Il racconto della Natività - Benvenuti nel sito web della parrocchia

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Il racconto della Natività
Giuseppe assume la paternità legale di Gesù (Mt 1, 18-25)
18Ecco
come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di
Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe
suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. 20Mentre però stava
pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio
di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo
Spirito Santo. 21Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi
peccati”.
22Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del
profeta:
23
Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele,
che significa Dio con noi. 24Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del
Signore e prese con sé la sua sposa, 25la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli
chiamò Gesù.
Nascita di Gesù e visita dei pastori (Lc 2,1-20)
1In
quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.
primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. 3Andavano tutti a farsi
registrare, ciascuno nella sua città. 4Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla
città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, 5per farsi registrare
insieme con Maria sua sposa, che era incinta. 6Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per
lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una
mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
8C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.
9Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono
presi da grande spavento, 10ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che
sarà di tutto il popolo: 11oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. 12Questo
per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. 13E subito apparve
con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva:
2Questo
14“Gloria
a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama”.
15Appena
gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra
loro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”.
16Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella
mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che
udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. 19Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose
meditandole nel suo cuore.
20I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e
visto, com’era stato detto loro.
La visita dei Magi (Mt 2,1-12)
1Gesù
nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a
Gerusalemme e domandavano: 2“Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e
siamo venuti per adorarlo”. 3All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.
tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere
il Messia. 5Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
4Riuniti
6
E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.
7Allora
Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era
apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme esortandoli: “Andate e informatevi accuratamente del bambino e,
quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”.
9Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li
precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, essi
provarono una grandissima gioia. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e
prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti
poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
Introduzione alla festa della natività
Fino al IV secolo la festa della Natività era congiunta con quella dell’Epifania che celebra la
“manifestazione” di Cristo al mondo in maniera progressiva: la sua nascita, l’adorazione dei
Magi, il Battesimo sul fiume Giordano e il primo miracolo alle Nozze di Cana.
Una tale concomitanza si giustificava dal fatto che Gesù alla sua nascita era apparso al mondo in
modo quasi nascosto, mentre nelle successive epifanie Egli si rivela progressivamente al mondo
per quello che è. Ai Magi come Re, Sacerdote e Profeta; sul fiume Giordano la voce del Padre
attesta: “Tu sei il mio Figlio diletto” mentre su di lui viene lo Spirito in forma di colomba. Alle
Nozze di Cana dà inizio ai segni messianici e “i suoi discepoli credettero in lui”.
Le cause del successivo sdoppiamento delle feste del Natale e dell’Epifania vanno ricercate
nell’esigenza della Chiesa di far fronte agli insegnamenti doceti (negavano l’umanità di Gesù) e
ariani (negavano la divinità di Gesù). Era opportuno, infatti, sottolineare tanto la vera umanità
che la vera divinità nel Cristo sin dalla sua nascita.
La festa del Natale è una festa di “Luce” e riceve dai bizantini il titolo di “Pasqua”. L’anno
liturgico avanza così tra due poli di eguale portata: La Pasqua della Natività e la Pasqua della
Risurrezione: l’una racconta già l’altra.
In Occidente, sotto l’influsso francescano, Natale assume un carattere più pittoresco con la
rappresentazione così popolare del presepe. La pietà s’intenerisce sull’aspetto umano del
mistero: il bambino Gesù, sua madre Maria e Giuseppe il falegname; è la festa intima della
“Sacra Famiglia” sconosciuta in Oriente, la festa dell’Uomo-Dio più che del Dio-Uomo.
L’Oriente filtra assai severamente ogni emotività attraverso il suo attaccamento quasi “feroce”
alla tradizione dogmatica.
L’icona della natività
L’icona qui riprodotta è una copia da un prototipo del secolo XV fatta da un artista greco vissuto
molto probabilmente a Venezia. Una delle copie più antiche di questa icona si trova nella chiesa
di San Giorgio dei Greci proprio a Venezia e risale al sec. XVI.
Le testimonianze iconografiche del Natale cominciano ben presto e lo schema fondamentale
della rappresentazione è rimasto essenzialmente inalterato fino ai giorni nostri. La sua
composizione primitiva sembra risalire all’immagine tracciata nella chiesa costruita da
Costantino a Betlemme. I pellegrini del IV e V secolo, ritornando dalla Terra Santa, portavano
dell’olio santificato in ampolle su cui troviamo già rappresentazione del suo nucleo essenziale.
Nello scorrere dei secoli e nelle varie zone del mondo cristiano possiamo trovare disposizioni
iconografiche diverse dei personaggi principali o un arricchimento di particolari, ma lo schema
generale rimane costante.
L’icona della Natività, nei suoi elementi costitutivi, compare già nel VII secolo,
contemporaneamente all’organizzazione della festa del Natale, ma raggiunge la sua forma
canonica che conserverà fino ai giorni nostri, nel corso del secolo IX, quando la sua struttura
viene fissata nei seguenti elementi definiti e stabili: il fondo oro, il paesaggio, la stella, la grotta,
la mangiatoia, il bue e l’asino, la Madre di Dio al centro con il Bambino, gli angeli, i pastori, il
viaggio dei Magi, san Giuseppe e di fronte l’uomo vestito di pelle, il bagno del Bambino.
L’icona canonica così descritta ha un carattere narrativo ben definito, che si svolge su tre piani:
nel piano centrale la grotta, la Madre e il Bambino; nel piano superiore la stella, le montagne, gli
angeli, i pastori e i Magi; nel piano inferiore altri pastori, le pecore, Giuseppe, l’uomo vestito di
pelle e il bagno del Bambino.
Fonte primaria delle diverse scene sono i Vangeli di Matteo e di Luca. A questi si aggiungono i
Vangeli apocrifi.
Il fondo oro
Il fondo oro costituisce un elemento distintivo presente in tutte le icone. I manuali di pittura lo
definiscono ouranos, ossia “cielo”. La presenza dell’oro produce una specie di trasposizione
della scena, o del personaggio, dalla sfera terrestre a quella celeste della gloria di Dio. Il fondo
oro diventa così il luogo del mistero e il simbolo della luce di Dio. In questo modo l’icona è luce
e non possiede una fonte precisa, perché la Gerusalemme celeste “non ha bisogno della luce del
sole né della luce della luna, perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello”
(Ap 21,23). Essa è dappertutto, in tutto, senza alcuna proiezione d’ombra; essa suggerisce Dio
stesso che per noi si fa luce. Per questo gli iconografi chiamano il fondo dell’icona anche phos,
ossia “luce”.
Il fondo oro proietta gli eventi del Natale dalla sfera terrena della storia a quella celeste del
mistero. Questo traspare nel paesaggio, negli oggetti inanimati e nei diversi personaggi: di tutti
viene suggerito l’essere trasfigurato e, nel caso dell’uomo, l’essere divinizzato.
Il paesaggio
Il paesaggio dell’icona canonica del Natale è costituito dalle montagne, dalla grotta, dalla
mangiatoia, dagli alberi e dagli animali: tutti questi elementi terrestri, proiettati sul fondo oro
che, abbiamo visto sopra, è chiamato “cielo” e “luce”, acquistano una dimensione ultraterrena.
Stilizzati all’essenziale, essi riflettono e danno quasi voce al mondo di cui fanno parte, per lodare
Dio ed esprimergli grazie e riconoscenza per aver trasfigurato e divinizzato l’uomo creato a sua
immagine e riportato alla sua somiglianza.
La stella è un elemento essenziale dell’icona canonica del Natale. Essa spunta dal lato superiore
della rappresentazione, dal cielo raffigurato come una semisfera: sembra pertanto che provenga
dall’alto, inviata da Dio a fermarsi sul capo del Bambino.
La stella è uno degli elementi primitivi della raffigurazione della Natività. È presente già
nell’affresco di Maria con il Bambino e il profeta, nelle catacombe di Priscilla. Essa fa
riferimento al racconto evangelico di Matteo (Mt 2,1-12), ma anche al passo veterotestamentario
di Balaam: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Nm 24,17). È
presente anche negli Apocrifi, che sembrano collegarla con la stella che guidò i Magi a
Gerusalemme quando Gesù aveva compiuto due ani, e con quella preannunciata dai profeti quale
segno del nuovo potere di Israele.
La grotta
La grotta è un elemento base dell’icona della Natività, anche se i Vangeli non ne parlano
specificamente e non precisano il luogo in cui l’evento si compì.
La grotta, nelle icone, somiglia a un antro dipinto sempre a tinte scure: è l’ingresso nelle viscere
della terra, è il simbolo degli inferi che si spalancano come le fauci del drago nel tentativo
d’ingoiare il Bambino. Si legge infatti nell’Apocalisse: “Il drago si pose davanti alla donna, che
stava per partorire, per divorare il bambino appena nato. Ella partorì un figlio maschio, destinato
a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo
trono” (Ap 12, 4-5).
La Natività ci presenta così la stessa voragine buia che troviamo nell’icona della Resurrezione, e
lo stesso trionfo di Cristo che provocherà la caduta definitiva del drago, il male che rende
schiavo l’uomo. Cristo entra nelle “fauci del mostro” come Giona nel ventre del pesce, “visita gli
spiriti in prigione” (1Pt 3,19) e soggiorna tra i morti, non perché vinto dalla morte, ma per
riscattare dalla morte il genere umano. I cieli si chinano fin nel profondo dell’abisso; la luce della
Redenzione risplende nelle tenebre fitte del peccato mediante la carne che Dio riceve da Maria,
che lo genera figlio dell’uomo, così che l’Unigenito di Dio diviene Primogenito di molti fratelli
Rm 8,29).
I Padri hanno dato numerose interpretazioni della grotta. Ireneo di Lione vi scorge una
prefigurazione della discesa di Cristo negli inferi. La grotta di Betlemme, la grotta che appare
sotto la croce nelle icone bizantine della crocifissione e gli inferi delle icone della Risurrezione,
richiamano alla memoria la stessa realtà: “la valle dell’ombra e della morte” (Sal 23,4); in
definitiva, il peccato.
Uno scrittore ecclesiastico del VI secolo vede nella grotta la prefigurazione della Chiesa, dove la
mangiatoia è l’altare; il custode della Chiesa è Giuseppe; i pastori diventano i diaconi e gli angeli
i sacerdoti. Gesù Bambino è il Sommo Sacerdote e la Vergine il trono e le sue mammelle sono le
coppe (calice e pisside) e l’incarnazione diventa la veste del sacerdote.
La mangiatoia
La mangiatoia, nella stalla, è il motivo più antico e più diffuso nella raffigurazione della Natività.
Essa prende diverse forme e può essere di creta, oppure composta da asticelle di lego o anche
ricavata da un blocco di pietra. Non è raro che abbia la forma di una bara, per richiamare l’idea
della morte che incombe sul Bambino appena nato.
La forma di pietra che viene data alla mangiatoia suggerisce il tema della Montagna, figura di
Maria, e della Pietra che se ne distacca per colpire l’idolo, secondo il sogno di Nabucodonosor
interpretato da Daniele.
Il bue e l’asino
Sempre presenti nell’icona canonica, dove le loro figure sono legate alla mangiatoia, il bue e
l’asino non sono neppure nominati nei racconti di Matteo e di Luca, i due evangelisti che parlano
della Natività. Neanche il Protovangelo di Giacomo ne fa menzione. Ma da dove provengono
questi animali e perché mai viene dato ad essi tanto rilievo?
I Padri della Chiesa – Ambrogio, Agostino e altri – hanno visto nel bue la figura simbolica del
giudaismo, e nell’asino la figura simbolica del paganesimo. È Origene a riferire per la prima
volta – probabilmente a motivo della mangiatoia – alla nascita di Cristo il passo del profeta Isaia:
“Il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone…” (Is1,3). Anche in un versetto
di Abacuc è possibile leggere un richiamo alla nascita di Gesù nella stalla: “Tra due animali sarai
riconosciuto” (Ab 3,2). Gregorio di Nanziazo scrive al riguardo: “Tra il giovane toro che è
attaccato alla legge (ebraica) e l’asino che è gravato dal peccato dell’idolatria (pagana), giace il
Figlio di Dio, che libera da ambedue i pesi”.
Il Bambino
Nell’icona canonica del Natale, il Bambino è sempre raffigurato avvolto in fasce e adagiato nella
mangiatoia. Non è mai senza fasce, e i suoi tratti sono già quasi quelli dell’adulto, malgrado la
statura. Tutto suggerisce che non si tratta di un bambino come gli altri, ma di Dio fatto uomo.
Il Bambino si staglia su fondo buio della grotta, quasi ad illuminarla della propria luce: “In lui
era la vita e la vita era la luce degli uomini, e la luce splende nelle tenebre e le tenebre non
l’hanno accolta” (1Gv 1,4-5).
L’allusione alla passione di Cristo è suggerita non solo dalla grotta simbolo degli inferi, ma
anche dal corpo del neonato che è avvolto quasi sempre da panni funebri e dalla stessa
mangiatoia che ha la forma del sepolcro. Il Bambino è nato perché attraverso la sua morte, siano
sconfitti la morte e il peccato. È significativo in tal modo il legame tra l’Incarnazione e la
Redenzione, fra il Natale e la Pasqua.
C’è infine, da notare, che la statura del Bambino, di dimensioni limitate se paragonata a quella
della Madre, viene messa in relazione con la visione di Nabucodonosor della montagna e della
pietra che distrugge la grande statua simbolo del male e degli idoli pagani.
La Madre di Dio
Maria con il Bambino occupa sempre il centro ideale dell’icona canonica. È adagiata a terra
sopra un drappo, per rendere evidente la povertà del luogo della Sacra Famiglia. Il colore
porpora del tessuto è l’unico elemento di magnificenza, appositamente voluto per mettere in
risalto la dignità regale della Vergine Madre di Dio. Alle sue spalle, avvolto nelle tenebre, è il
piccolo villaggio di Betlemme che non ha dato ospitalità alla Madre di Dio.
La perpetua verginità di Maria è sottolineata dalle tre stelle sul manto; la santità con il nimbo
dorato. La statura è di proposito superiore rispetto a quella del Bambino, per suggerire il
simbolismo della montagna e della pietra del testo di Daniele. L’immagine della montagna e
della pietra che se ne distacca senza che alcuno la tocchi, è l’immagine profetica della perenne
verginità di Maria.
Maria volta le spalle al Bambino per significare che colui che è nato attraverso di Lei appartiene
a tutti, è come una segno di distacco ma non di estraneità, è un segno nobile di chi sa di essere
l’umile ancella del Signore, strumento certamente non passivo nelle mani di Dio perché il
Salvatore entrasse nella storia e nella notte del mondo.
Gli angeli
Espressamente menzionati dal Vangelo, gli angeli sono sempre presenti nella raffigurazione
canonica della Natività. Il loro numero varia da icona ad icona. Alcuni sono rivolti verso il cielo,
altri verso i pastori: in questo duplice atteggiamento c’è un’allusione alla duplice missione degli
angeli: servire Dio e trasmettere i suoi ordini agli uomini. Gli angeli sono i primi testimoni della
buona novella della nascita di Cristo.
I pastori
I pastori rappresentano il popolo eletto. Il cielo si è aperto loro e la schiera degli angeli intonanti
un cantico a Dio si è resa loro visibile. Essi sono stati chiamati ad adorare Cristo in nome
dell’intero Israele. Hanno ricevuto direttamente dagli angeli la buona novella.
Sulla nostra icona i pastori si trovano disposti verticalmente: presso la grotta e, in basso, vicino a
S. Giuseppe. Quelli presso la grotta ricevono l’annuncio dagli angeli. Si vede uno che suona un
piffero mentre fa guardia al gregge che si sta abbeverando, mentre altri due guardano verso gli
angeli. Tra i pastori se ne intravede uno vestito con la pelle di animale. Lo stesso lo vediamo
raffigurato i basso che parla con Giuseppe.
I tre Magi
Per i Padri della Chiesa i Magi sono le primizie dei gentili, dei pagani cioè che entrano a far
parte del popolo di Dio. I questo contesto essi sono presentati come i seguaci del profeta pagano
Balaam. Sono anche i primi missionari che annunciarono Cristo al mondo pagano di Babilonia.
Nella nostra icona i Magi sono raffigurati secondo le tre età della vita: il giovane, l’adulto e
l’anziano. Questo simboleggia che Dio va ricercato sempre, in tutte le età della vita. E Dio si
lascia sempre trovare da chi lo cerca con cuore sincero.
San Giuseppe
La figura di san Giuseppe, sposo della Madre di Dio e padre putativo di Gesù appare nel piano
inferiore, sotto la scena principale. È raffigurato seduto, con la testa appoggiata su un braccio; lo
sguardo non è rivolto verso la Madre nè verso il Bambino, ma sembra quello di un uomo
immerso nelle proprie considerazioni e con il cuore in tumulto fra pensieri contrari. Questo
singolare atteggiamento, in contrasto con la gioia che ognuno dovrebbe provare per la nascita di
un figlio, ha portato molti a definire la scena “il dubbio di Giuseppe”.
Bisogna però tener conto che la presenza di Giuseppe nell’icona della Natività ha un duplice
significato. Egli è in primo luogo testimone della discendenza davidica del Bambino e prova
vivete, quindi, della sua messianicità. Inoltre, a motivo del posto per così dire marginale che
occupa e attraverso i sentimenti di stupore dipinti sul suo volto e riflessi in tutta la sua persona,
offre la dimostrazione tangibile di non essere padre naturale del Bambino e di essere estraneo a
ogni rapporto coniugale con la Madre. Giuseppe testimonia, quindi, la filiazione divina del
Bambino e la verginità di Maria.
Quanto al personaggio che sta in piedi davanti a lui, la sua figura ha dato luogo a non poche
interpretazioni, dovute soprattutto al fatto che né sulle icone e neppure nei manuali di pittura si
legge un nome o un’iscrizione che ne sveli l’identità. Non pochi autori lo ritengono un pastore.
Senza spiegare, tuttavia, perché sia vestito di pelle e non indossi, invece, gli abiti comuni agli
altri pastori.
Altri lo identificano con il demonio: sotto sembianze umane, egli tenta Giuseppe, inducendolo a
dubitare della verginità di Maria. Per rendere più esplicita tale interpretazione, mettono in bocca
al personaggio le parole: “Come questo bastone non può fiorire, così una vergine non può
partorire”.
A tale interpretazioni si oppone poi il fatto che l’iconografia bizantina non rappresenta mai il
diavolo sotto sembianze che non siano della sua realtà diabolica. Non viene tenuto conto,
soprattutto, della veste dello strano personaggio, trascurando in tal modo il tema biblico delle
tuniche di pelle, molto caro ai Padri e di cui si parla nel libro della Genesi: dopo il peccato dei
progenitori, “il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelle e li rivestì” (Gen 3,21).
Per i Padri le tuniche di pelle esprimono la realtà peccatrice e mortale dell’uomo.
Pertanto il personaggio è da identificarsi con Adamo, recatosi alla grotta insieme con Eva.
Quanto al bastone che Adamo tiene in mano, può trattarsi della verga di Aronne o della verga di
Jesse, simboli di Maria. Pertanto Adamo richiama alla memoria di Giuseppe le profezie che si
stanno compiendo con il parto della Vergine.
Il bagno del Bambino
In quasi tutte le icone del Natale sono raffigurate, nella parte inferiore, due donne che
provvedono al bagno del Bambino. Il tema è esclusivamente iconografico e sembra provenire dal
mondo greco e romano, che includeva la scena del bagno nelle immagini della nascita di uomini
illustri. Non c’è allusione ad un episodio del genere nei Vangeli canonici e neppure nella liturgia.
La tradizione cristiana, infatti, pronunciandosi sul modo in cui è avvenuto il parto verginale e
straordinario di Maria, esclude un tale rito.
Per quanto riguarda le due donne che assolvono al compito, ne troviamo l’identificazione nei
Vangeli apocrifi. Il Protovangelo di Giacomo, riferendo dell’arrivo di Maria e Giuseppe a
Betlemme, racconta che quest’ultimo, appena si rende conto che la Vergine è sul punto di
partorire, corre in cerca di aiuto. Incontra una levatrice ebrea, la conduce alla grotta, la donna
non ha modo di intervenire, perché Maria ha già partorito e il Bambino è già attaccato alla sua
mammella.
Meravigliata, la levatrice esce dalla grotta e incontra una donna di nome Salome. Le racconta il
prodigio. Salome non vuol credere a un parto verginale e chiede di costatare di persona. A questo
punto, una fiamma le brucia la mano e la donna si pente immediatamente.
Soltanto una delle due donne, dunque, è chiamata per nome. Dell’altra non sappiamo altro se non
che era una levatrice. Per avere più informazioni, si deve ricorrere al Vangelo armeno
dell’Infanzia. In questo rimaneggiamento tardivo del Protovangelo di Giacomo, si legge che la
donna incontrata da Giuseppe dichiara: “Io sono Eva, la progenitrice di tutti gli uomini. Sono
venuta per contemplare con i miei occhi il compimento della mia redenzione” entrati nella grotta
s’accorgono che il parto è già avvenuto.
Libro del profeta Daniele capitolo 2
IL SOGNO DI NABUCODONOSOR INTERPRETATO DA DANIELE
31Tu
stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva
davanti a te con terribile aspetto. 32Aveva la testa d’oro puro, il petto e le braccia d’argento, il ventre e le
cosce di bronzo, 33le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte di creta. 34Mentre stavi guardando,
una pietra si staccò dal monte, ma non per mano di uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che
erano di ferro e di argilla, e li frantumò. 35Allora si frantumarono anche il ferro, l’argilla, il bronzo,
l’argento e l’oro e divennero come la pula sulle aie d’estate; il vento li portò via senza lasciar traccia,
mentre la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta quella
regione.
36Questo è il sogno: ora ne daremo la spiegazione al re. 37Tu o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo
ha concesso il regno, la potenza, la forza e la gloria. 38A te ha concesso il dominio sui figli dell’uomo,
sugli animali selvatici, sugli uccelli del cielo; tu li domini tutti: tu sei la testa d’oro. 39Dopo di te sorgerà
un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di bronzo, che dominerà su tutta la terra. 40Vi
sarà poi un quarto regno, duro come il ferro. Come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno
spezzerà e frantumerà tutto. 41Come hai visto, i piedi e le dita erano in parte di argilla da vasaio e in parte
di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma avrà la durezza del ferro unito all’argilla. 42Se le dita dei
piedi erano in parte di ferro e in parte di argilla, ciò significa che una parte del regno sarà forte e l’altra
fragile. 43Il fatto d’aver visto il ferro mescolato all’argilla significa che le due parti si uniranno per via di
matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il ferro non si amalgama con l’argilla. 44Al
tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso
ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre. 45Questo
significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per mano di uomo, e che ha stritolato il
ferro, il bronzo, l’argilla, l’argento e l’oro. Il Dio grande ha rivelato al re quello che avverrà da questo
tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la spiegazione”.
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