T? NEGA *^» / ..^ ^ o C^ > Q ^7J5 u^ MICROFILMED 1992 COLUMBIA UNIVERSITY LIBRARIES/NEW YORK as part of the "Foundations of Western Civilization Preservation Project" Funded by the NATIONAL ENDOWMENT POR THE HUMANITIES Reproductions may not be made without permission from Columbia University Library COPYRIGHT STATEMENT The copyright law of the United States - Title 17, United States Code - concems the making of photocopies or other reproductions of copyrighted material... Columbia University Library reserves the right to refuse to accept a copy order if in its judgement, fulfillment of the order would involve violation of the copyright law. , AUTHOR: NULE, G!0^^ ^ÌJ^" TITLE: ORDANO BRUN^ II PENSIERO PLACE: ENZ DATE: . . . Master Negative # COLUMBIA UNIVERSITY LIBRARIES PRESERVATION DEPARTMENT BIBLIOGRAPHIC MICROFORM TARCFT Originai Material as Filmed - Existing Bibliographic Record mmwmm>$mmmmimmmm <i"n|fHi|ipp 196B83 DG » V Gentile, Giovanni^ 1875-1944. Giordano Bruno e il pensiero del Hnascimen«' • • • to. Firenz, Vallecchi, £l920«'j 293 p« 19^ cm. G. Codignola^ III (il pensiero moderno, a cura di ,- .). At head of title: Giovanni Gentile. «: -13?;l> Restrictions KJ on Use: TECHNICAL MICROFORM DATA FILM SIZE: ^.X^^ilf,.^. IMAGE PLACEMENT: lA HA' IB DATE FILMED:__f_r_/:7_-r_t^_ REDUCTION RATIO: IlD INITIALS___/^.vtl HLMEDBY: RESEARCH PUBLICATIONS, INC WOODDRIDGE. CT • l( Y- r Associatìon for Information and Image 1100 Wayne Avenue. Suite 1100 Silver Spring, Management Maryland 20910 301/587-8202 Centimeter 1 UJ I 2 3 4 iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii I 5 6 7 9 8 10 Jm UiinjiLmlmi^^ llllllllllllllIlH lllllllll llllllllllllllllll I TTT ri Inches 1.0 * I I 11 25 99 tu - ìSà 2.0 LI •- u 18 1.25 MfiNUFflCTURED TO 1.4 RUM BY fiPPLIED IMflGE, 1.6 STRNDRRDS INC. 13 14 15 liiiiliiiiliiiili I IJO Z 12 TTT #] mm V '^^^ ì. ì.. 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Via RicaM>fi. 8. i l V** ^ ^1 \ PREFAZIONE :l la ^«1*^ Pubblicando nel 1907 per 1^ P"^^ volume questo di capo a è Conferenza che era stata seguente avvertenza, che vi premisi la discorso: pure l'esordio del mio una delle illustrazione ^agiom pecuUan d^"^ | „ ^i r\\i^oneTciel suo atteg,ian.onto ^^^..TLCiLZtX -rso V Inqms:.one^ ve^ e la mfornu ^^^^ deU'argomento la"iorrtfl^oTcn|orfJche .u.^^^^^ lerenza, tenuta invito della \A e m Pf^^^' -la pXanone ^nazionale degli riparare S«.^'°"[-^'°^t.lVfoUe in questo modo ne sia stato .1 df certo approvabile, quale che ^'.v'^ctnP airomissione r,^n '''.^^"°j;-»^|; ricorrenza centenana gloriosa 8'"" ("""J ta, anni '* sette , motivo) onde, -^ aie ^xcvxi modo parve opportuno non fosse del rogo di Bruno re o^ni anno g m ricordata nelle nostre scuole d^ un ,^.so. tutti i "«estri tati % tv 4 a interrompere il ^ove p^ capo aU ^R .^^_ ^ °^ 'comrAemorazioni ed educativo, «^'^^^^^"^aVore didat^ —8— Cnn'rf^^''*' ^^' caziom ''''^^" anticlericali &^^"^si 6 ma • rìt-ì quali avranno forse tutte Sar'e'^r" Tn*^"""" le licei SÌ Ti?„r.^ loro "^^^^^ ricordasscro essi vcb^ujo ai rivendi- / buone ragioni di s/htTm», "^-""'"^ T'non cfove^^ Ifst^^rtr. verS: S^^.otrrpe? me^^i^rM^fofS^t^ ^' dM ^*^"^"-' =^ (qui o rivetosto unire vari miei studi posteriori problemi dei duti o ampliati), riguardanti taluni Bruno stesso dallo fondamentali che si agitarono Rinascimento, e dagli altri pensatori del nostro riverberano insieme, tutti e che, studiati così, e di tutta Bruno del pensiero sul una viva luce quell'età di cui egli è ^^ ^^ il martire. G. G. difesHntrn^rX D' inestinguibil odio E d' indomato amor ; -V CUI tutti 1 partiti umam, perchè umani, s'inchinano Alla Conferenza qui ristampata con poche aggiunte e modificazioni (poiché gh studi più recenti tesi) non hanno scosso menomamente seguiva nel sieme con altri la 1907 un'Appendice, che mia in- scritterelli bruniani verrà ora compresa in altro mio volume di Ricerche sulla filosofia del Rinascimento che seguirà prossimamente a questo, e gli servirà quasi di complemento. Alla vecchia conferenza ho preferito piut- ^m^mm^ 71jm^ ^ '. tm \ I. GIORDANO BRUNO NELLA STORIA DELLA CULTURA \'i Dal volumetto : G. B. nella storia dilla cultura. Giordano Bruno non fu uomo pratico, né anche Palermo, Sandron, 1907, ^y per propagare le sue idee. Non ebbe il pensiero agli uomini che gU si agitavano attorno e tra i riformati potè parere riformato, cattolico tra i cattolici « academico di nulla academia », come egh seppe definirsi, in institi a hi lari s, in hilaritate tristis. « detto il fastidito » Sentì profondamente la propria solitudine, come tutti e però fu realmente estrai grandi spiriti contemplativi neo a tutte le chiese (benché non potesse non giudicare. il contenuto speculativo dei loro dommi) per ciò che ; : : ; anche le chiese come organismi hanno di di mondano, volontà, rette pratico, storico, da una disciplina, dommi, sollecite Bruno ebbe altre preoccupazioni, altri amori. Il suo spirito mirava più alto, a un segno che è fuori di tutti gli umani consorzi ordinate alla propagazione di certi del trionfo sociale di certi principii. Il ; e sdegnò quindi anche la gloria, che altri attende dalle moltitudini « Perchè il numero de' stolti e perversi è incomparabilmente più grande che de' sapienti e giusti, : a viene che, se voglio remirare alla gloria, o altri frutti che parturisce la moltitudine de voci, tanto manca eh' io debba sperar lieto successo del mio studio e lavoro, che più tosto ho da aspettar materia de discontentezza, e da stimar molto meglio il silenzio ch'il parlare. Ma, '\ i , — 14 — 15 — — conto de l'occhio de l'eterna veritade, a cui le cose son tanto più preciose ed illustri, quanto talvolta non solo son da più pochi conosciute, cercate e possedute ma, e oltre, tenute a vile, biasimate, perseguitate, accade eh' io tanto più mi forze a fendere il corso de r impetuoso torrente, quanto gli veggio maggior vigore aggionto dal turbi do, profondo e clivoso varco d *). Altrove, accennando alla guerra, che le sue dottrine logiche e cosmologiche incontravano in Inghilterra, dove egli dimorò dal 1583 air85 « Se volete intendere », dice, « onde sia questo, vi dico che la caggione è l'universitade che mi dispiace, il volgo eh* odio, la moltitudine che non mi contenta, una che m* irmamora quella, per cui son libero in sugge zi one, contento in pena, ricco ne la necessitade, e vivo ne la morte. Tndi accade che non ritrao, come lasso, il piede da l'arduo camino.... Parlando e scrivendo, non disputo per amor de la vittoria per se stessa... ma per amor della vera sapienza e studio della vera contemplazione ni 'affatico, mi crucio, mi tormento » '). ^11 suo vero amore è l'amore dell'eterno e del divino, Vamor Dei infelledualis, onde precorse quel grande mistico della filosofia intellettualistica, che fu nel secolo successivo Benedetto Spinoza. Nuovo misticismo, che se fo ; : : ; male fa raccostare il nostro filosofo ai neoplatonici, benchò sia innegabile, anzi notevolissimo, l'influsso della loro filosofia su quella del Bruno. La conoscenza del divino propugnata dal Bruno non è estasi, o unione immediata, benché abbia per suo termine appunto l'unione, onde lo spirito, egh dice, «doviene un dio dal contatto intellettuale di quel nume oggetto » ') ma è un processo razionale, un discorso dt^l' intelletto, ; *) Lo Spaccio della bestia trionfanif, in Opere italiane, ed. Gentile, Bari, Laterza, 1907-8, II, 4. ^. ') De l'infinito, universo e mondi, \n Opere italiane, I, 262. ') Eroici furori, in Opere italiane, II, 333. e propria filosofia. Egli bada bene a distinguere l'eroico furore, o processo sopramondano dello «certa divina astrazione, per cui dovegnono spirito in due alcuni megliori in fatto che uomini ordinari » specie ben diverse ima, per cui «altri, per esserno fatti stanza de dei o spiriti divini, dicono e operano cose mirabili, senza che di quelle essi o altri intendano la raggione e tali per l'ordinario sono promossi a questo una vera — — : ; da l'esser stati prima indisciplinati e ignoranti ; nelli quah, come voti di proprio spirito e senso, come in una stanza purgata, s' intrude il senso e spirito divino ». I profeti, insomma, gì' ispirati, gì' invasati da Dio, i mistici veri e propri, che si annichilano in Dio con l'impeto dell'amore. L'altra specie è quella, per cui i filosofi si sollevano razionalmente alla cognizione del divino onde, «altri, avvezzi o abili alla contemplazione, e per aver innato un spirito lucido e intellettuale, da uno interno stimolo e fervor naturale, suscitato da l'amor della divinitate, della giustizia, della veritade, della gloria, dal fuoco del desio e soffio dell'intenzione' acuiscono gli sensi e nel solfro della cogitativa facultade accendono il lume razionale, con cui veggono più che ordinariamente. E questi non vegnono al fine a parlar e operar come vasi e istrumenti, ma come principali artefici ed efficienti ». Tra i primi, che sono, come ho detto, i vori e propri mistici, passivi verso la divinità che albergano, e i secondi, che realizzano in sé : ; spirito divino, non occorre dire per chi parteggi l'autore della Cabala del cavallo pegaseo e deW Asino « Gli primi cillenico, satire amare della santa ignoranza lo : son degni come gli che porta li sacramenti secondi come una cosa sacra. Nelli primi si considera e vede in effetto la divinità, e quella s'admira, adopra e obedisce.Ne^li secondi si considera e vede l'eccellenza della propria umanitade ». l'asino, ; L'eroico furore di Bruno non è, dunque, come egH ci dice, un «oblio, ma una memoria ». Anche lui, stesso / 17 — 16 — 1 la volontà, tale è la letta in vero, dirà enfaticamente nell' Oratio valcdidoria, veche marzo 1588, r8 Wittenberg all'Università di stuldere Minerva est caecum fieri, per hanc sapere est tum esse *). Ma tale cecità e stoltezza è la cecità e inconstoltezza a cui tutti i filosofi devono andare alla filotro volenterosi, se aspirano sinceramente valori è la cecità e stoltezza per la realtà e i sofia gli empirici, che non possono essere la stessa realtà e della filosofia. Pure, con questa cecità e : valori può è troppo evidente che il filosofo non empinci, più operar nel mondo della realtà e dei valori a cui egli si è sottratto. Il suo mondo è, in un certo senso, fuori di questo, in cui gli uomini ordinariamente stessi stoltezza agiscono. se è In filosofo, pratici. altri termini, interessi Questo fu il il filosofo pratici, cioè i non può avere, comuni interessi pensiero vivo di Bruno. II. Soltanto tenendo presente questo concetto della sopramondanità della filosofia, si può intendere l'atteggiamento del Bruno verso la Riforma e verso la atteggiamento, in cui si concentrano Chiesa romana : sua risultati del suo filosofare e si configura tutta la grandezza storica. ^ei dialoghi De V infinito, universo e mondi, dopo aver dimostrato la necessità dell'effetto infinito dell' inpossibilità finita potenza di Dio, e negata quindi la tale è l'atto, «quale è perchè volere, del dell'arbitrio i potenza », soggiunge : « Tutta volta lodo, che alcuni degni teologi non admettano questi perchè, providamente considerando, sanno sillogismi che gli rozzi popoli e ignoranti con questa necessità vegnono a non posser concipere come possa star la ; elezione e dignità e meriti di giusticia; onde, confidati o disperati sotto certo fato, sono necessariamente sce« Quel che è vero, è pernicioso leratissimi ». E ancora : alla civile conversazione, e contrario al fine delle leggi ; per esser male inteso, tanto non per esser vero, ma per quei che malignamente il trattano, quanto per quei che non son capaci de intenderlo, senza iattura di costumi ». verità della filosofia, insomma, è solo per la stessa fiosofia. La verità della vita pratica, e della religione, in quanto istituto sociale e chiesa institutrice dei popoh,può e talvolta, secondo il Bruno, deve essere una verità diametralmente opposta alla verità della filosofia. Bruno dunque, il fastidito, potete voi immaginarvclo montato sul proscenio d'un teatro per esporre la nolana filosofia ad un'accolta di sodaHzi popolari ? Certo, egli per suo gusto non sarebbe mai entrato in contrasto con i degni teologi, che insegnavano dottrine contrarie alle sue. E quelli, che oggi del nome di Bruno si servono per combattere essi i degni teologi del tempo nostro, e per combatterh non nel giudizio pei quali le dottrine di questi teologi dei filosofi, appartengono a un passato lontano, che forse non ocanzi nel giudizio degli onesti corre più criticare ; La — — operai delle città e delle campagne. Bruno li avrebbe bollati, come nel De l'infinito bollò i luterani propagatori della dottrina De servo arbitrio, chiamandoli i-corrottori di leggi, fede e religione », i quah, «volendo parer savi, hanno infettato tanti popoli, facendoli do- venir più barbari e scelerati, che non eran prima, dispreggiatori del ben fare, e assicuratissimi ad ogni *) Vedi Opera laiine conscripia (ed. nazionale), I, i, 7. 2 — Giordano Bruno e il ptnuer« del Rinaiciment» — i8 — 19 vizio e ribaldaria, per le conclusioni che tirano da simili premisse » ^). Bruno, « non « Le vere proposizioni », protesta il son proposte da noi al volgo, ma ai sapienti soli, che possono aver accesso all' inteUigenza di nostri di- questo principio de pende, che gli non men dotti che religiosi teologi giamai han pregiudicato alla libertà dei filosofi e gli veri, civili e bene accostumati perchè gli filosofi sempre hanno faurito le religioni uni e gli altri sanno, che la fede si richiede per l' instituzione di rozzi popoli, che denno esser governati, e la demonstrazione per gli contemplativi, che sanno go- Da scorsi. ; ; V(prnar sé e altri » ^). F a u r i r e le religioni! Ecco un principio della filosofia bruniana, che non si dovrebbt^ dimenti- / care legge, Bruno. Pel Bruno non c'è Stato, senza religione. Quell'assurdità, formula con la frase, vuota d'ogni senso quando si non e' è che oggi si fa appello al speculativo, di « Stato ateo », per Bruno era appunto un'assurdità. Lo Stato dev'essere, fx?r essere qualche cosa, una sostanza etica. Ora, questa sostanzialità, che è sempre divinità, perchè Dio è per l'appunto la realtà assoluta, la realtà che è principio di tutte le qresta realtà, ossia il fondamento d'ogni sostanziaUtà sostanzialità, dico, si potrà, concepire diversamente e oggi si deve concepire non Come un di là rispetto alla : volontà, ma come l' intima essenza della volontà stessa ma negarla, è negare la realtà dello Stato, scalzare la legge, e distruggere quel valore che si vuol rivendicare. Bruno all'uomo vaso di Dio contrappone, come s' è veduto, l'uomo artefice ed efficiente di Dio, sacro per la sua stessa umanità. Questa negazione, non del divino, ma solo della trascendenza del divino, im- umana ; ì *) Opere *) Op. italiane, cit., I, — porta, se mai, l'unità della legge e dello Stato con la non la separazione, che oggi si proclama, e quindi l'eliminazione del divino dalla legge e dalla vita civile. E forse gli stessi propugnatori dell'ateismo dello religione, Stato intendono negare piuttosto il Dio trascendente che ogni Dio. Ma, anche in tale supposto, il Bruno non può dirsi che sia con loro. Perchè siffatta immanenza basterà, pel Bruno, alla «demonstrazione de' contemplativi, che sanno governar sé ed altri », non alla «instituzione dei rozzi popoli, che denno essere goveril concetto dell' immanenza come il connati ». Cioè cetto dell' identità della libertà divina conia sua necessita razionale, non è negazione di Dio soltanto per lo spirito veramente libero del filosofo, che non ha la legge fuori di sé, anzi è già la stessa \eggQ (onde governa sé ed altri) ma negazione di Dio è per lo spirito incolto ancor lontano dalla libertà assoluta, e che ha perciò tuttavia la legge fuori di sé. A questo spirito, per cui la : ' ; ' legge dev'essere legge positiva, per cui il diritto dev'essere diritto punitivo, per cui la legge, insomma, è ancora qualche cosa di diverso dal volere che le è subordinato, r immanenza del divino non ha senso la legge lo Stato, fatta dagli uomini non ha niente di divino istituto umano e nient 'altro che umano, apparisce real: ; mente ateo. e se in questi il razionalismo bruniano termini sa di clericale, pongasi mente a quel che si di- Questo è : ceva dianzi il Bruno non si muove sullo stesso terreno, clericali e i su cui si schierano gli uni contro gli altri cosiddetti liberi pensatori. Questi sono partiti pratici, ed egli è al di sopra di tutti i partiti, studioso dell'eterna verità. I partiti hanno una ragione storica contingente e Bruno, in quanto filosofo, è fuori della storia. E fuori della storia afferma questa verità, in cui clericali e liberi : i pensatori, se vogliono filosofare e seguire il pensiero non e' è del Nolano, devono certamente consentire legge che non sia legge assoluta e che non sia quindi 293-4. : pag. 2Q5. Spl^.st- -.-,- -T --- hijWp' 4' 1 — religione ora, c'è ; una 20 — — che è la filosofia per cui l'uomo crea a sé il suo Dio e c'è una religione dei popoli, che è la religione propriamente detta, del Dio ignoto, che crea l'uomo, e la sua legge, e la sua buona volontà e, quindi la sua stessa conoscenza di Dio. Una legge senza nessuna di queste religioni non è legge uno Stato fuori di tutte le lehgioni, non ha valore di Stato. Lo Stato del filosofo non è Io Stato del popolo e se lo Stato è Icf Stato del jx)polo o, per le meno, ha da essere anche lo Stato del popolo, non può separarsi dalla religione del popolo, è un perciò le o ; i progressivo, umanità, il ; ; ; ; spirito, il definitivo; e Sa lui accennata già quando di religione. f)arla di rehgioni, r . j n r Spaccio della besta trionfante, deìÌB. rehPergione di Cristo, raffigurato in Chirone, vi dirà « e quechè l'altare, il fano, l'oratorio è necessarìissimo, però qua viva, sto sarrebe'vano senza l'administrante dispone alnon se eterno, persevere qua rimagna, qua il valore del cnstiatrimente il Fato » *). Vale a dire spenesimo non consiste propriamente nell'essere quella come E reUgione. una nell'essere ma ciale religione che è, religioni, in quanto adorazione il cristianesimo, tutte le hanno pc^ Bruno un assoluto valore a . nello : ; : cui ci progresso dello spinto nei popoli civili verso la filosofia quindi la ferma, per quanto spesso oscura, certezza che l'avvenire non è de' teologi, ma de' filosofi, per dirla con i termini del Bruno non è dei clericali, come oggi si dice, sì dei difensori della laicità dello Stato. Ma questa certezza, nella scienza consapevole della natura dello spirito umano, non promette una vittoria, come si dice, catastrofica, per cui tutte le religioni positive cederanno p* r sempre il luogo al senso filosofico, intimamente religioso, della divinità dell'uomo ma una infinita evoluzione dello spirito religioso verso la filosofia come a dire, un infinito progresso nell'orientazione filosofica della vita pratica. Progresso, che, in quanto infinito, non avrà mai termine onde una qualche sorta di clericali ci sarà sempre, diversa dalle passate, ma viva, invincibile, insuperabile. Perchè, secondo il detto profondo del leopardi. pure, conti, è Ma, lento, lentissimo ha parlato il Bruno, che è pcT se stessa sacra. Quindi, diciamolo di dello Questa variabilità storica delle forme religiose, con de.' popoH, quali il Bruno sostiene che gì' institutori come oggi si direbbe, le classi dirigenti devono fare e non senza restare agli occhi di esso destituito d'ogni valore. C^rto, la storia, lo ^viluppo graduale della pubblica cultura, elevando a poco a poco la coscienza popolare e il suo concetto del divino, genera via via il contrasto tra il contenuto sempre nuovo e la forma sempre vecchia delle pubbHche instituzioni. Quindi l'atil ideale generale : realizzarsi di qu( Ila momento non può esser mai una realtà empiricamente m determinata, una condizione storica dello spinto ; ma — poco filonessun maggior segno d'esser poco savio e la vita. La filosofia tutta filosofica e savia voler che sofo, religione dei contemplativi, dei filosofi, trito de' partiti, e 21 V del divino, Onde, prescindere dalle loro determinazioni particolan. nello stesso della religione naturalistica degli Egizi vane fanSpaccio, dice che «que' ceremoni non erano proprie orecchie tasie, ma vive voci che toccavano le perchè, « sì come la divinità discende in degli' Dei certo modo » ; per quanto che si comunica alla natura, cossi per la così alla divinità s'ascende per la natura, vita che alla monta si naturali cose vita rilucente nelle Dio essoprasiede a quelle ». «Conoscevano que' savi nella natura, latente divinità, la e cose nelle sere oprandosi e scintillando diversamente in diversi sugordini venir getti e per diverse forme fisiche con certi ; , a far partecipi di sé» *). ; «) ») Opere Opere ital., II, ital., II. 209. 175-^76- — 21 — — 20 — di jdb^ione ; <gci^ c'è i Mmoé^ eie è la £i3c> ivi. olì V poc^ savio e pODO XK^ssun maggicir segano d > io, che vc.j-racwu^ t un Tn r, poofi» fl^Mi p: , jtta la deBo spUto^ ìfésBilt il Tina naltii V — Lw filo- La filosofia definitivo: * vita.. C-- ment: ^ :Stt!SnC3l lac: J?^ hm è fo Siato <^^ |S0fKil0 o^ per le aeiua ficaie a^^' Certo, la ^ dd flosDfi» Siato. Lo Sitalo ilo ; e sr lo Siato è'kf Siato del ^a di esKie andie lo Siato del -^ dalla idlìgpoiK; del popolov -^ destFtnito d'ogtà ^sdoR*. -viluppo giadoale: de^Da pob, st Uka cahura, ekvaiKio a poco a poco la cosdema poil suo concetto del cfivino, genera via via il contrasto tra il cont^ nuto sempre nuovo e la forma sempre vecchia delle pubbliche instituzioni. Quindi l'atpolare e trito de' partiti, e realizzarsi di qu( Ila il progressivo, umanità, ma di lento, lentissimo cui ci ha parlato il se stessa sacra. Quindi, diciamolo progresso dello spirito nei popoli civili verso quindi la ferma, ptr quanto spesso oscura, la filosofia certezza che l'avvenire non è de' teologi, ma de' filonon è dei clerisofi, per dirla con i termini del Bruno cali, come oggi si dice, sì dei difensori della laicità dello Stato. Ma questa certezza, nella scienza consa- Bruno, che è per pure, il ; ; pevole della natura dello spirito una le vittoria, religioni come si umano, non promette dice, catastrofica, per cui tutte positive cederanno pt r sempre il luogo al senso filosofico, intimamente religioso, della divinità ma una infinita evoluzione dello spirito dell'uomo come a dire, un infinito religioso verso la filosofia progresso nell'orientazione filosofica della vita pratica. Progresso, che, in quanto infinito, non avrà mai termine onde una qualche sorta di clericah ci sarà sempre, diversa dalle passate, ma viva, invincibile, insuperabile. Perchè, secondo il detto profondo del leopardi. ; ; le o„ qsdì il DonoSL Br. co» cn -•^ -doprfa^ i coati,, è Iblr e oon di nS^ m CìufaDe^» tì dora: #^rdi Oslo,. T^S^gaaìio il fiiK»,. rotatorio è nccessarnssuiai^ e qpne^ sto sarrebe \'Eno sen» Tadministrante ; però qua viva^ qua rimagna, qua perse vere etemo, se noa dispone alil valore del crtstia^ trimente il Fato » *j. Vale a dire nesimo non consiste propriamente nellessere quella spe- pQn^ che Taltare^ : ciale religione chi è. ma nell'essere una religione. E come adorazione il cristianesimo, tutte lo religioni, in quanto del divino, hanno pel Bruno un assoluto valore, a prescindere dalle loro determinazioni particolari Onde, della religione naturalistica degU Egizi nello stesso . Spaccio, dice che «que' ceremoni non erano vane fanma vive voci che toccavano le proprie orecchie perchè, « sì come la divinità discende in degli Dei » certo modo per quanto che si comunica alla natura, così alla divinità s'ascende per la natura, cossi per la vita rilucente nelle cose naturali si monta alla vita che soprasiede a quelle ». «Conoscevano que' savi Dio ese la divinità, latente nella natura, sere nelle cose oprandosi e scintillando diversamente in diversi suggetti e per diverse formo fisiche, con certi ordini venir tasie, ; ; a far partecipi di sé» ; .A idiein^ ») *) Opere Opere *). ita!., II, 209. ital., II, 17.5-^76- % ^«r.. V — E tro 22 nisce, che non si deve badare divinità; giacché, in realtà, Giove come . \ \ £^ ' — 23 — del politeismo greco interpetrato, come per alcristianesimo stesso, evemeristicamente, ammo- il vinità — come i posticci della ma quell'uomo non viene celebrato altro che il nome e representazion della dività, che con la natività di quelli era venuto a comunicarsi agli uomini, e con la morte loro s'intendeva aver compito il corso de l'opra sua, o ritornata in cielo ». Le forme diverse della religione hanno un valore contingente e storico e questa vicissitudine delle forme non pregiudica l'essenza della loro divina sostanza. « Cossi h numi eterni (senza ponere inconveniente alcuno contra quel che è vero della sustanza : divina) hanno nomi in altri tempi temporali altri e altri, e altre nazioni: come possete vedere per manifeste istorie che Paulo Tarsense fu nomato Mercurio, e Barnaba Galileo fu nomato Giove non perchè f ussero creduti essere quo' medesimi dei, ma perchè stimavano, che quella virtù divina, che si trovò in Mercurio e Giove in altri tempi, all'ora presente si trovasse in questi, per l'eloquenza e persuasione ch'era nell'uno e per gli utili effetti che procede; vano da l 'altro e la divinità in crocodilh, galli e altri la quale, in certi tempi e tempi, luoghi e luoghi, successivamente, e in; suggetti, Data questa convinzione, che il Bruno aveva, dell'equivalenza pratica, e però contingente, di tutte le religioni, qual meraviglia che egli, giunto nella Ginevra di Calvino nel 1579, dopo esser stato costretto ad uscire dalla religione domenicana per effetto dei primi processi attiratigli dalla sua indifferenza verso gh ammiavendo quivi appreso danicoli del culto cattolico ; che vi erano rifugiati, che «non poteva star lì longo tempo, se non si risolveva de accettar la qual meraviglia, che egli religione di essa ci+tà » ^) per un momento abbia creduto di potere abbracciare il calvinismo ? Non sappiamo se nel 1579 ^^ ^^^ giudizio sui dommi della Protesta si fosse formato (quello che abbiamo accennato, appartiene al 1588) ma se, come è probabile, il Bruno giudicava sfavorevolmente fin d'allora i due principii della Riforma tra loro strettamente connessi, della negazione del Ubero arbitrio e dell'assoluta giustificazione per la fede certo è che in Ginevra, gr italiani, : : ; ». « Ecco, dunque », conchiude Bruno, « come mai furono adorati crocodilli, galli, cipolle e rape, ma gli Dei, sieme insieme, 111. «non adoravano adoravano la diGiove. Di maniera che di questo e lui fusse la divinità, fusse in nomi ai Greci si trovò, si trova e quantunque siano mortali si trovarà in diversi » \). pavet saturam serpentibus ibin, aurea cercopitheci, dimidio magicae resonant ubi Meninone chordae atque vetus Thebe centum iacet opruta portis. Illic aeluros, hic piscem fluminis, illic oppida tota canem venerantur, nemo Dianam; porrum et caepe nefas violare et frangere morsu o sanctas gentes quibus haec nascuntur in hortis pars haec, illa effigies sacri nitet ; numina.... *) A in q. Opere Hai., II, 177. chiarimento delle allusioni ai 1. Aegyptos portenta colat .\ : ? crocodilon adorat cfr. Prudent. Perisi., io, 253-265. Pel Satira XV, i-ii per le cipolle coccodrillo, Cic. Tusc. V, 68; Herod. II, 69 i cfr. anche Minucio Felice, Octav. 28. veneti in Berti, Vita di G. Bruno, 2» edi*) Documenti ; culti egizi, che ricorrono basti ricordare i seguenti versi di Giovenale Quis nescit. Voi usi Bithynice, gualia demens ; zione, pag. 394. 1 V ' — 24 - — dove sola religione era quella di Calvino, Bruno doveva preferire il calvinismo ogni religione. Non la coscienza di all'asst^nza di già, s'intende, per motivi schiettaper quei motivi che soli paion degni al Bruno, come s' è veduto, di valere a difesa d'ogni religione, in quanto istituto sociale i motivi pratici. mente religiosi, ma : Per Bruno, come pel Campanella un paese ^), la religione insomma, come la costituzione politica e la legge positiva di un popolo le quali si possono criticare in astratto, ma devono essere osservate in di è, : concreto, come dotate di valore assoluto. E le controversie religiose, suscitate dai Riformatori, « questi grammatici come li chiama sprezzantemente il Bruno — — che in tempi nostri grassano per l'Europa », sono dal Bruno condannate massime per le discordie, le guerre, i danni sociali che venivano a produrre. «Veda Giudizio) dice Giove nello Spaccio, «se apportano altri frutti che di togliere le conversazioni, dissipar le concordie, dissolvere l'unioni, far ribellar gli figli da' padri, gli servi da' padroni, gli sudditi da' (il Tra' popoli », si mantiene per la diversità animi » dice il Campanella sicché «quante fiate i Principi daran libertà di osservare qualsivoglia sorta di religione, subito diventano tante opinioni, quante sono teste di uomini onde nascono discordie e gare, alle quali i principi ne sempre, né bene possono rimediare, perchè restano sempre i cuori discordanti, donde le guerre de' corpi e le liti de' beni nascono». E, «se Ginevra, Sassonia con Inghilterra han questa setta tenuta, han però escluse l'altre per star unite dentro, e ciascuno di questi domimi ha la sua a suo modo e le loro osservanze non dalla setta, ma dalla politica dependono Dialogo politico contro Luterani. Calvinisti e altri eretici, in Fiorentino, La rif. relip. giudicata dal Campanella in Studi e ritratti della Rinascenza, Bari, Laterza, 191 1, pag. 402 e 404. Vedi pure G. S. Felici, Le crig. e le cause della Riforma secondo T. C, nei « Rend. della R. Acc. Lincei « (classe se. mor.), voi. VI, 1897. Una pessima edizione di questo Dialogo e deU' Apologia di Galileo del C. è stata fatta da D. Ciampoli (Lanciano, Carabba, 191 1). *) di u reli^on*». la separante inimirizia gli — superiori, mettere scisma tra popoli e popoli..., frateUi e fratelli.... E in conclusione..., portano, ovunque entrano, il coltello della divisione e il fuoco della dispersione, togliendo il figlio al padre, il prossimo al prossimo, l'inquilino a la patria e facendo altri divorzi orrendi e contra ogni natura e legge »*). Sciolta da Lutero l'unità degli animi cementata dall'unità delle credenze religiose, i nostri filosofi vedevano prevalere certe tendenze individualistiche, che sono le forze dissolvitrici degli organismi sociali. E il Campanella, fiero avversario della Riforma, notava piacevolmente che « ciascuno pare farsi grande, quando una nuova opinione trova intanto che ci fu un Polacco, che voleva credere ad una religione a cui nessun e quando vedeva, che alcun altro rialtro credesse onde non scontrassesi con lui, si lagnava grandemente la comunicava, acciò non avesse compagnia nella credenza, come che Cristo per lui solo fosse morto » ^). L'interesse pratico sta, dunque, al di sopra delreligioso, e propriamente speculativo, sicl' interesse come noi l'intenderemmo, delle singole confessioni ree per quelì' interesse pratico a Ginevra il Bruno ligioso onestamente non avrebbe potuto non abbracciare il : ; : : : ; 1 25 ; •>. calvinismo. così ninna meraviglia, se nel citato discorso d' addio recitato nel 1588 a Wittemberga, dove la nuova rein quell'Università tutta piena delle ligione era nata memorie di Lutero, che in essa, insegnando, aveva intrapresa la critica della tradizione pelagiana della E : scolastica in quella Università, che lui ramingo, venuto da Parigi per Magonza e Marburgo, accolse ospitale e sottrasse alle ingiurie della povertà, appunto pel favore : Spaccio, in Opere ital, II, 87. Cfr. la dedica all' imp. II degli Articuli centum et sexaginta adv. mathewaticos atque philosophos, in Opera, I, in, 4. *) Dialogo cit., in Fiorentino, pag. 405-6. *) Rodolfo lì. %,„.„ '''(w'^fewS-j ^.V; w - ^ — 26 — — 27 dei luterani, che allora vi prevalevano, e gli permisero pubblici corsi di filosofia, senza chiedergli conto della sua religione (neqiie.... in vestrae relligionis dogmate prohatum vel interrogatum) *) niuna meraviglia che, ; \ sdebitandosi dopo due anni di studi tranquilli potuti proseguire mercè quei luterani e rivolti a compiere forse talune delle opere maggiori cui egli intendeva raccomandare il suo nome, onorato pubblicamente come mai era stato in ragione della sua alta intelligenza e della sua vasta dottrina sciogliesse un inno alla gloria maggiore di Wittemberga, al « Nuovo Alcide, sorto su coleste rive dell'Elba, a trascinar fuori dall'Orco tenebroso alla luce del sole il nuovo Cerbero insignito di triplice tiara, e costringerlo a vomitare l'aconito, trionfando delle porte adamantine dell'inferno, di quella città chiusa da triplice muro, e per nove giri stretta dall'onda stigia che vi scorre per entro »*). Ouest'elo; *) Vedi liana, in al De Lampade combinatoria latine conscvipta, II, ii, 231. prefazione la Opera : peremptum vides, ille ? Unde ciato d' Itaha, era andato p<^regrinando per ogni parte d'Europa in cerca di pace al suo amore e al suo culto della filosofia, era stato reso hberale omaggio al suo amore umano spirito di universale \), al suo titolo di a questo titolo, onde, nella preprofessione filosofica fazione d'un libro dedicato proprio al rettore e al senato «io voaccademico dell'Università di Wittenberg glio », diceva Bruno, « più che di qualsiasi altro godere ; — e vantarmi, tamquam minime schisniatico et divortioso, minimeqite temporibus, locis occasi onibusque subiecto ? » In quella Atene tedesca egU con ammirazione aveva vos, et ille solem. Hic Stigius ille canis coactus est aconitum e vomere. Hic vester et vestras Hercules de adamantinis inferni portis, de civitate illa triplici circumdata muro, et quam novies Styx interfusa coercet, triumphavit. Vidisti, J^uthere, lucem, vidisti lucem, considerasti, excitantem divinum spiritum audisti, praecipienti illi oboedisti. borrendo principibus occurristi, verbo oppugnasti, repugnasti, obstitlsti, restitisti, vicisti, et hostis superbissimi spolia atque trophaeum ad superos evexisti ». me suscepistis.... hominem.... ncque in vestrae *) «Vos atque regibus inimico inermi relligionis quod non dogmate probatum vel interrogatum, scd tantum hostili, sed tranquillo generalique philanthropia praeditum spiritum, philosopbicaeque professionis titulum quo tamquam minime schismatico et divortioso, minimeque temporibus, locis occasionibusque subiecto, maxime gaudere glonaque volo prae me tuli et ostendi « Jpref al De Lampade combinatoria, in Opera II, 11, 230-31). È da notare questa philantropia, propria degli spiiiti che sono al di là di tutte le forme religiose, in contrapposto alla misantropia dei prom.osugge sti&ne misanthrotori della Riforma, generatori di scismi pon spirituttm ministerioqiie Erynnium infernalium » Opera, I, . de clava Unde gio di Lutero, puramente rettorico e privo d'ogni allusione al contenuto particolare della sua Riforma, che altro può essere se non l'espressione del \dvo senso di gratitudine e di ammirazione, che l'animo del Bruno doveva naturalmente provare verso questi seguaci generosi di lui, dai quali per la prima volta, dacché, cac- Lv.l- Opera, I, I, 20-21 «Cnm fortis ille armatus clavibns et elise, fraudibus et vi, astubus et violentia, hypocrisi et ferocitate, valpis et leo, vàcarius tyranni infernalis, superstitioso cultu et ignorantia plus quam brutali, sub titnlu divinae sapientiae '^^t simplicitatis Deo gratae, inficeret universum ; et voracissimae bestiae non esset qui auderet adversari et obsistere contra, prò disponendo indigno et perdi tissimo saoculo ad meliorem et feliciorcm formam atque statum, quae reliqua Europae et mundi pars protulisse potiiit illum Alcidem, tanto ipso Hercule pracstantiorem, quanto faciliore negocio et instrumento maiora perfecit ? An non enim etiam perfecisse dicam eum, qui tam strenue atque frugaliter negocium tam egregium est adorsus ? Si quippe maius et longe perniciosius monstrum omnibus, quae tot antf^ seculi extitere, *) -~ ? noli quaerere, Ex penna Germania, ex fuit. ripis istius Albis, ex ubertate fontis istius. Hic triplici illa thiara insignem tricipitem illum Cerberum ex tenebroso eductum Óìrco vidistis : ^^ : III, 4. I ' I ^^V&^^Ì^A^i^ »^«P9BS^pfeÈ^^'^^-fe^'^'«*'--^"H*'* p-^-^^-^mi^^ feF^U'. ^ 'ì-^iwinse^selfeMs^,^ i i i4S- — prima visto f)er la volta, 28 riservato, Perchè, se anche li, — spinto, indole, costume della sua — — non una scuola privata, e quasi ma una università vera. un conventicole il r'ojwi^^E'W*- 'J egli confessa, — secondo da amore troppo acceso Bruno aveva proclamata nelle delle proprie idee, il sue pubbliche lezioni dottrine, che spiantavano la filosofia non solo da quei professori approvata, ma da più quei professori, tutsecoli e quasi per tutto ricevuta di dottrine siffatte, t 'altro che amici per loro istituto non arricciarono il naso, non acuirono le zanne né contro di lui si enfiaron le gote, né strepitarono i pulpiti, come già a Tolone, a Parigi, ad Oxford *) non divampò il furore scolastico. « Illibata », dice il Bruno a quei professori con nuova parola gloriosa: «illibata voi custodiste la libertà filosofica, né macchiaste candore della vòstra ospitalità»^). il Al Lutero maestro di questa università vera, in cui la religione tollerava la filosofia, riconoscendole il diritto che^le è proprio della libertà, a questo Lutero il Bruno rende qui un elogio meritato secondo la sua coscienza di pensatore. La quale al di sopra di tutte le religioni colloca la religione, come intuizione e adorazione del divino e al di sopra del rapporto mistico dell'uomo con Dio. proprio della religione, riconosce un altro misticismo, onde l'uomo a Dio si eleva per gradi intellettuali e razionale discorso, mercé il furore della filo- Né anche questo elogio contrasta con della Riforma finito e dello — 29 egli aveva i che giudizi recati nei dialoghi De l'in- Spaccio. IV. ; ; ; ; sofia sul valore delle tien conto delle idee del Bruno che le sue pensare può si anche nò religioni positive, Venezia al S.UfdicMarazioni e la sua sottomissione di alla eroica fermezza del marfizio, detraggano nulla La genuflessione di Bruno tire di otto anni appresso. non del filosofo, ma genuflessione, la è ludio 1592 ^o del spontaneamente già quale il Bruno, del povero Filippo Se si - non aveva che 44 anm, aveva pensato che per lui della sua intelmaggiore vigor nel sentirsi e doveva fermarsi una di stretto più hgenza e nel bisogno era nato possibilmente sotto il benigno cielo, dov ; voltadal cielo, e posta insieme in quella «regione gradita globo, governatnce e talvolta capo e destra di questo sempre da ^oi ed ale generazioni, dell'altre domitrice e madre di tutte le nutrice stata stimata maestra, tri •'*). spazzasse d'Augia reclamanti un Ercole che le puro l^to negativo delquesto a arrestarsi m^yteva^^^ propostto del e {Marcello Palingenio Stellato a l^ope^a sua Riforma, la con ^^/'!;relazioni sue aslerlte storicamente mgegnosa, ma ^"3^^f^Ve 180- 1^ 362). L'osservazione , e Bruno ammira, fino a non 'mi'sembra esatta. È veA> che il riforma l^^temna un certo punto, il lato negatilo della ^ '^^'^'d^ctona, .e sx coi^^^^^ significato del passo deW'Oratio non quello molto spccia e e ne» contesto non può essere se osservanor^e ; delle Circa il suo insegnamento ad Oxford, vedi la mia nota Opere italiane, I, 97. *) Opera, II, 11, 232-3. 3) «Bene potevano >s notò il Fixicr, a proposito di questo elogio di Lutero che ricorre aìVOratio vnledictoria, a i nostri pensatori del Rinascimento ammirare in Lutero l'eroe dell'emancipazione del pensiero e della coscienza religiosa dal giogo papale, il flagello della corruzione d'una chiesa che, forse giusto nel tempo che seguì la Riforma, doveva, massime cui la rimiiasse cogli occhi del cruccio, pivi che m.?i dare imagine *) in >> ; poi cotesta io ci vedo. Tanto meno nostri 1?^^^^^^^", corrisponde alla mente di altri .^;^^dTce dice Lutero che di ^f mento e ne anche in particolare, a quello ^rsSche - il % stalle Palingenio sulla fine del lib. X dello Zodia<^us vxtae. ^^ !WW*«»*«»taBW , *«=^ a#>«y**.. .. — ^i — — 30 — modestie e cortesie» *) virtudi, discipline, umanitadi, l'assoluche per lui il meglio era cercare d'ottenere «la grazia di poter zione de' suoi eccessi passati, e »^). in abito clericale fuori della religione ; — vivere Se n'era aperto col Padre reggente fra Domenico depose da Nocera il quale, interrogato dal S. Uffizio, pochisappunto d'aver incontrato il Bruno quando da ; sette o otto mesi simi giorni era giunto a Venezia, ossia detto, « che teneva avergli questi e processo del prima comporre un pensiero risoluto quetarsi e dar opera a quello poi, con mezzi libro che teneva in mente, e : : apprescntado a importanti di favore accompagnato, e vedesua Beatitudine e da quella octiner grazia.... Roma; re al fine di posserse rista re in licterale, e e ivi darse all'esercizio mostrare la sua virtù, e di accapare ; {orsi alcuna lectura»^). E terminato ind'andarlo Delle sette arti liberali, la fretta quel Ubro a stampare a Francoforte, fatti il motivo Mocenigo, Zuane che spinse quel tristo Antonio, a denunfìllio del chiarissimo messer Marco uomo fu, com' e noto, di messcr maestro all' Inquisizione, per precipitario nel preparato baratro che lo doveva inghiottire. E il libro, impetrasse il perproprio con questo animo, che gli secolare (non dono papale e la riammissione nel clero Regulan, nella nell'ordine suo «acciò ritornando tra' fosst^ mia Provincia, non mi fosse rinfacciato che 10 tutti )») era stato apostata, e così disprezzato da che il S. Uffizio ne^ga stato, con altri suoi manoscritti consegnato ali Instudiosi degli tuttavia al diritto ziare il — — Sicché, anche a *) ") 3) ^) m non tener conto della sua dichiara- Opere italiane, i, 152. Dece, veneti, in Berti, pag. 396 Docc. cit., in Berti, pagg. 397-8Vedi Docc. cH., in Berti, pag. 227. i. ^- , ; S S'è u alle Signorie illustrissirn-> Ltone Serata rappresentanU L aveva, queiia gtuu moralmente Jtta^- -^-^P^t Hp tutti U errori commessi e » *). imminenza di pene.l aveva nei sure di minacce, senza tuttavia ali «degno Mo l'animo già mentre insegnava ignora^^ e se mondo) (nel v'era chi «non ^n ceS cattolica gli che la ninna relieione che fosse buona che questa ancora aveva ma altre, ddle paceva p a«va P" P^ . g che non stava bene cosl»^l giàaltrove. aA^he a Venezia come ; , SSa^a dKd:rf L fu una debo'"^'^r^Ss^^^S^^. tanti ammiratori del carat- come lezza è pur sembrata a anirno^che per le sue idee diede Venezia A necessario. quando ciò divenne vud, 4ua mente mentt la vita «rondo pensava il cnn^ta seconuojx sonata, era non l'ora del martino pel quale a Dcr Quello stesso motivo ^cf,-.^ fiin<;nfo tere dq^st' uomo, far nnewa eg^ r^ofaveva dovuto calvinismo al Sr4''^rTderii. forza alla propria Vivere .Roma. cattedra, e negli uituiu .^nmV^li desiderava avervi una ^tervn attend r lua vita travagliatissima defimtiva di quel ^ns^ero ; IS llH tranquillo alla sistemazione era P^"^lato^^^^ che tumultuosamente gh un decennio (1382-1592). monte nc'l breve periodo di filo<^fico, quisitore di Venezia. m Francia anni prima, aUa grembo tornare per fornente i passi del Bruno rne. pr.n. ch^^ Pa-cM commcigi erano CMercaUouL Sacro Tnbunaie venero pHì <;i trovasse in cospetto del bisogna dire l'avesse deliberata e la sua germflessione pur dal sospetto del prolontano Landò efa ancor poi fosse dis^sto. come e che da un pezzo ei perdono al Signore umilmente domandare fecf'* a già vari zioiie di pratiche fatte, ') al pag. 428. Docc. veneti, in Berti, e del Bertano. in Berti. Vedi" rie^Uioni del Ciotto pagg. 387 e 388. li . — 32 — diverso da Socrate, deUe leggi che condancontrastante aUa navano in lui la filosofia, anch'essa vigilia della morte fuggireligione dello Stato, e alla restare e subire la condanna re dal carcere, preferisce dovuto alle rispetto da lui praticamente filosofia lo che potendo sottrarsi sue opere a noi giunte, forQuale tutte appartengono le d.S grossi volum,. era ^o- P^-^^^^f per la eu, P-[^"'^ °'^';;/^; rientrare in quella Chiesa cerca ogni parte di ^-"ropam era andato ramingo per q"'^"^ ^ ^lesa g.i era rientrare E "? studi? di pace a'suoi ^g'' Sr^eonsentito senz.v dichiarare che "^-^^^^^^^^^^ della Chi^^ "^pc rant^ dommi i accettare E ? dommi non era per la sua h nel paese in cui si vuol vivere, E quand ancne ? strettissimo losofia obbligo morale contraddizione con le sue dotin fossero dommi nueS teraveva egh sostenuto, che nel Si^n ^^ trine filosofiche, non è eno rehgioso (che per lui il terreno^aale. del fossero, fondamento e garanzia reveinchinandosi Socrate, che forse viver civile ? religione di Atene che rente alle leggi, e quindi a quella trasformare, s infi^ a inteso aveva filosofo pur da abbandona egh forse quella O e mentisce anche lui ? O sua vita, e che anche sul letfilosofia, che è stata la serpeggerà pel il veleno gli mentre tuccio di morte, resterà a membra, le sangue e gli verrà raffreddando del premio oltrepromessa la con ora l'uhima contjlargli cogli scolari mondano nei ragionamenti sereni prodotti quella stessa filosofia, suniù fidi ? O non è piuttosto religione che pure in^riore a quelle leggi e a quella pratico delle leggi rispetto Tulca al cittadino ateniese il di ? Non era la stessa filosofia d'Atene religione e della le religiom partutte teoricamente Bruno, che negava valore nell' interesse pratico il pratico) :- ; ticolari, So^la ^^ ^.?' S" ^««0 adun^ punto di vista del cattolico. A"f filosofia sua, a giuoi la che apertamente, nuo pffli dice diverge dai domm. cristiani ?adk con Smrdella fede, difende contro i donami non Uffizio S. al dUronte ?;,^na filosofia egli è che il S. Uffizio, a V^enez.a, non ed esso non era speciale autorità sorbitò d"na 'sua teologica, bensì un neppur e filosofica un- università accettando *"^rir SZ:^ZÌ''^^^^^^^^. SandT trarla del pensiero umano, probabilmente su nessuno/e: gr^^^^^ rn"facSut'ò'mai ine civiltà^ Bruno, che s eroismi della storia ^eHa ^^^^ :m"rè della sua df^^iflettere ^^^;"-!^trpkerin':ff loTet ^^^lèìM: al potere inRiusta, pel quali che leeei dottnne i dommi dovevano prevalere sulle ' da quek Xrpotrlmo aveTe una filosofia diversaegli tenes^ pretendere^che potremo non ma del Bruno costinon era la sua. Nei ""g i fede a una filosofia che le sue a ette un muta egli "on uti del 2 e 3 giugno mai dichiara di non essersi rlnttrinc filosofiche, mentre a sempre avere per teologia tcupa o dt^topo^ito di etericonosce e 1 di filosofo teso ala sua professione jn-^-ibih dr alcune delle sue dottrine eie — 33 — richiamava, - è forse _» ma affermava e condannava gli sciassoluto di tutte le confessioni, dommatiche ; divergenze da smi e le guerre civili, nate ad accettare in il filosofo obbligava che essa, era non del paese ? Anzi che tutto il suo contenuto la religione contegno del il smentire la sua coscienza filosofica, manifestazione pracoerente più la è Venezia Bruno a tica di essa. A a tori . lui, ,, dommaUca con gì inquisi- per esser logico, doveva parere d imbranh competere in materia del mondo », come carsi egli stesso tra quei « stolti Cabala, «eh han formata nella sarcasticamente chiama legge la fede, la regola di la religione, gU ceremoni, la mondo.... che, per grazia del asini maggiori gli vitae corrotta fede, meditemerata la del cielo riformano gh de l'impiagata religione, e togliendo cano , le ferite _ Giordane Bruno e ti fnsiirc dtl RinaKimtntt. — 34 — — abusi de le superstizioni, risaldano le scissure de la sua veste giamai solleciti circa le cause secrete de le cose né « perdonano a dissipazioni qualunque de regni dispersion de popoli, incendi, sangui, ruine ed esterminii » ; né « curano che perisca il mondo tutto per essi loro ; »> ; • , la potersi spingere Jl » *)• Srm f ìlS " Questi gusti da riformatore non erano dell'indole, né della filosofia di : Bruno. no e studiati un uisitoriale, ne, febbraio hbn suoi i ritrattazioni, cioè, che n^ Ì 5 'Quando ficio in cielo, ed eterna avvenne, fu perchè dopo che se la condanna mini e mmi \^^^'^'.^ „ avere ; povera anima sia salva, purché si faccia l'edipurché si ripona il tesoro in quella beata patria, niente curando della fama e comodità e gloria di questa frale e incerta vita, per quell'altra certissima purché — 35 e i colpivano x^ -- Par aguzzando Padre Commissario, e^avevano messe ms.me^cfe 1 romano impetuoso, nel carcere •gnoJ'e imp^S^nte e * V. anche mI" netS95. fiSa il l'altro dio- Campanella Rinascenza, u in scur? della pensava a sé solo cantando Torre e forse non quella della Ma si dirà : come si spiega allora la condanna ; ro- cosa pesante Come va al centro ogni come ancora r>alla cir-onferenza, e la devo ra al mostro che poi Perchè a Roma egli non credette più di tenere lo stesso contegno che a Venezia, genuflettersi e sotQuando ci sarà dato di conoscere gli trarsi alla morte ? atti del processo romano, vi troveremo forse ben chiara la risposta a queste domande. Intanto, ben chiaro è, che a Venezia il processo non fu concluso, ma interrotto mana ? ?n'^^a — scherzante. Donnola incorre timente e ognuno amante. di gran scienza Così Che audace passa dalle pratiche del Pontefice, aftinché il Bruno fosse rinviato al S. Tribunale di Roma. Sentenza a Venezia non "ssu e nulla pertanto ci prova che a quegl' inquibastassero le dichiarazioni che il Bruno fece ad essi. Onde é lecito pensare col Tocco*), che a Roma il filosofo le ripetesse, presso a poco, nei medesimi terse n'ebbe ; Opere italiane, II, 228. Brmìo, conferenza, Firenze, l.f* Monniei questo scritto la questione bruniana fu messa per volta storicamente nei suoi veri termini. Io *) G. , 1S86. la In prima ^ '^0'^SK' 'vìi dalla inorta gora KrSpSS». tremo. so dir del resto tutto tirannia segreta Ch'è rocca sacra a sitori •) . (1 ti : ). Ma certo, se pensava 36 — - alla sorte comune ai filosofi e — 37 dovette bene inasprirlo Quella fortuna malvagia pngione. Altro che la della nei Tristi giorni lunghissimi come porto sicuro, Roma lì a vagheggiata cattedra Clemente che g^i quel di gnteficato auimbra dd * Non ^ ha dubbio. » virtuosi avevano detto amasse . li non filosofo PotV\^""° ^he il nostro Ve nella fiducia espressa a fermarsi nella speranza e a tutte le vittime delT Inquisizione, non esprimeva anche l'animo di Bruno in quest'altro sonetto scritto per uno che mori nel S. Uffìzio in Roma : . primo costituto, di potere, nezia al principio, p. es.. del riammesso nella chiesa essere sé. di conto dando pieno T/aspra severitate. che ni doma Sin dalla bionda alla canuta chioma, Talché, pensando, me n'accoro e 'mpetro. Dilli che, si mandar tosto il soccorso Dell'aspettata nova redenzione Non r è in piacer, da sì dolente morso Toglia, benigno, a sé nostre persone O ci ricrei, ed armi al fatai corso ha destinato l'eterna ragione *). per intendere a pieno *^"St dò anche va tenuto conto quando pnma il Bruno dal l'atteggiamento assunto Procuratore gee il Bellarmino, poi il domenicano si recarono dell'ordine Generale nera e i" riconoscere come eretiche rr carcere P^r persuaderlo a dice proposizioni imputategli. Quod. CommSo ; C ed abSrare^e otto Ir yeZ\e consentire Il Bruno per fermo non piegava né implorava da Dio la nova redenzione, né la benignità di torlo a se il Bruno, se poetò anche lui lì dentro, non ricorse a lamentevol metro ma inneggiò anche una volta a quella mente, ispiratrice del suo petto, : i\ . ; Horr Se asserens noluit, et fortunam licet et contemnere mortem - *) •g < : daT^rtolo' . io«.m. yitós. ab°b tmente ^^ E T da* a" aufs^ volta a|;>licata la teom deUa 1^'^ ^f^ =a1fdLTr:c=nS,^n tX — dal Campanella nel « carcere » del S. Uffizio. sonetto fu pubblicato per la prima volta dal*) Questo I'Amapilf, O. c, HI, 557, e reca il titolo « Sonetto fatto sopra im che morse nel S. Uffìzio in Roma » (ed. Gentile, pag. 211). *) De immenso, I, i Operi, I, i, 201. \t ^ ' Poesie filosofiche di T. Campanella, ediz. Creili, Lugano, Ruggia, T834, V^fr>' 1^7) col titolo Jl carcere, e questa sola jvìstilla (del Campanella) È chiaro » é da me riferito secondo le notevoli varianti del ms. di fra l'^ietro Pon?io (Amabile, Fra T. C. la sua con^., i suoi processi e la sua pazzia, Napoli, Morano, 1882, III. 574-5). Vedi ora la mia ediz. delle Poesie del Campanella, Bari, Laterza, 1915, pag. t 06. Credo anch' \o col Solmi {La città del Sole di T. C. ed. per la prima volta nel testo originale con intr. e docc, Modena, Rossi, 1904, pag. xxi) molto probabile che questo sonetto sia stato scritto V ') riconosce ^i!t» "''ran'ilF^ciuXnoTnei costituti veneti che, secondo il Felici, " «™"° immune da eresie ,^^ ^^^t" esplicitamente spiegazione cui ^^^[^' 428)' » ^ ed errori (cfr Berti P?;|Sp^oc^^so di Roma, jf egli proP«"^^^fi^'r suoi giudici e piìi da presso . ! nunqmm se veneti in Berti, O. c. pag. 396. cWede .il Felici f. spiegarsi» ' Unde . ^"1^^ %l Anima, ch'or lasciasti il career tetro di questo mondo, d' Italia e di Roma, Del Santo Offizio e della mortai soma, Vattene al ciel, che noi ti verrem dietro. Ivi esporrai con ìamentevol metro con tal mezzo erlno p es^SStt e abbia' cercato -todo^-^ì; ja emfigere ^fare ilf ^l^T^^.^io^. identiche o analoghe '^°^^''Z\f^if^oìn vTTO^"prégìuA\c3.fe. Potuta ?rcosTorS"S>tzio'ne f «sT'che^ Tl^ 'Z^^ A| . rtttr mo^^^r iiTae^s^iiSie ¥"^r' integntà. inflessibilmente, ^^t^oÌ^SoUnaVn^^^^^^^^ le s ^. "'4'»' : ^:^i non : morte ir andavatnco'liVral.a ^^^^^ ; ^e V^ - ^^.^^^^^ ^^ e se questa dot- riSM^i / — -'^ jO che 'n^u^ né nelle opere sue, egli mai aveva profferite cioè aveva contrapposto dommi a dommi ; ministri del S. Uffizio piuttosto non intendevano JT filosofia, i — 39 veditore non pot^ jfetn^rSfno^^^^^^^^ mutilata appunto "^^^f.To abbiamo appreso la prima doeumeMoabba^^p^^^^ Pure da cotesto di codeste propo^'2'«"'^"^f^^''a «Ch'era biastemia grancarne » Questa P^^-P^^f tran ùstanzii in '°f de il dire che il P^'^IJK^^^^-^^ denunzia del Mo- ; eresie, — f scd male exceptas propositiones haereticas protulisse afferfuisse a ministris S. Officii. Non ne volle sapere, e che processo, in rese dichiarazioni nelle né che mando della egli mai aveva inteso implicassero la condanna sua &.#''= mai proprio Penigo: sue dottrine. Quali fossero queste proposizioni, di cui al Bruno si chiese l'abiura, finora non s'è riusciti a sapere. Fu bensì messa a stampa nel 1886 da chi potè averla, la sentenza di condanna, tratta dall'Archivio del S. Uffizio ma romano, contenente l'elenco di tali proposizioni le come incominciava la : prnm ^,^^0 in casa mia, meco ragfon^o '•^''^""^^«rjho che ha «gion .^ ^^^^ nolano, alcune volte ^^^ g^a»^"*^. ^^'' „„ su questo che è biastemia Interrogato , in pane si transustanzn « Io non ho «*. ^^^^^'^^^''^'Ìo-. il pulito, il Bruno ^H^^'^.'^LSono <|"e|ta transuDsta Inai parlato d. Chiesa e che tiene la Santa ; }a- sostanza filosofia, per cui la posi-ione della teologia di rimpetto alla come dice argutamente lo stesso Felici, «è quella di due, dei rigu;irdo al quali l'uno può menar colpi all'altro senza un l accor-orsi di e quest'altro deve far le viste di non Bruno, Proprio cosi questo è quello che affermava il nulla della ed è il suo merito. La filosofia risolve in sé il contenuto e la teologia, che non lo risolve, non può giudicare religione mondo ; ., ci es.sere . — intendesse tenere la sua >r 1 degli sciocchi, stiche sigillorum. libri, Questo propriamente •"X"^;,^"S.cloni da Cerere e K^«° „^ ^. come "J^"^^t^"^'J^"ra Commissario a ; • . fanta- ;, ^^^ ^^p^.^ •'i I) Vedi in tn proposito la ^ Bellarmino con giudici differenza dei ^^^ ^^^^^ le e l'innominato Padre andato a ^ejaie di Venezia, era del Mocen.go Onde per lui la denunzia filosofia. Né anche a Venezia egU si rifa è il punto' crede di potervisi dal principio della duplice verità o meglio, ma in sostanza anche lì la sua venta, se lo mettessero riferire e che 1 con le spalle al muro, egli direbbe che è la filosofia dommi hanno solo un valore pratico. ^eg%'°~S" . : infine, ^tstanCnsto, «"S^«"^. più ignobile maceria un' altra anche ^ de«^^ credena. aveva e ^ogni.) ) egli ^ Lolo mente ordodosse, e. ammenda non disse i:)er che egli filosofo le dichiarava false chiedergli m qual e sperò non s' insistesse né allora né poi nel conto di ,. ^ ''t Bruno ammise di avei errato e il strettanei suoi libri, in proposizioni e dottrine non leligiosamenie, dichiara di volerne tare Se a Venezia incorso Lgue ^ ^ splendore, miipotente. nela«gus^a dcU on p ^^^^^ va ricercata nella etere «e^^^ ,non, col l'immenso spazio de" ^^^^^ e diviene semina natura, che tutto ^^ ^da o in : della filosofia. nel ^^^^^ .^^ realmente, come tiene pm Pro^'*^^*; i^stemmia grande Tn verità, niente «ietoito FT ne ^^^^^ vcrsazione col Mocenigo, filo^°;°^PP^™° da parlando scritto che ;„el domma ave immenso, q^^^^do ^_^^^ parlato nel De la .. ^ crcduto.come tengo «.^'^''f^'fj; "' ^ e vino '"^ ^^^P°, "^ ziazione del pane tmesa non ^^^^^^^^ ^ n modo forti trina fu condannata nel M. E., quando se ne facevano veri, non accadde gli avcrroisti latini sillogizzatoli d'invidiosi dottrina mai che per essa si accendessero i roghi. Per quella alla Chiesa, a sacrificare la sua il filosofo era pronto, di fronte per non verità scientifica. E Bruno a Roma muore jjropno le amsaper sacrificare questa verità, ossia per aver superato coraggiosamente bagi della doppia verità, e aver mantenuto realmente innanzi alle minacce di morte il concetto che era di quello che aveva sempre pensato; quel concetto, se , a questo age nota aggiunta ^^ ^^_ scritto, ; * Berti, pag. A^à'^^IX^c. veneti, in / «lift 'gì»»* . — 40 — — 41 — del Bruno quistare la conferma negli scritti stessi accusasse il che testts niilliis testis, unus più non era c'era essa Nolano contro di lui c'erano i suoi libri E * ; la stessa sua filosofìa, che egli doveva, dunque, nèzia dire^). . Bruno mantiene , la zione proprio ; Moceniil Bellarmino. replicato avrà -gh libri? vostri i E eo E il Bruno Voi vedete nei Ubri l'eresia perchè movete Mocenigo. Ma dalla denunzia falsa di messer Giovanni filosofi e non ai filosofo da parlavo io nei miei libri combattere dommi. definivo dommi, né quindi potevo come aveva detto a Venezia contro il — Li contrastassero, Rifiuterei le mie dottrine se esse sopranmia intenzione, al contenuto degl' insegnamenti non è commennaturali Ma per me la verità razionale —e che io vedo surabile con la verità rivelata. Il Dio nella reggia augusta dell onche voi male intendete, natura, non e nipotente, nell'etere infinito, nell'eterna occhi vostri, agh transustanzia, si cui il Dio vostro, in a me, in quanto filosofo il mio il pane e il vino. Lasciate il vostro Dio e io vi consento che il Dio della fede sia la maaltrimenti intendere mi par possibile opera. II, n. 181-2. 0. Bn..o^s pag. 241 e dal tind vfrhàrigniss, Leipzig. 1882. covjerenza, pag. 52. Questi W^H fM HH IW it l I j ^^^ d'Aristotele -^«'^•J^^l^i^^^^^^^^^ indirettamente contran che ^de- anz^^e « tpo^ti e diffesi » del ^attolicisrno Venezia, dunque, dichiarandosi P^^ 1-01 e • on^n . determiU pronta, ^^.p. j.^ agi. ^^ k h *K materia di fede Stori della sde^n^-.^^'SerTsd^^^^^^ del F^^^;^.,;^^ della liberta della ; il ^^. prin- reh; venta zionale mcommensuraDi ^ cipio dei-assoluta neWApoHra con la verità granella ^f^^.ff (^^i^) d S^^p ^^^^^^ ^ appellerà più tardi e pTcalilaco cui pur. conti- ^L \ mef «-i^^Spio ivversari teologizzanti^ il P"" X^S^cónS^S Z:itdommatica a P^.^o dei ntarla tra- con della scienza dizione passi "Tv^^iTaoc. nWM.s.A...m^ Tocco in G. B., ^•ì.J^i. i\ ^^^ modo POs^'^^^^SfTmedeS che nel meaesin da cattolico fermamente mantenuto aveva <* m i^ ^^^^^ ^^^^ modo si ^^^^^^ ^^^^ p ^^ alla verità A fusionem et comM « Divinitatis naturaeque splendorem municationem non Aegyptio. SyTO Graeco vel ^^^^""'^^ quadam niatena cum divi-Ino non in cibo, potu et ignobihore ^onftngimus et aitonitórum saeculo perquirimns. et intentum I>o^^ore^' somniamiLS»: De imm. I. i. in Opern, li, 2«5conversationis intentum do'ani passim in hnmanae et civilis qmbus ^nt^homines prò malefactis non ti^niere. et nescio quas ma^s ^t certas sordidissimis confidere phantasus. ad dopmato) de Cerere et (iuxta tam varia et disscpta eornm ^etributores respiBaccho credulitates. quam ad benefacta. Dii iem retrudant pcrmciosos ciant ut interim in antiquam barbai >. «Nelli quaU articoli di di trattare ^^^^ disdire Non Sia 'disili Sonuios ^?r^on ^à^^it^U-cSf B^^ ^^^ Sdo nati • * : ^^^^^^ ^S'i^SSC^^r:^^ dommi ! Il a quel e di Platone, alla sono contrarii nella l ^^^;7^\osofica lontnUto ^'^^''t con^nWo Lrendogli generalmente Fincrpn la via de «secondo Scienza : — egh 2 giugno '92 il «^raj^^ata sempre de- suoi libri ^o diffimto filos tutti io sempre naturale non lume e principi! sua posi- consentire nolnit. eretiche egli non ha mai profferite proposizione Quod • dis- pag 1600. in de, .0 gennaio Bb... pa.- 447- "^^1^^ — 42 — «Se gli Dei », dice Bruno nella — Cena delle ceneri — ^), degnati d'insegnarci la teoria delle cose la della natura, come ne han fatto favore di proporci pratica di cose morali, io più tosto mi accosterei alla fede de le loro rivelazioni, che muovermi punto della certezza de mie ragioni e proprii sentimenti. Ma, come chiarissimamente ognuno può vedere, nelli divini libri demoin servizio del nostro intelletto non si trattano le se strazioni e speculazioni circa le cose naturali, come affetto, fusse filosofia ma, in grazia de la nostra mente e per le leggi si ordina la prattica circa le cose morali. Avendo, dunque, il divino legislatore questo scopo *si 43 fossero rr^A^. è impossibile e nulla.... Misurale, non quelh, che stimano ogm inme lume soprdu<iiuia.i , perchè se vi monta per naturale. Questo non hanno corp , o semplice v cosa ^^ser corno, bis rsr ,ra^^lr«^oS. e ; secondo gli occhi, nel resto non si cura di parlar volgari quella verità, per la quale non profittarebbono i queper ritrarse dal male e appigliarse al bene ma di parla e contemplativi, uomini agli sto il pensiero lascia de inal volgo di maniera, che, secondo il suo modo^ printendere e di parlare, venghi a capire quel eh' è avanti ; cipale ». „„„ creda, è "P"^''* ^^"tpr.n" i-a". che non VI. rapporto della religione con la filosofia secondo il pensiero del Bruno è più precisamente determinato in vm luogo dei dialoghi De la causa, principio e uno dove Teofilo dice: «Dato che sieno innumerabili individui, ogni cosa è uno e il conoscere questa unità è il scopo e termine di tutte le filosofie e contemplazioni natulasciando ne' sui termini la più alta contemplarali zione che ascende sopra la natura, la quale a chi non Ma il ; detto nella Cena de to^t^ rumore che tanto le r nizzanti ^n. d aveva ^vca landra «AD . TZ^r^ a noi rt ceneri pubblicata 1 ^nno nn , Italia sollevato nei circoli ^^^^^^ ^. ^^^ ^^,. Gabbiamo appresso, dentro Se"nói medesimi sinmo *•. ; '),%^:^:^fZ'.lkTB.nno,^^ion. MacnùUan. ') opere italiane, 1, 86. ^^kèì minimo. t\ l\ Opere 1. italiaite, i 1, ; 1903. degli Eroici lu g seguente luogo «^^^c"fr il "egu'e^nte Clr.^1 24- %' — 44 — — Dunque: ci sarà, anzi c'è, una verità che la ft d( può dar a conoscere, ma non è la verità di Bruno, che non ha il lume soprannaturale e col suo lume naturale vedt non la mens super omnia, ma la Natura, il « vero e vivo vestigio dell' infinito vigore )\ Il suo Dio è il Dio del filosofo, la natura di Spinoza, da lui stesso definita Dei4S in rebus. La distinzione dei due lumi, della natura umana dei luoghi comuni della Scolastica. Ma in Bruno, che scalza la trascendenza su cui si fondava quella filoin Gasofia medievale, che poteva servire la teologia lileo, che distrugge il geocentrismo così congruo con le imperfette idee teistiche e teologiche che il Cristianesimo aveva ereditate dal Vecchio Testamento e dalla filosofia aristotelica, la distinzione acquista un valore profondamente diverso per cui, delle due verità, l'una della ragione e Taltra della fede, Bruno filosofo non ne riconosce più che una, la prima. Galileo tra i hbri sa; : e della grazia superinfusa, della rae^ione e della fede, della filosofia e della teologia era antica; e può dirsi ; cri, oscuri, «Come intendi che la mente aspira furori (in Op. it., II, 41 3^ alto ? verbigrazia, con guardar alle stelle ? al cielo empireo ? : l'aperto libro, com'egli dice, del ! In altri termini, la nuova filosofia e la nuova scienza mettere questa al si distinguono dalla fede, non per della vedi sopra di sé ed attribuirle il privilegio rità ad esse irraggiungibile, e a cui pur esse mirano ; anzi per negarle ogni valore rispetto ai fini a cui la ; : ; e afferma di non dover leggere, per la scienza, se non il secondo cielo, — il ci istallino ? Non certo, ma procedendo al profondo della mente, per cui non fia mistiero massime aprir gli occhi al cielo, alzar alto le mani, menar i passi al tempio, intonar l'orecchie de' simulacri, onde più si vegna exaudito ma venir al più intimo di sé, considerando che Dio è vicino, con dentro di più sé ch'egli e sé, medesimo esser non si possa ; come quello eh' è anima de le anime, vita de le vite, essenza de le essenze atteso poi che quello, che vedi alto o basso, o incirca (come ti piace dire) degli astri, son corpi, son fatture simili a questo globo in cui siamo noi, e nelli quali non è né più né meno la divinità presente che in questo nostro o in noi medesimi ». Nella Lampas triginta statuarum (« Opera », III, 41) pare al Tocco {Le opere inedite di G. B., Napoli, 1891, pag. 47) che si restringa il residuo della trascendenza, perchè quel principio che è la meyis vien detto « magis intrinsecum rerum substantiae et intimius in omnibus ac singulis, quam omnia ac singula esse possuut in se ipsis ». La divinità, dice il Tocco, che è nelle cose nelle opere italiane è l'anima del mondo qin questa mena è la stessa che é anche supra mnyiia. Se fosse così, a me pare che il residuo della trascenden?:a non solo sarebbe ristretto, ma eliminato del tutto. Ma credo che l' immanenza pel Bruno abbia sempre lo stesso significato e lo stesso limite. Di questa mens qui dice: «est supra omnia, infra omnia, in omnibus >. Dunque l'essere in omnibus non toglie adatto l'essere supra ownia. E *5i è sempre alla mens del De minimo ; una me^is, che è in primo luogo mens innominabiìis et incirciimscriptibilis (l)ag. 37), unitas nbsoluta, un principio ab omni contrarietate et oppositione universa liter absolutum: ossia al neoplatonismo, che il Bruno nel fatto non ri usci mai a superare interamentQ,r — uno ; sopra 45 filosofia e la scienza s'indirizzano. Il filosofo medievale diceva credo ut inteUigam ; Bruno vi dice chiaro non credo ut inteUigam. E altrettanto, a e netto modo suo, ripeterà Gahleo nella celebre Lettera alla Granduchessa Madre (1613). Crederanno o non crederanno per altri fini, non importa certo è che, per in: -JS : : tendere, l'uno e l'altro ritengono indispensabile affidarsi non alla fede, ossia a una rivelazione che è atto altrui bensì alla nostra intelligenza apli espee non nostro rimenti e al discorso dirà Galileo alla contemplazione dell'unità della natura, ha detto Bruno. Questa, è la nuova coscienza scientifica, che si accinge a guardare il reale con occhio non sorpreso da : ; ; nebbie. Questo è l'inizio dell'età moderna dello spirito umano. Questa nuova coscienza scientifica è consacrata nel martirio di Bruno il quale non è uno dei tanti martiri! che l'uomo è stato sempre disposto ad affrontare per gli ideali, onde viene recando in atto la sua umanità. H ; I i\ •mmm - «t .^w^A»,ip..|Se» ' . — 47 — -46martirio di Giordano Bruno ha un significato speciale nella storia della cultura, poiché non fu conflitto di ma necessaria consecoscienze individuali diverse guenza del progresso dello spirito umano, che Bruno impersonò al cadere del Cinquecento, quando si chiudeva col Rinascimento tutta la vecchia storia della civiltà d'Europa del progresso dello spirito, che giunse in lui ad avvertire per la prima volta e quindi a sorpassare la contraddizione, che fin dal medioevo lo dilaniava, tra sé e se medesimo tra spirito che crede, e professa di non intendere, e spirito che intende, e professa di intendere, ; : : cioè farsi da sé la verità sua. Tale è la situazione del Bruno. Pronto a tutte quale si voritrattazioni sul terreno della fede le glia e si determini, il contenuto di questa fede gli è indifferente. Non è per lui. Egli mira più su, come il suo Dicson a Londra comprese, e come gli studiosi della sua filosofia devono comprendere. La sua verità non é quella che si definisce nei Conci lii ecumenici, dai Pontefici in cattedra o dai santi Tribunali sibbene la verità ha potuto non contrapporre la sua alla verità di quegl'infermi di spirito e stolti, che pur si credono sani e savi per solo suffragio del volgo ciechi, che non vedono la luce di Dio, benché splenda in tutte le cose sordi, che non odono la sua sapienza, la cui voce pur parla da tutto, e tutti invita, e batte alle porte d'ognuno certo giudicati da Dio indegni di vedere e di udire, poi: ; ; ché indegnamente cercano la luce del vero, quando la vogliono ministra di vile fortuna e procacciatrice di sostanzi^ da regolare e approvare o riprovare secondo i sensi dell'uomo. Onde al luogo di Dio sottentra l'uomo solennemente parato, a cui gli altri uomini si prostrano ; e di cui Bruno il una fa feroce dipintura *). ; ; che è nella natura, e che la ragione, cioè, per lui, la sua ragione definisce la verità, che egli ha celebrata tante volte entusiasticamente ne' suoi scritti di filosofo. Ma, come filosofo, non ha potuto talvolta non contrapporre la sua alla verità di coloro che si sforzano invano di conseguire la sapienza cercandola affannosanu nte con lunghi viaggi, ptr tutte le parti della terra, sjx^ndendovi o producendo le gli averi e il miglior tempo della vita monumenti notti insonni nelle sollecite cure, studiando degli antichi, per vedere di accogliere nel proprio spirito ansioso il furore dei vati ed esser fatti celebri dal non riverbero luminoso dei saggi certi ed illustri *j : ; i ; 218.9 e dal Brunnhofer. O.c, pag. 88. Per fraintendere a questo modo il testo bisogna, fermarsi nella lettura di esso al V. 40 tronco, com' è alla fine di questa parte del capitolo [Opera, I, 11, 286). Perchè il Necquica nani, con cui è ripreso quel verso nella seconda parte, basterebbe già ad attestare che Bruno non intende schierarsi tra coloro che solvimi prò studiis patrio ie litore piippim (non j^er volontà propria egli s'era allontanato da NapoU e d'Italia!). Vedi in proposito Fiorentino, pref. a Opera, I, i, pag. XXXVII e sgg. e Tocco, Le opere latine di G. B.esp. e confrontate con le italiane, ¥ìren7j&, 1889, pagg. 301-2. qui i famosi versi della « violenta sortita contro *) Ecco il Papa », come dice il Tocco (O. e, pag. a cui pare 302) — che in ossi « si ecceda la misura » : Dlius {se. veri lucis) ergo loco, blando vesania vultu, Auriculas contecta venit fronte atque tiara Et mitra et gemmis asininum circinat unguem. fìrutum veste tegit bustum talare, patrumque Circumstat laudata fìdes, bullae atque sigilla. Parte omni nutans, quamvis se sustineat vix, Insignis graditur tamen ha?c, proprioque colore Et titulis Celebris. Quarc illam, poplite fliexo, Exorant. If> versi, qui riassunti, con cui si apre il cap i.o del lib. *) I Vili del De immenso, non hanno punto il significato autobiografico loro attribuito dal Berti, O.c, pagg. 251-2, dalla Frith (I. Oppenheim) fife of G. Bruno, London, 1887, pagg. i\ (De iniwenso VIII. i Opera I. 11, 289). - Ora qui il Bruno Papa, quanto col volgo su|ierstizioso e Papa invece di Dio. cercando veri lu^ew. non ce V ha tanto col idolatra che adora il : h- — -48A me fini^r « ). potrà l' innamora, egli non attese le intimazioni non già verità questa rinunziare. disposto a fare olocausto della vita. di Roma per sentirsi del De monade diceva Fin dal i^Qi, nella dedica non è mestieri trascoirere ai conmente .basta basta mi profondi neUa \ questa egli dice, « te?a : medesima, sf andò \^^^^^:^;tt m Jat le Slenmmente sCeseSr. Nudt^Ha t'e sola (nu/Js l^^'; ^a tut o il ^aTì^aiì^mamm e nuda irraggia grave, sarebbe velare. che mgiuna il santo corpo, che lungi stieno il naso F<[<r«i fa da sé fede, e v-uole pet^.naU^rba e quante parti il vesti e assume per sopracciUo e la ben W^^^^ testimonian^ e dm"o m.^;!^™,";, stendesse agitato beiichè da /na - - ?orpo TaTonti mg^i, io, testidi che solo Do può essere toc^atria salute, infermo e sonnolento sempre pur sono non o i^one infermità il senso della a un modo o di certo domino punto non temo della mia e lo disprezzo affatto, sì che mortale, da me e con stèsk morte E però a nessun arrendo » ). mi e cedo le forze del mio animo, : \ «Ma sé: Suo n ^pronta' \ di da fanauHo destino, avendo intrapreso fortmia, invitto serbo tuttavia la con diuturna ^tU per avventura 10 ho gli ardimenti, onde, o 1 proposito e t cir^ ^come verità, che sola A desideri, per se rhP soDra a tutto vivamente del mio ingegno mi sforzi sommo la luce divina e col maestà sua, bramand di'^rveiLe al cospetto della e — 49 versi magnanimi messi in in quello stesso libro, nei si scrisse, per dirla col morente»), e bocca al gallo vinto lottato, e molto : Sunnhoflr, la propria epigrafe « Ho repressero natura la e sorte la e vincere, poter un E : Sedetti -'-' come ha detto, prò hamum'U "-^-^^'tce qucs^ luce ?ettro"ó snUapparato estrmseco d^ éste. l li Et ^^^ tanto diverso da quello cne e^ vestigio di Dio. tanto i procul esse iubetur Iosa fidem facit ipsa sibi, propexaque barba. ìCis frons niEola. superciUum, quaecumquesuo ignorantia iure reposcit ìndiimenta amantem avide cxspectat, generosaque. deperiens, occurrit. et excipit ore, blandita sereno Confirmans trepidum, ac vnltu Natica (blando ^y^''-f:;^:^%^%:^2l!Z^!inis, proprio buìlae genuina fides patrum fS'«^'7J^'^i «x di quella luce tien '"°8° ^i biechi ^^^^^^^^ ^j^. colore. hti<hs)eche lu. a quale, la di Dio X^^f "^^..^Pf "'.'^etò del cattolicUmo cumuesUpata ;»»«;?'f^.^f di aEione superstiziosa „f.'°"' di °§"' ma particolare, in ^„,,„ ,, ianorantia plusquam Tamquam ^ ^%?Xri\'Xrar.t iS^go^gU ; del divino. Ctr. il fj'.f '/" "'.''^''o'; f 'f"Te il fides. titulos, insignia. Xdventrmém Eroici furori tato a pag. 42 n. 5»/>m<i»i posse puta vi. P^gnav'.' miltll- est ; me vincere repressit. et nixus sors et natura Et studium • • • • . quia vincere fati video esse situm. Fuit hoc tamen ' kstaliquid prodisse tenus i In meum non nlla : uUi timuisse mori, simili cessisse nec ammosam Constanti forma, praelatam mortem Imbelli vitae. De monade, cap. 7 in upsra^ 1, n, 425. Kfest^f^-sSr^SHa'corpus. ; ,1? 4 I ( V X- et osse Non ^Zdaires^^nufus ^-^^"J^P^^^^^^ . e m me negabunt habere &cla futura, suum potuit quod Victor Ou^^tuit. quod maiestate petendam Ineenio propria prò speransque^ bear.^ lufus cupiens vuHu p.omptius adstat. 1^ nS^bus ; — Giordano Brune e il ptniiero del Rinauimento. ci- ^ l\ — so- — 51 — qualcosa è già l'essere stato nelle mani del il vincer, lo vedo, è giacché campo in nessuno delle che e poteva, che quel me fato. Ma fu in un vincitore che quel generazioni venture mi negherà temuto la morte, aver non suo di metterci poteva nessun mio simile. fermo viso non aver ceduto a a una vita imbelle ». aver preposta una morte animosa lo studio e gli sforzi. Ma d'una sua coaccanto alla u le spaUe volgere intendeva non sua filosofia, a cui Pontefice, per Bruno si appellò al giudice supremo, al e dagh altri ottenere da lui quello che dal Bellarmino non gli riusciva più di ottenere, quello che a Venena per dimostrare ; la possibilità scienza cattolica, quale era chiesta ; da lui ; : ^n inquisitori la vita, consentitagh solo eli poteva rendere accettabile auriche sperare» sue le secondo dalla Chiesa cattolica, teologia e la « vera » filoossia la distinzione tra la « fedele » teologia quindi il diritto d'una filosofia, di cui la : VII. sofia • non avesse a ma filosofica Ma mondo ! — , non letto'. Sr Clemente i. Adi „^ un Vili Pel Bellarmino e la richiesta del i suoi colleglu e Bruno era assurda ; affermava non vedevano questa filosofia, che egh una ammettere potevano non fede sulla non fondata un grado della venta verità filosofica, che non fosse ; e della stessa filosofia, in cui subordinata. Non intendeteologica, e a questa perciò riconoscere la venta potesse Bruno vano in che modo il costituti, senza smentire della transustanziazione ne' del Sigillus. filosofia del De immenso e di cui 1 filosofi posdistinzione tra la verità della fede, e la verità della ragiono curarsi, non e debbono sono Bruno si rifaceva ancora libera ; della distinzione da cui il la avevano ragione secondo 1 pnnBruno. Quel memoriale era, e spenamo prezioso per possa essere anche per noi, un documento, sforzi supremi, che contro degli immediatezza, sua la o megho la ferrate della logica fece il Bruno, E siamo sinceri, cipii stessi di le leggi Rinascimento, per disviluppare dalle fasce umala realtà vivente del pensiero medievale del pernierò 447, filosofia del ^'^ '"^^^'' S|.w®g|*!''^««*^' • essi sempre tenuto e teneva di non poter il Bruno aveva era nelle cose, la divina cercare altro Dio che quello che intollerante della negatore Bellarmino, dal Natura; Documenti romani, in Berti, pag. • dell'antico U ma ^ questa richiesta, che Bruno, iniziatore nuovo, poteva e doveva fare, i manteniton non potevano accettare. Il memoriale tu aperto, della sponsi degli oracoli, ') . Rispetche voi teologi non potete intendere. la mia coscienza Wittemberga, di luterani i come tate, filosofia, Tribunale, fuit apertum.non tamen sta il notaio ditutto. kctum ^). Questo memoriale ci direbbe inquisitore Bellarmino, dal che dubito, ne rebbe^ non accettava i rereligione, in cui il Bruno non che quindi una inquisizione che non mantenimento cui : del S. ; — vita, se egh Imbelle sarebbe parsa al Bruno la non contento che, Btllarmino, al ceduto avesse era andato studiosadelle dichiarazioni del processo, hbri forse per mente ricercando le dottrine dei suoi misterioso questo produ^ cui si per tutti quegli anni, del sant'Uffizio non s, processo romano, che gli archivari celato al giudizio intende più perchè vogliano tener nspose. si noti, intimazioni ultime della storia Egli alle attememoriale al Papa che il 20 gennaio 1600, con un ingerirsi la loro stessa filosofia. inquisisse, oltre la fede dei filosofi, una volta il filoancora dice volete, Inquisite quanto fede al inquisite quello solo che è matena della sofo Non toccate la mia siete deputati 1 \ i — / — — sa- 53 di ^r af^nsiero individuale, onde il - So S Simorie, nero alle Lva la terra sotto al Knta'LoSe e 'di - i-n.ediatamente uman, contro a « ,"iette capo a^ Cristianissimo Romano l'afro quale combatteva il Re Machiavelli, che spietatamente te^rjz^.l^X valore ne proclama assoluto deeli Stati e liberamente religione vien suil pregio della anche cui iSnJco coi Neopla onizche Rina^imento, del naturah e in cose le tutte Snt Comincia a vedere in della ; rpnto v™ SrdSo • che muore in Bruno per ^^^5 ^ secoli accidiosi del 1 S^^fl^one la degenerazione Quegli spiriti senza fede machiayelhSitica del MachiaveUi nel decadenza lungo Da Saerande smi Srarte^lir ^r^' ideali senk i - —mt^»mi0^*"^ la Italia rinascente : Da q"^'/P;"*^f p^[er poi rinascer davvero. esser che e poeta e non la rorruzione del poeta, religione ; vera ha non ^rchè auro "non ha vita Sorale, spegnendo nell'arte, in cui si chiude e noA ha fede se non del dmiK), l'amore così pratici, in sé come gl'interessi um^na; spegnendo cheèlaTùaltae vera aspirazione anche l arte. Donde però e stesso, l'uomo quindi in sé tralignante nella rettonca la letteratura fatta professione, ita^ana ètu-aSemia, e'in tutto il falso della cuUura interessi Sacro - uno appunto ^^^^^^^^^"^ ; ; ogm fi opolitico realista, come in la cosc^n^a ^e^ ^^^^4-'. V^oscienze natumJa. e If coscienza del credente^ del politico, del filosofo fede senza spinto. Questa una e fede, senza spirito e 1 uomo alla e solleva anchéTà terra Rinascimento, del interminabili «>rti dal seno dell Imchfdai Comuni, spontaneamente di creazioni anche più evidenti Sl^irireli : «nte' Tom^in ogni m di antica mo Rinascimento, *=• apprezzato il s"?Jf due secoli, perchè fosse che giustifica f^*^.teoRinascimento, del la conchiusione diffidenze e le accuse platoniz^nt. ria Tarte contro le della in fatto il culto. antico rinnova e Evo, del ogni preoccupada assoluta indipendenza forma nella dell'arte; del Rinasamerrto, tone kSnea ai^fini propri copernicana scondottnna nuova la che accoEUendo la. terra dell'uomo cosmelogica^che volge ì'intuiSone aT deli J^ la realtà di negare della intuizione che erTu fondar^ento una fede che non e che Muori del mondo; quindi un è istituto sociale, che non Chiesa una qu'ndi raeSn° poeta pagamzogni in quindi Stato ma ^pra lo Slo il ; datura considerare ^rueee tutto l'antico modo di e pure non ha la forza Itnraìc ed umana -conchiusione logica di tutto dovuto attendere pm finiti sequestrava Se fla "^SrTunf benché abbia raoDorti si e della vita e dell an^rna Drincipio della natura, e dell esper negare l'opposizione <^nfr"nd Campanella Rinascimento, insomma che al pensiero. Del ™one Srapponeva Sra"q3otp;«r- <l^na legata dalla filosofìa antica Seria ^\one rappresentante speculativa del Bruno, Rinascimento, era intnndel filosofia della genuino S coi, Ao, ^Tt£^^^ eTma, J cKn di e ; concetto del mondo e quindi concetto rende impossibile il nuovo. si escogita, il Dio pure quello SrSLiero, per cGi spinto lo e tutta natura ^10 i cieli, anzi la 5l le glone. davvero narrano fastigio, il è Vmano, che ne «-'h^ frono -Ma quel memoriale non poteva dimostrare e vista a cu, egh s, arrestava di punto particolare dal si arresto ave tempo suo del a cui tutta la filosofia Bellarmino e contro Cleragione contro il cardinal "'?a Dio vestigio il fondo all'animo dell'uomo piacere dei sensi e prò iZvi epicurei a riabilitare il negando l'antica arditamente col Pomponazzi che Aristo^el^ av^^^^ SenSS^efprincipio doveva intenderlo; e Fr f^f^uc no, quale l'età moderna Platone e di Aristotele, il cu cedere al vecchio Dio di rn^usSà \ dell'ultima amm. governare, senz del la fede del vero governo, senza più pagina del Principe, non l'arte fini v^ — 54 — \ - 55- E quindi anche quella filosofia di professione, la letta. filosofia dei seminari gesuitici e delle università peripatetiche, che dimenticheranno Bruno e Campanella, e non s'accorgeranno di Vico la filosofia dotta, sempre al corrente delle mode, a volta a volta cartesiana, lockiana, newtoniana, leibniziana, ma sempre legata alla : ; : i fe -fà'iy onde ora nemmeno se ne pispiglia. Questo mondo falso era stato scrollato dal Bruno neir ultimo anno del XVI secolo perchè, se era vissuto anche lui nella contraddizione v. nell'equivoco, morendo chiara ; ; presenzia e potenzia è in tutto e sopra tutto, non come parte, non come anima, ma in modo inesplicabile »^^) ; il egli non fa che rappresentare con tutta sincerità principio fondamentale del suo filosofare. (quelSi è detto a ragione, che «l'ideale di Bruno r ideale, verso cui egli non è indifferente, al quale aspira suo spie si sforza di arrivare con tutta la energia del pure sente rito, e col quale vorrebbe immedesimarsi e che, mentre gli si dimostra inaccessibile di non potere principio specu- teologia cristiana, della trascendenza di negava, non già in quanto coscienza reHgiosa, quale si atteggiò per esigenze pratiche innanzi ma proprio in quanto quella coscienza agl'inquisitori la filosofica, che il Bruno afferma ripetutamente essere forma speciale della sua coscienza. L'abbiamo già vinella filosofia di Bruno non si nega già il concetto sto ma si nega di una verità superiore, termine della fede Dio. della Non lo ; conoscenza, e così lo fa certo della imperfezione della pure lo eccita a sempre nuova ricerca) non è il Dio astratto puramente estramondano de' teologi, che egli ha abbandonato, ma il Dio vivo e esstoizialmente crea- ; : ; ( salire tore o l' infinito Spirito, a cui la mente non può che mediante la contemplazione della infinita Natura »•). Ma è incontestabile che egh, per quanto lo abbia abbandonato, non riesce, non può riuscire a diabsoluto, menticare quel Dio, che, conoscibiHtà razionale della medesima. Quebnmiana. sto è un punto fuor di questione nella critica n Dio dei cattolici, la mens super omnia, Bruno non solo non la nega, ma ne fa il principio di quella mens insita omnibus che è la Natura, il Dio della sua filosofia. Soltanto egli, filosofo, non conosce il primo, e lo sohanto la come *) ») 'I "^ previdenza , fede, che sarebbe un'altra filosofia. Anche la filosofia del Bruno presupponeva e svolgeva il concetto dell' immanenza del divino nella natura lativo In questo universo metto una : ; e nell'uomo « ; per la sua filosofia, o meglio, per quello che c'era di nuovo nella sua filosofia, egli provò con l'esempio che dall'equivoco bisognava uscire che il filosofo non ha altra vita e altra anima che quella del filosofo, la quale è incompatibile con certe istituzioni, e però con certa II : universale, in virtù della quale ogni cosa vive, vegeta intendo in e si muove, e sta nella sua perfezione e la presente è l'anima cui con modo nel l'una due maniere parte e nel corpo, tutta in tutto, e tutta in qualsivoglia divinità della vestigio ombra e ; na tura chiamo questa essenzia l'altra nel modo ineffabile col quale Iddio per : il esclude dal campo della sua speciale investigazione. Cotesto Dio, che è al di là di quello che egli adora come infinita nafilosofo, contemplandolo nella viva, eterna, un tura, è qualche cosa come il noumeno kantiano concetto limite. È un caput nwrtuum, è vero, nella sua dottrina essenzialmente naturalistica ma uno di queUi, paralizzare che, incerte contingenze storiche, bastano a posseggono. le energie di verità che i sistemi Quando Bruno innanzi al sant'Uffizio, a Venezia, di: buona, alla sana tradizione scolastica la filosofia che spadroneggiò nelle nostre università nei secoli XVII e XVIII (e che non è ancor morta), senza fare un filofede ; sofo, cioè senza riempire un'anima, senza dare una e intanto non negava %^ - Documenti veneti, in Berti, pag. 400. Spaventa, Saggi di critice. Napoli, Ghio, iS67.pag. 227. 'S / -56dice nello Spaccio^), - non ha che far con noi non può riuscire, ; : • essere altro che, pure e il Dio fuori della stessa Natura, che venta ogla filosofo, del Dio del filosofo. Sicché il principio estnn^co, getto della filosofia, suppone un proprio come l'oggetto della Umbris un Dio al De Minimo *). non può : ^Sir-» scienza vera secondo Kant. : ammessa questa verità oltremondana, non soprannaturale, ragduiigibile se non per contemplazione Ora - della fede, è agee quindi oggetto proprio ed esclusivo della rehgione, l'importanza sia quanta vole vedere vuole appartarsecondo la stessa filosofia bruniana che della ragione ; e quali sene e costruirsi con le sole forze pratico da lui quell'ufficio di fondamenti filosofici i in quanto maassegnato alla religione, quale che fosse, legittimità in generale di ogm rehgione , gistero sociale. ; ; sto diritto della zate dallo stesso Bruno. la a — dunque, la conseguenza Bruno non con tutta la novità delle sue intuizioni, ? confermare non se aveva potuto appunto in La questione, a tempo del Bruno, era legge, il cui vigore una essere da ha ci se termini quei condanna di chi l' infrange se non si reahzzi con la /eligione ; può esserci legge non garentita da «n^ combattuta dalla praticamente è religione se questa comparire assurdi divulgazione di una filosofia, che ne fa condannare 1 autore di non possibile è com' dommi i fondamenti della refiquesta filosofia, che, minando i premesse generah di queRione, infrange la legge ? Le Chiesa erano tutte accettate e nncal. !ome suo fondamento: r.r> - quello stesso rigore pratezza della legge religiosa con al magistrato penale assegna umano diritto il che tico della legge umana dell'assolutezza reale per la prova assoluta si specificava Dositiva ; se questa legge religiosa filosofia di Bruno veniva in dommi determinati, che la onoran la memona a negare si può chiedere a quanti La sua condaiina non era. dell'infortunato Nolano logica di quelle dottrine, che, perchè nella sua filosofia il Dio che potesse succedere quel di Dio, di vero concetto Natura, ma non e era all'antico, mancava c'era il Dio stesso Dio-Natura quello che può rendere intelligibile lo per lui, dal Uè Natura questa Onde il Dio-Spirito. E 57 filo- che le lascia consiste appunto in questo margine, la supenonta, alverità della conoscenza nella sofia alla filosofia conrispetto religione meno morale, della verità della filosofia presiste pure in ciò. che la stessa rehpiù alta verità, che è la verità della ; vin. suppone una Bruno, non si eione E se la determinata se anzi, religione una come non se realizza aveva giascntto com'egli stesso dichiara al Mocenigo e religione nessuna ve né nello S*ac«o, tra le forme di pratiche, il cattolicesiche sopravanzi, per le finalità quello che era con la era mo se il cattolicesimo allora a provare l assoludestinata Inquisizione 'Santa sua religione, secondo 4 lo stesso ; nuovo Dio. che gU commosso, non s'accorge che grava sulle spalle, e 1 intutto il vecchio mondo pur gli la filosofia nuova è cui chioda a quelle istituzioni, di coscienza della contradha non Egli negazione. la Bruno • ? & nel suo eroico furore pel brilla innanzi allo spirito affersuo assunto d' un sistema, che il concetto di un r infinità reale deUa natura, e il non si avvede Dio ente realissimo, fuori della natura la vecdistrugge professa, che 'questa filosofia, che egli dizione tra iTS vV-: ma II. l. ai... Pel'o. ,Mnin,o. v. qui : sopra pag. 41 »" V £$S,» .-.Ss . v ^58- — — che sua filosofia, tenne fede incrollabile alle idee, pensiero umano doveva più tardi svolgere per inNello stesso stam^are in sé il regno del Dio nuovo. di S. Gioverbale dei buoni padri della Confraternita nelle ulGiordano assistettero che Decollato, vanni rogo, trema time ore, accompagnandolo dal carcere al di eroica r inconscia commozione di quello spettacolo una giucontro s'accampò filosofia la cui con fermezza, persuaso di quel che disse ai detto otto anni prima nella aveva e Venezia, giudici di di onorati spinti, veri censura Cena de le ceneri : * Dalla uomini da bene, aniici religiosi e anco naturalmente dottrine, non si dee della civile conversazione e buone considerato, trotemere perchè, quando bene avran solo contiene la venta, non filosofìa questa che veranno, ma ancora favorisce la religione più che qualsivoglia quando a quando, ahra sorte de filosofia » *). Pure, a e lo assale destino suo del presentimento un segreto esalta. che nuovo 1 allora si raccoglie tutto nel pensiero chia fede. 59 la Fu sempre il • stizia destinata a tramontare. .. ^^^^ ; e gli fa sprezzare la morte a Torre di Nona consei ore di notte si recarono consegnato l'impenifortatori e cappellano, e fu loro : A il core E chi mi impenna, e chi mi scalda morte ? Chi non mi fa temer lortuna o ? esortato da' nostn «Il quale », dice il verbale, due padn di chiamare fatti e carità, fratelìi con ogni due del Gesù, due della Chiesa Nuova S l'ale sicure a l'aria porgo. intoppo di cristallo o vetro Ma fendo i cieU, e a l'infinito m'ergo. E mentre dal mio globo agh altri sorgo, E Quel ; ; oltre penetro, tf*rgo ch'altri lungi vede, lascio al per l'eterio perseverò e quivi, spoghato stizia fu condotto in Campo di Fiori vivo, accompabruciato fu palo, nudo e legato a un cantando le gnato st-mpre dalla nostra Compagnia, conforpunto l'ultimo a sino confortatori ktanie, e li quale finaltandolo a lassar la sua ostinazione con la mente finì la sua misera e infelice vita » *). erron Senza questa maledetta ostinazione ne' suoi come s è e nelle sue vanità, la quale era cominciata, Commissaveduto, da quando il P. Bellarmino e il P. ; campo ). che dirà No Ecco l'anima di Bruno l'anima ribelle, ministri di ai estrema nell'ora con tutta la sua forza anima : quel Dio, che e^ìi si era infatti lasciato al tergo : ; 1 perchè quando nuova che vorremo sempre onorare, accanto sopravvivere lasciato quel Dio che ella aveva le si rizzò contro con Infinito, nuovo suo al e oltre tutta la energia della logica, e le intimò di proposizioni raccolte dai rio gli chiesero l'abiura delle abiurare la sentenza era già pubbl fino a e, e poi ripubbl da Parecchi altn. 111 Orano, Liberi pensatori bruciati in Roma dal XVI al edit. Roma, 1004. p. 88-g dove sono ricordati 1 pi ecedenti •) *) opere italiane, •) De imtnenso, \ l'infinito, l. I, 9i- _ in Opere italiane, I, ^ 277-». Cfr. il De D su , kA'Vi..- \ j^^^^»^^^- Bruno, Opera. IH. pag. XII: ma da R. de Martinis, i. >>?jjto«<p?^::^ — i Quindi ì Domenico, affetto e con molta e uno di S. Girolamo, quaU con ogni finalmente stette dottrina mostrandoli l'error suo, aggirandosi il sempre nella sua maledetta ostinazione, e tanto vanità e errori mille con intelletto cervello e l' giunella sua ostinazione, che da' ministri di A Né temo <^ tente Chi le catene ruppe e quelle porte Onde rari son sciolti ed escon fore ? ore, L'etadi, gli anni, i mesi, 1 giorni e 1 Fighe ed armi del tempo, e quella corte, cui né ferro, né diamante è forte, Assicurato m' han dal suo furore. 0. . ; XV — — 60 — crcoSlava di eterno questa !^;!r^n r^r conver<^o, che non può vivere se non per che per KorTe'drqucSr vecchia intufzione. Morte e"" nuova filosofia è davvero la n?n sarà, se la nostra giuaicaBruno 1 quah di giudici SsJfia b morte dei coscienza ma la morte del rnno come voleva la loro m deli uomo, martirio della fede nuova e dentn> a scorgere la divimtà attorno soquell'umverso infinito ed uno, noi il ; ; r a se medesimo in oltranze. fine di tutte le s'^rTo, nel nostro, e la fu di non aver veouto vero errore di quei giudici sarebbe stata pm K mnrto Bruno la sua filosofia Bruno e corregrivendicare per nd. prima Jv; se non ravvivare in noi cose, considerate neUa loro stanza identica di tutte le E se e vero che non e è aeternitatvs. verità, sub specie nessuna ^de si può apn^ poiché fede senL martirio, stonca, sempre orgamca realtà alla mezzo in la strada alle ^rze -ove ed resistere a pronta SenteConsolidata e cioè senza questa ostinazione, innovatrici senza questa lo spinto umano con nuova fede della immedesimazione mai avviata sarebbe si non fede storico e concreto, questa secondo la realtà, ad orientarìa investire ad la ler^ per noi q-sto sigm. ha Bruno di martirio deàli.'ll correzione nveratnc^ esso è la conchiusione e ficato din^o/^^zione reale ddle i_ una è filosofia Sella sua non può pm del pensiero moderno, che 11 ^i r E ^^e QueKore. non pesiamo vL ^"ìfsuo'rog™tutri ^1 : k c4sa Sire seco are ; pronta prom i Sca esser giudicata dalla » ^,v Crsa'TunTUdi rf'^'^'rno di sé D^^- tSè^S'eS antica del mondo che ha fuon e però la scienza, é la '^flf'X che filosofia, morte della nuova«^^^f possibile la scienza, reSe come la virtù, ome f terra e ne facendrrealmente scendere Dio in S 1 arte a™ 1 bellezza e bontà, vera urna appunto ciò che di divino tutto in generile, p^r nostro come verità, come «A^ k^^.rÈ^ ») I giudicare, all'esecuzione aveva sperato, con consentire come Brano illudendosi non fosse s^ao Bruno S^ mondo. del Tniuizione conciliazione una e bruciato, poteva parere P^^^'^i quando possibile Gahleo sembrasse volléche come scient'fica. fede sua la ma abiurò, non un'eresia, la hberta suprema Br^no fu saldo invece a sostenere a protestare che una filo^oja "«" P?„ non potesse da roghi ormai sono spenti continua genza radicale della scienza, e tesse essere eretica, e ainmom- Bruno, raccogliendo l'ultimo della sua a un discepolo testimone dato lu menfòda pedate e fuggire 1 pregloriose sue le morte -TSeguire fosoS « ; S che c^ \ nZno della So compiuto filosofia, nel mondo. P<«a viene realizzando natura, e dopo Bruno divinizla divinizza Bruno e l'ahro hanno d' infinito runa che in ciò febbraio iboo filosofia dopo il 17 -a : iSaS neKoria — Questa di Tor di e che rinnovò nel carcere Bruno del giornata No^. teirestrema J^P^J. quella che termino Ics aosofica molto somigliante a ostinazione, questa strema giornata di Socrate senza che ha Bruno non avrebbe tutto il significato non sarebbe cultura. Senza di essa libri e dai costituti, 6i -•v;^ Berti, pag. n. 236. delle devono un ma non ha cuna sue sentenze. 1^ sentenze di essere : — oz- l bontà del volere, pubblico e privato. Insegnando quando questo Deus in rebus non è altrui raggiungibile, un Dio qualunque, che valga sinceramente conie fondamento della legge inviolabile della vita, un Dio davvero riconosciuto ed amato, è meglio, molto meglio di nessun Dio ; e che tutte le fedi, però, vanno onorate, non per galateo o per politica, ma perchè ognuna, a ia che, chi la possegga, è tutti i un valore assoluto e la ragione di NOTA valori. La sentenza del S. Uffizio li Roma contro G. Bruno. Intorno alla mutilazione a cui ho fatto allusione a pag. 37 conviene ancora tener presente una fiera ma giusta osservazione di Luigi Amabile, che vale un documento. E a pagg. Due artisti ed uno scienziato : 468-9 n. della sua memoria Gian Bologna, laccmo Svanenhurch e Marco Aurelio Severino nel S. Offizio napoletano, in « Atti della R. Acc. delle se. mor. e poi. » di Napoli, voi. XXIV dal quale « Forse un giorno pubblicherò qualche documento apparirà come l'alito prelatizio, prossimo anche a mutarsi porpora prelatizia, copra talvolta perfino gente senza fede, capace di azioni molto basse. Per ora' debbo dire che ho rinunciato affatto al desiderio di studiare nell'Archivio del S. Officio romano, dopo di aver veduto che 1' impostura è di regola giacche, pur quando si giunga ad ottener dal in tale ramo Papa la licenza di studiarvi le copie dei documenti debbono sempre scriversi dagl' impiegati dell* Archivio dipendenti dal Commissario del Santo Officio, e per lo meno vi si sopprime ciò che si vuole sopprimere, senza neanche astenersi dall'asserire il falso. Ho dovuto persuadermene, leggendo l'opuscolo Giordano Bruno per Raffaele De Martinis, Naìx)h 1889. [Anche ma la copia, che io altri cita questo libro con questa data ne posseggo, reca la data del 1886I. L'autore, eh' è coltissimo sacerdote e pone il suo opuscolo nella «Biblioteca di S. Francesco di Sales per la diffusione gratuita de' buoni libri «, ha ottenuto manifestamente dal Papa il permesso almeno di studiare e pubblicare la sentenza che colpì il Bruno; e la pub: : m : !:> ; blica con una narrazione della vita del filosofo scritta sul tipo pag 12 di que' tali buoni libri da diffondersi gratuitamente. egli registra un quarto processo fatto al Bruno in Vercelli A i\i^ „ r ** ^v / ~ 64 due della Repubblica genovese, dopo i La conoNapoli ed il terzo fatto in Roma e dice « dalla sentenza scenza di questo quarto processo l'abbiamo della senromana che lo ricorda » Poi a pag. 208 nella copia dovrebbe là dove tenza romana tale ricordo non si trova, e con le parole seguenti stare si leege questa sola proposizione grande che il pane fche tu hlve^vi detto ch'errbiastemia etc. et infra. Le quali propositiom SI transubstantii in carne Settembre MDXCIX prefìsso il terti fu alli diece del Mese di noticuia a pie di mine di IL giorni a pentirti»....; e qui una G. C. b. » oaeina dice Questa nota non si ha in archivio. ^^"'alt[^ ^me più sotto, a proposito del processo. "^I archivio. G. B. ^^^^^^.f,« Non esiste oggi ticina dice ^J^Ji^^^J^ vasempuce la anche ovvero scambio tipografico di lettere, ripetute, non impedisce di riarne in siffatte iniziali due volte Giambattista Canonico ègeerVi . Gio. Battista Storti . o « capo degh officiah Storti» appunto il Canonico sommista e dal quale è stata cerossia impiegati addetti al Santo Officio, state aggiunte tamente rilasciata la copia della sentenza e sono della Pratica del Santo notissimo canone Ora noticine. due le esprimere « conviene in e.ssa Officio circa la sentenza era che del reo » (Masi^^^^ articolatamente la cau.sa della condannatione tutte le sentenze Sacro Arsenale, Roma. 1639. pag- 311); e vedere interi \oche si conoscono (in Dublino se ne possono pure pubblicate) lumi oltre di che talune di esse sono state proposizioni ere^ le recaAo nel testo, non in note staccate, tutte precedenti della sua tiche iscritte al reo, come ancora tutti 1 che fu P^es^te -Ula Scioppio. lo Bruno poi T;el ^^ta tw^^nto Rittershau^Corrado notizia cUede ne e sentenza, àSla iattura modi Narrata fuit eius sen, scrisse: «Ea autem fuit hiiius conqualem Inquisitio dihgentiam vita, studia et dogmata et Uov ^ etc vertendo ilio et fraterne monendo adhibuerit ., dalla Inquisizione latti in : ; . . : m : IL \ LO SVOLGIMENTO DELLA FILOSOFIA BRUNIANA ì m neUa copia della .sentenza, la narrazione della vita e degli notizia Bruno, che recava naturalmente pure If la copia della sendel processo di Vercelli? Manifestamente dissimulate ^^^"[„ tenza fu rilasciata con murila zioni. ^"^^;f^"^ non si sa Storti tissimo modo. Ammetto volentieri che lo con ciò ma superiori ordini senza guisa comportato in tal la triste c<J^cI"^^V^^';^^^^aL^^ la ci«a riesce ancora più brurta.e può prestare alcuna lede ». a que' Signori del Santo Officio non si studii. del ; S \ — Giordano Brune e il pensiero del Ritìaicimenio i \. e i. Rodolfo Mondolfo ha fatto una recensione Tocco su G. Bruno e un tentativo di correggere in qualche punto l' interpretazione del rimpianto maestro. Se non che anch'egli sulle tracce valentissimo nell'analisi filologica delle del Tocco, parti di un sistema ma intentoptr solito più a guardare più gli alberi che la foresta, postosi a studiare i vari aspetti contrastanti del pensiero bruniano, se n' è lasciato sfuggire r.unità spirituale, in cui, com' è pur vii ^gnifìcato di tutti questi singoli aspetti. ovvio, A proposito appunto del mio giudizio sul Tocco, da me definito, come storico della filosofia, un puro filologo, il Mondolfo, non vede come possa conferirsi al concetto di filologia tale ampiezza, da comprendere « r interpretazione dei sistemi filosofici, la la loro critica interna.... ». Io dicevo, propriamente conoscenza di quei fatti che sono (per lo storico della filosofia a tendenza filologica) i sistemi filosofici, da accertarsi criticamente, da definirsi nelle loro effettive determinazioni, con la critica e l'ermeneutica filologica dei testi che ce ne conservano la testimo11 prof. dei lavori del DaUa Cfiiica, a. x (1912) pp. 28i.:9i. ^ : -3 *) La filosofia renze, 191 2 \ (es'tr. di G. B. e la interpretazione di F. T., Fia Cultura filosofica). dalla — nian7A E la difficoltà 68 — -69 alquanto oscuramente propostami Tocco sistemi , nella storia del s rSce a dire che anche Mondolfo non il Ma lori. va ma non sono fatti considerazioni che io avevo prete badato a tut ; le va utaz.one dimostrare che i tentativi di teoricamente lui da criteri pei fiSficrdel Tocco, e ne fece ne' suoi giudizi, e per le applicazioni che II. mes^Tr oro^sti S£ono t^tti, n^n per difetto La filologia, bensì (poiché l'amico Mondolfo mi trae riparlarne) pel filologo stesso è un ideale, non un è una tendenza, un momento logico, non una fatto ^«"'^"^^1^^^lui adope- a al metodo da loro natura affatto estrinseca interna esigeva una mera logica sua la per rato" U quale pensiero) «5J«='"^e^^,f^coSa azione di fatti (di chi ebbe, come me, la ogni valutazione. E hitamente sue bellissime oSa di Stare lucidezza, non può aver lezioni, le era analisi, ordine e ; logica reale e compiuta. dove tuto quell'onda Sero E del Tocco : ^^Sione : « (categoria a- la filologia : ; che stava espoa trarsi fuori da quel processo un incongruenza un' difficoltà, per rilevare una quella ^cciad. solito illas'annebbiava punto'o^uro. impacml^a la i«rda Lnata da un sorriso s' arrestava spezzandosi in brevi e tronch^ immaginosa, e faconda con un atto di energica neriodi che finivano sempre e non facnoi facciamo ora la stona, So Cè ci : dimenticato talora, raramente, '''TP'fSa'se se stessa e s intorbidasse , arrestasse si rimescolasse in un suo segreto da ouando Ti maestro era stato tentato come non perchè pensieri (o atti sono filologi poesie, miti, credenze religiose, spirituaU, in genere norme giuridiche, ecc.) che siano fatti non ce ne sono. Per sminuzzare che faccia il filologo il suo testo, ogni minuzzolo gli resterà sempre innanzi pieno dello al quale pertanto il filologo, suo spirito del tutto malgrado, sarà costretto a guardare, non riuscendo il più delle volte a vederlo esattamente, poiché ha tenuto mala via, e gli alberi non gli lascian vedere la foresta. E però io non ho detto, né potevo dire, che nella storia stratta), manchino del tutto le valutazioni ; ma sol- tanto che quelle che ci sono, non sono strettamente filosofiche ^}, e però non si organizzano tra loro, non si Ma Ed eravamo tutti avanti ciSa critica e andiamo tornava aHa luce e poiché avanti, conTenri dfandare signientrare in particolan inolto aSno E potreicorso asegmre fece potei che fica, poiché vi ritorno e impressione, nimo m^ una profonda e vivezza di ncordi "So Sa memoriaoreconpiùnettezza della ^ovinezza che ! ». : si *) il cSrsi ritorna alle S^ge È chi prende ai amTmrun maestri come altri definitivo di lui « ha creduto, E il pensiero com- in nota poi fa sapere che « Quindi io non posso consentire col questo altri sono io Gentile, che ritiene il giudizio del Tocco sulla filosofìa del Bruno fondato esclusivamente sul criterio che maggior pregio abbia quel sistema, che seppe meglio elaborare il materiale positivo, che le scienze contemporanee gli offrivano, ed imprimere una spinta più vigorosa al progresso. Questo criterio valutativo non è l'unico proposto dal Tocco nei suoi Pensieri... » (pag. 8). E mi fa osservare che U ilTocco ne ammetteva tre : ogmaUra della ), non esprime, pleto o, almeno, del scandalo della mia definizione dell'intelligenza e il nuovi bisoe^ni dello spirito » e « in ciò che l' interesse scienil M. osserva che questa primeggi in lui sul metafìsico frase che. come del Tocco (definizione forse non avrà nnn nnò far« a meno di porre dei limiti), die^lo e quell'amore suo maeS^ro di caro ai Tocco. nella sua conferenza del 1886 tifico liete Sào Dopo aver detto che Tocco faceva consistere la grande 7 za filosofica del Bruno « nella costruzione di una filosofìa rispondente alla nuova scienza e iiell senetà del f >.. — 70 — non tanno delle sue ricerche un vero lavoro le si.e ricerche non abstorico. Il che non significa che Ne hanno moltissimo poco. abbian ne o valore snustificano e ; biano O chi stona ricerche, o elementi astratti di cosa, non possa farne in una fa non chi che detto ha interpretazione modo eccellente un'altra ? I limiti dell' ma come da cotc^sto suo bruniana del Tocco derivano appunto parte, la radice dei d'altra che è, filologico, carattere non saranno mai grandissimi pregi, yx-i quali quei lavori dimenticati dagli studiosi del Bruno. ,, „ „ non E ora mi rincresce di dire che il Mondolfo di ne pregi, questi vedere di s' è messo in grado né andavano messi pregi 1 difetti. i ossia limiti, scorgerne i della ricerca bruniana prima in luce considerando lo stato e cercando i punti del Tocco, in Itaha e fuori d' Italia, ciò che il progredire fece la Tocco il speciaH in cui limitandosi naturalmente, Mondolfo non poteva fare, , : Tocco. Per i difetti, sui disposto a chiuden^gh par Mondolfo nuah nTaLche scoprire il difetto^ bisognava prima di tutto della a audiare S ^^ «oh i , , Ut KeVeser di Questi criteri appunto quei tre, che io avevo esposti. punti del Tocco, se .sbagham 11 laitv . n^ nuzie r infallibile ma caso, a sbagliare auVa^. n"n può suo Pnncipi(^ dal suo metodo e dal portato ?H -o t^'^. -rr' una una u filosofia, che ' sia quest'analisi esce d^a MU^st^du da ettismo, ora di . Tocco paria ora ui ec Il ? filosofia | dimostrando ^"^1/^^,^" ®™"?elto ch^ c'è sincretismo, ./Aristotele e quel che è P^-^^^/,^ /i^SJ^^^^elem^ tradito, gn eicu <= i deriva da ,li Parmenide e auel che platm.cipante.z- fu Ma tZ: cioè della erudizione, un uomo Schè è chiaro che dell'acume Senza, Quigtii/ imocHtH •. libri dello stesso il atomizzanti e -Briareo dalle gli -lamenti ^ento braccia - Jbe^/^.t Spaventa i^^^^ ^Sy^^^tuna' rkerca di fonti ha il suo spinto di .B™"°- J-/^ dell'orerà cui qua '^'' .^dj ai'^a ma e al valore che non è piccolo, J7, comedi aveva ricostruzione di tentativo Trifer sce Un lo sofia, lo e s e 1 u s i v a m e n t e P il Mondolfo ci mette unpeggio, non si rende conto ^hl non ri misi io ma, quel che è osservazione, che non è d. mera costadef carattere dito mia rimanda alla conclusione delle 0^'r. ta zioneim. di critica E mi che non m. fosse c^ei Mondolfo non dubitava certo occasione '• ,"/^'^| (low: f^ vero che in quella J-^° f'^t nn filosofo misurarsi anche (.1 ^°P <li che ne un efficacia t dalla 'orària svista) una è Mondolfo mette qui il (pag^ rolare sul X . hWo 'esercita sui successori suoi ,"f ' .LìT - Hsa^astili acoti MSe^d"S'x^.rMo^n^oH^'orcr^^^ amico ^ d'i O i r".i mentari ? : *) ma che aveva esso stesso i. grav emcacia K v-ìinrp SO non mi sbaclio. e finalità. bruniana. è n.eccomsmo. ^arl iT-rocco^r la meta.ìsica concetti p.u eied^i^amo tornare sempre a intenderci sui « o prof. Masci >) Nel poli, a. Rena. ddVAcc. XXVllI delle (1889, torn. di scienze morali e polii, .^o giugno). Na- I — — 73 — — 72 : la : Bruno q^*^"\P?^f alla filosofia è per il si lascia teologia negativa. Vuoeriore alla filosofia, la acontemp alta più « che Bruno dice questa Se ^ E cSu?KÌre I III. Ora il Mondolfo, non essendosi messo a questo punto di vista, si smarrisce anche lui dietro alle contraddizioni e alle oscillazioni del Bruno, e non può mirare al nodo essenziale della sua metafisica. Una prima osservazione egli fa circa il rapporto della religione con la filosofia in Bruno rapporto che fu anch' esso motivo di dissenso il Tocco e il Masci, e rispetto al quale il Mondolfo nota che il Tocco non mantenne la stessa opinione dalla Confe: tra renza del 1886 alle Fonti di sei anni dopo. Il contrasto e ritiene che a in parte bensì gli sembra apparente derivi dal fatto, che nella conferenza fiorentina si trattava della teologia positiva, coi suoi simboU e le sue figure, fatta per le moltitudini; qui invece si tratta della teologia negativa dell'uno ineffabile, cui soltanto l'estasi può arrivare. Ma si collega in parte anche, in quanto riguarda l'innegabile contrasto fra la tendenza immanentistica e la trascendentale e il vario prevalere dell'una o dell'altra nella mente del Brimo a quella successione di fasi nella filosofia di lui, che è merito del ; Lasciamo stare se un contrasto apparente dei giudi/i del Tocco possa collegarsi a una reale successione di fasi nella filosofìa del Bruno. Il contrasto il Mondolfo crede in realtà che sia (benché apparente ed eliminabile) non nel Tocco, ma il quale una volta pare (come parve al Tocco nel Bruno nel 1886) che metta la filosofia al di sopra della reliun'altra (come parve al Tocco nel '92) che metta gione Tocco avere per primo messo in luce ». Ita... ^*=- .^v».., ' .\S impossibile natura» che aiende sopra la che cioè essa ape r e d e ») n o n h i e a a 11 ù n e reUgione positiva ; ma che della contenuto nunto è n perchè le parole non Stra parte a contrasto non e' eè bisogna intendere il unificano nulla per se stesse permetto di cremi io che Punto rimiro del Bruno. ffinitivamente -^^^^ altra volta clvarito stona della cuUura^ nella Bruno G. mia conferenza accorao allora d'essere al tutto d Sne ; CTa^Je (e il Tocco mi scrisse contemplazione, impossibile a du fon me) La più alta chi, come alta, ma è vuota per più non Zdv è bensì ndmmta la cercar Bruno ha dottrina di non rivelata pm alta cogmzione la L'essere noi. mossa da --ra cogm^^^^^^^ "on razionale non toglie .c^^ .falta per 1 og|e«o, razionale. Più della bassa più e però per Bruno, e infinitain^cesfibile alla ragione, essa, quanto processo co speculazione, mpnte inferiore alla dev:essere ogni vexo proc^^^^^^ a" tonomo, rome S m SU ^^T'rto^he^ c^eTrTd Ts^^star dSro^geX'della il 11' Eel^ fede del fiTotolf. ^^jf^^^^ è merito *1 Br-^on^.T^o del uio im sua concezione msufficiente tutt dtro l'integrazione, è trascendente il onde noumeno il (come mmanente rhP trascurabile dell' fenomeno) ma a integrare il suo '^te.rSZ%.io-M no^ito data la Xnie ì Kant è richUto ; ; k E crede che filosofia. reUgione al di sopra deUa rehgioneinfela che questo conSzione non ci sia per difetto del peccato originale de' suoi studi bruniani non potendoci essere svolgimento senza un'unità, senza un pensiero che si svolga attraverso vari momenti. «) -) papj. 232. Dia!, met., ed. Gentile, Vedi sopra, specialmente pag. 4; ; \/ — ciò sia — /4 — 75 non toglie che l'anima della speculazione brunianà r intuizione sempre viva della divina natura, o mens insita omnibus. E dimenticato o tiaNCiirato questo concetto, nessuna frase, nessuna pagina in lui è più intelligibile. Il teismo di Bruno non è la sua religione, ma il limite della sua filosofia, che è pure la sua religion( del se/eno sue convmziom, t^bd ^^^^^ . A' panteistica. essenzialmente delle più le"" (pp Tocco distinse tre fasi nello svolgimento del peni. schietto misticismo neoplatonizzansiero bruniano dove il moirjv'te, rappresentato dal De umhris (1852) di trascennismo è commisto a motivi di duafismo 2. monismo aleatico, panteizzante, rappresendenza : concepite è facile vedere ziomust apposi W^.^.^.^, 22-24). / dal ne, resa possibile : (\ * ° ^«"«f ^!^^ brunianà nella somnascono "T^'^S^nt^Th V Silrono. Donde_ ma ; tato principalmente dal De la causa principio ed uno, e in generale dagli scritti italiani (1584-85); 3. atomismo, svolto segnatamente nel De minimo (1591). Contro tale distinzione fu osservato che le varie tendenze degli domande ^"".^^e le ^1"^^!:'^J' gravissime, come seguenti ,8 : ConV è possi- ^^ f^ ^^ere ì'.''^^^'ZraS£airinTiizt;a1trattadegliEleati, .acceda a^i l'uno ne, molti non si succedono cronologicamente, ma sonò simultanee e s'intrecciano nell'opera brunianà, che si «sforza appunto di accordare motivi filosofici di: cordanti. Occorre intendersi, dice il Mondolfo. «La distinzione delle fari del pensiero bruniano non è separazione nettamente determinabile il fatto, che simultaneo alla metafisica della Causa e ad un indirizzo etico con essa congruente, si presenti un altro indirizzo di morale, che n^olteplicità. senza pnma^^^^^^ della sua S^tieTraS^rroneità O com- è possibile ^}^lZ^:^^f%l:::^lLon.re duca a riconoscere ^"^^"/^^Sa del non essere ? O l' S e non "° neoplatonico, v^ ^o'ta J^'^X chi 1" ""^ come può '^^.^f ^^^^^^ ^ ^^ ^«scr ^ tutto a all'animiha cessato mai del ^ ^ (come del tutto : > tien sempre fermo smo universale y^dell'anima del ° ^J^^^^^^, meccani^uizione ii i ^"^^^^^fi? egli accogliere mondo, come può«"^f t poss ^jj ^^ ^^ intende rebbe se contemporaneo alla metafiè prova novella di ciò che anche conil Tocco rileva, che il pensiero del Bruno è tratto tinuamente per opposte vie da forze antagonistiche.... Una coerenza sistematica non sarebbe naturale chies' De minimo, di cista e pluralista «no un ^emoci ito . concorrano Proprio ^,!^K.^^ stesso pensiero — avverse e repugnanti ? f^ ^ studia^ Opere latine prinia d. ,. -^ -^^^^q 'iJCt^L Bruno. In una vita così tumultuosa ed errabonda derla al in un'attività filosofica così intensa e svariata, fra Noi fSjure. dunque, Comunque, tre tasi .^''f'/;" svolS.m nto^m^^^^^^ che non -no -o Il meglio m ?^r!l\Xa rtal-Sw" ma^tja-a jasi_realu, ÌV. sica del gravi ostesse periodo, o an'^«"f^^.^dc ^"'"' ^^'".^ tendenze centrane ^j^^ chòvolta a volta :r£stri preponderan gh V TtSlta ti D^JSo. tomismo ^^^^^ am- bruniano di Democrito e -1 # \^ -76 — — 77 — Epicuro venisse e incontrarsi (nientemeno !) nella monadologia leibniziana perchè Bruno avTebbe nei suoi minimi frantumato non solo il corpo dell'infinito universo, ma anche l'anima del mondo, ammettendo la realtà delle anime individuali^ Nella prefazione invece alla memóFiaTsulle òpere Ì7iè^te confessava candidamente: nell'interpretazione di alcuni luoche era corso troppo di tornare indietro ), nconoe minimo, del De di ; « Il confronto colle opere inedite mi fa ora ricredere. L'individuazione dell'anima non è per Bruno se non un fatto passeggero, che nell'infinita serie del tempo non ha consistenza e durata maggiore del baleno. Per tal guisa la trasformazione atomistica della speculazione bruniana resta a mezzo, perchè, se la parte materiale si risolve tutta in atomi insensibili e irriducibili, la parte spirituale invece cotesto frazionamento non conosce, e resta sempre una di qualità e sostanza. La quale in conseguenza reca a dir vero questo vantaggio, che l'atomismo della terza fase si saldi più facilmente col panteismo della seconda, a quel modo istesso che l' immanenza della seconda fase si saldava con la trascendenza della prima » *j. Studiando la Lampas triginta staUiannn, il Tocco, insomma, ebbe il merito di accorgersi ghi sccndo che il Bruno non aveva riconosciuto : frazionamento : sem- molti. V. Ora viene il Mondolfo e sottopone ad esame il can- che questi aveva giamento d'opinione del Tocco, e sostiene che cioè anche le dopo torto ebbe ed prima ragione del: ^1 il oSre in Bruno inedite confermano la coesistenza Questa e la parte e della monadologia Kmismo ai la- dicendo conchiude « originale del suo scritto, che soltanto il campione del moluni, che nel Bruno veggono in ui •! Precur^re nismo panteistico, quando salutano ricordano anche .1 Leibniz e se si accantrallo Spinoza *) Il pluralismo delle monadi (delle monadi spirituali) si regge su un concetto fantastico della monade, che in quanto spirito è immoltiplicabile. Ma il luogo sopra trascritto del Tocco dimostra in modo caratteristico come vigorosa fosse in lui la fantasia (a danno, s' intende, dell' intelletto speculativo) perchè solo con l' immaginazione si può vedere nell'atomismo un termine medio tra il monismo panteistico e la monadologia, e si può parlare di un spirituale analogo a quello materiale che sarebbe operato dall'atomista. Anche l' Hoeffding {St. della filos. mod.. trad. it.. I, pag. 492) a proposito di questa inconseguenza addebitata dal Tocco al Bruno, il quale si sarebbe fermato a mezzo nella « È trasformai zione atomistica, della propria dottrina, avverte tuttavia una grave questione anzitutto se il concetto di atomo si approprii a venir applicato al lato spirituale dell'esistenza, e fu forse un retto istinto quello che trattenne Bruno daluna tale applicazione l' intraprendere anima altra pur mantenendo sostanziale che quella universale, salvo a notare, come atomistica, vve V interpretazione una e i corpi l'anima un' incoereriza tra s' è veduto ; ven questi P'-ecommenti si chiedesse loro in quali opere il pnmo nelle opere rispondere: pur dovrebbero fichino, poemi latim » (p. 34) nei secondo il umbris, successive al De che vogUono significare, Parole non troppo chiare ma momsta panteistico che molti che fanno di Bruno un costoro ?) lo fanno sono chi (e poi inza troppo riflettere ammettendo im??ècur^re di Spinoza e di Leibniz ; ; monista, il mo- che'in Bruno ci sia. oltre il vorranno certamente tronadista le cui dottrine essi ?5amente anche nella Lampas e nell'altra principiis fosse esclu^ la molrerum De inedita opera molte amme sostanziali, il in dell'anima tipMcazione ""vedTam^ut ^' le >». .) u open PtediU di G. B.. Napoli, 1891. pagg- 65-73. .,^^''** ^>^m ^ ««js-w^ft^ 7 — - 78- .ìirla ci lì dal Bruno, dovrebbe a pag. 239. '''^^^Xl^rX^r^ comincia a p si ^^^6 a cu,^^^^^^ ^JV^^^ proponendo l'esempK. l'arte '"X f-aninla sbiritmUs, il Bruno non all'anima del "fensce au «i aggiunge materia che anime dell'anima del » «"«i"' la d v^^ne ? la nioltephcita^^ ^^^^^ sola introduce in*^"^"^^^*^ del « La vera ^if^'liStà sta nell'anima v^^ajosta^zianta^ta _ ^ per meglio dire, la s«^° le aure non sono non ; ^^la chiaramente, o P^r ^in di quell umca, ^^^0 stesso Xtó e^ m f da escludere che sia la prima per ragioni.... come dire? a priori, a Se l'anima, di cui qui si parla, fosse l'anima del mondo, non saprei vedere come tutti questi dolfo è Udo residui della scala plotiniana degli esseri s'accordino col panteismo, per cui è Deus sive natura, e l'anima del mondo è una faccia di quest'essere unico, che visto da un altro lato è materia. Tra spinto e materia il Bruno qui distinzione, che sarebbe condi essi, come di contrari identità stessa dizione della ma una vera e propria separazione ». Ragioni, adunque, a priori, e, quel che è peggio, oscure, perchè fondate su non afferma soltanto una ; la l'unità. ^ sioni se «^o" né più né nìeno • una ^/^^f jf^^toa dell'uomo è vita, della centro nel riccie P'-^^P^'^-S^v^a'ct sostanza '"d';'^"^;^,*=^he^a un essere dive>;so dall aninon SI devo universale ,^he agisce da quel punto irraggia f^'™i'ànima 'f«^f E i"^»^^^, ^' . ma um versale. pu^^^^^^^ ' in quel d«ter™mato tutto • organi^ l'azione sua ani 1' '"^"^°!*ahta dell ammettendo pur nel anche ma lolo nella C««s« indi^^ e m ,^ ^e amma paure deU'Orco Non in 4" l'operazione locahzzata , jj ^^^ g^uno non ^^^.^ ^^ j. ^^^ ^ . stessa, che ma^ben Pi"\t°^*^ VI. più semplice maniera di vedere che specie di anima fosse quella di cui Bruno parìa nei luoghi citati, non era quella insegnataci dal Tocco, di andare a guardare il testo cioè, dico io, il contesto ? E allora, salvo Ma \™an"Xne organismo n comporrà frammenti del disciolto ^^^^^ tVmtsicSjSaVmandadel la ; : le '"°f,f°;,^^^S d^f Brimo^ che va fuggevoU «allora dove se ne ^«^Xd^rcussioni cnenix individuali non siano Quest'anima è quella et post corporis societaiem consista. del mondo, o quella di ciascun individuo ? Pel Mon- una conoscenza non dualità non esclude punto • cm inventiva della ^^^'^l^r.-i^ che ahsolvitur a corpore Tocco E lì si parla di ««"«« _he per ciò ? « Il exisM s^nc nella magche et rcalUcr ^^J^^f"^^^^^ Mondoiio.* medesimo », osserva il provare che suhstantia ^or parte degli ^^g^^'^/i^'-Jf^orpT ma corpo del non sia accidente .^^.^.^^^i^_ nione che avviene, casu, non nattiraliter; e l'anima multo intervallo relinquit post se matcriam ; anima ante esatta del neoplatonismo, dove j di cui esser quella di Ili e oscillazioni, che rendono più che dubbia la risoluta interpretazione del Tocco. Nella Lampade Bruno dice l'anima naturam ex se suhsistentem, non accidcntalem formam, non entelechiam, non harmoniam, non aliud simile ;Vanima e il corpo duo siihiecta per spiritum imiunibiU di un'ubilia, quorum principalius est anima : s Tanirm errore. Mondolfo non vede come questo potrebbe obbligarci ad escluderla dal De minimo, che rappresenta un momento ulteriore nello stesso sviluppo dell'atomismo, non ancora accolto come dottrina metafìsica nel De prinpalesa incertezze cipiis. Ma già nella Lampade il Bruno — 7Q *) ì^e opp. ined., pag. 69. dai altri Mondello ; il ^^,j^ (dove — 8o — — » ^ : bruniana derivare sostanzialità e individualità dell'anima universale, di la prima è un'emanazione. L'anima dell'uomo, insomma, è siihstantia individua, siihsistens de, quatenus anima universalis concetto ovvio a chi abbia studiato la logica spinoziana di sostanza, attributo e modo. Bruno. il ; Ma la difficoltà esiste ? Considerata nella sua materia sarà una e tale sarà in quanto animata, giacche la materia per se stessa è caussa miti' titudinis et divìsionis. E s' intende che in tale unità non ci può essere più morte, e non e da parlare di distacco. Ma la morte e l' interruzione (relativa) dell'azione avvivante dell'anima universale è appunto nella materia in quanto materia che non è tutto, cioè uno, ma nella quale un essere non è l'altro, e molteplicità però la vita dell'uno è la morte dell'altro, cioè distacco dell'anima la quale non resta ad agire nel vuoto pel fatto che la morte del secondo è pur vita del primo cui totalità, : Aquam, quatenus aqua ricordi infatti Spinoza dividi concipimus eiusque partes ab inviccm scparari : at non, quatenus substaniia est corporea ; eatenus anche per Spienim neque separatur neque dividitur *) : est, . — ma ogni specie di emanatismo che fa molteplice dall'uno e potrebbe riuscire se mai una critica, non già servire alla interpretazione di sofia se ne va?) il Tocco ha perciò risposto la sostanzialità, r individualità dell'anima di ogni uomo è la stessa Si 81 la ; : E : noza la mente umana è parte, com'egli dice, dell' intelletto infinito di Dio ^); e quindi è sostanza, ma non in : quanto mente umana, nella sua finitezza. Mondolfo, dopo avere esposto il concetto del Il Tocco, che si rifaceva certamente da Spinoza nell' intendere il rapporto dell'anima universale con quelle essere. La difficoltà ci sarebbe se l'anima si distribuisse nella materia. Allora una parte materiale esanime importerebbe una parte dell'anima a spasso. Ma l'anima come sostanza indivisibile è tutta in tutto e in ciascuna parte, e la sua azione animatrice perciò non è possibile che sia mai interrotta. S'intende che d'altro canto né anche una parte di materia può restare senz'anima ; perchè Se l'anima particolari, solleva la seguente difficoltà ed unica realtà, e, come del mondo è : << individua unita inseparabilmente alla materia considerata sì da costituire entrambe due facce tale, nella sua totalità — — essa è ugualmente inseparabile dai singoli esseri, che costituiscono la totalità della materia non si può concepire il suo distacco neppur temporaneo da alcuni di questi, senza supporre che l'anima sia imita ad una parte e non alla totalità del mondo, di una sostanza unica la in loto et in qualibet totitis parte. D'altro canto, però, queste separaziom, inconcepibili per l'anima universale, sono concepibilissime per le anime individuali, quando esse siano considerate non accidentah, ma sostanziali .... ». Difficoltà, però, che non toccherebbe soltanto la filo- VIL almeno non riesco a scorgere la difficoltà che ci Mondolfo il quale, una volta creatasela per eliminarla, propende a credere che il Bruno realmente ammettesse la sostanzialità delle anime individuaU, oltre — Giordano Bruno e il pernierò del Rinascimento Io I Eth. I, prop. 15 sch. Eth. II, prop. II cor. la ; ad ogni momento quella continuità della sua azione, che dovi-ebbe spiegarsi sempre tota *) Onde materia nella sua totalità, cioè, ripeto, rome unità, è sempre animata, ossia è anima e quindi non patisce mai morte. gregati. e senza interrompere *) morte è relativa all'essere particolare che si disgrega atomi in quanto questi entrano in nuovi ag- nei suoi : vede <5 il ; A — 82 — -83 - accorgersi né anche qiieUa dell'anima del mondo senza che era sfuggito al Tocco nel suo lavoro sulle la negazione Opere Mine ; che cioè l'anima del mondo è e senza avvertire, delle anime individuaU e viceversa ; rito generale del «sistema che fa nascere le differenze dalla materia. Nella 7.» male si appaia il principio di Ubertà filosofica e religiosa *) con la dottrina del libero arbitrio e inesattamente si crede che 'I libero arbi- lui di quel ; ; la difficoltà da com'era naturale, che hii sollevata, ci ; questa ipotesi sarebbe, e insuperabile, appunto in umficate e fuse perchè ammesse le anime individuali quanti sono gli anime tante e mondo, del nell'anima dav\'ero come si poesseri del mondo, non si vede trio di Bruno possa scambiarsi con della coscienza individuale ; l'autonomia (che il per positivistico pudore vorrebbe sostituirgh) arbitrio di Bruno (amor confusus, non Mondolfo . Il libero adirne limitatus, e perciò/>c)/^«/irtquarèinDio,che è, per lui come per Spinoza, ahsoluta necessitas ut sii ctiam ahsoluta lihertas ^) è difetto, che lo sviluppo della ragione deve a poco a poco colmare, e che perciò non può a nessun patto , trebbe morire. E posto che Baino parlano espbciti lu-l fulgurazioni dell'uridurre le anime individuali a mere dottrina analoga mondo del anima nica sostanziale i testi di — ragguagliarsi alla divina libertà del filosofo, partecipante della libertà dell'oggetto con cui si immedesima. La libertà di Bruno (e questa è la sua insuperabile inferiorità verso il monadismo leibniziano) non è del soggetto, ma dell'oggetto. £ autonomia di coscienza individuale, nel senso che il ]\Iondolfo dà ali* i n- che ebbe a quella avcrroistica dell'unità dell'intelletto, pnma sostenitori anche nel cinquecento immediatamente un pensatore del tempo di Bruno Mondolfo. non poteva vedervi la difficoltà che ci vede il considerazioni che sette le fondamento ogni perdono per dimoegU enumera nella conclusione del suo scritto, del Bruno; posto che opinione, che male strare la probabilità della vecchia circa la tenabbandonare, ad fatto il Tocco avrebbe monadologia. Per la i.a e ]a l'elenco di queste consideraa scorrere volesse (chi 3 al luogo deU'anizioni del Mondolfo) metta il Mondolfo sostanza dell'anima operazione l'anima ma-sostanza, vera quella dithcolta e tutto è a posto. La 2.» suppone che fondamentale che s'è vista. La minima realtà, quella sostanza: la cioè minimo, il è è immortale, apparenza sostanza che, spinozianamente, è solo in una, come che non è mente la per laddove molteplice, nella 6. «^1 arora vedremo. Nella 4*> nella 5-* e supgomento del Mondolfo, che le differenze individuali denza bruniana verso la d i V i d u a 1 i t à, per Bruno non ce ne poteva essere. E però è megho consentire col Tocco noli' opinione che a lui, dopo matura riflessione, parve definitivamente preferibile. ; e rovepongano la sostanzialità delle anime individuali e dallo stesso spisciato da espliciti luoghi di Bruno ') vin. Vero è che di Leibniz, monadologia bruniana, se non è quella neppure l'atomismo di Democrito e di Tocco a furia di istituire riscontri e indala non è Epicuro. E il gar fonti cancellò differenze essenziali, e *) Religiosa Bruno non riconobbe i) Vedi metafisici, pagg. 253-4. p. e. Cabala, uei Dial. si lasciò sfug- solo in un certo senso. Praticaniente libertà religiosa. La sua religione libera coincide con la filosofìa. *) Opera, III, 41, 161, 22. >r - 85- -84- Questo concetto del minimo-sostanza fu luminosachiarito dallo Spaventa fin dal 1866 in un piccolo saggio, di cui il Tocco, che si servì del maggior saggio concernente la teoria della conoscenza, non tenne il debito conto *). Ma lo spinozismo dell'atomo bruniano non sfuggì neppure allo storico più accurato dell'atomismo, il LassVitz -) (la cui opera il Mondolfo non avrebbe dovuto Bruno strozzando vero concetto della monade di tiire 11 ^rciò l'unità mente D.««.6m ai del Fnsiero ^nmiano dal stes» Unità che mogho si ritrova nella ^mi latini. Bmno non sono atomi malgrado la sua superficialità. esposizione del Hocffding, chiaramente che gli atomi di vide e. p. storico Onesto assoluti e con ciò ^ttrasse già la ; sistema all'atomismo vero e proprio (come sua di concepire modo suo il quantunque meccanicista) per un doppio «spetto ^ 1 -atomo bruniano sia inesatto contraddiàonc tra la polemica de Bruno quantunque anch'egli malamente insista, della Hocffding, sul carattere relatività delle monadi particolari, e non iscorga la vera filosofia traspirare), come ; vedendo una e la dottrina della relacontro la divisione all'infinito atomi, e non vedendo clu. gh degli concetto del tività sscie tah t tti ad relativi di Bruno possono il fenomenico differenza che separa queste dalle monadi leibniziane. ( atomi la monaj monadum. eccezione di uno. che è assoluto, una sola, derivante da due inesattezze che sono poi oggettivo metafisico carattere disconoscimento del della relat,V|ta del atomo soggettivo, e gnoseologico non <-• ' che è gra^•issimo "°"'^"".' lì,,"' " '" '''f unica attive teleologiche .n>anto di Bruno sono sostanze atomi loto cado diversi dagli sono però e sostanza quanto molte. Ne quesostanze inerti e meccaniche in contraddittorio al p.nte.smo neopla- bruniano : , : sto monadismo tonico . è nel pensiero anzi ne è un momento necessario van i secondo svolto, meno dfBruno, e quindi più o ^ Sritti mk pur stnnp5-e presente »). La_moiLade.^mn: sostanza_di le cos-. » di BrunoJJa ' ^ • dpio e istanza de Spinoza, non la monade i^ Il di Leifa'j.- mouismo nella sua terza fase il moscorgeva l'identità della mor,as vemonad. Partfcolari e però sosteneva Tocco liquidava hmiauo ^Tchè non Sr:\S -n chiaro in Bruno U ain<;tamente osservato che «Pfg°/f„ ^°Sn^'nVe^ta spiega- lersi hT òroS^uàndo «ima, 1.2: in omnibus ., nel Minimum y^. De ,«,"., ' r>. I, ».iiia.i« si 4 dice D.o monadu,,. substantia rerwn : m- ,mm..... essentxahter *) *) Spaventa. Saggi, Napoli, 1867, pagg. 256-67. Gesch. d. AtomisHk, I (1890), pagg. 365, 399- ::*-. III. VERITAS FILIA TEMPORIS POSTILLA BRUNIANA } il I Dagli Scritti vari di eruditone di e di critica in ovore R. Renier, Torino, Bocca, 1912, pagg. 235-248. Nella Cena delle ceneri (1584) ^), ai vanti che Teodella grandiosa rivoluzione scientifica apportata dalla filosofia del Nolano, il ^x^dante Prudenzio risponde con un ammonimento preso a prestito dai Disikha filo fa Catonis : ludicium populi Ne nulli placca?, numquam contempseris unus. cium vis contcmnere multos "'). « Questo è prudentissimamente detto », ripiglia Teoche rappresenta il pensiero stesso del Bruno, «in proposito del convitto e regimento comone e prattica de la civile conversazione ma non già in proposito de la cognizione de la verità e regola di contemplazione, (( per cui disse « « filo, (( « : medesmo il Disce. sed a doctis : saggio : indoctos ip?e doceto^). di dottrina « È anco, quel che tu dici, in proposito espediente a molti e però è conseglio, che riguarda la ; *) V. Dial. I. 3) Dist., luoghi che saranno citati in questa nota ed Gentile. I. pagg. 25-29 Poet. lai. min.. Ili, 226 (dist. 29 del hb. II). Per Bruno. Opere 2) Baehrens, i ital., IV, 23 (pag. 232). ~- — — 9<> : ; : : ; 1' ignoranza genedeterminarsi non co' la moltitudine di ciechi e sordi testimoni, di convizi e di parole vane, ma co' la forza di regolato sentimento, perchè, in fatto, il qual bisogna che conchiuda al fine tutti gli orbi non vagliono per uno che vede e tutti i et? èjioi non possono servire per un sacio » stolti aveva già detto Eraclito *). Onde piòpta, sàv 'ip'.iszo;, ^, la legge della pratica sarà nella moltitudine de* tequella della stimoni, come a dire nel volere dei più scienza nel regolato sentimento, ossia nella logica, che ; e avrà vinto, e trionferà contra non diente ai moki*). Posta questa distinzione e è dubio, se la cosa de' : listica, la cognizione della verità verso il suo liberandola dalle difficoltà disconvenienti, ossia dalle contraddizioni. La pratica, d'altra parte (costume, legge, culto reh- non vita, Il suo mondo non è quello della quello della contemplazione, non è quello della la sua stessa etica dello storia, ma quello della natura Spaccio finisce negU Eroici Jurori, che sono sublimazione non della mente nel processo della verità. EgU perciò dello movimento del problema il proporsi a ha luogo esterno, spirito prarico lì. per lui, e' è solo arbitrio, dato ma è, : (testimoni), ; : fatto, e quale bisogna che alfine conchiuda è l'accettazione, refrattaria per sé ed estranea alla critica scientifica del pensiero logico, di concetti, ancorché falsi, utili e ne- il contem- questa domanda. per Bruno, mera volontà, quale si nelle grida e nelle ma è altre espressioni violente dello spirito popolare anche pensiero o, come egU dice, « dottrina espediente a molti»; è un sapere che è credenza, sottratta alla forza di quel regolato sentimento gioso, ecc.) manifesta nei voti dello tutto acceso com' è dell'ardore mistico della plazione, che è puro pensiero o cognizione della dello verità, ha più interesse di ricercare lo sviluppo nelle spirito pratico. C'è un processo nelle rehgioni, espedienti leggi, nelle idee moraU e in tutte le dottrine risposta a ai molti ? È inutile cercare in Bruno una ; termine, mcommensurabihta spirito pratico, possiamo dire, e dello spirito teoretico, egU non ricerca più oltre la radice di questa doppia direzione dello spirito umano (radice che noi piuttosto possiamo additare in quel residuo di trascendenza duache e' è in fondo al naturalismo bruniano) ; né, ; muove — — popolo, col quale egh, praticamente, si confonde. Quindi l'atteggiamento del Bruno verso la religione, in quanto atteggiamento di rispetto, chiesa e istituto sociale fondato sul concetto dell'assoluta incommensurabihtà della dottrina filosofica, che è sforzo di conoscere la espeverità, e della dottrina rehgiosa, che è credenza pratica e la scienza, tra la legge dell'una e la legge dell'alperchè la pratica è attività sociale, il cui soggetto è la comunità civile, il popolo la scienza è opera dei savi, onde «un solo, benché solo, può e potrà vencere, ed al fine alla pratica, ; rale — vita civile. Anche questo elemento della benché in sé pensiero, non ha valore, secondo il Bruno, come tale e pzvò il savio non ha autorità e competenza rispetto ad esso, e deve accettarlo qual è nella del che è volontà orientata secondo una fede vita cessari moltitudine perchè non fa per le spalli di qualsivoglia questa soma [la cognizione de la verità], ma per quelli che possono portarla, come il Nolano o almeno muoverla verso il suo termine, senza incorrere difficoltà sconveniente, come Copernico ha possuto fare». Bisogna dunque, secondo il Bruno, distinguere tra la tra 91 : nale, e non logica. La fede, infatti, come non può avere sviluppo. tale, è irrazio- \* ') Vedi in proposito storia della cultura. ») Fr. 49 Di»li. m il saggio prtctdente : G. Bruno nella ' 4» — 92 — — scienza, invece, è per il Bruno la negazione assoluta della fede e però egli esclude il popolo dall' insegnamento di quella. «Color e' hanno la possessione di questa verità, non denno ad ogni sorte di persona co- La 93 -- Bruno, di se stesso, o. come dice e testimone della verità». «esaminatore, giudice ; municarla, si lavar, a l'asino ». 11 dotto, deve, secondo lui, indirizzarsi a chi ha ingegno, ma anche disciplina, sì che ignori tuttavia «sol per non avvertire e non considerare.... per la privazione de l'atto solo, e non de la facultà ancora ». La facoltà, dunque, o la condizione per essere in grado di accogliere la verità ossia di conoscere, è in parte naturale (ingegno) e in parte acquisita con lo stesso esercizio del pensiero, con gli studi (disciplina). In altri termini, la scienza è La figlia della scienza. verità nuova presuppone ma malamente appreso è la fede, è messa La ». credula pazzia, che sullo stesso piano della passione,che la vista del vero, come la negazione assoluta tutti costoro il filosofo oppone dello spirito scientifico. quei «felici e ben nati ingegni, verso ^\\ quah nisciuno impedisce A temerariamente non giudicano, hanno libero l'intelletto, terso il vedere, e son prodotti dal cielo, si non inventori, degni però esaminatori, giodici e testimoni de la verità ». Questo libero onorato studio è perso non solo supera la scoIn questo concetto Bruno (cfr. la teoria dell anamnesi lastica e la filosofia greca Aristotele, ecc.) dell' intelletto atrivo di Diatonica ; ma : non è già intelletto vuoto, poiché il Bruno richiede, come s'è veduto, la disciplina; ma è la ribelhone al credo ut intelligam di S. Anselmo, e a ogni intuizione del pensiero che non sia tutto creazione lo stesso suo naturalismo che non ha posto per come autoctisi. la libertà dello spirito -^;f^™^.*! intmzione dell attività ferma qui. Portato dal 'oscura era in fonche storia, progressiva dello spirito nella (in cui pur Rinascimento del spiriti do a tutti gU verità queste stesse sono frutto di regolato sentimento, di pensiero che procede secondo sye leggi. E però dall'insegnamento del Nolano sono escimi non solo quei «maligni e scelerati, che per una certa neghittosa invidia si adirano ed inorgogliano contra colui, che par loro vogUa insegnar »; ma anche quegli altri «che, per qualche credula pazzia, temendo che per vedere non se guastino, vogliono ostinatamente jx?rseverare ne le tenebre di quello eh' hanno una volta precedenti, IL come se dice, il capo che scopre una verità nuova, non vogliono si mescolava con il secolo l' idea opposta, ^rdurata fin a tutto della identità immobile attraverso tutti i tempi e tutti dell XVIII, ma umana an luoghi), i solo come e concepisce la scienza non di un atto immalibertà la essere potrebbe libertà, che ferma eternità dell oggetto ente ^ congruo alla fissa e e poi da Aristotele Platone da concepito com'era suo a Bruno si anche fino posteriore filosofia e da tutta la lo spinto e costiche visto come storia. E già abbiamo che e fordisciplina dalla sua facoltà tuito nella per cm i fede, della luogo il piglia mazione storica, e che capace di conoscere il. pensatore medievale era fatto questo egU svolge con un'arguta osservazione egU va oltre, ; vero. Ma con la viltà miso""""^Prudenzio, molto prudentemente, innanzi alle sbigottito ricalcitra neista del pedante, io non vuole, si la come novità di Te^filo dicendo: « Sii antichi F^-^^^^^j^^. degli parer dal vogUo discostarmi Teofilo nell'antiquità è la sapienza»^). il saggio E . : intelletto -' " - ') «In dentia » : aiitiquis est sapieiitia 12. Giobbe, XII, et in multo tempore pru- «««m«»«*«a>»w«w — — ^4 — in molti anni la prudenza. Si voi inten« E soggiunge deste bene quel che dite, vedreste, che da* vostro fondamento s' inferisce il contrario di quel che pensate vogho dire, che noi siamo piiì vecchi ed abbiamo più lunga età che i nostri predecessori intendo per quel che appartiene a certi giudizi, come in proposito. Non : : : giodicio d'Eudosso, che astronomia, se pur in esso non rinacque, come quello di CaUppo, che visse trent 'anni dopo la morte d*Alessandro Magno il quale, come giunse anni ad anni, possea giongcre osservanze ad osservanze. Ipparco, per la medesima raggionc, dovea saperne più di Calippo, perchè vidde Ja mutazione fatta sino a centononantasei anni dopo la morte d'Alessandro. Menelao, romano geometra, perchè vedde la differenza de moto quattrocentosessantadui anni dopo Alessandro morto, è raggione che n' intendesse più eh' Ipparco. Più ne dovea vedere Macomctto Aracense milleducento e dui anni dopo quella. Più n'ha veduto il Copernico quasi a nostri tempi, appresso la medesma anni milleottocentoquarantanove ^). Ma ch(^. di questi alcuni, che son stati appresso, non siino però stati più accorti, che quei che furon prima, e che la moltititudine di que' che sono a' nostri tempi, non ha però più sale, questo accade per ciò che quelli vinsero, e questi non vivono gh anni altrui, e, quel che è peggio, vissero morti quelli ha possuto visse essere poco dopo sì maturo il la rinascente ; e questi negli anni proprii ». In questa pagina, per la prima volta, ch'io sappia, moderna, il concetto tutto proprio dell'età è affermato tutto questo schizzo di storia dell'astronomia (la *) Per I. pagg. 28 cui fonte è Copernico) cfr. le note all'ediz. cit.. e 416. *»> — della importanza e della scTietà della storia, come attuahtà dello spirito nel suo svolgimento. Lo spirito esaminatore, giudice e testimone nella verità non è spirito astratto, la mente, quale si trova indifferentemente in né la mente in sé, fuori delle sue condinon è l'anima, p. e., determinate nel mondo di Platone, la quale sohanto nell'Iperuranio è veramente in grado d' intuire le idee. Lo spirito è Eudosso, Calippo, Ipparco ecc. ossia in tanto esso conosce quello che conosce, in quanto esso stesso è determinato nel tempo, o megho, nella maturità del giudicio che progredisce col progredire delle osservazioni (« osservanze ») benissimo e, in generale, del suo stesso operare, o come tutti gli uomini, zioni : ; dice Bruno, del suo vivere. La vita dello spirito crea lo spirito e più lo spirito vive, più è spirito, più è capacità d' intendere. Non solo la scienza cresce con l'andare del tempo quasi per addizione di verità a verità (che sarebbe osservazione empirica abbastanza ovvia) ma la mente stessa riceve un continuo incrernento, E questo crescere o svolgifhento si fa più accorta. intimo della mente non viene per azione estrinseca di una illuminazione progressiva che la mente riceva dal ma è l'autoformazione della stessa mente, che di fuori ; ; : fa dei suoi gradini raggiunti base ad ascensioni ulteriori impossibili prima. Ed ecco lo spirito che è storia. La quale non nella Bruno lo avverte espHcitamente consiste vana cronologia, ma nel pieno e concreto processo spi- — — onde dopo Copernico vivono i contemporanei Tolomeo, pei quah tutto il frattempo non è stato rituale di III. 95 : vita di pensiero. Questo concetto della storia in Vico e in Hegel s'in- tegrerà e illuminerà nel sistema di una filosofìa dello spirito, che in Bruno manca quantunque anche altrove, celebrando la potenza del lavoro imiano e criticando l'ingenua raffigurazione mitica dell'età dell'oro, egU dimostri d'intuire profondamente il carattere essen- . — 97 — verbo ipsi negligens omnino est, et vix prò angrandaevitas et cSrua Mindi cnim senium quae temporibus no^^^t habenda ;. vere uquitate non union aetati mundi, quabs stris tribui dcbent, revera quemadmodum ma oAtquc fuit. antiquos apud et maturius ]ud.cium notitiam humanarum rem rerum sene ex^ctadomine ab giodicio di B.] iosa fovent episodica zialmente storico dello spirito *). Ma, come la coscienza sé nella concezione generale bruniana, esso è perfettamente lucida che lo spirito acquista del caratenergico ed tere sacro dell'opera sua in un momento di può entusiastico ritmo della propria attività, che non la contro battagha nella progresso, essere altro che cT ' s il maturo et rerum juvene, proptor «^Pf "^"^lam et co atem vane cog'tavit, et quas vidit, et audivit, nostra aetate (si vires suas a et modo codem niam vellet) majora multo nosSt et experiri et intendere utpote par est expectari nulm a priscis temporibus et grandiore. ^"tate mLdi ^^^^)^^\f^l]^^'l^Jl di B.l aucta et cumu observationibus [cfr. le osservanze mus quam a V tradizione degli antichi. • f h IV. ; lata Il si valore di questo concetto biuniano della storia si raccosta a idee molto simili che fa pili evidente se periodo, ma * 1, n«i «,»r. che in fondo a qviesto aforisma Bacone poste- incontrano in scrittori dello stesso Bruno e ai primi de 'quali mi pare molto probabile che sia stata innanzi la pagina del Bruno. Più di un motivo abbiamo già per ritenere che le opere segnatamente italiane del Bruno, pubblicate a Londra, e che ebbe famila Cena, fossero note a Francesco Bacone, nostro hare la letteratura itahana, e una voUa cita il lib. I, e. scrittore-). Orbene, nel Novum organiim (1620), in passato al pro84, tra gh ostacoU che si sono opposti antigresso delle scienze, è menzionata quella revcrentia che abbiamo ammirata in maestro Prudenzio. q lutati s' » *). riori al a^«'^^voc. E si può anche citare Senofane (fr. 18 Diels) . Bsol Ovr^iola' ÓTiéeet^av, a|i6ivov. ^YjxoOvTEC è:p6'iptaxo'>3vv obia in' àOTC Olivia àXXà Qi Si 1'^ XP^v(|> niiò altresì P"^.^^Y^ citare quell'osservazione \ òuando ,^'^1 Machiavelli un alcuna maUgnità sta occulta s, l'osservazione critica di Bacone coincide gegnoso sgambetto che Teofìlo dà nella Cena zione del pedante («Si voi intendeste bene dite....»). «De anriqiiitate autem opinio », E cone quasi con le stesse parole, M Vedi più avanti, pp. i44-3- 2 V « con T in- alla cita- quel che dice Ba- quam homines de n .,, G /-.a MAGALLi. >/ verità figliuola fJfj^^l^Z^'ol^^^ ^^^^'.^.7^*"' typograph. Italxae Inveniaire, pagg. 200-7. pag. 492. Cfr. Delalain, Bruno t ti pernierò del RinatcimenU _ , INTYRE G Bruno, London, Macnullan, 1903,0 quel e nell'opuche ne ho dotto'anch' 10 nella Critica, ITI. (1905). scolo ^:TXoLexicon 7 seg. B. nella storia della cultura, Palermo, 1907, pp. 136 i Czcrdano ^ ^' -!:,-« a?S»iB '^'^-^.^..-r-M^'' ~ ^tì^ffi^^Sis?"*^*; --Hf«'^«tóv - -9« — \ par possibile dubitare che questo passo derivi dalla Cena, con gli ampliamenti ovvii appunto in chi ripete, e senza più la nota finale della distinzione tra il semplice scorrere del tempo e la vita operosa del pensiero, quale vera rappresentazione dell' incremento \ Non mi State super vias antiquas, et videte quaenam sit via recta, et bona, et ambulate in ea. Antiquitas eam meretur l'arguta f nel De au^mentis inversione umano, che scientiariim (1623) ricorre bruniana della vita del genere dall'alto della nuova scienza cominciava a guardare come fanciulli i già venerati vegliardi del sapere antico. Qui Bacone appaia come egualmente viziosi i due eccessi opposti dell'amore immoderato così del liae -S \ spirituale. Anche nuovo come dell'antico « Qua in re Temporis fimale patrissant. Ut enim Tempus prolem devorat, : haec se invicem dum Antiquitas novis invideat augmentis, et Novitas non sit contenta recentia adjicere, nisi vetera prorsus eliminet, et rejiciat. Certe consilium Prophetae *) vera in hac re norma est si — 99 f ; : Male invece si cita a riscontro dello stesso luogo del N. Organum, come ha fatto I'Ellis (in Bacon's, Philos. WW., ed. Spedding, Ellis e Heath, I, 191, «• i) il seguente luogo di Campanella {Apol. prò Galila^o) di significato ben diverso: «Quapropter invidi sunt aut ingenio et fide in Deum exigui qui putant in Aristotele et aliis philosophis antiquis quiescendum praesertim post Evangelii lucem, et novi orbis ac stellarikm inventionera, qua prisci carnerunt, sicut et luce fidei quae perficit in nobis naturam supni ethnicos non deprimit sub eorum ìugo cum eorum philosophia sit catechismus et : ; unde in inundo nostra sit perfecta doctrina, teste Cyrillo qui est liber Dei et sapientiae melius legere jx^terimus, si gra tiam quae est in nobis non negli gain iiS)». Cfr. puie L. Blanch kt, Les antécédeìUs historiqites duje pense, doncjc suis, Paris, Alcan. progiesso 1920, p. 265. Por le idee del Campanella intorno al V. g'. S. Felici, Le dottrine filosofico-religiose di T. Campanella, Lanciano, Carabba, 1893, pagg. 167-181. Mej^lio piuttosto ricordare col RiGAULT, Opera qui appresso citata, pag. 24 quel luogo di Ruggero Bacone, Opits mams, 1. 6: «Et infert. quanto juniores, tanto perspicaciores, quia juniores, posteriores successione temporum, ingrediantur labores priorum *) Gereml^, vi, 16. "/'»'*". u reverentiam, ut homines aliquandiu gradum sistere et supa eam stare debeant, atque undequaque circumspicere, quae sit via opti ma quum autem de via bene constiterit, tunc demum non restitandum, sed alacriter progrediendum. Sane, ut verum dicamus, Antiquitas saeculi, Juventus mundi ^). Nostra profecto sunt anti: qua tempora, quum mundus jam senuerit non ea, quae computantur ordine retrogrado, initium sumendo a saeculo nostro » ^j. A questo luogo qualche commentatore di Bacone •) ha avvicinato un versetto del 2° libro di Esdra (XIV, io) quoniam saeculum perdidit juventutem suam et tempora appropinquant senescere ; dov'è, piuttosto, Tintuizione contraria della vita, non come progresso, anzi come decadenza e vi si può vedere soltanto un riscontro verbale al motto baconiano antiquitas saeculi iuventus mundi. Più a proposito si cita *) un luogo dei Problemata marina (1546) del Casmann: « Si....antiquiorum dignitas ex tempore major videtur, id nostros qui hodie docent posteriores unice commendabit, nam tempus.... doctius et prudentius evadit ex continuo progressu, ut : : ; senescens judicio sit acriore, solidiore et maturiore ^. Ma, oltre che è assai improbabile che il Casmann fosse noto al Bruno, che suole sempre ricordare gli scrittori che conobbe, si t rat tacqui di un'ovvia osservazione ; 4.. >•. «W¥*«S«i*»P3^^fe^.i|8BÉ%». »i^mmmsimf'v^^Bt?^- *) u This remark ritata (pag. 458, a quotation, and ><, dice it i l' Ellis nelle sue note alla edizione not, I think, given by Bacon as proba ble that he did not derive if from n. 4), « is any earlier writer >. *) De ajigm., lib. I, Spedding e Heath, voi. ed. Ellis, Philos. Works 38 (in pagg. 458-9). ^) Ch. De Remusat, Bacon, sa vie, son temps, sa philo Sophie et son influence jusqv'à nos jours, 2.e ed., Paris, ^858, pag. 183, ed Ellis, nota al 1. e. *) Ellis, l. e, pagg. 458-9 n. ii I, *> y — 100 — lOI — — mostrarvi un Io non voglio tralasciare di solo voi ma non incorrete quale nel grandissimo errore, i filosofi moderm anche molti e molti altri mentre accusate fondandovi sul vedere che iMa antiquitaU non utuntur, scoperte novelesperienze ed che essi mediante le ragioni valersi dell antichità D opinioni. nuove segnano lamente ma non dell antichità in filosofare è ottimo pensiero vogliamo dire che un intesa a vostro modo, se già non leggerezze e nei pianelle involto sia quale vecchio, il a l'etade antica, poi che ceri Kiovanili, viva conforme dei vecchi hanno costuparte maggior la e egli così et filosofia si ha che dice si Quando mato di vivere.... che ci conviene da rivivere l' età più vecchia e antichità, si ha da intendere delalla pensiero ha nel primo. » V. q-te -tgji^rqudn trèSi.1 assoluto del se'Z$'^^:^^'^^,S:Td.ào u aestati sospetti abbia E noto poi trovino quali rr^dKVa ifpaf ^pSSUllo ^Pf- Xe^J^d^ve^^^r k^rtiS è improbabile. Frche siccome di ^.nzoi^ sul C.«a della fll S?e ^^ determmaziom par '^^^.^'^".^.lii^un^ersalità cresca il e che con gli amai determinazioni g^"_Ì^^^'[°^f uUime ^egr par ragionevde 1 uomini sien qui. le più vere ma in » È « ; m avere riguardo all' di del mondo, il quale col crescere l' età più vecchia e maggiore espeperfezione maggior in cresce anni se questa vecchiez» rienza e notizia delle cose. Ora. a quelli d Aricompete molto più a' tempi nostri che la filosofia da due e adesso, era si può dire novizia manco che non biasimate pargoleggiare avendo coloro che in età mia ^nm fanciulla matura più non voghono » '). ^^^^^ ^^^^^ ^ lo ^ esso concetto una forma fil^fi^^^^^f : stotele, ne' quali, un uomo p l'ultime degli luce ^J^^dere che esso VI. ^uel eh 1^0 gafifeiana può ntenem nòto ^ui^"^"' Mano uno scritto polemico di ^^^J^^, loUo suita Più prossimo alla forma del pensiero brumano Cartesio pubblicato dal BaiUet est « Non des Cartes (1691) Mr. de nella sua Vie antiquitapropter quod antiquis multum tribuamus è un frammento di : ~77~^Utti SPAMPANATO, O-''-/'"-/^ in .S<or.a ,'!" ,"' ,,o--.76ì de, . Att. mi. di Firenze, in se. mor., pas;. 102. parte terza, Mem. VII, 686, post. 63. ti Dal Berti ^l^^Jlli^f^k S/ion, %:Li^.L ""^'"^'^"' s. 2», voi. IH, in Ó^,r., ed. «) Mei a. Da ANTONIO Favaro, Amici e ^orri.^Ì°«'^"%J,' ^rj",' \en. ., XII M. Guiducct negli « Atti del R. t^t. XXX 1915-16, : t. II, pag. 1404. — 102 — — cmm diccndi. lam tem sed nos potius iis antiquiorcs habcmus maioremque tunc, quam mundus senior est Cartesio m idea quesf Ma rerum experientiam» '). la stona, poiché egli non apprezzare ad già non giova espc-rienza insiste sul fondamento di questa maggiore della ; mépris il gile significato y seraient contenues, Virquelques-uns trouvent qu Homere et littévaires Hachette. i8q6. I^escartvs pag. ; « . b^n JSliU pag. 203). et m pagg. 183-250 e J. Delvaille Essat siir de progrès jusqn'à la fin du XVIII siècle.t-a.Sulle deficienze del libro del Delris. Alcan. 1910. lib. IV. pagina della Cena, vaille che si lascia sfuggire il valore della Messina, vedasi la mia Rifrma della dialeUica hegeliana Delvaille il Principato. 1913, pagg. 231-4T. H Michiels e molto hanno richiamato l'attenzione sopra un luogo infatti Pascal, del notevole, come anticipazione del concetto di 163Ò) di Guillaume (3 gennaio «Discours à l'Académie « Si nous pouvons savoir les choses qu ils (les Collete nous les saanciens) ont sues et les égaler en ce que suipasser en vons comme eux. nous pouvons aussi les leur ont r-te cachees, ce point que nous savons des choses qui nous a dccouvertes. et qu'il semble n'avoir ré• 53.1 Paris, 1691, liv. vili, cap. X. unlik ay that « It Oe.vr^. ed. A^m-Tannery, X. pag. 204. pag 336) \^°"'?,„^'" Descartes (dice 1' Ixtyre. op. et., Meisenne and Huet ianorant of a wiiter well known to mcnt.ons the guilty cSt-ùnlTtbe fact th^th Dcsc. nowhcre dec.ding as to the mfluence is of no importance in I, siede > et •X t. Htst. des idees de leurs origines dans Alfred Michiels, XIX l'hist de l'idée : LiER, querelle XV seraient trom- ìfìITu.Tn.TcW della en Francp au Brunftièri:, La formales siècles antérieures, Paris. 1863; Études cnttques III siede, tion de l'idée du progrès au ed., Fans, sur l'hist. de la littér. frane., cinquième sene, 2» se Platon, Epicure, ces grands hommes, Platon, Epicure pés " On ne considère pas qu'Aristote, la méme espece de et nous comme hommes étaient nous ,.sommes que nous et de plus, qu'au temps où deux mille aiis, qu il a plus le monde est plus àgé de et que e est d'expérence, qu'il doit étre plus éclaire, qui font del'expériencc de °* aheno da N. Amenta, avvocato napoletano. De' rapporti Cfr questo Parnaso, Napoli. 1710, pag. 118, dove si rimanda a antichi. luogo di Malebranche contro la sui)erstizione per gh de 1657 Vedi Maugain. Ètude sur l'évolution ivtell. de VJtalie ti 1750. Paris. 1909, pag. 173. RiciAULT, Hist. de la querelle des anf. et des *) Vedi H. pei motivi e U wod., Paris, Hachette. 1856. pag. 49; e cfr. les autres sciences du monde affatto «) de la nature. avaient une connaissance parfaite quoi Anstote, dit-on faut respecter l'antiquité, la vieiUesse che insegnò, è stato detto, «le avait prechée commc Rcnsard en (il : Il de l'antiquité, l'adoration» «). Bruno era stato questo dispregio dell'antichità 3). de son histoire ; tesio, co' suoi seguaci, : méme toutes de méme que — couvrir la vérité»^). Ma qui si obbedisce ai motivi che in della celebre querelle des avciens et des modernes Francia fu dibattuta lungo il xvii e xviii secolo, e fu degli scrittori nostri la continuazione del movimento Rinascenza iniziato in Francia appunto da Car- ali illusione antistoattribuita ai moderni e partecipa ab imts. che faccia instauratio una di rica del Bacone Bruno, invece e per quale tabula rasa del passato. Il matematica di L'intelligenza presente. del la base men favorevoli condizioni nelle Cartesio è, com' è noto, della stona. positiva valutazione „ una ,, , , a MalebranE con lui.neir identica situazione, si trova della Recìwrche de la che (1674), che in un luogo benissimo cstime davantage «On dice famoso, divenuto vénté\ sont les plus qu'elles parce vieiUes les opinions les plus Nembrot avait ecnt éloignées de nous. Et sans doute, si et règne, tonte la politique la plus fine r 103 3 (ed. Garnier. a cuxa de, Bov.l- .*! que 1^ temps expcsérvées que pour nous. Et, en effet, comme une longue est bien croyarience ne s'acquiert qu'avec un long usage. il vieillesse du monde, ble que les derniers qui sont comme la lunuepeuvent donner aux hommes des connaissances et des res encore ». que l'enfance du monde ne leur pouvait pas donner Non ha badato punto a questa differenza essenziale 3) tra il concetto del progresso e la svalutazione degli antichi — ro4 — — — 105 All' incontro, le aggiunger altro. sia più possibile geometria ^^enzl dell'aura classe (la non Bruno, |x4magMolto più >-a vicinano al p, nskrodel il misticismo, loro che dà spirito eior senso del valore dello quali ribatteva la vecchia dei primo Il Pascal. e Arnauld teologo progressiva corruzione sostenuta da un tesi della nuova filosofia, dicendo paradosso più sapienti i P»" fatil'immaginarsi ridicolo qu'il y eut, avant le deluge, chi « Si cela était, il faudrait savant geometres dp'plus habiles médecins, de plus N est donc pas Ptolémée. et Archimede qu'Hippocrate, se ptrfechumaines sciences visible au contraire que les temps?»*). le par lionnent svolgimento che da Pascal al con- Ma alla classico è lo al principio di autorità cetto del progresso di contro vero vide (1647) ed è 1 solo du Traité Préface ìur nmase altro per lui a che al luogo di Bruno, Sa fisica la la la Smma VII. avverso l'aritmetica medicina, l'architettura e tutte soggette al ragionamento e all'ele discipline tempo, con la fatica che l^r^pnza) crescono sempre col ^n.^^ : commento una distinzione analoga nm forse ignoto. Il Pascal fa veduta nello scnttore abbiamo non eguale, a quella che dipendono daU ossia^ distingue le scienze che esperienze. e col moltiplicarsi deUe mancar di senza teorie nuove Tr^n(> accoeliere d'ingratitudine peccare e senza vfs^sSde Storno & ^ o'Si anS. nous ont premières connaissances qu'il que dans et notres. aux donSsont servi de degrés redevables de 1 asommes lenr nous ces avantages, eux parce que s étant candlnt que nous avons sur ou ils nous ont porte, ^^kvé^^usqu'à un certain degré plus haut, et avec monter fait nous fé moiff effort nous trouvons nous gioire de moi^is de peine et moins que nous pouvons decou^^r là de C-est d^èux. fu dessus Noétait impossible d'apercevoir. des ch^es qu'il leur «Sue les ; ^" ^'s'c^l del pros t e n- '^ome'srve'drteorizza la necessità progresso suo e e par "di Bruno. Ma il cesso al non e ma 1 co fivo enon intensivo; mat Bruno lo spinto si 1 '^Jr.,^ et ori co Per Sano: la non hanno altro fondamento cht a mirando storiche memoria, e sono puramente dagli scntton e tramandato stato è che quel conoscere dai nostri sensi e dalla ragione. le scienze che dipendono geografia le hngue Esempi delle prime la storia, la d'«^^Pl^^"^^^ queste In teologia. la Pf^^^ ma, sopra tutto, cui l'autorità, le quali , : Pascal che il r.,v»i- in^eHen si del Progresso Al vero e concreto concetto La *gniU ^eUa profondo. più lato pl^ca^ì' fugge questo sull istinto ciir superiorità ragione umana e la sua égal », consiste aptouiours dans un état rito Cte è rSure 4"*= «en ce que nun^ 7en punto totale, possa giunger alla conoscenza neffU estratti nAfaTet Pascal, raccolti nel suo volume pH,U>. De Vauiorité et ^u progrès en : nS 33. effets les ' du raisonnement augmenLa se enza istmffptH ,. I natura e -n la ™^^ vonJ avvita a volta dalla mai il nuovo al jeccmo vano onde non aggiungono possesso. La natura vecchio un mai ^rchè non hanno ; RiGAULT, pag. il — ic6 — — non perinon concede mai loro nulla di meno, affinchè di più «de peur scano ma non concede loro neppure nulla hommes. pendant • f ron finito della ad appartiene all'oggetto e solo all'oggetto L'unilateraconoscenza infinito matematico, astratto. , : pagina, suo progresso è evidente in questa bella prodotto onde egli spiega l'infinità, per cui l'uomo è premier àge de sa vie mais « n est dans l'ignorance au son progrès car il tire dans cesse il s' instruit sans enavantage seulement de sa propre expérience, mais qu'il garde parce prédécesseurs ses des ceUe core de qu'il sest touiours dans sa mémoire les connaissances lui sont une fois acquises, et que celles des an<^iens laissont en qu'ils livres les dans touiours présentes connaissances, il peut sés Et comme il conserve ces de sort que les aussi les augmenter facilement sorte dans le quelque en hommes sont aujourd'hui meme état où se trouveraient ces an^iens philosophes, jusques à présent, en a i o us'ils pouvaient avoir vieilli aux connaissances qu'il avaient celles que leurs t a n t de tant de études aui-aient pu leur acquérir à la faveur particuliere, prerogative une siècles. De là vient que, par de pur non seulement chacun des hommes s'avance hommes les tous que mais sciences, en jour dans les que ensemble y font un continuel progrès à mesure ve dans am chose meme la que parce vieillit, Vunivers les àges dittéla succession des hommes, que dans la suite des rents d'un particulier. De sorte que tout lità del : : ; ; doit siècles qui ) contmuellement touiours et qui apprend combien d'injustice nous respectons voit avec sub- dou an- car, comme la vieiUesse tiquité dans ses philosophes l'enfance, qui ne voit que la est l'àge le plus distant de univeisfl, ne doit pas etre vieillessc, dans cet homme de sa naissance. mais proches cherchée dans les temps éloignè: ? Ceux qui nous plus les sout en qui ceux dans nouveaux en appellons anciens étaient vératablement des hommes protoutes choses, et formaient l'enfance a leurs conprement et comme nous avons joint e est ontsuivis, les qui siècles naissances l'expérience des cette amiquite que nous trouvcr peut l'on que on nous révérons dans les autres » *). non vede altro progresso Il Pascal stesso, adunque, per cm.l uomo conoscenze delle quantità che quello della nell infmita attingendo ed conserva le già acquistate, aggiungervene nuove Ma 1 uodello scibile può sempre che faccia mo resta sempre lo stesso uomo, per estendere Questo sarà appunto .1 conla sfera del proprio sapere. meta del Seicento nella cetto che prevarrà nella seconda degli antichi, si superiorità la gmrelk.iv cui, F^ negare tempi sono in tutti uomini gli che sostenere col finirà progresso col toglier di mezzo il ; anche lui poco diverso da quella di Bruno, che diceva promosso a scuoinnanzi al passo qui studiato d'esser « causa, il vero e vivo prire l' infinito effetto dell'infinita Bruno questo investigio de l' infinito vigore ». Per Pascal è fuori è interno a noi, ed è noi stesso. Per ; de : si^^te alla di noi cours de tant commc un meme homme ètre considerée a prescrites » qu'ils'ne passent les limites qu'eUes leur L'uomo invece è nato per superare ogni limite: n est pensiero, che pero òroduit que ponr l'infinite. Grande come conveniva faccia, sola una da Pascal è guardato da radicalmente sua filosofia, orientata in modo cosi le — 107 ; ; i ossia «tati gli stessi se la Onde>ontene!le nei Dialogues des morts (1683), delle espenenze umane, frutto il Montaigne da negare ; •) Charles Pffrault nel PanUèle des /^cunts et des doit etre consi« Le genre humain moderne^ {i68S-o7) dirà de éternel, en sorte que la vie déré comme un s4ul homme a ^on en ance et^a rhumanTté. comme la vie de l'homme vinbte, mais quelle n ama ieunes«e qu-elle a actuellement sa incessant Prog'^^^^t ^^« Si de d'An et. que cette loi d'unponr les sciences exactes et démonstiable non seulement nms meme d'o^^vation. et pour l'industrie ou la politaque op. ctt., pag. 207). pour la morale ou par l'art» (m Guyau, pagg. 49-61«) Nell'ed. Guyau rit., : • ^ 1 , — io8 — 109 qui le oiseaux « sont faits comme les memes filets ou dans prendre toujours Ssslnt oiseaux de leur espèce il n y l'on a deià pris cent mille neuf dans la v.e et les sottout n'entre Jui a Frsonie da pour les enfants » perdues sont ti^s des pères changent; habits «les che fa difendere la tesi, change à dire que la figure des corps cerche uomini gli E . Sate Sce n'est pas ou 1 .fola grossièreté. la science d'une certame naivete le moins ranee là que le dehc^s gé^e's'^ie^ux ou badin, ce ne sont le cceur ne change mais de l'homme, et tout cela change le cceur» ). dans est l'homme tout aussi. La politesse ou le p^us ou le : ^ ooint et natura umana cioè Tale fu il concetto astratto della secolo antistorico per antononel prevalso spirito, dello nostro CmquemaSa^l xv if ed era stato il concetto del Terenzio col e Plauto Snto quando comici copiavano ,1 ripeteva come Ruf ^.'^te.e novi, sub nil pretesto che Lorenz.no de' Medie, nel S,[\ mondo», come diceva prologo deWAridosia. « è stato sempre a un modo » . o. anctens sur les Lo stesso FoNTENEiXE neUa Di.ression scriverà:. Un modlm^s (unita aUe sue Eglognes. 1688) compose de tous les i) et lei vLn sK prnrit cultivé est, pour ainsi !.v.^ =i 1 £ S :otrò che per es^r questa matena sostanza sapore et hawr me'desima S'horT^'una spinti, che tutt gU aim dentro tutto quello in questi assenva l'autore dei «hanno avuto »; e come anche I«-»o. quando ripoT. di deca prima la humorlTiù Dkcor^Zpm neva la et più volte S : «vera cognizione delle istorie » nel «trarne, leg- quel sapore e nel «gustare di loro gendole q^el cui ammaestramenti, quegli hanno in sé »: ossia piacere pigiando leggono, Sle » gli «infiniti che che ,n esse si connf udire Quelle varietà delli accidenti giudicando imitarle d' altrimenti tèn^rono s^nz^ ^n^re non badano aSazione nS uS dttn^'e il gli sole ioìo ma impossibile come vanat, di elementi, gli uomini fossero erano egh che quello di potenza, da solo difficile, : ^ per cotesta in tutta la Rinascenza, una storicità dello spinto, è della ntuizione ^ua netu' resta in tutta Europa fino tale e l"c^e affatto "^"'Ko 'insamma, Sata a G. B. Vico ; '). dire, ce "'«st q"^" ."«éme espnt Ainsi, cultivé pendant tout ce temps-là. a pre Srits^des \ del Doni quello spirito bizzarro volte, perche dire ocei è stato detto molte noi haimo avuto i medea stafinnanzi sono rome teorizzava ^écéSntes; / A/«.,m Venera, ^*^?^^l: commencement du monde jusqu an l vecu depua ""'i'^,^ ». Dove par di etc, 1^ P^^^l*. enfance, s^nt a eu son pub di Pascal non era allora M^.^^^'^ilI^lV Si può ricordare ancfr. III. «j/'Z", Discorsi, lib. I. introd. "Jctoria è la « Io ho sentato .^'r„^?!: luogo quest'altro che 't .|u mondo maestra delle azioni hanno avuto kLo^^ fu quWest le eS Pascal Ma il frammento nel 1779 co 1»Hi?o oer la prima volta dal Bossut 9 de philosaphie) quantunque .«^S.V. tìtofo 1^"*° ^s a sospettare che il Fontenelle l'f-«!f„ De ^|^f^t, i^e citano S. Agostino, ascritto I commentatori di Pascal paragonata a un solo 14 dove pure l'umanità è Sicut auUm varie età uomo che si sviluppa attraverso le sue .) « ; ; "°«tre«X^|'ruo^"chf da uomini cne sempre ad un modo .a^Jt^to ^ j V'^«u«o% ^^DeiX S : iZunts. itìlumani generis.... recta '"^f^ìslu '«^,^''"'*''4" Cb aelatum /''%«'' p^J articulos tempori,», ta^uniam Pascai., Pensées. l-a Havet. nelle note alla sua edizione di E ris, Delagrave, 1887, It. 275- molto Probabilmente il ^"t^'fw"co .una Cena bruniana è 4-1684 Comeho 16 del rasentino Tommaso proemiale ai suoi N^c .^^pi^^Srit uno ^egl^ quale Giordano Bruno è '^^^\*jS„j subcontuiratura.^. gravius iJorro P"<;f XVi «tu^ioaue tuo eiga barn^rnS^a!"m'èXamqne luguste v-evente ,4so tè n^^^llo • brillT^S!- q^u^r^ i — no — interea ne mmium fallare, dum et sancte veneraris. Sed vide aetibus habet sesapientiam illam authoritatemque, quam in tibi illnd excinectus antiquitati deferendam arbitrans. consenuisse jam mundum atque dit quod paulo ante dixeras. senectutemque nostro potius sae- Num adéo ipsiurgrandaevitatem esse tribuendam ? At vero culo miam priscis temporibus ma turiqueiiiadmodum senes et rerum cognitione et praestant. tate i udirli, natu minoribus saepe numero quia nimirum plura ilUs experiri et "s«/og^:^^^l! •I^^^'^;,^- hi haec aetas, utpote antegressis granriaue umulatior plurima Sor et permulta experientiarum varietate eantiquionbus ignocompertr habet atque perspecta. quae ab a vetenbus vel rabantur. Ouocirca quum non panca nos quasi vel pei manus tradita et haereditano licuit. ita nostra consignata, literis illam amphorem notitiam, iure transmissa acceperimus. rerum plerumque praecellunt Quae aetate provectiores minoribus profecto se res habet. 3obis non iniuria vendicabimiis. Ita est. Rudis quidem Nihil piane inventum simul et perfectum temporibus philofuerat ac pene dixeiim puerilis Pythagorae sequentibus nacta est soohia quae magnum deinde saeculis felicissima haincrementum; et medicina sub Hippocrate aetatibus etiam atq^ue buit incunabula. postea vero una cum etiam adolevit » ediz. di Napoli. 1688 pagg^ 22-3, 1/1%^la V^^^ \^}^^' nasmi erano già usciti a Venezia nel 1683.. e Babà -. nel 1663. anche a Venezia. «Typ. haeredumFrancisci pag. 296. in-40 V. N. Toppi. Bibl. napoL, NapoU. 1778, : • a.C"il:'V-'-r-" - IV. IL CONCETTO DELL'UOMO NEL RINASCIMENTO Il f ti^ « Basterebbe questa sola conquisti* un obbligo di eterna riconoscenza verso gli uomini del Ri» nascimento per imporci -4 Burckhardt, it., IT, Da] Giorn. con aggiunte. sicr. d. UtUr. Hat. voi. LXVll. Civ. Rinasc. ital., tr. 95- 19.6, La conquista, che il Burckhardt ascrive a grande merito degh scrittori e degli uomini italiani del Rinascimento, è quella del concetto, allora scoperto, del valore proprio dell'uomo e della sua superiorità sulla natura. Noto abbastanza è come tale concetto si sia fatto strada a grado a grado nella coscienza degli uomini ma finora non si è studiata la forma filo; sofica che assunse ben presto, e con cui vigorosamente si spiegò nelle menti dei maggiori pensatori. parte, la Il problema filosofico concerne, da una di quell'età posizione dell'uomo di fronte a Dio inteso come prine riceve nel Rinasci; mento una soluzione naturaHstica, poiché si assegna cipio trascendente della realtà alla vita umana un fine immanente. Ma, dall'altra, riguarda la posizione dell'uomo di fronte alla natura, con la quale egli era dalla filosofia antica mescolato e confuso e riceve per questo rispetto una soluzione opposta alla prima; una soluzione che rivendica l'autonomia dell'uomo di fronte alla natura inferiore, ricollegandolo alla divinità trascendente. Onde per un verso ; I , nega, ma per l'altro si è condotti a riaffermare V immortalità. E si hanno due diversi e talvolta opposti insi ^ _ Giordano Bruno e il pensiero del Rinas€imento ~. f'.^ - rise -fft^ 114 «^rdlTTuT.o'ìr™;»™ de, Rina»,»».» italiano. nanzi 115 — Il Campanella è convinto, come risulta dalle stesse poesie e da tutti i suoi scritti, che l'anima infatti predica a sé altra vita oltre a questa, in cui pare che soffra il giusto e r ingiusto goda un'altra vita, in cui le parti s' invertiranno, come tutti i teologi e molti filosofi dicono. Ma nel suo naturalismo, in cui la natura tutta, compreso l'uomo, si spiega «iuxta propria principia», senza che si ricorra a una realtà trascendente, crede che la giustizia s'adempia già perfettamente in questa vita, e il castigo sia immanente alla colpa stessa, come il premio alla virtù ;o, come oe:gi si direbbe, che il valore o ancora, come è nella stessa volontà che lo realizza diceva Kant (che pure continua anche lui a desumere dal concetto della giustizia la fede nell' immortalità dell'a; (. uno — f de. ai quali pm notevoU lo studioso lampi ferma colpito da segnato col n. 34 Adami ne V622 1607 io credo, al 'questa vita e -^"ItSL 'leT ^-fco'si quello 1^. i^^^^^t^ofoné., è ^^^"^^"^"^bblicata da Tobia di f^ ^f^^'riUo anteriormente, come ^^ moHzia in ^ nnd' ^^^^^^^^^^ E 1""^°'"" »). '-«'«f /^ ;« bontà bea « «^^f^ f,f^"''rimere il concetto oltremondana per e là: N^?a ^«"'•P^t'LtE postulare una vn che non occorre lua ^ ^ ; nima), che il bene supremo risieda appunto nella buona volontà. Seco ogni colpa è doglia, e le pene che essa trae con sé, naturalmente, nell'anima e nel corpo, nelle sostanze, nella famiglia, e anche nelle amicizie, sono conseguenze della stessa natura della colpa che porta seco la coscienza di sé, e quindi il rimorso, il penar seco. E qui s'arresta il ciclo della colpa. Che se il rimorso genera la contrizione, il tormento dolce alla penitente Maddalena, «remittunpeccata multa, quoniam dilexit multum » *) « tur ci allora, dice il Campanella non è più colpa, ma virtù ; S^dS^StuS^^DS II sonetto dice: doglia, e trae la «^co ogni colpa é pena : '^ saAgue o lan^xi.>a granoseco ^ «a se contra voglù. ^ ^bl : "on^r^^ allora la volontà, quella stessa della colpa, fa giustiz i a in sé. Che é il ciclo della redenzione. Man- r/ai^rj;rc^aAè^---r' cando la coscienza del male, il male non e' é ; ma la miseria del male, giacché infelice é chi si stimi ignorando che od ignorante KtalimonPiero dò ch'altre pur d'esser d,cc. al mago Simon je^^^^^ dir che va vite e sorti a se \ ~ . infelice chi finge all'uno e all'altro quella bontà, nel cui possesso o nella cui coscienza consiste la beatitudine. Concetti, che il Campanella svolge anche ancor ch'altèra. n. qrdo%o,essim ronfile Bari Laierza. 1915. bontà vera, come e' è buono P^g- ^3: •) buono Lue. 7, mJC-^i:.m. sia : 47. mancando 4%-- _ ii6 — nella « PkUcsopMa — t^-^- tullfesi SJS che no^n ^^ pu5 es.r d.UoJ* rità facendolo apparire quasi una opinione antichissima della stessa Chiesa cristiana, e, secondo il Campanella, dell'Età apostolica, quantunque poi sopraffatta dalla più diffusa e prevalente dottrina, che riconnette la giustizia divina all' immortalità trascendente dell'uomo. A intendere l'accenno dei w. 12-13 giova leggere l'esposizione che fa del sonetto lo stesso autore in questi termini «Notabile sonetto pfr far conoscere che il male punisce l'uomo da sé subito e che, quando non è vero male, non porta pena contra il volere. E che la coscienza netta può bear l'uomo. E quantunque l'alma fosse mortale, è più beato chi vive bene e puramente che gli malfattori. Questa sentenza è di san Piero in san Clemente Romano, dove risponde a Simon Mago, che dicea che con la speranza dell'altra vita perdiamo la presento. E nell'ultimo verso pruova che sia immortale, perchè essa alma ha taU sillogismi efficaci a proe trovansi oltre le profezie e religione ». varlo Cosi, nella seconda canzone della Salmodia metafisica, appartenente al periodo delle più dure sofferenze del povero prigioniero chiuso in un'orribile fossa di Castel sant'Elmo, dice a Dio vlo- Ca^-g; il questo modo, è stato moderni^^^. precedeva nella f^^Xrmartenfndosi al pan di costui ^^^j. (benché non trasmodi ^n-ln . JVs^St Lak nei giusti li™^')' Ma tra lo di.s^iP "! l'unico mezzo di "f differenza, che "u ^ran e ""^ ^^^^ Spencer e il Campanella del secondo^^g vantaggio a tutta mecP^^zione torna re sempb^ natura ^ una la reazione della IgU come . : ^ ^^^ canica. alla quale '^^^^'^^tsSdloIntemo d'ssmio^ '^«'i.^fsenza laddove pel Campanella Ijmo il male e un p colpa: ossia per 68^ natprale. poiché si opPone f e q^» ^^hnge realizza nella volontà, possibilità del F0P['° P^^jj^ V o g 1 i a s ec o e Ila " « af u ^X^J^^t ^ non ^.^^^^ ,^^^ ^ j^ s ^^^^ vera colpa Conoscenza \^puro sensualista, ^rpuò parere un P"' sofo italiano 'nn?mS ^cm eg ma il *nso risma deUo Spencer non f conoscere, Pf ^ JfJ^"^ forma del percezione de la P^^^^^ il j^^^g ^n'Toncetto piuttosto sf risela piuttosto deU: XIV, a^ . e .. Cfr. ^"^S gVger.n'5!'g«^^^'«'^» pag. 160 Torino, Paravia, 1900, _V_t^A^sI^±^^d^tf3^ 'ossia : intel- Io con ^^^^^^. uno schietto .. ^Ma son. £,1 Mcio ^,,ag. .««r del .ec. XVII. amici pur sempre ti scuso sdegno, ignoranza e sospetto rinchiuso e che di lor fortune traditrici ult.mi .i filoso- ejli ch'altro secolo in premio a tuo' riserbi, e che i malvagi in sé sieno infelici sempre affliggendo gli animi superbi immanente va^^^^^^ Sr^^^IirM^dn^rm":. "ZmZTc. ogm ^^^,^ 'i -, . stato notato, coSeraTo!- ; filo- della stessa jj : Tn: Cè ^ ^^^^_ ^^ — versi del sonetto è ricondotto dall'autore a un'autoche toglierebbe ad esso ogni importanza storica, una ^.f-'ì'^TJrttlX^^ol FJ^he ogm ^ulp^e » naturalis est pumtio 117 trabocca n sempre al ; fine. E « A* buoni s'aspetta nell'esposizione commenta che di più in questa vita vita in premio. gli tristi sono più puniti in verità, clie gli buoni internamente, bench' e' non paia ; come pur disse san un'altra : E •ill^,-fc'^ "^ — ii8 — 119 — — provvidenza vale per gli epicurei che anche questa negano. Quindi tutta la forza della sua polemica argomenti ai quali passa si restringe alla ^eric degli tempo egli crc » »). Nello stesso crv^^n maeo ecc. ^im^n mago j^. caratteristico contm^^^^^^^^ componeva qud suo nìano^.^^,^ „^1 ,6 X. Piero a > machiavc lusii tro epicurei e Sciopp o scritto a Gaspare ^(fc.ism**s /rÌMmM«a.s « e da ccstu Ju intitolato quaestioni naturah, subito, desunti da considerazioni meramente che è questa prima, la Basti naturalistiche. meglio o si haec, ((Insuper assero, : 'l//^"f cap. X vi ri^^f,„u V l g ^^^^^ Campane la Nel "c^^' la teodicea del spondeva i , ; ilistas ^^^^^^^^^ wa n et MaSv< «hominum, P^aecip'ie Epicurcos prokti Geremia e d, altr ^^y la domanda di .impiorum Pr«^F-^^"T ^^^^^ j^ ;^^,XeTse » : ^.^ ei. qnod quod etiam non credi s, bonum crit operali bonum sccun- dum naturam. Opcrari enim secundum naturam cuisano iucundum est, dicunt physiologi. Ergo libet et pravi homines operantur malum e ontra naturam ergo semper moesti sunt. Gaudium auregulas eius tem apparens est falsumque, quod subito perditur, contra legem sicut gaudium aegroti bibentis aquam medici magna cum voluptate sed statim affert mortem et voluptas falsa fuit. Plus capit voluptatis qui prout natura in fame manduca t panem caseumque, saginatum. Hoc statuit, quam qui sine fame vitulum es nec Epicurus negat ergo si famem expectes, non ; ; ; rdr;^^;d:ntSrair^^^^^^ quod mmirum argumentum moraliter *'* convinclt altera : T^^'^'iniin Dove .ognun vede che il Campanella ripete l'argo- J^^^ ^^l' ^^ ^on gli attribuisce nessun mento S^^^^^f^^J^e che' el^o può creare una convinnon nelfa provvidenza. ma ronTmo^r:;;'n cir^à ctda eggerec^^^^^^^^^ campanella per auro potè Basilea, 1561. t. II, pag. ?°72) i„ste, commune .composito quoque •"^'f'""i.j''Sfb sessioni busque ani„praemium velsuppl.ciumproactoniDus^l gi^sj^odi in lud cu,m ve ,„ „^ ,mae corporique .<^omm^mhm^ minus infortunati.... .vita praesenti '"«P'f,^";:' . „ fortunati Nisi emm sunt "^ freouenter pu manereni v praemia ^^^^'^ft^^f^ae • sTquentis, ^ providentia -^ ^^^^^ Ma Parisiis. Du Bray. 1636. pag. 222. dove si av- Petrus Apostolus hoc arcanum docuit contra Simonem Magum, quod, etsi alia non superesset vita, hominem magis, « coscicntia recia in hac beatum facit «quam quaecunque fortuna laeta incredulorum. Ecce Et quidem qui « ergo quia boni sunt beati undequaque. proprio experimento probitatem «non statuit vitae Et «agnoscere, hanc philosophiam unquam agnoscet. verte che « < feci. testis sum, qui de omni viventi modo examen vitae Scio etiam caros mihi puritate conscientiae ac «probitate longe magi.- gaudere, quam quibuscumque «ego « «deliciis»*). La discussione di san Pietro e Simon Mago intorno ripetutamente all' immortalità dell'anima a cui s'allude , Campanella, dal 3) in cibo potuque ». più ci interessa qui la conclusione minor rege *) Ath. tr., è nelle pag. 225 Pseudo-clementine Rtcogm- ^~%).^ — 120 — — a qu.l ^he PJ-^.ttjrJTnma aver ^^^^^ doveva Campanella e che il della sua E ^cht ^ioni, scntte. L '^^^SS^: deli' ^ finem vitae «in lectulis suis defuncti sunt consecuti alii vero, inler suos et honorabilcm sepulturam ; omni iustitia et sobrietate yi« Deum colentes et cum «tam suam in parsimonia conservantes prò iustitiae desertis intcriere, ita ut ne sepoltura « observantia, in digni. Ubi est ergo iustitia Dei. si haberentur «quidem impie egent, «anima immortalis non est, quae vel, si praemia conse«poenas in futuro, vel, si pie et iuste, ' » E a questa dichiarazione segue uno stnn« nuatur dice:* Hoc utique est quod eente dialogo in cui Simonbene agentes male pemulti quia facit, incredulos f nos longi temjXMis agentes inipie multi et rursum. « reunt Petrus: Hoc Et fìniunt. vitam beatitudine «cum quod te ad incredulitatem trahjt, no- ^Q^ia S \ dire che volta bisogna pur a Simo" dice Pietro fatti san ^^^.^l^a egualmente ^ dare il tuo sole e '^ sua P'Ofeg' M^f bontà divina . — « im^ ^^^po- S^alaglonfSare "-^ ^-^^ --£. xjuesta gh sm miij 121 g^.j — • «ipsum. inquit, fidem facit, quia ludicmm erit. Etemm « bis certam necessanum et «cum certum sit Deum iustum esse, unusqmsque quo in seculum. esse aUud « conscquens est Dei probet. Quod si iustitiam recipiens mentis «prò reciperent. vere «nunc omnes homines prò mentis suis dicentes futurum esse ludiciiun « nos fallere videbamur praesenti vita non reddi«et ideo hoc ipsum. quod in fidem mdubitabilem suis, actibus prò biade e il loglio, e P«i'.^f/""P^ ptgUa e il loglio conserva e e granaglie vengono l^J^f^'^^^^^.^^oVl g"^.<l'^'° così nel di del le bruciati, ^f ""^t^i e allora alla regno di 0^°/ -^ fsl^n Pietro non gi^^^izia rti ijio. P bontà succederà la ^^tuo map^rmanc^^^ ^^e si aequahs ^^ .i può negare «lis et bomr, lam h'?c.^^^^°'^^_tur perchè non ci .'Sz.aTS : << «tur unicuique » « facit scientibus Deum esse iustum, quia mdicmm ent. — persuadetur ? Et Simon: Cur ergo mihi non non audisti, di«Petrus ait: Quia verum prophetam lUstitiam eit^, primo Quaerite (Matth. 6) « centem Simon inEt vobis. adponentur « et haec omnia iustitiam quaerere, primo nolenti mihi. inquit, dulge, « t-t re«antequam sciam an immortalis sit anima. possim non quod indulge, «tros Et tu mihi hoc unum quam me Propheta veritatis edocmt. «_ — : — «imraortal.s non ??t'"^^^.,P;^n contentarlo Pietro, ai ciò noi p^ò h jg. «stare professi© *. Ma — • . «facere aliter. « « ,«na v-« prima non|U sigv, «a'tpirtament. « « est, inquit, : ; rionis istius. quam conaris adserere. reli- tota professio : prudentiam tuam, non tamen «ft ideo laudo quidem multis enim persuades suscipersuasioncm « probo : J ';^«»-'^_„ te adserere, cavillans sciens, non posse Simon Certum quod immortaUs sit anima et hoc conveUatmquod si mortaUs probetur, radicitus Tum : ~ : — *l 122 — — 12:1 — m terns, vitam agat eentiam, duriorem quam besiiae ilU eundem pemtus atque natura vivendi «ci termiAum tribuis^t, nullum animai esset continentiam sub «pere religionem et libidinis subire evenit ut neque praequibus bonorum, futurorum spe * futuns. bimul 4,sentibus perfruantur et decipiantur anima panter extm<,enim ut mortuis fuerint, etiam , «ceteris animantibus vero fieri nequit, ut homo «infelicius homin<'. Quoniam mortaUbus accedit ad cunctis propius aurDei cultu sit beatitudinis authorem, omnino post mortem corporis autem solum «inielicissimus; necessanum esse videtur ammis potest ommum Xum <(guetur » *). , ^ contro La conclusione è quella che doveva essere di modo ha Simone « principia negantem » Pietro non l'umana immordimostrare né la giustizia divina, né la sfrontatezza tahtà e finisce con lo sdegnarsi contro accenno, come si vede ali ardita tesi . : À So , nostris èffici : lucem ahquam ab hoc carcere discedentibus ; dell'ateo. Nessun immanentistica che il Campanella credeva anima, per lo scrittore incontrata in quella discussione. Anzi un altra vita senza giustizia é e' delle Ricognizioni non svolta dal Campache é la recisa negazione della tesi filosofia ; aerate , , , ^ ;„ del filosofo calabrese potesse in sae intendere questo caso irtgannarsi non é difficile Certo egh merebbe inutile spendervi attorno parole. tra san di quella vivace discussione la a difesa dei dommi memona E Me ; ». . or ., mondo i88Ì mondo %'^W-i : ' D. Clementis F.CNO. pag Theol. in.L,,\. 218 attribuisce al 75 'i,'" .,e,''r;«lJ,/o^ nel ere a% Fontano il mento di che si dice nel capin^comesw e accostarle a quello ^r -de- che la vutu^^c^^^^^^ t'^^'^lùente dello stesso libro stessa cepita da lui come fine a se "^'^^^r^^^^^o^anente il xàp«.« aristotelica, ed egli "°'l ?°;^ff veui luoghi u 5 Aristotele, di eudemonistico punto di vista 1. Appendice, riferiti neW cr-v.T-o« Seneca. stessa premio a se Pel concetto stoico della virtù ?ras. t i''' » vXHue 1 Recogniiionum libri tres. ^"^1^^ hoc est B. Clem. RANO Aquileiense interprete, in Clementina pagg- 56-7 (cito un loHA^ opera, Coloniac Agrippdal1569, C). edizione che potè essere usata i) Pom^X'loS " sequi : che trascende l'esperienza, e insomma immortaht a dell anima, quella critica del concetto dell' Rinascimento. del propria che è tt-^ Marsiho Ficino, Ancora nella Theologia platonica di importa umana composta tra il 1469 e il '77, la felicità prime parole dell opera sono la vita oltremondana, e le propter mquietudmem « Cum genus humanum, queste rerum ommum indicorporiset imbecillitatemque «animi ebbe .mpugnato Nessun male ninane esf nziataente « Neutrum irnmunerato «) V ha un dopimpunito, nessun bene scolava al ricordo dovuto fare molta Pietro e Simon Mago, che avevagli relative allo stesso letture impressione, il ricordo d'altre scrittori molto recenti, di bensì letture argomento immanente "^Ijo stesso poiché ridea d'una giustizia o il dubbio dell'esperienza suppone la negazione intorno al cristiani subito mnanzi ali obl'immortalità dell'anima, si trovo a reggere il mondo, Dio un è biezione che allora o non e' Xh/èassurdo) egli è iniquo. il ma sopra tutto alla logica randosi forse allo stoicismo, P^n^ero, "spo^^ mmaneitistica e originale del suo nella nel suo sonetto. Come mmortalUate nel 1516, nel suo De stesse arm.deUa vt.iro Pomponazzi con que le per tanti secoli aristotelica che erano state ^'Tosf'quaU avere di Jm i, — 125 — — 124 — pio tv^r rui la premio un m^^^^^ prem o è essenziale ed inseparaoue d' intendere la modo cena o il pena e 4*^ : il qumd. e fnn^lSo ircui invece, essa è accidentale virtutis est ipsamet v,rPraemiumess^ntiale Lmrab k facit>nhilenimrna.usna^ • <. hominem Xqut habere felicem quandoqu.dem potest ipsa virtute, humana etremotum ab omni «sola hominem securumfacit consonant toba^one. Omnia namque in studioso i^ . . per- mM m eX °f,2ET e^ : nU ; : ipse sibi ; neque vigilans neque dormiens cruciatibus angustiatur diris corporis et animi I ^it sapiens quantumnullus quod l ta in eUcissiL. Adeo infirmus, ^ , corpore egenus, .cumque ^ofif ;°'r7^^! . ; . *^",. destitutus%ligeret vitam tyranm, J. ^^^^^.^^^f spos tione per sapiens in sua d tis vitiosi malletque feUet sua virtute «manere Itaque omnis virtuosus XI ProW^-/«Aristoteles IdtaTe praemlatur. Quare in .^ertamimbus ) a^ cur quaent quo « problemate, et sc.ent.is, praemia, at non in virtut.bus , ^nuntur f « <, ^T^T^ ROHDE, Psyche. Pan. Manlio Theodoro vv. 1 tr. it.. II, ss. 318 - ; più perfetto delFaccidentale, come la virtù, p. e., del denaro e la pena della colpa è ben altra del danno, con cui essa può essere punita 2° che il premio accidentale od estrinseco non si somma al pregio intrinseco anzi lo scema. « Exempli causa, si aliquis della virtù «virtuose operatur sine spe praemii, alter vero cum «spe praemii, actus secundi non ita virtuosus habetur « sicut primi ». E maggiore quindi è il premio del virtuoso cui non tocchi nessun premio accidentale. E viceversa, il contrario può dirsi della pena « cum poena damni adiungitur culpae, diminuit culpam ». Onde il Pomponazzi potrà conchiudere avvertendo da ultimo studiose operans, non expectans praemium « Quod «aliud a virtute, longe virtuosius et magis ingenue «videtur operari quam ille, qui ultra virtutem praequique fugit vitium ob tur« mium aliquod expectat « pitudinem vitii, non propter timorem poenae debitae « prò vitio, magis laudandus videtur quam qui evitat VII Eth^coru^^ ienda maSfe'Sat Aristoteles nemini fidus, dissonant omnia ostendit quod vitioso quie- ^mque praemium. ; «timens, nihil sperans, sed ^1?^^^^^'"' 'L^^^'^'^'Z) fine 1 (cap. qo) «formiter se habens, sicut dicitur bono neque .'Viro <m Et Plato in Critme dixit At oppo^ ^ontmgere malum ahquod «defuncto potest poena '^^'^^1,'^^ «sito modo'^de vitio potest l'^fehaus «vitium, quo nihil misenus, n.h.l lu maximt et vitiosi vita * Ouam autem perversa s t : hoc ideo contingere, quoniam virtus ipsa est Nam cum praemium debeat esse praestan« tius certamine, nihilqn^rudentia potest esse parestan«tius, sibi ipsi igitur praemium est *;. At contrarium « de vitio contingit. Ideo nullus vitiosus impunitus relin«quitur, quandoquidem vitium ipsum sibi vitioso sit « poena ». Il premio che può mancare alla virtù è quello accidentale e lo stesso dicasi della pena e soltanto perciò per rispetto a questi premi e pene accidentali si può dire che non ogni bene è ricompensato, e non ogni male punito. «Neque hoc inconvenit », trattandosi di punti di vista, come oggi si direbbe, estranei alla natura intrinseca del bene e del male. Ma, nota il Pomponazzi, due cose sono da osservare i.o che il premio essenziale è assai «dicit M , : : Cxaud.ano. : ; sibi, solaque late Iosa quidem virtus pretium fascibus ull^ Fortunae secura nitet, nec clarescere vulgi e te. Erigitur, plausuque petit Pnn., Xlll, 663: e già Sino Italico, sibjmet pulcherrima merce». virtus quidem Ipsa «) Probi. XXX, , I : ... li, m, 33' xì; nàv K«xà tó Ovidio, t'x Porto, rfr itòt^^ xy<»v..««. *) 'Eli òk òti x^i àywviac Té5v "/^fjivtxwv àOXr,|jiàT(Ov viflic I tò xò dcQXov àO-Xov vipeìrcov elvai* alpeteóttpov xal ovfioLi 5è zi àv ài)-Xov ^éXxicv Yévoixo èn\ jièv pdYUCv x^ yàp àyaH . . w — 126 — — timorem poonae. Quare perfectius propter salvare «asserentes animam mortalem melius videntur immortaipsam asserentes quam «rationem virtutls et poenae timor videntur « lem. Sdcs namque praemii quae rationi virimportare, quandam « servilitatem I — imortalità trascendenti^ dell'anima di un'asi spieghi come un risultato o un principio della stessa natura, ma la trascenda, e postuh una realtà superiore. La tendenza immanentistica del suo sogno «vitium 127 dell' : nima che non pensiero si palesa tuttavia anche nella sua maniera di argomentare l' immortalità fondata sulla osservazione della profonda differenza che separa l'uomo dal mondo naturale, onde Tuomo sovrasta a tutte le cose e celebra una natura analoga a quella di Dio, in quanto domina sull'universo, ne regge le forze e crea un mondo che è suo. Tra le poesie della Scelta una delle più belle è questa che canta con alta e commossa ispirazione la possanza : « tutis contrariatur » *) v ^ • . senta Bisognerà venire fino a Spinoza, perche non per influsso del Campanella, né del Pommedievale Maimoponazzi, ma forse del filosofo ebreo elaborazione rigorosa una per tutto sopra nide^/e neoplatomca, delle idee immanentistiche della filosofia che « beadestinata a risolversi in schietto naturalismo, virtus»^ ipsa sed praemium. virtutis titudo non est tutta la realta (Eth,, V 42). Ma Spijioza, proiettando la stessa realta dello' spirito nel pensiero divino, che è libertà, questa della natura, rende inconcepibile, senza valore assoluto virtù, che non sarà intesa nel suo si ripetere, dell'uomo O di : Gloria a Colui che arte mia, nipote fa' — qualche cenno Kant. io non noto che un puro naturalista il Campanella moderni filosofi dei nessuno e è come non è Bruno, ha biprima dello Spino7n Anche Campanella perciò È tutto sape e puote ! Primo Senno, su' immagi n bella, al di uomo » s'appella eh' «(Uomo., s'appella chi di fango nacque, 15 • — inerme, ignudo senza ingegno soggiacque, a lui parve il Primo Ente, patrigno c»*udo d'altri parente. — II. '1 — '( s prima *) : D'altri parente, a' cui nati die forza pelo e squame. bastante, industria, scorza, han corso, artiglio e corno Vincon la fame contra ogni scorno. Ma ad ogni scorno l'uom cede e plora troppo tarda ;*).. del suo saper vien l'ora che dal basso mondo ma sì gagliarda, par dio secondo. — — — — ; Poesie, pagg. 170-2. È evidente in questo tratto la remiiuscenza del mito di Protagora sull'origine dell'uomo e della società (Platone, Profag., XT). Ma questo contrasto tra l'infermità fìsica dell'uomo e la forza degli altri animali era diventata negli scrittori del Rinascimento proverbiale sull'esempio di Plinio {Nat. ») -) imìu. an., cap. XIV. r t n cfr. L.-Cr. « Guide des égarés, trad. Munk III, 51-54; e mia una e pag. 256; LÉVY, Maimonide, Paris. Alcan. 191 1, Anche nota in Spinoza. Etica, Bari. Laterza. 1915. P^g. 370non meSpinoza per diversi motivi del Camp?inella. ma e. come già no del Campanella crede l'anima immortale aeternarn dice che quamvis nesciremus mentem nosiram il C ahsolute omnia quae ad es^e pieiatem tamen et religimem et pnina haatiimositatem et generosilatem referri ostendtmus ber emù i {Eth., V, 41). De ') ; ' WWWWw»'<aiigw gw» »'B'"j 'ii ì» tt. i proemio^, che il Landino così tradusse (nel suo volgarizzamento pubbl. nel 1476): «Cominceremo dall'uomo, percagion del quale pare ,fthe la natura abbia prodotto tutte le altre cose. Ma non sanza gran prezzo ci badato tante cose, e con crudeltà ha voluto ci sieno' coste troppo care, in forma Hist., VII, 4 — 129 — — E 128 Ogni ardir fiero ed ogni astuzia abbatte, s'arma e corre. con lor s'orna e combatte. dio secondo, miracol del Primo, — — — 2^ e gran città compone e leggi pone, astuto Ei leggi pone, come un dio. Egh ed alle carte ha dato al cuoio muto 40 AK ^^ — che e '1 terre n gì obbo vento e '1 mar ha domo. accerchia, vince e vede, con le^no gobbo — 11 merca e fa prede. :is ^ — ardir ben fiero ; sciolse, —e il tolse ammazza ; ferro, il se ne scalda e cuoce : liquor divino. — — oh 60 Oh ^ Come lungamente tir ^are superbia stato sviluppato dal G^Ui nei Pr;!^^„'^7;,.f Bonardi. G. B. Gellt e Circe, è dimostrato da C. pa?g9^ ss. Castello, 1899. di Città' — 6s Canta J^' le f^l^lZ sue opere. verme — sia — — ; ; ; tua scuola e truova alla tua scuola Paolo ascende, Cristo a destra con manifesta pruova Potestade immensa. della maestra Pensa, uomo, pensa giubila ed esalta Pensa, uomo, pensa alla 70 ; — — ! ; -- quella osserva, la Prima Cat^ion alta ogn'altra sua fattura, perch'a te serva — 7S ; ae pura, seco ti unisca in più altura. e 'l tuo canto del lor vada G^entil ^ pel suo penconcetto (vv. 16-17) dell'uomo che è, Vico *), e si può Giambattista in ritornerà dio, siero, Il ^Tdeha^^ f ! fin d'ogni cosa. epilogo, armonia, di tua gloria propria O' virtù ascosa. pur gli fai copia. morto Pur gli ^ai copia, se altri avviva il 1' Eritreo passa altri, e non è assorto, Elia, se 'n vola il futuro Eliseo Sr essere^i^to^^ ^^^^^omca lontan^ SzioS Plinio traeva la conseguenza sanza^^^^^^^ « dai pensiero di Campanella principio. Persuaderci essere stultizia avendo noi tale leggi rotte eh' un sol ! leggi rotte re I questo — ; altri .,. i Liquor divino, che gU animi allegra. il cibo, e saim. Con sale ed oglio integra giorno quando e notte, Fa alla sua tana ^^^^^^^^^ .^^^^^e ^Ja^uTper signoreggiare, agli ^a sup sua vita da legami per n^lo aueurio, comincia la non per altro suo errore, se adiviene ^cii Né qulsto Alale gli consideI^ssimistiche queste da Ma ecc. ecc. Z monti ss ; ! . ei solo ; . IT^ ; accende un cerro, vivanda atroce vivanda atroce d'animai che guasta ogn'erba e seme latte ed acqua non basta, ma preme -- l'uve e ne fa vino, per lui mo Ito maneggiasse — migliore madre inverso rhe difficilmente si può giudicare se Imprima l'uomo e solo dfn<^ è sma. o più crudlle matrigna. natura non ncuopre coUe sue tra tutti -h altri el quale la d^^^^ d'altri. AgU.altn ammali è Tose mekim: 'mk con%uelle spi o guscio o corteccia o cuoio o el suo vestire naturale, arbori penne o squame^ o veli GU setole o pelo o piume o dal freddo e dal caldo. Solo fiirora con due bucci soniTdifesi e 1 dì che nasce in terra nudo, natura dalla prodotto ruomo è altro animale e pr^ nudrcad^e cominciandosi dal pianto. Né e queste l'uomo, non se lacrime P^^^^^J.^ alle dotto quadragesimo ui -;^3;J A^ua vita, sua Ne ride alcuno pnma che 1 l^stia^^^^^^^^^ ogni benché s^bito%he é nato. nmanghi l\b^J^' ^^^^ j "^^^ quelle niscono tra noi, nascendo ^Vange — — -con questo ; — fuoco illustre co — cavallo audace. Cavallo audace e possente elefante a lui il ginocchio pieca il leon innante del roman guernero già tirò il cocchio e che alzò a tal volo. pianeta Si alzò a tal volo.c dal Merca e fa prede a lui poca è una terra. nato inerme Tuona, qual cfiove. in guerra - - un membra e sottogiace sue inferme porta '1 ; si ; .0 — — 1 tempi distingua dà al rame lingua. alma Dà al rame Ungua. perc'ha divina non si mdustre, e La scimia e l'orso han palma. di parlar arte ed altra e calva, perchè altra ha le chiome e pur quando 1 eclisse chi strugge o salva a lor venisse, quando venisse all'aria, all'acqua, all'humo — — Giardino, torre e 'n ciel sormonta egli 'comanda all' imo, moti e misure i suoi senz'ali e conta e le nature. '1 nome, Sa le nature de le stelle e — 20 — «) V. p _ i Principato, 1915, pag. 46. miei Studi vichiani, Messina, Giordano Hruno e il pensiero del Rinascivienio ^ — 130 — — — 131 di apprendere delle già alcuna di nuovo, ma anche ed afflitto da^a d,SF stupore dallo confuso ? ovate infelice. S 10 guardo che meno poco razione mi reputo a me mcdesmio statua'delle eccellenti dico ipezzo il sovcichio da un levare sapresti E quando nascoera v. che figura bella di maLo. e scoprire sì tela e distendere sopra una sta ? Quando mescolare tutti gì. rappresentare essi con o parete colori diversi, e Raffaello, . „ Sa „_ <, ^'^'^«'' Dialogo dei masstnn intensivo ed estensivo quanto « <e«sm. cioè '^^.^'^ll'l^^J'llornc * "^K^^nirriso^ttò al -infinità è «.x- e iVc che mcc -iQ^i-.J/e mtendere dell ._ nulh., come uno zero <' ma. suore? Che Settura dei : ^^ «nie l! intel^tto "^^P'°P°l''rirSo«o come un Michelang.olo, un re> .^atemaSe^'^!doS^^^^^^^^^^ :?^;tica. delle quali visibili, che hanno n^^^^^^^ ? -: S'io guardo quel : uf Tiziano intervalli musici, neUo gh compartir nel uomini « eli per potergh nianeggiar c<^n :£bnir precetti e quando potrò 10 finn di «diletto mirabile dell'udito, strumenti? dei tanti e sì diversi ; ne ha cosi ^sso «così iKTfettamcnte e :S oSt : - bene chi dirò poeti eccellenti di qual f:^f^i::^f}^J^'^;. inven/ion de attentamente considera 1 deirarc^- e la ^piegatura loro ?ClieJiremo navigatoria ? Ma sopra tutte tettura ? Che dell'arte qual'em hienza di mente fu stupende, e invenzioni di trovar modo Ji coimmaginò quella di colui che'^s' a qualsivoglia pensieri m„nirare i suoi più reconditi I-gaissimo inter^ distante I^LeSi >nfi^ « ^^^^^^^^ ungano credo che la cogni- Xa^ sc^nri^nchè tempo vallo di luogo e di *^°PP" ^^nSratrgTù^m^^^ ed «F^a^*^ s css^r la mente ^jte^n^o^^e^^r d 10 conosco chiaramente ^^^^^ ^^^^ di Dio e ^ciie p " « umana opera mirabile dell' ingecantare l^^^P^/;"^^ è ispirato quasi a mec medesimo molte ^oj e andato gno umano « lo son J « parlare con quelli che son Sl'lnd!r?%rlareac^ielli^henonson^^^^^^^^ mila anni, di qua a mille e dieci « né saranno se non yent accozzamen 1 di vari e coT qual facilità ? con i questo il sigillo d. Sia carta una Icarauemzzi sopra umane » ). tutte le ammirande invenzioni divinità immanente neldella concetto Ma questo semphce eco, è evidentemente una dorando q"=^"^!' <, / ^r ? ! ntese, investigate ,, <. ™Xo luomo nel Gahlei : ^r^^'TaMo^aXrScutSu' ifi^STo^dSo^^ in^^^ .no^no : VENTA, Esperienza e meiafiMa, T;?""°J^.;"''\t,^,ì -^-TomeS ,^r si "elle arti c^ uomin, .^ invenzioni trovate dagli 7^f , « vorno, Giusti, <i 1917- V^^- ^^^ Morano — 132 — 133 — — altissimi effetti effetto loro, «e onera più che nullo molto più loro, ma da cagione da pende non Talché l'uomo va quando che Ecco aUa che Dirs'appella. fuori sole, e poi sopra, e poi cogitando pensa sopra il del deCe ^ù infinitamente, mondi La sua speculazione concetti centrali della quella vigorosa metafisica a argomento nuak ne tme teleCampanella dal natural.snio divfno onde il naturalistica della re r^n^ dèi S fano rsolleva a una filosofia 'del mondo, (PO-!i^fS"^%ra^et reUgio'ne iatu- gione come escogitano loro, come vem. dentro e pure solo uom ni gli . s accor «ventre dell'animale grande animale e il suoi prin^ono che cosa è questo Dunque, l'uomo sta non so o morte e dti" cors^vita e : politiche ale"sue ri^luzioiàrl idee '™fre Sdi con e l'uomo Ò'rl!; sensu rerum flì^T' del secondo libro del riore capitolo 23 «,^1 ?f redazione ita'^''^g^i "„iniitiva v'r^ie, a-miratore e luogoten^ ma come De Di £1 'e^n"ètn::nefdola Campanella e dplla noesia del questo fn cui elli tratta S q^^' ^iS^i^ari gh a tn mogn di tutti argomento dell'eccellenza , del- l'uomo sulla natura. III. questo canto de la ix)ssan^a dimostrazione filosofica, dal ^'^P;'"!'' o quini tuta, della natura divina ^^^Zxie. ^^^^^^^ /",„ , umana. L'uomo, egli dice, ripe- bell'anima ^™ J^^^,°f Hltri "«"^^ "" ""J'pjft Jpra la M^ <i fratta di del Rinascimento ; un argomento caro potUe è SI l^ioSricoSvVcon ''' della nobiltà del"t rauIndt'neT- Cor^ivio magnifico salmo la memoria al Dio homo qnod m^emor biblico, che chiede a niiirt fst mio r. e. con un ,) di V. pag. 26 il r./«Wa», -^W «. scritto /.. -,.> me.i.. sac^io de! lesto Ual. iNapo«, ^evsu^^ ai filosofi italiani parere ereditato senz'al- -^ 11 sole e la terra, nalu'rf agenti «) : De sensu rerum, o della l. e. il es eius caldo e f^ il ? freddo erano tel^siana. seguita da, (redaz. ital.). le C due \ — 134 — — minus ab a»igelis Miniiisti eum paulo Ploria et honore coronasti et conlS. oum super opera luarmu. nostri scrittori del sub jiedibus cius, Omnia oves et boves uiiivf rsas, : argonu;nto a «^l^biarc Salmista ne traeva solo di Dio. teimeravigliosa grandezza rnn Tratitudine la Donnnus Damme come aveva cominciato il : 7S}uZ. '^'''t tuum nomen est admirabilc Lattanzio di si IV^g-^,'" della origino (li compia- «^f ^^f ^''^"/ii ^5 nelle celebri 'versi, che guito alla descrizione naturali ^ umversa ,n Rinascimento invece nostri scrittori del cevLo'comTdà tutte ..^ le col : Sanctius his animai npprit adhuc NatS homo est "'<="''^q.";; ,f .^''^eTera^^s'^et in cetera po^'.'^^quod dominar! et : sive lume divino semme fec.t melions ongo. me opifex rerum, mundi nuper ab alto SWe r^cens tellus seductaque semina caeli \ptheie cognati retinebat und.s nuam satul lapeto mixtam fluvialibus , Kt in effigie^ tram' ""'^-'^"^"'^^'""^te'ra ammalia cetera terram, Pronaaue eum spectent y.dere sublime dedit, caelumque Shom"ni uLit™ sagax, multiplex. acutum. «dum insuper et pecora campi, raans volncres caeli, et piscemaris. qui pframbulant semitas Zando : memor, plenum rahominem praecara vocamus Uoni's S^onsilii quem supremo deo sdum a gcneratum conditione quadam atque natuex tot animantium genenbus « cnim est subiecisti Ma — aveva anch'egU conCicerone nel De legihus (I. 9) parole pur care ai con natura alla traonosto l'uomo hoc pro^^«Animai Rinascimento ; eum. mnnuum 135 vultus erectos ad sidera toUere \ ri" p^rViceps rationis et cogitationis, eum cetera sunt m homme omnKxpertia. Quid est autem, non dicam dmnius ? » E ratione terra, sed in omni caelo atque per dimostrare quantae (II. 56), deorum natura iToe ques^^a eximiae tn^-utae smt <aes hominibus quamque uomim degh noneva a capo di tutte le prerogative exitatos cekos QuaT (provS^ntia naturae) eos humo caeum cogmtionem deorum <,S erectos constituit, ut terra homines capere possent. Sunt emm ex , <. . «intuentes sed quasi spectanon ut incoile atque habitatores, caelestium quarum atque rerum superarum tores nuUum aliud genus ammantium per« speculum ad ricordano quelle del De sensu « tinet ». Dove le parole qu, riprocampanellia'no ; e il concetto stoico sgorga cu da fonte la certamente dotto da Cicerone, è ^^1 Campanella Ma e pensiero del principio a emoto per Cicerone può dirsi evidente il divario tra quella che e l 'opposizione qualiuna J^mplice differen^ di grado, lo spettacolo e lo tra scorge Campanella tativa che il L la natura e la mente. un dell'eccellenza timana era l'esaltazione luche e poi neopla^ pnma stoica polemica, motivo dell'antica della fìnahta e della tonica in favore del concetto ^n-^ttatore ^ n Salm. Vili. , , ,, , ve falso et rero^noM O^P^^^'^'^'^^'^^^^^f.^^; Epist. Cardano, De rer. ^'«'''f ''^,,1"'' J„,.%A«o»5/... vJ.lt provvidènza divina contro il meccanismo epicureo. E ff' ignorare nec fas nostri caelestem ^>^^^^. instar sacrile ^u cium vel maxime ''f^^^^^^^^^ ». in sublimi debeas mvemre ^V^^^^ clantatem est. hiimi quaerere quod . — 136 — — deor., II, 59);) % nff ^ tanji in Cicerone (De noi. poesia del Campanella sulla dei colori adoperati nella elodell uomo l'intelligenza possanza dell^iomo art.um «multarum quenza, il linguaggio, le i^^^i delle bestie e lo sfrutta nistiae» l'addomesticamento le ^o^ze della naura tutte di di tutti gli esseri e viokntc, del mare e de più potenze delle dominio e il montibus fruimur, nostri venti- «Nos campis, nos nos arlacus. nos frugcs scrimus, « sunt' omnes. nostri m- : T 137 ma del platonismo Ifflnenie ir dir^Ssì, della i..e:n — fiorentino, che è l' altro filosofia del Campanela. de' suoi pensieri sul a a sorgente oScÌu& dell'uomo. È noto ed diS P co M ed f l^^diret eccellenza ^^.n^va è celebre • il in qual conto l'orazione De ho- mS terns focunditatem «bores nosaquarum inductionibus aver .mus derigimu., arcemus, nos^uliiina natura q^^s alte rerum manibus denique nostris Ss m <, «ram naturam efficere ragione è penetrata conamur .>. Che pu? fino nel cielo. « Soli la emm umana ex am cursusque co ,manTibus^nos astrorum ortus obitus i^' d^^s est finitus genere hominum « gnovimus; ab "^ff lunae coqmtae praed ctaeet solis ectiones de Innus. q^anUc, quando queinomne posterum tempus, quae, accedi ad cognanimus .Murae sint. Quae contuens quelli prestati i colon son se Ma. ». «tionem dcorum.... e uno sp n o C Rinascimento antichi scrittori, nel ^- mS d TTiir-ìPolo del chiede mondo, il Pico. « et cur non ipsos angclos e l'unico, è uomo. Fercne 1 yreciiu . dagli dell'uomo che rrpigha nuovo, derivante dalla riscossa ne mondo per preminenza sua V antico tema della quasi cenautonomia, sua comrapporTa questo, nella nuova concezione d'una svelerà, si tardi come Più tro della \ita. lettera del 1607 al >\ V^TTua .) Ved. L. DORI nel Giorn.stor.leU- De ho,n. dign. / Quorengo in L Amabilf., LHUe^^ DoRrz et L. Thuaskk AA\ f'lÌ%% 354 35^- L __ pei '^ ./• , mi attengo È alla ediz. degu^P Burckhardt, (^^lea, 1601. pagg..207 ^ggVt Firenze, 1900, li, 05) La civiltà del Rtnasc. "'''f'"-\\liondè ^oltentó a una parte ''""'. e che il titolo ^f; le CommeHtoHones. ; P^rtra ci<i i. onginanaineiue IV. "f° *^^^e, J natura non è alla Questa opposizione dello spirito del del Pomponazzi e naturalismo r^do opera det R Ve '"" j.^^"'^","^!]; fonte in questa parte àe\ T h. f; 1 Ciceros phUos. Schn/len. H.RZE... Vntersuch. z. 203pag. Hirzel, 1877), M La svm cfr (Leipzig, dell'orazione, che titolo. ricevette più tardi quel che disse questi altri ;?^* 31 Tra deg?i scritti erme/";°f„udlo ossia ^ q"^^ ; luomo wagnum miracilum j^ commenAp^^^^^^^^ da .^ .4 5.;..^t».^trad^ ^^^ ^^^ tici che è intitolato Asclepio ia't^V-to\iei'sto^sc^Httonn-F,ci.o. Opera, silea, 1561, t. II, pag2:. 1859-60. ediz. Ba- ^ - — 138 .f.f tura, oggettoMel pensiero, e mancava il fxnsicro. E pure « nec erat in tutto pareva che già fosse stato creato «archetypis unde novam sobolem effingeret, nec in 1 : . <, ; creatore di se medesimo Ss et contrariae "^^r^f substantia tias et totius universitatis libero («tui ipsius quasi arbitrarius honorariusque plastes et fìctor »), egh sarà quel che vorrà. Può tralignare abbrutendosi, e rigenerarsi in Dio «ex sui animi sententia d. E questa é la felicità, questa la grandezza dell'uomo essergli dato d'ottenere quanto desidera, farsi quello che vuole. I bruti, da una parte, e le nature celesti, dall'altra, sono immediatamente quello che sempre saranno. L'uomo in sul nascere non porta seco se non i germi di tutte le vite dei quah germoglieranno e daran frutto quelli che saranno da lui coltivati. Tale la vera analogia tra l'uomo e Dio, il Pico <( : plemtudincm 1- ipsa^om^ cne insisteva sul « re ipsa » notando « Dlectitur tra gli angeh e qua n'Sò consiste appunto la differenza parte e 1 uonio da una da intelligente essere lunque contengono le forme e lo •altra- che anche quelli é intelletto che conodi tutto, in quanto ognuno ? » fu bensì conferito «commune quidquid privatum sin « guHs fuerat ». Messolo in mezzo al mondo, quasi compendio ed epilogo di tutto, Dio avrebbe indicato ad Adamo la sua prerogativa, come l'essenza stessa della libertà. L'uomo non ha una sua natura specifica, e non ha perciò leggi a cui soggiaccia, né limiti, entro cui si restringa necessariamente la sua attività, salvo quelli che egli stesso s'imponga liberamente. Egli non è né : le nobisVtlora '^j'^^f. cognasimilitudims et.^*™f," «tanto cum divina natura plus occorre c^ osservato aveva tLnis ^bentia . Anche lì nell uomo, ond egi sia s, cercare un che di pecuh^e comune con nessun altra abbia mile a Dio, e che non potest, quam quod hoaliud esse quid ìd « creatura omnium in se naturarum substan- ; né terreno, né immortale né mortale ^^l biblico nAV Heptapius (V, 6) '), a com.nMito nostrani ». Non e la hnaginem ad hominem Faciamus « assomigha 1 uomo a Dio, mente aveva egli detto, che in angehs sunt quam quanto propriftà di essa * ^n naturalismo, che, lasciandosi alle spalle lo spirito, non trova lacuna di sorta nel reale sicché quando si sforza di concepire lo stesso spirito, lo degrada e quasi disumanizza facendolo rientrare nel quadro generale del meccanismo della natuia. Ed ecco la soluzione del Pico, che assegna, secondo lui, il vero valore specifico dell'uomo, mettendolo al di sopra della stessa natura angelica. All'uomo non fu dato da Dio nulla di proprio celeste — dirà ZSi «thesauris. quod novo filio hacreditarium largiretur, « nec in subselliis totius orbi, ubi universi contempla«tor iste sederet. lam piena omnia summis, mediis « infìmisque ordinibus fierant distributa ». Stupenda immagine, in cui si raffigura la situazione propria del 139 E raS' non solum /At' veri quemadmodum Deus itaveipso se quia sed «obidqnod omnia inteUigit, unit et cubstantiae perfectionem totam cf tutto m r^ rae suae subcoUigTt^ta et homo... ad integritatem et corrogat naturas mundi stantiae' omnes totius nell in eltetto raccolgono si che forme counit». Le pnve di quella alla dottrina anstotehca, sono conforme Sa "^teria onde a della sostanza, che implica de la Pe^uhare natura mente, in cui Pico non trova se la di fuori ha che l'uomo è r intelletto astratto, realtà la l' mondo, poiché ^d èva concepirsi creatore del pura forma, oltre che forma, ed esso è mente invece, che si può creatrice m pi opno a^ non contemplatnce attribuire l'uomo e a Dio, sarebbe attività ma motore immobile, intelletto aristotelico, quel che non questo è materia r . realizzatrice dell'esrere della sostanza «) : Mi^anjah c£r..tì. P. della Scritto nel 1489 Mirandola, 1894. pag- 62. studio del p. G. Origlia, Studi vichiam, pagg. 3S-40. • .) ') Cfr. i miei e la cabala. — T40 — — lo spirito, insubstantiae ») tiuaiismo intellettuali; mitene l' 1 secondo seconao più somma, concepito non di contro a sé ma cieco per cui la mente ha la realtà la vera realta secondo l'idealismo distiano, pel quale U perfectionem totam — quo complexum nomentibus nostris spiritus inesset, rerum» ). attingeret «titiamquc tantarum platonica (XIII 3)Ma in un capitolo della Theologia Campanella lo spuno la fonte diretta del : « ; è opera dello stesso spirito 141 ,-he sSebbe pagine più belle della è svolto in una dc'Ue potenza dello spidella e ?oria del concetto della libertà arte vnmnt ve absque vel animalia Cetera to umano ipsa s^ usumnon cums ad «sincula una quadam arte, signum est cums trahuntur lege fatali cònferunt sed industriam mhil proficiunt quod ad operis fabricandi *). MvìtToco I : <. : V, innumerabilium mtorpore Centra homines artium quod arbitrio exequuntur suo vtX'^' sunt, quas artes, exercent multas quod singuli : sTgnificatur ex eo. usu sunt solertiores ». « mutant et diuturno ha una stona, perche è lisolo uomo insomma : preceduto dalla vasta speIl Pico tuttavia era stato dell'anima, e culazione ficiniana intorno alla natura immortale propriamente intorno alla natura divina e lìieologia citata già della l'argomento che è di essa 11 : platonica. l' « i «tam S Z ne « L varias «mundi vmus labores saeculis traderet, nisi di cabalistica Cfr. M'lSsetani, La fiìos, r. VI. ra ndola. EmpoU, Traversari, 1897, pagg. Poesie, nelle ') Che cita VAssioco n ili quidam G Pico natura, ne' suoi dipinti, solo imifa le opere della naturali d'arte che paion vive e e in tutte le opere -s "i con le natura stessa camporella invàde il s- le zioni magnifiche, e con « naturae inferioris vetri constiingenium ferarum, conderet urbes, respublicas videret astrorum et caelum in etiam «tueret respiceret cursusque, solis et lunae ortus item et « « revolutiones distantias, aequino«occasus, defectus, celeritatem. Pleiadum etiani et conversiones, « ctiaque et duplices casus et horimbriumque ventos, aestatis atque hiemis « quoque comprehensos ut raptus, «rendos turbinum Mi- sue "^^ «««'^^J, Frficit, corngit et opera : " est naturae divinae, "Tsimilis ergo ferme vis hominis .qukndoquide^ homo per t (, « • ^.^^--^l'^f^Z^r^Zl consilium atque artem, reg.t ^iPS"."",,fJ°;f°'f„S circumscriptum, et singuia naturae limitibus minime Et tanto minus aemulatur. nSurae aTtioris opera subsidio quanto eget bruta natura inferioris munimcnta sortitus est a natura aim di ^'^^^l auasrnoT^-nin^s animi At haec multae sunt perpulchraeque de natura in mortalis enim Ncque rationes. immortalitate contemneret res attollere sese posset, ut uomo- della • ^-^^ ,, ^ pseudoplatomco Marsilio Ficino aveva letto nello ficitraduzione stessa nella Assioco questo luogo, che del Campanella ) niana fu certamente sotto gli occhi sulla possanza dele pare se ne ricordi nella sua poesia , U legge fatale bero -^^^^l e mutazione e invece l'immutabilità la libertà umana mondo suo, d'un creatore pogTsi l'uomo perciò è artes fa«humanae mirabile, più è dacché quel che ipsa natura, fabricat quaecumque se ipsas fbdcant naturae, sed aemuli ». L uotno ?Sora corporis 151, 27.T i) Ax., }>ag. 270 B-C. duUl^ . — — — quam * «terias •ù animadvertere licet, quemadmoet undique tractat mundi maquasi homini omnes subiciantur. Tractat, in- iis artificiis et omnes cultura urbium ! ! Quam stupenda aedifi- Irrigatio homo autem, acciant vel hommis effugiant impetum ; et fugat impetum ferarum vitat et armis ipso a se ceptis « sub beullos homines unquam vidit «et domat. Ouis ubique vidi«stiarum imperio detineri, quemadmodum amma«quam', dementa, lapides, metalla et plantas et formas atque figuras, quod « lia, et in multas traducit « bestiae faciunt. Ncque uno est elemento oinnicontentus aut quibusdam, ut bruta, sed utitur sulcat «bus quasi sit omnium dominus. Terram calcat, conscendit in aerem, ut pen« aquam, altissimis turribus Accendit «nas Daedah vel Icari praetermittam ^). «nunquam «mus tam immanissimarum ferarum quam mitium vitam parere hommibus ? Non « armenta per omnem crudehter tantum, sed guberhomo bestiis imperat « « providentia «nat etiam illas, fovct et docet. Universahs homo igiqui est universalis causa, propria est « Dei prafoco famihariter utitur et delcctatur solum «cipue ipse solus^). Merito cadesti elemento ascendil «cadeste animai ddoctatur »). Cadesti virtute «ignem et aquatiHbus, incomodi e molestie. «In ciorum structura omnibus, terrcnis, « torum animalibus utitur «volatilibusadescamcommoditatem et voluptatem ); magiaeque «supernis caelestibusque ») ad doctrinam Fieri imperat. sed et solum, brutis « iniracula. Nec utitur quibusdam a natura acceptis « quidcm potest, ut armis quandoque vel impetum m hominem fa« bruta nonnulla ma «dum homo omnem orbem terrae « ! «naturae te « aquarum quam Vicem gerit, Dei, qui omnia dementa ha«artificiosa terrae praesens non abest ab « bitat colitque omnia et elementis, verum etiam elemen« aeterc Atqui non modo fino allo opere più ciò che di utile inventa di continuo, dalle quaU non disinteressata, attività sua della alte riceve spesso pure non s'attende vantaggio di sorta, 1.1 ; « A It — 143 mente trascencaelum. atque metitur ^) supercaelesti homo, sed orelementis tantum utitur Nec « dit caelum. Quam mirabilis per «nat, quod nullum facit brutorum. bruta, sed ipsemet illa sua copia constniit alivestes, strumenta, habitacula, supellectiha « menta, «arma. Ideo cum ipso sua facultate se fulciat, fulcil «uberius quam bestias ipsa natura ». cominciare dai piaceri dei sensi, clic l'ingegno umano moltiplica sempre, laddove «bruta brevissimis claustris concluduntur », per venire a tutto « '* 142 et ; et non qui universaliter cunctis et viventibus Deus est procul «ventibus providet, est quidam Deus. utitur omnibus, imperat cunctis, « dubio animalium, qui quoque esse constitit elemenDeum «instruit plurima. Deum demque «torum, qui habitat colitque omnia; vertit et omnes, tractat qui materiarum, «omnium vi- ' « 126 la poesia del Campanella, vv. i) Cfr. sopra a pag. 17-20, 26-7. *\ Cfr la pcesia del Campanella vv. 46 segg. ruscuL. I. 18, 42. e meglio 3) Concetto stoico. Cfr. Cicer.. lJtanzio. Dunn. InsùL. VII 9 « Praet-e^ sTus'cS immortalitatis argumentum est. q"^^^ ^^"^?. '^^^^^^^^f^f his duobus ele.elemento utitur. Nam cum rerum natura : ' kì « tur format ». ,. inimica sunt. constet mentis, quae repugnantia sibi atque alter umterrae adscnbiigne et aqua. quorum alter caelo. niortalesque sunt ttr ceterae ammantes. quia terrenae . tL .reno et gravi utuntur elemento, homo ^^^^^^^^g^^^^^^^^Xo cadeste. Ea vero -habet quod est elementum leve, sublime, et q"ae lev a qu^ A^erosa sunt. ad mortem deprimunt. summo est. mors in usunt ad vitam sublevant. quia vita « sic vita sme luceut lux esse sine igne non potest. unde apparet bovitae Ignis ieitur elementum est lucis ac li minem «imo Et .. : m **i iiiìfiii ftì\U\''\Mi : qui eo utitur. immortalem sortitumesse «quia ilii familiare est, quod facit ^^tam)). vv. 18-19. *) Cfr. Campanella, 2) Cfr. vv. 31-8. démom. 3) Ossia, degli angeli e conditionem. — 144 .M — anche prove della divinità deiranima in rebus corpori tantique tot Qui « il FicUio conThiude vicem, est procul ^«^doStur't immort^Us Dei gerit dJ S'^" /^"g^ immortalisi. Pure ci sorf prove Da tutte queste m «dubio natura dell'uomo. U quale, non super ori della sublime al dominio del mondo de le arti che si riferiscono più spirituale del forma una a Literiale si solleva potenza -a della Tvlno mediante l'esercizio od altrui giaccne propria volontà sulla che si dispiega di se animali s' innalza al dominio eeli ^to tra gli e Quindi degli ,"• è solo tra gh animai e Egli ^"^.^i^^t'imah Stato nel genere umano. mad ^no pubblico il ^enf clpac'e di sacrificarsi per qui singula haec mortalia contrare la morte, «utpote aetermque boni firn^tah despicit bona, communis poi anche dimostra E ». « confisus P'^f^f^^l^^^^ bcUe con le scienza P^^^ ^ Je arti la sua divina natura coinc considerare modo che non si possono in nessun e ncuc soddisfazione di bisogni terrem, So , tra la r ui il ministero del corpo. NebaVI. SeSe, constituit tradidit, nisi simili esset recali Dal Ficino, dal Pico e dagU scritti ermetici già l'esaltazione che si fa delin latino dal Ficino dipende pubblicata nel nell'ultimo dialogo della Circe ?ngen>o praeditus^ l'uomo Gianibattista i^4Q in Firenze dal filosofo calzaiuolo dice della didove periodi, alcuni leggerne Basta GeUi. Ubera »: dignità volontà sua,« gnità che dà all'uomo la sapienti di Egitto «tanto maravigliosa, che quei primi questo il gran Miracolo de « lo chiamaron solamente per creature hanno avuto « la natura. Perchè tutte le altre non possono compiere elle quale la per legge, certa « simi 1 itudine m «Et qui.propter ingenii fis^cern^it. fs certo P« ^«« modo non n'odo «stituere, postquam agnovit, V^ I^^eitmateria'cumliturhomocaeloiun.^^^^^^^^^ quo progrediantur, et ^'^''^'ii;^^^'""; « de moveantur. mg^^^^^ ^eget eum quidve pariant. viderit, qms ^ne eodem quo et ^"thor illc e^ caeM^ una loquar. tacere, si instrumenta «ac nosse quodammodo caelos caelestem, poHtquam facit materiamque tnacSuerit ordine?» mmc Ucèt ex alia me^eria, tamen persimiles : <.ut ita « S altro fine che quello che 1) /u I I -*i#_i.^i*. -* * scet- • quo^ Uud est in^rimis animadvertendum, po^ constructum non artificiose opus 'ariifids solertis quove modo sit constructam 1 test auilibet qua ratione artis in^m^^^ se^ solum q- -^cm polkt sphaera. Archimedes via qua disceineret « Nemo cnim caekft motibus Jms aeneas, eisque motus similes mente l'ammettesse e perciò si arresta a quello stesso Ma quella certicismo, a cui s'arresterà anche il Vico. le due menti, era il piu tra scorge che somiglianza ta scorgere nello spinto alto segno del divino che si potesse e un umano finché restava una natura fuori di esso, Archimede, di queUo da diverso cotanto Dio cielo di come solo possibile teAiine di ragguaglio. f Tv ivnima sdeena di già — : ^^^^ indirizzate alla 145 della Con che il Ficino ha toccato da maestro il fondo già in altro questione enunciando chiaramente, come del conoscere luogo della stessa Teologia *), il concetto concetto, come attività costruttiva del conosciuto ; quel del Vico più speculazione la mosse le prenderà da cui fissato dal filosofo napodi due secoli dopo, e che sarà « verum et factum convermotto celebre nel letano gui il Ficino ammette 1' 'Mentita « tuntur ». Né anche umana e la divina; e non era possibile che . : Se^mo! — C(r. - i è stato ordinato loro dalla miei Studi vichinni. pagg. 37-28. (JiorJjHO Wimù « il feiisùro del liinaicimcnto. liR«l^«*iWiW!>"™*^'""^ \ — 146 « n^tnra natura "^^^V^ « SI " . — natura ed ordinario, ma ed in poter opc-rar secondo la posacciò, formando quella di leggi le fuor oltre con ordì altri corsi, altri nature, sendó formar altre arquella Ubertade, senza la quale non l' ingegno, con serbarsi dio de la a venese similitudine, rebe dettar verrà ad essere ociosa, sarà terra Quella certo, quando alcuno da que tcipossono uscire in modo nò avere, "^ POf^^ ^^ loro. E l'uomo, per più degno uno acq.aistarne può Intà 147 ; m liS ^ome indarno e;^l' occhio che non apprende. E per questo ha denbn vede e mano che vegna occupato ne laterminato la Providenza, che frustratoria e vana, a 'i^^'^.*""^/|JLrra egli diventerà stupido e simile mani, e contemplazione per 1 mteUetto, senza azione e non conde maniera che non contempla contemplazione. Ne 1 etadunsenza opra non e templa, erano più virtuosi, nue de l'oro per l'ocio gli uomini non virtuose e forse erano che sin al presente le bestie son Or, essendo tra essi per più stupidi, che molte di queste. zione per le ; , piare , le cose divine si farà q»»»' »"» i™ -j^? ^ija adattazione di spintuosi l'emulazione d'atti divini e risorte le necessitadi sono difficultadi. le nate affetti arh , le industrie, sco^rte k acuiti gl'ingegni, inventate egestade, in giorno, per mezzo de 1 « e sempre di giorno umano si eccitano nove da la profondità de l'intelletto sempre più e più per le Onde, e maragliose invenzioni. aUontanandosi daU esM;r occupazioni urgenti ed sollecite Golii /Stll°aT.2it>:fa™£,;o'*'MedS!'il dedica della ^t^^f^ig ;. ^^ y^omo è stato liberamente :^^Trp^:rsiJ£&^^^ :-fsi^^?vici.al°nlt«M ala bestiale, più elezione che quello stato trapassare, 1 E divino, e a piacerà Pl"»-^ suo . voler libero «del fiorenhm J^ra concetto dei neoplatonici 1 deU'uomo addita sicuramente il valore stona e nella mondo suo come spirito creatore del del progresso che già concetto quel adombrare torna ad sua mente nella C.««rf. le ccnen*]. . ; f^^^^jf^i f^^t^^^^^^^^ lampeggiato aUa prenunzia Vico. Cremomni, Al quale pure prelude Cesare Olii egli (i<<2-i6^i), amiro donandogli sUeTlori. *f'mt 'f Sabota? non solo animali, la qual consiste Illcoursó^ra gTaltri 1) Opere, Firenze. Le Mounier, 1835. P^g. . il j- di >- i. Cento padovano celebre professore aristotelico troppo pai famoso che scrittore di Galileo, filosofo e pagg. 143-4 Su questa ^\ Dialoghi morali, ed. Gentile, lavoro Cfr. Spaventa, Sag^i celebratone brumana dell'umano pagg. 160-165. di Critica, Napoli. 1867. 144. 2) ?i;:^^f5-'fii^^W^-^'««5*S^*^ esser ai- ^Oul Bruno r,^ n hesUa nello spaccio della attamente s'approssimano a ^ Vedi sopra, lo scritto ; Verità^ fiha tempori^. — 148 prulu.ion., letta a Padova conos<iuto Del quale una e la contrappone l'"omo alla natura il 26 gei uaio I597> di sé come epiconoscenza nella comistcre filoi,fia fa di libera attività, così logo del reale e mirabile potenza delle sue Oraziom prima come faràoi. Vico neUa inaugurali — a. — « lui. 149 s'est fait lui-nicm'- 11 ; — Je me suis fait moi-memc, li hom' Fontano. Son but est lui-memc Già disait Latini ». e e po ur 1ui la polemica dantesca contro la definizione che Federico II aveva dato della nobiltà, era stata uno dei primi «disait « f a i z : m m , segni della riscossa della coscienza umana. Ma pcT gli umanisti la questione della natura della nobiltà fu uno dei temi favoriti, e i molti dialoghi e trattati che se ne scrissero sono uno dei più eloquenti segni del tempo. laudino, Jl Bruni, il Poggio, ij Piccolomini, il Platina, il ^). VII. Filelfo, lo stesso Ficino *) dicono a una voce che nobih non si nasce, ma si diventa con le proprie opere. Ecco per esempio quel che scriveva il Platina con quel vivo senso della dignità umana che l'umanesimo promoveva « Frustra nituntur qui, omissa virtute, nobilita«temtanquam haereditarium munus a maioribus expege« tant. Quis enim gencrosum hunc dixerit, qui indignus il dell'uomo che è questa speculazione del valore ita nel natura alla spirito di fronte a alte cime era stata così a Bruno nel e Ficino nel Pico pnma e nFirenze stessa un ventennio spinto au generale movimento dello Ma infilo Sto m ^ : . snondeva a un d^^' «"" ^^^'^0 'ffttro'^ento itaLno. Uno -«^f cité de Dieu se prò ha scritto « Tadis. alors qua la l'homme, exilé d'un ]our dans Vlonec^it sur la terre, • r^oUessej^ de larmes, ne gardait d'autre d'autre mission qu a preparei n'avait et origine son avemr. Aupvii|d hu :^r le jtune et la «pentance son)Oie et de la bcaute, la de dans la realité présente est maitre, une^4 lée , <, . l'Vir^mme est tout II n'est plus esclavc, il l'n'rplSm:mbreJlestc'hef.nn'estplu^ guelfe, g.belm, chroticn /teur, biron, drapicr, est .1 . Nobilita? « nere et praeclaro nomine tantum insignis ? «enim viitutis socia et comes, proprio labore quaesita, «non alieno, cum vitiis stare nullo modo potest. Unde Qui genus iactat « vcrum illud Senecae tragici est Gloriari quidcm possumus nos « suum, aliena laudat «a claris maioribus sanguinem, artus, viscera accenobihtatem vero ncquaquam, qua e tota « pisse ex animis nostris pe n de t, et non aliunde «venit, ne ignarum vulgus scquamur, qui persaepe ' : '. : in maximos errores dilabitur, cuiusque opinio raro cum sapientia convenit *) ». Lo stesso concetto stoicizzante del valore creativo e della assoluta autonomia della volontà umana si fa strada nella discussione intorno al potere della fortuna contro la quale, per bocca di Leon Battista Alberti, « « dalle '') Cfr. yd. deUa ^-^^^ lU^^'^J^^is... ì^ns, 191.. Vn.yiossi^R, Le Quattrocento, Civiltà'. H, Ov . — -"N^ *> •= l'uomo afferma vigorosamente la propria potenza come principio del proprio destino. Tutti gli scritti morali di t *) Burckhardt, La * . La ^^ a^ Burckhardt. II, 102-3; Rossi, (j/r(///n>^é^;//o, pag. 85, De vrra uobilitate, in 0(^eva, Colonia, 1561, pag. 60. mfìn .•K*. : •k'A.' Miii'é')^^ I ^f-^'jfs^^*^-^-;»-* " ~ •"'^ — 150 — < S quesfuomo cosi -PpreX^i^imento sono ""^ Jl^^fi^f '''*"ster^^^^^^ esterna K dalla cieca forza de^ continuo incitamento ^^a ali Ne- SUOI giovaniU umana come un fiume, uomo pcrcne v ^b f^^^^f^.^e e menu t1 assLt,ua ^^'^iuUosto'a^Snat^^ che fanno pmttosto sorte sunt hi in.. idcirco «Meliori ! ^^^ F^Pn-H p^^esenta l'cHetto delle sue * sinistri, un del caso, e natura d' essere biasimarsi della fortuna e dolersi fluttuosissime sue onde neUe quah, « agitati da quelle molti metti de sé stessi precipitarono. E così «stolti funne cagione Ma se forza altrui dicono, errati, « suoi Rigare qual cosa «alcuno, con diligenza qui vorrà i^.^f qualanche e «molto estolla e accresca l^.^mighe, di fehcita costu e d'onore grado sublime « mantenga in avers1 d gn1 vedrà gli Rma- spixito del vita la aUa morte correre -^^ qm. a quelli di p^ e d'ogni suo male.... non è come alcuni sciocfortuna « Non è potere della vogha esser facile vincere chi non « chi credìono, così a chi sé gli sottosolo fortuna la giogo « vinto. Tiene mette ». -^ A^U'^^ •^ . principio dell uLa virtù, non la fortuna, è il .grazia j:^' mana grandezza una virtù, che non e «suo bene cagione ; ^P^^ "^^ fisi propnis pracclare quidem peragunt «cursum at-J^^^diuti^od^ "^"l'I^.^.^^f^tf natandi pcntia ^^^^^ ^'^ ^^ntem navi« agitur, qui, <. mordiis ^"^f ' ^ <( modore V-^-^^Y^'^Z^deSlTprSUri. d^vecta^^^ contendere «culam aut. tabulas fluvio atem maximis vinbus ut ^«P^'^^^ j^^^ didicere ». «atque ad litus usque P^^.Y^^.f^j^'r ingiusta largiwng dobbiamo qualunque nostra minima virtù: e e occupare contendere a sufficiente giudicare la •^rtù amphssimi pnncipati, «ogni sublime e eccelsa cosa, gloria. E conimmortai e fama eterna « supreme laudi, ove tu la «la si qual cosa dubitare che « . X. «Tolle cupiditates «rium, si. quod tolle ilh au^^ ^"nbuenaun , impetum l^^ento « neglexeris ^°JX*Vel ^ort^ v «rtaliurn ideo «ut dicis, atque f ^^^^^^ ^^t- essere fortuna più voi e molti, per loro scorgo E «pata. ga . 1) ^^^ /« ^^^ ^ Firenze, i8yo. pagg. Operjinediiri, ed. "^Unórù, i3 S. 216. non t' è più facile ad averla e ottenerk, se non chi non la vuole» ). che la virtù. libro Della tranqmUità delpiù arditamente, nel terzo Non ha virtù aiuto da Dio Voglio ne' tuoi mali invochi dia 1 a mtene t'abbandoni questo « ma non voglio in quello che tu puoi. Resta, te di te in potere non « dere tanti tuoi voti .quando che sìa, sollecitare gì' Iddii con s,t mens sana sat virtù e chieste. Eccita in te la tua quando la sana sarà nostra mente La sano. che il dunque virtù, stessa vorremo esser sana »*). La ricercando nei Difortuna alla contrapporrà Machiavelli, l' '^• .^gione incol^^^^. ^^. ^^^^ non E . £ a nava più cWaramente ^^^^^^^^^^^^ s « v-iensi fecto eg«^ P^rf™ » e aut consiUo. prudcntia /«»»g'*« t^^" S?«« ^'/.^ttato trattato x^^ al y^^^^? ^^^^^ Più tardi nel proemio «niis <. condolendum P^ Dirci .«cerchi e ami, ? .^p,. fregeris vim, ignav^^^^ appunto ma umana il dottrina teologia, e ^^^..^^ contro la vecchia l'adcinpimento d^"\^^^'^,i„^"extolÌere. ubi tra vita fortunan^ VI , Quis putarit Jg,\,tunati dicun^^fwig qui eos ^re omncs hominum improM^^te - volontà: queUa virtù MachiaveUi. «Così adunque si può che pre^licherà invahda «debolissima a ra«statuire, la fortuna essere loste alla fortuna^ ^.^^^. Contro chi attribuisce on^r, ai nmlvag^.^ ^q^^.^^_ à^gh e .ione dei comodi ercvisse - : ,otlosi «mlamest, uomini apertamente « ,Mi y aninw : « : ^TinTùoe 1. ') opere ») Op. volgari, vntg., I, ed. IT3' Bonucci, t. Il, pagg. 6, io, 14-15- f BJgSWJjM'iWMwiai^i»"^^^^^ **• ^ - " "" " — 152 — — \ che acquistapiù cagione dello imperio combatfortuna ,>; e la o la virtù, !rono i Romani: facci parlare ad « rade volte è che Livr^rchè lendo vatu che non rakunorma^o, dove ei racconti della so^, cosa qual », egli « la fortuna » « vi aeeiunga la alcun modo, ne in confessare soglio 7k> non sostenere ». E ripeterà anfrredo' ancora che si possa cte la (e. ^5) ammonendo Principe nel rU cora l'Ai" e ordinata non dove nza pof sua fortuna < dimostra la — 153 scorsi « quale fu ambizione (v\. K.9."/) nel Capitolo stdl' E quando «Icun f°lpas^^.'t itTnca e stanca afflitta "f Se in Italia, tanto feroce e dura Non nasce gente si iscusa e franca niro che questo non può supphre Iteha^nostra, perchè manca. L'educazion dove natura borire Questa r Italia già 'ece <^ : ZZI ^V nella ^^Sue^trSc^Uo^lla potenza d.e ha radicelercio Machiavelli. del fede volontà dell'uomo, è la Ir, he neir^s»m Creder ch<i (V, d'oro senza 115-1-^7) scaverà L^^Ji^re^caiioT-e^diira?^^^ d^^^PP-o tr-^tu . per te contrasU te, e^^r- ^ealj.ico Concetto PJ^^ cosuen .^ ^^^^^^^^ ^. tuna, ma ^on minor Guicciarc^ini mia. espresse il a na cere, ha j-uomo ^ «mondo eleggere il grado '^ ^"i' tia ^ vivere uomo ^^ e la sorte con che 1 _ * non le faccende riprendere ^^ però, a laudare o si ma^f^i """^f n^^^ che ^1^0, non '^ foj^- ginocchioni Dio standoti ozioso e Stati guasti. Ha molti regni e molti l'orazioni E' son ben necessarie quel ch'ai popol vieta E matto al tutto è sue divozioni Le ceremonie e le in ver par che si mieta , ; : ' m <, Perchè da quelle quello Unione e buono ordine, e da e Ueta. dipende poi fortuna Buona poco cervello, Ma non sia alcun di si casa ruma. Che creda, se la sua punteUo Che Dio la salvi senz'altro quella ruma. Perchè e' morrà sotto per sua indolita bisogna riferirsi a quella così dei Discorsi e del profonda ispirazione intendere l' , Le neggiano dallo /flT^'^^'da' portamenti loro, non «uomini ha a nascere uà \" commedia, o tra- <, ; /f E "^^^^l. stotelico I, ^^'^1' Veggasi invece -'"l'i^^rcom neVho3 PONTANO SPARY, St. leti. concetto legano Vili. nel ^"«^^^^'"^"ftengastr^tto all'antico »«'•'/ 4-6; hh.Eud.. VII 146 11. 4 "V'PAvs II v^AR^.i.PA>s Magna Moral..n. 8 «o^f °' Vf celebrato da Dante (/»/., X^'' , oltre la Jfension rante vece giunse ad afiermare .^.^^^ ^^ ^^ ^ ^^^ ,_ . ^ ^{ ^-una fortuna ope,^7 90). Petrarca, inU^l-n^^^^ ^e^senni _ umam .< : « .Sola .yirtus ». lortunae g # ^.^^^ ») 4 Arte della guerra, illustrate Mh ^ ^}^- dv. jò.n Opae ir.ed. da G. CaneSTrnu, 1857. pag. 149- ti iitoÉi'iiiir lìr^^-^- -- 154 -*- opera di un fiorentino coetaneo dell'Alberti, Giannozzo Manetti (i396-i459)> ^1 ^^^to e dignitoso servigi rese alla cittadino e uomo di Stato, che tanti morirne fuori patria, e fu costretto dalle fazioni a presso i Genorepubblica sua della magnifico l'oratóre Federico III vesi e i Veneziani, il Papa, l'imperatore per : ^ I li ultimi anni il discee re Alfonso, alla cui corte visse gli lui tra i più smcome e Traversari, polo di Ambrogio amorosamente dipmceri cristiani degli umanisti, così : da Vespasiano da Bisticci nel suo appassionato amore degli studi, esperto nell'ebraico, da cm tradusse donde trasportò in italiano tutte i Salmi, e nel greco, o a lui attribuite, e il Nuovo TeAristotele le Etiche di il solo umanista che non : il buon Giannozzo, toc! stamento si delle invettive, in cui tutti gli altri compiacque mai l'ocA^ rìPUa mia dedica a re Alfonso • homxnis, accanivano. Il suo De dignitate et excellentia Alfonso d'Aragona, in quattro libri, scritto per invito di nd i532 pubblicato fu nel 1452, condotto a termine dell umaeppure è presso che dimenticato dagli storici delle espressioni una sia ne quantunque nesimo *), si casione del suo scritto a stona «Q""'^!^°'^^ ^panolii N^apo «mine legati et oratorcs : 1) Il VoiGT, Risorg. dcUantich. class., tr // U., 1. 3-4» per del RI., condanna in blocco insieme con gli altri scritti monotono, «insopportabile per il latino scolorito, la forma e mostra (II, 447) '^\J'''\ ^^^'^^ ''^ soverchia prolissità » (I 49 dice bensì pur letto. Il Rossi non lo ricorda. Il Monnier vieux théo logien Giàde traité un par s'ouvre siècle che «le supériorité de l'hommc et ? nozzo Manetti par la dignité et l'homme du jeune lo ; la dignité de fé sièclS par^in traitéW senza dire della inesatIprince Pie dria Mirandole»: ma. citazione, pare che non 1 abtezza cronologica di questa enfatica poi a citarlo .in questa cubia letto né anche lui. che torna la e o.m p u 1 s e (?) ^^n traité sur « G. Manetti riosa forma : - un ms del trattato che si (I, 152). Dignité de l'homme Marco parla A Zeno, conservava a Firenze nella libreria di S. e di due mss della VaI, 182 >> DuZl te anud tecommorarcmur, apuQ . semel opuscu um q^o^J^^ ? j^emoratin „ factum est ut et Fa«et egregium ";''^S™;^\"f quotì dignum cursim l^gercmus at^ue ^/f ^e eaeleg^^^^^^^^ s.mu «til viro eruditis.mo ^ Nicolao V su « dem materia ^^^^^ " ac famosissimam e ^^^aecam mam Setrriram f'^'itrTcaSam « forte ad h^nianitate tua proprò atque semel essemus hominibus « Turrim «,,um quendam ^e ;t'idK>^^^^^^^^^^ quo evenit. mentlonem mei- P^XX^^ . . ,, f ^eXti'opusculi :;rn°;:SicSm ; più caratteristiche. Fiorentini popul. no- • ed. sT.cc, Vite peria, dove i! Inaf Manetti .- Tt H. ;.?7. fn ' r - n ^2 mnosto fu virai o nei 145^ < ' alla Scai N. Nalu., G. MaMa deve cre- in Mur/vtori, «• '^ romoiuto peréhè nella dedica [l^U che allora ^^^ P'""°t. nel .451 (v- Zi"^^detto che *" ^°^ di Giannozzo è ?„g ii m. fu per la quarta pag. '8) Torre ,.i„nte a! Voigt <^^^^o^^"ecavasi a trovarlo a a re A Honso «^^ ' Si ricordi volta ambasciatore no pag| .^140-47). Vesp^sm ricorda 4j^j47) ^„, ^^^ del Greco come .1 che r i^^'O-^f^^l.f' fiorentina, ebl>e luogo netti vita, V^So ' R7p"bblica per conto deto f^P^^^^-^ella stampa ''^'^ 1° 1452ig marzo Roma — ac ™ : Equitis Clarissimi vi-ri J Inreconsult, Floren-tim A^rago>nciy ^rZ^l^f^T^Z^^' a ^_^^^^.^ num-Regem Afonsim^^^^.-^"^^ homims Li— bri H';^ ;;? " ns in ^^ 1 d,i_Brasskam lureconsimi.-recej^ ^3^ lucem editi.—, ^^^^^_ I^^'!!'c7afan'ci™Anno M.D.XXXII. - mense Iii- .^i .as5:nvenezia. 1752). di ^^coh V scntta ticana dà notizia F. Pagnotti. La vita XIV in AtH della R. Soc. Rom. di St. Pat.. Manetti, da G. da «iVespasiano secondo I/opuscolo, pag. 431. (1891) ; Rabenhaupt. Rrassicano a Nicola \ A A.Ì del Brassicano j^ e Boemia Precede una dedica lecki Roma". p Ferdinando di ^^^ Tancelliere ^ la dedica del in data di Vienna. ^^<^^°/5ì\ a |a„g 8-13 o pa„g. 5 se de Uher * venti endecasillabi; M. ad Alfonso. . -156- — deremus. Quocirca paulo post benigne et perhuniane quidem a nobis exegisti, ut de eisdem rebus scribere «vellemus, tibique opus dedicaremus. Kos vero, qui «Maiestati tuac in primis morem gerere et obsequi «maxime cupiebamus, nihil nobis gratius fore, respon«dere non dubitavimus, quam ut tibi gratificari et <i « « famulari possemus : ideo nos, ut nosti, libenter scrip- opus tuo nomini dedicaturos, alacriter incunpromisimns. Unde cum paulo post scribere « deque « inchoassemus, ac prae brevitate temporis inchoatum « opus perficere et absolvere nequivissemus, rursus po« stea resumpsimus, ac nempe multo prius absolvissemus, « turos, et — delle idee del Rinascimento teresse di sorta per la storia soltanto, secondo il La superiorità dell'uomo consiste beatitudme celeste, nella sua destinazione alla di discorrere compiace si ligure della quale l'umanista Fazio testimomana^ distesamente, attingendo alle autorevoli ne restasse non ixrchè intende s* ben dei libri sacri. E recente studioso, soddisfatto re Alfonso ; e perchè un quello del Manetti, oaraKonando al trattato del Fazio ravvivato, ambiente un in essere senta qui subito « di rompenetrato d'idee nuove»»). < v, „ « nisi Giannozzo lo trasse, lui cosi buon e il suo libro per alcuni cattolico, a sorpassare il segno « luoghi repentinus Foederici tcrtii novelli imperatore in Italiam adventus nos quotidie aliquid describentes nam nostrae Reipublicae legati « parumper retardesset « honorandae coronationis eius causa Roman venimus, atque tantum commorati sumus, quoad ipse inde «recederet. Ex hac itaquc legationc postea in patriam «re versi, ultimam demum praedicto operi iam pridem manum imposuimus, atque commemoratis « inchoato ut certi polli« causis adducti tuo nomini dedicavimus « citationum nostrarum debitores tibi ceu vero illorum creditori, tandem aliquando contracta « promissorum «debita solvcremus.... Verum, ut haec nostra parva gratiora viderentur, nonnulla etiam « munuscula tibi « partim in laudem Maiestatis tuae a nobis antea de« scripta, partim nomini tuo dedicata, in uno et eodem : <( : (8': 157 volumine coartavimus, atque ad te siunma cum devoe Florentia usquc Neapolim p<:Tfcrenda cu« ravimus ». ìiominis di B. FaIl De excellcntia ac pracsiantia zio ^), scritto probabilmente ruA 1448^), non ha in« «tione La tesi stessa di ; dell Inqmda espurgare fu proibito nell' indice bensì presenta Si 1584^). del Spagna sUore Generale di esercitazione retorica anch'esso con l'aspetto di una celebrati scntton della Quasi un centone di citazioni da ma chi segua lo svolgiletteratura classica e cristiana a le citazioni son introdotte che pensiero, del mento e ongmale spinto uno da pervaso confortare lo vede del pensiero contemrispondente all'avviamento nuovo anzi, metterà capo ai platonici ficiniam, ; poraneo, che interrotta al Campanella. hingo una tradizione non più delle idee il farne una comstoria alla perciò E giova estratto piuta analisi e riferirne qualche pnmo e dedicato alla Dei quattro libri del trattato il Privilegiato il corpo delè ond' doti delle descrizione prerogative della sua l'uomo : il secondo dimostra le superiorità e la destinazione la terzo il /azionale Lima quarto è indirizzato a confutare le di tutto l'uomo e il pessimistiche circa la misena antiche e recenti dottrino morte. Basterebbe a tesi che della Pregio della vita e il provare nel quarto hbro a mettere ; ; si propone di nuovo del suo trattato. da esin chiara luce lo spirito questo lo mosse per intendere prender so infatri conviene l'autore Pubblicato: Hanoviae, typis Wechelianis, 161 1. C. Braccio, Giac. Brnc'elli'e l'umanesimo dei liguri al suo tempo, in « Atti della Soc. li^. di sf. pat., voi. XXTII (1890), pag. 220. *) E *) ') 3) ^^l^j^M Braggio, Op. Reusch, Der cil.. pag. 224- Tii.h'x lìer verbot. . Buchey, l, 49"- \ — 158 — 1 — I spirito, chetrae il Manetti nel primo libro a riprodurre molte vecchie pagine di Lattanzio e di Cicerone. Giacché di tutti i pensatori così del Rinascimento, come di questo suo preludio, che è l'Umanesimo, è sempre da avvertire che i vecchi materiali che gli scritsono adotori scavano e disseppelliscono dal passato, perati a nuove costruzioni, che recano l'impronta d'un animo e di un pensiero nuovo. Nello svolgimento del tema proprio all'ultimo libro ordine con cui sono diil Manetti si attiene allo stesso quindi e confuta, Riferisce antecedenti. Ubri sposti i tre sommariamente, quanto è stato addotto i) intorno alla 2) intorno alla ignobile nafragilità del corpo umano condizione di tura dell'anima 3) intorno alla misera nuovo ; 1 han lamentato che il corpo che la natura ha dato all'uomo sia nudo ed inerme, senza e così fragile, debole e caduco, da non potere danno tollerare i rigori del freddo e gli eccessi del caldo, che se la fatica, la fame, la sete. Hanno osservato suo ogni meno vien all'inerzia e all'ozio l'uomo si dà vigore, s'ammala e marcisce. Quello stesso che lo diletta, e di cui si direbbe non possa far a meno, per lo più troppo forte gli riesce molesto e mortifero. Un suono pestilene repentino, una luce eccessiva, un odore inducono ziale, un sapore amaro e un aspro contatto stanchezza negli organi. La veglia e il sonno, il cibo e la bevanda cagionano talvolta la morte. Basta una sensazione o troppo forte e improvvisa, o dolorosa, un subito cambiamento in quello che si beve nell'aria circostante, a ledere gli organi e produrre gravi danni nel nostro altri corpo. Aristotele, Seneca, Cicerone, Plinio e molti parlato hanno ne profani e sacri latini, e greci scrittori a lungo in molti luoghi dei loro libri. Plinio ne conchiude «naturam potius novercam, quam matrem «exstitisse ». Ma chi questo argomento è M^^^i nostram più di proposito trattò e amphfìcò il pontefice Innocenzo III nel suo sÈ^Msa»'*^*'*'^^**'^^"- — la terra, da miseria humanae vitae, che contrappose alla fabbrica degli uomini e materia, la tratta fu cui quei più nobili elenienti degli altri animali terrestri, a Dio: il fuoco degli onde furon fatte le altre creature di e a vituperio pesci dei ; l'acqua venti, dei l'aria De astri, umana mostrò della stirpe gU altri che, se l'uomo 1^ con tutti dall istante animali comune la sorte del nascere, della nascita corre un Serò del concepimento a quello che cioè soltanto gh suo particolare e più vile destino; ex sanguine menutero materno in « embrioni umani ». nutriantur « struo educantur et e' è stato un certo nmnero Talete, Anassimandro, Anassimene, Leucippo, Democrito, Eraclito, In quanto all'anima, ; tutto l'uomo. Uomini gravi e dotti, egli dice, 159 di filosofi, come Anassagora, Diogene, Aristosseno, VarEmpedocle, Ippia, Archelao, Zenone, fosse qualche essa che persuasi ronée forse anche altri, di quelli che la negassero mancati son Né corporeo. di cosa quale eU'era un nomeirnto del tutto, come Dicearco, pel che l'anima sia matee vano. Molti poi, pur negando o «extra naturalmente, essa che tuttavia riale, ritengono potenza dalla risulti teologi, « duce », come dicono i pertanto che essa abbia credono e materia, stessa dell che, come si parla da morire insieme col corpo. E così è parla anche delle passiom delle malattie del corpo, si dentro di sé dilacerata, e deUe malattie, onde sarebbe stessa. E quei medesimi l'anima e annientata travagliata dell amma che ammisero la sostanziale differenza ella soggetta alle pasdal corpo, ritennero che fosse sua col corpo,; e non sioni durante la congiunzione filosofi starne disgiunta, MLpendo immaginare come potesse staccasse se non per pensarono che da un corpo non si animale senza Strare in un altro, d'uomo o d'altro turbamenti sottrarre giammai ai dolorosi potersi quindi della vita corporea. la; di_ composto qual meravigUa se quest'uomo, della natura de due sostanze cosi misere, risenta in sé esposto a molte componenti ? Fragile, caduco, ignobile, E — ^ 1 i6o — — i6i ~ \ fisiche e morali, e presso che inlìuite sorte di malattie, querimonie disperanti più delle argomento stato è egh Valerio Massimo racall' infehcità umana. It? gh pare una conferma di cotesto pensiero, e gli suggeuna curiosa etimologia dello stesso nome di Eva, che avrebbe meritato di così chiamarsi quasi unione delle due interiezioni del dolore (Jieu, ha!). Su questi e simili fondamenti, dice con bonaria ironia il buon Giannozzo, solidi e ottimi, come a lui sembravano, per buttati lì comunque, papa Innocenzo costruisce risce E intorno conta del cirenaico Egesia, al quale il re Tolomeo doelovette proibire di più oltre insegnare, poiché così quente era la sua dipintura delle miserie della vita, che correvano a farne gitto. E Cicerone c'ini suoi s:colari forma di Crantore e del retore Alcidamante, che scrissero mali anch'essi in lode della morte come liberazione dai De suo nel Tulho stesso lo E vita. della intollerabiU maconsolatione trattò così efficacemente questa stessa : nuditatem, per periculos, per senectutem, per varios morta lium labores dolore sque procedit ». Rispondendo ai singoli capi di questa pessimistica dottrina dell'uomo, il Manetti comincia dal richiamare r insegnamento di tutti i dottori cattolici, che dicono perchè nelil corpo umano essere stato fatto di fango, della immortalità, l 'uomo ci fosse il principio della morte e morire egli quindi potesse se avesse peccato, come avvenne. Sicché la morte e tutte le sofferenze fisiche non appartengono alla natura del corpo, poiché dipendono dal peccato l'uomo, se avesse voluto, avrebbe potuto non morire. Sicché «omnes proplianorum et sacrorum scriptorum conquestiones et lamentationes mortis, et de reliquis incom« de laudatione et bono deficere cessareque deberent ». La « moditatibus suis morte é bensì un male ma un male voluto dall'uomo. È vero che ciò non toglie che da quando nasce l'uomo sia sottoposto a questa legge della morte e di ogni sorta ma bisogna pur riconoscere che la di tribolazioni somma dei piaceri supera nella vita la somma dei dolori. «Nulla est enim, mirabile dictu, hominis opeadverte« ratio, si diligenter et accurate eius naturam « rimus, ex qua ipse saltem non mediocriter oblectetur ». « da non far desiderare ai lettori, come uno ha detto, non che di abbandonar questo mondo. E Plinio, nella uomini sia Storia 7iaturalc, lamenta che la sorte degli teria se dei bisogni più grave assai che quella dei bruti, a cagione angustie spirituaH che hanno queUi e non questi, e delle La stoinferiori. animali agU ignote procurano, essi che le preghiere ria di Cleobi e Bitone, narrata da Erodoto e favola di Sileno di Trofonio e Agamede ad Apollo, e la longe optimum homini nasci «non IMida a che insegna e sen«esse, proximum autem quam primum mori », : ricordi tenze' di Euripide e di tanti altri poeti greci, e lamenti di della classica antichità si congiungono coi Salomone sulla vanità della vita e sulla superiorità de l di Giobbe dì della morte a quel della nascita, col pianto alche vede la brevità e rapidità della vita concessa l'uomo, come a mercenario straniero del mondo, ombra nascere fugace,' che non può intendere il perchè del suo ; ; ; De bona la 'trattazione sistematica di S. Ambrogio Il Innocenzo. papa di fosca più anche quella e con mortis, con putrida quale, dopo, aver accennato a quella vile e condizione dell'embrione, continua che la prima espresil sione del dolore, che assale l'uomo in sul nascere, è canpianto onde egh s'annunzia. E il verso che allora tavo^' («vnU'JT'm ilhim Dicentes heit vel et d^rrìPtP.tiim vrr^^iim^ ha quotquot nascnntur ab Eva. » Non lS5a»^^^ft»r^iK«(*'S.3Sl^Ì&*'**'S* ; é senso il cui esercizio non sia fonte di godie diletto arrecano l'immaginazione, il giudizio, '' la 1 memoria, profittare l' intelhgenza, purché si sappia goderne, e degli antidoti che la stessa natura ci offre provvida natura, che col piacere attrae noi, come gH animah, all'adempimento di tutte quelle funzioni che occorrono alla conservazione a tutte 7/ w-s«i8»«a e' mento — . le cause di dolore Giordano Bruno : la e il pensiero del Rinascimento. — 162 i — "1 -163- Debole certamente e fradegl' individui e della specie. sua ammirabile e delinella ma, Kile è il nostro corpo, al ricettacolo delcata complessione, quale si conveniva fu tratto il corpo onde l'elemento, che Che fa l'anima dell'uomo sia da meno di quelli che fornì la « lentia matena i pervengono: non tutto ciò a cui quegU altri esseri essa e per se materia tanto più nobile, quanto più vile dal corpo esaltata ed quindi nobilitata medesima, e basta umano che entra a formare. E tale risposta si sia mosso alla che addebito altro ogni di disfarsi .) M E : eiacchè il meglio stato che si possa deberciò che ei non sia nel migliore da quell'osservazione di siderare. E ciò è confermato « Sicut melior Agostino nel De civitate Dei (XII, i) lapis qui quam dolet, cum «est natura sentiens etiam rationalis natura praeita potest ; modo nullo « dolere quae ratioms vel «stantior etiam misera, quam iUa cadit misena. «sensus est expers, et ideo in ea non tanta excelita sit huic naturae, quae « Quod cum m spregio della vita non dal senso delle sue calamità, sì dalla speranza dell' immortalità. Se così non fosse, non sarebbero da vero da lodare che sfuggire e sottrarsi alle difficoltà e ai dolori non è da forte e magninimo, anzi da uomo molle e snervato. E alle tristi parole di Salomone néiVEcclesiaste, poiché secondo le diverse condizioni degli uomini egli si è espresso diversamente, sono da opporre quelle che egli dice pure dell'uomo in calce a quel hbro « Ibit in domum aeternitatis suae.... «et spiritus redeat ad Dcum, qui dedit illum ». Così, se una volta egli loda più i morti che i vivi, e più felice stima chi non è ancor nato e non ha visto i mali che son sotto il sole, ecc., altre volte invece scrive che è meglio un cane vivo che un leone morto, ovvero « Vade « ergo, et come de in laetitia panem tuum, et bibe cum « gaudio vinum tuum, quia placent Deo opera tua i>. Contraddizioni che fecero dubitare gU antichi dottori della chiesa ebraica, se l'Ecclesiaste fosse da accogliere e poco mancò non nel canone delle sacre scritture fosse bruciato. Le lamentazioni di Giobbe poi sono dal sapiente Elia così redarguite da cedere alle afferma2doni contrarie. E se sant'Ambrogio e altri dottori della Chiesa si compiacquero di abbassare di tanto la condizione della vita e lodare la morte, essi lo fecero per esaltare la vita delle anime buone dopo la morte. Messe pertanto da parte le autorità, si può venire alle : : per cominciare dal dice dell'uomo in complesso. conviene prima autorità, contrapporre autorità ad della Scrittura che parole quelle rammentare di tutto create da Uio dicono «valde bona» tutte le cose del mondo è l'uomo e non è possibile : ipsa mutabilis, inhaerendo : a natura del nostro corpo. corQuanto aU'anima, a quegli « ebeti » e quasi « col morta vogliono la che filosofi, pulenti e pingui quel che anetti si contenta di ricordare corpo, il dimostrazione dell imnel secondo libro ha detto a altro luogo delle Tuqualche mortalità, aggiungendovi rispondere a ciò che sculane: per affrettarsi quindi a ; licet sit tamen incommutabili bono, « altre o sono inanimate, o alle altre creature ? Tutte le questo animale ragiol'uomo, E appena dotate di senso. possedere materia nevole, prov\'ido, sagace, mostra di creatura e del e animata altra d'ogni ben più nobile suo corpo possiede lo stesse stelle del cielo, poiché nel a pensare, a strumento più adatto a fare, a parlare, si creata est, ut id est siunmo bono, beatitudinem consequatur, nec expleat indigentiam « suam nisi utique beata sit, eique explendae non suffi« ciat nisi Deus, profecto non illi adhaerere vitium est ». Socrate, Cleombroto, Catone furono indotti al di« ; ragioni di Innocenzo III. Ma quelle tali fondamenta del suo edifìcio fanno venire sulle labbra al Manetti parole poco rispettose verso il pontefice « Quae profecto talia (tsunt, ut, nisi me debita summi Pontificis reverentia. : — 164 — quemadmoduni ait poeta et a « Suaedam et puerilia , nostcr I'/ »); contineret lexda quanto è necessario vita Questa è, egli osserva, lunga sua natura. Più affinchè l'uomo adempia i fini della quando tutto lunga fu nei primi tempi dell'umanità, da propagare, stirpi le creare da ancora il mondo era trovare. Ma 1- città da edificare, le scienze e le arti da la vita dell'uomo cofu, ci umano mondo questo poiché che sempre minciò a poco a poco a decrescere, in guisa del suo destino. bastasse, e sempre basti al compimento intelligendi et agendi « Satis enim ad nostra propria pontificia et apostolica gradimostra in contenderem ». E ^tate longe aliena esse nello spiegare il incorso sia papa nuali sorotx)siti il vimi:o. traduzione nome d^E^a e ,1 suo primo nome . : essere affatto digiuno di lettere SsctSraico, Fr pure attentamente badato a ebra che e non avere né del nel tradurre questi luoghi Girolamo da tenuto modo il Manetti seguita est-margomenti papali, basterà qualche produInnocenzo, detto aveva gli alberi, e tu uomo^ che produei e frutta che ^'"ii Sia' minila coniazione a fare degli pio Le Se cCo fiori, fronde «Lende* pediculos et « officia, «et ! ; E cosi dice il Manetti, *in foeditat.bu.que referfrehqua huiusmodi spurcitiis prosequitur, quac dccopioseque «ta Jrocedens late omrtimpraensentiarum honestatisque gratia «coris Itamus summi formosis praedicti His tam pulchris ac tam suam fructuum istam po^ificis Lectionibus Tcomparationem absurdam St Eftu « nam videri respondei arbons fructus vere suapte natura producit non sunt foeda illa et At propr i genera supenus foeditatum spuritiarum et 1i n t e 11 1 1 1 p 1 1 e e s u potius «d. allecata is. quem arbor hominis supeK « esse et proprius cuiuslibet Tg ndi'et illa : fructus m ?gendi operationes fructus h- «cut arbor ad fru«brntur et sunt, ad quas homo, ». «rtificandum, naturaliter nascitur della uinana natura Lo Stesso idealistico concetto gran lail Manetti fl'altro. dà che risposta informa la brevità della la circa tanti di mento d' Innocenzo e 1) Dantf, Inf., XIX, ad bene beateque vivcndum, superque vivebamus et nunc vivimus ». et il ; - olirn satis A tutti i mali, infine, che affliggono il corpo dell uomo a ogni buon Manetti, di fronte al pontefice e di fronte di perfezione che stato lo opporre di ragione ha cristiano, finale risurrea tutti i corpi competerà in virtù della gaudii celesti che ci zione e, da ultimo, la visione dei Visione che, attendono al di là di questa vita mortale. Manetti, non alletta per altro e questo è il nuovo del Tnon attrae così violentemente l'animo dell'uomo, da vita terrena e da impefargli perdere il gusto di questa immanente di essa dirgli l'intendimento del valore i difetti e a rendergli giustiftcardiene a Ma giova soltanto non pure dei posMbile un razionale apprezzamento concepito, astrattamente dell'uomo, spirituale principio che non e più bensì di tutto l'uomo, spirito e corpo fango del medio il la bruta materia, la carne e dohcato quanto strumento lo dell'uomo, evo, ma il corpo spintuah. Quel complicato delle sue privilegiate funzioni è di cancellare^ dalscrittore allo tutto sopra preme che e d mfenodell' uomo ogni nota di debolezza l' idea l'alta coscienza eh egh rità che possa comunque offuscare nel mondo, al di ha, e deve avere, della sua posizione sopra di tutta la natura. ; lumbnces ». Dalle piante si sputi e pc^ggio i^va oiio^alsamo e da te invece, soavi, e tu mandi odon sè di spiran onde Quelle fetore TbbomiiS^vole. -165- loi i 111 rYhÀìi»'^'^^^'-''^^'--'- -'^' • «(-J" WKÌiiUi'*»» ' — i66 — ^v t — 167 — f circostante natura *). sulla capacità naturale dell'uomo da quella degh animali. E qui spunta il concetto che riapparirà in Pico, dell'uomo che solo fra tutti gU esseri naturali è atto a ogni arte che ei voglia. Di che sono striunento e segno naturale nel suo corpo le mani spaziare potessero essi Giacché ben altra è IX. la : «Pleraque ammalia ad alicuius sive artis sive fìcii participationem naturah quodam instructu raffigurare l'uomo in questa sua eminente signoria naturali anche il Manetti si rifa, nel primo libro, dalla statura eretta dell'uomo e dai versi di Ovidio, che egli introduce con le parole stesse con cui allo e per stesso proposito li aveva citati Lattanzio *) descrivere la mirabile struttvira delle singole parti del A su quod in araneis et api«bus atque hirundinibus et aliis quibusdam solertibus «animantibus manifeste deprehenditur. Hoc autem rationale idcirco a natura ita factum itaque institutum «esse creditur, ut ad cuiuslibet artis, non ad unius sosi aptius habiliusque oriretur « hus perceptionem, «enim homo ad certam quandam artem, ceu de ara- « : «neis et apibus dicitur, a natura instructus (corr. inillis ani« stinctus) accepisset, profecto quemadmodum motivo iniziale, per correggere quasi il classico signiiScato trascendente dell'opposizione tra il corpo dell'uomo e quello degli altri animali osservando che «malibus contigisse videmus, ceteris «exercitiis et professioni bus caruisset. il omnium nobilissima ita intuennullatenus ambigi dubitapossit. Nam sic rigida et recta est, ut, cunctis ri «ahis animantibus terram pronis humique depressis, et impe« quasi solus eorum omnium dominus et rex rat or in universo terrarum orbe non immerito dominari « ac regnare et imperare videatur ». La stessa filosofìa fa consistere l'essenza o forma dell'uomo neir intelligenza e questa esigeva che gli or- ceterarum figura «tibus apparet ut de ea le exequi posse t ». Segue una j^articolareggiata rassegna delle singole parti del corpo, di ciascuna delle quali il Manetti dimo- in Aristoiele, De part. an,, av,V«>^0S àvtl oxeXoiv xal noSwv t(3v |ièv yàp èoxi :ipoó»{wv ppa^iovac xal xà^ xaXoupiévas exei Xetpas* òp^v IpYOV slvat r^sCav jióvcv Twv Cfówv 5ià Tò TYjv (fóoiv aòxo'j xal t>ìv oùaiav xoOxo 8' oO ^deiov toXXoS xou ToO JfsioTàxo'j xò voelv xal ^povslv ri M Div. Instit., Cic, 149.150 ce. 8-13 — = De II, noi. I. deor., II Manetti, pagg. Man. pagg. 54-58» e 16-25 ; i34-M6 e Latt., De aveva : ó letto o'jv |ièv ' * xò Yòp Pópcc euoxCvyjxov Tiast xyjv dtàvaav ow|iaxo? pàpoug xal xou owl'.ò TtXsiovos y^Y^^I^^''®'^ '^^'^ xavTjv atoS-r^oiv (Skjxs ;ipèc xtjv àocpAjiax(ó«ooc, àvdYXYj ^éTietv xà ocófiaxa «pò? xyjv y^^v, OuéO-r^xev y^ cpootg Xetav àvxl ppaxi<5va)v xal x«iptt>'' "^^'^C TvpozUo^K «o8àg ivtt){^£v • èTtixsiixévo'j ' xYjv — E certamente se ne ricordava svolgendo a suo modo questo concetto della convenienza tia la statura eretta dell'uomo e la sua superiore natura conoscitiva. TT ^ I^ .59-w>, opìf. Manetti li li xal *) Il IV, IO, 686 a 25 m gani dei sensi più sagaci e più nobili, vista e udito, servigio delle superiori funzioni dell'anima fossero collocati in posizione più elevata, donde più largamente omnibus Et vero « ci ; pene ei datae «et exhibitae fuerunt manus, ut per huiusmodi non «inanimata, sed quasi viva instrumenta et (ut inquit diversarum ar« Aristoteles) organorum organa, varia «tium iam perceptarum opera et officia exercere et : « instinctu) inclinata feruntur, « corpo non crede si possa far meglio che riferire le pagine in cui questo argomento avevano già trattato quei due divini uomini e illustratori della lingua latina, Cicerone e Lattanzio *). Ma riprende quindi per proprio conto il (corr, ci gli esseri ; - arti- xolg x£xpd:iootv. Dei 25-41. * I ^-^ttiwa.^ ^„^^"^'#'W»ft^«^ — 169 — — i68 — i stra la mirabile corrispondenza tra funzione e struttura, per conchiudere che ben a ragione gli antichi pagani e moderni i cristiani non hanno saputo meglio rappre- e ben divinità che nelle forme umane fu detto microcosmo dai Greci questo corpo dell'uomo, che rispecchia in sé la provvidenziale armonia del mondo. sentarci E la ; : proporzione delle dimensioni date da Noè alla sua arca riproduce quella di questa perfettissima fra le opere di Dio, che è il nostro corpo. Nel secondo libro il buon Manetti non si sente davvero la forza di affrontare la questione della natura dell'anima, sbigottito quasi da quel che leggeva nel suo altri ha notato che la autem sit anima nondum inter Lattanzio ^) « Quid « philosophos convenit, nec fortasse unquam convenit ». Si limita quindi a riferire una strie di opinioni attinte : di Aristotele e alle Tttsculaiie, avvertendo da principio che «postquam ea ipsa recitarimus, re« citataque leviter confuta verimus, quae philosophos suis « puris naturaUbus constitutos conscripsisse percipimus, « ad nostros theologos, qui bus haec et cetera huiusmodi ((uaturae mysteria divinitus re velata fuisse constat, al De anima Il « tanquam in unum humanae : portum magna salutis « lecti consi- « (« m i «cutus : est, quemadmodum « ; 4, •) De •*? op. Dei, e. 17. immor- animam parere dignoscimus, profecto eorum non possumus ; ambigere et dubitare « talem fore iure cunctis honudesidenum «praesertim ciun huiusmodi «terae animantes tribus dumtaxat elementis, quasi ponderosis ac terrestribus, utuntur solus vero homo « ignem, utpote leve et sublime ac cadeste elementum. <n et instigati, arborum conantur, partim crebris procerarum magnorum aedificiorum «tionibus. partim diuturnis partim continuis fihorum procrea« constructionibus, in hoc loco coin«tionibus, partim dcnique, no cuncta et ingenua«nlectamur, perpetuis liberalium artium sunt vana ut conscriptionibus, «ram sententiarum Cicero omnia quae «diversorum hominum ingenia, latius et uberius prosemulto suis [I, Tusculanis « 14I luce clarius costare et ap- tempestate confugimus ». Maggiore interesse ha per noi la sua maniera di dimostrare l'immortalità dell'anima, ch'egU confida di provare con argomenti razionali, autorità di poeti e adamantine » testimonianze della 5>critfilosofi, e tura. Gli argomenti scelti («panca e muhis, tanquam primi quattro e aliis probabiliora ») sono cinque saranno ripetuti dal Campanella. Il primo è ricavato « Cedall'uso del fuoco concesso soltanto agli uomini iactati ; secondo della vita pensando che tiva cura che gli uomini hanno « Si ornnes del corpo morte la oltre essa perdurerà prospicere mortem post «vivcntcs homincs longe laboribus nec micum magnis seculis futuris «ac desiderio al«noribus sumptibus naturali quodam quantum possunt semper prodesse fin « quotidianum vitac suae «sine quo vivere non posset, in non exiguum, ut ait quidam»), « usumadsumit: quod ideo argumentum videri debet quoniam « immortalitatis quacquc bruta ignis utilitate priva« Dium, qui singula tantummodo largitusest, nihil tevero hominibus « vit ac operari intelligimus praeser« mere ac frustra tacere quasdam aliquorum, nedum ad generales ad cum tim « species intendere ac prospianimalium « cunctas omnium cum cetera animalia mortalia ctti« cere vidcatur. Scd ekmentorum discretionem quae ad « cerct per hiusmodi creaverat, ea ut revera utilitatemque « viveAtium usum diversaruni natura«interse discreverat, ita per hunc ab illis mtelhgi vodiscreta, invicem ab « rum modum altius a terrenis paulo praediti <,luit, qui subtili ingenio ». elevarentur coeitationibus « concerne 1 istinè tratto da Cicerone, e i) Lattanzio, Div, Instit., VII, 9. g^np^^j^^t^r «w-w sgeaK. — 171 ~ 170 nibus vel potius <( humano generi et inania contempserunt, atque « pellare solemus, frivola et smgula *inediam, parsimoniam, verbera, aculeos susceperunt, sua sponte tormenta « quaequc corporum immarcescibilem viut caelestem illam ac beatam et ab ipsa natura, rerum parente, inditum fuisse videamus. Quoniam «aliter sequeretur ut innatae eorum animalium, quae cupiditates ap« Deus prae ceteris nobilitata condi disse t « petitionesque evanescerent ». Il terzo si fonda sulla naturale aspirazione dell'uomo alla felicità, che non può né anch'essa ritenersi vana : «Eosdem quoque homines, natura duce, felicitatem «appetere videmus, quam nullatenus nisi per ani«mae dumtaxat immortalitatem adipisci et assequi omnium <( laborum mer«tam nanciscerentur, non modo dignam mstis gloriooperibus prò *cedem non praeberet, sed vitae miserias, humanae huius cunctas gestis seque * quo quid absurdius cruciatus, neces tribueret valemus ». «excogitarive possit, ne quaquam intelligere profane e sacre testimonianze le pure Tralasciamo nell'anima immortale. atte a confortare questa fede e atGuardiamo piuttosto alie manifestazioni terrene natura spirituale questa di superiore tuali della potenza dici nam, si omnino extingueretur, quonam modo viderentur, intelligere excogitareque nequipraesertim cum in hac vita mortali, ob singu« mus «larem quamdam eius varietatem, nullatenus beati esse possent <n ; «felices : possanza il^am- dell'uomo. Tra i miracoH dell'umana (yv. 2Ò-29) ; panella canterà quello della navigazione prima di lui scriveva e il Manetti un secolo e mezzo quanto et quam mira<.Ut a levioribus incipiamus, yaleamus. Itaque similiter vana et stulta naturae cu- « : piditas et appetitio resultaret ». della il quarto sull'innato desiderio universale immortalità «Omnes insuper naturah et innata voluntaM E rum priningenio praeditum lasonem Argonauta primum illud navifuisse existimamus, quando collegae vecti «gium construxit, quo Argonautae eius saevi pelagi horribiles atque ingredi « horrisonum mare dictu,transire «fluctus secure et intrepide, incredibile viden poterat, ut «ausi sunt? Id cuique ita mirabile «bili : ^ « immortales fore exoptamus et cupimus sed huiusmodi nostra voluntas, quam philosophi appetitum cum te ; falli decipive non potest. eveniret, in idem utique inanis cupiditatis naturalis absurdum laberemiu*. Óuae quidcm quoniam repu« impossibilia sunt ac naturae ipsi'^plane et aperte «gnare cernuntur, profecto animas una cum corporisi <( compuunumquenque videntem in sui admirationem pastor, qm navem poetam Actium apud ille ceu «lisset ut procul dnanum et no* nunquam antea vidisset, * falsum esse convincitur ». questi argomenti il Manetti aggiunge quell'altro della tradizionale teodicea, che sarà combattuto dal Pomponazzi e che il Campanella, come abbiamo vi« bus interire, conspexit, perterritus «vninV illud vehiculum ex alto A sto, potrà «fieri «interirent, « « « « « quindi potuisset, ut porro concluderetur. considerare Deum accessorio simul iniustum animae : « Quod ripcm « «ratione defìnierunt, omnino <(Quod : , et a dmirabundus * si Fremebunda ex corporibus fuisse manifeste perditis loquebatur : alto ingenti sonitu et strepitu Prae se undas evolvit *), et reliqua. paulatim per multa Huius modi navigandi artificium nostram aetatem hanc ad «temporum momenta, usque homi- nibus suorum malorum facinorum praemia, vel divitias vel honores ac potentatus et regna, indignisviris vero sime simul atque iniquissime largiretur probis atque optimis, qui cuncta haec quae bona ap- modo tanta moles labitur cum Nam magna quaedam hoc « '1.1 : ») Vedi RiBBECK, Scaen. Rom. poes. fragm., (Cic, De • 1 ri nai, deor., Il, 35. 89)- I, pag. 187 .«««!ii»«ti<^>»«B««t»i*~is!»^«w^^^a^<^^^RB5r»'. s-- — 173 — 172 lettere ereche e .latine le natura, che consegnarono alle E tacciamo dei medici, meditazioni. sottili acute, foro trovati ai corpi iningegnosi loro coi che soccorrono come poi e Manetti il colpisce ferm^Ma quel che più l' ingegno che prova e il Campanella, è la gran «ita excrevisse videmus, ut in miraculum usque pro«cesserit. Nam non modo Britannicum tt Glaciale navigare consue« Oceanum, ut inquit Po€>ta, quotidie verunt, sed etiam in intimam pene Mauritaniam, ultra «terminós antea navigabile^, nuper penetrare conten«derunt, ubi plures cultas et habitatas insulas penitus audivimus ». « antehac incognitas rcpertas fuisse grandi e celebri TI Manetti ricorda quindi le più « onde si ^"Ikv^^' "^^^^^^ di sé ndl'astronomia, conversioncsque siderum «Astrologi insuper, motus planetarum magna et ortus obitusque signorum eorum cognit-tam in susilcientes, cum attentio^e Sohs Lunaeque ecl«tionem pTvencrunt, ut vanas ante praedicerent, et futu«pses defectionesque multo inopiasque frumcntorum^, olei. vini "^'^t.^tes, ^^^^^^ primis Thalem M, esium et multos Quales « noscerent. pecuius quandam olei emptionem, « Qui oh magnam praeyidcrat. esse futuram nnriam oer astrologiam Syi;acudivfs effc'ctus est. Et Archimedem diversos Lunae Sohs quem tradunt, sanum^xtitisse stellarum motus n sphaera opere dell'arte umana come le piramidi d'Egitto e la e poi quegli stessi meravicupola del Brunelleschi con gliosi dipinti di antichi pittori, sui quali si rifarà : ; S stesso intento, come s' è visto, Marsilio Ficino Zeusi, che ritrasse l' immagine parlante di Ek na Apelle che «equam canemquc tales depinxerat, ut quasi imagine capti « equi canesve transeuntes, viva «allectique, interdum hinnire ac latrare cogerentur, «quoniam ea animalia vera esse existimabant, quae bantur ». Ed Eu« in pariete pietà in propatulo cerne franore,checon tanta arte ritraeva sulla parete i grapbattervi poli d'uva fresca che gli uccelU andavano a : lo ; «ac Quinque errantium fabrefacta ita .nesc^o qua ab eo mirabilitcr Sr.\t Ma « «Venerem in ita <. «sine ahquo caelestis mentis instinctu » ? E ad essi aggiungi tanti celebri storici e oratori e giureconsulti e filosofi, scrutatori meravigliosi di tutti i segreti della t illigasse omnes eorum Lactamius ^^^-^^^^^'^l^S!^^; una regeret conversio. De quo InsMnHonum elegan cr in secundo Dkinarum An Archimedes Siculus IcaoM verba haec ponit figuram potuit Scavo aere simihtudinem mundi ac libro mrchinari' in quo quodam Indorum tempio marmore venuste expressit, ut vix a libidinosis transeuntium conspectibus tuta et pudica servaretur ». E per pasmosare ad «altiora et liberaliora ingeciuarum artium poeti greci e latini (poi« numenta », che dire dei grandi i ché da schietto umanista il Manetti dimentica qui moderni) i cui poemi e le cui fantasie dovettero richiedere tanta forza d'ingegno che non erano possi b^i « bile dictu : ; tele, m eTS-^ insieme con questi antichi non esita a rammentare Giotto, le cui opere a Roma, a Napoa Venezia, a Firenze gli paion degne di garegli, giare con i capolavori più celebri dell'antichità. E coi delpittori, di scultori attestano la sublime potenza giacche, per ricordarne uno, Prassil' ingegno umano becco. col Sino 1 umano dà ita <.' Solem Lunamque composuit, caelestibus similes conversiout inàeqùales motus et efficerent, non modo acdiebus nibùTsingulis quasi incrementa diminutiovel ce s^usSohs ac recessus. stellarum err-tium v^ etiam verum ne4^?unae. ille dum vertitur «vagantium dispares cursus orbis "'tia anche tocchi vetta che pel Manetti la più alta divino del speculazione la è f ingegno dell'uomo gi-andosi deHa r^^^^^^ pr^p'a' Il teologi i quali, pm nposti misten dell oc nei dei orofeti si addentrano dall' ; i\ cu to Sibila guisa e incomprensibile, in da non la- a loro debba rassomighars, sciar dubbio che l'animo — 174 — -175non e' è senso e senza senso non e' è bisogno cui da soddisfare. Né si può dire che il mondo sia stato fatto per Dio perchè questi avrebbe potuto e potrebbe fare a meno del mondo, come sappiamo essere avvenuto prima della creazione. La natura bruta è indirizzata all'anima, e quindi al più alto degU esseri animati, Colui che in cielo, in terra, in mare e per tutto ha creato questo mondo di cui essi posseggono la più alta dottrina. conspexisse putan« Unde qui haec et cetera huiusmodi « <( « animum tur, hi profecto docuisse perhibentur similem sive terra, sive in caelo, in sive ea qui esse, suum eius in mari totove mundo fabricatus esset ». Della stessa natura divina della nostra anima rendono testimonianza le altre due potenze di essa la memoria e la volontà quella coi suoi portenti, onde son celebrati tanti illustri uomini antichi e che son resi possibili dall'arte dagli uomini stessi inventata a estenderne e rafforzarne il natiurale potere, e per cui l'uomo tura, ; i quale tutti gli altri servono come strumenti Relinquitur ergo, animarum causa mundum esse a constructum, cum rebus ipsis ex quibus constat aniper praedictum « mantes ipsas uti videamus, quatenus «earum rerum usum sese conservare, ac per hunc mo« ; ma dum degere et vivere valeant. Si ceteras igitur animan«tes hominis tantummodo causa factas esse apparent, a Deo fac« mundum utique hominis dumtaxat gratia «tum et constitutum fuisse concluderetur, quoniam homi« ipsum propter animantes factum et eas propter «nem factas dicimus. At hoc ipsum ex eo certumesse « cuncta quae », può non solo « quaeque e questa, per la sua « intellecta essent meminisse » libertà, onde l'uomo può volgersi al bene e rifuggire « ; dal male. Detto così della natiu-a corporea e di quella spirituale dell'uomo, il Manetti s' è aperta la via a trattare del posto che spetta all'uomo nel mondo. Con l'oiigine del quale s' intreccia quella dell'uomo e il Manetti sa quante dottrine materialistiche e panteistiche siano state professate da grandi filosofi, con le quali non sarebbe dato di conciliare il suo concetto dell'uomo. «declaratur, quod omnia quaecunque facta sunt, soli meri« homini deservire ac mirum in modum famulari, quo qui« diana (ut dicitur) luce clarius conspicimus cuius gratia « dem probato vereque concesso, hominem «mundum creatum confitemur, utique a Deo factum : ; « a tutte fuisse manifestum est ». Nell'uomo, l'opera più perfetta di Dio, derivanti dall'alta filosofia egli di sincero si sottrae con questa modesta dichiarazione credente « Nos, quamquam homunculi et ignari simus, magnis philosophis com« praesertim si cum tantis ac tam «paremur, per Sacras tamen Scripturas caelitus edocti Ma : al ili : intelligere ; sia le difficoltà si rispecchia la divinità dell'artefice. Si rispecchia nella sua natura, nel suo ufficio e nel fine, al quale esso stesso è destinato. La natura dell'uomo, invero, compendia in sé e rias- : tutte le bellezze sparse ne' vari ordini dell'universo ma si appalesa nella sua potenza creatrice, che è la virtù mirabile del suo ingegno. ma dopo « primam Il mondo, sì, è creato da Dio può « illam novam ac rudem mundi creationem », si dire che tutto sia trovato e opera dell'acume stupendo dell'umana mente. Onde il vero mondo è nostro sume «et divino quodam splendore illuminati, contra sapi^ntiam di« sam gentilium ethnicorumque virorum ab omni« cere ac disserere praesumentes, mundum conhominis gratia et creatum nihilo ex Deo potenti « fal- ; ; stitutum asserere et confirmare non dubitamus ». Non si ferma per altro a dire che crede perchè crede. La stessa struttura razionale di questo mondo svela al suo sguardo una finalità. Ora, non si dirà che il mondo è fatto per se stesso. Perchè nel mondo, cioè nella na- « : Nostra namque, hoc est humana, sunt, quoniam ab omnes domus, quae cemuntur « homini bus effecta, «omnia oppida, omnes urbes, omnia denique orbis « : Ké i "^' MlAi '^^T" ' ^ -^"^ t-jssm^ì^^&^s^^'^ism,^^^ ^«^as«:SP«»*.«#«*e- " — -i;6- 177 — nimirum tanta et talia sunt, «terrarum acdificia, quae hominium oFra, ob »aquam angelorum «ut potius de- « Hominesenim, velut omnium domini, terraenaturali « que cultores, variis eam diversisque operibus suis mirum «in modum coluerunt, atque agros et insulas littoraque no- Quae si ut animis, ita «oculis videro atque conspicere valeremus, nemocuncta «uno aspcctu intuens, ullo unquam tempore admirari «atque obstupc scerò dcsisterot ». E come da una parte la sapienza si volge con le virtù sjx^culative a Dio, oggetto supremo d'ogni sapere, così con Io virtìì pratiche si riversa sui naturali appetiti de 11 'ani ma, e fonda e regge il mondo morale. La umana volontà, d'altra parte, non si chiude nel dominio tutto spirituale della vita morale, ma si afferma anch'essa sulle cose naturali, e fa del mondo una cosa, una proprietà dell'uomo. Giacché nostre son tutte le regioni della terra, e le campagne e le montagne, e le valli e le piante e gli animali, e le fonti e i fiumi, e i tutte le creature innumerevoli che con laghi e i mari la loro differenza ricchissima, proporzionata ad ogni sorta di nostri eventuali bisogni, stanno anch'esse a parlarci di quella provvidenza, che gli Epicurei si argomentano di negare. L'uomo, in conclusione, «cunctis « quae creata sunt sua voluntatc uti propriaque volun« tate dominari et imperare potest ». Alla qual signoria il Manetti non dimontica di annettere, come il Campanella, quei poteri magici e miracolosi e soprannaturali, che la religione riconosce nei santi e nei suoi ministri. È qui il carattere che distingue questa prima forma del concetto del « regnum hominis », tutta propria del nostro Rinascimento, diversa dalla forma in cui lo stesso concetto riapparirà e si farà valere per opera di Bacone. Giacché pel filosofo inglese questa signoria dell'uomo é conquistata per mezzo del sapore scientifico, che Ignam quandam eorum excellentiam, iure censeri nostrae sculpturae *beant. Nostrae sunt picturae, scientiae nostrae (vel volenstrae sunt artes, nostrae qui nihil omnino a nobis, tibus vcl invitis Academicis, dumtaxat excepta. scm dixcrim. ita ut .ncscicntia, Nostrae sunt demque, sapientiae. «posse arbitrabantur) cum propc infinita disseramus, longius singulis «^de omnia d.versarum nostra adinventiones, omnes 1 sint genera, de quarum ling^arum ac variarum litterarum « quanto magis magisque cogitamus, et obstuFScere cogimur -k tanto vehem.ntius admirari naturale che sia stato fatto dono un è non lingua La , n* cessariis usibus airuomo.'secondo «et acutum il l^"^> * ^"b)-'!^ ^"^ J^«f al pan creazione dell uomo, Manetti artificium » : : inventò quando ebbe bisogno della scrittura, che l'uomo agh a^nti La inpensieri di comunicare i propri svariati della tecnica . i prodotti tutti di pari al ventò machinamcnta, quae «Nostra Vunt deniquc omm^ humani vel divini «admirabiha et pene incred.b.lia acnmoma singulan quadam «potius ingcnii acies ac fat.ricariqueconst.tui moliri praecipua solertia talia undique et cetcra huiusmodi tot ac ^ « Haec quidem ornamenta ab omconspiciuntur, ut mundus et eius inventa instiprimo ad usus hominum « nipotenti Deo gratamer accehominibus postea ipsis ab « tutaque, et or^ Pulchriora «pta, « multo «natiora «fuisse multoque longe politiora effecta videantur». ac primi Popoli adorassero Così intendiamo ^rchè i arti. Essi mf atti contidelle inventori come dei i primi e divina I^^^^^".?^^^P^f^: nuano l'opera della creazione uscito <ialle mam di il mondo, che e compimento e zione a sopraedificare sul fonckDio. Né l'uomo si limita quasi sua sapienza e gh mento della natura divina. Con la fini le stesse creature propri a' volge e ordina e governa : «terris et urbibus distinxerunt. : conferisce all'uomo il dominio delle forze naturah : pel Campanella, come pel Manetti, questa posizione privilegiata dell'uomo é ancora un «regno por grazia di Dio, il qualr conferisco all'uomo imme- laddove /j — Giordano Bruno il pensiero del Rinascimento — 178 — quello diatamente così Tuso delle forze naturali come soprannaturali. Un regno, in cui si comincia delle autonoma dela intra vvedere l'iniziativa creatrice e come, con di questo « quidam mortalis deus », l' uomo ma Giamiozzo frase ciceroniana, dice anche il buon cui a trascendente, realtà la verso orientata sempre ruomo con la virtù e colla conoscenza deve tornare dove suo fine è sempre di là dalla stessa vita, ; ; : poiché si il celebra questa sua divina natura della Rinascenza L'uomo, dice da ultimo fine in Dio, ma in cui il pensatore si esalta. in sé stesso il ; Manetti, non ha il suo mal si può credere in V. e come fatto, questa' parte a Lattanzio *)^che Dio abbia l'uomo per Dio, «tanquam il mondo per l'uomo, co^ì spectatorem operum rerum« divini templi antistitem, ha pensato Agostino. meglio Né <(que caelestium». eius bonitatem, non sua « quippe Deum ob immensam honorum no«utilitate (scriptum est enim quoniam eget) sed potius hominis causa homi« strorum non a vedere cofecisse putat ». Ma, quando si va LEONARDO FILOSOFO h', t- .;. ;ì''S% «nem me viene uomo, poi inteso questo fine umano dell sollecitatamentc ogni ecco il buon Giannozzo sfuggire cogli stoici e contatto coi peripatetici, coi platonici, sono stati ci indirizzo d'altro quanti altri filosofi abstru(«tanquam nocturnos quosdam obscurae et sollecito rifugiarsi e indagatores »), veritatis <<sae della ci sia nell'unico porto tranquillo e sicuro che ai flutti della temsottrarsi per salute, espressa ed vera ut per quandam « Fecit igitur Deus hominem, pesta intelligentiam certam« admirabilium operum suorum cocognitionem eorum opificem recognosceret et - * i 7»*1' : « que e di Sarà anche la soluzione di Marsilio si deve la pure quale alla filosofica, corrente questa Campanella. scoperta del \'alore dell'uomo, fino al oleret ». ..rL- *) De ira Dei, e, . 14. jL ' ->>" itL!^± f .'-^rS:.- Conferenza tenuta in Roma al Lyceum il 19 maggio 1919 Se per tìlosofo s' intonde chi abbia scritto dei libri per dare una soluzione almeno di qualcuno dei problemi filosofici, o una trattazione sistematica d'una dottrina appartenente al sistema della filosofia, Leonardo non fu un filosofo. Nei suoi manoscritti non si troverebbero Se per insieme due pagine di argomento filosofico. filosofo s'intende chi, come Socrate, sdegnando quei discorsi muti e quasi morti che sono consegnati alle carte e vi restano fissi, incapaci di rispondere alle inat- 1 stesso anno. e pubbl. nella Nttova Antologia del 1° giugno dello — tese difficoltà e alle sompre''nuove domande del lettore, non abbia mai scritto di filosofia, ma abbia tuttavia suscitato con l'insegnamento vivo una scuola, che ne e fecondato spirituale, che ha perpetuato ii' il jxnsiero, promovendo sua prima Leonardo non fu un filosofo. I suoi scolari ammirarono in lui l'artista, il sommo artista il movimento filosofico del Cinquecento, non solo non fa capo Se per filosofo a Leonardo, ma ne ignora il nome. così un moto da lui ripeta la origine, ; — s'intende chi, senza scrivere o insegnare una dottrina filosofica, viva seco stesso d'un pensiero concentrato nella speculazione dell'essere, tormentato dal senso del mistero, incurioso di quanto possa distoglierlo da que,sto senso, o non giovi ad appagare il suo bisogno d'un concetto universale della vita, Leonardo non fu un filosofo, n suo spirito è dominato da molti interessi teore- / — tici e speculativi, anzi problemi della scienza, si l82 — 183 — — ma stintiva vocazione dell'artista, dei colon e delle sausto della visione pittorica, a questo mondo mondo sappiamo concepire se non come un causa, ne in cui niente accade senza una mf«ani^ ce causa ora il suo effetto che possa non produrre comunque ci siano pure gli uom.n. mondo nel che presupponendo il valore della d siamo noi, che non possiamo aftermare esigenze ^n^Fesc^ndiM^^ sue le con persc;nalità nos ra attribuire ideaU imperituri ed eterni senza , meccamsmo una Ubertà che ripugna all'universale coesistenza nella avvertiamo quando o ammesso opposte tra radicalmente l'anima nostra di due anime di vivere una vi a che par ci quaU delle una loro con -nsa-oni aMan is, attraverso k mille e mille coscienza. ?lt»rbmio delle a ogni istante nella nostra di crearci da noi la nostra l'altra con e forz^ circostanti, di godimento o d'eroismo, infamia o • dianzi - Sta vita spirituale, d' aspirazione senso brutale o di sublime a un tratto «veghatic quando, o a un ideale infinito ; vita dell uomo praingenua è la che sogno quasi da quel S sacS. i - notiamo che questa vita ondeggia di continuo tra un concetto secondo il quale tutto trapassa e muore, i non solo le cose che mutano incessantemente sotto ad ora ad nostri ocelli, ma noi stessi, che ci sentiamo Imee, umana. dalle quali traluce l'anima comunque, venga mSe per filosofo s'intende chi, quando commciamo contro al bisogno che tutti ci assale di quel pejnsiero palesi contraddizioni a riflettere sulle dalla nesospmti abbandoniamo (cui pure per solito ci vita) e, sentennostra la rapidamente vivere cessità di a un concetto, che done il doloroso disagio, aspiriamo restituisca la pace componga e conciUi i contrasti, e ci ci venga incoscienza della ; forza la e fede interna e la a rischiaratrice luminosa, contro, e ci dica una parola fu un filosofo non Leonardo orizzonte. nuovo un noi di attingere il conforto che Dalle sue carte non possiamo esempio, ci accordesideriamo dai filosofi, quando per tutto si induca che presupponendo ora riamo di vivere e che non innanzi, sta ci materiale che e coi suoi tico dire attratto àz. tutti i è retto nel profondo dal! idal desideno ^^mpre ine- può meno di dentro i nostri affetti, le nostre pascornostre convinzioni, tutto l'esser nostro dell'oceano rente dalla nascita alla morte, come onda concetto, destinata a infrangersi sul Udo, e un altro onde noi, nel nostro essere più profondo, contemphamo trasmutabile tutte queste cose della sterminata natura movimento per tutte guise o lo stesso animo nostro in delcontinuo dall'alba della prima infanzia al meriggio noi sera, nostra della crepuscolo mesto al ora venir sioni, l'età '- %L matura, con la bellezza eterna dei della buona immarcescibile frutto col fantasmi, nostri partecivolontà che è nostra, non possiamo perire, e piamo dell' immotalità delle cose divine. Ebbene, quando noi sostiamo innanzi a questi anma dunque, che go^^ciofi problemi, e ci domandiamo che viviamo di vita, questa di pensare dobbiamo cosa un tutto, dal in società, conserva, noi e le cose, in una viquale non potremmo mai uscire ? e come dobbiamo nostre alle fede ? quale con e lege;e, vere sotto qual con 'j^^V"- le la nostra santa verità, : -.*ii... — , domande non troveremo in Leonardo risposta. Non la semplice troveremo, se non vorremo contentarci d'una la quale afférmazione, e cercheremo una dimostrazione per avventura da ci liberi dal sospetto che non sia preferirsi l'alternativa opposta. II. Leonardo, dunque, non ha lasciato né opere filosonon è vissuto sotto il fiche né una scuola di filosofia a dominio sovrano dell' interesse filosofico, indirizzando e perciò non ha pensieri suoi de' somma la segno quel ; ; — i84 — i8s- potuto risolvere nessuno dei problemi, che i filosofi si propongono di risolvere. Per tutti questi rispetti può ben dirsi a ragione che Leonardo non appartenga alla storia della filosofia. Ma, soggiungo subito, nello stesso senso né anche Machiavelli, e né anche Galileo, a rigore, vi appartengono ; pei prendere due nomi che per vario motivo vanno storicamente congiunti con quello di Leonardo, e che pure si é soliti d' incontrare nelle storie della filosofia poiché tanta intatti è l'importanza storica del loro pensiero, quantunque entrambi abbiano propriamente atteso a speciali problemi scientifici, estranei al complesso sistematico di quelli che si possono ; dire filosofici. In verità, la filosofia cesserebbe di esse-re filosofia, concetto sintetico o, come Platone avrebbe detto, sinottico ddla realtà in cui si vive, se potesse effettivamente ridursi a lavoro speciale, professionale, di una deli sola classe degli uomini scrittori di filosofia !; : <^^ dei professori, o magari, fosse davvero possibile platonizziamo a suo modo, come dimostra il gran numero delle interpretazioni). E che varrebbe il sorriso di monna Lisa se, dopo che fu visto da Leonardo e fermato perciò sulla tela innanzi agli occhi immortali dello spirito umano, non fossimo, quanti abbiamo occhi e anima, e siamo cioè uomini, capaci tutti di guardarlo, vederlo, ed esserne conquisi ? Egli, maestro, e noi, attorno al suo quadro, scolari, folla sterminata, tutti, uno spirito solo, \'ibrante della medesima siamo in grado (ciascuno, i s' di leggerlo, e tutt^ così intende può non essere resta al di qua e al di fuori di essa. Si può, cioè, non essere originaH in questa parte; ma non si può non pensare, o pensare senza filosofia, se è vero che la filosofia non è altro che la forma stessa del pensiero, in cui la realtà, tutta la commozione, maestri in nella stessa intuizione ? ma non si filosofia ; perciò Si realtà, perviene alla coscienza di sé. Egualmente, si può essere originali in arte, e non esser capaci di scri- non ma che anime sovrane, geni capaci di svegliare negli uomini e far vibrare tutta la loro umanità, come Leonardo, Dante, Michelangelo, e peir restare in Italia, Manzoni, Leopardi, non avessero anche loro, a modo loro, una se la filosofia, insomma, potesse aftatto confilosofia fondersi con tutte le altre scienze, che tali si dicono in senso stretto, e che, ad una ad una considerate, sono forme accidentali, perchè avventizie drll'umano pen- vere una tragedia sofoclea linguaggio di Antigone ? siero matico), è filosofo dentro alla sua arte e alla sua scienza voglio dire che si comporta da artista e da scienziato di fronte al contenuto filosofico del proprio pensiero, che ; é che in ogni arte e discipHna, si può essere maestri e si può essere soltanto discepoh e che in arte, in filosofia, in religione saranno pochi i maestri, ma onde in ogni tempo i maestri han scolari siamo tutti potuto parlare, più o meno direttamente, al genere umano, ai dotti e agl'indotti, ai grandi, cresciuti nella ; ; nella meditazione, e agh umih, ai sempHci, parvoh convenendo tutti, maestri e scolari, in una comune, qujlsi elementare, ossia fondamentale ed esper cui Platone è uno, ma tutti senziale umanità coltiu-a e ai chi non intenderà il Leonardo in filosofia non è un maestro, come non è un maestro in filosofia Dante. Ma egU, al pari d*ogni uomo, ha la sua filosofia al pari di Dante, ha una rigo; rosa filosofia dentro a quella forma in cui il suo spirito grandeggiò. Dante, poeta, è filosofo dentro alla sua poesia ; Leonardo, artista e scienziato (naturalista e mate: 1 EgH ; : ; e congrua forma filosofica, intuisce con la geniahtà dell'artista e afferma con la dommaticità dello scienziato. La sua filosofia, in questo senso, non è un sistema, ma l'atteggiamento del suo spirito, ossia le idee, in cui si adagiò quel suo spirito non svolge perciò in adeguata ma possente, creatore d'un mondo di immagini, imiane o ma tutte egualmente espressive di una ricca, commossa vita spirituale è la cornice del quadro, in naturali, : - i86 -187- — • era cui egli vide spiegarsi quella infinita natura che esposta al suo avido occhio di indagatore. Volete sorprendere l'atteggiamento spirituale delpiù alta l'artista, che ha fatto della pittura la forma quelle detta che l'animo Spiate ? potenza della sua l'arte parole del Trattato della pittura, in cui quest'arte, Guardate musica. della paragone al messa è Leonardo, di le ; • ; • ; dello spirito, femminino splendente chè è alli ; le bellezze, le quali il tempo ri- e la natura fa fu- 11 naNobile arte, eternatrice di tutto ciò che è nella nasce che tura e che vi si va consumando mentre dominio, accoghtrice, nell'infinità del suo universale sono, come si delle forme che sono e di quelle che non crea conviene a una potenza veramente creatrice, che e operazione sua nella ; quindi perchè infinita, e Ubera dmdegna perciò veramente di raffigurare all'uomo la t ^ ; 4) Ed. Ludwig, § 31 b. i;££ttlàtià^iuemÉté. fantasia dell'artista e da deL'arte che a lei si pieghino le ginocchia mortah. potenza insomma di Leonardo spazia universale con la garegDio umano, spirito lo creatrice onde, attraverso ma con se stesso, e si svela a se stesso si svela, merce uomini, così come si l'opera umana, alla mente degli della sua natura svela per entro alle forme infinite Quest'arte diegualmente possente, eccellente, eterno. di cui un'arte, Leonardo gloria vina è quella di cui si dell' orma più a ragione in se stesso si esalta, come nell'umana natura. vasta impressa dallo spirito creatore del suo spiTale l'atteggiamento, veramente rehgioso, « una cosa divina », ^a ; *) D. alla questa raggiante nella luce di magniquelle che non sono in natura ; è più da essere attende alla ficala et esaltata che la musica, che solo dintorno a voce. Con questa si fa i simulacri alli dii con la ornato quale è il divino, questa si fa il culto gitive — — : serva ogni all'amante l'amata, aUo spirito, in generale, deUe bella, che esso collochi al si sopra tempo. Quest'arte cose fuggitive della natura e del sua « tanto più che è per Leonardo la vera arte, la omim, che li de «gl'ingegni dice, com'egli supera», pittura, che non r induce ad amare et innamorarsi di intervenne a me rappresenta alcuna donna viva. E già cosa divina; una rappresentava fare una pittura, che di quella, volle levarne la quale comperata daU'amante per poterla baciare senza la rappresentazione di tal Deità, vinse h sospin e la sospetto. Ma, infine, la coscienza casa » ^). be e fu forza ch'ei se la levasse di libidine donna viva, alcuna era non che quella la levasse perchè ma idea di Leonardo, era pur bella e seducente non meno dall'uomo e creata da delia più bella donna generata privilegiata delle Dio era irresistibile, da quanto la più della natura, ma non miracolo, viventi; creature come la donna ideale del poeta, 1 eterno nità cosa' grande e all'animo, e non cercate la dimostrazione di quanto parole asseriscono che satisfa a mighor senso « Quella cosa è più degna, adonque la pittura, satisfattrice al senso del vedere, all'udito. è più nobile della musica, che solo satisfa Quella cosa è più nobile, che ha più eternità adonque ch'ella nasce, la musica, che si va consumando mentre si fa eterna. vetri con che pittura, dejla degna è men vaQuella cosa, che contiene in se più universalità e adunque eccellenza di più detta fia qvella cose, di rietà operazioni, perla pittura è da essere proposta a tutte le contenitrice di tutte le forme che sono e di musica a questa servente con questa si dà copia amanti della causa de' loro amori, con questa si 1 : : rito artistico. E lo animo ») si , quale scienziato ? Udiamo da Leonardo con naappressasse alla misteriosa spelonca della Trattato dilla pittura, § 26. I — i88 — tura, così com'egli, quasi simbolicamente, senta — 189 — la rappre- \àta dal sentimento della propria illimitato del sapere. Da una parte, dunque, l'artista orgogUoso della sua divina potenza di produrre e di popolare un mondo non meno vivo di questo, che egli trova innanzi a sé dall'altra, lo scienziato che s'affaccia con religioso terrore all'entrata della gran caverna, in cui l'occhio cerca sostenuto tutta ignoranza e del : « Non fa sì gran mughio il tenpestoso mare, quando settentrionale aquilone lo ripercuote con le schiumose onde fra Scilla e Cariddi, né Stromboli o Mongisolfuree fiamme, essendo rinchiuse, bello, quando le per forza rompendo e aprendo il gran monte, fulminano per l'aria pietre, terra, insieme coU'uscita e il ; alcuna cosa lo scienziato, nell'umihà della propria ignoranza, che é coscienza della vastità infinita dell'oggetto da conoscere, e dell'abisso che separa l'uomo dalla natura. Perché egU lascia manoscritte e incomplete tutte le opere, in cui aveva fatto disegno di comporre in corpo di scienza tutte le sue sjxiculazioni e le sue osservazioni ? Leonardo, l'eterno insoddisfatto, l'incontentabile, di cui parlano i suoi più prossimi biografi, è lì, all'entrata della gran caverna, tormentato angosciosamente, tragicamente dalla sua se vi possa discernere né quando le infocate caverne di Mongibello, rivomitardo il male tenuto elemento, spienendolo alla sua reg^ione, con furia cacciano innanzi qualunchc ostacolo s'interpone alla sua inpetuosa furia.... Tirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere varie e strane forme fatto la gran con (fusione) delle dalla artifiziosa natura, ragiratomi alquanto infra gli ombrosi scogli, pervenni all'entrata d'una gran caverna dinanzi alla quale restato alquanto stupefatto, e ignorante di tal cosa, piegato le mie rene in arco, e ferma la stanca mano sopra il ginocchio, e colla destra mi feci tenebra alle abbassate e chiuse ciglia e sf)esso piegandomi in qua e in là per vedere se dentro alcuna cosa. E questo vietatomi per vi discernessi la grande oscurità, che là dentro era, e stato alquanto, subito si destarono in me due cose, paura e desiderio desiderio paura, pe-r la minacciosa e oscura spilonca per vedere se là entro fusse alcuna miracolosa cosa ^) Ecco la natura che Leonardo scruta, con paura e miracoli con desiderio con desiderio di scoprirne con la paura religiosa che suscita lo spettacolo delle sue forze indomite stupefatto, piegato lo reni in arco, ferma la stanca mano sopra il ginocchio, protesa Tanima e intenta dalla bramosa voglia. Questa è la sua vomitata fiamma ; : : : >>. gli dèi una : i brama inesauribile *) Ms, Bril. Mus., 155 O — si ; r. \ gli domanda fo- : tanto penate ? volge piuttosto a Dio con la Orazione^) ci vendi tutti U beni per prezzo di e s'affretta e s'adopra a spender bene la sua fatica » giornata alla fine della quale gli arride un lieto dormi- Ma Leonardo ; ; ^), L.iouardo, perchè «Tu, o Iddio, una instancabile, senza riposo di vedere, in uno sforzo costante ricerca ! Codice Atlantico ; : scienza — mico, che segnò qualche suo verso smozzicato nei ; i ; bramosa voglia. Egli è al cosjxitto di quella natura, che non si lascia chiudere in nessun libro, e che avvince piuttosto essa a sé l'uomo, e lo trascina di problema in problema, di ricerca in ricerca, per una via indefinita, dove l'uomo più va, e più scinte di doversi affrettare' sospinto dalla lunghezza del cammino, e non può L'aEcco, ora, ho finito e concluso dire mai : : la campo ^) Fol. 71 ') Richter n. 113.^ y. : — 191 -^ — igo — — che un lieto morire *). Né in arte, né in scienza egli concepisce forma già per lui sono una cosa sola perfetta, nella quale altri possa posare. «Tristo, perciò, maestro» '), è quel discepolo che non avanza il suo all'opera innanzi che maestro quel anche ma tristo sua s'arresti pago come innanzi all'ideale già divenuto quel reale. Son sue queste parole profonde: «Tristo è giudizio»*). dal .superata è l'opra quale maestro, del ancora, scoprendo anche meglio la disposizione d'animo con cui egli guardava alle creature della sua fan« Quel pittore tasia e della sua mente indagatrice re, — nelle sue carte o altrove poiché bene operato le al della figliola la verità è tempo che genera la natura ; *) « che non *) : . si compimento ma ; ; : Trattato della pittura, § 57. Ivi. 62. Frammenti, ed. Solmi, pagg. *) né dal suo genio a perseguire l'infinito, che non si dà, fa penare (0 Liolo che l'idea inseguire a tocca si senza trenardo, perchè tanto penate?), sospingendolo gua a' inseguire questa natura che fugge, e pure é semfantasia supre lì, o che egU in sé la ricrei con l'alta mobilitò scitatrice di una sua natura più vasta, nella dormire, «Sì come una giornata bene spesa dà lieto una vita l)ene usata dà lieto morire (Trtv.. 27 r). Cfr. La vita bene spesa lunga è « (Ivi, ^4 r). ') RiCHTER, n. 498. 3) » tempo bene irraggiungibile *) « il . , : o forse nessuna, come doveva accadere allo scienziato, che vivamente sentì con la sua personale esperienza, testimoniò la verità del biblico detto, che trascrive cosi sperienza l'arte, la scienza, e conchiusa. Infinita la natura, infinita come cose che non si danno. Non tacciate lo spirito dunque di volubiUtà ») Leonardo. EgH é trascinato sue perpittore il spiegata, quasi opera pervenuta al proprio E uomini con admirazione a contemplar fezioni » ^), Poche opere, come accadde ; «'La sapienza è bile, ; giudizio supera l'opera, quest è perfetto s'egU è giovane in tal disposizione, senza dubbio segno. questo fia eccellente operazione, ma fia compositore formeranno di poche opere ; ma fieno di qualità, che il gli ; : : si » *) dà, e s'ella si desse non sarebbe ? Egli è l'infinito. Il quale, se si potesse dare, perchè ciò che si pò dare e' sarebbe terminato e finito, La stessa naè quella cosa che non ha termini » *). inesauripotenza quanto in infinita é dunque, tura, vita eterna e divina, che non è, né sarà mai tutta mira sempre bramosanente « Quando l'opera sia giudizio ; pari col giudizio, quello è tristo segno in quel pessimo, e quando l'opera supera il giudizio, questo è maraviglia d'avere : egU domanda, l'avarizia non l'impedisse » *). meglio ancora, additando l'altezza dell'ideale, a cui si tempo quindi 1 1Leodeale della scienza, arte o speculazione che sia. nardo esprime con matematica precisione questo suo concetto dell'irrealtà dell'ideale, in cui consiste propriamente l'idealità dello spirito « Qual' é quella cosa », nisce di migliorare, se quando verità fu sola figUola del della storicità del sapere e d'ogni altro valore e che Leonardo, da parte sua, commenta Sterminata ; com'accade a chi La mtura»). : e « speso, impiegato nella esperienza intorno alla sterminata che non dubita, poco aquista. Quando l'opra supera operante poco aquista il giudizio de l'operatore, esso fie quando il giudizio supera l'opera, essa opera mai E mcgUo spirituale E egli : Bacone, e assai più profondamente Bruno e Pascal trarranno ispirazione al concetto del progresso, donde 1) '^) 3^ *) 209-10. ») '^,i Ms, M., 58 V. RicHTER, n. 1150. Cfr. sopra Veritas filia iempons. Codice Atlantico, 131 v. Vasari. Vite, ed. Milanesi, IV, 22, i \ — — 192 — vibratile deiranima che la muove, osservi e contempli quella che con — disperazione conia»*). scorge nella esperienza. si t'abbi tu effetto, che studiosamente 193 a darti malin1. . / j- „ che fa discerQuesta semplice e mera espenenza, a contenere uomini agli insegna e vero dal falso, nere il possibile, e orgaaspirazioni dentro ai limiti del conoscenza da una presuppone quasi che no di verità, innanzi coviene ci verificare. Ma altrove l'esperienza I le loro III. ogni cono- prima maestra, la quale ci apprende onde la mente, prescinscere ed è la fonte del sapere tradizione sciendendo da ogni argomento fattizio della la beUa secondo che è, autorità, ogni tifica ossia da mano per quasi toccare immàgine del Campanella, un al presente, anzi aderisce immediatamente me Hr la ; n Cominciamo da questa, che ci condurrà alla prima. le benemerenze di Leonardo nell'esaltazione dell'esperienza, come strumento di certezza e Chi non conosce E primo generarsi del vero dei sensi : e »*). , „ Ai recitatori e trombetti delle simati ! ,, • altrui opere suo tempo, agli eruditi, ai quali, fin dal Efeso aveva detto che la pohmazia somma 1 „ in;„ e oscuro non da gli uomini «invencontrappone Leonardo l'inteUetto, paragone dei primi egli tori e 'nterpetri », che, al filosofo di dello specchio e sono quello che l'obbietto fuori si riflette nello dell'obbietto che immagine rispf^tto alla cosa, e 1 immagine specchio dove l'obbietto è qualche freschezza ed origmaè niente L'inventore, che nella dice «Queste regole son cagione di farti conoscere il vero dal falso la qual cosa fa che li omini si promettano le cose ix)ssibili, e con più moderanza, e che tu non ti veli di ignoranza, che farebbe che, non avendo : ; Codice Atlantico, 119 i-Codice. Atlantico, 117 r. ') 20 • . ; quale è maestra vera. fol. percezione ; : Cod. Trlv., : « « Ogni nostra cognizione cose udite o lette prencipia da' sentimenti » *). Certamente, alla esperienza sensibile egli si appella combattendo, come altri già aveva fatto nel Quattrocento italiano, il principio d'autorità ancora dominante nella scolastica contemporanea. E giova rileggere alcune note del Codice Atlantico, di significato evidente « Molti mi crederanno ragionevolmente potere riprendere, allegando le mie prove esser contro all'alturità d'alquanti omini di gran reverenza a presso de' loro inesperti indizi, non considerando le mie cose sotto la senplice e mera sperienza, la essere nate *) attraverso alla ,i r u allegare gli altori, Se bene, come loro, non sapessi allegherò leggere a cosa molto maggiore e più degna loro maestri, t^oallegando la sperienza, maestra ai e ornati, non vestiti pomposi, e storo vanno sgonfiati e le mie a me mededelle loro ma delle altrui fatiche disprezzeranno simo non' concedano e se me inventore ma trombetti quanto maggiormente loro, non inventon, essere biapotranno opere, altrui delle recitatori la corre a Galileo e Bacone? rienza sensibile. Sua è la sentenza, quantunque, come tante altre da lui segnate ne' suoi manoscritti, possa riflettere è altrui dubbio, presua esperienza è la espe- di verità della cognizione, ond'egli, senza «) r. — ,3 Gùrdano Bruno tr >A >> .- w _ >, .idttj&M*. i ti ptmitrt iti RinosciiiunU — 194 — — 195 — sua scoperta realizza la cognizione, può dire Voi siete gente dotti ripetitori del sapere altru? poco obbligata alla natura, perchè l'abito che portate, lità della ai e con«strutto e s'esso litigio resurge, la (è) bugiarda rinata. Ma le vere scienzie « fusa scienzia, ( non certezza ha fatto penetrare per h « son quelle, che la spe rienzia de' litiganti ; e che lingua alla silenzio * sensi e posto investigatori, ma sempre so« non pasce di sogno li suoi «pra li primi veri e noti principii procede successivainsino al fine» *). « mente e con vere seguenzie ; : l'umanità che vestite, non vi appartiene in proprio ; e ridotti al vostro, sareste da essere accompagnati fra bestie *). Qui la esperienza non è gli armenti delle più la misura logica del conoscre, ma lo stesso conoscere ; il conoscere nella sua schietta originalità, il conoscere certo, al quale si commisura la certezza d'ogni conoscere secondario e derivato. In questo senso Leonardo combatte i filosofanti del suo tempo, (e d'ogni tempo), che davano del meccanico al sapere partorito dalla esperienza. Ed egli ribatteva nella pagina più tecnicamente filosofica del Trattato della pittura : Ma a me pare che quelle scicnzie sieno vane e piene « di errori, le quali non sono nate dall'esperienza, madre «di ogni certezza, e che non terminano in nota cspc« rienzia ; cioè, che la loro origine o mezzo o fine non a passa per nessuno de* cinque sensi. E se noi dubitiamo «della certezza di ciascuna cosa che passa per li sensi, «quanto maggiormente dobbiamo noi dubitare delle «cose ribelli a essi sensi, come dell'essenzia di Dio e del«Tanima e simili, per le quali sempre si disputa e cone veramente accade, che sempre dove manca « tende « la ragione, supHsse le grida ; la qual cosa non accade «nelle cose certe. Per questo, che dove si grida non èl il « vera scienzia, perchè la verità ha un sol termine « quale essendo pubHcato, il letigio resta in eterno di- I non v' ha per lui altro La quale che sogno appena si abbandoni la esperienza. ha in se perchè e certa, e vera cognizione invece, è né ha bisogno di essere giustificata il' suo proprio valore, e perche e garentita dalla testimonianza dell'autontà nascente dispute delle » grido « al litigio, al oggetti dell'esperienza sensibile <i ; ; •) « È da essere giudicati e non altrimenti stimati li omini inventori e 'nterpreti tra la natura e gli uomini a comparazione de' recitatori e trombetti delle altrui opere, quant' è dall'obbietto fori dello specchio alla similitudine d'esso obietto apparente nello specchio, che l'uno per sé è qualche cosa, e l'altro è niente. Gente poco obrigate alla natura, perchè sono sol d'accidental vestiti e sanza il quale potrei accompagnarU infra gli armenti delle bestie », [Codice Atlantico, 117 r). da Tralasciamo per ora questi veri e noti principi! dedutticioè «seguenzie», vere con cui si possa procedere vamente, infino al fine, ossia per tutta l'esposizione or ora quelogica d'un sistema scientifico. Vedremo l'attenzione di st'altro aspetto del sapere, che attrasse agh Leonardo. Intanto, nessun dubbio che intorno ; pone I convemre tutte dalla varietà delle dottrine, facendo percezioni. medesime nelle menti le espeL'esperienza di Leonardo, dunque, non e 1 positivista, che, rienza di Protagora e dell'empirismo impresriducendo l'esperienza sensibile alle soggettive necessità ed universioni dei sensi, non può ascriverle non è sorto ancora il problema della Per Leonardo alla fenomenalità del reale dell'esperienza, che verrà cntica del conluce con Galileo. Egli non ha nessuna chiaramente, che cetto dell'esperienza. Ma questo sa salità verità, non quell'esperienza che può accertarci della dato accidev'essere un semphce fatto, o un semphce e di piùsvanate forme le d'assumere dentale, suscettibile logica che lo sottrarsi ad ogni possibile determinazione di Leonardo nella sua fissi come verità. No, l'esperienza *) -^ fine Ludwig, § 33. . — 196 — — ingenua e dommatica oggettività, si solleva al di sopra della semplice contingenza del puro fatto sensibile per assumere carattere e valore razionale. Leggendo «I sensi scmo tercstri. la nel codicetto trivulziano contempla » *), noi quando quelli, di for ragione sta potremmo essere indotti a pensare a Kant, che l'esperienza fa consistere nel sistema dei dati sensibili formato : dall'attività costruttiva razionale dello spirito, che interviene dal di fuori in certo modo, nella materia fornita dalle semplici sensazioni. Il Franti si ricordò della ra- gione o intelletto aristotelico, che parimenti sopraggiimge dal di fuori, date le rappresentazioni sensibili*). ce ne avverte quel termine In realtà, convien pensare a una dottrina platonica, la quale del «contemplare » prenunziare si ritrova in una forma che a taluno parve — — il kantismo, nel Teeteto. più che a Platone, ai Platonici, tradotti, commentati e resi quasi familiari nella Firenze colta degli ultimi decennii del Quattrocento, dove si sviluppò e formò il genio e il pensiero di Leonardo a qviei Platodestinici, che opposero ai sensi terrestri o materiali, e nati a disfarsi col corpo onde si esercitano, la ragione contemplatrice di \ma realtà trascendente tutta quella da lontano Ma ; la quale i sensi ci mettono in comunicazione, e alla quale, per mezzo di essi, apparteniamo. Comunque, se Leonardo ripete cogli Scolastici, che ogni cognizione comincia dai sensi, egli non fa consistere la 197 — nente nella stessa natura o nelle cose. Onde delle sue «Queste regole fanno, regole date al pittore può dire '1 che tu possiedi uno Ubero e bono giudizio, imperocché intenbene il e intendere, bene dal bono giudizio nasce dere diriva da ragione tratta da bone regole, e le bone regole sono figliole della bona sperienza, comune madre regole di tutte le scienze edarti ))^). Dunque, esperienza, si e ragione, la quale dà quel bene intendere, che non ha quando altri si arresti alla semplice esperienza. « Ri: ^ '™^ cordati, dice Leonardo a sé comenti l'acque, d'allegar ragione medesimo prima ; ricordati, quando la sperienza e poi la )>*). distingue in un luogo del 2 ruttato detla pittura il senso dal giudizio che il discorso deve esercitarvi su per avere scienza, mostrando come « lì maestri non si fidano nel giudizio dell'occhio, perchè sempre inganna », e come spetti alla mente di correggere le false Leonardo schernisce quel matto lacie del senso'*). la di filosofo che si trasse gli occhi per non distrarre E nettamente E mente dalle speculazioni del suo discorso, non sarebbe neppur disposto a rinunziare al discorso della mente, immergersi al giudizio, alla ragione contemplatrice, per indetutto nello spettacolo che si apre agli occhi nella natura corporea, con finita cognizione, tutta la cognizione nella esperienza immema airesperienza immediata condiata del senso che '1 vedere impedisce la fissa e sotco la quale si penetra nelle mentale, cognizione tile filodivine scienze, e tale impedimento condusse un a questo risponde, che sofo a privarsi del vedere dare tal occhio, come signore de' sensi, fa suo debito a ; trappone una forma di conoscenza, che egli chiama ragione, e che giustifica platonicamente, come ragione nostra in quanto prima di tutto ragione imma- « penombra Se tu della natura. dirai, ; confusi e bugiardi, non scienzie ma (^sempre con gran gridare e menare de quali scorsi, per li mani si disputa ; e il medesimo dovrebbe fare l'udito, il impedimento alli quale ne rimane più offeso, perchè egh vorrebbe accordo, Triv., 33 Y. Sitzber. d. L. d. V. in philosaphischer Beziehuug, in « Philos.-philol. CI., Miinchen k. baver. Ahad. d. Wiss. z\i 1885, 'pag. 8. ») ») «) RlCHTER, n. Ms. H., 90 3) Ludwig, *) i>. § 18. r. 36. pag. 76. il del quale tutti i sensi s' intricano. E se tal filosofo si suoi occhi per levare l'impedimento pensa, che tal atto fu compagno del cervello e de' discorsi, perchè '1 tutto fu pazzia. Or non potea egli serrarsi gli occhi, quando esso entrava in si tal frenesia, e tanto tenerli serrati, che tal furore trasse alli gli discorsi, or consumasse ? e stoltissimo Ma pazzo fu l'uomo, e pazzo il discorso, dimento, quanto esso » *). nel rapporto della causa con seguire questo dove quella non può non cui per l'effetto, deve mirare la s'avveri' è la necessità o ragione, a cui fatto mistenoso scienza,'e senza la quale l'effetto è un Per lo meno dunque non per anco noto. Più chiaramente e : pju oltre farò alcuna esperienza avanti ch'io prima la allegare è intenzione mia perchè procieda, perche tale sperienza e pò colla ragione dimonstrare è constrecta in tal modo ad operare. «Ma trarsi gli occhi d*). il impedimento è più o meno po- tente dei già detto principio « « E «esperienzia come li speculatori deUi effecti « questa è la vera regola natura «naturaU hanno a prociedere. E ancora che la a noi sperienza nella termini e ragione « cominci dalla cioè cominciando (co« bisogna seguitare in contrario, sopra dissi) dalla sperienzia, e con quella investi- IV. «me Trarsi gli occhi no ; ma né anche la mente, che ci quali i fa bene intendere, sorpassando i confini, entro resta chiusa la semphce esperienza. Questa ci mostra soltanto il fatto, l'effetto, ma non la ragione per cui ha luogo, e non può mancare e il fatto, senza sua ragione, non è oggetto di vera e propria cognila neceszione, che intende il fatto in quanto ne scorge quando si sità. Onde il fatto è conosciuto davvero solo presenti alla mente nella sua razionalità, come neces- l'effetto ; la sità operante nella natura. « ma La » dice Leonardo « non falla mai ; vostri giudizi, promettendosi di quella sperienza sol fallano i non sono. effetto tale che ne'nostri experimenti causati che Perchè, dato un principio, è necessario che ciò principio, tal di conseguenza vera è quello, seguita di seguita alcuno se già non fussi impedito ; e se pur impedimento, l'effetto, che doveva seguire del predetto partecipa tanto più o meno del detto impe- «care la ragione » ^). «nessuno Giacché, come egU stesso dice altrove, e ragione, la Intendi ragione. sanza effetto è in natura % non ti bisogna sperienza»»). ^_ ,,.^ v Non diranno, né vorranno di più gì ideahsti più della natura j filosofìa una che vagheggeranno dommatici, Leonardo ben si son potute queste ultime parole di ¥xlo^ocelebre deUa l'autore cui in raccostare a quelle formulò il concetto di una fia della natura, lo Schelling, paria Leonardo, scienza a priori. La ragione infatti di cui schelhnghiana da a priori per l'appunto come l' idea e : è non attraverso non una volta raggiunta, intelligibile soltanto attingibile se e quindi cedente dei fatti manifestati dall'esperienza; che la futura principio come noi, da anche posseduta, ossia moesperienza dovrà necessariamente confermare, e non potrà sraenefficacia, irresistibile sua nella strare principio, *) ») Ludwig, *) .« .-iStA § i6. ma, come un ante- l'esperienza, noi 3) Codice Atlantico, 154 Ms. E, 55 r. Codics Atlantico, 147 »'• v. \ — 200 — — tire mai. La ragione di Leonardo non è un prodotto, né anch'essa, dell'esperienza, ma un presupposto dell'esperienza, che attraverso di questa, perciò, si scopre presupposto, che ci come la sua intima sostanza rende intelligibile la stessa esperienza. Anche Galileo — ; empinsmo, che gu tano da quella forma ingenua di da ripetere posteriori, positivisti i vorranno attribuire del platonismo, perfino quella teoria, cosi caratteristica èpropnamente ScheUing *). innate idee delle dice che si nostro intelletto è capace mercè l'esperienza, è la stessa verità che è a base della verità di cui 201 estraneo neptivo atomista e meccanicista, che non è rimane lonpure al platonismo originario ma tanto : penserà che - il Giordano Bruno spinozista ma Spinoza lo riconduce a si ricollega al platoe attraverso Spinoza e Bruno egli nella natura vede e Rinascimento, nismo del nostro inconsapevole di sé, e la realta il pensiero come realtà speculativaquindi come quel pensiero che la mente come la verità eterna, l'eterno pre; ; l'esperienza K •'-i la verità dell'intelletto divino, l'assoluta pensiero che l'uomo, guardando alla natura, : verità, o il e vedendone la razionalità e inteUigibilità, è portato ad attribuire a Dio che la natura ha fatta, e nella natura reahzza un suo disegno, il suo pensiero. Anche per GaHleo l'intelletto umano, se non per estensione, certo per intensità, o qualità, coincide con l' intelletto divino, mente pervenendo a quella ragione delle cose da cui le costprovengono ^). E poiché ho ricordato Schelling, dirò per definire storicamente il pensiero del Vinci, che così il : filosofo tedesco, come Gahleo, come Leonardo s'incontrano in questo concetto di una ragione che è al principio delle investigazioni delle cose naturali e al sommo umane, come pensiero che si fa natura per giungere, da ultimo, alla coscienza di sé nell'uomo e chiudere il circolo del mondo, perché tutti tre appartengono, più o meno, a una medesima corrente ideale, che, come ho già rammentato, in Firenze tra i coetanei ed amici di Leonardo ebbe alcuni de' suoi maggiori rappresentanti ; della natura, le quah perchè e costrette sono quelle che radalla sua legge, e s'impossessa quindi della si immedesima. JNel vi e natura, nella infusa ^one stessa ragione è la stessa natura nella sua strazioni, : all'indirizzo platonico ^). Il Galilei accentuerà il degh devono ossia effetri, essere, discorso dell'umana Dioche s è svelato ali uointeriore necessità o razionalità: sopra tutti Fico Neoplatonici, i insegnavano come mo mo- — pure della Mirandola, e come insegnerà non madre Granduchessa alla Lettera nella Galileo Bruno, ma — per mezzo G. Gen- Cfr. Galilei, Fratmneriti e lettere con note di tile. Livorno, Giusti. 1917. pagg. 24-25. asserzioni del compianto ») Arbitrarie e ingiustificabili le amico Edmondo Solmi {Leonardo e Machiavelli, in « Arch. circa 1 rapstor. lomb. », 1912, s. 4, voi. XVII, pagg. 209-17) porti del Vinci coi Medici e coi platonizzanti di Firenze. Per alla biociò che riguarda i Medici cfr. Ger. Calvi. Contributo St<r. lonih., 1916, parte 2\ grafia di Leonardo, in Arch. *) ricostruisce segno mira, supposto della scienza, Dio stesso. A questo oscualquanto artista, da e scienziato a modo suo, da deterramente, anche Leonardo. E la sua «ragione » è com egh minatrice di quella necessità, che costringe, nequella di ojx^razioni sue dice la natura in tutte le della natura », « teina e cessità che « è maestra e tutrice eterna » ) della inventrice della natura, freno e regola sua legge, che in natura, «costretta dalla ragione della La nostra ragione mediante lei infusamente vive» «). delle dimol'esperienza, commenta la causa *) Frammenti lì MrF™23 ? e sJi pagg. 419-34- 8. da E. Solmi. cfr. i passi analoghi citati V. Modena. 1898 /.. d. iuìlafiloìofia naturalistica d^ pag. II. i cit. p. — — 20^ delle opere sue, nella natura, in cui V intelletto deve il ; dimostrare : pittori [cioè Leonardo stesso], li quah i ; amici, ammiratori dei platonizzanti fiorentini scolari, dalla bocca o dai colte frasi essere Devono Ficino. del da una delle loro contemporanei, libri dei neoplatonici del dialogo divino teorie d'amore intessute sulla trama un foglio del Codice di Platone, queste che si leggono su : li stu- Trivulziano : la cosa amata come il sucon seco s'unigetto colla forma, il senso col sensibile, e L'opera è la prima sce e fassi una cosa medesima. se la cosa amata è vile, cosa che nasce dall'unione Quando la cosa unita è convel'amante si fa vile. e piacere, niente al suo unitore, fi seguita dilettazione Quando l'amante è giunto all'amato, e sadisf azione. -Quando il peso è posato, lì si riposa. li si riposa. intelletto» ). nostro col cognosciuta, La cosa sta^), che conè tutta la teoria platonica dell'amore, gli conversione questa e in nell'amato, verte l'amante della sua natura fa raggiungere la somma perfezione cui lo stesso gioia deUa sapienza, del pensiero. Per diano li giorni delle feste, nelle cose appartenenti alla vera cognizione di tutte le figure, e' hanno le opere di natura, e con sollecitudine s' ingegnano d'acquistare la cognizione di quelle, quando a loro sia possibile. Ma taciano tali reprensori, che questo è il modo di conoscere l'Operatore di tante mirabili cose, e quest' è Ch'invero il di amare un tanto Inventore il modo grande amore nasce dalla gran cognizione della cosa che si ama [amor Dei intellectualis, dirà Spinoza!]; e se tu non la conoscerai, poco o nulla la potrai amare e se tu l'ami per il bene che t'aspetti da lei, e no per la somma sua virtù, tu fai come il cane, che mena la coda e fa festa, alzandosi verso colui che li pò dar un osso. Ma se conoscesse la virtù di tale omo, l'amerebbe assai più, se tal virtù fussi al suo proposito » ^). « Muovesi l'amante per — — ! C nella manoscritLeonardo sarà tratto a fermare nello stesso osservazione di Corneho Celso « Il sommo ^) quella del corpo, bene è la scienza, il sommo male é il dolore cioè d aimperò che, essendo noi composti di due cose, migliore, la pegprima è la quaU delle corpo, di e nima mighor parte, il giore è il corpo, la sapienza é dalla male è dalla peggior parte, e pessima. Ottima : to V. sommo •) Trattato dilla pittura, § 77. .|l ninna altra cosa è cosa é nell'animo è la sapienza.... e il ^'«^fr^^SMi&.igifl''-^ nsa *) Ms. «) Fol. 6 r *) f^pr^H^'iJ^ ^"^i""*^^ : — — ; Dio dunque, oggetto dell'amore di Leonardo o della sua rehgione, è il Dio che si conosce nelle co»e (Deus suo essere, in rebus), dove egU operando manifesta espenenza quella ragione, intesa la quale non occorre immedesimandosi Leonardo, per anche intende, s' e che Platone nel con essa, come aveva insegnato primo continuarono a Convito e come con infinite variazioni ed era un tema obbligato suoi seguaci cercarne il vivo vestigio. È questa intuizione del divino naturale, che infiammerà gli eroici furori del Nolano, e che accende lo sdegno di Leonardo contro gì' ipocriti del suo tempo, congiurati a impedirgli o a screditare le indagini sue nuove intorno alle cose naturali «Sono infra 1 numero, delli stolti una certa setta, detti ipocriti, ch'ai continuo studiano d'ingannare sé ed altri, ma più altri che sé ma invero ingannano più loro stessi, che gU altri. E questi son quelli che ri- prendono — 203 : Triv 2 » t — 404 — Somma ripatriarsi e vedi, la speranza e '1 desidero del de la farsimilitudine a fa caos «ritornare nel primo desideri e l'uomo, che con continui « falla al lume beninteso, quell'amore con appunto aspirarvi eia e irraggiungibile, Penìa, povertà, (he Platone nel Convivio fece figlio di con felicità», dice somma «La incolmabile. difetto profondità Leonardo, «sarà somma cagione da a questa comparare». «Or felicità, ; sempre sempre con festa aspetta la nuova primavera, e nuovi anm, «la nuova state, sempre e nuovi mesi, cose venendo sieno troppo « parendogli che le desiderate « grande della sapienza cagion della infelicità, e la perfezione mfatti, ancorché platonicamente della stoltizia». raffigurava in un possa non aver letto il Fedone, egU simbolico, inseparabilmente congiunti, e disfazione. «tarde e non s'avede che desidera la sua «Ma questo desidero è la quintessenza (spinto degh anima dello «elementi) che, trovandosi rinchiusa per «umano corpo, desidera sempre ritornare al suo manE vò che sappi, che questo desiderio è quella « datario l'uomo è «quinta essenza conpagna della natura; e E suo disegno un confusi in tava solo tronco, piacere e dolore. : ; E commen- Ili: piacere insieme col dispiacere e tiguda l'ahro. «ransi binati, perchè mai Tuno è staccato contran son perchè voltate, schiene colle «rannosi un medesimo «l'uno e l'altro. Fannosi fondati sopra « Questo si è il ; «modello dello mondo»*). ncapitolazione Modello del mondo, o microcosmo, o come lo concepiva ed di tutto l'essere deU 'universo, . esaltava man «con quella son venenore»^). ^,, detto che tutti Altrove egU stesso, Leonardo, ci ha la E fatica. di prezzo a beni ci son venduti da Dio i corrugata dal sempre pur è luminosa, così sua fronte, quell'interno giupensiero delle conquiste da fare, da sdegnoso d'ogm mediocrità dizio, di cui egli si gloriava, là dell opera da quel giudizio, che andava sempre al di dello spirito, che non conovirile anzi gigantesco asceta quella, che è la suprema, sce altra gioia all' infuori di E come in tutti gh infinita. si dà, perchè . : : e che non corre il suo occhio asceti e mistici, platonizzanti o no, egli vegga, da quantunque natura, dalla di là dalla vita, ma uomo della Rinascenza, che di là non e' è il dolore, la gioia, sì la morte e il nulla. qui ci ha originaria ed eterna. L'anima, intorno RlCHTER, n. 67Ó. ^^^bkib^^^^^^^l^kuuadwllB alla quale, come speculare, intorno a Dio, Leonardo non amerà troppo padn de preferendo lasciarne il pensiero ai «frati, li segreti » tutti sanno inspirazione popoli, li quali per perchè son somma e lasciando « star le lettere incoronate, ritiene sottratta,^ al pur egli che » l'anima ^), verità quanto al pandi pari di Dio. alla conoscenza umana,Mn osservabile direttamente esso « improvabile », ossia non da cui soltanto può muovere il nostro nell'esperienza, egh concepisce platonicacompagine organica, semphce strumento anzi di questa dominatrice come di soggiacere alla stessa a destinata non conseguenza per e sapere • l'anima, tuttavia, mente come non derivante né anche ^) • rappresentato i plail Pico, come l'avevano quali tutti l'anima tonici della tradizione ermetica. Pei carcere, agitata di era pellegrina sulla terra, chiusa in mandatario, come continuo dalla inquieta nostalgia del sede detto Leonardo, o, comunque, della sua fondamento, m«corpo perchè hanno un medesimo si è la fatica col piacere del fondamento « però che il del dispiacere si sono i vari e « dispiacere, il fondamento colla canna nella «lascivi piaceri. E però qui si figura le punture fatte e forza, senza e destra, eh' è vana « , 156 V. •) Br. M., ») RiCHTER, n. 837. fol. dalla — 206 — partecipe, fine del corpo, anzi come cosa 207 Leonardo, distinguendo tra l'opera della natura e quella dell'uomo, di questo, e solo di questo ammonisce doversi fare materia d' indagine, ove si miri a indagarne « O speculatore delle cose, non ti laldare di il disegno affatto divina, immortalità dell'eterno. i .r «y, L'anima », leggiamo nel todue frtvulztano ma del corpo corruzion nella corrompere « mai «^i può de del vento, eh' è causa del sono , fa a similitudine canna non resultava una guastandosi che « l'organo buono effetto ». « per quella del voto meraviglie della E dove considera a parte a parte lecorpo, ecco Uonostro del costruzione natura nella rivolgersi e dell'anatomico, nardo smettere la freddezza umano aUamente accento con , ^. all'uomo mia lattea «E tu uomo, che consideri in questa essere cosa giudicherai «l'opere mirabiU della natura, se essere cosa nefandispensa or. distruggerla, il « nefanda convita all'omo. Del quale, se questa « sima il torre la artifizio pensa questa posizione ti pare di meraviglioso che in tale architettura «essere nulla rispetto all'amma, cosa divina e veramente quale essa sia, ella è « abita beneplaabitare nella sua opera a «uo dell' i « : conoscere le cose, che ordinariamente per se medesima la natura conduce. Ma rallegrati di conoscere il fine di quelle cose che son disegnate dalla mente tua»^). ; ; Una : . « . piante cui consiste la ragione che alla mente è ed effetto, in dato scoprire nella natura, Leonardo vede, giustamente, il miracolo, ossia l'opera dello spirito onde a proposito dell'occhio dirà: delle « Qui le figure, qui li colori, qui tutte le spezie parti dell'universo son ridotte in un punto, e quel punto è di tanta meravigha O mirabile, o stupenda ; ! necessità, tu V. ar'^rÙei' slwH : ; quelle dell'animah »^). Nella stessa corrispondenza tra causa : ^1 moto non hanno a percotere ne' contr'a onde la doglia non è necessaria nelle onde, rompendole, non sentano ^) dolore come vigitative senza sé posti obietti ; Vichianù Messina, Principato. stessa : che la tua ira e maligmta distrugga , cito e non volere veramente chi non la stima non che vita tanta * una' , «la merita»"). ^,^„-^^ che è 1 amnna Dio dunque, e questa cosa divina, cogmzione perchè umana, eccedono i limiti della nostra stessa non si natura la Ma non soggetti alla esprienza. quella si può conoscere soltanto essa Di tutta. cono^e l'osservazione dei conduce ci scoperta ragione alla cui esterne manila legge che ne governa le suoi effetti pens'cro che s inun forse Riecheggiando festazioni. ( ), platonica del Ficino contra pure nella Teologia sarà che ma Socrate, ricorda infatti un concetto di fecondato da Giambattista Vico, ripreso, approfondito e Fol, 40 alla ; sicché lasciala •) Leonardo attribuisce e Leonardo ammira governatrice delle cose naturali l'economia ond' è retta la vita del mondo, e non rifugge dall'uso della finalità come criterio euristico d' indagine oltre le dirette testimonianze deiresperienza. Così, dove conchiude alla negazione del dolore e del senso alle piante movendo dalla mancanza di bisogno che esse ne abbiano « Se la natura ha ordinato la doglia neiranima vigitative col moto, per conservazione dell'istrumenti, i quali pel moto si potrebbono diminuiie e guastare l'anime ; • finalità, bensì, Natura, che è necessaria perchè razionale, e razionale in virtù, come s' è visto, della ragione che la regge, non pcTchè meccanicamente opc^rante. Tutto il filosofare dei Neoplatonici insisteva nel concetto della provvidenza 1915. pagg. 27-29. 1 costrigni, colla tua legge, tutti G., 47 r. « Laldare \ laudare. Sentano », sentono. *) Ms. *) « 3) Ms. H., 6oIf. li effetti, — 208 — 209 — — Bruno • .;t^n via ^rrScoir- tlTmiSm; tnce di mezzi *""' ai fin • f/. e di Cam- di GaUleo, bensì di queUo metafisico ma spintualizpaneUa che naturaUzzano lo spinto, Stoici, aveva Lno la natura, come, dopo Platone e gh risorgimento in cui al alessandrina, fatto la filosofia partecipò, senza attratFirenze Leonardo assistette e propriamente^ [speculativi problemi pei certo, di tiva, delte le dispute e il gndio anzi con qualchrdisdegno per suo del aria l' respirando scuole filosofiche, ma pur niente d tutti gli nella penetrate già tempo le idee contatto quotidiano. Da quelle spiriti-colti, con cui fu in altri artisti del suo tempo come ma, pittore, £e eili, della sua arte, e portato tecnica studiolo profondo della alla scienza propinaquindi dal genio possente elveloce cause. Quea oartccipare delle lor come, in Notomia. tua Pf' ScrilT neUa rinascere e 1' .mxnagine possa spazio, dilatazione » ) ricomporsi nella sua <ioyej^' spnga E la Natura sempre gli appansce, provvidenza 01 dina una come indagarla, occhio a luu il ^,w occmo b Il suo ' armonizzanti a u insieme '"-^ell'occhio dell'uomo. , tecnica, trasse 1 indetti, in cui si risolve ogm il suo sguardo rivolse cui tuizione di Quella natura, a com'egh amava Universale, universale. e acutissimo infinito sapeva ^re non pensando all'universo, che come attraverso U ma all'universalità della vita mente 'Ae /male, ^, If«7trcVS?».f «"Sn.'; non'e^^te^e, f4 numero O^ esso ^ito ntornan. Sito, desiderano a s esercita P^^," "' violento, quanto più sturale fa l'opposto : liberamente, più ^^ ., ^^ ^«v). obedisce . per l'umano liberamente, mstar^abilnessun limite, ma di spaziare ™.^°tto leonardesco secondo mente. sine lassitudine del suo spinto E lo stesso atteggiamento scientifico filosofico per 1 suoi presupaspetto pertanto assumeva % » VI. a/,^^Sl;=.-"=— Sà quindi aUa neinesauribile delle sue forme, e dentro chiudersi non di ingegno --" confermava nella coscienza di posti e si scaltriva e Che sono sostanfondamentaU. metodici canoni Llcuni base del conodell'esperienza, quello 7 almente due e quello della matemadetto già ci^abbiamo di scere esatta della ragione o legge tica come determinazione l'esperienza. Concetto di naturale, accessibile mediante nella scienza cons'impadronisce Leonardo cu e parso di cui a filosofia, stessa temporanea e nella e vi insiste doTlo riconnettere ^^^^^^^^^^^^f"^^^ lo svolge ; del suo intelletto e la perspicuità somma • ; -era ') t) 3 RlCHTER, n. 22. . FratntncrKi, ed. Solmi. «Lussuria è causa de P;"'^ la "7 nTa^-Do^ré-lvaSodluo organi). Ms. H., 32 «) ^s*. 5) Ms. C, 26 •) Corf. II, • generatone _ ^^^ ^ ^^^^ strumento» ^ jo&n- (cioè. ^o degU - »•• 4- Tni- ') !. 26 m r. Ms. H., 48 - Cior/ow ,f V. Bru«} t il Cimiero del Rinasdminlo t"^-"i f'rf'ii atfc^'ivf •fei«l^a>t^^«»!^t'''.->^ — 210 — — ed assoda con una coscienza, che anticipa anche qui Galileo. La matematica a lui, come al grande capace, e non «che la mente umana non è naturale» «dimostrare per nessun esenplo — somma il si posson ). Pisano e a tipo del vero sapere scientifico da « li primi veri e son sue parole che partendo e con vere sesuccessivamente procede noti principii gue nzie insino al fine ». Questo è il processo, infatti, dell'aritmetica e della geometria, «che trattano con Cartesio, rappresenta — 211 : — verità della quantità discontinua e continua >>. Qui », è sempre Leonardo che parla, « non si arguirà, che due tre facciano più o men che sei né che un triangolo abbia li suoi angoli minori di due angoH retti » (l'esempio che torna sempre sul labbro del più grande dei «ma con filosofi matematizzanti, Benedetto Spinoza !) eterno silenzio resta distrutta ogni arguizione, e con pace sono fruite dalli loro devoti il che far non possono suggella le bugiarde scienze mentali » *). La matematica « ; ; ; l'immagine della divina natura, che anch'egli, come tutto vagheggia ed ama quale il Rinascimento che già s'avanza, perfetta rivelazione dell'eterna possanza. Alla cui mente egli non ardisce alzare lo sguardo e contentandocontro gh stolti si delle sue anatomie, si volge sdegnoso nelle quale Dio, di mente la abbracciare vogliono che « «s'include l'universo, come se l'avessino anatomizata. «O stoltizia umana, non t'avedi tu, che se' stata con «teco tutta la tua età, e non hai ancora notizia di quella sovrana ; cosa che tu più possiedi, cioè della tua pazzia E volli *) «poi con la moltitudine de' soffistichi inganare te e «altri, splezando le matematiche scienze, nella qual si «contiene la vera notizia delle cose... o voi poi scorrere «ne' miracoh, e scrivere e dar notizia di quelle cose di « ! ; VIL esempi naturali, La mente di Dio va cercata negli splende nell'opera così come l' idea dell'artista quale non è per Leonardo sua. naturalista dunque, - copia della natura sensibile, ma 1 egli potrà Onde, esaltando la sua pittura, poeta Qual filosofica « dire con pienezza d' intenzione o amante, a vera effigie innanzi, metterà ti parole con qual farà il pittore ? » ). della tua idea con tanta verità, imita, ma crea Il quale, perciò, non vedere bellezze che lo innamorino, « Se '1 pittore voi cose modi generarle e se voi vedexe platonico dell'idea «) efiigie -la : ' n' è egli struose risibili signore che' ; sieno spaventino, o che o veramente compassione voh, >^«onesche n e bignore ei Trattato di pittura, ») Vuoi. § 33 ; cfr. § i e e lochi ombrosi e se voi generare siti e deserti, Dio caldi li figura, e così lochi esso caldi, tempi freschi ne' cime alte delle vole se valU. ne' tempi freddi. Se voi e se vole ^opo quella campagna, gran scoprire monti de' è signore ; e se delle vedere l'orizzonte del mare, e gh n' E rmnti, ode li alti m^^^^^ basse valU voi vedere gh airi effetto, ciò eh è nell umin E spiaggie. e valU le basse immaginazione, esso verso per cssenzia, presenzia o *) Qiiad. d'anat., II, « Sopra questo f. 14 ^- . . , «.off*» n<;^prvaosserva punto vedi le giuste ed esatte La Critica e l'arte di L. zioni ^^LioNELLO Venturi. *) La ma Bologna, Zanichelli (iQIQ). pag- 7-818. 3) Trattato di pittura, § d. F., — 212 — — mente, e poi nelle mani, e quelle sono di tanta eccellenza, che in pari tempo generano ima proporzionata armonia in un solo sguardo, qual fanno le cose » *). Questa potenza creatrice del pittore è quella divinità dell'uomo che il platonismo additava nell'anima umana onde esso insegnò a tutto il Rinascimento ad esaltare di cui la dignità e grandezza dell' uomo nel mondo, anche Leonardo ha detto l'uomo modello. Leonardo, che, con l'animo dell'artista il quale ha tutto nella sua arte, vede nella pittura l'apice dell'umana eccellenza, e nell'occhio, nel divino occhio mentale che scorre per l'universo e lo idealizza, e si affisa nell'idea che è sua, canta commosso questa potenza divina dell'uomo cen- lo prima ha nella — ha trovato gli elementi e loro dezze delle stelle questo il le cose future mediante prciire fatto questo ha ?ti prospettiva. e l'architettura, corso delle stelle questo O ecc^ ques°o'fdfvina pi'ltura 1Q^^^li Dio da create sopra tutte l'altre cose Quali la tua nobiltà ? possino ch'esprimere auelle possaranno quelle, che appieno ; ; I ; tro e riassunto dell'universo e signore della natura: lo canta nel Trattato della Pittura in una pagina che ricorda anche nei particolari, la celebre canzone di Tommaso Campanella in lode dell'uomo «re, epilogo, armonia, 213 6^-^ IjJ-fJ^^™ • ! rpoH. quali^ingue o^razione ? ano descrivere la tua vera corpo, finestra dell'umano del specula e fruisce la bellezza «Questo è I per la quale mondo Per l'anima e ^ell uniano carcere questo l'anima si contenta e suo tormento. carcere umano esso sanza Questo umana ha trovato il fuoco, E 4r questo l' industria riacquista quello, che prima h l'occhio quale il melante coli agriQuesto ha ornato la natura SJ^ro le tenebre. coltura e dilettevoli giardini. , ^i, , ,^ e o lungo inn^o in si alto che bisogna eh' io m'estenda si faccia non lui per che cosa, discorso ' Oual' è quella o ques j^ l'oriente all'occidente Ei r^we li omin^ da qu-to in ^^P^.'^^^,^ E navigazione. ha Trovati la naturah sono finiti, e op«^e natura: che li semplici mam, sono infinite come alle commanda che l'occhio d' infinite forme d afinzioni nelle « . Ma ; cosa » *) quanto la « Tanto più vale la pittura che la poesia, pittura serve a miglior senso e più nobile che la poesia. La qual nobiltà è provata esser tripla alla nobiltà di tre altri sensi, perchè è stato eletto di volere piuttosto perdere l'udito e odorato e tatto, che '1 senso del vedere perchè chi perde il vedere, perde la veduta e bellezza dell'universo, e resta similitudine di un che sia chiuso in vita in una sepoltura, nella quale abbia moto e vita. Or non vedi, che l'occhio abbraccia la fin d'ogni : ; bellezza di tutto il mondo ? EgH è capo dell'astrologia. Egli fa la cosmografia. Esso tutte le umane arti consiglia e corregge muove l'omo a diverse parti del mondo. Questo è principe delle matematiche. Le sue scienzie sono certissime. Questo ha misurato l'altezze e gran- , ^mostra il pittore nll^'o^mr^^d^tltua^ingua ; reggiatrice della natura. ; ») Ivi. *) Vedi sopra pag. 127, § 13. v. 62. di Leonardo é il nascimento a^qm- penSero dell'uomo è l'uomo che e /Ple'lf ^^amente ^a il senso profondo del suo valore, di bel ez^ creatore Leonardo lo dimostra nello stesso signo scienza moltephce immortale e fondatore di una riel *) 28, Trattato della pittura, § f ^^^^^TZ^^T^^^ti .'"^ìi., 5<«#4».. %f VI. GALILEO E IL A ! i '.ViftP^ i à£dL.£ì£3l SUO PROBLEMA SCIENTIFICO ..«MiMM.. I. La DaUa prefazione al volume e lettere : G. Ga 1 i 1 e i, Frammenti vita suo^ritS sia deUa storia de' Galileo è tutta piena de suo. |rgessi d^^edelle sue scoperte e musicista e scm valente Vincenzio, da di M Nacque IQI?con note di G. Gentile, Livorno, Giusti, ^ XS verebbe voluto.... «"e»^"^* ordinario in accortez^ Ma il ," ES^iSiJiza.o. qualunque protessione e ^y volendosi Jovane", conoscendo la povertà della * iS ? ^^^^^tSire ^ .) . alfa Sl^f^tS rprSi^nelle Tutti i documenti lettere «^en-^St^ntfnfvol.TxTé Opere ed. ^^'^•,?.Pf"f^^f,^„Zii che fa parte /nd»c.d^»«^^^^^^ seregesto se ne può vedere il dei voi. XX. s. (^,f!''Jf'^aediz r^^- delle Opere per cura gesto biografico gaM'^''l°f^Ì'f' Barbera, 1907. S^^bèra i9"7- colti nelle sue eli • i' ili Antonio Favaro, ^U Firenze, S?^)V!^Ks5SB{^feS^a -, -"^.r-i* fl!%.-tMi.^ ^ ^-^ i — — 218 — 11() — della quale si mostrò poi in ogni privato congresso, ne' circoli e nelle accademie riccamente adornato. umane, In questo tempo si diede ancora ad apprendere la lingua greca, della quale fece acquisto non mediocre *). Nel '78 pare fosse nel monastero di Santa Maria di Vallombrosa e vi stesse facendo il noviziato. Quivi certamente « udì i precetti della logica da un Padre Vallom- II. j> .brosano; ma però que' termini dialettici, le a studio Nel settembre 1581 Galileo era mandato immatricolato tra veniva università questa in a Pisa, e non s avdi artisti (come chiama vansi gU scolari che studi di medicina viassero pel diritto) per attendere agh farne un medipoiché il padre avrebbe desiderato con gli studi di medicina gh convenne tante defini- zioni e distinzioni, la moltiplicità" delli scritti, l'ordine e il progresso della dottrina, tutto riusciva tedioso, di poco frutto e di minor satisfazione al suo esquisito intelletto»^). Ben si dilettava piuttosto di sonar il liuto, su l'esempio e V insegnamento del padre ; e secondo ci racconta il suo scolaro e biografo, dal quale andiamo traendo questi ricordi, « pervenne a tanta eccellenza, che più volte trovossi a gareggiare co' primi professori di que' tempi in Firenze e in Pisa, essendo in tale strimiento ricchissimo d' invenzione, e superando nella gentilezza qual soavità e grazia del toccarlo il medesimo padre di maniera conservò sempre sino alli ultimi giorni ». Molto anche dilettavasi del disegno, al quale mostrò ; di possedere segnalata inclinazione, e nel quale andò tanto innanzi, da acquistarsi pel suo gusto e perizia autorità grande tra i pittori più famosi del suo tempo, e il Cigoli, del quale è noto ^) quale stima facesse il Galilei, « attribuiva in gran parte quanto operava di buono ahi ottimi documenti del medesimo Galileo, e particolarmente pregiavasi di poter dire che nelle prospettive egli solo gU era stato maestro»*). ; Il *^ \ co E insieme congiunti della imprendere quelli allora strettamente scuole L.a nelle insegnavasi filosofia peripatetica che quella parte affatto quale non comprendeva soltanto tardi s intese speculativa del sapere scientifico, che più scienza pola anche ma propriamente per la filosofia, sotto il nome compresa andava che natura, della sitiva primamente campo a di fisica E qui il Galilei ebbe ingegno. «Il manifestare la Ubera originalità del suo natura tu dalla « biografo, solito il dice Galileo, che » che segreti que di parte eletto per disvelare al mondo densissima una in sepolti restarono secoh tanti già per schiave del parer e oscurità delle menti umane, fatte secondo 1 condedi asserti d'un solo, non potè mai, cieca ; conie alla così preda in darsele sueto degU altri, pareva di gh non Ubero, che, essendo egU d' ingegno a' soU detti e opmioni assentire facilmente così dover vasi col e moderni scrittori, mentre potè delli antichi appagar se medesimo discorso e con sensate esperienze naturali tu conclusiom delle dispute perciò nelle ogni detto d difensori sempre contrario alU più acerrimi di spinto di quelh tra nome acquistandosi aristotelico, venta provocontraddizione, e in premio delle scoperte E *) XIX, '-') 3) *) V. ViviANi, Racconto istor. dilla vita di 601. ViviANi, pag. 602. V. i citati Frammenti, pag. 82. ViviANi, pag. 602, G., in Opere, non potendo soffrire che da un candosi l'odio loro che per ancora, secondo un lor e giovanetto studente, ; ^- 2l0 detto volgare, quelle dottrine non avea da — — fatto il corso delle scienze, imbevute, si può dir, con il latte gli avesser ad esser con nuovi modi e con tanta evidenza rigettate e convinte » ^) Studiava bensì nei testi Aristotele e Platone, e approfondiva da sé la cognizione diretta della scienza antica. Ma, insoddisfatto, ha vigile l'occhio a nuove osservazioni, portato fin d'allora a non cercare nei libri la verità. È del 1583 la celebre osservazione suggeritalor gU dalla vista di una lampada che oscillava nel Duomo, onde scopre la legge dell' isocronismo delle oscillazioni del pendolo. L'anno dopo si volge allo studio della geometria, nella quale e nella meccanica fa subito progressi mirabili. Sicché ancora nel 1636 riprenderà e invierà a un suo amico, perché siano stampate, le dimostrazioni di alcuni teoremi intorno al centro di gravità dei solidi, «trovate (dirà con visibile compiacenza) da me essendo d'età di 22 anni, e di due anni di studio di geometria, le quali é bene che non si perdino »*). Studia Archimede (1586), ed escogita «un nuovo modo esattissimo di poter scoprire il furto di quell'orefice nella corona d'oro di Jerone » inventando la bilancetta. E quell'anno stesso tiene in Siena pubblico insegnamento di matematica, che legge pure in privato così a Siena come a Firenze. Nel 1578, va a Roma ed entra in relazione col gesuita Cristoforo Clavio, celebre matematico del tempo ; e con altri matematici di varie parti della Penisola conferisce le sue teorie sul centro di gravità, onde si viene sempre più ampliando la sua riputazione. Tra questi matematici, marchese Guidobaldo del il Monte, di Pesaro, concepisce per lui grande stima e si adopera presso i Medici, affinchè gli sia affidata la cat- ») O. e, pagg. 602-3. Opere, XVI, 524. — tedra di Matematica vacante nello studio di Pisa. E provvisione gli fu infatti conferita nel luglio 1589, con la annua di 60 scudi. III. Dal novembre 1589 al '92, per un triennio, lesse pertanto Matematica a Pisa, continuando i suoi studi, con i vecchi inle sue osservazioni e i suoi contrasti accademica gravità cui la tradizione alla ; ligi segnanti compiacevasi di pungere e deridere in capitoh bernela toga (i^gi) schi, come qiuaio giuntoci Contro il portar i professori dello Stuper prammatica di era poiché la toga per stabilire dio. Nel '90 inventa la cicloide, che gh serve nello studio Insiste ponti. dei archi agli dare da forma la ; l'errore della dottrina aristote; scopre che fa variare la velocità della caduta dei corpi secondo la gravità « dimostrando ciò con replicate espe Pisa con l' inrienze, fatte dall'altezza del Campanile di del movimento lica : tervento dogli altri lettori e filosofi e di tutta la scolacontro resca » *). Commenta l'Almagesto di Tolomeo; siano sorti i suoi primi dubbi ; il quale non si sa quando ma è certo che nel 1597 ^) poteva dire di avere abbracE forse ciata già molti anni innanzi la opposta dottrina. essere ricordava tardi più che questioni, delle era una collega ed stato solito lietamente disputare col dotto amico di Pisa, il signor Jacopo Mazzoni Ma a Pisa non è sicuro del triennio, e per *) *) 221 3) 3) Vtviani, 0. le ^). d'essere confermato allo scadere naturaU avversioni suscitategU contro e, pag. 606. Cfr. la lett. a Kepler, in Frammenti pag. 191. Cfr. pag. 192 e n. I a pag. 191. — 222 — ?«% e dalle sue novità scientifiche e dal suo spirito ribelle, per esser forse caduto in disgrazia presso i padroni, a causa di certo giudizio da lui liberamente espresso su una macchina idraulica di don Giovanni de' Medici ; ha bisogno, d'altra parte, di trovare un collocamento più vantaggioso, poiché nel luglio de' 71 è morto il padre, ed è rimasta a suo carico tutta la famiglia. Onde Matematica nello si studia di conseguire la cattedra di Studio di Padova la quale gli viene assegnata il 26 settembre 1592 con lo stipendio di 180 fiorini e confermata per sei anni nel '99 con fiorini 320 e poi ancora a nel 1606 per ahri sei anni, portandosi lo stipendio mille con vita, a nell'agosto 1609 infine e fiorini ; 520 si fa fiorini. Giacché a Padova la grandezza di Galileo ogni giorno più manifesta una grandezza di ingegno singolarmente felice, che accoppia le più rare attitudini speculative del matematico con la passione indagatrice dell'osservatore il quale non osserva per altro col solo estendere fine di appagare la propria sete di sapere ed delle forze della natura i Hmiti del noto, ma per servirsi onde la sua scienza non desta ai fini della vita umana e ; ; ; : ; ; soltanto l' interesse dei dotti, ma e dei principi e degli inStati ; e non e' é scoperta sua che non dia luogo a venzioni di strumenti utili alle arti della pace o della movimento scientifico che fa capo a lui, fecondi per la costituzione della moderna più com' é dei scienza della natura, così è de' più benemeriti rispetto a quella signoria dell'uomo sul mondo delle forze brute, che Bacone in quel tempo assegnava come principale guerra ; e il sapere scientifico. o in quel torno, scrive per uso degli scolari un trattato di Fortificazioni ; e nel dicembre inventa una macchina da alzar acqua, per cui il Senato Veneto gU conferisce un privilegio. Insegna Euclide, Cosmogra- ufficio al Nel '93, Astronomia. Nel '97 perfeziona il Compasso geomeintorno trico e mihtare, e stende per iscritto le istruzioni airuso dello strumento. Comincia a scrivere in lettere fia, — 223 — '.j/*!. mentre private in sostegno dell'opinione copernicana pure ad argolegge agli scolari sull'Almagesto, Toglie mento delle sue lezioni le Questioni meccaniche di Ariche entrestotele ; ma getta le basi di nuove dottrine, delle ranno a far parte dell'ultima sua opera. Dialoghi l'armanuove scienze, che pubblicherà nel 1638. Studia che contura della calamita e fa le prime esperienze durranno all'invenzione del termometro. Nell'ottobre per la prima volta la nuova stella del Ser; ; 1604 osserva pubbliche lepentario e nel dicembre tiene su di essa tre poderosamente una delle zioni, in cui comincia a scuotere legata ai dottrine fondamentali della fisica [aristotelica, della metafisica di quella scuola ed entrata, ; principii pensare comune, mercè la si può dire, nel modo di la dottrina dottrine quelle di straordinaria diffusione : dell' inalterabilità del cielo. ^ ^ „ a GranduNell'agosto del 1605 pr invito della reca in chessa madre Maria Cristina di Lorena, si Medici Toscana a insegnare al principe Cosimo de' l'anno e militare e geometrico l'uso del compasso in sessanta esemplari, nella propna casa ; dopo stampa, di Padova, Le operazioni del compasso geometrico e minell'eche dedica a quel principe. Di cui torna ama legarsi di semstate ad essere ospite, e col quale Capra, che già pre più stretti rapporti. Un Baldassarre nuova, aveva contro le lezioni di Galileo sulla stella Considerazione scipita quanto un'insolente pubblicato fuori per astronomica, tenta ora plagiarlo, mandando circini cuiusdam proporle stampe un Usus et fabrica le Operazioni del tionis in cui riproduceva in latino presso i RiforGalileo. Questi gl'intento un processo dell opusoppressione la ottenne e studio, dello matori sua Difesa una egU pubblicare di scolo, col permesso Baldassar Capra micontro le calunnie et imposture di Astronomica usategli si nella Considerazione lanese (et assai più) sopra' la nuova stella del MDCIII, come nuovamente come sua invenzione la nel pubblicare litare, ;im^''^Sgp^-'^<-'^W^^- — 225 — 224 fabrica et gli usi del Compasso geometrico e militare cipio del Rio de' Veneri, nella laguna e nella città (1607). Nel 1608 continua a studiare lungamente blema dell'armatura della calamita e nel 1609 ; il pro- è tutto sue ricerche e dimostrazioni meccaniche ; nel giugno & Venezia gli giunge notizia di uno strumento che in Olanda era stato presentato al conte Maurizio di Nassau, composto di due vetri dentro" un tubo, onde' si sarebbero veduti gli oggetti lontani come dentro alle quando IV. maggiori meraviglie son quelle che Gaa poco scoprirà nel cielo per mezzo di questo cannocchiale. Lo drizzò egli subito alla Luna, e ne Ma ben fossero vicini. « Con questa sola relazione », racconta il Viviani, «tornando subito il signor Galileo a Padova, si pose a specularne la fabbrica, quale immediatamente ritrovò la seguente notte: poiché il giorno appresso, componendo lo strumento nel modo che se lo aveva immaginato, non ostante la imperfezione de' vetri che potè avere ne vidde l'effetto desiderato e subito ne lileo indi ineguale, scorse, primo tra gli uomini, la superficie con cavità e prominenze a guisa della Terra. Vide quindi nebulose essere una congerie di stelle ad occhio nudo per la loro immensa distanza e la loro relativa piccolezza. Ed ecco il 7 gengirano naio attorno al corpo di Giove tre satelliti che gh la via lattea e le fisse, ; diede conto a Venezia a' suoi amici, e fabbricandosene altro di maggior bontà, sei giorni dopo lo portò quivi, dove sopra le maggiori altezze della città fece vedere e osservare gli oggetti in varie lontananze ai primi senatori di quella Repubblica, con lor infinita maraviglia»*). Ne lasciò memoria infatti il procuratore Antonio Friuli nella sua Cronaca, sotto il 21 agosto 1609 : « Andai io in Campami di S. Marco con l'Ecc.te Galiileo, e sig. Zaccaria Contarini.... a veder le meraviglie et effetti singolari del cannon di detto Galiicon il quale posto a un occhio e serando l'altro, leo... ; ciascheduno di noi vide distintamente, oltre Liza, Fusina e Marghera, ancora Chioza, Treviso e sino Conegliano, et il campaniel et cubbe con la facciata della si discernivano chiesa de Santa Giustina de Padova quelli che entravano e uscivano di chiesa di San Giacomo di Muran si vedevano le persone a montar e dismontar de gondola al traghetto alla Colonna nel prin: ; *) con molti altri particolari veramente ammirabiU» *). O. e, pag. 609. Cfr. Frammenti pagg. 201-2, indistinguibili un quarto, sei giorni dopo. Con animo altamente commosso Galileo descrive in pochi giorni, in intorno, e breve storia di queste scoperte, che portavano nel cielo nel cielo, quale si continuava ad rivoluzione la inmiaginarlo secondo la fantastica costruzione aristotelica, al con la Terra in mezzo, centro dell'universo, intorno cielo. Scrive del mobiU stelle le tutte muovano quale si mincius, pubblicato a Venezia il 12 marzo il Sidereus onore 1610, dedicandolo al Granduca Cosimo, e in latino, la : I i quatdella sua casa denominando « Pianeti medicei » fatta tro sateUiti gioviali. Nulla più dell'accoglienza pure espose Galileo materia cui (la nuncius al Sidereus Padova) in tre lezioni nella primavera, nello Studio di da parte dei filosofi che insegnavano nelle università può dimostrare la gravità del colpo che le sco- italiane, conperte galileiane arrecavano alla scienza ufficiale *) 75 In Opere, — XIX, 387- Giordano Bruno « ti pensièro del Rimaset'mtnU ' ~ fi I T-T -É'éM I . — 226 — — 227 — buon Vi« Non mancarono già », dice il e fra questi de' viani, «de' così pervicaci e ostinati, alludendo constituiti in grado di pubblici lettori» dei pensatori più tuttavia fu che Cremonini, a Cesare del spregiudicati della fine del sec. XVI e del prmcipio questa alcune affermazioni di Chiesa cattolica, che da Senta temeva di vedere ^os^J^,.^'^^'^.}'ZZMedici*), alla cui om matiche E gì' interessi di casa poche molee che ebbe perciò dal S. Offizio non altro in gran stima, i quali, te« tenuti per mendo di commetter sacrilegio contro la deità del loro osservazioni, né pur Aristotele, non vollero cimentarsi alle ni una volta accostar l'occhio al teloscopio e vivendo bestialissima ostinazione, vollero, più tosto alla temporanea : — XVII, stie ^), di fronde non avrebbero ^onsen ito uomo gand del energica Curia una'difesa aperta ed la hbera taG^ileo riparò, l'avrebbe assunta che l'onorava, quale forse — scopre la forma tricor5K>r.a nell'ottobre comincia ad e Ai Saturno Nel settembre intorno Venere nel suo movimento o servarle fasi delle macchie soosservazioni prime indi fa le "^'STugt^erOaÌaeo I ; questa lor medesiche al loro maestro, usar infedeltà alla natura ma» «h Erano quegh stessi, che ventisei anni prima Giordano Bruno aveva nella Cena de le ceneri additati copernicana « Sono tra gU oppositori della dottrina temendo pazzia credula qualche per che, alcuni altri, ostinatache per vedere non se ne guastino, vogliono eh' hanno una quello di tenebre le ne perseverare mente al^k : malamente appreso» 3). Ma di tutte le oppodal plauso sizioni Gahleo è largamente compensato a Fitornare può e Kepler Giovanni mandatogh da aveva -desiderato renze, ottenendo il posto che molto di Pisa ed ambito, quello di matematico dello Studio filosofo e d'insegnamento) (esente da ogni obbligo celeste e confermava dahra parte U marzo 1611 ^i /«ca ^ Rw sistema copernicano. Nel L vi sue scoperte celesti. delle verità la r^r ^mostrare ? volta ; inalterabilità . ^rande^^^^^ fin al giugno. <i-tando cne 1 le novità annunziate, per interesse vivo Diù TtraSl il del Granduca, con mille scudi annui. 5 V. a Firenze Sncei. Sicché può tornare T>./MT Paoli nel Firenze però doveva essergli pur troppo nuova ^lenza, conflitto destinato a scoppiare tra la svolgendo, e la liberamente veniva che per opera sua si fatale ') ') ') Vedi Frammenti pag. 209, n. 0. e, pagg. 610-11. Opere ital., ed. Gentile, I, veder lieto di mm rhe molti cne n studi dedicò .^ Aless.*.ndro II prof. del alla' illustrazione in chiara luce messo P^'^rd^umentì docurnentin^ la merito di avere con copiosi pe^ toscano e specialmente ^„^„devoquali motivi ispirassero 'l^^J^rno '1 I. 27. :Ì in opere. XI. .96. SVt.^dfi f2°;r:g|io 16X.. — 229 — — 228 — da lui ac- conosciute tutte le benemerenze scientifiche erano poste le quistate nell'esplorazione del cielo. Ma si nposto premesse di un dramma, che il destino di Gahleo, avviato a ormai pensiero, suo del stesso indirizzo nell' qumdi conclusioni, doveva di necessità svolgere egli opera meditava un. grande f^J^l^^Z^^ certe fino alla catastrofe. Giacché, assodati i fatti, di cui il egli era portato telescopio gli aveva reso testimonianza, a spiegarh e dalla tendenza sistematica della sua mente non poteva inquadrarli in un sistema del mondo, che onde Tolomeo di e Aristotele più il sistema di essere ; copernicana, veniva risospinto verso quella dottrina voler per non di Kepler al scrìtto aveva che nel 1597 praeceptorts noallora toccare, fortuna ipsius Copernici se questa volta egli può contentarsi stris perterritus. presto dovrà del riconoscimento delle sue scoperte, condanna di tornare a Roma, per cercare d' impedire la netto cui proibizione avrebbe troncato di E Copernico la sua vita scientifica. : Ma prima ancora che controversia coi Nell'estate dell'ii è avvolto in una delle CoLodovico da capeggiati Perìpatetici pisani, della raiclombe circa i fenomeni della condensazione e che gli avversari fazioné, e sulla causa del galleggiare, anzi che alla attribuivano alla figura del galleggiante, alla tavola del gravità Di che avendo pure discorso futuro Granduca, presente il cardinale Maffeo Barbermi. Cosimo di papa Urbano Vili, il Galileo ebbe invito da che 1^ quello stendere su questo tema un Discorso ; pubblicato l'acqua, su in alle cose che stanno Intorno primavera del '12. Pone quindi mano stampate l'anno dopo dai Lincei alle sue lettere col titolo macchie solari e loro Istoria e dimostrazioni intorno alle tedesco Cristoforo accidenti, in risposta al gesuita indirizzato altretaveva Scheiner, che allo stesso Welser tabulo pseudonimo Apelles latenspost al Welser, tante lettere, sotto mente gravitava lam, contro la scoperta galileiana. La sua intorno al quale intorno al problema cosmografico Granduca cne neU'agosto 1610 aveva fatto sapere al : com« ^^^f^^ blicarrìente Sparente tra essa e reale del contrasto ^ ^^^^ la questione rappoiu tr '^^'^'^^S^Tóopp generale dei la Bibbia, e in pm e porse uno de suoi gliela La occasione er appun^ quale al Castelli, discepoli, la nella VI. ^j^^^. ^^_ il Jato dalla GranduchessaJ-^^^^^^^^ .^^^ h la ^^rmui Gal leo. Il tesse accordarsi con si che Terra, della ^^PffP'°fSecati Castelh del con citaquale scris*. allora ^l^-^J^^^^^^Zv^.,. poijarg 21 dicembre ioi3. nella lettera a essa ne^ testi di schiarimenti zioni di Padri e ^^^ Madama Cristina de^ rigettare apertamente l'autorità p ^ ^^^^ ^ sia'stato il primo trent'amii della Scrittura i^^^^t^f.^^'uaSe^ quasi ^ quella ^he ^^. sostanzialmente identica ^ StL c^S^ il ^^^^ quanprima aveva sostenuta st^ano^a^al Gahlei, .^^^^ "«J^^ credere sa ^. tutto induce a rror&Tno SreVJrtsul i^ , 3) pag. 212. Cfr. Fram-'nenti, roV come ere- 105-24. vidi i;--!-;;";iP^fee.'^czzo%^Ua sua'mtrod. al "° come ha xxi-xxii. Gaulei, Vxta fopere ed pagg.'^Jc ecc., f<ib6 voi. — 230 — — a quella che più tardi propugnerà a difesa della libertà della filosofia di fronte alla teologia, Benedetto Spinoza nel suo Trattato teologico-politico ^). Tutti e tre questi pensatori distinguono il dominio della vita pratica da quello della pura verità speculativa, e, assegnando alla religione il primo, riserbano il secondo alla scienza. Distinguono analogamente una doppia rivelazione divina della verità una positiva e sovrannatue rale, l'altra razionale e in via di continua formazione la prima considerazione come fonte degli insegnamenti l'altra, destinati a indirizzare la condotta dell'uomo radicalmente indipendente dalla prima, come la sor- tico *J, e fa se non non 231 — riflettere la luce che si riverbera nella preme difendere ^^^'^ ^^^ffl^^^^^ ìlella non rel^osa^^^^^ tradizione scientifica e mzione dei la è tanto ^f ^^^^^^^ '^t^^.:::T^^^^ : ^ .;^^^^- IX^T^^^--- dottrina, che^n ; \ ; ^S'^n.'". gente della libera ricerca scientifica. L'una, depositata nei libri sacri, direttamente ispirati da Dio: l'altra, matematiche, delle sue leggi, consistenti Uj^ak appunto mS'vo ad alcuna preoccupazione né moxi umano ne 'T umano, ^^^^_ ^g^. secondo rapporti dSiSa P^'-^'^n'^iStoSt^ carneamente conce^^a^^d ^ ^ '" matematici. Sicché la stessa rappresentazione matematica della realtà conosciuta per mezzo dell'esperienza sensibile non è il prodotto d'un lavorìo soggettivo della mente, ma la fedele lettura in determinati rapporti tlo spinto ^^^^ cne boiu 1" H inflitto coi dettati conflitto può entrare non che ^^.^^^ ^ienza scienza insomma Jim q della teologia. La, separandola dal saF^e difende la libertà, quantitativi del hbro del mondo, in cui Dio volle scrivere, del pari di che nelle sacre scritture, il suo proprio pensiero guisa che, come di fronte alla rivelazione sovrannaturale della religione, così nella stessa scienza che è il ; più alto segno dell'umana grandezza, l'intelletto ^ f^^^.^^ qucM ^^^'^^^ro^qu^^^^^^^ diletto ai tere speciale e il per scienza. della Ubertà della J^ognizione cne^ e quanto in dalla teologia, n ha nessuna portaU pei ^^ della teologia, non egli ^^^ come umano o ;^ ?^f^tti ziali dello spinto e non 1 ha. salute delle anime », P^^f^, , ^o per frutto della mente umana. La quale, pel Galilei, non attinge dalla speculazione astratta de' propri principii razionali la verità che è termine delle sue più legittime aspirazioni ; ma dalla osservazione della natura sensibile e dalla interpe trazione, possibile solo per mezzo delle Ci^f^^i -r,J^'n™rf.: pendere deUa teologia, è umano m , naturalistica. la scienza VII. proposito Fiorentino, pref. alle Opere latine del Bruno, I, pag. xlvi; Spampanato, Quattro filosofi napolitani nel Carteggio di G., Portici, Della Torre, s. a., pagg. 9-36 e Vito Fazio Allmayer, G. G. Palermo. Sandron (1912) (nella collezione: «I grandi pensatori»), pagg. 16, 30-3 1' 5^» *) Cfr. in Ma C ; 58, 90. *) Cfr. le mie note ai afetto^^tural è una scienza PnefrSl£ non . Frammenti, pag. 112. I.. - Jf^ si cjoè - separacapacitarono di questa — 232 zione da lui fatta del mondo a cui guarda lo scienziato, da quello a cui guarda l'uomo che pensa e deve pensare alla salute dell'anima sua. Nella questione speciale da cui sorgeva il conflitto, circa la stabilità o mobilità della Terra, c'erano passi della Bibbia, che stavano per ìa tesi oppugnata dalla nuova scienzia ; e ciò per comune e costante interpe trazione dei padri, dai quali la pretesa dei il Concino di Trento aveva dovuto, contro Protestanti, prescrivere che non fosse lecito dipartirsi. Né il movimento della Terra ponevasi come semplice ipotesi d'un mondo matematico costruito dalla mente secondo le leggi della coerenza geometrica, sì bene come induzione della realtà di fatto che è una ben notabile differenza. Giacché il matematico costruisce per suo instituto mondi, che non appartengono alla realtà esistente ; ma in questa non è possibile che ci sia un particolare che non si leghi col resto dell'universo, e non vi si ripercuota, e non abbia perciò la sua importanza per gli interessi dello stesso spirito umano. Sicché la : non può disinteressarsi della definizione di quel mondo, che non é più nel cervello dei matematici, ma teologia in quell'essere effettuale, cui appartiene pure l'uomo, che essa mira ad ammaestrare ai fini morali della sua GaUleo insisteva *), che la posizione eterna salute. E copernicana non era un'ipotesi di matematico, ma la dottrina d'un filosofo che definiva la reale costituzione del mondo. E su questo terreno la scienza non poteva non incontrarsi con la teologia, quaU che potessero essere gH accorgimenti escogitati da Galileo per salvare la alla veridicità della Scrittura nei luoghi in cui si accenna stabilità della terra, mettendosi sullo sdrucciolo delle della interpretrazioni non autorizzate dalla tradizione scriveva Chiesa. Merita di esser tenuto presente quel che da Roma il I2 aprile I615 il maggior teologo che allora *) Cfr. — 233 — — Frammenti, pag. 247. Ucar^^^^^^^^^ avesselaCMesa Romana carmelitano di ^a^J^^ opuscolo conciliati^ autore di un copernicana con^ai^i teoria della documento storco lettera è ^^^ contro massiccia tradizione, ^eHarnun ^. ^^^^^^ ^^^^ ^^^^^^ ^.^^^j^^ ^.u^ al frate P^^^^^^^^^^^^ ^^^^^^ iq 4 Galilei. gli sforzi del ^ , IO Dico che IJ mi pare c^e V r 5 " ^^^^^^ j^^. ^^ a content^^^^^^^^ sciano prudentemente .positione e non -^° parlato «auto che abbia che a lerra s supposto « che. tutte 1. , si salvano ^ ^en^^eg^ eccentrici ed ^^^. a>^„ico. Perchè il^F^^ .^ dire il 3^^^ 3,.^ ^^^ ^^^^o. e epicicli ^1 j, non ha matematico ; e ^ J^^^^.^^ pericolo nessuno q^^^^^^^^e il Sole stia nel volere stesso senza .{^a rivolti in se « solo .in ^^ ^^^^ ^^^^ «centro del mondo a^l cK:adeiite .^^^^^^ ^^ 5,1 .correre d^U'onente con somma 1 e ^° cielo ^^are tutti 1 nel j « <. ^«e^^X i gm « molto pe^^-^^S.rmallnco ^nuocere alla teologi scolastia, « filosofi e g ^^^^e Sante perfede con "rendere tarato molti modi di esporre « santa ha bene d'i"°fT,^^° "^^atiin particolare ; ! che la P. V. Scritture, difficultà e sinte "--«';;; J^tf^;:^^^^^^^ :t co'sa ; *f aws^'^Sìre^r;: Sti V 1-^^ ^^^ ^^^ --S^rcotScomelei-^^^^^^^ Scritture contra Padii ; e se la P. ae il c°^mu ^^^ ^^^ ^^ Genesi. J'^^-^^^^^ tro J-^^^^^ri moderni sopra commentanm ,. il «Santi Padri, mah Salrm, \ sopra U ^Pl^^^^^'t e'S^e ad lUeram eh' me^p tutti convengono ^^^^ ^^^ , vara che ij^orn il e gira 1 ^.^^^ ^ ^^^ Sole è nel eie o, la la ^^-^ che „ e aocità, consideri immobile. rtare che si «centro del ^ondo, « «sua prudenza, Terrae^^ se la ^^niesa ^^ y^ — ^35 — — 234 — dia alle Scritture un senso contrario alli Santi Padr «e a tutti li espositori greci e latini. Né si può rispondere « che questa non sia materia di fede perchè, se non d è materia di fede ^^ parte obiecti, è materia di fede ex « parte dice^itis ; e così sarebbe eretico chi dicesse che « Abramo non abbia avuti due figliuoli e Jacob dodici, « come chi dicesse che Cristo non è nato di Vergine, « perchè l'uno e l'altro lo dice lo Spirito Santo per « ; che la nave si muove e non il lito ; ma quanto al Sole è che abbia bisogno di core la Terra, nessuno savio esper-menta che chiaramente reggere l'errore, perchè inganna quando s' non l'occhio la Terra sta ferma e che non s mganna anco come muove, si Sole iriudica che il muovano » ). si stelle le e quando giudica che la Luna bocca de* Profeti e Apostoli. « 30 Dico che quando ci fusse vera dimostrazione che il « sole stia nel centro del mondo e la Terra nel terzo cielo, «e che il Sole non circonda la Terra, ma la Terra cir« conda il Sole, allora bisogneria andar con molta considerazione in esplicare le Scritture che paiono contra« rie, e più tosto dire che non l' intendiamo, che dire « che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò « che ci sia tal dimostrazione, fin che non mi sia mostrata; « né è r istesso dimostrare che supposto eh' il Sole stia « nel centro e ]a Terra nel cielo, si salvino le apparenze, « e dimostrare che in verità il Sole stia nel centro e la « Terra nel cielo: perchè la prima dimostrazione credo che « ci possa essere, ma dalla seconda ho grandissimo dubbio «e in caso di dubbio non si dee lasciare la Scrittura « Santa, esposta da' Santi Padri. Aggiungo che quello « che scrisse Oritur sol et occidit, et ad locum suum reavertitur etc... fu Salomone, il quale non solo parlò in« spirato da Dio, ma fu uomo sopra tutti gli altri èapien«tissimo nelle scienze umane e nella cognizione delle «cose create, e tutta questa sapienza l'ebbe da Dio, « onde non è verisimile che affermasse una cosa che fusse « contraria alla verità dimostrata o che si potesse dimo« strare. E se mi dirà che Salomone parla secondo l'ap« parenza, parendo a noi eh' il Sole giri, mentre la Terra « gira, come a chi si parte dal lito pare che il lito si parta « dalla nave, risponderò che chi si parte del lito sa bene « gli pare che il lito si parta da lui, nondimeno conosce « questo errore e lo corregge, vedendo chiaramente Vili. « « : nostro dal dei due processi sofferti ^ora.^^^^ all' Inquisizione di innanzi ^nsatore grai^e particolari, e qui basterà ormai note in tutti i loro processo, aperto su primo U brevemente. ricordarle Lorini a propos, o Niccolò domenicano denunzL del Le vicende febbraio padre Castelh (7 della lettera del GaUlei al segretissima, durante la quale istruttoria un' 161?) Discorso die. 1615), scrive il Roma doS Galileo ?oSa '/ Treca a (3 /^^^sso . reflusso del cS^micana, poiché gato col movimento il mare^^. schietta professarne flusso e riflusso manno della Terra, e invano vi è spiesi adopera Copernico non sia condam^^^^^ Iffinché la dottrina ^i aue 24 febbraio 1616) delle ti chiude con la censura mov^^^^^^ ^^del pro^Soni della stabilità del fo^efebbraio) fatta per 26 J^Plla Terra e con l'ammonizione da^ al Galilei che si astenga Szzo dd^^^^^^^^^ impedisce a Galile non divieto questo Ma nrofessarle speculaziom intorno ai in segreto le sue sistemf del mondo. La ^--^^^^ una delle quali, nei rSoiSre -mp^a^ due'mS comete, fino al gennaio ^^o^dello Scorpione, rimase visibile nell'agosto del '18 di tre i) In Opere di Galileo. XII, 171-2. %' — — 236 — successivo, illustrata dal gesuita di Roma p. Orazio Grassi in una Disputatio astronomica nel senso aristotelico-tolemaico, lo trasse, anche per gì' incitamenti venutigli da varie parti, ad esporre il suo pensiero ; il che fece per mezzo di un Discorso delle Comete, letto dal suo fido scolaro Mario Guiducci all'Accademia Fiorentina, e dato in luce nel giugno 1619. Fu il segno di una bat- soltanto ntondo è compiuta taglia ingaggiata dai gesuiti contro il sospetto fiorentino. GH si avventò contro il Grassi, sotto l'anagramma di Lothario Sarsi nella Libra astronomica ac philosophica, divertì da prima a postillare minutamente, e poi a confutare nel celebre suo libro polemico // Saggiatore, pubblicato a Roma per cura de' Lincei nel 1623. che il Galilei 237 — il 21 febbraio 1632. IX. si 6 agosto sale al trono pontificio Maffeo Barberini, dal quale Galileo si teneva sicuro di essere benvoluto assai, oltre che stimato. E spera subito di poterne ottenere migliori disposizioni pel sistema copernicano. Si reca una quarta volta a Roma nell'aprile del '24, e vi spende più di due mesi in colloqui con Cardinali e col Pontefice per persuaderli dell'opportunità, anzi necessità per la Chiesa di cessare da ogni opposizione contro una dottrina scientifica, che nei paesi riformati si diffondeva sempre più. Ma da Urbano Vili riceve bensì buone parole, e medaglie, e « buona quantità di Agnus Dei», e la promessa d'una pensione pel figlio, ma nulla che modifichi la situazione giuridica creata dal precetto del 1616. Galileo riprende il Dialogo, a cui già pensava dagli anni di Padova, sui massimi sistemi, tolemaico e copernicano ma tra minori studi e malattie e la naturale titubanza derivante dal divieto del S. Ofiìzio, procede in esso lentamente. Lo compie soltanto nel '30. La prudenza usata nelle espressioni evitando di affermare mai risolutamente la verità del sistema copernicano, certe vaghe voci giuntegli da' suoi amici di Roma circa suo le intenzioni del Papa, la fiducia nel patrocinio del Il ; Granduca, a cui il Dialogo era dedicato, gli fecero sperare di ottenere la facoltà di stamparlo, e di poterlo quindi a sapere che ria noU'aeosto Galileo viene in potere suitfLSan:'- ogni i gè- ^^^^J-^t^, '' ""'^'''^o esaminarlo. s^tternwe F II ^.V't'emb" Il ?,3 p^ rzzo°SWisit^e comparire non più 0*^'° ';^,Ì;Tmnella gran ^^gno del '33 o.? il 22 giugi processo, che si chiuderà sopmm^^^^ Maria \Santa Lia dei Domemcam che proibiva ilDta^^^^^^ lettura della st-ntenza dall attranto v S copermcana della dottrina ralc del S. ^tU minacciato il ^^ -"gai d'uomo. co ogm 'S^ienS contro di cui si rwo"f qual^^^,^. tortumja più che la mmae^^t- Ma della di- f dr m^ offcS il^o^tro sentimento JaS -^^ =^^^^ ''? nft'to i) Cfr. P^. cimento. noichè%rvenne meno, nell'estremo Frammenti pagg. 274 ® **• w £ — 238 _ — onde doveva restar colpita assai più l' istituzione che condannava, anzi che la vittima che n'era colpita. Giacché tutte le durezze con cui si vollero inesorabilmente travagliati gli anni estremi del Galilei, nulla poterono togliere a questo della sua grandezza e della moderna meccanica ; 239 — stendendo ij^^ff lettera ^t^";: ^JJ^Jf^opra scrivendo la Oberazioni astronomiche ; nel Luna ; e commentando ed esaltando il candore della gli con carteggio equente ^--j/^^.t^ik'urvto tutta la sua vita. quella scienza che era stata tani, tutta interiore, procuratagli dalla potenza del suo genio ; ma quanti animi non alienarono dalla Chiesa Romana ? Che se alla distanza di un secolo e più, in cui lo spirito gahleiano venne celebrando i suoi trionfi, faceva dalla Congregazione dell' Indice cancellare (i6 aprile 1757) il decreto quo prohibentur libri omnes dogioia, centes inunobilif aleni Solis et mobilitatem Tcrrae *), essa cancellare il senso di ripugnanza o di diffidenza contro le sue decisioni e il sospetto entrato negli animi, che a lei forse increscesse della luce che non potè la XI. pii^ mente umana vien facendo cgn mosS scienza, Wranei cTn Egl la scienza. come fu rinnovata e pròsec. XVII, nessuno tra i del nella prima metà il Galilei. ebbe l' intuizione esatta come quale Della filosofo, ma un fu propriamente un magche, a differenza dei nostri ^naturalista e Sco Telesio, Bruno e CampaRinascenza, della riori fi^ofi pensatori e scienziati che nella e dei più celebrati come Bacone, Descartes e Ke- X. matema- Ton aoroAo rcS moderna, chiarissimamente, che una per la prima volta che si deE natura si può costituire ae patto si fermi nel rigorosamente dalla metafìsica cognizione diretta dei fatti, Juo proprio carattere di ma da considerare come già produrre, da sono che non loro intrinseco essere e pro- Xr ^de £;^ Nelle lettere di Galileo è tutta la storia di quelle durezze, di tutti i dolori sofferti, fino alla cecità, onde fu suggellata nel '37 la sconsolata solitudine degli ultimi anni ; avvenuta 1*8 gennaio 1642. gran vecchio non fu fiaccato e le sue e fino alla morte, lo spirito del tere ci attestano ; come Ma let- nel villino d'Arcetri, assegnatogli la pena inflittagli del carcere da ultimo a scontare M ' perpetuo, quello spirito vigilasse, tutto assorto ne' suoi studi, portando a compimento i Dialoghi delle nuove scienze, in cui tornava al soggetto delle prime ricerche giovanili e gettava in un capolavoro i fondamenti della S^rf comSi °ndecifrabili nel soltanto, perqualitative nelle loro differenze loro proporziom qu^timisurabilinelle e constatabili com'egh dice di esperienza sensata, Se do tLtlve : Odetto di ragionamenti, perche non argoE abile in virtù che lo conosce, e spirito allo r^ranoo anzi opposto come um ossia pensabile adente i'nTè la sS legge i criten di razionariferibili S)no non Stfbruta, a cui aziom delinterpetra mi finalistica onde l'uomo sola realtàle ammessa dal è la che natura, 4omo verso cm piego sempre e dal materiaUsmo, : qS 1) Opere, XIX, 419. ma naSusmo — nel secolo XVIII 240 — e nel seguente la pura scienza della natura. Del valore di ima tale scienza, ossia del punto di ! discuterà più tardi, quando si vista che le è proprio, riaffaccerà, in forma di gran lunga diversa, il problema in cui si dibattè ai suoi tempi Galileo, dell' accordo di questo sapere che non conosce i fini e i bisogni né le leggi proprie della natura umana, e ne rende quindi imposcon la sibili, non che la spiegazione, lo stesso concetto, scienza che muove dalla intuizione di questa realtà si , umana. E se ne dimostrerà il Hmite. Ma, pur nel suo limite, cotesta scienza gahleiana è una delle glorie maggiori dell'età moderna, e una delle forme essenziali, VII. non la sola legittima, della nostra mentalità. E per questo rispetto Galileo è uno dei maestri immortaU sparsi in i cui insegnamenti sono dello spirito umano tutte le osservazioni di carattere metodico e filosofico che ricorrono qua e là in tutti i suoi scritti. Attraverso della scienza si possono i quali perciò i caratteri proprii se IL : CARATTERE DELL'UMANESIMO E DEL RINASCIMENTO studiare nella schietta originalità della loro prima formulazione, definiti con la maggiore semplicità da uno noscrittore che è dei più logici e insieme più lucidi della stra letteratura, tanto serrato e organico nel pensiero quanto limpido e trasparente nell'espressione. I ;<5 - Giorda' Bruno # il /insterò eitl Rinoicitnénio W^lKii^*^^^ I. è la Preparazione V Umanesimo I^nascim^"^% Da un di Roma corso nel di 1918. lezioni — tenuto Inedito. nella Università r inizio del sotto lo stesso nome, o f jLi are gnare se si vuol des Tn wole s^ tX^^^ dello PY'^^PP".",./Rinascimento quel periodo -minaa -n^^^^^^^^^^ ^]^. europeo ocadentale^ che. Sri ^o^^^^^^ SSco^-jJreS pu diagnosi dei sintomi di assegnare la [^^^.^J carattenzzaw avvenimenti, '^°'"° e inaagaio iLt" èTnCto volume, dove si "12 a^nSf^ma^neSmo ^^fSa che riguarda ^^ gPfSfsto^rico ^d rifioriie degli rcSc'etS ì^ filosofia ma con Sconda metà . se le 4 ^^ u^^. ^onla dalla ^^}'fJ^J^^''^Ìi^^^cil^^ letteratura Italiana ci^ la stessa del sec magari oscuramente il XIV -"^ pr^,^^^^^^ Fo^n^^ /^^^^^^^^^^^^ un Valla o "" Petrarca, un Bruni, o ^ Aretino, un lasso un Ariosto, un parte, e un ^^ epoca distingue -"^^^.fp^enTro ^ ^^^, l'orientamento generate de^^ e diverso u mento propriamente detto che ognuno e nesimo Ma ; degli studi ^^ d'eU'uomo nel un <ja g una „o .»tjflP!«t^#ié«(***« I — dall'altra. si Cè di mezzo un mutamento spirituale, Il che ^erme 245 — Cristianesimo era stato di vita proprio del il manifesta principalmente nell'estensione della sfera d'interesse intellettuale e morale, per cui l'umanista pare che si restringa tutto nello studio e nella celebrazione di quello è strettamente umano, nell' animo suo stesso o nella memoria e nella tradizione, a cui egli ama affacciarsi per ingrandire e rinvigorire lo stesso suo animo laddove l'uomo del Rinascimento gira intorno lo sguardo fuori dell'uomo, e abbraccia con 1* intelletto la totalità del mondo a cui l'uomo appartiene stesso, luà. 1^^ Vh? S f Onindi un nuovo concetto come intelletto, che rf'^^^-ir, nt'^ù tn?e7to l!i%S"che coi il mondo da -^cond.jona^^ ; e in cui gli tocca di vivere. Il punto di vista umano diventa punto di vista naturale che è lo stesso punto di vista di prima, ma ampliato, in guisa da ricompren: dere nel suo orizzonte la natura. che aXoToUfalftnft/d!%u'eUo verità come questa ahro èTtuire una con nel^mo annunziò infatti essa crea Ma che il Cnstia- la ai ^"^^^"^"^J^^S^^ la venta stessa, e oUrr^ ^ npnsare sistematicamente SJun^.l . Je raosofi» che del suo vero, .a "«» »»»",, II. d«.„»c.no J^^S perche E'Srl Per intendere questo allargarsi dell'orizzonte proprio dell'Umanesimo, conviene rendersi conto con precisione del significato dell' Umanesimo di fronte al pensiero precedente, medievale. E poiché 1' Umanesimo è un fatto della storia dell' Occidente di Europa, quivi è pure da cercare la situazione spirituale, a cui gli Umanisti si oppongono. Essa può essere definita, nel secolo XIII e XIV, quando il movimento spirituale e religioso culmina nei grandi sistemi scolastici, nella istituzione dei grandi Ordini mendicanti e dell' Inquisizione, e nella Divina Commedia, come la cristallizzazione definitiva del pensiero cristiano filosofico, : lasciando», slugg.re che ^SLtc*jS,st„o„.n Le, se „0„ per ! m- avrebbe più do™.^^^^^^^ ' «f«\ 'fJ'XTitS Sono i artistico primitivo e l'arresto di quello sviluppo che, prendendo di Paolo, le mosse dalle intuizioni originarie di Gesù e aveva dato luogo all'elaborazione teologica dei Padri mediante ;S™rtellett..aBstico le foime del pensiero classico greco. gimento della filosofia ,al«^^"'i""f .PL^ ' ^^a bgica la io|i analitica e deduttiva è logica aristoteUca, e pnncipu, dei cogmzione la del pensiero che presume che cio cogmzione di tutto implicita in essa la -wyMa^'saBwpSir — 246 — 247 — — zionalmente conoscibile e cosi non s'adatta se non a una forma di verità, che sia precostituita di qua dal processo del pensiero e sia quindi immediata, e perciò trascendente. E il platonismo, nuovo od antico, che è poi il fondamento ultimo della logica aristotelica, era infatti la concezione della realtà come trascendente lo spirito, e quindi immediata. Ma realtà trascendente lo spirito, o realtà immediata, è natura. E invero tutta la filosofia greca si esaurì nel naturalismo. E la filosofia cristiana, se si sforzò di concepire la realtà come spirito, e di portare la mediazione nel seno stesso dell'Assoluto, in conclusione tornò alla trascendenza, e non riuscì a superare il naturalismo greco poiché ebbe consentito di porvisi a contatto, o d' incontrarsi con esso sulla stessa \'ia per cui quello era incamminato. La realtà trascende l'uomo, in quanto l'uomo è essere naturale, finito. Questa è la posizione platonica e questa è pure la posizione cristiana medievale. Coesiste, certamente, con essa un elemento contradittorio. Poiché, prima di tutto, Dio (questa natura che ci trascende) è spirito. Poi, se molti filosofi, la maggior parte, quelU dell' indirizzo che finisce col prevalere, dicono che Dio si conosce con l' intelletto, altri, che ; ; ; riaccendono negh della w re. I si necessità di appellarsi all'amoPoi lo stesso Tommaso d'Aquino, che è dei più proclamano la senza dubbio, il più genuino rappresentante della sistematica cristiana, oppugna con grande vigore la forma più caratteristica e più veramente platoneggiante della concezione della trascendenza, come s'era annidata nella dottrina averroistica dell'intelletto (inteso come unico nella sua universalità oggettiva, e sottratto pertanto ad ogni intrinseco nesso con la personahtà concreta dell'uomo) e in questa polemica mette in luce, quanto gh era consentito dalla sua filosofia, l'immanenza innegabile del divino rigidi » tempo in tempo la fiamma oppongono a cotesta pagana spiriti di fede cristiana, pretesa, e intellettualisti wwfet'g^g fj-**ai*KW»»*» e, ì\ nello spirito °;) it'amt ^1 era che '^^.f orientato verso ^^^^^^f ^"^ ^eaUzza in noi, ed è perche è Dio. è uno ^P'"to n°.^'lJ stesso misticismo della noi, ciò, rispetto a e del nostro Bo"f "^V^iJtorini, dei shmana direzione ^^^^ „„. Bagnorea non ce eora Vi™. ^f naventura da cipio positivodeUareal negativo di di Diotrascendente q;?f aspm uà gU ^-^^^^S \""; ^ degli altri f ^ ^«^^"fJS to stesso divenire ^nzicome ey luo sLzi v^ .^ , Tommaso di e ttono l'averroismo ar^^^^^^^^^ dell'atto puro de«no;^^^^^^^ verroismo u^^^^^^f„lnte e nel successivo la filoXIII cadente venta nel seco o ^^^^^^ jj^^^^tro forti, sofia degli spinti eh^^^fViV^^^stotelismo, e se. con conseguenze alle negano la crea- f<^etf™r„a[ura denanatuwg^^^ dev'eternila la dottrina ^^.^^.^^^ cosi daUeradici zione. e spiantano ^^^ aeiw v realta assoluta ^^^^ ^^^^^ dell' infinità o unico accres -no Je^^. ^^^.^^^^_ ^^^ dell' intelletto e a <i'" epicurei di Dante n'altra parte, il vo- a fann^^^^^g^X col corpo mor di Duns beo lontarismo .'"^sticizzante vLima iniCgS: defVre7runiversale, matej^^^^^^^^^ pretto naturalismo o Ma, SI dica ^atoaUsmo t sempre fondamentale zion« ; I in generale, Ma lo sDirito, " quello' spirito ^"deL? "' I9I3. pag- ^^^' mette ^^ . anch'esse ^^.^^„_ , q capo ,^^. negazione ^^ncreta, che si ^^ )t.p»''^'^^mmfm^(m^-'- — 248 — — l'uomo nella natura materiale, da cui l'uomo è circon ""^^^^ ' ^' '' ^^" "'"^ ": ovvero ow^ro^'d^Tà ai là dalla coscienza S : SI "- m cui eeli si sente tal quasi racchiuso, come per l'eSreo che nl^i' immortalità dell'anima sia c^e qu?sta TndividuaUtà neghi insieme con tutta la natura volta ; finita, lespenenza, ne la realtà Setto deN trascendente tuttfh sfera dell esperienza, la conclusione è identica perciò che r? ^^'^"^^ ' '' ^^'^^ ^i iS'rir aTtnt; ^^^"à- ^ quin^'i una potoiza e^m vlV°''^' '^ ^ ut "r^ ^^ affermarsi e di fronte alla an^ natura n^ T'^^' ^''°g"° estenore, da cui, se afferma se stesso gh conviene pure distinguersi, e di fronte a ogni realtà che distingua da sé. Comunque, in ambo i cafir indi viduo perde di vista se mide imo. la mopria ima nita 1 proprio valore o per affisarci in ?uest" mònd^ naturale che non contiene infatti nulla umano s' intende la realtà spirituale di umano Te r^r o Der affi<;fr.Hn un mondo ultra naturale p" che' qu^ntunqu^defin ^ S'uomo ; • to contiene nulla né della na^uTa né dX'P"'''-? ^"'k"^" nella Lsa'ia't'.'''' ^^^« '" fi- ff ' ^' ^^"^'^^^^ i""^^S "'!"^' "°^' deU'uomo per ciò ì\^^ natu^aL'dVcrfgn d^ve "a' |?ado""' ^-"^P^^"ger =.ttuare\hor£mtt: l'i^a che è ^*s#*»«f^" II^Z^TS^ ; nentemente ; concetto degU ordmi mendi Antistene, di cui dicanti all' ali anima del opposto più niente si può concepire di fede nella potenza Cristianesimo. Giacché questo è la conseguenza del a creatrice dello spirito e queUo è che allora toccherebbe la sfiducia assoluta nello spirito, ad ogni precima deUa perfezione quando rinunziasse coscienza del negativa neUa tesa di azione e si chiudesse domenicani e degh stessi dei Inquisizione L' nulla. suo dommatico della francescani è il corollario del concetto individuo riceve, e non può verità trascendente, che l' a ricevere. Isegache ricevere, e deve perciò Umitarsi e pere o indmduahta. deU' zione anch'essa, pertanto, del domma del^ logica alla conforme dello spirito, ultima analisi, e, in Chiesa come società autocratica scende verità, e però la legge, rito s'adagia, o riaccosta ideale Questo naturalismo medievale che si concentra nella "'"' '°™" ^^'^'-^' -llfform: :' dKt'é dellf 't ^*?'* concreta vita politica. Il seA . è 11 secolo di Domenico il Budda o di ; teocratica, in cui ^ in la per l'allegoria Uarte non si può giustificare se non all'espressione del sentinon servire deve quanto : l' individualità dell'artista, ma alla rap«tessa venta che presentazione attraente di quella filosofia. Il poeta forma il valore della rehgione e della poi Pienamente Convivio secondo l' ideale dantesco del il pm grande veramente è che Poema, nel incarnato stesso teoesso e medievale, dello spirito III. VTTT XIII — lavoro e perconcezione negativa deUo spirito, che è concreta indmduahta, come lavoro è ed ricchezza ciò nella concretezza forza che si spiega consapevolmente che la fa nascere e emidei suoi rapporti. Lo spirito ma la forma in cui questo spicristiano mento, che é rolr. colo 249 Guzman e di Francesco d'Assisi. La dottrina della povera è una di monumento dogmaHs come ripeterà il Boccaccio: nullms Cioè, la Virgiho. del Giovanm vorrà expèrs, come lo Sg^. pSsia'non può attingere valore se non daUa fonte unica da queUa medievale d'ogni valore all'occhio dell'uomo realtà, che non è nello spirito ^^^^^•^'J'.J'']l^t^l Spinto che solo è di là da esso, in quello operare l'uomo; atto che esso in e mondo, che crea il : • atto ma at'to «XMfcl'" '""'»»** '!"*' »»' ! — 251 — vffl' V.'- fa nel mondo ogni germe di vita, e nelintelligenza ogni raggio di luce, di verità e comunica, con piovere l'umana di bene. Certo, Dante non lui ; ha legge che egli IV. E noi sentiamo battere il suo cuore, lì e' è di più. suo è Dante con la sua forte personalità, nel nerbo del individuale potente carattere. Ma non è al rilievo di anzi a questa sua individualità che mira il poeta raccogliere dentro all'anima capace il cielo e la terra : : ine insegnamenti di teologi e memorie di storici sono dustriosamente adunate e chiamate al gran lavoro, che tanto cresce di pregio agli occhi di Dante, quanto in sé di verità imiversale ed eterna e di più riflette coscienza del genere umano. E se l'uomo moderno ammira l'alta fantasia che spiega a sé e trae nel suo volo guarcosì vasta materia di pensiero e di fatti, solo dando al vigore onde questa fantasia infonde la vita animo nelle sue creature, Dante protende tutto il suo laboriosamente alla dottrina che s'asconde sotto il velame dei versi. Il suo interesse è lì. E se la sua fibra lui non è così robusta da reggere al peso enorme, a quanto cale tanto della libertà del suo movimento, addosdi compiace si che soma dell'ardua piuttosto ma poeta vate maestro di verità, che che detta dentro assoggetta al d'amore il seppe bello stile di VirgiUo « il savio gentil che tutto E appunto perchè l'arte trae il suo valore dal sapere, ed essa che per sua natura è la poesia è allegorica sarsi. Poeta dolce sì, osserva perchè non fatta. ma Dove : stile Attorno a Dante, mentre classica ; più libera espressione, anzi celebrazione della libertà neldello spirito nella sua individuaità, si sommerge l'universalità di un sapere, che aU'uomo s'impone la dell' pubbhcistica dotta diorigme dello Stato e scute la dottrina non vede altra possibile tra imperialisti e curiaUsti, la sorgente stessa d ogni che poUtica fonte all'autorità di Dio tumultua nel trascendente realtà la volontà pullulante dallo sviluppo nuova vita d'una fervore economico-sociali la stona spontaneo delle reali forze Comune che Dante non intende. Ma il del Comune e non sa ancora Evo, Medio del limiti i supera stesso non forza pohtica che concepire Stato o una qualunque e l'effetto dell'attmta indivi: sia la duale Sori manifestazione individuo è il popolo contro i corpoal di sopra del cittadino la volere l'individuo si spogha del suo Al disopra del contado dell' ; razione in cui un interesse di classe particoiare per essere assorbito in economico e ancora al meramente valore suo nel che propriamente .Po«ti'^a. Quandojer di qua della realtà classi e fondare 1 unita ^^ncere l'antagonismo deUe dal coesione degl' interessi discordi Stato nella tranionU « sorge la Signoria, il Medio Evo della stona la potenza luce piena nella innanzi si fa non presuppone la dell'individuo, come spirito che dello Smune )>. la la Comme- è nell'allegorismo della in quanto noi svestiamo il poema del suo apparato allegorico, e di là dal simbolo andiamo incontro al suo animo \àbrante della passione sua, Dante tempo, e di tutti i tempi^ si solleva al di sopra del suo nell'eterno. al pari di ogni poeta, per sublimarsi dia 1' legge, ma la crea. e- •„ „„„~ la Signoria, come stato detto giustamente che con a armonicamente compone sforzo personale per Stato in gli elementi di uno volere proprio del forza a un disegno, è tratpotenza organica corrispondente personalità che campeggiano in forti queUe da tata È , , . t^emi^^^mm ^ ^-^i^vSfemm^ , — 252 — — Dante a quello di Machiavelli come un'opera d'arte *). E la caratteristica è più profonda che non si sia pensato. Giacché veramente tutta la politica italiana che mette capo praticamente a Cesare Borgia, autore del maggior capolavoro di quell'arte di fare lo Stato, e scientificamente a Niccolò Machiavelli, autore del ritratto ideale più coerente, e, come tale, più vero d'un principe capace di creare una tale opera d'arte, è ima politica che si può definire estetica nel senso stretto di questa parola come estetico è, in generale, il concetto della realtà umana che V Umanesimo afferma contro il naturalismo medievale. E soltanto da questo punto di vista si può intendere agevolmente perchè la civiltà itahana del Rinascimento rifulse di luce sì viva in tutta Europa, mentre 1' Italia soggiaceva alla prepotenza straniera e s'avviava rapidamente alla decadenza, con cui pagò l'alto onore d'aver dato un così potente impulso a tutta la civiltà moderna. Italia dal secolo di trad. J. it., BuRCKARDT, La voi. I, parte i*. Civiltà del Rinascimento in Italia, 253— ; suo carattere. Onde accade che, propone precisamente di compiere agisce egualun lavoro d'arte, il suo carattere estetico la sua volontà. e pensiero suo il di sé informa e mente tale sia un Poiché non é da credere che l'artista come hanno semphce contemplatore inerte di sogni che non siano che sogni, mai sono ci non Già realtà di sorta. volgarmente si crede. così fuori d'ogni realtà, come quella sola Anche il sogno ha, a suo modo, realtà l'uomo \ava la realtà che l'uomo reaUzzi, e in cui mentale e il tono anche quando non al si m : E non personahta. realtà spirituale della sua stessa si hmiti alla l'uomo cui in spirituale, e' è situazione non e possibile parte di semplice spettatore ; poiché noi stessi instauda l'opera che altro contemplare mai attività lavorante rata col vigore della nostra interna L'artista, sempre mai aUa costruzione del proprio mondo. ossia una più corpo, dare per combatta dunque, canti del suo sogno, in piena e viva e sana realtà al mondo essere, ed è, anche può artista però e opera caso ogni medio, da cui 1 artista in quella vita pratica che l'uomo rihevo deUe sue attitudini si distingue per il peculiar di una più comestetiche, l'uomo che ha coscienza alla quale 1 ammo plessa vita che non sia quella entro tende a ritirarsi e quasi a chiudersi, e in; ^k' dell'artista hi ^) , e il suo concetto tutti i suoi sentimenti e le sue idee, quale egh del passato e il disegno del suo avvenire, scienza sua La promuove. e vagheggia e lo concepisce fondere nel fuoco o la sua filosofia diventa materia da tutta la sua vita intenore condella sua fantasia dà la nota fondafluisce e sbocca nella sua arte, che ; Ma bisogna prima di tutto rendersi conto di quel che sia propriamente l'atteggiamento estetico dello spirito. L'arte non è im elemento, ma una forma, o \m momento, della \ita spirituale. E come forma, non coesiste con altre possibih forme, ma investe totalmente la vita dello spirito, in guisa da imprimere il suo proprio sug-gello a tutta la personalità dell'uomo. Il quale, se è artista, raccoglie e risolve nella sua arte 0*\mmf(mm<>?m^ ig0 contrappongono sieme con quest'uomo medio il filosofo poeta. del sogno al che senza una conIl filosofo, insieme con l'uomo e sente la diffecezione sistematica della realtà vede dalvita qual' é e la vita idealizzata da differisce che realta ha l'occhio a una come la deU'artista perchè la contiene; così renza tra l'arte quella la "• .# ' — 254 — — realtà della veglia contiene in sé quella del sogno. La contiene, perchè l'artista non conosce se non ciò che Amore o altro dio gli detta dentro conosce cioè solo quel tanto della vita che egli sente immediatamente vibrare nell'intimo dell'animo suo, e che si dice il : propriamente suo sentimento, ed è il momento in- dividuale o soggettivo della vita dello spirito il momento dell'astratta individualità e soggettività, che si oppone all'universalità del mondo oggettivamente pensato. Il filosofo, invece, guarda a questo termine obbiettivo verso il quale necessariamente gravita il soggetto, e pel quale l' individuo si fa universale, e la Ubertà si determina nella legge e nell'universale e nella legge si spiega la storia, ossia la positività attuale dell' individuo e della Hbertà. Il filosofo pertanto riconosce bensì che la realtà è spirito, e che spirito è libertà e individualità ma questo spirito concepisce come storia ond'egli, cioè lo stesso spirito, realizzando la propria individualità, la vien determinando in un pensiero che è logica, scienza, catena o norma inderogabile del pensare ; e realizzando insieme la sua libertà, la attua come legge che è realtà ferrea, da cui l'uomo non si può staccare e ritrarre senza condannarsi all'arbitrario vano conato di vivere fuor della vita, e quasi cercare se stesso fuor di se stesso, (di quel se stesso, che è storia, e si dica natura, società, mondo, o come altrimenti si denomini). Il filosofo tien conto di quel momento religioso dello spirito, che l'artista si la: ; : ; scia sfuggire E poiché ciò stessa libertà. filosofeggia anche lui, a suo quanto più essa *) Cfr. i e Hberarsi dall' immediatezza l'artista possibile, e cioè non attri- si universalizza, non s'afiìsa se non immediata astratta perin un'oggettività anch'essa la realtà del filosofo. è ciò dalla realtà storica, che si può dire usando estrania, Si artista. è egU E perciò mondo, e si ta dal sequestra si Uncuaggio comune, il ma un mondo suo, anch'egli un mondo, in cui vive, che non è altro fantasia sua neUa tutto suo, chiuso astrattamente posizione che il suo pensiero, in questa sì : individuale o immediata. col mondo Ecco che l'artista, perduto il contatto egh stesso nel suo che Umita la sua hbertà, assorto hbertà infimta, mondo, vi si sente in possesso di una ostacoh, senza dolori, anzi in cui può celebrare senza natura esser lui, con la gioia del creatore, la propria e sottratto neUa solo perchè dominatore irresistibile, : d^gni resistenza sua infinita soUtudine alla possibihtà deira^tista hbertà la realtà, In e d'ogni contrasto. ^^^T pensatore, poiché effettivaè maggiore di quella del pensare. Non e che altro fa non stesso mente egU del pensatore, maggiore, se si guarda alla condizione *). pensare, non è modo, tanto più potente e che l'artista riesca effettivamente a chiudersi dentro al suo astratto momento individualistico. Ciò non è possibile, appunto perchè vivere spiritualmente è uscire da questo momento e universalize — astrattamente indivibuisce mero valore soggettivo e con quello stesso duale ai suoi fantasmi, ma li tratta si volge ali oggetto ril'uomo cui con religioso spirito ritrova innanzi conosciuto come tale, aUa Realtà che si finita personasua deUa potere il trascendente come cne soggettività altra conoscendo Utà Ma l'artista, non che quello astratto, quella immediata, né altro individuo del soggetto e dell indivie non cogliendo la storicità mediazione^ oggettiva U sua duo, onde, attraverso la quanto più si oggettiva soggetto più tanto è soggetto è l' individualità dell' individuo Non zarsi, 255 della da cui l'artista ama distinguersi, dal punto di vasta ma riconoscendo 1 oggetto, dello stesso pensatore che, realta piena come l'oggetto che è suo, ossia la stessa intorno sorta di Umite sente non sé, e concreta del suo miei Discorsi di reHgiofie,'FÌTeiìze, Vallecchi, 1920. £ — — 256 — Tommaso d'Aquino, come canto, suUo stesso piano, a una magra figura. Nella filosofi non possono che fare dell'Umanesimo, conpadre il Petrarca, il che polemica averroisti e 1 dialetgU contro instancabilmente -'V I Ma che non riconosce quest' intimità dell'oggetto storicamente determinato, e vede perciò nella Realtà dello spirito religioso e della filosofia una massiccia barriera destinata a fiaccare la forza spirituale dell' individuo, ritraendosi nel suo mondo non sa d'altra possibile libertà oltre quella che egli quivi si gode. E in verità di contro a quella obiettiva Realtà, ove storicamente essa siasi configurata in forma di Realtà trascendente, e la filosofia siasi ridotta a concepirla e a presentarla come toto caelo opposta e remota dal naturale sviluppo dell'individuo nella spontanea affermazione ch'egli fa di sé, finché non siasi trasformato questo concetto della Realtà, la vita dello spirito non ha rifugio, dove possa ritrovare la propria libertà, all' infuori dell'arte. alla sua libera potenza. 257— l'artista duce letterato che non ossia gU occamisti, si sente il hngue di naturamale quelle torti i tutti avevano poi Eppure chi min Usti veneti di trattare da ignorante. tici, aUo sviluppo possibile della filosofia e aUe ragiom che resero la filonella seconda metà del Quattrocento Leone Ebreo, Ficino, e poco stante queUa di sofia del alto valore speculativo, e poi l'ardita negazione, di così intuizione di Telesio, nuova di Pomponazzi, e poi la senza di cui incontro alla scola- di Bruno stica, e CampaneUa, non sa.rebbe che mai non scomparve daUe scuole, mai sorta la scere un alto moderna, non può non riconoanche nella stona della fio- filosofia significato, progresso dello poeta di Laura, e metterlo "«1 di quegh spiriti pure non sopra, di al spirito da lui canzonati nel De forti che erano gh averroisti ignorantia. ma alla stessa aquila sofia, al umano sui ipsius et multorum imniortale Tommaso. delle Scuole, il grande e dei filosofi e e la tiloOltre, insomma, la filosofia sono filosofi di profesnon che filosofi non sofia dei perchè non sono in grado di VI. : non sono filosofi del loro tempo che sia istituire una critica dei sistemi "on intendono ne pure sistemi stessi all'altezza degU professione. Ma hanno di dei filosofi sione Tali considerazioni menti storici, al ci modo spiegano come in certi moche in certe situazioni stesso particolari degl'individui, ; la filosofia stessa sia arte, e tutto assuma moderna, debba guardare metà del Trecento e del secolo seguente. Il Petrarca, Leonardo Bruni, lo stesso Valla, e l'Alberti, e Leonardo e il Machiavelli, messi aclismo con cui Umanismo s' linguaggio un motivo il Ci spiegano perchè allora all' il di questo linguaggioj e filosofico, è un attegvalore questo loro motivohagiàun Petrarca ha un imriamento critico. El'atteggiamento del ispiratore e Petrarca del prim'ordine di storica valore che è proprio della filosofia. gU artisti riescono a condurre la piiì efficace polemica contro i sistemi filosofici, e determinano la crisi di una concezione speculativa del mondo. Ci spiegano perchè chi vogUa intendere come mai dalla Scolastica del sec. XIII si passi al naturalismo del Rinascimento, e quindi all'empirismo e al raziona- l'arte : di non volerne sapere portanza dei giovam che maestro della scuola umanistica fiorentina promoveranno con 1 eche e Salutati, al intorno stanno Umanismo rinsempio e l' insegnamento lo slancio dell' spinto itahano del novatore di tutta la cultura e deUo tracce deUo stesso Quattrocento. Si volgano essi, sulle si brama coardentemente Petrarca, a Platone, che : inizia l'età della seconda r If — GitrdaM Bruno t il fensitrt del RÌHìKCÌm'»t() i -258- — controaltare all'Arinoscere e volgarizzare per farne un tradizione, o si volgano deUa e scolastici degli stotele in circolazione e si a Lucrezio, che si discopre e mette eloquente come imita- vagheggino una prosa classica quella di Quincome piuttosto arguta o Cicerone quella di studiare e illustrare gli tiUano, e gareggino comunque a che il Medio Evo aantichi scrittori di Grecia e di Roma, da vicino; lo spiconosciuti non veva dimenticati o contrapporre una scienza rito che li anima è uno: medienuova a quella che s'era formata nelle scuole sostisenza disfarsi possibile vali, e della quale non era scoprire e additare tuirvi una scienza superiore senza non aveva un nuovo mondo, che la dottrina tradizionale un mondo hbero, giudicato, poiché l'aveva ignorato cui questo aperto a una vita nuova dello spirito, in e non ha scopre, chi di gioia potesse avanzare con la f r I- • — questi studiosi di moversi Uberamente nello sconfinato campo di un'indagine scevra d'ogni preoccupazione estrinseca o pratica. L'umanista, distaccandosi dallo spirito di quella che per lui di\dene Età di mezzo, limita questa età e la chiude, e celebra la rivendicazione dello spirito umano da quel concetto del trascendente, in cui la stessa filosofia cricelebra la libertà del filosofare, a stiana era caduta cui lo spirito non vorrà più mai rinunziare ; e che sorge col Valla come un modo di quella libertà generale dello spirito che riafferma come può, immediatamente, proprio valore di fronte alla scienza tradizionale, il e al suo trascendente. Si apparta da quella scienza, : non è, ben inlegami da rispettare. Il mondo nuovo non medievale del vecchio più era che teso, l'antico, : la cui ristauraè il 'classicismo pagano e precristiano, progresso. E 1 antico non e regresso stato sarebbe zione enma disseppellito, è questa nuova opera, quest culnuova tusiasmo di indagine e di scoperta, questa creando una tura che si suscita dai vecchi codici, invano avevano defilologia che i dottori delle scuole, i loro testi siderata (essi che nel Dugento per leggere di ignoall'aiuto ricorrere dovuto aristotelici avevan e nella filologia, e per ranti frati non ignari di greco) vasta, che mai non essa, una conoscenza nuova e più arte e deldell'antica dell'antico, si fosse posseduta, defiiiirlo quale a che pensiero quel di pensiero l'antico studiati diretfu in Platone e nello stesso Aristotele, col sussitamente nel testo, e tradotti, e commentati innovi più costringe non interpreti, dio degli antichi coi antichi studiosi al paragone degl' insegnamenti di quel a e non richiede lo studio ; : e vive nell'antico che ricrea nella sua intelligenza, nel suo mondo, tanto diverso da quello in cui pure i suoi coetanei vivono, e così remoto dalla Realtà storica, e dal suo sapere assodato, dal suo domma e dalla sua legge, che egli può spaziarvi senza incontrarvi giammai ostacoli e limiti. Questa affermazione di sé come realtà spirituale, come individualità e libertà, ancorché astratta, è una filosofia in quanto la filosofia non é altro che l'affermazione della realtà universale e l'umanista, raccoghendosi e concentrandosi nel suo astratto mondo, non conosce altra realtà fuori di questo, e quella vita in cui pur gh tocca praticamente di vivere ha perduto ogni valore a' suoi occhi ; e, vi si conformi materialmente o ribelli, il suo spirito non è li, ma in quel mondo che si agita nel cervello dell' umanista. La ; sua congiura politica, come quella di Pomponio Leto, non é propriamente un'azione politica, perchè non s'inserisce nella realtà storica contemporanea, ma è una costruzione letteraria dell'uomo che s'è fatto nell'animo suo contemporaneo degli antichi romani *). La sua cristiani, irretita grave e soffocante teologia, in cui s'era insomma permette e secoli ultimi degli scienza i : ,- i' : dommi «. tu, 259 la a *) ; giura Cfr. di intorno Pomponio questo carattere letterario della con- a il libro dello Zabughin, G. Pomponio \. — 260 — stessa religione non — 361 — da quel mondo della lo fa uscire sua immaginazione, in cui le memorie della felice ane Pier Paolo tichità lo trasportano e trattengono Boscoli, che ha cospirato contro i Medici per ardore dell'antica libertà, quando il suo sogno s' infrange contro la dura realtà, e gli tocca di morire e, sul punto estremo, è confortato da Luca della Robbia a riabbracciarsi alla fede de' suoi e del tempo, a quella religione da cui lo aveva distolto l'ammirazione delle cose classiche, sente l'abisso che separa il suo mondo, cioè il suo cuore « Deh, Luca, cavatemi d'artista dal mondo della storia dalla testa Bruto, acciò eh' io faccia questo passo interamente cristiano »^). : : ! VII. m quanto tale Paganesimo ? No. L' Umanesimo, senso del nel cristiano non è pagano, e non è neppure scettico ma ha parere può che spirito Pastor E lo ma e mdifferente sua fede. Può parere indifferente, e i timon della resperanze le credenze, le solo verso eredita del passato. che c'era attorno ad esso, e certamente il deismo deista detto anche stato È dalla speculazione sincredi Campanella è preparato e Cinquecento si abbanQuattro tistica a cui i dotti del considerazione tutte comune una in pareggiando donano volgesi con insaziaquali alle filosofie Te fedT; tuttfle piuttosto che con spinto la Sne ; e Gentile, Storia della I, Roma, 1909, lib. I, cap. 3 italiana (nella Storia dei generi letterari del VaUardi), I, pagg. 209-12. Per tutto il concetto dell'umanesimo reggasi ivi il cap. 2 del lib. IL poca fatica » gli risponde l'amico, « volendo *) « Co testa è voi morir cristiano. Senza che, voi sapete che coteste cose de' Romani sono state non nudamente scritte, ma con arte « il Boscoli cenando le fussino vere, che accresciute », m' è ? Conciossia che non hanno il vero fine » {Narrazione del caso di P. P. Boscoli e di A. Capponi pubbl. da F. Polidori, in «Arch. stor. ital. », I (1842), pp. 289-90). Il Boscoli, dice un dotto giovane » il narratore, era « speculativo ingegno, umanista, insomma e quanto a religione « già era ito un falso grido fuori, che e' non credeva » (pag. 298). Altre parole rivelatrici del suo stato d'animo estraniatosi dalla fede, di cui nel punto di morire sentiva il bisogno, sono queste altre allo stesso amico « L' intelletto mio crede la fede, ma e' me lo par forzare. E' parmi e vuol morir cristiano aver un cuor duro » (pag. 290). Il confessore, un frate di S. Marco, « gagliardamente lo confortava a sopportar la morte. AlPadre, non perdete tempo a cotesto lora il Boscoli disse perchè a questo mi bastano i filosofi aiutatemi pur eh' io faccia questa morte per amor di Cristo. Io vorre' ire intrepido alla morte, con tanta fede che affogassi il senso » Leto, filo', E E : ; ; : ; : — : curiosità intellettuale, bile J vera e propria religiosità. Ma 1' Umanesimo FoWema vamente riprende, come può, il aveva piuttosto soppresso che la filosofìa medievale ispirazione cristiana della risoluto torna aUa primitiva e gettando la base spirito come intendere realtà d'a ; k stona m^^^^ tutta concezione a cui si lavorerà in sottra^ spinto non ^ derna della libertà, senza di cui stretta indmduasua neUa l'uomo, altro, non potendo rappre^ntata ^ogo di quella realtà che s' è det Utà al nel libero mondo rfscfudente^ e lo lancia sarà mai per nconnon realtà f arte in cui cotesta sua suo concetto deU'uomo, della trars^' Di qui l'alto celebrazione una è che *) potenza, deUa sua e il suo sigmfìcato nuova per il suo accento storico rappresenta senza moderno ; e pensiero stSa del del- come dStà S (pag. 301). *) ^ÌBd»^(«3«»^'«*S»eS' effetti- cristiano, che Cfr. il saggio IV di questo volume. \. fi — 162 — — i dubbio un passo innanzi di grandissima importanza verso quella interpetrazione spiritualistica del mondo, teorica e pratica, che è la mira del Cristianesimo. Sicché, infine, questi umanisti increduli e derisori di frati e cinicamente pronti a tutti gh accomodamenti con la Chiesa, hanno più sostanza di fede dei loro avversari, e sono, a dir vero, più profondamente e progressiva- mente cristiani. Con r Umanesimo Italia a staccare si comincia in l'uomo dalla vita, e a trattare la vita, con tutto il suo contenuto (rehgione, morale, politica), con quella in- differenza che è proprio dello spirito estetico. Le grandi passioni che avevano legato gli uomini medievah alla loro fede e temprata la loro fibra nelle lotte religiose e sociali o civiU decadono. Savonarola a Firenze sull'estremo Quattrocento è vox clamantis in deserto; e il suo rogo e le triste parole dispregiative che getta sulla sua memoria il maggiore pensatore del suo tcmpo,mistico al pari di lui, e già di lui caldo ammiratore, Marsilio Ficino*),sonola dimostrazione evidente dell'aperta e stridente opposizione tra il suo pensiero di lui e quello \n ti ; si concepisce soltanto ) Vedi stor. d. la come creazione di una forte in- sua Apologia pubbl. dal Passerini nel Giom Archivi tose. t. III. pagg. 113-8. — ,• unità di forza uni v i r t ", la ,rirtii i« i. dividualità, mediante P'^escmde talento : virtù, che e di ^^^^ da ogn _ ^ Ubertà individuale e pria forza da^J^jJ'^f^oT trasformata dal naturale, senza fede o P«f ^^nza sCTupo arma ."^^^^^^^'^^"poii, ; ^nsiero, onde P^eglio con 1? . si ^ . problema propii nei Votrio'd'stirÈ con la sola fede ^^ ventura che ca poht degh umanisti della ^^P^^^'^^tj^iscono ideal^h^ Stato o Pe-^tf si fanno lo e^ sentono di si app ^^^^^ ^^ mente. Della virtù a ,^«1 il n'ef . ^^ in quando « fortuna », J^^S ^f a cui che è"J° 1 i"^R™'° ,„ vede: i;ig^°^,.^Ì^:^'d;rs la" \ rtù non prov- lu^i là dalla sfera l'intelligenza muove con fcoTiw: -^^^s^ss:^^^ eSer^nU del tempo degH Umanisti. I quaU celebrano la potenza dell'uomo, ma non dell'uomo che nella sua individuaHtà concentra e risolve la storia, sì dell'uomo che si pone inmediatamente di fronte alla storia, quindi anche alla cosi detta natura, e si fa centro di un mondo che sia quindi tutto da ricostruire. Così accade che con questa indomita e ingenua fede nel potere dell'uomo come astratto individuo, anche la politica diventa un'arte estetica e il problema dello Stato si configura come problema dell' individuo, del principe, che crea o mantiene lo Stato. Il quale 263 •.•->-. dall'umana virtù. e soggiogata Vili. Il U-nes^^'^S l'arate. E ^'^:i\y^l^i:{,Ts^e^f>^o. carattere sp dell' spirito dominio, in cui lo suo limite suo t^^^ione a cui lo portava comunali neUa^^^.^^^^^ liberta de sulle rovine tr rehgiosita medievale, della robusta costume indmduajistico, ^ s^^^^ il ^ ^ e decadenza del Jununoso deggia e rifulge come ^ro e per i suoi per i suoi poeti sì che il tutto, Tcercati Per Ungua sono f^"?!*^^" ^,,*^" nome „^no Sk'lirqSa'Srr H" . ^^^^. '-"i7||'fi|Ai ^ ^ e la sua yt^^^_ d non s'accompagm ^rattere: e si formi — 264 — t» 1* [il I — quasi per tutto la convinzione che gli italiani sicno meraviglia nel mondo dell' intelligenza, ma siano anche « vituperio del mondo », al dire del Machiavelli *), perchè incapaci di battersi e far rispettare la loro terra, loro vita, e i loro interessi. Essi infatti per rialzare l'uomo oppresso sotto la trascendenza antica, avevano dovuto chiudere l'animo al vecchio mondo, e rifare in sé la fede dell'uomo in sé stesso, mediante r intelligenza. Ave\'ano dovuto pe/ sé e per gli altri alzare lo stendardo della libertà, per aprire e allenare le menti a un concetto immanentistico della realtà e s'erano chiusi perciò nell'astratto regno del pensiero. Senza questa autolimitazione iniziale del pensiero, il mondo moderno che è il vero mondo cristiano, non sarebbe mai nato. AU' Umanesimo (e al Rinascimento) 265 — vecchia Chiesa, che essi più ostiU alla Protesta che alla passivamente accettavano. la : italiano contrappone fuori d' Italia la Riforma, che non potè prender piede mai. La Riforma è si in Italia liberazione dell' individuo dalla tirannia esterna della Chiesa; è proclamazione anch'essa dell' infinito valore dell' individuo, cui si restituisce il « privato esame » della propria verità religiosa ma l' individuo così posto anche dalla Riforma nella sua immediata e astratta soggettività non è più coraggiosamente, \irilmente, come dall' Umanesimo italiano, abbandonato alle sue forze, al suo destino, alla necessità di farsi egli il mondo che non può valere se non è il mondo che egli s'è fatto anzi viene misticamente gittato in braccio a una Realtà trascendente e in un nuovo fervore dell' intuizione agostiniana della grazia che sola può dare l'umanità all'uomo, la Riforma lo inchioda a un sentimento profondo di sfiducia nelle proprie forze, con la dottrina de servo arbitrio. Nulla di più contrario all' individualismo italiano e niente può meglio spiegare perchè gli umanisti, padri del futuro razionalismo, siano stati sì ; ; ; ; IX. Rinasciil Naturalismo del del a concetto dal già passò mento. quando non si al concetto di una realta umana realtà come realtà ma quando lo stesso diversa, concepita come natura in un concetto più concetto dell'uomo si trasfermò vincere 1 antites per e uomo stesso profondo delb del pure 1 antitesi era che virtù e deUa fortuna, L' Umanesimo divenne : ; della di negarla, .. si per dei due termedesimando l'uomo e la natura. Sicché tutto natura, ma bensì fu che solo, un fece mini se ne non ha mente che venatura spirituale ed umana, che Presocratici. E come prima luodei natura la con dere Umanesimo, astratta immediatezza, per 1 mo nella sua filosofia universale, così la era stato il tutto, la realtà concepire ™manent,stidi sforzò si del Rinascimento chiuso, intelligibile tutto un camente la natura, come principia. propria iuxta .) ,i; La platonica siye ^^^''^^ró per io ''%7"f'''««'.f amma assicurare 1" immortalità dell il .uale vuole^^^^^^^^^^^ Theotoitia T^.r.vn vuole stlò^J^f Jl^r '^ f^m^eSo'd^U' U«aUir; Arte della guerra, lib. VII. Ma vedi Appendice n. IV. e runo ^^-^a f non «««^ ^"«ft^ dFvino che è nell'uomo l'altro <^'"''°;,^ehe spicca «^«l ' per affermarlo più risolutamente, "°f timto, fiiuto dei sensi, del corpo, 1 uomo è l'uomo dell'esperienza, l'esperienza. trascenda da ogni realtà che ; ') Pompo- platonismo di Ficino e dell'aristotelismo intorno al problema delnazzi >), moventisi entrambi l'uno per affermarla e 1 altro deU'anima, immortalità l' mslargò il concetto deUa «virtù ^"° — ' 266 — 167 — — La natura di Telesio, di Bruno e di Campanella non è né avversa airuomo, come la natura del pessimismo cristiano o leopardiano, né inferiore all'uomo, come quella del materialista: è una natura che ha in sé non solo il moto e la vita, ma il senso e il pensiero e la virtù. Il « calore » telesiano attraverso lo sviluppo di tutta la natura è principio di tutte le forme della vita, fino alle più alte manifead eccezione di quelle onde l'uomo stazioni umane partecipa a una vita soprannaturale e nell'universale catena degli esseri naturali l'uomo si ricongiunge agli i : ; al loro livello, anzi per innalzare gli altri esseri tutti fino a quella natura che egU scopre in se stesso. Onde Bruno sollevandosi al concetto dell'infinito, non la natura materiale, figu- non per abbassarsi : rata e figurabile, che si spande nello spazio, intende come infoiita, ma quella natura che è Uno, indivisibile e immoltiplicabile, tutta in tutto, identità di contrari, di massimo e di minimo, e che si sorprende infatti nel minimo, effettivamente semplice e impartibile, dentro al pensiero dell'uomo col profondarsi della mente in se stessa, come dice il Bruno *), come suo centro e monade. E Campanella approfondisce anche più questo concetto della interiorità propria della natuma e quindi essere, ra, che è perciò tutta posse, essendo nosse e velie : il cui essere è notitia sui; ma non semplice conoscenza passiva, anzi potenza effettiva e realizzatrice. Cioè appunto spirito. Non l'uomo dunque si è fatto natura ma la natura, nel pensiero dell'umanista esaltatore della divinità dell'uomo, é di- E che Campanella della sua Città del individuaUtà e nell'audace disegno la potenza degh Spagnuoh, sotto cadere dovesse sole la forza d'ammo. scampare e a stento, con l'astuzia e di prigione in prigione dalla forca ma per trascinare tumultuosa passione di vita sua la J^ ventisett'anni se a Roma meraviglia Qual ? Tdi dolorante pensiero suo zelo «.l^gi.oso e il suo 1 sospetto in avranno poi costringeranno lui già vecchio e trionfato ateismo, e andare (1634) a niorire infermo a cambiare cielo e era stato supphziato il prima anni Frauda, dove 17 — m ^^ di Campanella, come anin Francia il pensiero continuatori anche più troverà che anello di Vanini. filosofia italiana del Rinascimento la e ItaUa ; che in ; ventata essa uomo^). La natura è diventata uomo, e l'uomo così é cresciuto ai suoi propri occhi, e celebra con maggior pro- ') Eroici furori, in Opere italiane, ed. Gentile, II, 413. Cfr. su questo concetto il mio opuscolo Telesio. Bari, Laterza, 1911, pagg. 75-7. M™ darà l'abbrivo fondità di sentimento e sicurezza di coscienza la prò- ») È se Bruno finisce concetto di un infimto, fuori laria della sua filosofia in cui dovrebbe pur vivere storia, la dtì quale rimane qua mera^^gha ruomo che s'affisa in tale infinito forte con queUa fede ardente nella sua gUa ' — — — — esseri inferiori Bruno. Nella È l'eroico furore di pria infinità e divinità. l'uomo del Rinasamento è lo altro per infinità stessa sua individualità ancora astratdeU'umanista stesso uomo storia e senza legge 11 ta e immediata, quindi senza che è Stato la legge l'accetta Bruno, filosofo, come ma non pratica necessità ; una come ed è religione che è la stessa neU'uomo mondo. suo nel incontra l' costruisce, come Campanella, infinita natura. Quando esteneU'utopia, che è Stato concepito il suo Stato cade e la stes^ astratto vista ; di punto un ticamente, da in rehgione naturale, cne, relieione eh si trasforma Qual meraviS^essere^aturale, non è più religione. la conclusione necessul rogo ? --* ì- Bernardino ! alla moderna filosofia europea. \ APPENDICE ì L Il concetto della virtù in Giovanni Fontano (cfr. I. pag. 123 n. 2). Virtutem virtutisque adiones gratuitas esse debere Et quoniam habitus perfecta quaedam res est virtutumque singulae sunt viriastar omnium, vel singuli potius habitus ad finem usque tutes iUud perpetuo quidem ab electione ipsa ommsque susceptae actionis lenendum est, ut electio, ut actio animi contentio sit omnino gratuita, ut finis denique tantum enim nihil, extra se sit propter se ipsum expetitus. Virtus quod sit, quaerit aliud, nihilque simulatum patitur aut fictum, etiam aliunde arcessitum, astu vacua, a fraude aversa, sui luris, a preiio incorrupta, a fuco prorsus aliena. Ubera, opibiisque etiam suis contenta. De priidentia, II, 11, in J. J. Fontani. Opera omnia aedibus Alsoluta oratione composita, Venetns, in di, MDXVIII, part. I, pag. 176 b). nihil 2. Per virUiicm comparari felicitafcfn. Nam si consequendam ad felicitatem tribus omnino est opus corporis, fortunae atque animi bonis, ad bona corporis contendeiis a natura data illud etiam adiunget ad virtutem et quantum satis vir ut externis quoque abundet commodis comparandam est'bonis Nam si daturus est operam actionibus sine ad virtutem necessariis et rebus etiam illis dabit oi->eram, fcliquibus ncque virtutis comparari habitus potcst. ncque contingi. Quocirca citas ipsa, humanorumque studiorum meta, quae ad iustitiam exersi futurus est iustus, habebit utique \ — 272 — \\ si liberalis. quae ad necessaria sunt et rommoda fortitudinem si fortis, quae comparandam ad liberalitatem omnium pertinent de reliquis ut taccamus virtutibus, quarum cuncta affatim eadem est ratio. Quod cum ita sit, viitus ipsa et undique coasumsibi sufficiet eritque eadem ipsa perfectus cendam ; matus finis, cui etiam nihil desit ad bene feliciterque vivendum. Praesertim ubi post civilium humanarumque actionum defunctionem, tanquam tutissimum in portum dclatus. totujque ad naturac rerum caelitumque contemplationem conversus, conquiein hoc ipso por tu rerumque omnium tranquillitate etiam. quae verit. Ut non morales solum virtutes, verum summa est divinaque iure etiam ipsa habendn mentis nostrae , virtus, illam fuerit etiam consce ut us. (II. sic vaiia permanct. ; est, nascitur • mundus nunquam perpetuo fluctuat. Sic semper et moritur. floridum quindefloreauditorèe. niliilestapudnosadeo constans quincorruat; fluxa adeo decidal, quin "rande adeo .ìrit feicsunt quibus lingimur, momentanea. i"f^^biUoritTouod moritur. yuoa mundus nunquam est, nascitur semper et • iVa tandem '"tantarumpermuat.onun.tan ajfq^is homini coi^tituto eventu. 4"asi mter pelag vario^et turbulento et tumultuano praecpites Pr°f venlis et turbinibus agitati >i^^' .'?""^„f^:, nihU agendum sit .petatur Ritaiidum. quid eUgendum, quid exlstimo quam si r|fe^a jetus sfnctius res^ndeie^um posse s K 12. pag. 177 ^^-^)- ipsum bi emm Nosce te iUud \pollineum monitum: « humanum inter q Ud e-sf. quo<l animum '"g^^XuutYs . . aii "«^' Lt%a^anSenuuror:rLi rts^^^^^^^^^ II. ^i non n^scitTrùr it^T-ditus omnibus « quemadmodum Il concetto de aliis promptae. "f '^^ exstrin\d°Xn?vT'auae quae exbiriii retrahantve. quoddam q"od '" ob-ctas I^lrant^ul^ qu-i chrystallum Tee antiquus '11^^^°^^^"%^"' aut format, quaslibet formas sese abire poterat. Hoc vero n eam uuam volebat tìguram faciUime ipsam, vimiUamqua rationem et quod, mise""m^vXerI potest, i.sque P^aep^let omms disiungiti.r atómalibSs tornò a reliquis ommsque notitiae prorsus expertem '^f™ "f '^^^^^ssiLm ac .^e^.^*'^' posterae ao furentis, et honestae '=t?fterc^m determmavit, eandemque constituit, natura et """^^^f'^^^,^"'" esse, quam «ensu"m^arte tionis imaginibus dopingondam quamobrem nescio ego haec ^^f^.f ™P^?,°!"';So penicillo hoc scio Ci dignitasne sit. an calamitas ; ; ; : : tiae praerogativa maximo r discrimine ^ hominem : ti versari, «"^^ .'^'^'Ifiaeaue leeis hanc ipsam licentiam. =-f"l"f„,f ^j;|^*^„?ear^7icn^^^^ iu^cil-^ y^ Grave emm imminet atque sciUcet^aepissime imanTtantrSas non bene vertat. sequamur non s^us ac ginem seii-sus depingant. quam si ^°"^tes) a inalo auqu (diceret aut larva, Inoxia quapiam l»ctuosum atque^nex nusenae tristis in daemone duceremur. proxime im decidamus. Quam sane adeo ^roAnn rohilieat ; r ^^ v^'^^f^.^'^X^' Q^m vi sint facultatcs ad omnia r-riirrentes nuocunque ea trahant n). Mundus nunquam est. nascitur semper et moritur quod quotidie niiidem praestantissimi auditores. vel ea ipsa. in qua sumus alternis coeli revolutionibus iterata temporum perflorum mutatio potest declarare. Nunc campi et colles mira suavitate ad pictura exornantnr amoenissimaque odorum graZephyri auram redolent fugiunt nitidissimis undis ^t mina rivuli musicoque interrupti cursus murmurc veris illelusciniae. mcebras loquuntur volant hac illac inter frondes ndent, delitns. terque luscinias ludunt Amores omnia passim Paulo post vero en forfesti vitate, venustate referta sunt. mosus annus oraecipitat, fervent dies, torridus aer igncas trabcs gravis cometesque regnorum eversores undique prae se fert, prata, sed aestas accensis solibus desaevit sitiunt non solum praeterlabente, vix flumina, donec tandem, et ipsa ictu oculi rigent hiems dives fructiium autumnus apparuit, ingruit prò omnia languent omnia, horrent omnia, habet campus armatus glacie Boreas flore nivem. ramus pruinam prò fronde, sylvas perque in nullos agros incursionem non facit, perque conmontes nihil non dispeidit. devastat, depopulatur. Sic nunquam tinue mutat faciem natura, sic in eodem statu taiUiim. • r 148 pag. -Uis Semina indita sunt si^l" timus, sed multiplicis vitae quae •*« ^^%\P^'^ bus eiusmodi e.W gerit insignitam, dell'uomo in Cesare Cremonini. (cfr. rebus - rabilem Cocytum ') ,ì Cfr. sopra pag. - Giordano Bruno 139Riuotcimento e il pensiero del — 274 — — 275 — minentem infelicitatem ut avertere valeamus, in nos ipsos ex inspiciamus, solliciteque admodura inspiciamus, oportet huiuscemodi enim inspectione facile percipiemiis sensus extra vagos et deerrantes non esse animae adiunctos, quasi illius duces sint futuri, verum potius ceu exploratores et inter- attinet ad rem cognoscendam semper certos, sed interea pronos, qui iucunda rei perceptione nimis atque ideo dignoscemus, allecli' eidem pernitiose adhaeieant non esse statim eam effigiem quam illi intus effinxerint actionc a nobis imitandam, sed non prius quid agamus esse deliberandum, quam apud mentem rcginam causa dieta inspectaque sit, atque illius, quae sola rem totam versat, ex anteactisque dicit, ex instantibus iudicat, ex futuris praenuntiat, decretum fuerit auditum, cum vis ea qua sentimus corpori nuntios, quod quidem ; adstricta ea lege ligetur, ut tantummodo censeat de eo quod nunc adest, eodemque rapiatur, praeterita nonvideat, futura non praesentiat. Homo itaque, sic se ipsum contemplatus, hunc statum a natura animae donatum esse accipiet, ut sensus extra porrecti, quasi apud res quibuscum nobis, postquam mundani sumus, commercium necessario interccdit, legatione fungentes, nuntient solum imaginatio, veluti a secretis rationi adiunc'ta.receptas nuntiationes fideliter ministret, regat tandem ratio et deliberet. Quemadmodum autem in hac rerum universitate, si naturae ordo dispositioque perderetur, adeo ut sol iste aureus e coelo caderet, in eiusque locum opaca terra sufficeretur, prò concinnitate, in qua nitet mundus, tumultus si nativa haec statim fieret et inconcinnitas et confusio; ita, compositio, qua vires animi quasi civitatem quandam rege et subditis praecla rissime consti tutam natura ordina vit, evertatur immuteturve ut ab effraena affectuum insolentia titillantibusve blandimentis de solio mens deturbetur, substituaturque in eius nihil aliud vicem cupiditas, imprudens et ignarus auriga, recte admonet Plato expectandum esse, quam ut animi currus in aetheream sedem directus per devium iter, quasi pr rubos et rupes delatus praeceps ruat, homoque ipse, Dei simulachrum; in monstrum quoddam vel Thebana illa Spinge monstrosius, miserrime evadat. Quod quidem praecipitium, quamque deformitatem quomodo in nos ipsos rospicientes fa; — — ingenitam cile devitemus, audite. Cum hanc sibi a natura constitutionem animus viderit, tìeri certe nequit quin ambitiosus quidam sensus in parte illius domina ratione mniirum latenter iasurgat, cuius regio factu ea repleta servile iugum infamemque obtemperandi appetitionibus et subditis .facultatibus notam non detrectet, sibique a natura tributum regimen conservare non studeat, innatam iudicii vim, quam aliorum animae facultatum notitiam imnon acuat, sceptroque superba actionem ammo quideii non suo praescriptam edicto Dotens est ; mutare STunam / omnem vincere, aviere, sedulo I quando ipsum et nihil aliud veteres innuebant, debere ambitionem ultimum osse amictum, quem exuere eandem enim esse /f^^^t^^^ maanimus praeciniebant sane putandum est tanti partus Ncque asseverabant. trem est mams gloparentem eos dixisse ambitionem illam, quae ^'^'l^tud'' ; ^impat|ens in aucupatio, quae secundae sedis ubique primas quaslibet audacia et tementate ^^^^1^^' ^"^^^^^^^^Z lUud proferre non erubuit saris petulantem sentcntiam, qm r^olae ^ esse, quam Romae malie se in infimo quoque loco primum eff^aems praece^ secundum: rabidus animi morbus sollicita reddit. ut si ea demens quae hominem adeo laudis avidum pueriliter laudet. Non ab aliis non conferatur. ipse se ipsum salubre dictamum non e pullulat de nocentis cicutae semine /°%^°'' e agnus. mansuetus oritur immani licre ^^g^J. ^V}'^ Ambitionem praedicabant rationi pluit sed imber effunditur. solUcitata cuius imperns ea se itiam cognoscenti naturalem. intr^suae dignitatis confines egregie se ^^^^^^^^^^ ^^^1^1^^/^^ vitani declmanao sensualem fueitaue obbrutescere velie in turpiter custodiendo. Quae aut in fruticem evadere vegetalia compungetur, heu autem ratio imperioso hoc stimulo non sui ipsius quam infeliciter, quoties ad se revertetur. horndo Experientia in ^pectu deterrita se ipsam f^gere cogetur! rcddere conpromptu est illud quidem populanbus ndiculos q^od ^os vident ; sapientia, s^ue^t viros virtute^l^rfectos' et congressibus libenter am^Je sÒlitudines. in foro non versari, a est argumentum etenim praestantiae vero ipsum Id secedere animum egregie concmnaverunt, isti' qui ad naturae normam hilares viyunt. suamet pulchritudine delectati secum ipsis rapiantur. Illi vero, aejrreaue ferunt si ad exterioia ahquando consortus anxii Quf rat onem appetitionibus subiugavere, de amant popu um. degunt ?unt infeliciter^^egunt cum soli a se ipsis distrasemt^r student quo pacto extra se vivant, mtus haXr, de se ipsis Aon quaerant, non cogitent: propnis pemagis vitant, quam ut sint ; emm m prave depicti nihil nequeunt non netfaUbus quia turpitudinem, qua sordent, quo natura vocabat abhorrere' non moleste terre. Tanti est non benejadivina illius iura pervertisse, se ipsos non custodivisse. Itaque aninon cognovisse, non decuit disse ut introspxent. mus 'ille qui suam antea conditionem oculate diUgenter per^-qua cóndmiitate a natura fuerit comj^situs ut accidat dubio ^nderit quantum sui deformitatem odent! Quod amplectetur ^rSc^ est necessarium, tantum honestos habitus S. m — 277 - — 276 — Il il Quare ad instituendam viitutc vitam Apollinis orarulum conducit, coque ipso philosophiam, quae mores for mat homini, demandatam f uisse iure optimo antea censuimus. Non miniis vero eodem monito aliam philosophiae par- tur. esse tem, quae in conte mplatione posita precedere incumbat se^^donatu^^ ^iumque intellectu o^^^ ; qui intelliget. potest, ^^^^^^„,^^f^,,fJ.''^^'Ì^rvadere coagmen^^^^^^^^ terras, inier lui universam rerum trare praecepit Deus. Hominem parvum esse mundum nedum apud sapientes receptum passim in ore est, sed iam est adeo tritum et pervulgatum, ut omnium versari audiatur. Conftcitur mundus duplici rerum incolae serie: alterae sunt invisibiles et immortales formae, supercoelestis illius ree;ionis, quae nullis obnoxia mutationibus nec ventos timet furentes. nec grandinem segetes demetentem. nec cadentia fulgura, nec hyemis horrores, nec aestalaetitiae, si tis ardores, sed vere viret perpetuo, omnisque poetice eam licet depingere. pienissima est. Ibi immortale odorata, sulilium, ibi viola semper florens, ibi rosa semper dant mella ilices, currunt rivuli nectare. fertiles sunt campi ambrosia. Alterae vero bis succedunt, oculis respiciendae vain uno syderum riae, et mutabiles. Videte coelestes orbes aspectu nunquam constantes, semper revolutos, semper eunaerem perpendite nunc serenum, nunc tes, semper redeuntes nube obductum, paulo post pluvium, et tonantem terram contemplamini magnas illas vices prius a nobis enarratas et continue iterantem. animantibus refeitam, divitem auro aeris eiusdem termetallis, lapidibus asperam et pretiosam raeque et aliorum, quae elementa nuncupamus, bellum calons Ex bisce reet frigoris armis semper renovatum considerate. ea.rum generibus, non aliis, non pluribus constat mundus,fabridemque propemodum constitutione Natura hominem permanente cata est. Is quidem mente in se ipsa stabili et idem Deum summum a se ipso neque agendo, quomam lUudipsum operatur, recedentem, divinasque prope est quod quas Philosophi vocant substantias felicissime aemulatiu" similitudinem ratione hinc inde discurrente circumvoluti coeli stirpium sensione, vegetationequc ad animalium et est, mana, et . in coelum -•. «-^fX^/uum mhil habet '"vium j^ • • se ^irhir inaccessum „un(jum proficiscens. nec : muMum^P scilicet ^^um ' > recipere, per inquisitione extra se Vroducta constructionem leriam negotio mvllto quidem quo pene- admirab.h P^g^'t"'°.^^f^";^ui- ^^^^.^^^ fabulosus j^^ contiiiue exuat qui nullo <;°l°[f^,'^°"^^3p:''f„a V^r^^^^^^ «xcitata aUas °^^^^ aliquas. continue induat ^"^ ;. i^ p^aestet res "^^''"^^ Pf°?"^h semin.bus èùnimis e j^eonem homo, auro quercus, quid leo conn^ctatitu^ ^maleon. - q^^^^^^^^^if*^iS quo indissolubili et v^^ff^^" rèponatur, ab imisque naturaUa omnia, ut forma '"^"^ '"""f.^.n^^tur. ascenaati^^ Tandem vero gradus ^oncinnos ad summas per ^^Zl visibilis huius S! S^ Ofbis °rdine ^?'a sfSblan'za^ -n^ suVa^^n^s in Deum animae vires^regma^^^^^ ; ; ; ; gerit • corporata membrorum mole compositorum qualitatum temperamento exprimit pnvultum imitatur morum corporum proprietates. Sicque illa omnia, quae munconclusa dus habet, quasi epilogo, ut loquuntur, in homine effigiem se habet ; ; fuisse animadvertimus; eaque de causa eundem paruum munvia re nominamus. Quapropter dum ipse se ipsum quin intus alia continet, fieri prorsus nequit dum non det aeternitas, eum ortum, qui nec sed idem semper t e?it se^ex. ^""tf^'^.'^'^.^/adol^^^^^^^^^^ '"'* ^^4ctus et ineffabilis vitam vi^Z^""' et perlecti^^ei extitit ^.^^^ ^^_ vens in sui 'P«}"^ supra humamoao. nufàùter^^^^ '«J^^'^^X nullo '^ tiri, sed metiri auam a se ipso nemj» g"!'*;""^' ea nititem collocatus, 3%"^! est imago, ^f inchoaverit in Deum profectus, f * r}!""*^; ^delectabitur QuedetóctaD^ laetabitur y^^_^ qujescet, Deo ipsi coniunctus conforn^^^ ™orum bo"a de madmodum itaque templorum. om ^v^ htter^s aureis pe^ Apollo epigrammate Ilio palatiorum vestibula, per °'™^!' "".j ' simiuter admonuit, ^dmonuerat, ^e quae tota qu pSToso^Tik^ .^^^^^m^ qui f ^^'«^f nos sf^i^us, neque male antea pronuntiato Ì^j posita est ^^^^"^ P'^i^^^ se in actione et contemplatione "'' '^ ' homini iniunctam fuisse P^^^Pf/J^^^^^^^^^^ esse... philosophum est ipsum cognoscere, quanti „ . . . ^ ,, .• • /-»,7CAT?T«; rRFMONiNi Centcnsis Lec' postquam quarum siad 'r4 illas de vera earum facie internoscendas, mulachra in se ipso, velut in quoddam speculo adumbrata cunosus, et perspexerit, ut et interim de se ipso certior fiat, inflammefervidus, sed providus valde, et prudens excitetur, tZrMD.XCI. typ. Benedicti quo is ^^V»"'" /"^ " pt^S MammarclU, 1591 (<" pagg. 24 »" e" °l- 278 — — 279 — instructo et culto |ion ornatus lìl. Il concetto della fortuna in ei o^^^^^ '^ÌTJÌ^L^':''^^^^ ^^^^it ^^^.^^f^i'^i/^itToDia instrumentumque Giovanni Fontano 1^ exerccri nequeant.... (cfr. pag. 152 n.). ^Dc fortuna. Ub. I. Quantum bona fortuna conferai ad felicitatem. ; iurisdictionem adscribant, nec felicitatem sine extcrnis bonis reantur posse uUo modo aut perfìci aut consistere. Quando inventi etiam sunt, qui cxistimaverint, bonam fortunam ipsam esse felicitatem, et bene fortunati qui essent, eosdem quoque felices. Cum igitur ad civilem constituendam felicitatem magnificandamque ad eam pluribus simul opus sit, praecipue vero divitiis, clientelis, opibus, amicitiis, magistratibus, atque haec ipsa in externorum habeantur bonorum numero (nam inglorii qui sint, huiusmodi bonis vacui, abiecti ipsi ac sordescentes, quonam modo felices eos vocaveris ?), quis non videat vel potissimum felicitatis ornatum decusque illud populare atque in exteriore positum expectatione, ad fortunam, quae illorum domina et dispensatrix sit, illaque moderetur prò arbitrio, referenda ? Nam quae, obsecro. futura est felici tas, si absque liberis, cognatis, amicis, clientibus, honoribus, dignitatibus, si in summa paupertate rerumque omnium coastituatur inopia, et in patria maxime ignobilis atque abiecta, si denique et culinarii ipsa sibi instruat et patinam atque ollas eluat ? Iure igitur plurimum ad perficiendam exornandamqne felicitatem ac merito, in quam, plurimum fortunae tribuitur. Nam etsi vera perfectaque commendatio ab animo est, honestisque^ab actionibus ac virtutibus, perindc ut laus arboris a fiuctu maxime est ac fruge, exornatur tamen arbor ipsa fructusque eius praecipue a frondibus ac ramis, qui ncque ad aestu neque ab aliis aeris iniuriis tutus esse potest absque frondium beneficio ac ramolorum nihilo tamen minus felicitatis ipsius ornatus et tanquam condimentum exsistit a bonis foitunae atqr.e externis. Usiique veniet homini felici, id est plurimis ac maxiniis virtutibus rerum externarum 26. pagg. 275 ^^-276 Fortunam ac rationem inviccm 2. Itaqiie maxiird etiam philosophi de bona fortuna seri psere, et quid et qualis ea esset commenti sunt nec iniuria, quippe quam vel plurimum conferre ad felicitatem arbitrentiu-, e um I, e. ^^)- adversari. .-i^^^ no^eni^^^^^^^ Bonorum. a-tejn externorum u^-a^ non esse declarat ea luns nostri cui et Consilia r-itioni ei ab eadem ipsa rationales ipsi dicimur. (I. 27, pag. 276 ^0- dicunmutqmdem Quamobrem q>ue fortunae cum humani minime '^"^t .^a ^hil pro«"S cum ^^J^'^òrtu^ fó^una i^a ^^1^^^^„^ y^^. tutem reforenJa, s. qiudem aut commune ratione ^l'9"^^f'"^^(i^X virtus habeat cum quid est quoa non vuu vero contrario hot E cognatum ? Stione consentieas atque (I, 3. Quae sint 28, pag. 276 «-'')• iurisdidione hominis bona, alquc in eius posita. nostra quae Utque semel terminemus sint t^iu^st^aque ^^'r^^ in po^state P-ita^^^^^^^mnost^ ^^. bona externa atque fortuita "^"^ ."|J,".„nsemus quidem ^e^emus nostra esse potestati subiecta; SIC ^^^^ ammi tintura suirtqu^^qire buaecumque ; '^^''''l hominum, r2S a^ue'SonfseTundU ^rolcrsc^nnrcum' ceTera .ectam rationem quidem fortunae dicantur. — 4. civilem Fclicitatem non 2 — 8r) ahsque honis exiemis perfectam 281 — ratione prudentioribusqiie jrflicta ,,,v„v ac ar fel età rai j^^j^^tur aliam, et statim dimoveantur, cons.his viam 1 g a taue, admonitionibasque i^ntesque ( esse. minime ^«^t'^^'-^lL^^'^rT lerat iSnrauf ilUs impetus Jucót ratione relieta impeouod 'a^von acTavori ac *"^"':?'o Hus eV est ilUs q praesidio ipsa naturae simul «""' ^ viaeatur similitiido ut secuti, smt tum conditionem, ab eos conciliare, appajeantqu.^, Pf"?*" ,'JfJ^\''°atione diversi alienis et Graecorum et Latinorum philosophia duplicem constituit fclicitatem, et quae civilis a nostris dicitur, graeco nomine est Politica, et quae a contemplando nomen duxit (nam de felicitate, quam Christiani consti tuunt non eadem omnino habcnda est ratio, ncque de ea nos Quoniam autem vetus ^ ipsa etiam natura amplius concilientur et ferantur «e deva tantum suas. parum ipsi extendit ^ yuc^ ratio et qui, qua fortunae smt rtamen ad forcof^ulti. parumque ^^^quam T,rudentes videantur, °™*'^t1oS ita quidem sencivilem fclicitatem pine bonis externis nequaquam posse perfìci.... Quo lìt ut civilis felicitas, quo perfectior sit magisque illustris apparcat, bonae quoque foitunae praesidiis hac in disputationo dicendum sescepimu?), tiendum est, ; maxmae a^p-^^ tunae Promerendum lav^rem ^ ^^^ affabrefacti, ^t"^^^i^™ P^b,mde m^ltum in ceteris sapiat, m indigeat. (Il, 0, pag. 248 b). I??ÌreTornìfs^'nrnatSu more ingenitoque ab inst.tuto paium omnino sapere. 5. Fortunam naturae impcUim referendum (II, esse. Fortuna, naturalis quidam cum sit impetus, ipsaque natura hac in parte sine ratione prorsus atque ab impetu agat solo, ad naturae impetum refere nda est, tanquam ad propinquam peculiaremque ac particulaiem causam, sive hic impetus rebus nostris conducat, sive adversetur et noceat.... (TI, 6. 12, pag. 287 7. Fortume vires esse amplissimas. Xm tamen^to~^ ^„ m si _S^MS>i*dL «-f')- Nec vero genus universum hon^^ibuslddeltlacuto'- a). natura quaedam. irrati onalis est fortuna, naturae huic ut adscribatur noccsse ost, utque natura ab ipsa fortunati hi, illi vero infortunati et dicantur et sint .. Quemadmodum autem quibus a natura tributum est, bene ut versus faciant, aut musicos tractent modulos, hi nati prorsus atque accommodati ad illud ipsnm sunt munus, sic qui ad amplectcndam fortunam idonei nati et ipsi sunt atque appositi ad impetus sequendos, illos scilicet, qui fortunam conci lient, aut illi ipsi potius sunt fortuna. Videmus enim qiiosdam ita gfenitos institutosquc a natura, qualis Cato fuit is, qui cognomen habuit ab Utica, ut nulli us eos suasio, nulla vis impotentiaque, nullus etiam terror a proposito suo suaque ab electione detorqueat, quos nesciam an fortunatos iudicem, etiam cum bene illis successcrit, quando pertinariae id, rertisque eorum ac fìrmis propositis videatur prorsus adscribendum. Centra haec alios, qui ab incepto itinere et facile rcs ^^7 santut, civilibusque in "«g°t"fii^^,,Xne pubUca in militari, tibus ^t disciplims, "t-.'-^^f medicum esse et fòrtunatum medicma in navali re. ut in etiam sub fortuna etia non ("f™f,J,.\°""n consentiunt) ^_^^.^_ oportcre, omnes q»"iem «tói praewptis e «= .^ laborant. Quando artes 'P^f obse^^atione ^^^^_ neque atque «""s^ 9"ae>^m locus relictus est v^,?antur rebus, plura in non ut tr^,^ gtsi quae olim eventura facultates, q"''?"^„!"f q soleant ? I^am ets^ improviso ^^oniectura iis accidere ex nec facuUate ms^q cont'uentur arte nec ^^^ ^.^^^ sunt, ea lu^sque >Uorum ^men campus ^^ ^^_ efTerat, sese ac proprius. A^"»-^ elleboro, vel mulronuc .""^J^^^^ rationem opus sit au. "iaf^e ^o quod mter Ì"' tum etiam potest in ?" in navi Pontica, nec^àdix ra °X?rit contigent^nec >^aec navigandum curatio ^^^^^ ^.^ P"rgatwnem repeTiaU^^ltelwrus^^^^^ nunqmd Fortunatos infortunatosque a natura esse instituios. Quas ob 13. pag- ScaaS ^ nec ad crastinum in diem """JÌT P"f'f ut noeta quae Quae diem accipere ilUid P°test. cx^mpiatm a febn^e^ arC^entissima anteeedit non \ constituit, 3r tlrS^krJ^T^^^^^- constitutam P^^^^^ caleeolarius j^^ctus V — 283 — 282 — narsi co' sudditi est futurum {corr. factiirum) ?e hospiti die insequenti iter inituro calceolos itinerarios, quonam modo proniissum praestabit, si mane dum ad snendum coasurgit, omnem comperiat alutam corinmque item omne fuisse a furibas paulo ante subreptum ? Quid, cum statuarius somno expergiscitur, dolaturus mane in Caesaris effigiem saxum, animadvertit illud nocturna a caeli procella disiectum ? Latissimus est igitur fortunae campus, iisque in omnibus vires extendcre, atqueimperium exerrere valet suum, in quibus praeter spcm, opinionem. propositum ac constitutnm, accidcre aliquid valeat omninoque improvisum. Patet quoque vis eius non in iis modo, quae iam diximus, verum etiam quocumque in hominum gradu atque conditione, summa, humili, ingenua, servili, rustica, urbana, plebeia, patritia.... (II. 8. Deum p rimani esse 14, pagg. 287 fc.288 Deo ipsi, ; 1- f • .t'- : a). ; divinaeque beneficientiae videantur po^ius adscri- benda.... pag. 288 stanno nel medesimo disordine L'altra spiegazione che lo stesso Machiavelli dà (nel Principe, cap. 26) della fiacchezza mihtare italiana, concorre nello stesso ordine di considerazioni a cui si riferisce il carattere estetico della cultura italiana del Rinascimento. Quivi dice spenta.... « E' pare sempre che in Italia la virtù mihtare sia Qui è virtù grande nelle membra, quando la non mancassi ne' capi. Specchiatevi ne' duelli e ne' Congressi de' pochi, quanto lì ItaUani sieno superiori con le forze, con la destrezza, con lo ingegno. Ma, come si viene alli eserciti, non compariscono. E tutto procede dalla debolezza de' capi perchè quelli che sanno non sono obediti, et a ciascuno pare di sapere, non per virtù ci sendo fino a qui alcuno, che si sia saputo rilevare e e per fortuna che li altri, cedino. Di qui nasce che, in tanto ^). »; causam. (II, 15, nel- ; Atque haec quidem ipsa licet habere hunc so in modum intellegantur, tamen, si Christiani esse volumus pieque etiam philosophari, non panca ex iis quoque quae fortunae tribuuntur, avaramente e superbamente, marcirsi dare i gradi della milizia per grazia, disprezzare se alcuno avesse loro dimostro alcuna lodevole via, volere che le né si accorgevano i parole loro fussero responsi di oraculi meschini che si preparavano ad essere preda di qualunque gli assaltava. Di qui nacquero poi nel 1494 i grandi spaventi, e così tre potentisle subite fughe e le miracolose perdite simi stati che erano in Italia sono stati più volte saccheggiati e guasti. IVIa quello che è peggio, è che quelli che ci restano l'ozio, a). tempo, in tante guerre fatte ne' passati venti anni, quando ha fatto mala elfi è stato uno esercito tutto italiano, sempre pruova. Di che è testimone el Taro di poi Alessandria, Capua. Genova, Vaila, Bologna, Mestri ». Si tratta sempre di queir individualismo che è propno dell'atteggiamento estetico. Ma il rapporto tra la cultura artistica e la debolezza mihtare degh itahani divenne nel Cinquecento qualcosa di proverbiale. Cfr. Castiglione. Cortegiano, I, 43 «Non vorrei già che qualche avversario mi adducesse gU eflettere fetti contraria... allegandomi, gU italiani col lor saper aver mostrato poco valor nell'arme da un tempo in qua il che pur troppo è più che vero ma certo ben si porla dir, la colpa d'alcuni pochi aver dato, oltre al grave danno, perpetuo biasmo a tutti gh altri e la vera causa delle nostre rume esser e della virtù prostrata, se non morta, negU animi nostri, da quelli proceduta ma assai più a noi saria vergognoso il pubblicarla, che a' Franzesi il non saper lettere.... » E il Mon« L'estude des sciences amollit et eftaigne, Essais, I, 24 femineìes courages plus qu'il ne les fermit et aguerrit..., Je trouve Rome plus vaillante avant qu'elìe feust sgavante, Ses belUqueuses nations, en nous jours, sont les plus grossi^res ce qui et ignorantes.... Quand les Gots ravagerent la Grece, feu un sa uva toutes les librairies d'estre passées au feu, ce ; IV. ^ Cultura e fiacchezza militare NEL Rinascimento italiano. : ; (cfr. pag. 264). ; Nello stesso lib. VII deWArte àella euerra del Machiavelli si leggono queste parole rivelatrici della vera radice della fiacchezza italiana « Credevano i nostri principi italiani, prima ch'egli assaggiassero i colpi delle oltremontane guerre, che ad uno principe bastasse sapere negli scrittoi pensare una : acuta risposta, scrivere una bella lettera, mostrare ne' detti e nelle parole arguzia e prontezza, sapere tessere una fraude, ornarsi di gemme e d'oro, dormire e mangiare con maggiore splendore che gli altri, tenere assai lascivie intorno, gover- : L A : \ mmm mmémumamm — 284 — 285 — — Possem i ad nihilum redaclum esse et quotidiano sermone n adhuc faciunt ut non nisi vernaculo quae h- tonpor^pluVide quoque nationes. LnJiu parvi literas et earum rimum rerum et imperio potiuntur,rationem nJinimum eo?um ^^ef »• L" pr^feTsores lacere, Sur. ••i", 4.^ ^ v?- PJ" (^7^«- e io Giraldi, Open,. I$.isika. ,580, t. Il, p. «9- del 10 Uiraioi Ppr l'accennato rapporto tra queste idee studiato come uno dei scetticismo de" Pico (recentemente '.»'', 'i;. ; Strowski A^''«'-g^-./--: F p?ecur oridel MontaigW cfr. B!(».tW. <" por ^iran 1Q06 DO i2S-^o, già pubblicate nel questa dichiarazione interessante dlaux V 100^130 ,00 iS) è : li). E delio si^soG^afdT. slua lie dello letterau ^^^IZ^ir^S^X^^rll inflitta a tutti i escludono eli scettici dalla condanna professores quidam philosoplu Inter "psfs quoque litterarum u ut dicitur v- aberr^^nt ^ tota non elebres'^xtyere.'qui f %Cl^rp^'^^r^ T^e^eS ^r To-nt^d^ sed ne J-^em ipsum q^od sTe^qu.' quam posse, h'a^Jid postremi „^fnon ^ cos °^°^^ nescimus. Ita enim quidam inter Nego, inquit. scire, sciamusne "^^^ exclamat f^^f'^^ se„« au* nescux. sciamus, ne id ipsum quidem proieciu e eum 'secuti : \ : omnino i •' .- - sitne ahquid an mhil sit. yui - non multo post Senatu et Curia admissi versipelles ipsi et inconstantes fuissent, continuo factiones et partes urbem invasere paulatimque primo res ipsa pubi, ab optimatibus et principibus urbis ad unius dominationem et potestatem devenit, mox penitus ad externos duces et imperatores, ac detandem funditus extincta est, ita ut nunc, ex multo tempore (non) nisi nomen populi romani restet.... « Ad haec autem usque tempora, ut audio, Scythae imperium tenent suum, quoniam ab ipso primordio nunquam istos : npiip : II, tantum epistola^ et ^ervantqmM,s contra literas ad scribendum usu habent quam laudibusm quibusdam suorum in deSrùnì rempubhcam mtelligo rem nec nos improbimus. Venetorum et convehen^ comparandis Tarn 3fu Cuisse"! quo mercibus quam literis inagis necnon versuram faciendo navigationique operam dederunt, opes aut iacultates '^'«'^^f •,"^^«™J°^3"e terra '"^"q"* P^^^^i^^.^^ piotasse, ditionem longe lateque et i" Ubi Uteris et literatis !ocum fecere ff"f*"i.f„T^erte lllua certe nos ipsi vidimus. : già in Italia uno dei più dotti umanisti del secolo, Lilio Gregorio Giraldi (1479-1552), traeva anche argomento dallo scetticismo del suo amico e protettore Giovan Francesco Pico (l'autore dell'Examen vatiitatis doctrinac gcìUiuni et veritatis Christianae disc ipli noe) per teorizzare la tesi della decadenza dei popoli come effetto delle lettere e delle arti, nel suo Progymnasma adversHs literas et literatos (pubbl. nel 1540). Pove si incontrano p. es. queste curiose osservazioni, degne di Rousseau « Res populi Romani, ut ab iis incipiamus, qui fere toto orbi terrarum gloriose imperitarunt, tam diu floruere et auctae sunt, quousque philosophos, poetas, oratores, huiusmodique hominum reliquum genus literarum umbras et otium sectantium pepulere, factis etiam et promulgatis contra eos senatuscunsultis. Ubi vero non solum in partem urbis recepti ac ipsa urbe caeterisque proemiis donati, sed et iis quoque iuventus Romana instituenda ac eorum artibus imbuenda est tradita, tum, cum cum m Secondo il Montaigne, gli stessi italiani scherzavano intorno a questa riputazione d' imbelli che s'erano fatti in Europa. Egli racconta infatti « Un seigneur italien tenoit une fois ce propos en ma presence, au desadvantage de sa nation Que la mobtilité des Italiens et la vivacité de leurs conceptions estoit si grande, qu'ils preveoyvoint les dangiers et accidents qui leur pouvoient advenir, de siloing, qu'il ne falloit pas trouver estrangé si on les veoyoit souvent à la guerre prouveoir à leur seureté, voire avant que d'avoir recogneu le perii que nous et les Espagnols, qui n'estions pas si tìns, allions plus oultre, et qui nous failoit faire veoir à l'oeil et toucher à la main le dangier, avant que de nous en effroyer ». {Essais, et admiserunt. literarum sapientes in consortium medium afferre. nationes hoc loco iis m^tas alias barbaras servaverunt et adhuc òuae eundem tenorem ac institutum d'entre eulx qui sema cette opinion, qu'il falloit laisser ce meublé entier aux ennemis, propre à les destourner de l'exercice militaire et s'amuser à des occupations sedentaires et oysifvos. Quand nostre roy Charles huictiesme, quasi sans tirer l'espee du fourreau, se veit maistre du royaume de Naples et d'un bonne partie de la Toscane, les seigneurs de sa suitte attribuerent cette inesperee facilitò de conqueste, à ce quc les princes et la noblesse d'Italie s'amusoient plus à se rendre ingenieux et S9avants, que vigoreux et gueiriers ». li<^ rodere, torquere c^nsumere. &det te I^ce quoq^^^^ ^^ ; :'s. ?isa»*-£" mum gnitas g-qa>i3ig' sss^sfXVSS.S gratis exhibet et elargitur >> (pp. 441-2)- K t 1> « i|W Wi y »i>i i i t - » ^ '•4 j^-' INDICE DEI NOMI \ Abarbanel (vedi Leone Ebreo) 257. Adami T. 114. Agostino (S'). 108 n.. Alberti (L. B.) 149, 154, 256, 263. 162, 178. 151. 152, Alcidamante 160. Alighieri Dante 133. 164 il n., 185, 184, 152 247, n., 250, Amenta N. Ammannati 63, 137 n. 160, 163. n., 103 n. Giulia 217. Anassagora 159. Anassimandro 159. Anassimene 159. (S') 92. Antistene 249. Apuleio 137 n. Archelao 159. Aretino P. 243. Ariosto L. 143Aristosseno 159. Aristotele 41, 52 53, 71. 93» 98 n., loi, 102 123 n., 124, 152 n., 154. 158, 167 n., 220, 223, 228, 258. Arnauld 104. Asclepio 137 n. Aten agora 118. 96, 97 n.. 98 e n., 99100, 102, 177, 191, 192, 239. Bacone ,_à^'-')taàstà,\.s£, &^ n. loi. Barberini Maffeo 228, 236. Bellarmino R. 35, 37, 39, 40, 5^52, 59. 227, 233, 235. Bertani 31 n. BertiD. 23 n., 30-31 n., 35n., 37 n., 39 n., 41 n., 55, 61 n., 100 n., 148 n. Bisticci 252. Amabile L. 36 Ambrogio (S') Anselmo Bacone R. 98 Baillet _ V. 154. Blanchet N. 98., n. Boccaccio 249. Boezio 152 n. Bologna G. 152 n Bonardi C. 128 n.* Bonaventura (S.). 247. Boscoli Pier Paolo 260. Boss ut 108 n. Bouillier C. 102 n., 104 n. Braggio 156-157 nBrunetière loi n. Bruni Leonardo 149, 243, 256. BrunoG. 7esegg., 85-110, 126, 146-148, 191, 201, 209, 226, 229, 267, 239, Brunnhofer Budda 243, 40 n., 257, 47 n., 266, 49. 249. Burckhardt 113, I37 149 n., 252 n. Calippo 94. Calvi G. 200 n. Calvino 23-24. n-» 148- ^ , — — 289 288 Campanella T. 24 e n., 25, 35, 98 n., 114119, 122. 126, 130-132, 134142. 157. 168. 170. 171, 173, 177, 178, 212. 239, 257, 2ÓI, 36 n., 41. 53, 54. Duns Scoto 159. 76, 83, Epicuro Eschilo 97 Esdra Euripide n., 135, 136, 158, 160, n., 258. Cigoli 218. 166, 168, 142 n., 171 169, n. Claudiano 124 n. Clavio Cristoiforo 220. Clemente (S.) Romano 122 n. 103 n. L. 228. Contarini Z. 224. 90, 94 n., 95, 228, 233.. 235. Cornelio Celso 203. Cornelio T. 109 n. Crantore 1 60. C. 147, 148 n., 226, 272, 277. 75, 83, Dicearco 159. Dicson 43, 46. 159. 209, 210, 215-240. Galilei V. 217. Gas pai y A. 152 n. Gelli G. B. 128 n., 145, Gellio Aulo 97 n. Geremia 98 e n. 118. 248. Guiducci M. 100, 236. Guyau 104 n., 107 n. Hegel 70, 95. Herbert di Cherbury 132. Hirzel 136 n. Hoefiding H. 71, 7^ «.. 84. Intyre 43 n., 96 n., 102 n. Ipparco 94Ippia 159. Ippocrate 104. Jacobi 70. Kant 56. 73» "5. 126 196. Kepler 221 n., 226, 228, 239. Landino C. 127 n., 149. Losswitz 85. Latini B. 149. .^ ^^ Lattanzio 134. H2, 100, ib». 169. 173. 178. Leibniz 70. 77, 83, 04. Leonardo i£o a 214, 256. Leopardi 20, 184. Leucippo Lévy Lorini o Fowler 97 n. Francesco (d'Assisi) 248. Frith J. 46 n. Fumagalli 97 n. L.-G. 126 n. 235. 265. 153, 184, 252. 256, 263, 282, 283. Macometto Aracense Maimonide 126. Malebranche 102. n. Maugain 103 n. Mazzoni (Jacopo) Menelao 94- 285. Girolamo (S.) 164. Grassi 236. I II — Occam Omero 247. 102. Orano D. 59 ». Origlia 139 n. Ovidio 134, 166. Pagnotti F. 154 »• Palingenio 29 n. Panezio 136 n. Paoli A. 227 n. Paolo di Tarso 22, 244. Parmenide 71, 75Pascal B. 104 a 108 n., 191. Petrarca 152 n., 243, 256, 257. Piccol omini 149. Pico G. 137-139.145-148, 154»-. 167, 201, 205. Pico G. F. 284, 285. Pitagora no n. Platina B. 134 »•» '45Platone 41, 52. 7i» 93. 102, 124, 127 n., 184, 196, 203, Plotino 71, 75. Poggio 149. Polidori 260 n. Poliziano A. 243. 53, 123. 125. 130, 170, 257, 265 e n. Fontano G. 123 n., 149. 152 »., Pomponazzi 271, 278. Ponzio P. 36 , 1^ Muratori I55 »• Naldi N. 155 n. Plinio 127 n., 158. 160. 221. Medici (Lorenzino de /p .-•n.^ Montaigne 107, 283-285. Plauto 108. Maissetani 140 n. Giraldi 284. Michelangiolo 184. Michiels 103 n. Minucio Felice 23 n., 134 ». Mocenigo G. 30, 31, 39, 4°. 5^Mondolfo R. 67 fino a 85. Monnier M. 148 n., 154 ». 204. 209. 220, 257-259, 274. 94- Manetti A.i54,i55eseg., 161-77. Marcolini 97 riMarshall 97 n. Martinis (de) R. 59 "-. ^i n. Masci F. 71. 72. 146. — Passerini 262 n. Pastor L. 261. Perrault 107 n. 159. Lucrezio 258. Ludwig 186 e segg. n., i95 "•» 197 n.,,198 n. Lutero 25, 27, 28, 29 n. Mabilleau L. 148 n. ^lachiavelli 53. 97 t^" ^°9. 151- ^ n. Giovenale 22 Domenico (di Guzman) Doni A. F. 109. n. n., n., Cerini 116 n. Diogene 159. S. n., 140, 144, 145, 148, 149, 172, 173, 178. 203, 206, 257, 262, 265 e n. Filelfo F. 123 n., 149. Fiorentino F. 24-25 n., 47 ni, Giobbe 93 Diels 90 n. Dorez L. 137 n., 217 n. Fazio B. 155, 156. Fazio Almayer V. 131 228 n. Felici G. S. 24 n., 28 n., 37 41 n., 98 n., 134 n. Ficino M. 118, 122, 123, 137 Galilei G. 41, 45, 60, 100, 130132. 147. 184, 192, 195. 200, Delalain 97 n. Delvaille 103 n. Democrito 94. 160. 123 n., 230 n. Fontenelle 107-108 n. Foscarini P. A. 233. 163. (delle) Cemonini n. Favaro A. loi Cicerone 23 Copernico 119, 99. Eudosso Charbonnel 148 n. Cherbury v. Herbert. Ciampoli D. 24 n. Collete G. / 102, Euclide 222. 99. Castelli C. 229, 235. Castiglione B. 283. Cesi F. 227. Colombe n. Empedocle Cartesio R., 101-103, 210, 239. Cleombroto Guicciardini 153. 123 n. Eraclito 71. 90, 159. Erodoto 23, lòo n. 266-271. Ciotto 31 247. Egesia 160. Ellis 98, 99 Capponi A. 260 n. Capra Baldassarre 223. Cardano 134 n. Casmann 0^r>»mm^SS ,. ) Giordano Bruno e 109. ti Franti 196. pensiero del Rinascim'nio »• f r^«i^i*^i««%" 290 Protagora 127 n., 195. Prudenzio 23 n. Querengo 137 n. Remusat (de) 99 n. Reusch 157 n. 266 Rhode E. 124 n. Richter 190 e segg. n., 197 "•» 201 n., 204-208 n. Rigault 98 n., 103. 104 Robbia (Luca Ronsard 103. Rossi V. 149 Ruzzante Salomone Sarsi L. della) 95, 44, 104, 221, no n., 47 228. 163. INDICE 'vt,^' '•wf 'taf V 246-47, 257. n. Traversali A. 154. Vaccaluzzo N. 229 n. Valerio Massino 158. Valla L. 123 n., I34n., 243, 256, 154 n. Schelling 70 n., 199-201. Scioppio G. 118. Seneca 123 n., 158. Senofane 97 n. Socrate 33. 60, 108 n., 257, n. n., Tommaso d'Aquino Savonarola G. 262. Scheiner 228 Pag. 163. 206, 273, ->. "l 7 147 n. Spencer 116. Spinola 100. Spinoza 14, 44, 70, 77, 80, 83-84, 126 e n., 201, 202, 210, 229. I Zenone delle religioni. — —. 2. 3- II . va- I] Bruno 4- -i S. S. RoSl 145- La significato della li Lo religione di morte redità morale svolgimento della - filosofia 8. 7- L'eroismo e bruniana 1 e- ... 65 della del Tocco nella stona II I del suo metodo e difetto Il 2. filosofia. deWa «osoha di della sua interpretazione e fil°?°fi^.^f„^"Ì"°;do Religione 3Bruno. secmido del pensiero bruniano 4. Le tre fasi Osservazioni del prof. Monil Tocco "i. Anima del mondo e anima metodo n. dolf^ — - 6-7. Sduale. 155 n. VI Ili Feritas filia - 8. Umporis La monadologia brumana. Postilla brumana : . 1 — \ ^^ Rinascimento. concetto dell'uomo nel e il premio dell'anima L- immortalità I sonetto del Campanella della virtù in un . II f - 11 - VI 87 . «n luogo concetto del progresso in 3- I™P°^/"!! deSa Cena de le Ceneri. storica di questo. 1"°?%-": 4- ^^"c^rte(> Galileo e Mano Guiducci. 5. ^rnauld Pascal, 7-. ^o, Malebranche. itaUam del CinFoktenelle e gli scritton quecento. 1-2 1 misticismo del Bruno. pratico . di Ve- La genuflessioneUffizio Tu Riforma. in La resUtenza al nezia — n Bruno. - 159. Zippel G. II cultura nella storia della Giordano Bruno lore 148, 206. Virgilio 100, 250. Virgilio (Giovanni del) 249. Viviani 218 e segg. Voigt 154 n. Vorlànder 71. Welser 228. Zabughin. 259 Zeno 154 n. S Dedica 259. Vanini G. C. 267. Varrone 159. Vasari G. 191 n. Venturi Lionello 211 n. Vico 54, 95. 109. 129, Solmi E. 36 n., 190 e segg. n., 200 n., 201 n. Spampanato V. 100 n., 230 n. Spaventa B. 55 n., 71. 85, 131 n., Terenzio 108. Thuasne L. 137 ToccoF. 34, 40 67 e segg. Tolomeo n. 260. \r n. Toppi N. n., 108. 160. 236. — Strowski F. 285. Talete 159. 173Tasso T. 243. Telesio B. 53, 137. 239, Friuli A. 224. i . III - — 292 — — 293 — — 2. La e nella filosofia del Rinascimento. celebrazione dell'uomo in una canzone del Campanella, in Galileo, nel De sensu rerum e nella Metafisica dello stesso Campanella. 3. La nobiltà dell'uomo nella Bibbia e in Dante. Versi di Ovidio cari agli scrittori del Rinascimento e pensieri di Cicerone. 4. Il De honiinis dignitate (i486) e VHeptaphis 5. Il concetto dell'uomo (1489) di Pico. V[À\ Assioco ps. -platonico e nel Ficino. 6. G. B. Gelli, G. Bruno, C. Cremonini. 7. Discussioni umanistiche sulla nobiltà. La volontà umana e la fortuna in L. B. Alberti, nel Machiavelli e nel Guicciardini. 8. Giannozzo Manetti e il suo De dignitate et excellentia hominis (1448). Partizione del trattato e sua polemica contro il pessimismo ascetico. 9. Le prerogative dell'uomo secondo il Manetti. — — - - — ; processi del S UfBellarmino. -- 8. I due conse ^•.^ __ Q. La condanna, e le sue n. G. io. Dopo la condanna. guenze. pensatore e scrittore. e del Rinascimento. caraJLtere deirUmanesimo Umanesimo e Rinasci tra Differenza T Dinerenza -I ^ ^ ^^^^^^ Evo. 2. H ^ t. mento. ^^J^^^\^ Comune, la 4- ^^ medievale. A^r. q La poetica come opera d ar^io-nnna e il nuovo Stato I 11 — — — — 241 ^^^ — Il i degli — — V. Leonardo filosofo I. In che senso deve 1 V VL tano. Galileo e il . . . . — •i nomi -^ 215 Nascita e primi studi di G. 2. G. studente neir Università di Pisa e suoi studi matematici. 3. Lettore di matematica a Pisa, e poi a Padova. Ricerche, scritti, inLa scovenzione del cannocchiale. 4. perta dei satelliti di Giove e Cesare Cremo- — italiano. 287 Indice dei — suo problema scientifico Cremonim in G. Fonconcetto della fortuna militare nel fiacchezza e ^Tc^^^^^^ TI Rinascimento dell'anima, piacere, I. -ì,' TTT 269 Fontano. concetto della virtù in G. -- n u\x[onXX\V^^omoin C conoscere come fare, della finalità. 6. Il naturalismo di Leonardo. La matematica e il potere creativo dello spirito umano. del — Appendice : del — nascimento. — — dell'amore, e 179 dirsi — teoria — TTmanesimo 8. macnstiano. del Ri^"^i^^""r olismo aei al Naturalismo 9. Dall'Umanesimo che Leonardo non 2. In che senso si può parfu un filosofo. lare d'una sua filosofia. Il suo atteggiamento spirituale e il suo concetto della scienza. 3. Il suo concetto dell 'esperienza e sue idee platoniche. 4. L'apriorità della natura e del sapere secondo Leonardo. Suo plaAltri elementi platonici tonismo. 5. — Urna delirreligione e della Po^^tica e pagano, 7/• L'Umanesimo non „i^H nisti. Riforma. ì ; — — G. a Firenze. Le fasi di Venere, solari e la dottrina copernicana. i rap6. L' ipotesi di Copernico e la Bibbia porti tra scienza e fede. 7. Il problema della scienza in Galileo, e le difiìcoltà del nini. le — 5. macchie — / : T^watt' LECCHI EDITORE FIRENZ a nostra scuoi ilivista quindicinale diretta da )irezione e Amministrazione GIOVANNI MARCHI Via Ricasoli, : 8, Firenze I ì A. Anile, Collaboratori ordinarli: A. Carlini, Casotti, V. Cento, E. Codignola, A. Colombo, C. Dentice d'Accadia, A. CosTANzi, Errerà, A. LomMomi- ranci, G. Gentile, B. Giuliano, P. Grassini, G. jìardo-Radice, Marsili, e. G. Modugno, F. gliano, R. MuRRi, O. Sabbadini, G. C. Pico, LJR^ussp, w M. Valgimigli, ecc. ecc. C. Sgroi, Vuole promuovere scolastica con rinvigorimento della coscienza politica e il la trattazione scientifica e politici, con la la critica spregiudicata di fini interessati dei capitali problemi didattici denuncia aperta degli abusi e degli e partigiani uomini e il istituzioni rinnovamento arbitri, con che ostacolano per dello nazionale spirito { ABBONAMENTO ANNUO Sostenitore L. Tutti sulle Numeri \ i4,!rfV', i-v.=l»«*fit*!lW^-i*'-'»!»' »*- 20 — Ordinario L. 8 — : £s/cro L. 20 abbonati godono di uno sconto del 20 ""U opere edite dalla C^sa editrice Vallecchi gli di saggio della Rivista saranno inviati gratis a richieitaj \ — f ARMANDO GIOVANNI GENTILE DISCORSI dTrELIGION Volume Collezione problema : Dedica. filosofico. — Il A Volume a cura dì E. Codignola — Avvertenza. — Collezione Il problema di oltre LOCKE 0. 400 pagg. Lire PENSIERO MODERNO IL FIRENZE CARLINI FILOSOFIA DI 150 pagg. Lire 5. UOMINI E IDEE SOMMMARIO Il di oltre — VALLECCHI EDITORE FIRENZE! IO diretta da E. Codignola politico. problema morale. INDICE DEL PRIMO VOLUME Sono tre magnifici saggi in cui viene studiato e illustrato il probler religioso sotto l'aspetto politico, filosofico e morale. Prolondamente ori naie la soluzione speculativa del problema filosofico e morale acutissii l'analisi delle è nuove esigenze della nostra vita politica, dell'oscura ri Locke. - Gli inquietudine che turba uomini e partiti, e i giovani in particolari modo, e mostrerà tra pochi anni alla chiara luce del sole quale nuova Italia si vien maturando e si travaglia ora nelle fatiche di una tumultuosa' e lapida gestazione •. dell' 'i - Il : Introduzione Vita e biografi Parte prima L'Edu- Saggio. : - : - Bacone. Descartes e Locke. - L Esperienza Idee. - Parte - L'Ongine problema e U in idealismo soggettivo dell'empirismo SECONDA Trasforma/ione - Le Idee e Parole. - Scienza ed esperienza, e in nominalismo. — conoscenza. La ragione e di cazione : scritti miTiori. dell- Intelligenza. delle critico della filosofia. critico : le fede. Locke, condotta prima monografia che compare su dogmatica celedi Oggetto insieme. storico con senso speculativo e XVIII e di critica distruttiva o vanamente costruttiva Questa è ALDEMIRO CAMPODONICO la brazione nel sec. inglese prende qui finalmente U suo il grande filosofo nel sec XIX non conosce tramonti. clie posto nella storia del pensiero egU ha voluto ademdel tutto nuovo è C. dal seguito metodo Il modo che storico di critico, di espositore, piere il suo dovere di e armonico tutto un in organizzate eppure queste parti siano distinte, La Hus5ia dei Sovlels Volume Collezione : 400 pagg. Lire IO. di oltre UOMINI E IDEE a cura di £. Codignola SOMMARIO DEI CAPITOLI: Come — arrivò al bolscevismo. iL^viet. Leggi fondamentali l'aboUzione dei titoli delle eredità li^ie donazioni. Il lavoro obbligatorio la terra. Nazionalizzazione — — si — : : — : : — Organizzazione economica. Lavoro. Commercio. - Approvvigionamenti Razione e distribuzioni dei viveri. AssiAssicurazioni sociali. Istruzione. Tribunali e j^ustizia. Ewrcito e servizio militar»». Resultati, Appendice. delle industrie. stenza. — : — Sono qui raccolte — — — — bolscevichi nei loro testi integrali. La >pealtà vera » apparisce attraverso l'opera legislativa dei Soviets ; realtà \di\ dolore, di miseria, di servitù, di tiranràa. Gli abbonati de [ubblicazioni edite '* le leggi dei la noctra «cuoia „ godono dello sconto del 20 da Vallecchi, Editore, Via Ricasoli, 8, Firenze, % prog^sivo.^^^ lumeggiata nella le motivi centrali, e lockiana, abilmente riassunta ne' del formazione con il confronto del movimento sua per la prima volta un apprezpensiero contemporaneo, riceve qui esatto e speculativamente sererio zamento che è insieme storicamente dedicato all'illustrazione del tutto quasi è volume primo Questo «Saggio". il già, tutto L'introduzione bibliografica mette innanzi, celebre capolavoro, di cui CU su tulle -m il il materiale Carlini s'è servito pel lavoro. abbonali de pabbllcaùonl edile da " la nostra scuola .. Vallecchi, Editore, goJono dello «onlo del 20 Via Rlcasoll. 8. Firenze. % su tulle le Educazione e Religione concezione d'una Formato Collezione della Storia idealistica Collezione IL PENSIERO MODERNO SOMMARIO DEI CAPITOLI e filosofia. Il e il : Il problema realismo e l'empirismo. — — La filosofia. fenomenologia dello deduzione delle categorie. spirito. da E. Codignola — — L'opposizione e — Storiografia e Il pensiero vono le filosofia e storia. Sullo stesso ultime indagini del Croce Casotti che vuol essere, crociane o gentiliane, e. .del Gentile come * la distinzione. filosofia. terreno su cui si ma concetto tradizionale di educa- ULRICO ARNALDI — La Rossi, bianchi e tricok dello spirito. colloca non già una pura e semplice il Formato il si muo- libro del ripetizione di tesi un ripensamento personale, condotto con ri- Collezione in- 16, pagg. 200. UOMINI E IDEE —Prezzo Lire 6.— a cura di E, Codignola Potente rievocazione della tragedia austriaca, ungherese, czeco -slovacca la disfatta e l'esperimento bolscevico. L'autore è un conoscitore pro- dopo fondo dei paesi danubiani oltre che scrittore maschio e originale. Il volume un alto interesse politico per i gravi fatti che documenta : •ffre altres" l'opera feconda dell'eroismo e della cavalleresca umanità dei nostri mi- gliori soldati contrastata e cancellata dalla folle cecità della nostra buro- goroso e vigoroso metodo scientifico. crazia militare, complice dell' invidia alleata. Gli abbonati de " pubblicazioni edite da la nostra scuola „ Vallecchi, Editore, godono dello sconto del 20 Via Ricasoli, 8, Firenze, % su tutte le Gli abbonati de pubblicazioni edite "la noitra scuola .. godono dello sconto del 20% da Vallecchi, Editore, Via Ricasoli, 8 Firenze, su tutte «^ \ \ maggiore pensatore francese contempo- zione per opera dei maggiori pensatori del tempo nostro. — L'essere Grande importanza ha assunto nella filosofia moderna il problema della storia, dopo che il Croce ed il Gentile, per vie diverse ebbero proclamato l'identità di a cura di E, Codignola raneo. L'operetta è indispensabile a chiunque voglia rendersi esatto conto volontarismo. — Le forme assolute — Prezzo L. 3. — pedagogico moderno la nuova intuizione dei problemi educativi della crisi profonda che sta attraversando diretta divenire. -- Posizione del divenire assoluto. processo e la storia della LA NOSTRA SCUOLA filosofico della storia. Storia Il 16 di pagg. 100 circa e religiosi contenuta nell* opera del 12 450 Lire pagg. di in- Maurice Blondel in L'autrice illustra con molto acume e profonda conoscenza del movimento filosofico e Volume FIREN ENRICA CARPITA MARIO CASOTTI Saggio — VALLECCHI EDITORE FIRENZE VALLECCHI EDITORE le p EDITORE T f I Recenti pubblicazioni — — Baldini Umori 3.50. gioven- di cinto Benavente — cr — Massimo Bontempelll — La vita — tensa. Aidemlro Campo do nico — La Russia Soviets. 10. — — Carlo Carrà — Pittura metafisica. — Emilio Cecchi — Pesci Franco Ciarlantini — Quando tirava vento. — forte Bruno Cicognani — 6 — novo conio. — Gente conoscenza. — — H figurinaio figurine. — coPrimo Conti — La fanfara struttore. — — JoCurzl Le avventure 4— Q — Unamuno Miguei De — miei Giovanni Papini — Opera prima. — — Memorie Iddio e vita nessuno. — — Crepuscolo 3.50. — L'altra metà. - Pragmatismo. — — G. Papini — Un uomo ~ n tragico quotidiano e pilota — - Testimonianze. — — 24 5.—. — Stroncature. — Esperienza futurista. 3.50. — Maschilità. — — Buffo — Parole e sangue. 3.50. — 100 pagine poesia. — — Giorni G. Papini e P. Pancrazi — Poeti d'oggi. 10. — interessi Gì creati. 4. in- 5. dei 5. 5. rossi. 4. il storielle di 3. 3. di 5. e le del 4. Gis^'la oj Ila li flore dei ricordi. 4. 5. di d* 3. dei filosofi. 4. 4. finito. 7. il cieco. 7. 5. Cervelli. 8. 4. nat*». 3. 4. di di festa. 5. Perondino — O donne Gli abbonati dt pubblicazioni edite da " la tutte. RF N7F — Platone I>ell'amore. 3.50. Giuseppe Prezzolini Uomini 22 3.50. nostra scuola „ Vallecchi, Editore, L M. — 7.—. città 3. tre novelle. 3.50. S Uo il giogo della guerra. I : Corrado Alvaro — La siepe e l'orto. 4. Lazzaro ed alLeonida Andreiefl An ! Salaverrla — Re, uomo. — Lascio — Discorsi Giuseppe Fanciulli figli. 4.—. Giovanni Gentile 3.5 ai mi di n —— U Prometeo male catenato. Luda Gironi — Ore crepuscolari. — L'ora Domenico rabba. —— Carlo Linati Nuvole Giuseppe Lipparini — Le fanta giovane Aurora. — E. L. Morselli — Favole per Alfredo Mori — Andiamo a veder — Nicola Moscardelli — La mendicai muta. ^ Aldo Palazzeschi — Due imperi mancati. — —n Ferdinando l'amore. —— un Ottone Rosai Bino Sanminiatelll — Le pecore pa:^ Nino Savarese — Pensieri ed glone. 5. Andrò Gide 1 3.50. \ 3.5 Giuliotti di 5. e paesi. 3. 6. della i I e d'oggi. 3.50. st le rose.... 4. I 3.50. 5. Paolieri libro < 5. ] Il libro di ti pista. 2.50. ze. 3.50. allego- rie. 3.50. Ardengo — — — — — — — — — Sofilci Arlecchino. 3.50. Giornale di bordo. 3.50. La La — — — giostra dei sensi. 4. (ediz. non censurata). 3.50 ritirata del Friuli. 5. Kobilek Scoperte e massacri. Statue e fantocci. 5. 5. — Chimismi — lirici. 3. 50. Principi di un'estetica futurista 3,5? Rete mediterranea fi, II) l clascul — — Allegria Ni — tovag Giuseppe Zucca — Una — per 24. no. 5. Giuseppe Ungaretti di fragi. 5. 6. godono dello sconto del 20 Via Ricaaoli, 6, Firenze. % 3U tutte le -'-«•=i^*=àìÈSàmf<^*'!>^»(iii^^ COLUMBIA UNIVERSITY COLUMBIA UNIVERSITY LIBP*RIES This book is dn<» r« t^e • ^lcaf«<5 0032025416 •" » ^ ^ », ' 1 1 5 •r. KÌ\ U.« f < J ./ ^ hN- o n & ^ .> e X) « »*?%•-*• I :? ,|!^ ;«ir* -«3ai"j *«', »j»rl3i ii"»* k?*,*>* l-fSlfetiMte =*%:•' *» .*i. fc-vC- s;j. ^^t *-v .,è ¥i!=^|. *$ VÌ& -•.ìf*= f'-:^! •t•,^ -V.-JJIWU'S .V*i,<|«»*««,,#«^.,. .-