1/110 INTRODUZIONE Ancora oggi lo stile di vita alimentare è indicatore del livello socio-economico e culturale di una popolazione, ma in passato, quando non vi era la globalizzazione, lo era ancora di più. Abbiamo tracciato brevemente una sintesi della storia dell’alimentazione annotando in modo particolare come alcuni prodotti abbiano influenzato la vita a tavola dei nostri antenati. Ma abbiamo anche pensato di deliziare il palato annotando alcune gustose nonché “particolari” ricette. Il nostro lavoro continua con l’analisi scientifica dei principi nutritivi ed alcune osservazioni riguardo la corretta alimentazione nella speranza che la conoscenza in qest’ambito riesca ad essere d’aiuto a tutti per migliorare la qualità della vita e per vivere in salute. Ricordiamoci che più sono i cittadini da curare, più tasse si dovranno pagare per finanziare la Sanità e quindi meno soldi da spendere per un GUSTOSO PRANZO EQUILIBRATO avremo in tasca! 2/110 - Introduzione 1 - A tavola nel tempo ⇒ Preistoria ⇒ Romani ⇒ Egizi (lavoro non svolto) ⇒ XI e XV ⇒ Babilonesi ⇒ XII e XVII ⇒ Greci e l’alimentazione degli atleti ⇒ XVIII ⇒ Fenici 2 - Glossario con appendice ⇒ ⇒ Notizie sui cereali Storia del cacao 3 - Cibi e condizionamenti storico- geografici Avvenimenti storici ⇒ Europa con cibi caratteristici di alcuni Paesi e ricette ⇒ Italia con cibi caratteristici della Lombardia ⇒ 4 - Il cibo strumento d’identità sociale Sei ciò che mangi? ⇒ Alimentazione oggi ⇒ 5 - Piccola galleria di ricette Epoca Etrusco-Romana (ricette in latino) (10 a.C.–54 d.C.) ⇒ Epoca moderna ⇒ Epoca contemporanea ⇒ 6 - Veline, miss … linee e diete e poi? ⇒ Condizionamenti psicologici 7 - I pregiudizi alimentari 3/110 PREISTORIA Il pasto tipo degli uomini primitivi, per noi che viviamo nel XXI secolo, potrebbe essere poco attraente: tremiti, cavallette, formiche o piccoli topi di campagna, oppure uova di uccello, tuberi o radici. Periodicamente si consumano carni crude di grandi animali o di pesci. La carne all’epoca non era un cibo quotidiano. Gli animali cacciati e catturati erano usati per il latte ed era raro che venissero macellati. All’ epoca si mangiavano più vegetali che animali. L’ uomo primitivo cacciava gli animali, raccoglieva i vegetali e conservava i frutti sotterrandoli, pescava nei fiumi e nei mari. Il pesce doveva essere mangiato subito perché diversamente avariava I popoli nordici potevano sfruttare il clima freddo per conservare i cibi sotto terra più a lungo. (a cura di Hamza Latrach e Torre Ferdinando) 4/110 BABILONESI In Asia tra i fiumi Tigri ed Eufrate, in una vasta regione pianeggiante detta Mesopotamia fiorì la civiltà Babilonese. L’agricoltura fu molto fiorente. Grazie alle inondazioni e ai lavori di canalizzazione per evitare che le acque ristagnassero. La Mesopotamia fu tra le terre dell’antico oriente più ricche di orzo, sesamo, grano e palme da datteri. In cucina i Babilonesi bollivano tutto, in particolare la carne con cipolla, porri, aglio, sangue, formaggio fresco e piante aromatiche usate per insaporire i cibi. Come condimento veniva usato l’olio di sesamo o di oliva, e come dolcificante il miele o la frutta. (a cura di Damiano Bianchi) GLI EBREI Gli Ebrei si alimentarono con il pane. Oltre al pane lievitato veniva preparato il pane senza lievito chiamato “pane azimo”. Gli Ebrei mangiavano carne di montone, di vitello o di bue, ma non quella di maiale perché era proibita. Questi cibi venivano lessati e arrostiti ma si trattava di cibi non comuni e riservati ai giorni di festa. Gli Ebrei consumavano quotidianamente legumi, frutta e formaggi. Da bere c’era il vino, anche bevande ricavate dalla fermentazione dell’orzo, del miele e delle mele. (a cura di Ilaria Belloni) 5/110 I GRECI Nell'antica Grecia, allora dell'Ariston, il pranzo era veloce: olive, pesce fritto o formaggi e pane di orzo, olive, uva passa, fichi secchi. I Greci consideravano la carne un cibo di lusso e compariva solo sulle tavole dei ricchi; la preferita era la carne di maiale, anche perché il pollame fece la sua apparizione solo nell'Età classica. Le famiglie non proprio ricche avevano a disposizione principalmente pane e legumi, oppure pesci sotto sale o affumicati e usavano il garon, una specie di salsina a base di pesce e erbe aromatiche. Le famiglie molto povere si accontentavano di pane e frutta. Ciliege, uva e fragole erano molto comuni, mentre le pesche, di orivgine persiana, furono portate in Grecia dopo il quarto secolo A.C. Da bere, anche qui, c’era il vino. C'era anche un'altra bevanda a base di farina d'orzo, semi di coriandolo e lino, vino e foglioline di menta. (a cura di Ilaria Belloni) L’ALIMENTAZIONE DEGLI ALTETI DELL’ANTICA GRECIA L'antica Grecia, com'è noto, è la patria delle Olimpiadi, e lì agli atleti era riservato, insieme con i poeti, il posto più elevato della società. Ma cosa mangiavano i lottatori e i corridori degli antichi Giochi Olimpici? Questi atleti d'altri tempi, dapprima mangiavano pane, miele, frutta secca, verdure e pesce; solo più 6/110 tardi si capì che per loro, era importante la presenza nella dieta delle proteine della carne. Nell'epoca dei sontuosi banchetti dei ricchi, gli atleti avevano uno stile di vita e un'alimentazione completamente diversi, austeri, che permettevano loro di rimanere forti. Essi dormivano sulla nuda terra o su pagliericci, si lavavano in fiumi e torrenti e si nutrivano di gallette d'orzo, frutta varia e miele e formaggio caprino con cui preparavano una sorta di fonduta. Eppure erano rampolli delle famiglie dell'élite, dell'alta società: a loro era infatti riservata la partecipazione alle Olimpiadi e agli altri Giochi, a causa dei costi esorbitanti della preparazione e degli allenatori privati. L'austerità mirava quindi alla fortificazione del corpo e dello spirito. La dieta, come detto, in seguito si arricchì di carne di bue, di maiale o di cervo arrostita o allo spiedo con erbe aromatiche, e poi anche di minestre di legumi, frumento, pane di farro, orzo e riso, olio di semi, strutto. Il pesce, soprattutto trote, veniva servito in foglie di vite o di fico, e i dolci, utili agli atleti per l'apporto energetico, erano costituiti da focacce di ricotta, miele o mandorle. E se avevano problemi intestinali, ecco pronti i decotti di alloro o altre piante dalle virtù terapeutiche. Ecco la dieta tipo prescritta dai medici del tempo: a colazione pane e miele, latte di capra e un po' di farina impastata con olio; a mezzogiorno frutta secca, fichi, noci, crostoni di pane di farro con vegetali, olive nere, uova, formaggio caprino e vino mielato; a cena carne allo spiedo o alla griglia con erbe aromatiche, zuppa nera con carne, formaggio, verdure cotte o crude, pesce marinato e frutta. E c'era anche l'antidoping: gli atleti che esageravano col vino venivano esclusi dalle gare. Gli atleti dell'antica Grecia, miravano alla bellezza, alla forza, alla determinazione e al coraggio; avevano l'ambizione di conseguire la gloria eterna, in una perfetta sintesi di virtù fisiche e spirituali. (dalla relazione del Prof. S. Pezzella, esperto di storia dell'alimentazione nell'antichità) 7/110 I FENICI In tavola erano disponibili zuppe di farro o di legumi come lenticchie, fave o ceci. Insieme al pane, fatto con farina di orzo, si consumavano cipolle, radici commestibili, cetrioli o lattuga. In una famiglia ricca si gustava anche dell’ottima selvaggina; in una povera, invece, del buon pesce. I Fenici usavano conservare le pietanze facendole essiccare o mettendole sotto sale. I frutti più diffusi erano fichi, uva, datteri o melograno. Come condimento veniva usato l’olio, se samo e miele. Bevevano birra o vino. (a cura di Damiano Bianchi) GLI ETRUSCHI Il piatto tradizionale degli etruschi era la farina di cereali e insieme a questa anche l’orzo, farro, fave, piselli, fichi, frutti selvatici, latte e formaggio di capra. La carne che mangiavano era la carne di maiale, di lepri e anche quella di orso. Sulla costa vanivano pescati piccoli tonni, anguille e capitoni. Infine la bevanda tradizionale è il vino, ma anche una bevanda fatta di latte fermentato. La bevanda era molto dissetante. (a cura di Valentina Bordiga e Silvia Zanoni) 8/110 9/110 I ROMANI Le terre degli antichi Romani si affacciavano sul Mediterraneo ed offrivano quindi le condizioni ideali per la coltivazione delle vite e dell’ ulivo, mentre, al contrario, erano poche adatte alla coltura dei cereali che si producevano solo a prezzo di grandi fatiche; anche perché le piogge erano scarse, il suolo era asciutto, leggero e povero di humus. Anche per i Romani il pane era al centro dei pasti, però si diffuse solo verso il II secolo A.C. Prima si mangiava una specie di pappa di farro che era una specie di grano dallo stelo molto robusto. Questo farro veniva usato anche con il grano detto plus. Il plus era consumato con legumi come fave, lenticchie e ceci, oppure con la carne allo spiedo. Per molto tempo i chicchi vennero frantumati su due pietre. Successivamente i Romani utilizzarono la macina su un disco di pietra che ruota su un altro per frantumare i chicchi. I Romani oltre alle solite carni come bue, agnello e vitello, cacciavano anche l’asino, ghiro, i cinghiali, il fagiano e il pavone. La carne e il pesce sotto sale si conservava per molti mesi perché il sale assorbe l’acqua contenuta negli alimenti, li essicca e uccide i microbi. 10/110 Il sale era dunque molto importante addirittura veniva anche usato come medicina. Nelle villae, cioè nelle case patronali si allevavano i pesci, la selvaggina e gli uccelli. La cucina romana era una cucina in cui venivano mescolati sapori amari e dolciastri, come: i funghi con il miele, i piccioni con datteri, pepe, miele, aceto, olio, vino e senape. Anche da loro il vino era la bevanda preferita, e si bevevo caldo anche nei bar, che, a giudicare da Pompei, erano diffusi come ai giorni nostri. (a cura di Sakinat Saladinova) 11/110 TRA L’ XI E IL XV SECOLO d.C. Il cibo più diffuso era la selvaggina, accompagnata da un vino molto forte. Erano abitualmente presenti salse forti, infatti nel Medio Evo si faceva uso massiccio di spezie, sia nei cibi che nelle bevande. Si potevano assaggiare cigni e gru. Formaggi, verdure e frutta completavano i banchetti. I poveri erano denutriti e correvano anche il rischio di morire di fame: potevano consumare verdure, frutta e uova sode. Alla base dell’alimentazione medievale c’era il pane e tra le bevande andava per la maggiore la birra, il vino e il sidro. (a cura di Silvia Bertolotti) 12/110 13/110 DAL XVI AL XVII SECOLO La vera arte nella preparazione dei cibi inizia nel 1500. Con la scoperta dell’America e i contatti più facili con Asia Africa, arrivano le patate, i pomodori, il riso, il mais, gli asparagi, e gli spinaci. Il mais era l’elemento base per fare la polenta. In Francia nel XVII secolo, i re cominciano a occuparsi di cucina. Luigi XVI amava molto le “bevande cordiali”, a base di alcol, zucchero e aromi. Al regno di Luigi XVI risalgono il consommè e la fricassea di pollo e di piccione, e alcune salse che usiamo ancora oggi: la besciamella e la maionese. Il caffè, il tè e la cioccolata chiudevano i pasti più importanti. Il caffè era addolcito con miele e profumato con ambra. Il tè apparve per la prima volta in Francia nel 1659; veniva importato dalla Cina e dal Gippone. Nello stesso periodo veniva importata dal Messico la cioccolata. I cibi venivano cucinati in modo diverso da quello di oggi. Si facevano bollire a lungo le carni finché si spappolavano. Si usavano molto i profumi e i cibi odoravano di ambra, rosa e muschio. (a cura di Carol Maninetti e Stefania Scarpace) 14/110 15/110 XVIII SECOLO Durante la grande carestia del 1769, furono le patate a salvare la gente dalla fame. Esse venivano coltivate già da molti anni in Germania e furono introdotte in Francia solo sotto Luigi XVI. Nel XVIII secolo il pranzo diventa un’occasione per riunirsi e a Parigi viene aperta la prima “trattoria”. L’arte della conservazione dei cibi fa enormi progressi ed ora è possibile avere marmellate, formaggi di molte qualità, salumi e salsicce. LA PATATA COME ALIMENTO Verso la metà del 1700, i governi europei incominciarono ad intuire che la patata poteva diventare una risorsa molto importante per tutta la popolazione, e soprattutto per i ceti più umili che non si nutrivano a sufficienza. A quei tempi si soffriva ancora la fame e le carestie mettevano molte vittime. I ministri e gli agronomi organizzarono delle campagne pubblicitarie per diffondere le patate, pasticcini e meringhe che fanno il loro ingresso nei pranzi importanti. La gente più ignorante diffidava delle novità e i contadini si rifiutavano di coltivare quella pianta. Intanto continuavano a partire la fame: la patata, si diceva, non era neanche nominata nella bibbia e perciò Dio non l'aveva destinata agli uomini; faceva venire la lebbra, causa la febbre e la scrofa Questa era l'opinione del popolo. Finalmente verso la fine del 1700 la patata divenne popolare. In Germania si facevano delle prediche sulla bontà della patata anche in chiesa; in Francia si tenevano banchetti pubblici a base di patate. XIX SECOLO La patata divenne un alimento base nelle zone in cui prima si soffriva la fame; in Irlanda, per esempio, divenne, nel 1846-47, il cibo nazionale a dimostrare la sua importanza . Anche se impiegò tre secoli per affermarsi, la patata del sud America portò in Europa la possibilità di vivere meglio, e più a lungo, e contribuì ad incrementare il numero degli abitanti che dal 1800 al 1850 passò da circa 153 milioni ad oltre 216 milioni. (a cura di Carol Maninetti e Stefania Scarpace) 16/110 17/110 RISO Il riso, una graminacea del genere Orzya, è il cereale più diffuso del mondo, alimento base per miliardi di persone. È originario dell'Asia, dove è coltivato da tempi remotissimi. Il riso può essere coltivato a temperature e ad ambienti diversi: su terreni asciutti, semisommersi o sommersi. La coltivazione del riso in acqua è possibile poiché la pianta possiede dei canalicoli che consentono di trasportare l'aria dalla parte emersa a quella sommersa. In Italia, la maggiore produttrice europea di riso, viene coltivato semisommerso per garantire una temperatura 20°C e una umidità costanti. Le zone dove la risicoltura è applicata più intensamente sono quelle di Vercelli, Novara e Pavia. La semina avviene in primavera e il raccolto a fine ottobre. Un tempo le mondine si occupavano di estirpare le piante estranee (mondatura), oggi si utilzzano diserbanti. Il prodotto della coltivazione è il risone o riso grezzo, che viene subito essicato per evitare lo sviluppo di muffe causato dalla elevata umidità. Lavorazione del riso Con la pulitura vengono eliminate dal risone le sostanze estranee (terra, sassi, semi, ecc.). Segue la sbramatura, con la quale viene eliminata la lolla, la parte esterna del chicco costituita da glume e glumelle. Il prodotto ottenuto è il riso integrale. Con la sbiancatura i chicchi di riso vengono limati con l'azione ripetuta di macchine apposite, con lo scopo di eliminare le parti più esterne. Durante questa fase i chicchi vengono selezionati, e quelli piccoli e difettosi vengono eliminati. Il prodotto può essere venduto come tale o trattato con talco e glucosio (brillatura), o con oli insapori e inodori (vasellina). Questi trattamenti sono prettamente estetici, dunque sono inutili. La resa di tutte le operazioni è del 60% circa. 18/110 Qualità nutrizionali Il riso è uno dei cereali più ricchi di amidi (oltre il 75%) e poveri di proteine (6-7%). Le proteine del riso hanno un discreto valore biologico (peccato che siano in scarsa quantità), contengono poca prolammina e quindi rendono impossibile la formazione del glutine e la conseguente lavorazione della farina. Il contenuto di lipidi è molto basso (3% nel riso integrale, ancora meno in quello bianco), come quello in vitamine e sali minerali, contenuti negli strati esterni che vengono asportati con la lavorazione. Il riso ha un indice di sazietà medio-basso, anche se maggiore di quello della pasta poiché, assorbendo una quantità di acqua maggiore, sviluppa un volume e un peso maggiore a parità di calorie. 19/110 FRUMENTO Il frumento è il cereale più coltivato e consumato in Italia. Appartiene al genere Triticum, che si divide in Triticum durum (grano duro) e Triticum vulgaris (grano tenero). Il grano duro si differenzia da quello tenero per il contenuto di proteine lievemente superiore, ma soprattutto per i prodotti della macinazione. Il grano duro, infatti, produce semole e semolati dai granuli grossi con spigoli netti, mentre dal grano tenero si ottengono farine dai granuli tondeggianti. Il grano duro è adatto per la produzione di pasta alimentare (ma anche di pane), quello tenero di pane o di pasta all'uovo. Qualità nutrizionali Il frumento è ricco di carboidrati (mediamente, il 72%), costituiti per la maggior parte da amido. Il contenuto in proteine è piuttosto variabile, dal 7 al 18% (mediamente il 12%), la maggior parte delle quali sono prolammine, costituenti fondamentali del glutine che si forma durante l'impastamento conferendo all'impasto viscosità, elesticità e coesione, caratteristiche importanti nella produzione di pane e pasta . I lipidi ammontano all'1-2% e sono contenuti soprattutto nel germe, dal quale si ricava un olio ricco di acidi polinsaturi, soprattutto l’acido linoleico. I sali minerali e le vitamine sono localizzate nella parte esterna del chicco, quindi li ritroviamo solo nei prodotti integrali. I prodotti da forno e la pasta si caratterizzano per il basso potere saziante, che li rende inadatti a un consumo abituale, soprattutto in una alimentazione ipocalorica. Al contrario, i chicchi interi hanno un indice di sazietà maggiore e sono da preferire se si vogliono limitare le calorie a parità di sazietà indotta. I prodotti a base di frumento sono molto diffusi. In Italia sono molto utilizzate le farine, che si trovano di ogni tipo. È importante non acquistare la farina a caso, ma scegliere quella più adatta allo scopo puntando su farine speciali per il prodotto che si vuole preparare. I prodotti a base di chicchi interi di frumento (cous cous, bulgar, grano in chicchi) sono meno diffusi, ma comunque reperibili in molti supermercati. 20/110 21/110 FARRO Il farro è una pianta erbacea della famiglia delle graminacee. Se ne distinguono tre tipi: il Triticum dicoccum, il farro propriamente detto, il Triticum spelta, chiamato anche spelta o farro maggiore, e il Triticum monococcum, chiamato anche piccolo farro. Il farro è un cereale molto antico. Sembra che il luogo di origine di questo cereale sia stata la Palestina, da qui si è poi diffuso in Egitto (è stato trovato nelle tombe egizie) e in Siria (è citato già nelle opere di Omero). Per secoli il farro è stato l'alimento base dei romani: era considerato un bene molto prezioso, serviva infatti da merce di scambio e partecipava al rituale del matrimonio: la sposa offriva allo sposo un dolce o un pane fatto con la farina di farro, che consumavano insieme. Il farro veniva anche utilizzato in alcune cerimonie religiose, come dono propiziatorio agli dei. Il farro ha avuto un successo notevole grazie al fatto che cresce bene in terreni poveri ed è molto resistente al freddo. Con l'avvento di altri cereali, nel medioevo, venne progressivamente abbandonato poiché la resa per ettaro non è molto elevata e la raccolta è difficoltosa poiché i chicchi tendono a cadere sul terreno manmano che maturano. Tipi di farro Questo cereale si trova in commercio in due forme: il farro decorticato (o semplicemente farro) e il farro perlato. Il farro è un cereale "vestito", in quanto la glumetta, la pellicola esterna del chicco, ricca di fibre, è perfettamente aderente e quindi non viene eliminata dalla normale raffinazione con rulli cilindrici a cui è soggetto il frumento. Il farro decorticato conserva la glumetta intatta, che viene invece eliminata nel farro perlato, che si presenta di colore molto più chiaro e cuoce in un tempo decisamente inferiore. Con la farina di farro si produce un ottimo pane, migliore di quello di frumento integrale poiché a parità di fibre non ha il tipico sapore di crusca, ma si avvicina molto al sapore del pane bianco, anzi è addirittura più aromatico e per certi versi migliore. Questo cereale è coltivato soprattutto in Toscana, in Garfagnana, zona confinante con l'Emilia e la Liguria. Il farro della Garfagnana ha ottenuto la certificazione di qualità (a cura di Sakinat Saladinova) 22/110 ORZO L'orzo è una pianta erbacea simile al frumento, conosciuta fin dall'età della pietra e coltivato presso Egizi, Greci e Romani. Il nome classico della pianta è "hordeum vulgare", i suoi semi ancora avvolti dalle loro glumette legnose, sono conosciuti col nome di orzo vestito, quando le glumette vengono tolte si chiama orzo svestito o decorticato o mondato. L'orzo contiene un alcaloide la ORDEINA, mentre dall'orzo tallito (o malto) si estrae la maltina un fermento che trasforma gli amidi del seme in zuccheri. I semi dell'orzo contengono amidi, zuccheri, glutine, sali e ordeina, sebbene meno del frumento, anche l'orzo è quindi molto nutriente, può diventare un alimento e un medicamento ancora più prezioso se viene perlato. L'orzo perlato subisce un processo di raffinazione (simile alla sbiancatura del riso) atto a rimuovere la parte più esterna. Può essere utilizzato senza ammollo preventivo e la cottura è più breve. L'orzo perlato si trova ovunque, quello decorticato solo nei negozi specializzati in sementi e in quelli di cibi biologici. Industrialmente si macina l'orzo tallito per ottenere la farina da malto, per poi ottenere il caffè d'orzo. Viene utilizzato anche per la fabbricazione di birra. (a cura di Ilaria Belloni) IL SESAMO La pianta è annua, con altezze che non superano i 180 centimetri, con semi color marroni o neri, la polpa ricca di olio e caratterizzati dal delicato sapore di nocciola che si sprigiona in occasione di una leggera tostatura. Pianta Dicotiledone Simpetala della famiglia Pedaliacee: è un’erba annua, eretta, pubescente che può raggiungere 60150 cm d’altezza con foglio ovali dentate o le inferiori anche trilobate, lungamente spicciolate; i fiori solitari e ascellari hanno una corolla rosea tubulosa, tulabiata, che somiglia un po’ a quella digitale. Il frutto è una capsula oblunga, oscuramente tetragona quadrivalve perché ognuna delle due logge è bipartita per un falso tramezzo. I semi sono numerosi, piccoli , simili nella loro forma a quelli del lino ma più piccoli. (a cura di Damiano Bianchi) 23/110 MAIS Il nome scientifico del mais, Zea mays, deriva dalla parola greca "Zao" (vivere) e dalla parola "Mayze" (pane), una possibile traduzione potrebbe essere quindi "pane di vita". Il mais appartiene alla famiglia delle graminacee, la specie può essere distinta in sette varietà botaniche: Zea mais indentata è di gran lunga la più importante, costituisce il 90% della superficie a mais in Europa e USA; Zea mais indurata ha consistenza vitrea e colore intenso, utilizzato per l'alimentazione umana e in avicoltura. Zea mais ceratina accumula amido sotto forma di amilopectina; viene usato soprattutto dall'industria alimentare come addensante. Zea mais saccharata accumula parte delle riserve come zucchero; viene usato come mais da insalata. Zea mais amilacea accumula l'amido, utile all'industria. Zea mais everta presenta cariossidi vestite che accumulano amido che riscaldato scoppia. Zea mais tunicata di scarso interesse. Originario delle zone a clima tropicale e subtropicale del continente americano, il mais è stato importato in Europa ai tempi di Cristoforo Colombo. Il mais era già conosciuto in Messico fin dall'epoca preistorica (tra i 2500 e i 5200 anni a.C.). Introdotto in Spagna nel 1493, il mais si diffuse abbastanza rapidamente negli altri Paesi europei prima a scopo ornamentale, un secolo dopo come risorsa alimentare. Dall'Europa, soprattutto per opera dei Portoghesi, il mais si diffuse in Africa e in Asia, mentre fu portato in America settentrionale dagli Inglesi. Attualmente circa il 50% della produzione totale è localizzata negli USA ed il 15% in Europa, il maggior produttore è la Francia seguita dall'Italia. La produzione di circa 100 milioni di quintali di granella (1997) rendono il nostro Paese quasi autosufficiente. La coltura è particolarmente estesa nella pianura padana Il mais è utilizzato per l'alimentazione del bestiame come granella o foraggio, dall'industria per la preparazione di farmaci, materie plastiche, alcol, olio. L'amido di mais (maizena) è molto utilizzato per addensare le salse e le creme e per preparare dolci da forno, sia dall'industria alimentare che nella preparazione casalinga. 24/110 Il mais non è un cereale molto diffuso per l'alimentazione diretta, viene consumato soprattutto sottoforma di pop corn e mais dolce in scatola. Ques'ultimo prodotto è molto interessante per l'elevata appetibilità dovuta alla sua dolcezza, nonostante il contributo calorico sia tutto sommato basso. (a cura di Silvia Bertolotti) 25/110 GRANO SARACENO Il grano saraceno, appartiente alla famiglia delle poligonacee, si distingue dai comuni cereali per l'elevato valore biologico delle sue proteine, che contengono gli otto amminoacidi essenziali in proporzione ottimale, mentre i cereali "veri" (il grano saraceno, a dispetto del nome, non è un cereale) contengono poca lisina. Il grano saraceno è una buona fonte di fibre e di minerali, soprattutto manganese e magnesio. Ha un indice di sazietà abbastanza elevato, caratteristica comune a tutti i cereali in chicchi. È privo di glutine, quindi è adatto per i soggetti celiaci (persone allergiche al glutine) Tipi di grano saraceno Il grano saraceno è originario della Cina, dove è utilizzato per produrre pane, venne poi introdotto nell'Europa dell'est, dove viene utilizzato per preparare il porridge o per accompagnare secondi piatti, al posto del riso. Il grano saraceno è disponibile quasi esclusivamente confezionato, soprattutto nelle erboristerie e nei negozi di cibo biologico. Non è facile trovarlo nei supermercati o nei negozi comuni. La farina di grano saraceno, invece, è piuttosto diffusa poiché è l'ingrediente fondamentale nella preparazione della polenta taragna, un piatto tipico della Valtellina e delle valli del bergamasco. 26/110 LA STORIA DEL CACAO Nel 1500, mentre era diretto in India, il navigatore portoghese Pedro Alves Cabral raggiunse casualmente la costa brasiliana approdando a Porto Seguro. I portoghesi che colonizzarono successivamente il Paese diffusero la loro lingua e la loro cultura e portarono con sé una tradizione marinaresca incentrata soprattutto sugli scambi commerciali e sull'esplorazione. Il termine Brasile deriva dal "brasile", pianta tintoria chiamata così per il colore rosso brace del suo legno. I Portoghesi che raggiunsero il Brasile nel corso del XVI secolo erano quasi tutti dei diseredati, in prevalenza uomini, desiderosi di iniziare una nuova vita. Molti si congiunsero con donne del luogo, riconoscendone i figli: la mescolanza razziale, nata dalla necessità, divenne rapidamente una caratteristica culturale del Brasile. Con l'arrivo degli schiavi provenienti dalla colonia portoghese dell'Angola, alle razze bianca, indigena e meticcia si aggiunse quella nera. Nel XVII secolo la grande richiesta di zucchero proveniente dall'Europa diede un notevole impulso allo sviluppo delle piantagioni della colonia. La coltivazione della canna da zucchero, che era stata introdotta dall'isola di Madera, dava ottimi risultati sulle coste umide del Brasile. Sul litorale nacquero estese piantagioni di canna da zucchero ed inizialmente la colonizzazione si limitò alle aree costiere. Furono i Gesuiti ad addentrarsi per primi nell'interno, raggiungendo la terra degli indigeni Guaranì, vicino all'attuale confine con il Paraguay, per convertirli. I missionari furono presto seguiti dai coloni che erano troppo poveri per comprare terreni nelle regioni costiere destinate quasi esclusivamente alla coltivazione dalla canna da zucchero. Intorno al 1700, quando la richiesta di zucchero incominciava a diminuire, si assistette ad un altro boom: quello dell'oro e dei diamanti, scoperti nella brulla regione del Minas Gerais. A questo seguirono, alcuni anni dopo, il boom del cacao e del caffè, che non si sono ancora conclusi. Nel XIX secolo, i Portoghesi piantarono gli alberi del cacao a Sao Tomè, al largo della costa africana, dove la pianta attecchì magnificamente. 27/110 Riviviamo l'epopea dei primi colonizzatori dell'interno del Brasile nelle parole di Jorge Amado, che nel suoi libri del "Ciclo del cacao" racconta la paura degli uomini di fronte alla giungla ignota, uomini abituati a contrade più conosciute, che si trovano a dover fronteggiare il caldo, gli insetti, alberi maestosi, il rombo del tuono, il lamento dei giaguari ed il sibilo dei serpenti. "… Il primo anno fu terribile…Armarono una capanna nella boscaglia infestata di cobra…mal ci entravano il letto fatto di pali e il focolare improvvisato sulle pietre, su cui bollivano i fagioli e la carne secca. Avevano cominciato ad abbattere i grandi alberi… con la scure che strappava schegge dal tronco da abbattere, per poi aiutarlo col segone che avrebbe condotto a termine l'impresa…." E ancora "…uomini gialli di malaria che si curvavano sulle piantagioni, il coltellaccio che tagliava basso, raccogliendo i frutti del tronco, le falci sui lunghi bastoni che raccolgono i frutti dei rami più alti. Durante la potatura essi strapperanno tutti i polloni che succhiano la forza del tronco, forza necessaria per la crescita del frutto. Taglieranno i rami verdi che stonano col colorito dorato delle piantagioni, rami che nascono in alto sugli alberi che si lanciano verso il cielo. Queste…sono vanità dell'albero…è necessario togliere tutti quegli ornamenti di un verde tenue perché l'albero di cacao dedichi tutta la sua forza ai frutti nei quali i semi di cacao saranno coperti di miele." Ma la natura ha un fascino inimmaginabile: "..I frutti maturi ricordano le lampade d'oro delle cattedrali antiche, rifulgono con un luccichio risplendente ai raggi del sole, che trapassano l'ombra delle piantagioni…..Dai frutti si spande una luce dorata e incerta che illumina soavemente i piccoli angoli delle piantagioni…Cadono gocce di sole attraverso gli alberi di cacao….Ci sono tutti i toni gialli nella tranquillità del mattino nelle piantagioni di cacao". Oggi la giungla è stata fin troppo "bonificata" ed il Brasile è diventato una destinazione turistica che offre dei servizi di ottimo livello. Il cacao rimane tutt'oggi una delle produzioni di primaria importanza in Brasile, insieme al caffè. Abbiamo per questo progettato un itinerario che prevede, oltre ad un classico soggiorno a Rio de Janeiro, sempre piacevole per tutti, un tuffo nella realtà di Jorge Amado con un breve soggiorno a Salvador de Bahia e la visita ad una delle più note piantagioni di cacao. (a cura di Lorenzo Sichel) 28/110 GLI AVVENIMENTI STORICI CONDIZIONANO L’ALIMENTAZIONE Da sempre i fatti storici condizionano l’alimentazione degli uomini. Quando un popolo aveva una guerra da combattere, oltre a preoccuparsi di essa, che causava morte e distruzione, doveva preoccuparsi anche del problema di procurarsi il cibo, che scarseggiava a causa della mancanza di mano d’opera, quindi i campi rimanevano incolti e il poco cibo che si riusciva a produrre era destinato al fronte. I viveri erano per la maggior parte razionati. Ad esempio prima dell’ultima guerra la popolazione si sfamava “arrangiandosi” come poteva con quello che trovava in natura. Mentre poi durante la seconda guerra mondiale ogni persona disponeva di una tessera, uno speciale documento che si doveva mostrare ai negozianti e su cui erano siglati la quantità e il tipo di alimento che ciascuno aveva diritto di comprare, giorno per giorno. Le distribuzioni erano irregolari e si doveva rimanere ore in coda rischiando anche di non ricevere più niente qualora i viveri terminassero. Naturalmente toccava alle donne questa incombenza e molte erano costrette spesso a barattare biancheria e oggetti preziosi, per avere: farina, zucchero e gli altri alimenti indispensabili. Spesso ci si procurava il cibo al mercato nero, una vendita clandestina di merci che costavano forti somme di denaro. Si doveva affrontare anche il problema delle carestie che costringeva la popolazione ad alimentarsi sempre allo stesso modo e, in seguito a questi problemi ci si ammalava spesso di malattie come la pellagra causata da un’alimentazione non equilibrata. (a cura di Dario Casentino e Andrea Baioni) 29/110 L’ ALIMENTAZIONE IN ITALIA In Italia i consumi alimentari sono di tipo prevalentemente qualitativo. In passato, infatti, il periodo compreso tra il dopoguerra e gli inizi degli anni Settanta, in cui si è assistito a una notevole espansione della spesa alimentare, questo tipo di consumi rimane oggi pressoché costante. Dagli inizi degli anni Sessanta fino ai nostri giorni si è verificato un rilevante cambiamento evolutivo nel consumo dei principali alimenti. La carne, per esempio, ha conosciuto un notevole incremento, viceversa è diminuito il consumo di pane e cereali e, nell'ambito delle bevande, è aumentato quello delle bevande alcoliche. Volendo ripartire la spesa per i diversi alimenti in funzione della suddivisione geografica, si può osservare che: • al Nord si ha un più largo consumo di latte, formaggi e uova, • al Sud si registra una rilevante incidenza della spesa per il pesce insieme al maggior consumo di pane e di cereali, • il Centro si distingue per il maggior consumo di carne. Un ulteriore riscontro della crescita qualitativa-quantitativa nei consumi alimentari nel nostro Paese è offerto dai dati a livello calorico: i consumi medi giornalieri in Italia sono oggi superiori alle 3300 kcalorie contro le 2500-2700 kcalorie relative agli anni Sessanta. Questi dati, in linea con gli standard calorici degli altri Paesi occidentali, vengono ritenuti eccessivi dalle recenti acquisizioni in campo nutrizionistico. E’ da sottolineare, però, che il 70% di queste calorie vengono fornite da alimenti di origine vegetale, a differenza di quanto avviene in altri Paesi occidentali dove questa quota si attesta invece intorno al 60-65%. Superata la fase di crescita quantitativa, in cui si sostituiscono ai prodotti farinacei quelli di natura proteica, uniformatisi agli standard dei Paesi industrializzati, i consumi alimentari conoscono una certa stabilità, caratterizzati da un progressivo aumento dei prodotti trasformati che sono dotati di un elevato livello di convenience, rispetto a quelli freschi. Cresce, cioè, la richiesta e il consumo di alimenti surgelati, precotti, di prodotti dietetici, di cibi da consumarsi fuori pasto, prodotti a elevato contenuto di servizio, che appaiano per gusto e aspetto “freschi”, anche se richiedono un'elevata tecnologia: questa tendenza, che ci avvicina agli schemi di altri Paesi occidentali, è originata da numerosi fattori, spesso concomitanti, a un più elevato livello di reddito, alla sempre maggiore diffusione di nozioni dietetiche, all'invecchiamento della popolazione. 30/110 L’ALIMENTAZIONE IN EUROPA Sin dall’antichità c’era uno stretto rapporto tra alimentazione, ambiente e clima. Quest’ultimo influenza determinati prodotti che vivono in diversi ambienti. Eurapa settentrionale Nell’Europa settentrionale c’è un clima molto freddo. Nel nord Europa l’agricoltura è praticamente assente quindi gli uomini sfruttano l’allevamento e la pesca. I prodotti tipici sono: la pesca (merluzzi, aringhe…) e in parte anche l’allevamento del bestiame (bovini e ovini) Europa centrale Gli inverni sono molto lunghi e rigidi e le estati sono calde e brevi. Gli uomini sfruttano: l’agricoltura, assai più fiorente che nell’Europa settentrionale, e le attività pastorizie e forestali. I prodotti tipici sono i cereali, i tuberi e l’allevamento di bovini, di ovini e di suini Eurapa meridionale Nell’Europa meridionale ci sono temperature relativamente alte. Fin dall’antichità si coltivavano piante alimentari, come oliveti, vigneti, frutteti. Le colture che possono essere definite “mediterranee” sono: il frumento, l’olivo e la vite. I prodotti tipici sono i frutteti, gli oliveti, gli agrumeti, i cereali, l’allevamento di bovini, suini, ovini e la pesca. 31/110 SPAGNA Per questa sua segmentazione e per le influenze di culture diverse, araba e cristiana, la cucina spagnola mescola molti stili. Il denominatore comune è dato dall’olio d’oliva, dall’aglio, dalle diverse spezie e dal peperoncino. Probabilmente è il paese che più si avvicina alla cucina italiana; stesso clima, medesima vegetazione, stessi prodotti e uguale fantasia. Cucina povera di origine contadina, si attiene a ciò che concede la terra e all’occasione si manifesta in piatti pantagruelici, marmitte dove si getta di tutto, dove bollono sia avanzi che prelibati pezzi di carne, verdure, ceci, cavoli, patate. Poche ed elementari le salse, ogni soffritto è di aglio, cipolla, pomodoro, prezzemolo, zafferano. Il condimento è l’olio, anche se un tempo si utilizzava lo strutto, ma mai il burro. Specialmente lungo le coste nella cucina spagnola c’è molto pesce, più che in ogni altra gastronomia europea. A parte il jamon serrano - prosciutto seccato all’aria, originario prodotto in Estremadura e Castiglia, diversi sono gli insaccati. Segnaliamo: il chorizo - un salame rosso piccante, il morcilla - un sanguinaccio, la sobresada - una salsiccia delle Baleari che si mangia per lo più cotta sulla brace. Popolari in Spagna i piatti di callos (trippa preparata in ogni regione diversamente), di legumi, di fagioli e di uova, soprattutto tortillas (classica quella di patate). Specialità ormai internazionale è la paella e anche di questa esistono diverse varianti. La Spagna non è paese di dolci, caso mai di dolcetti d’origine araba, confezionati con mandorle, miele, pinoli, cocco. Preparati in tutto il paese sono: l’arroz con leche - riso cotto nel latte con zucchero, cannella (specialità Andalusa); e il brazo de gitano - dolce soffice e sottile spalmato di crema e poi arrotolato. Per le feste di Natale la Spagna riempie i suoi negozi di torroni e marzapani. 32/110 GERMANIA La tradizionale cucina tedesca è poco nota all’estero. Sarebbe errato voler ridurre il tutto a “würstchen, kartoffel, und bier” (salsicce, patate e birra). Si tratta invece di una gastronomia che si basa su una ricchissima offerta di selvaggina e pesce, su un allevamento di carni molto pregiate e un’agricoltura razionale. Consultando gli antichi documenti di culinaria, si può notare come abbondino i suggerimenti per cucinare le carni di cinghiale, capriolo, cervo, lepre e fagiano, frequentemente arricchiti da contorni di frutta stagionale o conservata, usanza tutt’oggi mantenuta. Grande spazio nella tavola tedesca è riservato alla carne di bue, di vitello ma soprattutto a quella di maiale. Fra le quattrocento diverse specialità di salumi, del wurstel (conosciuto già nel ‘300) sembra che esistano millecinquecento tipicità regionali. Il modo classico di mangiare queste salsicce è d’infilarle in un panino, cospargerle di senape, accompagnarle con “sauerkraut” (crauti), ed innaffiarle di birra, la cui fabbricazione è stata rigidamente regolamentata fin dal '500. Una speciale menzione meritano le patate servite in tanti modi diversi, e gli “spargel” (asparagi grossi) che si mangiano tutti, dalla punta alla coda, presentati freschi con il prosciutto. Nella gastronomia tedesca come primi piatti sono diffusi brodi e zuppe di verdure, la minestra più nota è la “leberknodelsuppe” brodo di carne con gnocchetti a base di pane e fegato. Fra le carni tradizionali segnaliamo la "schnitzel” (cotoletta) ed i “braten” ossia gli arrosti. Il rito pomeridiano del “kaffe und kuchen” (caffè e torta) è uno dei simboli dell’ospitalità germanica. La cena nella maggior parte delle famiglie è identificata con lo ’“abendbrot” (pane serale) riccamente imbottito e accompagnato da insalate. Sauerkraut (crauti) In un tegame soffriggere una cipolla tritata fine ed appianarvi sopra dei crauti. Aggiungere coccole di ginepro, spumante secco, sale e pepe. La bontà degli sauerkraut dipenderà dalla paziente cottura degli stessi, quando assumeranno un colore dorato saranno pronti. P.S. vengono denominati crauti i cavoli cappucci, che dopo una fase di fermentazione, si presentano a striscioline fini e compatte con gusto molto acido e di colore giallognolo. 33/110 GRAN BRETAGNA La cucina inglese non è “famosa”, ma ha tuttavia un passato glorioso. Nel ‘500 è un po’ rozza ma trionfante di carni presentate con opulenza, nel ‘700 guarda alla Francia, nell’età vittoriana (metà ‘800) vanta signore di casa molto laboriose, che si affannano con frutti, ortaggi, erbe, dolci, e lasciano un numero assai grande di ricettari, poi l’etàEduardiana (inizio ‘900) quando si ispira nuovamente alla Francia ed è tutta raffinatezza. Oggi gli Inglesi sono noti per il roast beef (carne), il fish and chips (pesce con patate fritte), ed i mille ristoranti di ogni etnia aperti nelle grandi città. Ma basta recarsi in uno dei molti pub che esibiscono alla porta una lavagna con il menù, per entrare in un’atmosfera ricca di antichità e storia. Il concetto è quello di un pasto veloce, le pietanze sono succulente, ben cucinate e portano nomi inventati. Molti i puddings, e le pies (torte) nel ‘600-‘700 preparate con fantastiche decorazioni a foggia barocca, passate alla storia come le raised pies. Breakfast e tea rappresentano le grandi tradizioni inglesi. Piatto forte del breakfast sono bacon and eggs, uova fritte nel bacon, e porridge, pappetta di fiocchi d’avena. La cerimonia del 5 o’clock è un’istituzione che coinvolge l’intero paese. La tazza della bevanda è sempre accompagnata da sandwiches privi di crosta (tradizionalmente quelli al cetriolo, prezzemolo e uovo), e da diversi dolcetti come muffins e buns. Se a ciò si aggiungono piatti più sostanziosi come affettati, carni, formaggi, pesci, il tea diventa “higt tea”, una merenda che in genere riguarda l’alta società, inventata da una duchessa di Bedford nel ‘900 per ovviare agli svenimenti che le capitavano a metà pomeriggio. Christmas Pudding Fate sciogliere dello strutto a bagnomaria e lasciatelo raffreddare. In una ciotola, mescolando bene, unite allo strutto: uvetta sultanina, di malaga e di corinto, mele, scorze d'arancia, marmellata di albicocche, pane integrale fresco grattugiato, noce moscata, cannella, zenzero, mandorle tritate e zucchero di canna. In un altro recipiente sbattete delle uova e incorporatevi succo d'arancia, brandy, porto, rum e strutto fuso. Mescolate accuratamente i due composti e lasciateli riposare per un'ora. Avvolgete il preparato in una pellicola trasparente, facendo attenzione che sia ben impermeabile, quindi ricopritelo ancora con uno strofinaccio. Immergere il fagotto nell'acqua bollente, e farlo cuocere in lenta ebollizione per sette ore. Prima di servire il Christmas pudding, togliete la pellicola ed adagiate il dolce su un piatto da portata caldo. 34/110 FRANCIA Descrivere la cucina di Francia, cui sono stati dedicati centinaia di volumi, è impossibile: haute cuisine, nouvelle cuisine, sono nomi cui si associa una gastronomia unica al mondo, di preparazioni sofisticate e squisite, somma di antiche tradizioni e della fantasia creatrice di grandi maestri. Dapprima i cuochi di corte e dell'aristocrazia, poi gli chef della scuola di Parigi, a cominciare da Vatel e continuando con nomi come Careme, Escoffier, Dubois. Frutto di genialità, ma anche di una passione e un'applicazione assoluta. Una haute cuisine di ricette altisonanti, poi la rivoluzione iniziata da Paul Bocuse, che ha portato alla nouvelle cuisine, più moderna e più adatta a tempi mutati. Oggi, la cucina francese tende altrisì a rivalutare tutte le varie cucine locali, ricche di sapori e di umori, radicate nei sani costumi contadini che si basano su genuini prodotti locali. Delle centinaia di ricette della cucina classica non si possono nominare che alcune tipiche preparazioni: le tradizionali salse , i tanti squisiti soufflés dolci e salati, gli straordinari dolci, i gateaux ai frutti e alle crème, e i raffinati potages (minestre) nei quali si esprime tutta la delicatezza francese. La bouillabaisse marsigliese La bouillabaisse è una zuppa di pesce provenzale, il cui nome pare derivi da "boullir" (bollire) e abaisser (abbassare), perchè la vivanda deve essere cucinata a fuoco molto forte, ma ritirata subito dopo che ha preso bollore. La bouillabaisse ha infinite varianti, ma l'aragosta, i crostacei e i pesci fini sono un'aggiunta di quando il piatto sbarcò a Parigi nel 1789, iscritto nel menù del ristorante "Les Trois Frères Provencaux". I marsigliesi sono così fieri della loro zuppa, che nel 1980 hanno depositato il brevetto della ricetta originale, per difenderne l’autenticità. La bouillabaisse, nato come piatto povero fatto sulla spiaggia dai pescatori con i pesci meno pregiati della pesca, oggi vede entrare un’ampia varietà di esemplari e fra questi uno scorfano, parecchi pesci di carni sode, alcuni con carni delicate. I liquidi usati sono olio ed acqua, e l’ebollizione deve essere forte perché si possano amalgamare bene. Nella bouillabaisse compaiono immancabilmente cipolle, aglio, pomodori, prezzemolo e zafferano. Il pesce si serve separatamente dal brodo, che va versato su fette di pane abbrustolite. 35/110 ALCUNE RICETTE EUROPEE SHEPHERD’S PIE (Gran Bretagna) Ingredienti: 800 gr. di polpa macinata di montone o agnello 750 gr. di patate 35 gr. di farina 90 gr. di burro latte sale pepe brodo vegetale Preparazione: Lessate le patate, pelatele e passatele, aggiungendo 20 gr. di burro, sale, pepe e un bicchiere di latte. Sciogliete 40 gr. di burro in una casseruola e aggiungete la farina; versate e mescolate lentamente, a fuoco lento, un bicchiere di latte e 2 mestoli di brodo vegetale. Una volta addensatasi la salsa aggiungete la carne e salate a piacimento; continuate la cottura a fuoco lento e mescolate per 5-6 minuti, quindi versate il tutto in una pirofila imburrata e fate raffreddare. Stendete sul pasticcio uno strato di patate tagliate a fette, aggiungetevi dei fiocchi di burro e mettetelo a cuocere in forno a 180° per 40 minuti fino a che si sarà formata una crosta dorata. Servite in tavola, accompagnando con un'insalata di verdure e ravanelli. ZUPPA GULASCH (Ungheria) Ingredienti: 600 gr di vitellone in piccoli pezzi 1 cipolla tritata 50 gr di pancetta affumicata a dadini 300 gr di tagliatelle all'uovo spezzettate ½ peperone 1 gambo di sedano 1 cucchiaino di paprika forte 2 cucchiaini di paprika dolce ½ cucchiaino di kümmel brodo (il necessario) olio Preparazione: Rosolare nell'olio cipolla e pancetta; aggiungere acqua o brodo per cuocere bene la cipolla. Togliere dal fuoco, mettere le papriche ed il kümmel; rimettere sul fuoco e aggiungere un goccio d'acqua; rimescolare un momento. Mettere la carne e farla rosolare bene a fuoco forte: intanto cospargerla con una cucchiaiata di farina e bagnare con brodo. Aggiungere il peperone e far cuocere la patata con la carne. Gettare la pasta quando la patata è cotta. 36/110 PAELLA (Spagna) Ingredienti: 250 g di riso fine 1 pollo 250 g di carne di maiale magra 200 g di salsiccia 500 g di cozze 250 g di scampi col guscio 80 g di olive nere 50 g di piselli sgranati 2 cipolle 2 spicchi d'aglio 4 pomodori maturi 1 peperone 7 dl di brodo di carne 1 bicchiere di vino bianco secco 1 dl di olio extravergine d'oliva 1 limone 1 cucchiaino di zafferano sale e pepe. Preparazione: Pulite il pollo e dividetelo in 8 pezzi, tagliate la carne di maiale a pezzetti e la salsiccia a fettine, pulite bene le cozze, sgusciate le code di scampi ed eliminate il filino nero dell'intestino. Sbucciate l'aglio e le cipolle e tritateli separatamente, pulite il peperone eliminando i semi e tagliandolo a pezzetti, scottate i pomodori, eliminatene buccia e semi e tagliuzzateli. In una padella ampia e adatta anche per il forno fate rosolare la salsiccia, aggiungetevi l'aglio e fatelo dorare: togliete la salsiccia dalla padella e aggiungete l'olio, lasciandolo scaldare adeguatamente prima di unirvi il pollo pepato re salato. Fatelo rosolare bene per una devina di minuti e quindi aggiungetevi le cipolle e la carne di maiale e lasciate insaporire per 5 minuti. Poi aggiungete i peperoni e i pomodori, salate, pepate e lasciate cuocere per una ventina di minuti, avendo cura di coprire la padella. Trascorso tale tempo, togliete i pezzi di pollo e metteteli da parte. In altri due tegami mettete le cozze e le code di scampi, aggiungete il vino bianco e insaporite con un pizzico di pepe; poi lasciate cuocere per una decina di minuti. Nel frattempo buttate il riso nella padella con la carne di maiale, lasciatelo rosolare per pochi minuti, aggiungete il brodo bollente nel quale avrete già sciolto lo zafferano, salate, pepate e disponete sopra il riso le cozze, gli scampi e i piselli. Poi mettete la padella in forno a 220° per mezz'ora circa. Prima di portare in tavola decorate con le olive nere e con il limone tagliato a spicchi. 37/110 MOUSSAKA (Grecia) Ingredienti (per 5-6 persone): 4-5 melanzane 1/2 Kg di carne macinata 2-3 pomodori maturi da sugo 1 tazza d'olio 2 cipolle tritate 1 foglia d'alloro 1 spicchio d'aglio olio per friggere le melanzane 1/2 tazza di parmigiano grattugiato 3 tazze di besciamella Preparazione: Scaldate l'olio in una casseruola e fate rosolare la cipolla a fuoco moderato finché appassisce. poi aggiungete la carne macinata e fatela rosolare per 10 minuti insieme alla cipolla. Poi unitevi il pomodoro, l'aglio, l'alloro, il sale, il pepe e lasciate cuocere per un'ora circa. Nel frattempo lavate e pulite le melanzane e tagliatele a fette, che poi metterete in una terrina con acqua e sale per un'ora circa, per eliminare l'amaro. Poi scolatele, infarinatele e friggetele nell'olio ben caldo. A questo punto prendete una teglia o una pirofila e adagiate uno strato di melanzane, salate e pepate, distribuite uno strato di carne macinata da cui avrete eliminato l'eccesso di sugo e poi continuate seguendo quest'ordine. Alla fine fate uno strato di besciamella (non deve essere né troppo densa, né troppo liquida). Cospargete di parmigiano e cuocete in forno (200 TORTA SACHER (Austria) Ingredienti 250 gr. farina 125 gr. burro 80 gr. latte 200 gr. marmellata di albicocche 5 uova 2 cucchiai di cacao amaro 2 cucchiai di zucchero 1 bustina di lievito 150 gr. cioccolato fondente 75 gr. burro Preparazione: In una terrina versare la farina, le uova, il burro senza scioglirlo, il latte, il cacao amaro, lo zucchero e il lievito. Amalgamare il tutto con lo sbattitore elettrico per 5 minuti, usando la massima velocita'. Versare l'impasto ottenuto in una tortiera imburrata e infarinata. Accendere il forno a 170 gradi C e infornare la torta per 50 minuti. Togliere la torta dal forno, aprirla e farcirla con la marmellata, risparmiandone un cucchiaio, quindi chiuderla. Preparare la glassa sciogliendo a bagnomaria il cioccolato e il burro. Spalmare lo strato superficiale della torta con la marmellata rimasta e poi versare la glassa tirandola con un coltello. Lasciare raffreddare e quindi servire. 38/110 RICETTE DELLA LOMBARDIA Si può affermare che non esiste una cucina lombarda unitaria, ma tradizioni differenti da provincia a provincia con influssi esercitati dalle regioni limitrofe, nelle quali la zona di pianura è nettamente distinta da quella prealpina e alpina. In ogni caso elementi comuni alle varie gastronomie delle province lombarde non mancano: prevale il burro sull’olio, il riso sulla pasta, e c’è una produzione diffusa di formaggi e latticini. Lodi. L'area del Lodigiano, zona agricola a sud di Milano da molti secoli dedita all’allevamento bovino, copre l'area della Bassa Padana compresa tra la confluenza dei fiumi Lambro e Adda nel Po e delimitata a nord dalla linea MuzzaAddetta. Terra paludosa in epoca preistorica, frequentemente inondata dagli straripamenti del Po e dei suoi affluenti, il Lodigiano venne bonificato nel corso dei secoli. Contemporaneamente vennero studiati e perfezionati i sistemi di irrigazione, che subirono un enorme sviluppo durante il dominio sforzesco, e che consentirono l'ottimizzazione dello sfruttamento agricolo del territorio. L'intensificazione produttiva, con il conseguente incremento della foraggicoltura e del patrimonio zootecnico, era infatti imperniata sull'utilizzo dell'acqua. Il lavoro dei campi e l'allevamento bovino hanno generato una cucina di riso, mais, frumento, latte e derivati, carne, prodotti della cascina. Una gastronomia all'insegna della semplicità, fatta di zuppe e minestre (verze e rape, riso e latte), di frittate (fritada cun le sigule-cipolle, cun spinassi—spinaci, cun pana -panna, cun urtis -luppolo), di polenta, di pollame (pollina alla lodigiana, faraona al mascarpone), di salumi, di tanto latte, burro e formaggio, di qualche dolce (crema al mascarpone, pucia dulsa, bertuldina, turtionada). Ma la gastronomia della zona si caratterizza soprattutto per la produzione casearia. Il più rinomato e popolare dei formaggi locali è il grana padano, che sembra fosse nato proprio qui, e che prende il nome di lodigiano o granone nella varietà appartenente alla miglior produzione. Il grana lodigiano, un tempo di colore giallo per l'aggiunta di zafferano alla pasta, non viene pressato e quindi "trasuda" siero formando, dopo anni 39/110 di stagionatura, la cosiddetta "lacrima". Le forme giovani vengono tagliate a metà e il formaggio viene raschiato con un apposito utensile ottenendo la "raspadura" ovvero fogli sottilissimi di lodigiano, specialità ormai rara. Lodi rivendica la paternità di un altro celebre formaggio, il mascarpone, preparato con la panna di latte. Milano. Patria della corte degli Sforza e del panettone è sempre stata aperta a tutte le tendenze culinarie. "Risott giald" (zafferano), cassoeula,"ossobuco in gremolada", cotoletta, sono i simboli che evocano alla mente i tempi del Manzoni. I gusti carnivori, con trippe ed altre frattaglie, hanno origini lontane, e non a caso i milanesi erano soprannominati “busecconi” ovvero “tripponi”. Monti e Laghi. Forse il piatto lombardo più antico (origini celtiche) è il “cuz” che ancora si prepara d’inverno nella Valcamonica. Si tratta di carne d’agnellone cotta nel suo grasso, insaporita con erbe odorose, e poi lasciata refrigerare all’aperto in grandi mastelli di legno. Ma il meglio del repertorio della montagna lo offre la Valtellina, che ha nei pizzoccheri il suo emblema. Scendendo verso il laghi ci si immerge nella cucina d’acqua dolce, già apprezzata fin dai tempi di Virgilio e Catullo. Mantova. I Gonzaga tennero la signoria in questa città per ben quattro secoli ed ebbero al loro servizio cuochi famosi, tra cui lo Stefani. Quest’area costituisce una ricca “marca di confine” gastronomica. Qui si trovano paste ripiene tipiche emiliane, risotti di radice lombarda, piatti di corte medioevali e dolci come la sbrisolona. Pavia. Il risotto alla certosina, creazione monacale ma al contempo aristocratica, è uscito dal cenobio voluto da Gian Galeazzo Visconti. Altre ricette famose: la zuppa pavese e la colomba pasquale.. Bergamo e Brescia. Hanno conosciuto in passato il dominio della Serenissima e recano ancora l'impronta della cucina dei dogi, con i “casonsei” e il “riso alla pitocca”. Como. Città natale di Mastro Martino che fra i suoi contemporanei non conobbe rivali nell'arte della cucina e nella stesura delle sue ricette. Cremona. Nota sopratutto per la mostarda ed il torrone, è conosciuta anche per l’opulenza del suo “bollito misto”. 40/110 IL CIBO STRUMENTO D’IDENTITA’ SOCIALE: SEI CIO’ CHE MANGI? Ceto sociale e occupazione La scelta degli alimenti utilizzati dall’uomo è strettamente collegata alla capacità economica del singolo individuo, quindi l’occupazione lavorativa è determinante nell’analisi delle scelte nutrizionali. Ripercorrendo la storia dell’umanità ci si rende conto che da sempre la tipologia dell’alimentazione è condizionata dal ceto sociale. L’età antica Considerando che nell’età antica pomodori, peperoni, patate, riso, granoturco, e alcuni tipi di agrumi erano inesistenti e che persino la pasta non esisteva l’alimentazione tradizionale era caratterizzata dal consumo di carne, pesce, legumi, uova, cereali, formaggi, olive, pane, miele, latte fresco e focacce. Nei tempi antichissimi si mangiava zuppa di legumi, latte, formaggi, frutta fresca e secca, lardo. In tempi più recenti il pane fece il suo debutto e la carne presenziava anche sulle tavole dei più poveri. La carne bovina era scarsissima per via dell’utilizzo delle bestie nel lavoro contadino. Tutta la selvaggina, le rane e le lumache erano cibi sopraffini, come oggi. Sempre presenti, le salse. Erano l’aggiunta a molti piatti pepe, chiodi di garofano, zafferano, senape, semi di finocchio e di anici, bacche di ginepro e alloro, olio, aceto e vino. Il medioevo Le persone benestanti, tra cui monaci e laici, avevano come base dell’alimentazione: pane, formaggio, legumi, birra, vino. La classe povera era costituita da contadini e pastori che si alimentavano di polente e pane, ottenuti dai cereali da loro stessi coltivati, purtroppo non c’era molta varietà e i condimenti non erano alla portata di questo ceto, usavano solo il sale e la mostarda. I ricchi condivano tutti i cibi con ogni sorta di spezie pregiate provenienti dall’Oriente Le persone benestanti, tra cui monaci e laici, avevano come base dell’alimentazione: L’età moderna La cucina moderna affonda le sue radici tra il ‘400 e il ‘500 per le novità che arrivano dal “Nuovo Mondo”. Solo alla fine del ‘400, infatti, fu inventata la pasta. Gli alimenti provenienti dal- 41/110 l’America e dall’Oriente modificarono le abitudini in cucina, ma ci misero parecchio tempo prima di affermarsi. La patata solo nel ‘700 fu introdotta come cibo base della nostra cucina. Il mais fu scoperto durante le carestie sotto forma di polenta divenne il re sulle tavole dei contadini. La cioccolata divenne bevanda dei nobili solo dopo il ‘600. Nel ‘700 si scoprirono le salse come lo yogurt e la maionese. Nell’800 si scoprirono i cibi in scatola e nacque la margarina. L’ALIMENTAZIONE OGGI L’alimentazione dei nostri giorni si distingue, come è sempre stato nel corso dei secoli, in base al ceto sociale. Tuttavia la vera differenza rispetto ai secoli passati non sta solo nel tipo di alimenti consumati, piuttosto nella qualità del prodotto acquistato, grazie ad una distribuzione più omogenea del benessere. Ceto alto Le persone più ricche, di solito, comprano nei negozi specifici sotto casa, dove possono trovare più varietà e anche più qualità e maggior gusto. In questi negozi in genere il prezzo dei prodotti è più alto a fronte di un servizio offerto al cliente più personalizzato come la consegna a domicilio della spesa, la possibilità di ordinare i prodotti, ecc... . I prodotti consumati da questo ceto sono quelli a costo più alto in quanto questi cibi richiedono una più lunga preparazione, una più elevata qualità degli ingredienti utilizzati e a volte difficoltà di reperibilità delle materie prime. Ceto medio: Questo ceto compra nei grandi supermercati e negli ipermercati dove trova tutta la varietà dei prodotti, ad un costo meno elevato rispetto a quello dei negozi specifici perché la grande distribuzione a causa della quantità dei prodotti venduti può permettersi di avere costi più bassi. Per questa ragione nella grande distribuzione è difficile trovare i prodotti di nicchia. Ceto basso: Anche questo ceto compra nei grandi ipermercati dove può trovare i prodotti a minor prezzo grazie alle linee a marchio del supermercato stesso. Oggi si stanno diffondendo sul mercato i discount. Questi vendono prodotti di minor qualità e senza marchio e per questo motivo possono applicare costi decisamente inferiori, attirando sempre più questa classe sociale. 42/110 Tutte le classi sociali e tutti i ceti, tuttavia, hanno un comune e tradizionale punto vendita: il mercato. Grazie alla sua storia, nel corso dei secoli, non ha mai smesso di essere un punto di riferimento per gli acquisti di prodotti vari anche alimentari. Esso offre una gamma di prezzi e di qualità dei prodotti che viene incontro a tutti i ceti sociali. Questa sua grande flessibilità e questa sua lunga tradizione nella nostra storia, gli hanno permesso di sopravvivere all’avvento dei grandi Centri Commerciali. (a cura di Giulia Bersani e Rebecca Ferrari) 43/110 I FUNGHI E L’IMPERATORE CLAUDIO Prendete dei funghi porcini, puliteli e tagliateli in pezzi. Fateli rosolare in una padella con abbondante olio. Quando avranno preso un bel color bruno, aggiungervi del vino e continuare la cottura. Trascorso qualche minuto incorporare dell’acqua e terminare a fuoco lento la ricetta. Prima di servire spolverizzare con sale, pepe e coriandolo tritato. Per la forma singolare e il comparire quasi all'improvviso nei boschi e nei prati, i funghi sin dai tempi più antichi, sono stati oggetto d'interesse sia per i fini alimentari, che per le curiosità che suscitavano. Queste la versione di una leggenda tramandataci dallo scrittore greco Pausinia (II sec.a.C.). “Secondo la mitologia l’eroe Perseo, dopo un lungo ed estenuante viaggio, stanco e assetato, si poté ristorare con l’acqua raccolta Imperatore Claudio nel cappello di un fungo. Decise allora di fondare in quel luogo (10 a.C.–54 d.C.) una nuova capitale e di chiamarla Micene (mykés fungo in greco), dando così vita a una delle maggiori civiltà del passato, la “micenea”. Il simbolo di vita rappresentato dal fungo nella leggenda Greca, diviene anche simbolo di morte nella civiltà Romana. Qui, con il termine “fungus”, probabilmente si voleva indicare un “portatore di morte. I Romani furono comunque grandi estimatori gastronomici dei funghi, soprattutto dei porcini e di quelli nati sotto il castagno. Addirittura l’imperatore Claudio (famoso per i giochi e le pubbliche feste, oltre che per una monumentale storia del popolo etrusco - completa di grammatica andata purtroppo perduta), fu ghiottissimo di funghi a tal punto da perderci la vita. Infatti alcuni sostengono, che la moglie Agrippina desiderosa di mettere sul trono il figlio Nerone, lo abbia fatto avvelenare con funghi manipolati. La rapida crescita dei funghi e la velenosità di alcuni, hanno suscitato un’infinità di pregiudizi per determinare le specie commestibili. Una delle credenze popolari più diffuse, è quella che dichiara velenosi i funghi o morsi dalle vipere o cresciuti a contatto con ferri arrugginiti. Questa convinzione, naturalmente falsa, derivava dal fatto che il fungo era ritenuto un’emanazione del terreno e di ciò che gli stava vicino, acquistandone quindi gli stessi pregi o difetti. 44/110 CETRIOLI DELL’IMPERATORE TIBERIO Il cetriolo, originario dell’India, in Egitto era uno degli ortaggi più graditi sulla tavola dei Faraoni. La Bibbia riporta che gli Ebrei, arrivati nella Terra Promessa, ne fecero il loro pasto preferito. Il cetriolo si conquistò presso Greci e Romani fama di stimolatore dell’intelligenza e grazie all’altissima percentuale di acqua contenuta, venne apprezzato come dissetante e rinfrescante. L'imperatore Tiberio per degustare tutto l’anno i cetrioli, andò addirittura contro i suoi principi di parsimonioso e rude guerriero, facendosi costruire delle costose serre montate su ruote, perché sembra dicesse: “le preziose piantine possono così essere trasportate al sole di giorno e protette in luogo chiuso di notte”. Già nel ‘500, al cetriolo si riconoscevano, oltre a qualità gastronomiche, anche proprietà di rimedio estetico, utilizzandolo nella composizione di pomate e lozioni. CETRIOLI E LE SERRE DI TIBERIO Spuntate e sbucciate dei cetrioli, affattateli a forma di rotella e disponeteli sul colapasta spolverato di sale. Schiacciate dell'aglio, raccogliete polpa e liquido in una tazza e preparateci una salsa, amalgamando bene con: succo di limone, sale, pepe e olio d'oliva. Fate delle fette sottili di pecorino abbucciato, prendete delle olive snocciolate divise a metà e del prezzemolo tritato. Sopra un piatto da portata disponete a strati: le fette di cetriolo (sciaquate e asciugate bene), il formaggio e la salsa. Sull'ultimo strato distribuite le olive ed il prezzemolo. Se volete potete aggiungere un filo d'olio e una macinata di pepe. Servire i cetrioli dell’imperatore freschi. PORRI IN SALSA PER NERONE L’imperatore Nerone mangiava grandi quantità di porri perché era convinto che aiutassero a mantenere la voce chiara. Questa Verdura antica come il mondo, usata per arricchire tantissime pietanze, può essere consumata anche da sola. Ridurre i porri in pezzi e farli lessare in abbondante acqua con l’aggiunta di olio. Tiberio I Caio Nerone A fine cottura si degustino i porri, accompagnati da pepe, aceto, (42 a.c. - 37 olio, uova sbattute e da una salsa di garum. Per esaltare ancor di più il sapore di questi ingredienti si consiglia di farli addensare sul fuoco. 45/110 RISO CON LACTE DE MANDOLE Ingredienti: mandorle, (latte di capra), riso, zucchero Per farne dece menestre, togli una libra de amandole et mondale bene che siano bianche. Et togli meza libra di riso, et lavalo doi o tre volte con acqua tepida, et ponilo al focho con acqua chiara et fallo ben cocere: Dapoi caccial fore et ponilo a sciucchare. Dapoi pista molto bene le ditte amandole bagnandole et sbroffandole di sopra spesso con un pocha d'acqua frescha, acciochè non facciano olio; et distemperale con acqua frescha et passale per la stamegnia et mitti a bollire questo lacte in una pignatta giongendovi meza libra di zucharo fino. Et como comincia a bollire mittivi dentro il riso et poni la pignatta sopra la brascia longi dal focho voltando spesso col cocchiaro acciò che non pigli fume, et fallo bollire per spatio de meza hora. Similimente poterai cocere lo ditto riso con lacte di capra o con altro lacte. Per preparare dieci minestre, prendi una libbra di mandorle e sbucciale in modo che risultino bianche. Prendi mezza libbra di riso e sciacqualo due o tre volte in acqua tiepida, quindi mettilo a cucinare in acqua limpida fino a che sia ben cotto. Poi toglilo e mettilo ad asciugare. Pesta molto bene le sopraddette mandorle bagnandole e spruzzandole molte volte con acqua fresca affinchè non producano il loro olio e quindi stemperale con acqua fredda e poi filtra in un passino. Metti quindi a bollire questo latte di mandorle in una pentola aggiungendovi mezza libbra di zucchero e, quando comincia a sobbollire, versa il riso e colloca la pentola distante dal fuoco mescolando spesso con il mestolo affinchè non prenda sapore di fumo e lascialo bollire per mezz'ora. Con la stessa tecnica potrai cuocere il riso anche con latte di capra o altro tipo di latte. CENNI STORICI Martino, nel suo trattato, presenta una ricetta per cucinare il riso anche nel "brodo di carne" e quindi quella qui presentata, che utilizza il latte di mandorla, doveva servire per i giorni di digiuno e di Quaresima o era riservata agli ammalati. Il riso era un cereale di diffusione relativamente recente al tempo di Martino: importato in Europa dagli Arabi, coltivato in Sicilia dal XIII secolo, non giunge nell'Italia settentrionale e nella Valle Padana, dove troverà favorevoli condizioni di sviluppo, che nel XV secolo. 46/110 LIMONIA Ingredienti: petti di pollo, lardo, cipolle, mandorle, (eventualmente rossi d'uovo sodi), spezie, succo di limone Affare limonia suffrigi li pulli con lardo e con cepe. Tria le amandole che siano mondate et sì le distempera con lardo de carne de porco, et sì le coci colli dicti pulli et con spetie, et se tu non ay amandole, spessa lu dicto brodo con ruscio de ova, et quando serrà presso ora de menestrare, mitice suco de lumuni o de citraculi. Per fare limonia soffriggi il pollo in lardo e cipolle. Trita le mandorle, che siano già pelate, e poi stempera con lardo di maiale, e poi mettile a cucinare assieme al pollo con spezie; e se non hai mandorle ispessisci il detto brodo con rossi d'uovo, e quando sarà ora di servire mettici succo di limoni o di limoni amari. CENNI STORICI Tutti i trattati italiani medievali e rinascimentali presentano diverse ricette chiamate limonia, lumonia, lomonia o limonea, più o meno semplici oppure con l'aggiunta di molti altri ingredienti. Composizioni chiamate laymuwiya compaiono in testi arabi almeno dal XIII secolo e anch'esse possono essere molto semplici o complesse (con bietola, riso, yogurt, prezzemolo, melanzane, porro, carote, coriandolo, zenzero, menta), ma tutte in generale prevedono la carne di pollo, le mandorle e, naturalmente, il succo di limone. La salsa, dal gusto acido o agrodolce se dolcificata con miele o zucchero, veniva servita per accompagnare sia carne che pesce, come è attestato, tra tanti esempi possibili, dal pranzo tenutosi a Milano nel 1368 in occasione del matrimonio di Violante Visconti e Lionetto d'Anversa, duca di Clarence: al settimo servizio furono portati "caponi & carne in limonia, con pesce in limonia". (a cura di Arianna Vecchi) 47/110 CAPPELLETTI ALLA CORTIGIANA DE’ MALATESTA Ingredienti: Formaggio tenero - formaggio stagionato - ventresca di maiale petto di cappone – uova – spezie – zenzero – pepe - sale - pasta tirata ben sottile Preparazione Lessare le carni e tritarla finemente; aggiungere i formaggi, le uoSigismondo Malatesta va, le spezie, poco zenzero, pepe, sale ed amalgamare bene l’impa(1417-1468) sto. Tagliare dei dischi di pasta sottili e chiudervi il composto in modo che ogni cappelletto non risulti più grande di mezza castagna. Cuocere i cappelletti in brodo di cappone, reso giallo con l’aggiunta di zafferano, e servire la portata cosparsa di spezie dolci e formaggio grattugiato. All’epoca dei Malatesta, questo tipo di pasta ripiena si faceva anche con carne di petto di piccione, fagiano e altri volatili. LA ZUPPA PAVESE DEL RE FRANCESCO I Francesco I Re di Francia (1494-1547) In una pentola preparate del brodo di carne. Intanto, in una padella fate dorare nel burro delle fette di pane da ambo le parti, che disporrete poi in piatti fondi. Versate nel brodo bollente le uova intere sgusciate, facendo attenzione che non si rompano. Quando saranno rapprese, posatele sopra le fette di pane, una per ogni piatto, aggiungendo anche un mestolo di brodo. Servite la zuppa pavese cosparsa di parmigiano e pepe. (a cura di Riccardo Zuffetti) 48/110 TOAST ALLA CANNELLA E ARINGA DI ANNA BOLENA Questo tradizionale spuntino inglese da servire con il tè (sapore dolce ma forte personalità assimilabile alla Bolena), era tenuto in caldo in appositi piatti coperti anche nei college di Oxford e Cambridge. Preparazione: pulire delle aringhe, eliminando la lisca e le spine; taAnna Bolena (1507-1536) gliare a metà e spruzzare di sale e pepe. Mettere una foglia di alloro sopra ogni metà e arrotolarla. Trasferire i pesci in una teglia e ricoprirli con acqua, aceto e un cucchiaino di cannella e uno di zucchero. Passare la preparazione in forno caldo. Servire lo spuntino freddo con il liquido di cottura, insieme a spicchi di limone, toast di pane nero e burro. AGNOLINI DELLA CORTE DI LUDOVICO III GONZAGA In un tegame sciogliere del burro e cuocervi polpa di manzo macinata, assieme a cipolla e vino bianco. In un’altra padella sempre con del burro, rosolare cubetti di pancetta e salamella di suino. Unire le due Ludovico III preparazioni, legandole con uova, parmigiano, noce moGonzaga scata e pepe. L'impasto ottenuto dovrà riposare per 1494-1547) dodici ore. Preparare una sfoglia e suddividerla in quadretti da farcire con il composto. Per confezionare gli agnolini, ripiegare la sfoglia a triangolo, unire i bordi, congiungere le estremità a formare un anello, e sigillare con una forchetta. Gli agnolini potranno essere serviti in brodo con formaggio grattugiato, o conditi con burro fuso e grana. (a cura di Riccardo Zuffetti) 49/110 CREPES SUZETTES PER EDOARDO VII Preparate un composto con uova, farina, zucchero a velo e latte, aggiungendo una presa di sale e un pò di buccia di limone grattugiata. Amalgamate bene finchè il composto avrà raggiunto una consistenza abbastanza fluida, e sarà del tutto Edoardo VII (1841-1910) privo di grumi. In una padella fate fondere del burro e versateci quattro cucchiai del composto precedentemente preparato, facendolo cuocere per qualche minuto da entrambe le parti. Non appena le crepes saranno cotte, spruzzatele con del liquore, succo d'arancia e zucchero. Servitele caldissime dopo averle "fiammeggiate". CREPES PRINCESE EDOARDO VII Si racconta, che mentre il celebre cuoco francese Henri Carpentier preparava per il re d'Inghilterra Edoardo VII delle crepe al liquore, queste, per ragioni non ancora accertate, presero fuoco. Per nulla spaventato, il cuoco ebbe l'audace idea di portare in tavola il tegame, da cui si alzavano ancora vivaci lingue di fiamma. Il sovrano assaggiò le crêpes e le trovò eccellenti. Poi domandò: "Come si chiamano?". "Maestà, sono appena state inventate" rispose Carpentier, "potremmo battezzarle le crêpes princesse." Il sovrano, indicando la figlia del suo ospite, concluse con un benigno sorriso: "Le chiameremo crêpes Suzette". P.s. Secondo altra versione, sarebbero state ideate dal maître d'hôtel Joséph, del ristorante Marivaux di Parigi, nel 1897, in onore di una giovanissima attrice dell'Opera, di nome Suzette. (a cura di Rebecca Ferrari) 50/110 SPAGHETTI ALLA VITTORIO EMANUELE II Rosolate del prosciutto cotto tagliato a striscioline nel burro e nello strutto, sgocciolatelo e tenetelo in caldo. Fate imbiondire una cipolla ben tritata nel fondo di cottura, unite dei funghi freschi affettati, e cuocete lentamente mescolando con delicaVittorio tezza. Emanuele II A cottura ultimata sgocciolate i funghi con una schiumarola e uniteli al prosciutto già rosolato. Nel medesimo condimento, aggiungendo un bicchiere di vino, sbollite delle animelle d’agnello affettate, unite i funghi e il prosciutto che avete tenuto in caldo e condite con sale e pepe appena macinato. Portate a cottura degli spaghetti, unite al sugo delle uova battute con panna e parmigiano, e scaldate finché le uova si saranno legate alla pasta. Condite gli spaghetti cotti al dente e servite a parte del parmigiano. CIAMBELLONE DELLA PRINCIPESSA SISSI L'uva sultanina, dopo averla nettata, mettetela in infusione nel cipro e nel rhum mescolati insieme; lasciatela così diverse ore e levatela quando comincia a gonfiare. I pinoli tagliateli in tre parti per traverso, i frutti canditi tagliateli a piccolissimi dadi, le noci e le mandorle tritatele con la lunetta alla grossezza del riso all'incirca, e la focaccia, che può essere una pasta della natura della brioche o del panettone di Milano, grattatela o Elisabetta sbriciolatela. L'uva lasciatela intera e poi mescolate ogni cosa d'Austria insieme, il rhum e il cipro compresivi. Sissi Questo è il ripieno; ora bisogna chiuderlo in una pasta sfoglia (1837-1898) (farina e burro). Tiratela stretta, lunga e della grossezza poco più di uno scudo. Distendete sulla medesima il ripieno e fatene un rocchio a guisa di salsicciotto tirando la sfoglia sugli orli per congiungerla. Dategli la circonferenza di dieci centimetri circa, schiacciatelo alquanto o lasciatelo tondo, ponetelo entro a una teglia di rame unta col burro avvolto intorno a sé stesso come farebbe la serpe; però non troppo serrato. Infine, con un pennello, spalmatelo con un composto liquido di burro sciolto e un rosso d'uovo. (Ricetta originale di Artusi) (a cura di Rebecca Ferrari) 51/110 EUROPA MERIDIONALE RICETTA SICILIANA LA PASTA ’NCASCIATA Ingredienti: gr.500 maccheroncelli; gr.750 pomodori da sugo; 2 uova; gr.150 carne di manzo macinata; gr.100 salame; gr.200 melanzane; gr.100 caciocavallo; aglio; prezzemolo; olio di oliva; sale e pepe. Procedimento: sbucciate le melanzane, affettatele e tenetele sotto sale per un’ora. Soffriggete due teste d’aglio con dell’olio e toglietele quando sono d’orate mettete la carne e quando è insaporita aggiungete i pomodori e del prezzemolo tritato. Sale, pepe per finire e lasciare cucinare a fuoco lento per cinquanta minuti ed aggiungete poca acqua quando il sugo restringe. Dopo aver cotto i maccherencelli, scolateli e fateli saltare in una padella insieme al sugo preparato e al caciocavallo tagliato a dadini. (a cura di Leonardo Biccioli) 52/110 VELINE, MISS… LINEA E DIETE … E POI? Avete mai visto miss Italia? Osservate il fisico: testa a parte, il corpo segue un modello standardizzato: seno abbondante, vita da vespa, fianchi tondeggianti, gambe lunghe e affusolate. Nell’intento di imitarle, molte ragazze, rischiano di diventare anoressiche o bulimiche, di solito nelle scuole medie e superiori. Quindi è GIUSTO CURARE IL PROPRIO ASPETTO FISICO, MA SENZA ESAGERARE!!! Ecco una vera testimonianza: ”Frequentavo Margherita a basket, lei era anoressica e, insomma, assomigliava ad uno stecchino. Si confidava con me raccontandomi dei suoi problemi, ad esempio i frequenti litigi con sua mamma che cercava in ogni modo di farla mangiare. Ma quello che più mi ha colpito è come lei ha iniziato ad essere anoressica: per amore. Nella sua classe c’era un ragazzo che le piaceva, a cui interessavano solamente le soubrette televisive. Ovviamente Margherita, iniziando a non mangiare per assomigliare a queste donne, prendeva praticamente l’abitudine di saltare i pasti fingendosi malata. Ora, posso dire anche grazie a me, ha iniziato a mangiare con gusto, dimenticandosi di quel “dannato” ragazzo!! Se devo dare un consiglio a tutte quelle ragazze che rischiano di diventare anoressiche per amore dico, anzi, grido: “NON FATEVI SOTTOMETTERE DALLE DONNE CICOGNA!!!”. Inoltre, se uno ha un filo di ciccia o è leggermente sovrappeso, nel tentativo di dimagrire da un giorno con l'altro prova a seguire strane (e spesso inutili) diete veloci o addirittura a prendere delle sostanze che ti illudono di aver la pancia piena!! Queste diete "sbagliate" danneggiano la salute. In genere sono le cosiddette diete dimagranti, divulgate da giornali e riviste. Il problema dell'eccesso di peso è divenuto oggetto di particolare attenzione soprattutto da quando è diventata di moda la "donna snella". In quanto alle diete "strane" qui sotto ci sono degli e- 53/110 sempi (TUTTI AUTENTICI!!). La dieta "Beverly Hills" prevede di mangiare solamente agrumi, meloni e ananas anche in inverno!! (quindi l'unico peso che perdi è quello del portafoglio). La dieta "Scardsale" obbliga a mangiare solamente verdure: insalate, pomodori, lenticchie… niente hamburger o bistecche (un vero manicomio!!). Nuova dieta è per esempio quella a base di alghe (ovviamente sono da mangiare le pastiglie alle alghe… NON le alghe bollite del mare!!). Infine un’altra dieta prevede l’assimilazione solamente di pompelmi: a colazione, pranzo, merenda e cena (alla fine la sola parola “pompelmo” ti darà la nausea!!). Secondo me l'unica vera dieta è quella di fare una colazione abbondante, un pranzo e una cena a base di pasta o risotto, pesce o in alternativa carne bianca e a volte una bistecca, poi insalata e frutta, insomma del cibo che garantisca al nostro organismo la presenza di tutti i principi nutritivi e soprattutto nella quantità corretta secondo l’età, il sesso e l’attività fisica che si compie. Molto importante è variare gli alimenti!! Ve lo dice una che per un anno ha mangiato a pranzo solo pasta, per cena carne, niente frutta e che alla fine si è ritrovata tonda come una palla !! Inoltre è fondamentale svolgere una costante attività fisica!! Anche alla televisione, le pubblicità fingono di aver inventato un prodotto per dimagrire super-efficace SOLO PER GUADAGNAR SOLDI! Perciò quando appaiono queste pubblicità-imbroglio, cambiate canale. Per favore!. Anche molte riviste, nel tentativo di interessare i lettori, pubblicano “tabelle del peso giusto” con cui il lettore deve confrontarsi. Ovviamente non bisogna dar retta a queste tabelle, perché molto spesso non tengono conto dell’età, dell’altezza e del lavoro svolto dal lettore. È comunque una crisi quando leggiamo le risposte a questi test, scoprendo che siamo “out”, ”fat”, “enormus”!! Non è assolutamente vero. Se volete davvero sapere il vostro peso forma, rivolgetevi a un “medico” e non ai giornalisti… Se invece siete in cerca di consigli, leggete pure quest’articolo con i nostri commenti finali ... Non vogliamo essere fraintese, il nostro sogno, come quello di tutte le ragazze, è di diventare simili ad Elisabetta Canalis o a Michelle Hunziker MA SENZA INGANNARE! Quindi non bisogna cadere come pesci nella rete, bisogna invece 54/110 essere informati per saper scegliere cosa mangiare pensando che il momento dei pasti deve essere trascorso senza particolari tensioni, senza l’assillo di dover seguire strambe diete, ma mangiare in modo equilibrato e svolgere regolarmente uno sport. Quindi sentitevi bene con voi stessi e tutto andrà meglio! (a cura di Elettra Chiarabelli, Georgia Pinoli, Arianna Vecchi) 55/110 I PREGIUDIZI ALIMENTARI Una ricerca ha evidenziato che sono purtroppo ancora molti i pregiudizi alimentari degli italiani, che spesso traggono origine dal valore simbolico di benessere o povertà attribuiti ad alcuni prodotti alimentari. Ad esempio, lo scarso consumo di prodotti ortofrutticoli o di cereali deriva principalmente dal fatto che, essendo stati per anni il principale sostentamento delle classi meno abbienti, erano considerati di scarso prestigio; pertanto i legumi, definiti “la carne dei poveri”, erano sottovalutati anche dal punto di vista nutritivo insieme alla polenta. Invece la carne e la selvaggina erano apprezzati alimenti “di lusso” ed il consumarli sottolineava l’acquisizione di una posizione sociale più importante. IL PESCE FA BENE ALLA MEMORIA PERCHE' CONTIENE FOSFORO Non esiste nessuna relazione fra fosforo e memoria; inoltre il pesce non è certo l'alimento che contiene più fosforo: pistacchi, piselli, carne e uova ne contengono di più. LO ZUCCHERO DI CANNA ED IL MIELE SONO MIGLIORI DELLO ZUCCHERO BIANCO In realtà fra zucchero di canna e zucchero bianco non esistono significative differenze alimentari; fra miele e zucchero l'unico punto a favore del miele è che è meno calorico. LE VITAMINE DELLA FRUTTA SONO NELLA BUCCIA Nelle mele e nelle pere le vitamine, contrariamente a quanto si crede, non sono contenute principalmente nella buccia, bensì nella polpa. La buccia è invece ricca di fibre insolubili. LA FRUTTA DEVE ESSERE MANGIATA LONTANO DAI PASTI Purtroppo questo pregiudizio deriva dalla diffusione delle diete che tendevano a separare gli alimenti, vedendo effetti negativi in certe combinazioni alimentari. Ora che la scienza ha dimostrato la futilità di certe teorie, si spera che cadano anche i pregiudizi collegati. Mangiare la frutta a fine pasto può bilanciare una ripartizione nutrizionale troppo proteica ed evita di assumere altri alimenti come i dolci. IL LIMONE DISINFETTA I FRUTTI DI MARE Gli acidi contenuti nel limone (citrico e ascorbico) sono del tutto insufficienti contro virus e/o batteri: è come cercare di fermare un TIR tirandogli contro un sasso. LA VITAMINA C NON FA VENIRE IL RAFFREDDORE Sicuramente un'integrazione vitaminica rafforza l'organismo, ma non previene da infezioni; è il sistema immunitario che si oppone a malattie 56/110 come l'influenza. Assumere vitamina C può ridurre i sintomi, ma non riduce il numero delle volte che ci ammaliamo. LA CIOCCOLATA FA VENIRE I BRUFOLI L'acne ha cause ormonali che non sono alterate dalla assunzione di alimenti comuni. I CIBI SURGELATI SONO MENO NUTRIENTI DI QUELLI FRESCHI Chi crede a questo pregiudizio dovrebbe spiegare perché la surgelazione toglie le proprietà alimentari, visto che tutti hanno la tendenza a conservare freschi i cibi. I surgelati contengono gli stessi principi nutritivi dei cibi freschi e danno anche maggiori garanzie per i controlli effettuati prima della lavorazione, nonché per la presenza di chiare indicazioni nutrizionali sulla confezione. LE UOVA FANNO MALE AL FEGATO. LE UOVA VANNO EVITATE PERCHE' CONTENGONO MOLTO COLESTEROLO. LE UOVA SONO INDIGESTE Le uova sono un alimento ricco di proprietà. Il fatto che contengano colesterolo non deve escluderle dalla dieta; il colesterolo non è un nemico da combattere poiché svolge funzioni molto importanti: è l'eccesso di colesterolo che deve essere controllato. MANGIARE LA CARNE E LA PASTA NELLO STESSO PASTO E' SBAGLIATO E' fondamentale che in ogni pasto ci sia il giusto equilibrio fra macronutrienti, cioè carboidrati (la pasta), proteine (la carne), lipidi (per esempio i grassi contenuti nel condimento della pasta). LA PASTA FA INGRASSARE La pasta riempie ed è poco calorica, può essere mangiata una volta al giorno; ciò che fa ingrassare sono i sughi, infatti, ogni cucchiaio di condimento equivale a 90 calorie. IL FORNO A MICROONDE E' DANNOSO PER LA SALUTE La maggior parte degli italiani pensa che il microonde emetta radiazioni che contaminano i cibi. In realtà il microonde funziona come la normale cottura, in quanto i cibi non assorbono nessuna radiazione che produce sostanze nocive. MEGLIO FRIGGERE CON L'OLIO DI SEMI CHE CON L'OLIO D'OLIVA L'olio d'oliva è migliore perché ricco di grassi monoinsaturi a differenza di quelli di semi che contengono grassi polinsaturi e soprattutto grassi parzialmente idrogenati, ottenuti con la lavorazione. (a cura di Marta Pietropaolo) 57/110 PER I GENITORI ... Il decalogo dell'American Heart Association per aiutare i bambini a sviluppare un corretto stile di vita ed una sana alimentazione • Essere un buon modello per i figli. • • • • • • • • • Se si coltivano abitudini sane è molto più semplice convincere i bambini a fare lo stesso. Far sì che tutta la famiglia si mantenga attiva. Incoraggiando l'attività sportiva e comunque preferendo muoversi all'aria aperta, ognuno trarrà beneficio dall'esercizio fisico e dal tempo speso insieme. Limitare l'uso della TV, dei video giochi e del computer. Queste abitudini conducono ad uno stile di vita sedentario e ad un abuso di snack, tutto ciò determina l'aumento di rischi di obesità e di malattie cardiovascolari. Incoraggiare le attività fisiche che il bimbo preferisce. Ogni bambino è unico. Lasciare che sperimenti diverse attività finché scopre quello che realmente ama fare. Praticheranno più sport se saranno appassionati. Essere di sostegno. Concentrarsi sulla proposta piuttosto che sui divieti. Ognuno gradisce essere elogiato per un successo. Celebrare i successi aiuta i bambini e gli adolescenti a sviluppare una buona immagine di se. Fissare obiettivi precisi e possibili. Ad es. un'ora di moto al giorno o max due dessert a settimana. Quando gli obiettivi sono astratti o i limiti troppo restrittivi le probabilità di successo diminuiscono. Non ricompensare i bambini con il cibo. Caramelle o snack usati come premio inducono ad abitudini scorrette. Consumare i pasti con la famiglia riunita, ciò rende più difficili abusi e consumo di alimenti non idonei. Coinvolgere i bambini nelle decisioni riguardo il menù e nella preparazione dei cibi. Le buone abitudini godute nell'ambiente familiare saranno anche più resistenti. Proporre come un gioco la lettura delle etichette, così l'intera famiglia sarà più consapevole della qualità dei prodotti consumati. 58/110 1- La chimica degli alimenti ⇒ Principi nutritivi ⇒ Grassi ⇒ Funzioni degli alimenti ⇒ Vitamine ⇒ Proteine ⇒ Sali minerali ⇒ Carboidrati ⇒ Acqua ⇒ Fibre ⇒ Alcool 2- Alcuni suggerimenti e grafici relativi alla corretta alimentazione ⇒ Fabbisogni alimentari ⇒ Regole per la corretta alimentazione ⇒ Tabella fabbisogni energetici ⇒ Suddivisione dell’energia per pasto ⇒ Peso forma ⇒ Dieta mediterranea 3- Curiosità ⇒ Le tre leggi dell’alimentazione ⇒ Gastronomia molecolare ⇒ Fast food slow food ⇒ La cucina è una moda 4⇒ 5⇒ Alimentazione e società Lo Stato e la spesa per la sanità Appendice Suggerimenti per i genitori 59/110 PRINCIPI NUTRITIVI O NUTRIENTI I principi nutritivi o nutrienti sono: • PROTIDI • GLUCIDI • LIPIDI • VITAMINE • SALI MINERALI • ACQUA Tra i principi nutritivi vi sono i macronutrienti che sono le sostanze che forniscono all'organismo l'energia per vivere. Sono dette "macro" perchè vengono assunte in quantità maggiori rispetto ai micronutrienti. I macronutrienti si dividono in carboidrati, proteine e grassi; i micronutrienti si dividono in sali minerali e vitamine. Ognuna di queste sostanze ha funzioni differenti e viene assimilata in modo diverso dal nostro organismo. L'unità di misura utilizzata dai macronutrienti è il grammo, mentre quella usata dai micronutrienti è il milligrammo (1/1.000 di grammo) e in alcuni casi il microgrammo (1/1.000.000 di grammo). Anche l’alcool può essere considerato un macronutriente, con la differenza che rispetto agli altri tre, non è necessario per la sopravvivenza dell'organismo. 60/110 LE FUNZIONI DEGLI ALIMENTI Funzione plastica L’ organismo ha la capacità rigerenativa dei tessuti e delle cellule. Infatti questo permette alle cellule di compiere il loro ciclo vitale completo: nascita, crescita, invecchiamento e morte con la garanzia di rigenerazione e sostituzione. Questa continua funzione costruttiva è certezza di continuità di vita e di crescita. (a cura di Andrea Baioni) Funzione energetica Lavoro non svolto (a cura di Ferdinando Torre) Funzione bioregolatrice e protettiva Lavoro non svolto (a cura di Michelangelo Gallotti) 61/110 LE PROTEINE Le proteine hanno un ruolo di primaria importanza negli organismi viventi. Le proteine sono composte da una o più catene peptidiche, ovvero composti lineari formati da amminoacidi legati uno di seguito all'altro. Esistono 22 amminoacidi, ma solo venti di questi fanno parte delle proteine. Le proteine sono costituite da un minimo di 50 amminoacidi ad un massimo di qualche migliaio. Le proteine svolgono un grande numero di funzioni: • regolano il metabolismo, come enzimi e come ormoni; • trasportano molte molecole attraverso il sangue e attraverso le membrane cellulari; • intervengono nella coagulazione del sangue; • proteggono l'organismo dalle infezioni; • partecipano alla generazione e alla trasmissione degli impulsi nervosi; • costituiscono la struttura dei tessuti di sostegno animali; • rappresentano forme di deposito di principi nutritivi. Tutte queste funzioni possono essere raggruppate in tre grandi categorie: • plastica: le proteine sono i "mattoni" per costruire tutti i tessuti che sono continuamente soggetti a demolizione e sintesi, prime fra tutti i muscoli; • regolatrice: le proteine sono precursori di ormoni, neurotrasmettitori e altre molecole di importanza biologica; • energetica: al contrario dei grassi, che non possono essere trasformati in glucosio e necessitano di quest'ultimi per poter essere utilizzati per produrre energia, gli amminoacidi possono essere trasformati in glucosio tramite la rimozione della parte azotata. Si classificano in proteine amimali (nobili) e proteine vegetali. Nella corretta alimentazione le proteine animali devono essere assunte per 1/3 , mentre quelle vegetali per 2/3 rispetto al quantitativo giornaliero bilanciato. 62/110 AMINOACIDI Le proteine alimentari, a parte alcune eccezioni, non sono utili in quanto tali, ma come fonte di amminoacidi. Infatti l'organismo scinde tramite la digestione le proteine alimentari negli amminoacidi che le costituiscono, per poi ricostruire le proprie proteine e altre molecole di importanza biologica. Dei 22 amminoacidi, 14 sono sintetizzati dall’organismo,mentre 8 sono detti essenziali poiché non possono essere prodotti dall’organismo bensì devono essere introdotti con la dieta. (a cura di Georgia Pinoli) 63/110 FABBISOGNO PROTEICO DELLO SPORTIVO Chi fa sport riceve spesso il consiglio di aumentare l'apporto proteico per evitare il catabolismo muscolare. In realtà spesso questa preoccupazione è infondata, poiché se è vero che l'attività sportiva aumenta il fabbisogno proteico è anche vero che spesso una alimentazione corretta garantisce da sola il soddisfacimento del fabbisogno. Durante gli sforzi intensi e prolungati, che consumano le scorte di glicogeno muscolare, l'organismo è costretto ad attingere alle proteine per produrre energia. L'esercizio con i pesi, per quanto pesante, non sollecita abbastanza l'organismo che non consuma così tante proteine come vorrebbero farci credere i produttori di integratori. Le ricerche serie arrivano a consigliare 2 grammi di proteine per kg di peso per i professionisti, 1.5 grammi per il frequentatore di palestra con allenamento di potenziamento muscolare e per l'atleta di sport di resistenza. Una persona adulta che svolge una normale vita ha bisogno di 1 grammo di proteine per ogni kg di peso, mentre i ragazzi nell’età dello sviluppo necessitano di 2 grammi per ciascun kg di peso corporeo. DIGESTIONE E ASSORBIMENTO DELLE PROTEINE Le proteine alimentari servono principalmente come fonte di amminoacidi, con i quali l'organismo produce le proprie proteine. La digestione delle proteine è quindi finalizzata allo smembramento delle proteine alimentari in amminoacidi semplici. Questo avviene tramite un'idrolisi sempre più spinta da parte di enzimi digestivi che spezzano i legami peptidici iniziando dal mezzo e dalle estremità della catena. Gli amminoacidi che via via si liberano vengono poi assorbiti dalla mucosa intestinale e portati al fegato. La digestione delle proteine inizia nello stomaco ad opera della pepsina, che attacca le catene dall'interno riducendole in frammenti e facilitando così la successiva azione degli altri enzimi. Gli amminoacidi giungono al fegato, l'organo che regola il loro metabolismo, per: • distribuire gli amminoacidi a tutti i tessuti; • sintetizzare le proteine plasmatiche e quelle utili alla stesse cellule del fegato; • sintetizzare gli amminoacidi non essenziali; • degradare gli amminoacidi in eccesso o provenienti dal catabolismo delle proteine muscolari. (a cura di Leonardo Biccioli e Riccardo Zuffetti) 64/110 I CARBOIDRATI I carboidrati, detti anche glucidi, sono composti organici costituiti da carbonio, idrogeno e ossigeno. Vengono sintetizzati dai vegetali dall'anidride carbonica dell'aria e dall'acqua del suolo per mezzo della fotosintesi clorofilliana. Un grammo di carboidrati fornisce circa 4 kcal, come un grammo di proteine. L'organismo impiega circa il 10% dell'energia per digerire una certa quantità di carboidrati, mentre ne impiega ben il 30% per digerire le proteine: quindi i carboidrati”ingrassano" il 20% in più rispetto alle proteine. Si dividono in: • monosaccaridi, o glucidi semplici. I più importanti sono il glucosio e il fruttosio; • oligosaccaridi, formati da 2 a 10 unità di monosaccaridi, che si suddividono a loro volta in disaccaridi, trisaccaridi, ecc., i più importanti sono il saccarosio e il lattosio; • polisaccaridi, composti da 10 o più unità zuccherine, fino a qualche migliaio, il più importante è l'amido. Sono sostanze cristalline, di sapore dolce, facilmente solubili in acqua e insolubili nei solventi organici. MONOSACCARIDI Glucosio Il glucosio è il monosaccaride più rappresentato del regno animale e vegetale dove si trova sia come tale che sottoforma di polisaccaride. È un componente della frutta e della verdura. È anche presente nel sangue umano, la cui concentrazione è chiamata glicemia. Il nostro organismo trasforma qualunque tipo di glucide in glucosio, ed è il carburante di più rapido consumo. Fruttosio Il fruttosio è un monosaccaride molto diffuso nel regno vegetale, nella frutta e nel miele. Ha un potere dolcificante superiore al saccarosio (lo zucchero comune), ed entra nel flusso sanguigno molto più lentamente rispetto ad esso. Queste caratteristiche lo rendono adatto come sostituto dello zucchero comune. 65/110 Nella seguente tabella sono riportati il contenuto di glucosio e fruttosio di alcuni tipi di frutta, verdura e ortaggi. ALIMENTO Glucosio totale (gr/kg di alimento) Fruttosio totale (gr/kg di alimento) Frutta Arance 29-39 31-33 Banane 42-62 41-62 Fragole 25 20-27 Mandarini 10-11 18-38 Mele 29-32 80 Pere 12.5-16 60 Succo di limone 8-9 9 Verdura e ortaggi Aglio 14 8 Carote 23.5 23 Lattuga 2.4-5.1 3.1 Melanzane 13-16 12-16 Peperoni 15-25 13-16 Piselli 2.3-19 2.25-10 Pomodori freschi 13-14 15-19 Zucchine 9.5-11 8-12 Galattosio Il galattosio è un altro monosaccaride metabolizzato dal nostro organismo, che costituisce insieme al glucosio il disaccaride lattosio e altri composti complessi. La galattosemia è una malattia genetica dovuta alla carenza di galattosio ed è individuabile fin dalla nascita e si cura prevenendo l'insorgenza dei sintomi eliminando completamente il galattosio dalla dieta. OLIGOSACCARIDI - DISACCARIDI I disaccaridi, ovvero glucidi composti da due molecole di monosaccaridi, sono sostanze solide, solubili in acqua, caratterizzate da sapore dolce. Maltosio Detto anche zucchero di malto, si ritrova nel malto d'orzo o orzo germinato, in 66/110 seguito all'idrolisi dell'amido per azione dell'enzima amilasi. È costituito da due molecole di glucosio. Lattosio È l'unico disaccaride di origine animale, infatti lo troviamo nel latte, a cui conferisce il sapore dolce. È formato da galattosio e glucosio. Saccarosio È il comune zucchero da tavola, che viene estratto dalla barbabietola o dalla canna da zucchero. È formato da una molecola di glucosio e una di fruttosio. POLISACCARIDI Sono i glucidi più rappresentati in natura, in particolare nei vegetali, dove svolgono funzioni di riserva, di sostegno e di protezione. Sono formati dall'unione di numerose molecole di monosaccaridi, sono poco solubili in acqua e privi di sapore dolce. Tra i polisaccaridi si ricordano l’amido e il glicogeno. Amido È la riserva energetica delle piante fotosintetiche che lo immagazzinano nei semi, nei tuberi, nelle radici sottoforma di granuli in forma e dimensioni diverse per ogni specie vegetale. È costituito da molecole di glucosio in due forme diverse: l'amilosio e l'amilopectina. Le amilasi sono gli enzimi che idrolizzano l'amido. L'alfa-amilasi è presente nel succo pancreatico e nella saliva, ed è in grado di idrolizzare l'amido a maltosio. La beta-amilasi, presente nel malto, trasforma il maltosio in glucosio. Glicogeno Il glicogeno rappresenta la riserva di carboidrati dell'uomo e di tutti gli animali. È depositato sottoforma di granuli nel fegato e nei muscoli. A questi granuli sono legati gli enzimi predisposti alla sua sintesi e alla degradazione. Nel fegato è accumulato 1/3 del glicogeno di tutto l'organismo, sottoforma di catene più lunghe e più pesanti rispetto ai muscoli. Nei muscoli sono immagazzinati i 2/3 del glicogeno dell'organismo, (sottoforma di catene più corte e leggere). Il glucosio del fegato è molto variabile poiché la sua funzione principale è quella di mantenere costante la glicemia (la concentrazione di glucosio nel sangue), mentre quello nei muscoli viene consumato solamente durante uno sforzo fisico intenso e prolungato. 67/110 Il glicogeno lega a sé una quantità notevole di acqua . Quindi dopo uno sforzo fisico intenso e prolungato la perdita di peso può essere notevole. I carboidrati AIG I carboidrati AIG (ad Alto Indice Glicemico) sono responsabili del rapido innalzamento della concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia). E’ sicuramente vero che l'eccesso di carboidrati AIG (detti anche impropriamente "zuccheri semplici") è una dei difetti principali della dieta di molte persone. Quello che fa male, infatti, è l'eccesso di carboidrati, a prescindere dal loro indice glicemico: prima di valutare la qualità dei glucidi che assumiamo, dobbiamo quindi valutare le quantità. I carboidrati AIG non sono sempre dannosi, anzi in alcuni casi sono addirittura consigliabili. Per esempio, dopo una attività sportiva intensa l'organismo ha bisogno di una certa quantità di carboidrati per ripristinare le scorte di glicogeno muscolare: i carboidrati AIG ripristinano queste scorte nel modo più efficiente e veloce possibile e quindi vanno utilizzati in questa situazione. Dove si trovano i carboidrati IAG Negli alimenti che hanno un indice glicemico elevato (superiore a 60 - 70). Fortunatamente non è necessario imparare a memoria l'indice glicemico di ogni alimento, poiché all'interno di ogni categoria di alimenti le variazioni sono molto limitate. Ovviamente esistono delle eccezioni, che bisogna assolutamente conoscere per evitare errori: queste, tuttavia, sono poche e facili da ricordare. • La frutta, la verdura, i cereali integrali, i latticini hanno in generale un indice glicemico basso. • I cereali raffinati, lo zucchero (saccarosio), i dolci, le bevande zuccherate hanno un indice glicemico alto. ALIMENTI CON IG ALTO E ALTA DENSITA CALORICA ALIMENTI CON IG MEDIO E ALTO ALIMENTI CON IG BASSO Zucchero Pane bianco Alcuni cereali raffinati (riso soffiato, patatine fritte in sacchetto, wafer, cornflakes) Biscotti Tutta la frutta e la verdura (escluse le eccezioni) Patate Latticini (yogurt, latte, ecc.) Croissant Fruttosio Uva passa Cereali integrali (soprattutto avena e orzo) Dolci e torte Bevande zuccherate (bevande gasate, bevande "estive", the freddo, ecc.) Alimenti contenenti "zucchero" o "sciroppo di glucosio" negli ingredienti Alcuni tipi di frutta e verdura (carota, melone, zucca) Pasta cotta al dente 68/110 OCCHIO ALL'ETICHETTA! Leggere gli ingredienti riportati per legge sull'etichetta dei prodotti è di importanza fondamentale per individuare i carboidrati AIG. Per individuare un prodotto ad alto indice glicemico, basta verificare se negli ingredienti c'è la dicitura "zucchero" o "sciroppo di glucosio" ai primi posti. Lo sciroppo di cereali (come il malto) è equivalente allo sciroppo di glucosio. Non fidatevi dei messaggi promozionali ("senza zucchero"), ma leggete sempre gli ingredienti! Come comportarsi Il gusto per il dolce è acquisito (come quello per il salato), e si può educare. Una persona abituata a bere il caffè con due cucchiaini di zucchero e che ama i dolci "molto dolci" tenderà ad assumere troppi carboidrati AIG per soddisfare il piacere di mangiare. Abituare il gusto ad essere soddisfatto da una quantità di zuccheri accettabile è il primo passo da fare. In linea generale, è bene abituarsi a: usare poco zucchero per dolcificare le bevande, e sostituirlo con il fruttosio; eliminare completamente le bevande zuccherate durante i pasti (caca cola, succhi di frutta, bevande dell'estate, ecc.). Bisogna abituarsi a bere solo acqua. Se aprite il frigorifero di un americano, vedrete una quantità enorme di bevande zuccherate (praticamente non bevono che quelle): infatti uno su quattro è obeso. Per abbassare l'indice glicemico di qualunque alimento basta assumerlo insieme a proteine e/o grassi: quindi è bene assumere alimenti contenenti carboidrati ad alto indice glicemico insieme ad altri. Per questo un dolce a fine pasto, se il bilancio calorico è rispettato, è meglio di una coca cola a stomaco vuoto. DIGESTIONE E ASSORBIMENTO DEI GLUCIDI La digestione dei carboidrati inizia nella bocca: la saliva contiene infatti l'alfaamilasi (ptialina) che idrolizza l'amido liberando maltosio, e destrine. Tuttavia, data la scarsa permanenza del cibo in bocca, questa azione assume scarsa rilevanza. L'azione dell'alfa-amilasi si interrompe nello stomaco poiché l'ambiente acido inattiva l'azione dell'enzima. La digestione dei glucidi riprende nell'intestino, dove l'alfa-amilasi pancreatica trasforma l'amido in vari tipi di disaccaridi (maltosio, destrine), la digestione si completa a livello delle membrane delle cellule della mucosa intestinale ad opera di altri enzimi che trasformano i disaccaridi nei monosaccaridi glucosio, fruttosio, galattosio e piccole quantità di altri monosaccaridi. 69/110 Il glucosio viene assorbito con un meccanismo di trasporto attivo mentre il fruttosio viene assorbito passivamente: questo determina un più lento assorbimento del fruttosio e concorre ad abbassare il suo indice glicemico. Gli zuccheri semplici arrivano quindi al fegato, e vengono trasformati tutti in glucosio. A questo punto il glucosio può seguire diversi destini metabolici: in sostanza, se le scorte di carboidrati sono piene il glucosio viene trasformato in grasso e immagazzinato, altrimenti le scorte vengono ripristinate trasformando il glucosio in glicogeno. I carboidrati, detti anche glucidi sono composti organici costituiti da carbonio, idrogeno e ossigeno. Vengono sintetizzati dai vegetali dall'anidride carbonica dell'aria e dall'acqua del suolo per mezzo della fotosintesi clorofilliana. (a cura di Silvia Bertolotti, Elettra Chiarabelli) 70/110 FIBRE Il fatto che le fibre siano un elemento essenziale per la nostra salute è ormai noto. Tuttavia moltissime persone continuano ad essere carenti, soprattutto a causa dello scarso consumo di verdura e frutta, responsabile tra l'altro della tendenza al sovrappeso che colpisce ormai una buona fetta della popolazione. Il concetto di fibre alimentari é piuttosto recente: i primi studi scientifici sull'argomento risalgono agli anni '70. Le fibre alimentari sono parti di alimenti vegetali che il nostro organismo non è in grado di assimilare: manca infatti nel nostro apparato digerente l'enzima appropriato (cellulasi). Esse sono contenute in frutta e verdura, cereali, noci e semi, legumi. Le fibre sono dei polisaccaridi, ossia zuccheri, ma non apportano calorie, transitano nello stomaco e nell'intestino senza essere digerite. Esistono due tipi di fibre: quelle solubili e quelle insolubili, entrambe svolgono alcune importantissime funzioni. Molte malattie sono associate ad una dieta a basso contenuto di fibre come: obesità, gotta, diabete, calcoli renali e calcoli biliari, ipertensione, malattie cerebrovascolari, ischemia e infarto del miocardio, vene varicose, trombosi delle vene profonde, embolia polmonare. stitichezza, appendicite, diverticolite, diverticolosi, emorroidi, cancro del colon, sindrome del colon irritabile, colite ulcerosa, malattia di Crohn. Altre: carie dentaria, malattie autoimmuni, anemia pernniciosa, sclerosi multipla, ipertiroidismo e affezioni cutanee. La quantità di fibre consigliata è di 25 grammi al giorno. Da questi dati si possono trarre alcune importanti conclusioni: • assumendo 700 g tra frutta e verdura ogni giorno la quantità di fibre giornaliera è automaticamente soddisfatta. Questa quantità è in linea con le raccomandazioni per una corretta alimentazione, tale da garantire il mantenimento di un corretto peso forma. Pesate la frutta e la verdura che assumete in un giorno. Se 700 g vi sembrano un obiettivo lontano, la vostra 71/110 alimentazione è scorretta! • i cereali integrali non sono necessari, si possono assumere se piacciono. Non ha senso, se non in casi particolari, assumere a forza cibi integrali, che spesso non sono amati. Diventano necessari in caso di aumentato fabbisogno, come nella diverticolosi. Quando aumentare il consumo di fibra Il problema della carenza di fibre si può risolvere in vari modi. Un modo per non risolverlo è sicuramente quello di affidarsi ad alcuni prodotti "ricchi di fibre" che si trovano in commercio, come biscotti, cereali da colazione (tutti tranne che i bastoncini di crusca), grissini, dolci ecc, che a dispetto delle etichette che promettono alti quantitativi di fibra in realtà sono solo specchietti per le allodole. Anche le pastiglie di crusca non sono indicate, primo perché aggirano il problema, ovvero compensano una cattiva alimentazione senza correggerla, secondo perché spesso non sono molto concentrate e spesso per ottenere un risultato significativo bisogna assumerne molte al giorno. (a cura di Arianna Vecchi) 72/110 I LIPIDI Sono sostanze organiche composte da C,H,O. Svolgono funzione energetica, cioè ci forniscono l’energia per lo svolgimento di tutte le attività. (1 g di proteine sviluppano 9.1 kcal) I lipidi comprendono numerose sostanze con caratteristiche e proprietà diverse, insolubili in acqua e solubili nei solventi come l'etere, il cloroformio. I lipidi, chiamati comunemente grassi, sono sostanze molto importanti per il corretto funzionamento delle cellule e quindi dell'intero organismo: una corretta alimentazione deve curare con attenzione le fonti di lipidi e la loro qualità. Si possono distinguere in vari tipi: I lipidi di deposito o trigliceridi costituiscono il 98% dei lipidi del nostro organismo. e sono anche detti lipidi "semplici". I lipidi cellulari hanno prevalentemente funzione strutturale: sono infatti i principali costituenti delle membrane cellulari. Questi lipidi sono anche detti "composti", perché hanno una struttura più complessa rispetto ai trigliceridi Lipidi con funzioni biologiche sono un gruppo eterogeneo di composti, presenti in tracce nell'organismo, ma che rivestono grande importanza fisiologica Acidi grassi sono i componenti comuni e fondamentali dei lipidi. Chimicamente, i più diffusi in natura sono costituiti da carbonio, ossigeno e idrogeno. Gli acidi grassi possono essere saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Questa suddivisione è molto importante poiché a seconda del grado di insaturazione gli acidi grassi cambiano le loro proprietà fisiche, chimiche e soprattutto biologiche. I grassi saturi I grassi saturi sono considerati come i veri nemici delle arterie, poiché accusati di aumentare il colesterolo e favorire di conseguenza l'insorgenza delle malattie cardiovascolari. Le nostre abitudini alimentari e altri fattori tendono a farci assumere troppi grassi saturi a scapito dei grassi polinsaturi. Sicuramente è necessario limitare i grassi saturi e garantire l'apporto minimo di grassi polinsaturi o grassi essenziali. Dove si trovano I grassi saturi presenti in natura sono semplici da individuare, poichè si trovano generalmente nei grassi solidi, quindi nei grassi animali (strutto, burro, parte 73/110 grassa delle carni) e nei formaggi. I grassi saturi non sono contenuti solo negli alimenti di origine animale, ma anche nei grassi e negli oli vegetali che vengono aggiunti ai prodotti industriali contengono molti grassi saturi, poiché sono quasi sempre composti da olio di palma o di cocco, che costano poco, ma contengono una grossa quantità di grassi saturi. La pericolosità di questi grassi risiede nel fatto che la loro origine vegetale fa credere che non si tratti di grassi saturi, questo problema è aggravato dal fatto che la legge non impone specificare sull'etichetta nutrizionale l'origine di queste sostanze. Una dieta corretta dovrebbe comprendere una quota identica di grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi I grassi saturi non sono un nemico, ma un nutriente come gli altri; limitarli senza considerare le quantità, quindi è senz'altro sbagliato. DIGESTIONE E ASSORBIMENTO I lipidi alimentari necessitano di un processo di digestione costituito da due fasi: una di natura fisica e l'altra di natura chimica. I fattori fisici si rendono necessari in quanto i grassi sono insolubili in acqua e quindi non si possono sciogliere nel succo intestinale per essere attaccati dagli enzimi. I lipidi vengono ridotti in microparticelle grazie alle proprietà tensioattive dei sali biliari prodotti dal fegato, che formano una emulsione con i lipidi alimentari. A questo punto i lipidi possono essere attaccati dagli enzimi pancreatici, che realizzano la fase chimica della digestione. A questo punto gli acidi grassi a catena lunga possono essere assorbiti per semplice diffusione, trasformati nuovamente in trigliceridi e portati ai tessuti per mezzo delle lipoproteine. Prima di essere ceduti ai tessuti, vengono nuovamente scissi in acidi grassi liberi da un enzima presente negli endoteli dei capillari. Gli acidi grassi liberi vengono quindi utilizzati per produrre energia. Tutte queste trasformazioni da trigliceridi a acidi grassi liberi si rendono necessarie a causa del fatto che i grassi sono insolubili in acqua (e quindi nel sangue), e hanno quindi bisogno di un "mezzo di trasporto", costituito da molecole proteiche come le lipoproteine. Gli acidi grassi liberi a catena corta e media, invece, vengono direttamente trasportati al fegato per mezzo delle albumine e quindi la loro digestione risulta molto più veloce, paragonabile a quella dei carboidrati. (a cura di Georgia Pinoli) 74/110 VITAMINE Il nome deriva da AMINE DELLA VITA, sostanze scoperte nel 1191 da uno scienziato polacco che riuscì a curare svariate persone da un’epidemia di beri-beri grazie alle vitamine presenti nella crusca. Le vitamine conosciute oggi sono più di 20, ma certamente se ne scopriranno altre. Le vitamine sono un gruppo di sostanze organiche indispensabili, in minime quantità, per il funzionamento del nostro organismo. Esse devono essere necessariamente introdotte con gli alimenti, poiché l’organismo non è in grado di produrle. La loro carenza provoca gravi malattie dette avitaminosi quasi del tutto scomparse nei Paesi industrializzati ma ancora presenti nel Terzo Mondo. In Europa e in America sono invece più frequenti le ipovitaminosi, malattie di minor gravità, generalmente causate da una dieta squilibrata. Solitamente le vitamine vengono indicate con le lettere dell’alfabeto in base a determinate caratteristiche. Un’ulteriore divisione è data dalla loro solubilità: le vitamine idrosolubili (solubili nell’ acqua) e vitamine liposolubili (solubili nei lipidi). Si classificano anche in funzione del loro comportamento al calore in termostabili (resistono al calore) e termolabili (volatilizzano all’aumentare della temperatura). (a cura di Arianna Vecchi) 75/110 VITAMINE LIPOSOLUBILI Le vitamine liposolubili, cioè solubili nei grassi, sono accumulabili nell’organismo e non vengono eliminate facilmente. Per questo motivo, l’assunzione eccessiva può portare a livelli tossici in determinate zone di deposito: nel fegato (dove si accumula la vitamina A) o nel tessuto adiposo (dove si deposita la vitamina D). Se, addirittura, si accumulano in grandi quantità e per un lungo periodo possono causare seri problemi alla salute. Le principali vitamine liposolubili sono la vitamina A, D, E, K, che ritrovano prevalentemente all’interno di carne, pesce, latte, uova, e ovviamente nella frutta e nella verdura. Vitamina A Svolge un'azione protettiva delle mucose e degli epiteti in genere, concorrendo a potenziarne il valore di barriera alle infezioni. La vitamina A inoltre favorisce la crescita, favorendo lo sviluppo scheletrico. Vitamina D Regola il bilancio di calcio dell'organismo aumentando il livello ematico attraverso un aumento dell'assorbimento intestinale. La maggior quantità di calcio disponibile viene immagazzinata nel tessuto osseo Vitamina E Influisce sulla stabilizzazione delle membrane cellulari e dei depositi di grasso. Inoltre ricopre un ruolo importante nella biogenesi di alcuni organelli intracellulari Vitamina K La vitamina K ha azione antiemorragica, favorendo la produzione dei fattori di coagulazione da parte del fegato VITAMINE IDROSOLUBILI Le vitamine idrosolubili, cioè solubili in acqua, sono quelle di cui l’organismo ha necessità quotidiana, poiché non vengono immagazzinate nel corpo, ma costantemente eliminate atraverso l’urina, le feci e il sudore. Le principali vitamine idrosolubili sono le vitamine del gruppo B, la vitamina C Vitamina B1 o TIAMINA: Si trova abbondantemente nei vegetali. Ha un ruolo essenziale nel metabolismo dei carboidrati, intervenendo in decine di reazioni a catena. 76/110 Vitamina B2 o RIBOFLAVINA Viene assorbita nell'intestino tenue e trasportata nel fegato e in altri tessuti, dove si trasforma in coenzima Flavinmono nucleotide (FMN) e Flavindinucleotide (FAD) intervenendo in reazioni di ossidoriduzione importanti nel quadro metabolico energetico cellulare. Vitamina B6 Partecipa al metabolismo dei glucidi e degli acidi grassi essenziali, degli aminoacidi e di sostanze azotate. Vitamina B12 E' necessaria soprattutto nella produzione di globuli rossi , di conseguenza il segno più evidente della sua carenza è una forma di anemia. Vitamina B5 o acido pantotenico E' il precursore del coenzima A, che è determinante per il metabolismo dei carboidrati, degli aminoacidi e degli acidi grassi. Vitamina B9 o acido folico Agisce sul metabolismo di quasi tutte le reazioni in cui un singolo atomo di carbonio debba passare da una molecola all'altra: interviene ad esempio nella sintesi del DNA, nel metabolismo degli aminoacidi e nella riparazione dei cromosomi Vitamina B8 o biotina E' una vitamina idrosolubile del gruppo B contenente zolfo. Svolge un ruolo fondamentale nel metabolismo di lipidi, glucidi e proteine ed in particolare è un coenzima in diverse carbossilasi. Vitamina PP o Vitamina B3 Partecipa come coenzima alla catena respiratoria, e agisce inoltre da cofattore nell'ossidazione degli acidi grassi ed in un gran numero di reazioni di ossidoriduzione con la funzione di cedere o acquistare ioni idrogeno. Vitamina C Impedisce l'ossidazione dei tessuti corporei bloccando i radicali liberi dell'ossigeno. E' inoltre fondamentale nella formazione dei tessuti connettivi (collageni). (a cura di Silvia Tonelli e Arianna Vecchi) 77/110 LA VITAMINA D La vitamina D è una vitamina liposolubile (solubile nei lipidi) con il compito di stimolare l'assorbimento a livello intestinale del calcio e del fosforo, favorendo la mineralizzazione della matrice ossea ed è quindi basilare per la formazione del tessuto osseo e dei denti. La forma endogena della vitamina D viene sintetizzata dalla cute durante l’esposizione alla luce solare. Se tuttavia la sintesi endogena risulta insufficiente, può essere assunta attraverso alcuni alimenti: il latte è la migliore fonte alimentare, ma lo sono anche uova, formaggio, yogurt, burro, rosso d’uovo, pesci grassi, olio di fegato di merluzzo. Fabbisogno Una alimentazione corretta e varia insieme ad una esposizione giornaliera di almeno 15 minuti alla luce solare è normalmente sufficiente affinché ci sia, negli adulti, una adeguata produzione di vitamina D per coprire le richieste dell'organismo. Negli anziani la sintesi endogena è minima ed è raccomandato un apporto di 10 µg/giorno. Carenza ALIMENTI QUANTITÀ IN 100 GRAMMI olio di fegato di merluzzo 210 µg pesci grassi: salmone, tonno, sgombro, sardine e aringa 25 µg fegato 0,90 µg burro 0,75 µg formaggi grassi 0,5 µg tuorlo d'uovo 1,75 µg Il ruolo principale della vitamina D è quello di conservare uno scheletro sano. La sua carenza provoca, così, nel bambino il rachitismo, debolezza muscolare e deformazioni delle ossa e nell’adulto l’osteomalacia, caratterizzata da fragilità delle ossa, che può degenerare in osteoporosi. In forma lieve si evidenza una diminuita concentrazione nel siero di calcio e fosforo. In caso di assunzione esterna di vitamina D è consigliato di non superare il livello massimo di 50 µg/giorno. 78/110 La carenza, che è particolarmente grave nel 27% delle ultrasessantenni del Paese, è più frequente nelle regioni centrali della penisola e nelle fumatrici. Sono, invece, più protette le donne che consumano più latticini e che più si espongono al sole. Ma l’importanza della vitamina non si limita alle ossa. L’attenzione dei ricercatori si sta concentrando sulla sclerosi multipla e sull’artrite reumatoide. Sembra, infatti, che l’uso della sostanza, anche in forma di integratori, comporti meno rischi di sclerosi multipla. Uno studio rivela che assumendo la dose giornaliera raccomandata di questa vitamina, la probabilità di contrarre la malattia è quasi dimezzata. Eccessi Non bisogna però esagerare; un eccesso di vitamina D può provocare manifestazioni tossiche, a carico, per esempio, del sistema neuromuscolare e di quello gastrointestinale. (a cura di Lorenzo Sichel) 79/110 LA VITAMINA A Vitamina A - Retinolo - Provitamina A - Betacarotene dove si trova olio fegato di merluzzo, fegato, burro, latte intero, formaggio, uova, carote, meloni, albicocche, spinaci, cachi, zucca, patate dolci. E’ una vitamina liposolubile: facilita l'adattamento alla visione notturna, mantiene la salute e l'elasticità della pelle, dei capelli e delle mucose, aumenta la resistenza alle infezioni, combatte i radicali liberi. La vitamina A preformata o Retinolo (detta anche la vitamina dell’accrescimento) necessita di grassi e minerali per il suo assorbimento. Si trova esclusivamente negli alimenti di origine animale: le migliori fonti sono l’olio di fegato di merluzzo, il fegato essiccato, il rosso d’uovo, il burro crudo. Una curiosità: nell’olio di fegato di passera di mare si trova un quantitativo di vitamina A, dieci volte superiore a quello reperibile tramite l’olio di fegato di merluzzo. La Provitamina A (più nota come Beta Carotene) si trova nei vegetali gialli, arancio o nella clorofilla verde delle piante (il cui colore verde maschera il suo colore giallo/arancio caratteristico). La provitamina viene trasformata in vitamina A dal fegato e dalle pareti intestinali: quindi in presenza di difficoltà intestinali o epatiche, non si riesce a scomporre il BetaCarotene e si rischia una carenza di vitamina A (molto comune ai giorni nostri). Questo solitamente può succedere anche nelle persone diabetiche, ed essere causa di invecchiamento precoce delle arterie. La vitamina A aiuta a combattere le infezioni alzando le difese immunitarie. Il raffreddore "che non passa mai", può essere sintomo di carenza di vitamina A. 80/110 Eccessi Alte dosi e per tempi prolungati possono dare fenomeni di ipervitaminosi con gli stessi sintomi della carenza e cioè: ritardi della crescita, cattiva visione notturna, malattie della pelle, secchezza delle mucose e del sistema respiratorio. Carenze I sintomi di un’eventuale carenza sono: infezioni ricorrenti, infiammazione occhi (congiuntivite), incapacità di vedere bene al crepuscolo, cecità notturna, occhi stanchi dopo la lettura, otiti, secchezza mucosa della bocca e del sistema respiratorio, secchezza mucosa uro-genitale, bronchiti, pelle dura, acne, sintomi nervosi, problemi gengivali, ecc. La perdita dell’udito, la perdita dell’odorato, la perdita del gusto e la cecità notturna devono far subito pensare ad una carenza di vitamina A, ancor più se parliamo di persone che hanno superato "l’età della giovinezza": i nostri nonni non sono sordi o ciechi per gli anni che pesano sulle loro spalle. Manca solo loro una buona integrazioni di vitamina A. La carenza di vitamina A è preceduta, specialmente nei bambini, da raffreddori e disturbi respiratori. Ad ogni respiro l’aria passa attraverso le fosse nasali rivestite di peli e muco che servono a trattenere particelle estranee. Tale rivestimento dipende dalla vitamina A ed in sua assenza l’inquinamento può invadere i polmoni. La vitamina A aiuta a sconfiggere le infezioni perché assicura la robustezza delle pareti cellulari ed aiuta ad impedire la penetrazione dei virus nelle cellule: in pratica è la nostra "armatura" della salute. (a cura di Lorenzo Sichel) 81/110 I SALI MINERALI Le funzioni dei sali minerali sono numerose e specifiche. Alcuni come il calcio e il fosforo hanno funzioni plastiche essendo costituenti di alcune strutture corporee (ossa, denti); altri hanno funzione regolatrice. Essi sono eliminati dall’organismo con le urine, le feci e il sudore ed è quindi necessario introdurli con gli alimenti. Possiamo distinguere due tipi di sali minerali: gli elementi principali come il calcio e il fosforo; gli oligoelementi come il ferro e lo zinco che nel nostro organismo si presentano in quantità molto piccole ; il loro fabbisogno è nell’ordine del milligrammo giornaliero o anche meno. I sali minerali sono sostanze micronutritive che non forniscono direttamente energia (a differenza di carboidrati, lipidi e proteine), ma la loro presenza è necessaria perché possano avvenire reazioni con liberazioni d’energia. L’organismo non è in grado di sintetizzare alcun sale minerale ed è quindi necessario introdurli con gli alimenti e bevande. I sali minerali si possono dividere in macroelementi ed in microelementi MACROELEMENTI Sodio. Svolge un’azione di regolazione dell’equilibrio acidobase e del bilancio idrosalino. E’ fondamentale per il funzionamento del sistema nervoso. Potassio. Interviene nella trasformazione nervosa e nella regolazione dell’equilibrio acido-base e del bilancio idrico nell’organismo. Calcio. Elemento chimico che svolge nell’organismo varie e importanti funzioni: entra nella composizione delle ossa e dei denti, partecipa ai meccanismi della coagulazione ematica, permette gli scambi materiali attraverso la membrana delle cellule. Durante la gravidanza e l’allattamento è necessario un aumento del fabbisogno di calcio dell’organismo. Fosforo. È presente nel sangue. E’ un elemento strutturale delle ossa, dei denti e delle cellule. Numerose malattie si accompagnano a squilibri del metabolismo; ne sono l’esempio l’osteoporosi, il rachitismo. Cloruro di sodio. Regola il bilancio idrico e produce acido cloridrico nello stomaco. Magnesio. Funge da attivatore enzimatico e agisce da modulatore dell’attività elettrica della muscolatura. 82/110 MICROELEMENTI Ferro. Il compito principale del ferro è legare l’ossigeno nelle molecole dell’emoglobina e in altri trasportatori d’ossigeno. Anche se ogni minuto perdiamo migliaia di globuli rossi, il 90% del ferro in loro contenuto è riciclato quando loro, ormai vecchi, transitano nel fegato. Il 10% invece va perso, per questo il nostro corpo ha bisogno di un rapporto di alcuni milligrammi al giorno. Zinco. E' coinvolto nella produzione, deposito e secrezione dell’insulina. Rame. E’ un costituente fondamentale degli enzimi coinvolti nel metabolismo del ferro e nella produzione di sangue. Magnesio. È indispensabile per il funzionamento di alcuni enzimi. Iodio. Rientra nelle composizioni della tiroxina, Cromo. Costituente di alcuni enzimi, è coinvolto nel metabolismo del glucosio e in generale nel metabolismo energetico. Selenio. Svolge la sua funzione in associazione con la vitamina E, proteggendo le cellule dai danni dell’ossidazione ed ostacolando la formazione dei radicali liberi. Altri minerali come litio, vanadio, nichel, arsenio, piombo, silicio sono detti “elementi traccia” perché presenti in concentrazioni inferiori al microgrammo. Quantità di sali minerali in alcuni alimenti mg Fegato, olive 12,6 Fagioli borlotti, secchi, crudi 9,0 Lenticchie, secchi, crudi 8,0 Ceci, secchi, crudi 6,4 Cozza e mitilo 5,8 Basilico 5,5 Cioccolato fondente 5,0 Albicocche, secche 5,0 Uovo, tuorlo 5,0 Lievito di birra 4,9 (a cura di Sakinat Saladinova) 83/110 ACQUA Il 60% del peso corporeo è rappresentato dall'acqua. Questa percentuale è superiore nell'infanzia e diminuisce con l'avanzare dell'età e con l'aumento dei depositi adiposi. L'acqua è il solvente fondamentale per tutti i prodotti della digestione, regola il volume cellulare, la temperatura corporea, è essenziale per eliminare dall'organismo tutte le scorie metaboliche e permette il trasporto dei nutrienti. NON FORNISCE ENERGIA!!! Fonti alimentari All'acqua che introduciamo con alimenti e bevande occorre aggiungere circa 350 ml prodotti ogni giorno dalla respirazione cellulare. Fabbisogno Non è possibile stabilire per l'acqua un fabbisogno giornaliero in quanto la necessità varia con clima, età, dieta e attività. Un apporto giornaliero di acqua compreso fra 1 ml/Kcal e 1,5 ml/Kcal di energia spesa nell'adulto permette di bilanciare le perdite e di rendere il carico dei soluti tollerabile per i reni. Soprattutto nel bambino occorre controllare che si abbia un apporto di 1,5 ml/kcal di energia spesa, essendo maggiore la quantità d'acqua per unità di peso e minore la capacità renale. Anche gravidanza ed allattamento comportano un maggiore fabbisogno di acqua. Carenza Perdite di acqua si hanno fisiologicamente con respirazione, sudorazione, minzione; patologicamente con vomito e diarrea. La disidratazione può determinare scompensi che vanno dai crampi alle allucinazioni e alla perdita di coscienza. Riduzioni idriche per il 20% del peso corporeo sono incompatibili con la vita; al contrario, un eccesso di contenuto idrico corporeo può dare sintomi neurologici. Anche per l’acqua, quindi, è necessario rispettare i valori bilanciati in ingresso e in uscita. (a cura di Carol Maninetti) 84/110 ALCOOL Il costituente principale delle bevande alcoliche è l'alcool etilico o etanolo che, pur possedendo un notevole potere energetico (ogni grammo fornisce circa sette calorie), non è una sostanza indispensabile. L'abuso di alcool è estremamente pericoloso in quanto, oltre a provocare dannosi squilibri nutritivi e seri rischi di malnutrizione, può creare problemi di dipendenza e di tossicità, con gravi complicazioni morbose (a carico soprattutto del fegato, del pancreas, del sistema cardiocircolatorio, dello stomaco, del sistema nervoso, ecc.) e con un aumento del rischio di sviluppo di tumori. Bisogna ricordare, peraltro, che il vino è parte integrante della tradizione alimentare italiana, e che un suo appropriato consumo - ossia in quantità moderate e durante i pasti- sembra poter esercitare qualche effetto favorevole e anche protettivo sull'apparato digerente e soprattutto su quello cardiovascolare. Chi sta bene, gode di buona salute, non è obeso e desideri concedersi il piacere del consumo di bevande alcoliche, può quindi farlo, purché in misura moderata ed accorta, e attenendosi ai seguenti criteri: ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ la dose quotidiana di alcool considerata accettabile corrisponde a circa 0,6 g per chilogrammo di peso corporeo. va tenuta presente la notevole variabilità individuale nella tolleranza all'alcool: infatti alcuni individui sono geneticamente meno capaci di metabolizzarlo e dovrebbero quindi limitarne di molto il consumo o astenersene nei casi in cui non si consumi solo vino, bisogna imparare a tener conto di tutte le occasioni di ingestione di bevande alcoliche; bere con moderazione non significa soltanto bere poco, ma anche non bere in maniera troppo ravvicinata, permettendo così al nostro organismo di smaltire meglio l'etanolo. bisogna usare particolare cautela in certe fasi della vita. Ad esempio, nell'infanzia, nell’adolescenza e durante la gestazione e l'allattamento occorre evitare del tutto l'uso di bevande alcoliche, perché l'alcool passa attraverso la barriera placentare e viene secreto nel latte. Nell'anziano i sistemi di metabolizzazione dell'etanolo diminuiscono in ma niera rilevante, ed è perciò consigliabile una riduzione del consumo di alcolici. 85/110 In conclusione, consumare bevande alcoliche con moderazione può rimanere un piacere senza causare danni, e può anzi favorire -con particolare riguardo al vino ed alla birra- qualche effetto positivo. Tutto questo a patto che ci si attenga ai limiti e alle modalità di consumo suggerite. ALCUNE REGOLE DI COMPORTAMENTO Se si desidera consumare bevande alcoliche, farlo con moderazione, preferibilmente durante i pasti secondo la tradizione italiana, o in ogni caso immediatamente prima o dopo mangiato Tra tutte le bevande alcoliche, dare la preferenza a quelle a basso tenore alcolico (vino e birra) Un particolare invito alla MODERAZIONE o all'ASTENSIONE va rivolto a chi debba mettersi alla guida di autoveicoli o a chi, dovendo fare uso di macchinari delicati o pericolosi, abbia bisogno di conservare intatte attenzione, autocritica e coordinazione motoria. Quando si assumono farmaci, il consumo di alcool va evitato o ridotto, a meno che non si sia ottenuta esplicita autorizzazione da parte del proprio medico curante. Consumo di alcool g/giorno/persona (a cura di Arianna Vecchi) 86/110 I FABBISOGNI ALIMENTARI Nelle varie fasi dello sviluppo umano il nostro corpo necessita di un apporto di elementi nutritivi differenti. Elenchiamo di seguito il fabbisogno energetico, glucidico, lipidico e proteico, in relazione alle diverse fasce di età e alla attività fisica svolta. Distribuzione dei nutrienti nella giornata per un soggetto che svolge attività fisica intensa. 30% Carboidrati Proteine 60% 10% Lipidi Distribuzione dei nutrienti nella giornata per un soggetto che svolge poca attività fisica. 20% Carboidrati Proteine 15% 65% Lipidi Come tutte le diete, anche questa deve essere collegata al fabbisogno energetico di ogni persona (considerato come la quantità di energia consumata, sia per mantenersi in vita, sia per realizzare tutto ciò che deve svolgere nella vita quotidiana) 87/110 Fabbisogno energetico Il fabbisogno energetico del bambino è più elevato di quello dell'adulto sia per la maggiore dispersione calorica dovuta alla superficie corporea proporzionalmente più grande, sia per il più attivo metabolismo dei vari organi in fase di crescita. Il costo energetico per lo sviluppo va anch'esso riducendosi verso l'età adulta, benchè si mantenga ancora alto nel periodo della pubertà, cioè intorno alle 5 calorie per grammo di tessuto neoformato. Nel periodo dell'adolescenza va tenuto in debito conto il dispendio energetico, dovuto alla maggiore attività fisica, sportiva e ricreativa, svolta nell'età scolare. Sommando tutti questi valori si raccomandano dai 12 ai 16 anni circa 2600 kilocalorie per i ragazzi e 2200 kilocalorie circa per le ragazze. Per un anziano si raccomanda una assunzione giornaliera che preveda una riduzione delle calorie tenuto conto della minore attività fisica e del diverso metabolismo. Fabbisogno glucidico I carboidrati sono di origine quasi esclusivamente vegetale e comprendono amidi, zuccheri e cellulosa. L'organismo del bambino ha la capacità di digerire e assorbire il saccarosio e il maltosio fin dai primi mesi di vita, comunque lo zucchero meglio utilizzato dal bambino è il lattosio, che tra l'altro favorisce l'assorbimento intestinale di cal- 88/110 cio. I glucidi debbono essere assolutamente presenti perché soddisfano per la maggior parte il fabbisogno energetico. E' raccomandabile, nell'età senile che la quota del 60% non venga superata essendo nota la diminuita tolleranza glucidica. Fabbisogno lipidico Il fabbisogno lipidico è espresso in rapporto alle calorie introdotte. I grassi rappresentano le sostanze energetiche per eccellenza. La maggior parte dei grassi sono composti da glicerolo e da acidi grassi, chiamati trigliceridi. I grassi possono essere di origine animale o vegetale. I primi sono costituiti in gran parte da grassi saturi e generalmente sono solidi (es. lardo); i secondi prevalentemente da grassi insaturi sono invece liquidi (es. olio). I lipidi svolgono anche nell'alimentazione del bambino funzioni importanti in quanto danno un apporto elevato calorico, sono vettori degli acidi grassi essenziali, sono parte integrante delle membrane cellulari e di altre importanti strutture cellulari. Nell'età scolare è sufficiente una quota lipidica che rappresenti il 30-35% delle calorie totali, tenendo conto del grasso di condimento e di quello presente negli alimenti. E' assai importante che l'apporto di lipidi sia ben rappresentato nell'alimentazione dell'adolescente perché, tra l'altro, interviene nei processi di crescita dei tessuti e nell'attività delle cellule cerebrali. La quota di grassi nella dieta degli adulti non dovrebbe superare il 20-25% delle calorie totali, di cui almeno la metà costituita da lipidi contenenti acidi grassi 89/110 insaturi. Si deve raccomandare, quindi, l'uso dell'olio di oliva, di mais, e di altri alimenti che ne sono ricchi (il pesce). Fabbisogno proteico Le proteine sono la componente essenziale di tutte le forme viventi e partecipano ad ogni processo vitale dell'organismo. Contribuiscono in modo determinante alla formazione, allo sviluppo, al mantenimento e alla riparazione dei tessuti. E' risaputo che il fabbisogno energetico deve essere completamente soddisfatto se si vuole che le proteine siano ben utilizzate per le loro specifiche finalità. Le proteine vanno somministrate in quantità ottimali per il mantenimento delle attività vitali con l'aggiunta della quota necessaria per lo sviluppo durante tutto il periodo dell'adolescenza. Tale fabbisogno deve sopperire alle necessità plastiche sapendo che con l'età diminuisce il contenuto in proteine del corpo. E' raccomandabile un'alimentazione relativamente iperproteica 90/110 TABELLE DEI FABBISOGNI ENERGETICI Stima dei fabbisogni energetici giornalieri per kg di peso corporeo dei neonati e dei bambini fino a 3 anni di età ENERGIA Età (mesi) kcal / kg kJ / kg 1 115 480 3 100 420 6 96 400 9 96 400 12 96 400 18 96 400 24 96 400 30 96 400 36 96 400 Indicazione di un range di valori di fabbisogno energetico per bambini e adolescenti nei due sessi, per classe di età. Età (anni) MASCHI kcal/giorno FEMMINE kcal/giorno 0,1 334 - 575 334 - 552 0,25 440 - 710 410 - 660 0,5 605 - 902 547 - 826 0,75 710 - 1027 653 - 950 1 797 - 1133 739 - 1056 1,5 922 - 1277 854 - 1190 2 1008 - 1382 950 - 1306 2,5 1075 - 1584 1027 - 1526 3 1162 - 1699 1114 - 1651 3,5 1203 - 1739 1098 - 1629 4,5 1296 - 1863 1209 - 1784 5,5 1401 - 2027 1310 - 1932 6,5 1529 - 2226 1375 - 2038 7,5 1596 - 2378 1424 - 2161 8,5 1643 - 2504 1419 - 2264 9,5 1680 - 2645 1410 - 2401 10,5 1907 - 2213 1666 - 1924 11,5 1991 - 2340 1737 - 2046 12,5 2086 - 2479 1816 - 2175 13,5 2230 - 2687 1878 - 2219 14,5 2274 - 2791 1862 - 2294 15,5 2393 - 2976 1898 - 2338 16,5 2473 - 3117 1928 - 2386 17,5 2512 - 3211 1940 - 2408 91/110 Indicazione di un range di valori di fabbisogno energetico per adulti italiani funzione del peso e del tipo di attività condotta. (18-60 anni) in UOMINI Peso (kg) Fabbisogno (kcal/giorno) Attività leggera Attività moderata Attività pesante 55 - 60 2140 - 2250 2575 - 2715 3045 - 3205 60 - 65 2220 - 2360 2675 - 2840 3160 - 3360 65 - 70 2300 - 2465 2770 - 2975 3280 - 3515 70 - 75 2380 - 2575 2870 - 3100 3395 - 3670 75 - 80 2465 - 2680 2970 - 3230 3510 - 3825 80 - 85 2545 - 2790 3070 - 3360 3630 - 3975 DONNE Peso (kg) Fabbisogno (kcal/giorno) Attività leggera Attività moderata Attività pesante 40 - 45 1540 - 1730 1690 - 1900 1875 - 2110 45 - 50 1645 - 1795 1805 - 1970 2000 - 2185 50 - 55 1750 - 1855 1920 - 2040 2130 - 2260 55 - 60 1855 - 1960 2035 - 2150 2260 - 2385 60 - 65 1920 - 2060 2105 - 2265 2340 - 2510 65 - 70 1980 - 2165 2175 - 2380 2410 - 2640 Indicazione di un range di valori di fabbisogno energetico per la popolazione anziana italiana. UOMINI Età DONNE Fabbisogno (kcal/giorno) Con attività (anni) auspicabile fisica Senza attività fisica Con attività auspicabile auspicabile fisica Senza attività fisica auspicabile 60 -74 2030 - 2435 1885 - 2260 1735 - 2040 1600 - 1880 >75 1925 - 2210 1695 - 1945 1680 - 2000 1475 - 1755 92/110 GRAFICI RELATIVI AL PESO IDEALE IN RAPPORTO ALL’ ALTEZZA Valori di riferimento per peso e statura validi per bambine e bambini italiani. Età MASCHI FEMMINE Anni Statura (cm) Peso (kg) Statura (cm) Peso (kg) 0,1 53,1 4 52,7 3,8 0,25 60,2 5,9 59,1 5,5 0,5 67,3 7,8 65,7 7,3 0,75 71,6 9,2 70 8,5 1 75,5 10,1 74 9,5 1,5 82 11,4 80,6 10,8 2 87,2 12,6 85,9 12 2,5 91,6 13,7 90,4 13,1 3 96 14,7 94,8 14,1 3,5 99,1 15,7 98,1 15,2 4,5 106,2 17,5 105,5 17,2 5,5 112,6 19,7 111,8 19,4 6,5 118,9 22,1 118 21,7 7,5 124,8 24,7 123,9 24,1 8,5 130,4 27,1 129,3 26,9 9,5 135,7 30,1 134,8 30,3 10,5 140,6 33 140,6 33,9 11,5 145,6 36,6 146,8 37,4 12,5 150,5 41 153,2 43,1 13,5 158,3 46,8 158,1 47,9 14,5 165,8 53 160,9 50,7 15,5 171,4 58,4 162,4 52,6 16,5 174,3 62,5 163,7 54,4 17,5 175,7 66 163,8 55,3 93/110 IL PESO FORMA Il mantenimento del peso forma o del peso ideale è il primo vincolo che deve rispettare una corretta alimentazione. Non si può dire di "mangiare bene" se si è soprappeso o sottopeso. La dietologia tradizionale non imposta dei vincoli precisi per il peso ideale, ma si basa sull’indice di massa corporea (IMC) per definire dei limiti, superati i quali l’individuo può essere definito sovrappeso o obeso. In linea di massima si considera che il fabbisogno medio sia di 30 calorie per ogni Kg del peso corporeo ideale. L’I.M.C. (Indice di Massa Corporea) o B.M.I. (Body Mass Index) è un indice che mette in rapporto il peso corporeo con l'altezza FORMULA GENERALE : Peso (kg) : Altezza al quadrato (in m) (esempio: per un peso di 80 Kg e un’altezza di 160 cm si ha: 80 : (1,6 x 1,6) = 31,25 Questi valori valgono sia per l'uomo che per la donna > 40 Sovrappeso di 3° grado Grave obeso 30-40 Sovrappeso di 2° grado Obeso 25-30 Sovrappeso di 1° grado Sovrappeso 18,5-25 Normopeso Normale < 18,5 Sottopeso Magro L.A.R.N. L’Istituto Nazionale della nutrizione ha fissato i LIVELLI d’ASSUNZIONE RACCOMANDATI di energia e di NUTRIENTI (L.A.R.N.) per la popolazione italiana. I valori dei L.A.R.N. sono soggetti a periodiche revisioni da parte di un’apposita Commissione, per tener conto dei mutamenti che avvengono sia nel tipo di attività lavorativa svolta, sia nelle abitudini alimentari. 94/110 UOMINI Età Statura (cm) Peso (kg) Energia (Kcal) Proteine (g) 1-3 93 14 1450 24 4-6 112 20 1850 31 7-9 129 27 2100 41 10-12 145 37 2250 55 13-15 162 51 2550 77 16-18 173 64 2800 81 18-30 175 67 3050 68 30-60 171 65 2900 66 > 60 169 63 2000 64 DONNE Età Statura (cm) Peso (kg) Energia (Kcal) Proteine (g) 1-3 91 13 1350 22 4-6 111 19 1650 29 7-9 128 27 1900 41 10-12 146 38 2000 57 13-15 160 51 2150 69 16-18 163 56 2200 66 18-30 163 55 2150 56 30-60 161 54 2150 55 > 60 159 52 1700 53 95/110 SUDDIVISIONE DELL’ENERGIA NEI PASTI DI UNA GIORNATA Mangiar bene non vuol dire soltanto mangiar “cose buone”, ma vuol dire anche distribuire bene l’apporto nutritivo degli alimenti nel corso dell’intera giornata. Alimentarsi correttamente durante il giorno serve a non restare a corto d’energia. Un’alimentazione equilibrata deve essere ripartita in più pasti. I pasti dovrebbero essere almeno tre al giorno (colazione pranzo e cena) ma, soprattutto per i ragazzi è accettabile anche una maggior diluizione (si aggiungono lo spuntino di metà mattino e la merenda del pomeriggio). Una corretta ripartizione calorica è quella illustrata nel grafico. Distribuzione di energia nella giornata 25% 25% Colazione Spuntino Pranzo 10% 10% 30% Merenda Cena La prima colazione del mattino deve essere nutritivamente valida per assicurare all’organismo tutte le energie di cui ha bisogno durante le ore di lavoro o di scuola,. Su questo punto variano molto le abitudini alimentari dei diversi Paesi. In Italia la colazione del mattino si compone di solito di caffè, latte o tè accompagnati da pane, burro, marmellata, biscotti o brioches. Gli adulti, spesso, hanno la cattiva abitudine di bere solo un caffè. Il pranzo (o seconda colazione) è ancora da noi il pasto principale della giornata, deve quindi essere nutritivamente ricco, ma non eccessivo. Le abitudini alimentari però stanno rapidamente cambiando, specialmente nelle grandi città, dove l’adozione dell’orario continuato in molte aziende ed uffici, costringe le persone a pranzare fuori casa. In questa situazione, il pranzo non è più il pasto principale della giornata che sarà consumato invece la sera si compone di piatti unici o panini consumati veloce- 96/110 mente nei locali detti all’americana fast food o, più all’italiana, paninoteche o simili. Molte voci si sono levate contro questo modo di consumare i pasti, ma i nuovi ritmi di lavoro comportano sicuramente delle diverse soluzioni alimentari. La cena deve essere nutritivamente meno ricca rispetto al pranzo, se questo mantiene la funzione di pasto principale, altrimenti sarà proprio la cena ad assumere il ruolo di maggior importanza Lo spuntino di metà mattino e la merenda dovrebbero essere a base di frutta o di yogurt. 97/110 REGOLE PER UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE La frutta e verdura Frutta e verdura sono alimenti importantissimi per un’alimentazione sana, perché contengono tante vitamine e sali minerali. Un consumo regolare di frutta e verdura previene la formazione di tumori e aiuta a mantenere l’organismo in salute, per questo si dovrebbero mangiare ogni giorno almeno due porzioni di frutta e di verdura. Per evitare la perdita delle vitamine e dei sali minerali, la frutta andrebbe mangiata con la buccia (dopo averla lavata bene), perché è proprio nella parte più esterna che si trova la quantità maggiore di sostanze nutrienti. Frutta e verdura mantengono meglio le loro proprietà se sono consumate crude. Se però dovessero essere cotte, si consiglia sempre di non tagliarle a pezzi troppo piccoli, di non metterle in ammollo in acqua e di cuocerle poco a temperatura non troppo elevata. Grassi Va ridotto il consumo dei grassi animali (burro, formaggi, salumi) in quanto sembrano favorire i tumori del colon, della mammella e della prostata. Sì a carne magra e tanto pesce, pollo o tacchino senza pelle. Per condire usiamo l'olio extra vergine di oliva. Abituiamoci anche ad usarlo per friggere (non esageriamo coi fritti!), cambiandolo però dopo ogni frittura! I salumi oltre ad essere grassi sono anche conservati con nitrati che possono favorire la formazione di sostanze cancerogene nello stomaco. L'aumento di peso Controllando i grassi ed i dolci, diminuisce anche il rischio di un eccessivo aumento di peso. L'obesità aumenta il rischio di possibilità di ammalarsi di tumore. Facciamo anche attività fisica o almeno camminiamo molto o andiamo in bicicletta. L'alcool Troppo alcool etilico non fa bene ed è presente non solo in tutti i super alcolici, ma anche nel vino e nella birra. Il vino fa bene solo se preso in piccole dosi. Gli uomini non ne devono bere mai più di 3 bicchieri al giorno, mentre le donne non più di 2. Un bicchiere di vino contiene la stessa quantità di alcool etilico (circa 10 g) di una lattina di birra o di un bicchierino di liquore. 98/110 Basare l'alimentazione quotidiana su cereali e legumi Preferire prodotti che non abbiano subito importanti trattamenti industriali. In generale le verdure si sono rivelate più protettive della frutta in particolare per i tumori all'intestino. Quando si ha fame in qualunque momento della giornata mangiare 3 o 4 fette di pane integrale, per intenderci quello nero che si trova in tutti i supermercati. Evitate il pane fatto con farine 00 e zuccheri raffinati. È raccomandabile pasta di grano duro. Norme igieniche Lavare molto bene frutta e verdura prima del loro consumo. Non lasciare a lungo cibi deteriorabili a temperatura ambiente, ma conservarli in frigorifero. In particolare non lasciare fuori dal frigorifero verdure cotte, minestroni, ravioli, perché si possono formare sostanze cancerogene. Additivi e conservanti Certi additivi alimentari possono essere pericolosi, così come i residui dei diserbanti ed insetticidi. Nel nostro Paese la presenza di additivi e contaminanti è controllata e contenuta. Molto meglio comunque privilegiare frutta e verdura di stagione, normalmente meno contaminata, e cibi freschi. Metodi di cottura Vanno tutti bene. Evitare però il consumo abituale di carne, pesci o verdure cotti ad elevate temperature, alla griglia od affumicati. Integratori alimentari Per chi segue queste raccomandazioni ogni integratore alimentare o supplemento vitaminico è inutile. Comunque, non fumare!!! (Suggerimenti del Prof. Carlo La Vecchia dell'Istituto Mario Negri di Milano) 99/110 LA DIETA MEDITERRANEA (Il piatto della salute) Sono certamente diversi i fattori che influenzano il nostro comportamento in materia di alimentazione: le nostre preferenze ed i nostri bisogni personali, il nostro stato di salute, l’ambiente sociale che ci circonda, l’offerta presente sul mercato, la pubblicità, ecc. La combinazione di questi fattori consente di ottenere un’alimentazione sana ed equilibrata, che fornisca all’organismo una giusta quantità di principi nutritivi, necessari a garantire il mantenimento della salute e dell’efficienza fisica. A tal fine è necessaria l’assunzione di elementi nutritivi, quali carboidrati, grassi e proteine, che devono essere quotidianamente ingeriti in quantità adeguate. Un modello di alimentazione adatta alle esigenze dell’organismo può essere rappresentato della “dieta mediterranea”. In base a studi compiuti negli anni ’50 si è rilevato che le popolazioni del bacino mediterraneo, che si cibano in prevalenza di pasta, pesce, prodotti ortofrutticoli e utilizzano quasi esclusivamente olio di oliva come condimento, presentano una più bassa percentuale di mortalità rispetto ad abitanti di paesi come la Finlandia o l’Olanda, dove il regime alimentare quotidiano include molti grassi saturi (burro, strutto, latte, carne rossa....). La dieta mediterranea consiste nell’utilizzo di: 60-65% CARBOIDRATI (cereali, pasta, pane) 30-20% GRASSI (olio di oliva, burro, strutto) 10-15% PROTEINE (carne, pesce, legumi) 100/110 LE TRE LEGGI DELL'ALIMENTAZIONE Non è possibile proporre un modello alimentare valido eliminando completamente un cibo o un gruppo di cibi. Infatti, ogni alimento ha delle proprietà che si perdono una volta che viene escluso dalla dieta. Una ricerca seria deve trovare leggi alimentari che non aboliscano drasticamente alcuni cibi, ma che, se seguite con costanza, risolvano i problemi del soggetto a cui è destinata. Prima legge dell'alimentazione: Il regime alimentare deve portare il soggetto ad avere una massa grassa inferiore al limite di sovrappeso. Questa legge sembra semplice e banale, ma è la legge antiobesità: è inutile fare esperimenti e statistiche su soggetti in sovrappeso, quando si sa ormai per certo che l'obesità è un fattore di rischio per moltissime patologie. Uno stesso alimento può causare danni differenti a seconda che si tratti di una persona obesa o di un soggetto con una corretta massa grassa; quest'ultima è raggiungibile se non viene assunta una quantità eccessiva di grassi saturi, comportamento tipico di chi normalmente ha un'alimentazione errata. Il limite di sovrappeso è del 15% per gli uomini e del 22% per le donne (compreso il grasso essenziale). Seconda legge dell'alimentazione: Il regime alimentare deve rispettare la corretta ripartizione dei macronutrienti. In questo caso si deve stabilire una ripartizione: 50% di carboidrati, 20% di proteine, 30% di grassi per il soggetto che svolge un'intensa attività fisica; 60% di carboidrati, 15% di proteine, 25% di grassi per il fabbisogno giornaliero del soggetto che non svolge attività fisica. Terza legge dell'alimentazione: Il regime alimentare deve rispettare i valori consigliati per i micronutrienti. La situazione attuale è di fissare per i micronutrienti (vitamine, minerali ecc.) una dose giornaliera consigliata. Quando si fa un esame del sangue, vicino ai propri valori si trova un intervallo di normalità. L'errore che molti commettono quando parlano di integrazione è quello di assegnare ad ogni sostanza un valore fisso, come se tutti fossero uguali. (a cura di Elettra Chiarabelli) 101/110 FAST FOOD O SLOW FOOD Il fast food, o cibo da strada, è sempre esistito in moltissime culture poiché l'esigenza di mangiare fuori casa in breve tempo è sempre stata presente anche prima dell'avvento della vita frenetica e super impegnata dei giorni nostri. Non tutti sanno, per esempio, che storicamente il tanto famoso sushi non è altro che il fast food giapponese. Quindi di per sè il fast food non ha nulla di negativo, lo è diventato da quando la qualità delle proposte è diventata pessima, e questo non vale solo per il Mc Donald's, ma per la maggior parte delle proposte di bar e fast food, anche all'italiana. Per questo la contrapposizione fast food - slow food non funziona, ovvero non garantisce la salubrità degli alimenti. Il movimento Slow food nato in Piemonte nel 1986 con l'obiettivo di opporsi a tutte quelle abitudini moderne che tendono a cancellare il piacere della tavola, si è sempre scagliato con forza contro il fast food (specialmente quello in stile americano) proponendosi come come alternativa salutare a un modello di comportamento alimentare e di stile di vita che porta al peggioramento della qualità della vita stessa. Fast life? Sì grazie! La filosofia "slow" si è affacciata non solo nel campo del cibo, ma anche di quello della vita in generale come antidoto allo stress di una vita moderna fatta di mille impegni che mettono a dura prova le nostre capacità di gestione del tempo. Sinceramente, io penso che queste filosofie si basino molto semplicemente sul "gettare la spugna", ovvero nel dire: "non riesco a gestire lo stress, allora rallento". Ma rallentare non necessariamente è una caratteristica positiva: per quanto mi riguarda rallentare significa fare meno cose, vivere una vita più povera, con meno interessi, meno divertimenti. In parole povere: una vita peggiore! Meglio rafforzare il fisico e abituarlo a gestire una mole di impegni maggiore, piuttosto che mordere il freno e vivere più lentamente! Io ritengo che la mia vita (anche alimentare) è molto fast e questo non mi dispiace affatto! Mangiare slow non significa mangiare sano Slow food non ha alcun intento salutistico, anche se spesso lo si vorrebbe far credere. Additare il cibo servito nei fast food (supportato dai nutrizionisti tradizionalisti) come un alimento troppo ricco di calorie e di grassi e quindi come una delle cause del sovrappeso è un grave errore. 102/110 Basta valutare un qualunque piatto della cucina tradizionale per capire che, a livello calorico, siamo sullo stesso piano, se non peggio. Chi mangia slow non è necessariamente attento alle calorie, anzi lo stare molto a tavola, il promuovere il cibo come mezzo di socializzazione e come elemento che genera benessere, non fa altro che spingere verso un consumo eccessivo che probabilmente è causa del sovrappeso più del fast food. Il sostegno dato all'enologia non si può conciliare con una visione salutistica della vita. Il consumo massimo di vino compatibile con la salute è pari a 2 bicchieri al giorno, una quantità molto inferiore al consumo medio degli italiani. Il vino sarebbe da disincentivare, non da promuovere. Qual è il vero rischio dell'approccio "slow"? È il credere che per mangiare sano sia sufficiente mangiare alimenti genuini, tradizionali, di alta qualità, tutte caratteristiche poco definite che non garantiscono un bel niente. In quanti sanno che la buonissima brioche che si fanno al mattino nel miglior bar della città al 90% contiene margarina? O che il meraviglioso salume DOP comprato in bottega contiene nitriti ecc. ...? LA SOLUZIONE? GOOD FOOD! La soluzione al dilemma di mangiare fuori si risolve semplicemente adottando un criterio di scelta salutare e scegliendo di volta in volta se e cosa mangiare, tra le alternative possibili. Alcuni consigli per chi mangia fuori: occorre stabilire dei criteri di scelta basati sulla salute, con i quali decidere se un prodotto è accettabile o meno. (controllare la presenza di tutti i principi nutritivi nelle dovute proporzioni) se un prodotto non possiede l'etichetta con gli ingredienti, li si deve chiedere al gestore del servizio oppure semplicemente non lo si sceglie; ormai esiste un ampia gamma di cibi pronti trasportabili facilmente e consumabili a temperatura ambiente. Piuttosto che mangiare cibi di scarsa qualità, meglio portarsi qualcosa da casa. (a cura di Arianna Vecchi) 103/110 GASTRONOMIA MOLECOLARE Ormai da qualche anno molti grandi chef giocano con le consistenze degli alimenti più che con il gusto, stupendo i loro clienti con piatti che hanno consistenze molto diverse da quelle originarie del prodotto. Uova crude con la consistenza della ricotta, gelati al gusto di sigaro, cocktail solidi, sono solo alcune delle proposte che vanno molto di moda di questi tempi. Questa innovazione è stata possibile grazie all'applicazione di teorie e tecnologie fino a quel momento utilizzate solo nei laboratori di fisica e chimica. La gastronomia molecolare è quella disciplina scientifica che insegna a comprendere i meccanismi che stanno alla base delle trasformazioni che avvengono negli alimenti durante la loro preparazione. LA GASTRONOMIA MOLECOLARE: MODA O STRUMENTO UTILE? La gastronomia molecolare intesa come semplice moda ha esaurito quasi subito il suo potenziale di attrazione nella gente e infatti sono molto pochi i ristoranti che propongono menù interamente "molecolari". Sinceramente un gelato al sigaro mi può incuriosire, ma preferisco senz'altro un buon gelato alla nocciola. Quasi tutti gli chef di alta cucina, da qualche anno, hanno iniziato ad utilizzare tecniche e strumenti che nascono con la gastronomia molecolare: sifoni, cotture sotto vuoto, gelatine, mousse, ecc, e hanno inserito nei loro menù piatti preparati utilizzando queste tecniche. A differenza della gastronomia molecolare "pura", dove si cerca l'estremizzazione dell'inusualità (concretizzata nel proporre pietanze il cui gusto, consistenza, temperatura sono fattori totalmente scollegati tra loro), questi sono piatti tutto sommato normali, dove la scienza viene utilizzata, ma non in modo evidente e "ingombrante". Ecco allora che è possibile trovare la vera dimensione della gastronomia molecolare intesa come scienza applicata in cucina, non per inventare un nuovo modo di cucinare, ma per comprendere meglio i fenomeni fisico chimici che avvengono durante la preparazione dei piatti, di spiegarli scientificamente, e di sfruttare queste conoscenze per migliorare la qualità delle preparazioni. In parole povere, la gastronomia molecolare ha fatto diventare la cucina da una disciplina prettamente empirica a una vera e propria scienza. I vantaggi di questo approccio ovviamente sono notevoli, come vedremo tra breve. IL VERO SCOPO DELLA GASTRONOMIA MOLECOLARE La gastronomia molecolare stupisce soprattutto con le consistenze inusuali, ottenute sfruttando la comprensione profonda dei fenomeni di interazione tra le particelle di carboidrati, proteine e grassi contenute nei cibi. Non è però questo il campo di applicazione di questa disciplina per il semplice 104/110 appassionato di cucina, nè per la stragrande maggioranza degli chef. Il vero scopo della gastronomia molecolare è quello di fornire le nozioni di fisica e di chimica necessarie per comprendere i fenomeni che stanno alla base delle preparazioni culinarie. Il rischio di ogni disciplina che non dimostra scientificamente ciò che afferma è quello di prendere delle cantonate colossali e perdere di oggettività. Se ci pensiamo la cucina è piena di dicerie, segreti, di trucchi indimostrati, quasi fosse una disciplina alchemica. La gastronomia molecolare ha dato serietà e scientificità alla cucina, ha modernizzato moltissimo una disciplina fondata su luoghi comuni e "consigli della nonna" troppo spesso infondati. E infatti uno degli aspetti più interessanti della gastronomia molecolare è la distruzione di alcuni luoghi comuni talmente affermati che saranno riproposti anche da esperti di alimentazione ancora per moltissimi anni. DUE LUOGHI COMUNI NOTI SULLA CARNE La bufala del bollito La regola recita che per fare un buono brodo bisogna mettere la carne nell'acqua fredda e portarla ad ebollizione, per fare un buon bollito bisogna metterla nella pentola solo dopo che l'acqua ha preso il bollore. Questo assunto si basa sul fatto che il violento sbalzo di temperatura chiuderebbe i pori della carne impedendo ai succhi di fuoriuscire. Basta avere un minimo di buon senso e un minimo di conoscenza anatomica del muscolo per capire che è impossibile che la parte esterna di un pezzo di carne diventi impermeabile: infatti gli esperimenti scientifici hanno dimostrato che questa è una bufala, pesando la carne prima e dopo e verificando che con entrambi i sistemi la quantità di liquidi perduta dalla carne è la stessa. Ciò nonostante, moltissimi chef ed esperti di gastronomia continuano imperterriti ad affermare questo principio fasullo. Sigilliamo la carne? Questa bufala è ancora più divertente della prima e facilmente smascherabile da chiunque abbia un minimo di spirito critico. Quante volte avete sentito che bisogna rosolare la carne per "sigillarla" in modo tale da non farne fuoriuscire i succhi in cottura? Rosolare la carne significa portarla ad alta temperatura, in questo modo avvengono reazioni tra i macronutrienti che consentono di sviluppare l'aroma di carne arrostita. A questo serve la rosolatura. Pensare che questa pratica sia in grado di rendere impermeabile la carne è pura fantasia. La fuoriuscita dei liquidi avviene quando la carne supera i 65 gradi: le proteine coagulano, si contraggono, ed espellono i liquidi che trattengono al loro interno. Questo avviene con o senza rosolatura. La carne diventa dura e perde molto del suo aroma: per questo va mangiata al sangue... Se la cottura è breve (e ad alta temperatura) si ottengono due risultati molto importanti: la rosolatura della superficie, e il mantenimento della parte interna a temperature inferiori ai 65 gradi. Ma per favore, smettetela con questa storia del "sigillare" che fa ridere… (a cura di Arianna Vecchi) 105/110 LA CUCINA E’ UNA MODA La cucina, o meglio il mondo del cibo, inteso nella sua globalità di espressioni, spesso dai contorni poco definiti che si intersecano e si sovrappongono (gastronomia, enologia, cucina) può essere paragonato alla moda per eccellenza (il mondo del vestire), ovvero come un mondo in continua evoluzione fatto di tendenze che cambiano, spariscono, ricompaiono periodicamente? Spesso nel mondo del cibo si sente parlare di tradizione, tradizionale, di cose fatte come una volta... Sembrerebbe quindi che i valori di un tempo abbiano un significato così importante da non coinvolgere il mondo della cucina ai veloci cambiamenti di tendenza tipici della moda. Questa apparente staticità è dipesa da diversi fattori che negli ultimi anni stanno venendo meno determinando una rivoluzione nel mondo della cucina: - il mondo del cibo sta diventando sempre più un fenomeno di massa; - l'età media degli appassionati si sta abbassando, anche se rimane ancora sopra i 35 anni; - le influenze della globalizzazione si fanno sentire in modo sempre più decisivo; - l'alta cucina italiana si è finalmente evoluta diventando una cucina internazionale, non più la cucina "della nonna" come i francesi hanno sempre rivolto alla nostra cucina. Questa vera e propria rivoluzione a cui si sta assistendo in questi anni sta facendo letteralmente scomparire dal vocabolario gastronomico la parola tradizione, che fino a ieri era imperante. Ormai i piatti proposti dalla maggior parte degli chef al top delle classifiche sono totalmente slegati da ogni tipo di legame con i piatti tradizionali. Facciamo qualche esempio esponendo le tendenze di questi anni: Tendenza al crudo: il crudo e le "cotture dolci" ormai dilagano. Merito della cucina giapponese, che è di moda ormai da qualche anno. Tecnologia in cucina: cottura sotto vuoto (e rigorosamente a bassa temperatura). Cotture veloci: stracotti, ragù, sughi al pomodoro cotti per ore? Non esistono praticamente più. Cucina fusion: mai come oggi si assiste a un utilizzo massiccio di ingredienti esotici mischiati con ingredienti nostrani: zenzero, lime, curry, ecc. I VANTAGGI E GLI SVANTAGGI Probabilmente i tradizionalisti, legati al concetto un po' provinciale di "cucina del territorio", storceranno il naso di fronte a piatti così originali e stravaganti 106/110 proposti dai grandi chef e a questa "fine" della cucina tradizionale. Questa ondata di fantasia e modernità può fare solo bene al mondo del cibo perché è giusto che ci sia una evoluzione perché la società cambia e con lei le sue esigenze, anche nel campo della nutrizione e della ristorazione. La tradizione non deve essere un “qualcosa" che frena tutto ciò che è innovativo, ma deve semplicemente essere una delle tante forme di espressione della cucina, come la musica classica è una delle espressioni della musica. Però oggi i compositori di musica classica non esistono più... Esistono gli esecutori. E lo stesso deve avvenire nella cucina. Lo svantaggio sarà quello che affligge tutte le mode: le tendenze si propagano alla velocità della luce e tutte le innovazioni diventano inflazionate a tempo di record. Ci sarà moltissima gente che seguirà queste tendenze in modo passivo e superficiale, si riempirà la bocca di cose pessime, ci saranno moltissimi finti esperti o esperti parziali. Questo sta già avvenendo nel mondo del vino, soprattutto tra i giovani, dove ci sono persone che sanno tutto sul vino perché è molto di moda, e poi non sanno distinguere un parmigiano da un Galbanino o un prosciutto di Parma da un prosciutto danese. Bisogna però essere ottimisti i vantaggi di un interesse di massa nei confronti del cibo non può che fare bene anche agli appassionati veri. (A cura di Elettra Chiarabelli) 107/110 LO STATO E LA SPESA PER LA SANITA’ Dopo l’ultima Guerra mondiale, le condizioni economiche della popolazione italiana sono notevolmente e progressivamente migliorate, e si è passati troppo rapidamente dalla fame all’abbondanza, con un aumento della quantità totale di cibo consumata pro-capite e con uno spostamento della composizione della dieta verso cibi di origine animale e cibi industriali. La nostra dieta mediterranea ha lasciato il posto alla cosiddetta “dieta occidentale”, composta prevalentemente da cibi animali (tradizionalmente considerati cibi ricchi e un tempo consumati solo occasionalmente) e da prodotti trasformati, una dieta ricca di grassi, zuccheri, sale e calorie e povera di fibre e di altri nutrienti protettivi per la salute. Calorie totali A partire dal 1960, la dieta Italiana ha registrato un incremento medio giornaliero del 26% per le calorie totali. L’apporto di calorie di origine animale ha subito un incremento del 111% 4000 3422 3500 3590 3591 3661 3670 2914 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 1961 1970 1980 1990 2000 2002 Grassi A partire dal 1960, la dieta Italiana ha registrato un incremento medio giornaliero del 108% per i grassi totali (39% calorie) 160 140 120 100 80 cibi animali 60 cibi vegetali 40 20 0 1961 1970 1980 1990 2000 2002 Proteine A partire dal 1960, la dieta Italiana ha registrato un incremento medio giornaliero del 39% per le proteine totali 120 100 80 cibi animali 60 cibi vegetali 40 20 0 1961 1970 1980 1990 2000 2002 Fonte: FAO-Food Balance Sheets 2004 108/110 Se fino al secolo scorso la principale causa di morte erano la fame, le malattie infettive e le guerre, ora la principale causa di morte sono le malattie causate dalle abitudini di vita introdotte col benessere: cibo, sedentarietà e uso di sostanze non necessarie. I costi sanitari per fronteggiare queste malattie sono enormi. Solamente i costi sanitari dell’obesità sono stati stimati dal Ministero della Salute in 23 miliardi di euro all’anno. La maggior parte di tali costi è dovuta a ricoveri ospedalieri, ad indicare quanto il sovrappeso e l’obesità siano i reali responsabili di una serie di gravi patologie cardiovascolari, metaboliche, osteoarticolari, tumorali e respiratorie che comportano una ridotta aspettativa di vita ed un notevole aggravio per il Sistema Sanitario Nazionale. Anche per il mercato del lavoro, è chiaro come la salute dei lavoratori sia un importante parametro che influenza i costi di produzione. Sta diventando sempre più difficile rimanere competitivi nel mercato internazionale, dal momento che altri Paesi, soprattutto quelli asiatici, non sono penalizzati dall’esplosione delle cosiddette “malattie del benessere” che colpiscono il mondo occidentale. La loro forza lavoro è più sana e produttiva, e i costi per la salute che le aziende devono fronteggiare per i loro lavoratori sono considerevolmente inferiori. Per far fronte a questa nuova emergenza sanitaria, che ci accomuna tristemente agli altri Paesi ricchi del mondo, è necessario rivedere il modello che è stato fino ad oggi alla base della “cura della salute” (e che in realtà potrebbe più propriamente essere definita come “cura delle malattie”): per ogni malattia c’è il rimedio, pillola od intervento chirurgico. 109/110 L’ottima qualità dei migliori Sistemi Sanitari in ambito diagnostico, si sgretola quando si arriva alla terapia: rimedi che sono quasi sempre in grado di tamponare temporaneamente le malattie, ma non di restituire la salute, e spesso nemmeno di allungare la vita o di migliorarne la qualità. E’ necessaria quindi la messa a punto di un nuovo modello che incoraggi la popolazione ad assumersi la responsabilità della propria salute. Incidenza del Diabete nel mondo 1985: 30 milioni 1995: 135 milioni 2000: 177 milioni 2025: 300 milioni 2030: 370 milioni L’obiettivo primario deve essere il mantenimento dello stato di salute, attraverso seri e responsabili interventi di medicina preventiva e non attraverso un sistema che “aggiusti quel che si rompe”. L’unico modo per contrastare efficacemente queste malattie è quello di agire alla radice del problema, modificando appunto in senso favorevole le abitudini che ne stanno alla radice: mangiando cibi semplici, prevalentemente cibi vegetali, consumati il più vicino al loro stato naturale e preparati in modo semplice, senza aggiunta di condimenti, zuccheri, grassi e sale; rinunciando alle sostanze superflue, soprattutto l’alcol e il fumo; praticando regolarmente un po’ di attività fisica. (dal rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del Ministero della Salute) 110/110