
qui nullo
<;°l°[f^,'^°"^^3p:''f„a V^r^^^^^^ «xcitata
aUas °^^^^
aliquas. continue induat
^"^ ;.
i^ p^aestet
res "^^''"^^ Pf°?"^h
semin.bus
èùnimis
e
j^eonem homo,
auro quercus, quid leo
conn^ctatitu^
^maleon.
-
q^^^^^^^^^if*^iS
quo indissolubili et v^^ff^^"
rèponatur, ab imisque
naturaUa omnia, ut forma '"^"^ '"""f.^.n^^tur.
ascenaati^^ Tandem vero
gradus
^oncinnos
ad summas per
^^Zl
visibilis
huius
S! S^
Ofbis
°rdine
^?'a sfSblan'za^
-n^ suVa^^n^s
in
Deum
animae vires^regma^^^^^
;
;
;
;
gerit
•
corporata membrorum mole compositorum
qualitatum temperamento exprimit pnvultum imitatur
morum corporum proprietates. Sicque illa omnia, quae munconclusa
dus habet, quasi epilogo, ut loquuntur, in homine
effigiem se habet
;
;
fuisse
animadvertimus; eaque de causa eundem paruum munvia re nominamus. Quapropter dum ipse se ipsum
quin
intus alia continet, fieri prorsus nequit
dum non
det
aeternitas,
eum
ortum, qui nec
sed idem semper
t
e?it se^ex.
^""tf^'^.'^'^.^/adol^^^^^^^^^^
'"'*
^^4ctus et ineffabilis vitam vi^Z^""'
et perlecti^^ei
extitit
^.^^^
^^_
vens in sui 'P«}"^
supra humamoao. nufàùter^^^^
'«J^^'^^X
nullo
'^
tiri, sed metiri
auam a se ipso
nemj»
g"!'*;""^'
ea
nititem collocatus,
3%"^! est imago,
^f
inchoaverit in Deum profectus, f * r}!""*^; ^delectabitur
QuedetóctaD^
laetabitur
y^^_^
qujescet,
Deo ipsi coniunctus
conforn^^^
™orum
bo"a
de
madmodum itaque
templorum.
om
^v^
htter^s aureis pe^
Apollo epigrammate Ilio
palatiorum vestibula, per °'™^!' "".j '
simiuter admonuit,
^dmonuerat, ^e
quae tota
qu pSToso^Tik^
.^^^^^m^ qui
f
^^'«^f
nos sf^i^us,
neque male antea
pronuntiato
Ì^j
posita est
^^^^"^ P'^i^^^
se
in actione et contemplatione
"'' '^ '
homini iniunctam fuisse P^^^Pf/J^^^^^^^^^^
esse...
philosophum
est
ipsum cognoscere, quanti
„
.
.
.
^
,,
.•
•
/-»,7CAT?T«;
rRFMONiNi Centcnsis Lec'
postquam
quarum siad 'r4 illas de vera earum facie internoscendas,
mulachra in se ipso, velut in quoddam speculo adumbrata
cunosus, et
perspexerit, ut et interim de se ipso certior fiat,
inflammefervidus, sed providus valde, et prudens excitetur,
tZrMD.XCI.
typ. Benedicti
quo
is
^^V»"'"
/"^ " pt^S
MammarclU, 1591
(<"
pagg. 24 »"
e"
°l-
278
—
— 279 —
instructo et culto
|ion ornatus
lìl.
Il concetto della
fortuna
in
ei
o^^^^^ '^ÌTJÌ^L^':''^^^^
^^^^it
^^^.^^f^i'^i/^itToDia instrumentumque
Giovanni Fontano
1^
exerccri nequeant....
(cfr.
pag. 152
n.).
^Dc fortuna. Ub.
I.
Quantum bona fortuna
conferai ad felicitatem.
;
iurisdictionem adscribant, nec felicitatem sine extcrnis bonis reantur posse uUo modo aut perfìci
aut consistere. Quando inventi etiam sunt, qui cxistimaverint,
bonam fortunam ipsam esse felicitatem, et bene fortunati
qui essent, eosdem quoque felices. Cum igitur ad civilem
constituendam felicitatem magnificandamque ad eam pluribus
simul opus sit, praecipue vero divitiis, clientelis, opibus, amicitiis, magistratibus, atque haec ipsa in externorum habeantur
bonorum numero (nam inglorii qui sint, huiusmodi bonis vacui, abiecti ipsi ac sordescentes, quonam modo felices eos vocaveris ?), quis non videat vel potissimum felicitatis ornatum
decusque illud populare atque in exteriore positum expectatione, ad fortunam, quae illorum domina et dispensatrix sit,
illaque moderetur prò arbitrio, referenda ? Nam quae, obsecro.
futura est felici tas, si absque liberis, cognatis, amicis, clientibus, honoribus, dignitatibus, si in summa paupertate rerumque omnium coastituatur inopia, et in patria maxime
ignobilis atque abiecta, si denique et culinarii ipsa sibi instruat
et patinam atque ollas eluat ? Iure igitur plurimum ad perficiendam exornandamqne felicitatem ac merito, in quam, plurimum fortunae tribuitur. Nam etsi vera perfectaque commendatio ab animo est, honestisque^ab actionibus ac virtutibus, perindc ut laus arboris a fiuctu maxime est ac fruge,
exornatur tamen arbor ipsa fructusque eius praecipue a frondibus ac ramis, qui ncque ad aestu neque ab aliis aeris iniuriis
tutus esse potest absque frondium beneficio ac ramolorum
nihilo tamen minus felicitatis ipsius ornatus et tanquam condimentum exsistit a bonis foitunae atqr.e externis. Usiique
veniet homini felici, id est plurimis ac maxiniis virtutibus
rerum externarum
26. pagg. 275 ^^-276
Fortunam ac rationem inviccm
2.
Itaqiie maxiird etiam philosophi de bona fortuna seri psere,
et quid et qualis ea esset commenti sunt nec iniuria, quippe
quam vel plurimum conferre ad felicitatem arbitrentiu-, e um
I, e.
^^)-
adversari.
.-i^^^
no^eni^^^^^^^
Bonorum. a-tejn externorum u^-a^
non esse
declarat ea luns nostri
cui et Consilia
r-itioni
ei
ab eadem ipsa rationales
ipsi dicimur.
(I.
27,
pag. 276
^0-
dicunmutqmdem
Quamobrem q>ue fortunae
cum humani minime '^"^t
.^a ^hil pro«"S cum
^^J^'^òrtu^
fó^una i^a
^^1^^^^„^ y^^.
tutem reforenJa, s. qiudem
aut
commune
ratione
^l'9"^^f'"^^(i^X
virtus habeat cum
quid est quoa non vuu
vero
contrario
hot E
cognatum ?
Stione consentieas atque
(I,
3.
Quae
sint
28, pag.
276
«-'')•
iurisdidione
hominis bona, alquc in eius
posita.
nostra quae
Utque semel terminemus
sint
t^iu^st^aque
^^'r^^
in po^state P-ita^^^^^^^mnost^ ^^.
bona
externa atque fortuita "^"^ ."|J,".„nsemus
quidem ^e^emus nostra esse
potestati subiecta; SIC
^^^^
ammi tintura suirtqu^^qire
buaecumque
;
'^^''''l
hominum,
r2S a^ue'SonfseTundU
^rolcrsc^nnrcum'
ceTera
.ectam rationem
quidem fortunae dicantur.
—
4.
civilem
Fclicitatem
non
2
—
8r)
ahsque honis exiemis
perfectam
281
—
ratione prudentioribusqiie
jrflicta
,,,v„v ac
ar fel
età rai
j^^j^^tur aliam,
et statim dimoveantur,
cons.his viam 1 g
a
taue,
admonitionibasque
i^ntesque
(
esse.
minime ^«^t'^^'-^lL^^'^rT
lerat iSnrauf ilUs impetus
Jucót ratione relieta impeouod
'a^von
acTavori
ac
*"^"':?'o
Hus
eV
est
ilUs
q
praesidio
ipsa naturae simul
«""' ^
viaeatur similitiido
ut
secuti,
smt
tum
conditionem, ab
eos conciliare, appajeantqu.^, Pf"?*" ,'JfJ^\''°atione diversi
alienis
et Graecorum et Latinorum philosophia duplicem constituit fclicitatem, et quae civilis a nostris dicitur, graeco nomine est Politica, et quae a contemplando nomen duxit (nam de felicitate, quam Christiani consti
tuunt non eadem omnino habcnda est ratio, ncque de ea nos
Quoniam autem vetus
^
ipsa etiam natura
amplius concilientur
et
ferantur «e deva tantum
suas. parum ipsi
extendit
^
yuc^
ratio
et qui, qua
fortunae
smt rtamen ad forcof^ulti.
parumque
^^^quam
T,rudentes videantur,
°™*'^t1oS
ita quidem sencivilem fclicitatem pine bonis externis nequaquam posse perfìci.... Quo lìt ut civilis felicitas, quo perfectior
sit magisque illustris apparcat, bonae quoque foitunae praesidiis
hac in disputationo dicendum sescepimu?),
tiendum
est,
;
maxmae a^p-^^
tunae Promerendum lav^rem
^ ^^^
affabrefacti, ^t"^^^i^™
P^b,mde m^ltum in ceteris sapiat,
m
indigeat.
(Il,
0,
pag. 248
b).
I??ÌreTornìfs^'nrnatSu more
ingenitoque ab inst.tuto
paium omnino sapere.
5.
Fortunam
naturae
impcUim referendum
(II,
esse.
Fortuna, naturalis quidam cum sit impetus, ipsaque natura hac in parte sine ratione prorsus atque ab impetu agat
solo, ad naturae impetum refere nda est, tanquam ad propinquam peculiaremque ac particulaiem causam, sive hic impetus
rebus nostris conducat, sive adversetur et noceat....
(TI,
6.
12,
pag. 287
7.
Fortume vires esse amplissimas.
Xm
tamen^to~^
^„
m
si
_S^MS>i*dL
«-f')-
Nec vero genus universum hon^^ibuslddeltlacuto'-
a).
natura quaedam. irrati onalis est fortuna,
naturae huic ut adscribatur noccsse ost, utque natura ab
ipsa fortunati hi, illi vero infortunati et dicantur et sint ..
Quemadmodum autem quibus a natura tributum est, bene
ut versus faciant, aut musicos tractent modulos, hi nati prorsus atque accommodati ad illud ipsnm sunt munus, sic qui ad
amplectcndam fortunam idonei nati et ipsi sunt atque appositi ad impetus sequendos, illos scilicet, qui fortunam conci
lient, aut illi ipsi potius sunt fortuna. Videmus enim qiiosdam
ita gfenitos institutosquc a natura, qualis Cato fuit is, qui
cognomen habuit ab Utica, ut nulli us eos suasio, nulla vis
impotentiaque, nullus etiam terror a proposito suo suaque
ab electione detorqueat, quos nesciam an fortunatos iudicem,
etiam cum bene illis successcrit, quando pertinariae id, rertisque eorum ac fìrmis propositis videatur prorsus adscribendum. Centra haec alios, qui ab incepto itinere et facile
rcs
^^7
santut, civilibusque in "«g°t"fii^^,,Xne pubUca in militari,
tibus ^t disciplims, "t-.'-^^f
medicum esse
et fòrtunatum
medicma
in navali re. ut in
etiam sub fortuna
etia
non
("f™f,J,.\°""n
consentiunt)
^_^^.^_
oportcre, omnes q»"iem
«tói praewptis e
«=
.^
laborant. Quando artes 'P^f
obse^^atione
^^^^_
neque atque
«""s^ 9"ae>^m
locus relictus est
v^,?antur rebus, plura
in
non
ut
tr^,^ gtsi quae olim eventura
facultates,
q"''?"^„!"f
q
soleant ? I^am ets^
improviso
^^oniectura
iis accidere ex
nec facuUate ms^q
cont'uentur
arte
nec
^^^ ^.^^^
sunt, ea
lu^sque
>Uorum
^men
campus
^^ ^^_
efTerat,
sese
ac proprius. A^"»-^
elleboro, vel mulronuc
.""^J^^^^
rationem opus sit au. "iaf^e
^o quod mter
Ì"'
tum etiam potest in ?"
in navi Pontica,
nec^àdix
ra
°X?rit
contigent^nec
>^aec
navigandum curatio
^^^^^ ^.^
P"rgatwnem repeTiaU^^ltelwrus^^^^^
nunqmd
Fortunatos infortunatosque a natura esse instituios.
Quas ob
13. pag-
ScaaS
^
nec ad
crastinum in diem
"""JÌT
P"f'f ut noeta quae
Quae diem
accipere ilUid P°test.
cx^mpiatm a febn^e^
arC^entissima
anteeedit
non
\
constituit,
3r tlrS^krJ^T^^^^^-
constitutam
P^^^^^
caleeolarius j^^ctus
V
— 283
— 282 —
narsi co' sudditi
est futurum {corr. factiirum) ?e hospiti die insequenti iter
inituro calceolos itinerarios, quonam modo proniissum praestabit, si mane dum ad snendum coasurgit, omnem comperiat alutam corinmque item omne fuisse a furibas paulo ante
subreptum ? Quid, cum statuarius somno expergiscitur, dolaturus mane in Caesaris effigiem saxum, animadvertit illud
nocturna a caeli procella disiectum ? Latissimus est igitur
fortunae campus, iisque in omnibus vires extendcre, atqueimperium exerrere valet suum, in quibus praeter spcm, opinionem. propositum ac constitutnm, accidcre aliquid valeat
omninoque improvisum. Patet quoque vis eius non in iis
modo, quae iam diximus, verum etiam quocumque in hominum gradu atque conditione, summa, humili, ingenua, servili, rustica, urbana, plebeia, patritia....
(II.
8.
Deum p rimani
esse
14,
pagg. 287 fc.288
Deo
ipsi,
;
1-
f
•
.t'-
:
a).
;
divinaeque beneficientiae videantur po^ius adscri-
benda....
pag. 288
stanno nel medesimo disordine
L'altra spiegazione che lo stesso Machiavelli dà (nel Principe, cap. 26) della fiacchezza mihtare italiana, concorre nello
stesso ordine di considerazioni a cui si riferisce il carattere
estetico della cultura italiana del Rinascimento. Quivi dice
spenta....
« E' pare sempre che in Italia la virtù mihtare sia
Qui è virtù grande nelle membra, quando la non mancassi
ne' capi. Specchiatevi ne' duelli e ne' Congressi de' pochi,
quanto lì ItaUani sieno superiori con le forze, con la destrezza,
con lo ingegno. Ma, come si viene alli eserciti, non compariscono. E tutto procede dalla debolezza de' capi perchè quelli
che sanno non sono obediti, et a ciascuno pare di sapere, non
per virtù
ci sendo fino a qui alcuno, che si sia saputo rilevare e
e per fortuna che li altri, cedino. Di qui nasce che, in tanto
^).
»;
causam.
(II, 15,
nel-
;
Atque haec quidem ipsa licet habere hunc so in modum
intellegantur, tamen, si Christiani esse volumus pieque etiam
philosophari, non panca ex iis quoque quae fortunae tribuuntur,
avaramente e superbamente, marcirsi
dare i gradi della milizia per grazia, disprezzare se
alcuno avesse loro dimostro alcuna lodevole via, volere che le
né si accorgevano i
parole loro fussero responsi di oraculi
meschini che si preparavano ad essere preda di qualunque
gli assaltava. Di qui nacquero poi nel 1494 i grandi spaventi,
e così tre potentisle subite fughe e le miracolose perdite
simi stati che erano in Italia sono stati più volte saccheggiati
e guasti. IVIa quello che è peggio, è che quelli che ci restano
l'ozio,
a).
tempo, in tante guerre fatte ne' passati venti anni, quando
ha fatto mala
elfi è stato uno esercito tutto italiano, sempre
pruova. Di che è testimone el Taro di poi Alessandria, Capua. Genova, Vaila, Bologna, Mestri ».
Si tratta sempre di queir individualismo che è propno dell'atteggiamento estetico. Ma il rapporto tra la cultura artistica
e la debolezza mihtare degh itahani divenne nel Cinquecento
qualcosa di proverbiale. Cfr. Castiglione. Cortegiano, I, 43
«Non vorrei già che qualche avversario mi adducesse gU eflettere
fetti contraria... allegandomi, gU italiani col lor saper
aver mostrato poco valor nell'arme da un tempo in qua il
che pur troppo è più che vero ma certo ben si porla dir, la
colpa d'alcuni pochi aver dato, oltre al grave danno, perpetuo biasmo a tutti gh altri e la vera causa delle nostre rume
esser
e della virtù prostrata, se non morta, negU animi nostri,
da quelli proceduta ma assai più a noi saria vergognoso il
pubblicarla, che a' Franzesi il non saper lettere.... » E il Mon« L'estude des sciences amollit et eftaigne, Essais, I, 24
femineìes courages plus qu'il ne les fermit et aguerrit..., Je
trouve Rome plus vaillante avant qu'elìe feust sgavante, Ses
belUqueuses nations, en nous jours, sont les plus grossi^res
ce qui
et ignorantes.... Quand les Gots ravagerent la Grece,
feu un
sa uva toutes les librairies d'estre passées au feu, ce
;
IV.
^
Cultura e fiacchezza militare
NEL Rinascimento italiano.
:
;
(cfr.
pag. 264).
;
Nello stesso lib. VII deWArte àella euerra del Machiavelli
si leggono queste parole rivelatrici della vera radice della
fiacchezza italiana
« Credevano
i
nostri principi italiani,
prima ch'egli assaggiassero i colpi delle oltremontane guerre,
che ad uno principe bastasse sapere negli scrittoi pensare una
:
acuta risposta, scrivere una bella lettera, mostrare ne' detti
e nelle parole arguzia e prontezza, sapere tessere una fraude,
ornarsi di gemme e d'oro, dormire e mangiare con maggiore
splendore che gli altri, tenere assai lascivie intorno, gover-
:
L
A
:
\
mmm
mmémumamm
—
284
— 285 —
—
Possem
i
ad nihilum redaclum esse
et quotidiano sermone n
adhuc faciunt ut non nisi vernaculo quae h- tonpor^pluVide quoque nationes.
LnJiu
parvi literas et earum
rimum rerum et imperio potiuntur,rationem
nJinimum
eo?um
^^ef »• L"
pr^feTsores lacere,
Sur.
••i",
4.^
^
v?-
PJ" (^7^«- e io
Giraldi, Open,. I$.isika. ,580, t. Il, p. «9- del
10
Uiraioi
Ppr l'accennato rapporto tra queste idee
studiato come uno dei
scetticismo de" Pico (recentemente
'.»'',
'i;.
;
Strowski A^''«'-g^-./--:
F
p?ecur oridel MontaigW cfr.
B!(».tW. <" por
^iran 1Q06 DO i2S-^o, già pubblicate nel
questa dichiarazione
interessante
dlaux V 100^130 ,00 iS) è
:
li).
E
delio
si^soG^afdT. slua lie
dello
letterau
^^^IZ^ir^S^X^^rll
inflitta a tutti
i
escludono eli scettici dalla condanna
professores quidam philosoplu
Inter "psfs quoque litterarum
u
ut dicitur v- aberr^^nt ^
tota
non
elebres'^xtyere.'qui
f
%Cl^rp^'^^r^
T^e^eS
^r To-nt^d^
sed ne
J-^em ipsum q^od
sTe^qu.' quam
posse,
h'a^Jid
postremi
„^fnon
^
cos
°^°^^
nescimus. Ita enim quidam inter
Nego, inquit. scire, sciamusne
"^^^
exclamat
f^^f'^^
se„«
au*
nescux.
sciamus, ne id ipsum quidem
proieciu e eum 'secuti
:
\
:
omnino
i
•'
.-
-
sitne
ahquid an mhil
sit.
yui
-
non multo post Senatu
et Curia admissi versipelles ipsi et
inconstantes fuissent, continuo factiones et partes urbem invasere
paulatimque primo res ipsa pubi, ab optimatibus et
principibus urbis ad unius dominationem et potestatem devenit, mox penitus ad externos duces et imperatores, ac detandem funditus extincta est, ita ut nunc, ex multo
tempore (non) nisi nomen populi romani restet....
« Ad haec autem usque tempora, ut audio,
Scythae imperium tenent suum, quoniam ab ipso primordio nunquam istos
:
npiip
:
II,
tantum epistola^ et
^ervantqmM,s contra literas ad scribendum usu habent quam
laudibusm
quibusdam
suorum
in deSrùnì
rempubhcam mtelligo
rem nec nos improbimus. Venetorum
et convehen^
comparandis
Tarn 3fu Cuisse"! quo mercibus
quam literis inagis
necnon versuram faciendo navigationique
operam dederunt, opes aut iacultates '^'«'^^f •,"^^«™J°^3"e
terra '"^"q"* P^^^^i^^.^^
piotasse, ditionem longe lateque
et i"
Ubi Uteris et literatis !ocum fecere
ff"f*"i.f„T^erte
lllua certe
nos ipsi vidimus.
:
già in Italia uno dei più dotti umanisti del secolo, Lilio
Gregorio Giraldi (1479-1552), traeva anche argomento dallo
scetticismo del suo amico e protettore Giovan Francesco Pico
(l'autore dell'Examen vatiitatis doctrinac gcìUiuni et veritatis
Christianae disc ipli noe) per teorizzare la tesi della decadenza
dei popoli come effetto delle lettere e delle arti, nel suo Progymnasma adversHs literas et literatos (pubbl. nel 1540). Pove si incontrano p. es. queste curiose osservazioni, degne di Rousseau « Res
populi Romani, ut ab iis incipiamus, qui fere toto orbi terrarum
gloriose imperitarunt, tam diu floruere et auctae sunt, quousque
philosophos, poetas, oratores, huiusmodique hominum reliquum
genus literarum umbras et otium sectantium pepulere, factis
etiam et promulgatis contra eos senatuscunsultis. Ubi vero
non solum in partem urbis recepti ac ipsa urbe caeterisque
proemiis donati, sed et iis quoque iuventus Romana instituenda ac eorum artibus imbuenda est tradita, tum, cum
cum
m
Secondo il Montaigne, gli stessi italiani scherzavano intorno a questa riputazione d' imbelli che s'erano fatti in Europa. Egli racconta infatti
« Un seigneur italien tenoit une
fois ce propos en ma presence, au desadvantage de sa nation
Que la mobtilité des Italiens et la vivacité de leurs conceptions estoit si grande, qu'ils preveoyvoint les dangiers et
accidents qui leur pouvoient advenir, de siloing, qu'il ne falloit pas trouver estrangé si on les veoyoit souvent à la guerre
prouveoir à leur seureté, voire avant que d'avoir recogneu
le perii
que nous et les Espagnols, qui n'estions pas si tìns,
allions plus oultre, et qui nous failoit faire veoir à l'oeil et
toucher à la main le dangier, avant que de nous en effroyer ».
{Essais,
et
admiserunt.
literarum sapientes in consortium
medium afferre.
nationes hoc loco
iis m^tas alias barbaras
servaverunt et adhuc
òuae eundem tenorem ac institutum
d'entre eulx qui sema cette opinion, qu'il falloit laisser ce
meublé entier aux ennemis, propre à les destourner de l'exercice militaire et s'amuser à des occupations sedentaires et
oysifvos. Quand nostre roy Charles huictiesme, quasi sans
tirer l'espee du fourreau, se veit maistre du royaume de Naples et d'un bonne partie de la Toscane, les seigneurs de sa
suitte attribuerent cette inesperee facilitò de conqueste, à
ce quc les princes et la noblesse d'Italie s'amusoient plus à
se rendre ingenieux et S9avants, que vigoreux et gueiriers ».
li<^ rodere, torquere
c^nsumere.
&det
te
I^ce
quoq^^^^
^^
;
:'s.
?isa»*-£"
mum
gnitas
g-qa>i3ig'
sss^sfXVSS.S
gratis exhibet et elargitur
>>
(pp. 441-2)-
K
t
1> « i|W Wi y
»i>i
i
i
t
-
»
^
'•4
j^-'
INDICE DEI
NOMI
\
Abarbanel (vedi Leone Ebreo)
257.
Adami
T. 114.
Agostino
(S').
108
n..
Alberti (L. B.) 149,
154, 256, 263.
162, 178.
151. 152,
Alcidamante 160.
Alighieri Dante 133.
164
il
n.,
185,
184,
152
247,
n.,
250,
Amenta N.
Ammannati
63, 137 n.
160, 163.
n.,
103 n.
Giulia 217.
Anassagora 159.
Anassimandro 159.
Anassimene 159.
(S') 92.
Antistene 249.
Apuleio 137 n.
Archelao 159.
Aretino P. 243.
Ariosto L. 143Aristosseno 159.
Aristotele 41, 52 53, 71. 93»
98 n., loi, 102 123 n., 124,
152 n., 154. 158, 167 n.,
220, 223, 228, 258.
Arnauld
104.
Asclepio 137 n.
Aten agora 118.
96, 97 n.. 98 e n., 99100, 102, 177, 191, 192, 239.
Bacone
,_à^'-')taàstà,\.s£,
&^
n.
loi.
Barberini Maffeo 228, 236.
Bellarmino R. 35, 37, 39, 40, 5^52,
59.
227, 233, 235.
Bertani 31 n.
BertiD. 23 n., 30-31 n., 35n.,
37 n., 39 n., 41 n., 55, 61 n.,
100 n., 148 n.
Bisticci
252.
Amabile L. 36
Ambrogio (S')
Anselmo
Bacone R. 98
Baillet
_
V.
154.
Blanchet N. 98., n.
Boccaccio 249.
Boezio 152 n.
Bologna G. 152 n
Bonardi C. 128 n.*
Bonaventura
(S.).
247.
Boscoli Pier Paolo 260.
Boss ut 108 n.
Bouillier C. 102 n., 104 n.
Braggio 156-157 nBrunetière loi n.
Bruni Leonardo 149, 243, 256.
BrunoG. 7esegg., 85-110, 126,
146-148, 191, 201, 209, 226,
229,
267,
239,
Brunnhofer
Budda
243,
40
n.,
257,
47
n.,
266,
49.
249.
Burckhardt 113, I37
149 n., 252 n.
Calippo 94.
Calvi G. 200 n.
Calvino 23-24.
n-»
148-
^
,
—
—
289
288
Campanella
T. 24 e n., 25, 35,
98 n., 114119, 122. 126, 130-132, 134142. 157. 168. 170. 171, 173,
177, 178, 212. 239, 257, 2ÓI,
36
n., 41. 53, 54.
Duns Scoto
159.
76,
83,
Epicuro
Eschilo 97
Esdra
Euripide
n., 135, 136,
158, 160,
n., 258.
Cigoli 218.
166,
168,
142
n.,
171
169,
n.
Claudiano 124 n.
Clavio Cristoiforo 220.
Clemente (S.) Romano 122
n.
103
n.
L.
228.
Contarini Z. 224.
90,
94
n.,
95,
228,
233.. 235.
Cornelio Celso 203.
Cornelio T. 109 n.
Crantore 1 60.
C.
147,
148
n.,
226,
272, 277.
75, 83,
Dicearco 159.
Dicson 43, 46.
159.
209, 210, 215-240.
Galilei V. 217.
Gas pai y A. 152 n.
Gelli G. B. 128 n., 145,
Gellio Aulo 97 n.
Geremia 98 e n. 118.
248.
Guiducci M. 100, 236.
Guyau 104 n., 107 n.
Hegel 70, 95.
Herbert di Cherbury 132.
Hirzel 136 n.
Hoefiding H. 71, 7^ «.. 84.
Intyre 43 n., 96 n., 102 n.
Ipparco 94Ippia 159.
Ippocrate 104.
Jacobi 70.
Kant 56. 73» "5. 126 196.
Kepler 221 n., 226, 228, 239.
Landino C. 127 n., 149.
Losswitz 85.
Latini B. 149.
.^
^^
Lattanzio 134. H2, 100, ib».
169. 173. 178.
Leibniz 70. 77, 83, 04.
Leonardo i£o a 214, 256.
Leopardi 20, 184.
Leucippo
Lévy
Lorini
o
Fowler 97 n.
Francesco (d'Assisi) 248.
Frith J. 46 n.
Fumagalli 97 n.
L.-G. 126 n.
235.
265.
153, 184, 252. 256, 263,
282, 283.
Macometto Aracense
Maimonide 126.
Malebranche 102.
n.
Maugain 103 n.
Mazzoni (Jacopo)
Menelao 94-
285.
Girolamo (S.) 164.
Grassi 236.
I
II
—
Occam
Omero
247.
102.
Orano D. 59
».
Origlia 139 n.
Ovidio 134, 166.
Pagnotti F. 154 »•
Palingenio 29 n.
Panezio 136 n.
Paoli A. 227 n.
Paolo di Tarso 22, 244.
Parmenide 71, 75Pascal B. 104 a 108 n., 191.
Petrarca 152 n., 243, 256, 257.
Piccol omini 149.
Pico G. 137-139.145-148, 154»-.
167, 201, 205.
Pico G. F. 284, 285.
Pitagora no n.
Platina B. 134 »•» '45Platone 41, 52. 7i» 93. 102,
124, 127 n., 184, 196, 203,
Plotino 71, 75.
Poggio 149.
Polidori 260
n.
Poliziano A. 243.
53, 123. 125. 130,
170, 257, 265 e n.
Fontano G. 123 n., 149. 152 ».,
Pomponazzi
271, 278.
Ponzio P. 36
,
1^
Muratori I55 »•
Naldi N. 155 n.
Plinio 127 n., 158. 160.
221.
Medici (Lorenzino de
/p
.-•n.^
Montaigne 107, 283-285.
Plauto 108.
Maissetani 140 n.
Giraldi 284.
Michelangiolo 184.
Michiels 103 n.
Minucio Felice 23 n., 134 ».
Mocenigo G. 30, 31, 39, 4°. 5^Mondolfo R. 67 fino a 85.
Monnier M. 148 n., 154 ».
204. 209. 220, 257-259, 274.
94-
Manetti A.i54,i55eseg., 161-77.
Marcolini 97 riMarshall 97 n.
Martinis (de) R. 59 "-. ^i n.
Masci F. 71. 72.
146.
—
Passerini 262 n.
Pastor L. 261.
Perrault 107 n.
159.
Lucrezio 258.
Ludwig 186 e segg. n., i95 "•»
197 n.,,198 n.
Lutero 25, 27, 28, 29 n.
Mabilleau L. 148 n.
^lachiavelli 53. 97 t^" ^°9. 151-
^
n.
Giovenale 22
Domenico (di Guzman)
Doni A. F. 109.
n.
n.,
n.,
Cerini 116 n.
Diogene 159.
S.
n.,
140, 144, 145, 148, 149, 172,
173, 178. 203, 206, 257, 262,
265 e n.
Filelfo F. 123 n., 149.
Fiorentino F. 24-25 n., 47 ni,
Giobbe 93
Diels 90 n.
Dorez L. 137
n., 217 n.
Fazio B. 155, 156.
Fazio Almayer V.
131
228 n.
Felici G. S. 24 n., 28 n., 37
41 n., 98 n., 134 n.
Ficino M. 118, 122, 123, 137
Galilei G. 41, 45, 60, 100, 130132. 147. 184, 192, 195. 200,
Delalain 97 n.
Delvaille 103 n.
Democrito
94.
160.
123 n., 230 n.
Fontenelle 107-108 n.
Foscarini P. A. 233.
163.
(delle)
Cemonini
n.
Favaro A. loi
Cicerone 23
Copernico
119,
99.
Eudosso
Charbonnel 148 n.
Cherbury v. Herbert.
Ciampoli D. 24 n.
Collete G.
/
102,
Euclide 222.
99.
Castelli C. 229, 235.
Castiglione B. 283.
Cesi F. 227.
Colombe
n.
Empedocle
Cartesio R., 101-103, 210, 239.
Cleombroto
Guicciardini 153.
123 n.
Eraclito 71. 90, 159.
Erodoto 23, lòo n.
266-271.
Ciotto 31
247.
Egesia 160.
Ellis 98, 99
Capponi A. 260 n.
Capra Baldassarre 223.
Cardano 134 n.
Casmann
0^r>»mm^SS
,.
)
Giordano Bruno e
109.
ti
Franti 196.
pensiero del Rinascim'nio
»•
f
r^«i^i*^i««%"
290
Protagora 127 n., 195.
Prudenzio 23 n.
Querengo 137 n.
Remusat (de) 99 n.
Reusch 157 n.
266
Rhode
E. 124 n.
Richter 190 e segg. n., 197 "•»
201 n., 204-208 n.
Rigault 98 n., 103. 104
Robbia (Luca
Ronsard 103.
Rossi V. 149
Ruzzante
Salomone
Sarsi L.
della)
95,
44,
104, 221,
no
n.,
47
228.
163.
INDICE
'vt,^'
'•wf 'taf
V
246-47, 257.
n.
Traversali A. 154.
Vaccaluzzo N. 229 n.
Valerio Massino 158.
Valla L. 123 n., I34n., 243, 256,
154 n.
Schelling 70 n., 199-201.
Scioppio G. 118.
Seneca 123 n., 158.
Senofane 97 n.
Socrate 33. 60, 108 n.,
257,
n.
n.,
Tommaso d'Aquino
Savonarola G. 262.
Scheiner 228
Pag.
163.
206, 273,
->.
"l
7
147 n.
Spencer 116.
Spinola 100.
Spinoza 14, 44, 70, 77, 80, 83-84,
126 e n., 201, 202, 210, 229.
I
Zenone
delle
religioni.
—
—.
2.
3-
II
.
va-
I]
Bruno
4-
-i
S.
S.
RoSl
145-
La
significato della
li
Lo
religione di
morte
redità morale
svolgimento della
-
filosofia
8.
7-
L'eroismo e
bruniana
1
e-
...
65
della
del Tocco nella stona
II
I
del suo metodo e
difetto
Il
2.
filosofia.
deWa «osoha di
della sua interpretazione
e fil°?°fi^.^f„^"Ì"°;do
Religione
3Bruno.
secmido
del pensiero bruniano
4. Le tre fasi
Osservazioni del prof. Monil
Tocco
"i.
Anima del mondo e anima
metodo
n.
dolf^
—
-
6-7.
Sduale.
155 n.
VI
Ili
Feritas
filia
-
8.
Umporis
La monadologia brumana.
Postilla brumana
:
.
1
—
\
^^
Rinascimento.
concetto dell'uomo nel
e il premio
dell'anima
L- immortalità
I
sonetto del Campanella
della virtù in un
.
II
f
-
11
-
VI
87
.
«n luogo
concetto del progresso in
3- I™P°^/"!!
deSa Cena de le Ceneri.
storica di questo. 1"°?%-": 4- ^^"c^rte(>
Galileo e Mano Guiducci.
5.
^rnauld Pascal,
7-.
^o, Malebranche.
itaUam del CinFoktenelle e gli scritton
quecento.
1-2
1
misticismo del Bruno.
pratico
.
di Ve- La genuflessioneUffizio
Tu Riforma.
in
La resUtenza al
nezia —
n
Bruno. -
159.
Zippel G.
II
cultura
nella storia della
Giordano Bruno
lore
148, 206.
Virgilio 100, 250.
Virgilio (Giovanni del) 249.
Viviani 218 e segg.
Voigt 154 n.
Vorlànder 71.
Welser 228.
Zabughin. 259
Zeno 154 n.
S
Dedica
259.
Vanini G. C. 267.
Varrone 159.
Vasari G. 191 n.
Venturi Lionello 211 n.
Vico 54, 95. 109. 129,
Solmi E. 36 n., 190 e segg. n.,
200 n., 201 n.
Spampanato V. 100 n., 230 n.
Spaventa B. 55 n., 71. 85, 131
n.,
Terenzio 108.
Thuasne L. 137
ToccoF. 34, 40
67 e segg.
Tolomeo
n.
260.
\r
n.
Toppi N.
n.,
108.
160.
236.
—
Strowski F. 285.
Talete 159. 173Tasso T. 243.
Telesio B. 53, 137. 239,
Friuli A. 224.
i
.
III
-
— 292 —
— 293 —
—
2. La
e nella filosofia del Rinascimento.
celebrazione dell'uomo in una canzone del
Campanella, in Galileo, nel De sensu rerum
e nella Metafisica dello stesso Campanella.
3. La nobiltà dell'uomo nella Bibbia e in
Dante. Versi di Ovidio cari agli scrittori del
Rinascimento e pensieri di Cicerone.
4. Il
De honiinis dignitate (i486) e VHeptaphis
5. Il concetto dell'uomo
(1489) di Pico.
V[À\ Assioco ps. -platonico e nel Ficino.
6. G. B. Gelli, G. Bruno, C. Cremonini.
7. Discussioni umanistiche sulla nobiltà. La
volontà umana e la fortuna in L. B. Alberti, nel Machiavelli e nel Guicciardini.
8. Giannozzo Manetti e il suo De dignitate et
excellentia hominis (1448). Partizione del trattato e sua polemica contro il pessimismo
ascetico.
9. Le prerogative dell'uomo secondo il Manetti.
—
—
-
-
—
;
processi del S UfBellarmino. -- 8. I due
conse
^•.^ __ Q. La condanna, e le sue
n. G.
io. Dopo la condanna.
guenze.
pensatore e scrittore.
e del Rinascimento.
caraJLtere deirUmanesimo
Umanesimo e Rinasci
tra
Differenza
T
Dinerenza
-I
^ ^ ^^^^^^ Evo.
2. H ^
t.
mento.
^^J^^^\^
Comune, la
4- ^^
medievale.
A^r.
q La poetica
come opera d ar^io-nnna e il nuovo Stato
I
11
—
—
—
—
241
^^^
—
Il
i
degli
—
—
V. Leonardo filosofo
I. In che senso deve
1
V
VL
tano.
Galileo e
il
.
.
.
.
—
•i
nomi
-^
215
Nascita e primi studi di G.
2. G. studente neir Università di Pisa e suoi studi
matematici.
3. Lettore di matematica a
Pisa, e poi a Padova. Ricerche, scritti, inLa scovenzione del cannocchiale.
4.
perta dei satelliti di Giove e Cesare Cremo-
—
italiano.
287
Indice dei
—
suo problema scientifico
Cremonim
in G. Fonconcetto della fortuna
militare nel
fiacchezza
e
^Tc^^^^^^
TI
Rinascimento
dell'anima,
piacere,
I.
-ì,'
TTT
269
Fontano.
concetto della virtù in G.
--
n
u\x[onXX\V^^omoin C
conoscere come fare, della finalità.
6. Il naturalismo di Leonardo. La matematica e il potere creativo dello spirito umano.
del
—
Appendice
:
del
—
nascimento.
—
—
dell'amore,
e
179
dirsi
—
teoria
—
TTmanesimo
8.
macnstiano.
del Ri^"^i^^""r
olismo aei
al Naturalismo
9. Dall'Umanesimo
che Leonardo non
2. In che senso si può parfu un filosofo.
lare d'una sua filosofia. Il suo atteggiamento
spirituale e il suo concetto della scienza.
3. Il suo concetto dell 'esperienza e sue idee
platoniche.
4. L'apriorità della natura
e del sapere secondo Leonardo. Suo plaAltri elementi platonici
tonismo.
5.
—
Urna
delirreligione e della Po^^tica
e pagano,
7/• L'Umanesimo non
„i^H
nisti.
Riforma.
ì
;
—
—
G. a Firenze. Le fasi di Venere,
solari e la dottrina copernicana.
i rap6. L' ipotesi di Copernico e la Bibbia
porti tra scienza e fede.
7. Il problema
della scienza in Galileo, e le difiìcoltà del
nini.
le
—
5.
macchie
—
/
:
T^watt'
LECCHI EDITORE
FIRENZ
a nostra scuoi
ilivista
quindicinale diretta da
)irezione e
Amministrazione
GIOVANNI MARCHI
Via Ricasoli,
:
8,
Firenze
I
ì
A.
Anile,
Collaboratori ordinarli: A.
Carlini,
Casotti, V. Cento, E. Codignola, A. Colombo,
C. Dentice d'Accadia, A.
CosTANzi,
Errerà, A.
LomMomi-
ranci, G. Gentile, B. Giuliano, P. Grassini, G.
jìardo-Radice,
Marsili,
e.
G.
Modugno,
F.
gliano, R. MuRRi, O. Sabbadini, G. C. Pico, LJR^ussp,
w
M. Valgimigli, ecc. ecc.
C. Sgroi,
Vuole promuovere
scolastica
con
rinvigorimento della coscienza politica e
il
la trattazione scientifica
e politici, con la
la critica spregiudicata di
fini
interessati
dei capitali problemi didattici
denuncia aperta degli abusi e degli
e partigiani
uomini e
il
istituzioni
rinnovamento
arbitri,
con
che ostacolano per
dello
nazionale
spirito
{
ABBONAMENTO ANNUO
Sostenitore L.
Tutti
sulle
Numeri
\
i4,!rfV',
i-v.=l»«*fit*!lW^-i*'-'»!»' »*-
20
—
Ordinario L.
8
—
:
£s/cro L.
20
abbonati godono di uno sconto del 20 ""U
opere edite dalla C^sa editrice Vallecchi
gli
di saggio della
Rivista saranno inviati
gratis
a
richieitaj
\
—
f
ARMANDO
GIOVANNI GENTILE
DISCORSI dTrELIGION
Volume
Collezione
problema
:
Dedica.
filosofico.
—
Il
A
Volume
a cura dì E. Codignola
— Avvertenza. —
Collezione
Il
problema
di oltre
LOCKE
0.
400 pagg. Lire
PENSIERO MODERNO
IL
FIRENZE
CARLINI
FILOSOFIA DI
150 pagg. Lire 5.
UOMINI E IDEE
SOMMMARIO
Il
di oltre
—
VALLECCHI EDITORE
FIRENZE!
IO
diretta
da E. Codignola
politico.
problema morale.
INDICE DEL PRIMO VOLUME
Sono
tre magnifici saggi in cui viene studiato e illustrato il probler
religioso sotto l'aspetto politico, filosofico e morale. Prolondamente
ori
naie la soluzione speculativa del problema filosofico e morale
acutissii
l'analisi
delle
è
nuove esigenze della nostra vita politica, dell'oscura ri
Locke. - Gli
inquietudine che turba uomini e partiti, e i giovani in particolari
modo, e mostrerà tra pochi anni alla chiara luce del sole quale nuova
Italia si vien maturando e si travaglia ora nelle fatiche di una
tumultuosa'
e lapida gestazione •.
dell'
'i
-
Il
:
Introduzione Vita e biografi
Parte prima L'Edu-
Saggio.
:
-
:
- Bacone. Descartes e Locke. - L Esperienza
Idee. - Parte
- L'Ongine
problema
e U
in idealismo soggettivo
dell'empirismo
SECONDA Trasforma/ione
- Le Idee e Parole. - Scienza ed esperienza,
e in nominalismo.
—
conoscenza.
La
ragione e
di
cazione
:
scritti miTiori.
dell- Intelligenza.
delle
critico della filosofia.
critico
:
le
fede.
Locke, condotta
prima monografia che compare su
dogmatica celedi
Oggetto
insieme.
storico
con senso speculativo e
XVIII e di critica distruttiva o vanamente costruttiva
Questa è
ALDEMIRO CAMPODONICO
la
brazione nel sec.
inglese prende qui finalmente U suo
il grande filosofo
nel sec XIX
non conosce tramonti.
clie
posto nella storia del pensiero
egU ha voluto ademdel tutto nuovo
è
C.
dal
seguito
metodo
Il
modo che
storico
di
critico,
di
espositore,
piere il suo dovere di
e
armonico
tutto
un
in
organizzate
eppure
queste parti siano distinte,
La Hus5ia dei Sovlels
Volume
Collezione
:
400 pagg. Lire IO.
di oltre
UOMINI E IDEE
a cura di £. Codignola
SOMMARIO DEI CAPITOLI: Come
—
arrivò al bolscevismo.
iL^viet.
Leggi fondamentali l'aboUzione dei titoli delle eredità
li^ie donazioni.
Il lavoro obbligatorio
la terra.
Nazionalizzazione
—
—
si
—
:
:
—
:
:
—
Organizzazione economica.
Lavoro.
Commercio.
- Approvvigionamenti
Razione e distribuzioni dei viveri.
AssiAssicurazioni sociali.
Istruzione.
Tribunali e j^ustizia.
Ewrcito e servizio militar»».
Resultati,
Appendice.
delle industrie.
stenza.
—
:
—
Sono qui raccolte
—
—
—
—
bolscevichi nei loro testi integrali. La
>pealtà vera » apparisce attraverso l'opera legislativa dei Soviets ; realtà
\di\ dolore, di miseria, di servitù, di tiranràa.
Gli abbonati de
[ubblicazioni edite
'*
le leggi dei
la noctra «cuoia
„
godono
dello sconto del
20
da Vallecchi, Editore, Via Ricasoli, 8, Firenze,
%
prog^sivo.^^^
lumeggiata nella
le
motivi centrali, e
lockiana, abilmente riassunta ne'
del
formazione con il confronto del movimento
sua
per la prima volta un apprezpensiero contemporaneo, riceve qui
esatto e speculativamente sererio
zamento che è insieme storicamente
dedicato all'illustrazione del
tutto
quasi
è
volume
primo
Questo
«Saggio".
il
già, tutto
L'introduzione bibliografica mette innanzi,
celebre capolavoro,
di cui
CU
su tulle
-m
il
il
materiale
Carlini s'è servito pel lavoro.
abbonali de
pabbllcaùonl edile da
" la nostra scuola
..
Vallecchi, Editore,
goJono
dello
«onlo del 20
Via Rlcasoll. 8. Firenze.
%
su tulle
le
Educazione e Religione
concezione
d'una
Formato
Collezione
della Storia
idealistica
Collezione
IL
PENSIERO MODERNO
SOMMARIO DEI CAPITOLI
e
filosofia. Il
e
il
:
Il
problema
realismo e l'empirismo.
—
— La
filosofia.
fenomenologia dello
deduzione
delle categorie.
spirito.
da E. Codignola
—
— L'opposizione e
— Storiografia e
Il
pensiero
vono
le
filosofia e storia. Sullo stesso
ultime indagini del Croce
Casotti che vuol essere,
crociane o gentiliane,
e. .del
Gentile
come
*
la distinzione.
filosofia.
terreno su cui
si
ma
concetto tradizionale di educa-
ULRICO ARNALDI
— La
Rossi, bianchi e tricok
dello spirito.
colloca
non già una pura e semplice
il
Formato
il
si
muo-
libro
del
ripetizione di tesi
un ripensamento personale, condotto con
ri-
Collezione
in- 16,
pagg. 200.
UOMINI E IDEE
—Prezzo
Lire
6.—
a cura di E, Codignola
Potente rievocazione della tragedia austriaca, ungherese, czeco -slovacca
la disfatta e l'esperimento bolscevico. L'autore è un conoscitore pro-
dopo
fondo dei paesi danubiani oltre che scrittore maschio e originale. Il volume
un alto interesse politico per i gravi fatti che documenta
:
•ffre altres"
l'opera feconda dell'eroismo e
della cavalleresca
umanità dei nostri mi-
gliori soldati contrastata e cancellata dalla folle cecità della nostra buro-
goroso e vigoroso metodo scientifico.
crazia militare, complice dell' invidia alleata.
Gli abbonati de "
pubblicazioni edite da
la
nostra scuola „
Vallecchi, Editore,
godono dello sconto del
20
Via Ricasoli, 8, Firenze,
%
su tutte
le
Gli abbonati de
pubblicazioni edite
"la
noitra scuola
..
godono dello sconto del
20%
da Vallecchi, Editore, Via Ricasoli, 8 Firenze,
su tutte
«^
\
\
maggiore pensatore francese contempo-
zione per opera dei maggiori pensatori del tempo nostro.
— L'essere
Grande importanza ha assunto nella filosofia moderna il problema
della storia, dopo che il Croce ed il Gentile, per vie diverse ebbero proclamato l'identità di
a cura di E, Codignola
raneo. L'operetta è indispensabile a chiunque voglia rendersi esatto conto
volontarismo.
— Le forme assolute
— Prezzo L. 3. —
pedagogico moderno la nuova intuizione dei problemi educativi
della crisi profonda che sta attraversando
diretta
divenire. -- Posizione del divenire assoluto.
processo e la storia della
LA NOSTRA SCUOLA
filosofico della storia. Storia
Il
16 di pagg. 100 circa
e religiosi contenuta nell* opera del
12
450 Lire
pagg.
di
in-
Maurice Blondel
in
L'autrice illustra con molto acume e profonda conoscenza del movimento
filosofico e
Volume
FIREN
ENRICA CARPITA
MARIO CASOTTI
Saggio
—
VALLECCHI EDITORE
FIRENZE
VALLECCHI EDITORE
le
p
EDITORE
T f
I
Recenti pubblicazioni
—
—
Baldini
Umori
3.50.
gioven-
di
cinto Benavente — cr
—
Massimo Bontempelll — La vita
—
tensa.
Aidemlro Campo do nico — La Russia
Soviets. 10. —
—
Carlo Carrà — Pittura metafisica.
—
Emilio Cecchi — Pesci
Franco Ciarlantini — Quando tirava
vento.
—
forte
Bruno Cicognani — 6
—
novo conio.
— Gente conoscenza. —
— H figurinaio
figurine.
—
coPrimo Conti — La fanfara
struttore.
—
—
JoCurzl
Le avventure
4—
Q
—
Unamuno
Miguei De
—
miei
Giovanni Papini — Opera prima. —
— Memorie Iddio e vita nessuno.
—
— Crepuscolo
3.50.
—
L'altra metà.
- Pragmatismo.
—
—
G. Papini — Un uomo
~ n tragico quotidiano e pilota
—
- Testimonianze.
—
— 24
5.—.
—
Stroncature.
— Esperienza futurista. 3.50.
— Maschilità. —
—
Buffo
— Parole e sangue. 3.50.
— 100 pagine poesia. —
—
Giorni
G. Papini e P. Pancrazi — Poeti
d'oggi. 10. —
interessi
Gì
creati. 4.
in-
5.
dei
5.
5.
rossi.
4.
il
storielle
di
3.
3.
di
5.
e le
del
4.
Gis^'la
oj
Ila
li
flore
dei
ricordi. 4.
5.
di
d*
3.
dei filosofi.
4.
4.
finito. 7.
il
cieco.
7.
5.
Cervelli.
8.
4.
nat*».
3.
4.
di
di festa. 5.
Perondino
—
O donne
Gli abbonati dt
pubblicazioni edite
da
"
la
tutte.
RF N7F
—
Platone
I>ell'amore. 3.50.
Giuseppe Prezzolini
Uomini 22
3.50.
nostra scuola „
Vallecchi, Editore,
L M.
—
7.—.
città 3.
tre novelle. 3.50.
S Uo il giogo della guerra.
I
:
Corrado Alvaro — La siepe e l'orto. 4.
Lazzaro ed alLeonida Andreiefl
An
!
Salaverrla
— Re, uomo.
— Lascio
— Discorsi
Giuseppe Fanciulli
figli. 4.—.
Giovanni Gentile
3.5
ai
mi
di
n
——
U Prometeo male
catenato.
Luda Gironi — Ore crepuscolari.
— L'ora
Domenico
rabba.
——
Carlo Linati
Nuvole
Giuseppe Lipparini — Le fanta
giovane Aurora.
—
E. L. Morselli — Favole per
Alfredo Mori — Andiamo a veder
—
Nicola Moscardelli — La mendicai
muta.
^
Aldo Palazzeschi — Due imperi
mancati.
—
—n
Ferdinando
l'amore.
——
un
Ottone Rosai
Bino Sanminiatelll — Le pecore pa:^
Nino Savarese — Pensieri ed
glone. 5.
Andrò Gide
1
3.50.
\
3.5
Giuliotti
di
5.
e paesi. 3.
6.
della
i
I
e
d'oggi. 3.50.
st
le rose.... 4.
I
3.50.
5.
Paolieri
libro
<
5.
]
Il
libro
di
ti
pista. 2.50.
ze. 3.50.
allego-
rie. 3.50.
Ardengo
—
—
—
—
—
—
—
—
—
Sofilci
Arlecchino. 3.50.
Giornale di bordo. 3.50.
La
La
—
—
—
giostra dei sensi. 4.
(ediz. non censurata). 3.50
ritirata del Friuli. 5.
Kobilek
Scoperte e massacri.
Statue e fantocci. 5.
5.
—
Chimismi
—
lirici. 3. 50.
Principi di un'estetica futurista 3,5?
Rete mediterranea
fi,
II)
l
clascul
—
— Allegria Ni
—
tovag
Giuseppe Zucca — Una
—
per 24.
no. 5.
Giuseppe Ungaretti
di
fragi. 5.
6.
godono dello sconto del 20
Via Ricaaoli, 6, Firenze.
%
3U tutte
le
-'-«•=i^*=àìÈSàmf<^*'!>^»(iii^^
COLUMBIA UNIVERSITY
COLUMBIA UNIVERSITY LIBP*RIES
This book
is dn<»
r« t^e
•
^lcaf«<5
0032025416
•"
»
^
^
»,
'
1
1
5
•r.
KÌ\
U.«
f
<
J
./
^
hN-
o
n
&
^
.>
e
X)
«
»*?%•-*•
I
:?
,|!^
;«ir*
-«3ai"j
*«',
»j»rl3i
ii"»*
k?*,*>*
l-fSlfetiMte
=*%:•'
*»
.*i.
fc-vC-
s;j.
^^t
*-v .,è
¥i!=^|.
*$ VÌ&
-•.ìf*=
f'-:^!
•t•,^
-V.-JJIWU'S
.V*i,<|«»*««,,#«^.,.
.-