ALBERTO ELLI
Corso di Letteratura Egiziana
- Riassunto -
Illustrazione di G. Sozzani
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Corso di Letteratura Egiziana
Alberto ELLI
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Corso di Letteratura Egiziana
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INTRODUZIONE
A metà degli anni '90 ho tenuto un corso annuale di letteratura egiziana. Il presente documento è il
"riassunto", lo "schema" del corso, inteso come aiuto per gli studenti a seguire la spiegazione e a
fissare gli aspetti essenziali. Ritengo che il suo pregio fondamentale stia nel fatto che dei vari generi
letterari viene presentata l'evoluzione diacronica, attraverso tutto il periodo della civiltà egizia,
presentando gli aspetti fondamentali delle opere più significative di quel genere, senza voler essere
in alcun modo esaustivo. Normalmente, nelle storie della letteratura egiziana si preferisce dare una
suddivisione temporale: l'Antico Regno, il Medio Regno, il Nuovo Regno, il Periodo Tardo, ecc.;
all'interno di ogni periodo vengono poi presentati tutti i generi letterari che in quel periodo hanno
lasciato tracce. Chi volesse quindi, per esempio, vedere l'evoluzione di un dato genere, supponiamo
il genere autobiografico, dovrebbe saltare da un volume all'altro (come per la Lichtheim) o,
comunque, da un capitolo all'altro (come per il Donadoni). Non che un tipo di presentazione sia
migliore dell'altro, solo svolgono funzioni differenti, e a me interessava dare un'idea dell'evoluzione
dei singoli generi letterari. Ovviamente spesso l'attribuzione di una data opera a un determinato
genere letterario può essere sottoposta a critica, oppure un'opera può ricoprire due generi diversi
(esempio tipico è il racconto dell'Oasita Eloquente); in quest'ultimo caso, per non ripetermi, ho
associato l'opera al genere che ritenevo maggiormente significativo.
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- Definizione di "letteratura egiziana": non solo le "Belle Lettere", ma tutti i documenti scritti
con uno scopo diverso da quello eminentemente pratico (lettere, liste, ecc.).
- Non tutte le opere considerate sono opere d'arte, ma anche opere secondarie possono essere
testimoni importanti delle tendenze di un’epoca e quindi degne di essere considerate.
- È la più vecchia letteratura del mondo e la prima espressione della coscienza e dello spirito degli
uomini: la sua conoscenza permette alla storia del pensiero di fare un balzo all’indietro
notevolissimo ed essenziale.
- Ha avuto una profonda, quanto misconosciuta, influenza sui popoli mediterranei.
- È possibile riconoscere diversi "generi" (testi storici, autobiografici, sapienziali e didattici, di
fantasia, ecc.) e diversi "stili" (prosa, poesia, stile oratorio).
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LA LETTERATURA AUTOBIOGRAFICA
LA LETTERATURA AUTOBIOGRAFICA
- L’autobiografia è il più antico genere letterario evoluto in Egitto: dal 2500 a.C. fino all’epoca
cristiana.
- Si tratta di una presentazione in prima persona, non in terza persona (autobiografia, quindi, non
biografia).
- È un prodotto "non regale", nato nel contesto della tomba privata. I re non ebbero
autobiografie.
- Le autobiografie esprimono una visione "personale ed ideale" del mondo, così come esso deve
essere.
- Mostrano tutti gli interessi che costituiscono la vita del singolo: concezioni religiose sulla morte,
sull’aldilà, sull’immortalità, gli ideali sociali, il ruolo della regalità, ecc.
1) ANTICO REGNO (2700 - 2140 a.C.)
- L’autobiografia nasce quando si vivifica l'elenco dei titoli e delle funzioni del defunto, così come
appaiono sulle pareti della cappella funeraria, infondendovi anche la narrazione di eventi: primo
esempio verso la fine della Quarta Dinastia (ca. 2500 a.C.)
- Parti secondarie dell’autobiografia, quasi un suo prodotto, sono: formula delle offerte,
ammonizioni ai visitatori (ingiunzioni e minacce a non dissacrare la tomba), appello ai viventi
(richiesta di associarsi ai riti funebri, recitando la formula delle offerte). Inizialmente elementi
separati, verranno poi fusi in un unico schema.
- Intestazione costituita da: elenco dei titoli più significativi, nome del defunto, formula "egli
dice". Seguono poi le tappe principali della carriera, fino alla morte: l’autobiografia era per lo
più redatta post-mortem, a cura del figlio maggiore.
- Due temi principali:
a) Carriera: basata sui rapporti col sovrano; in prosa, evolve fino a diventare un vero e proprio
prodotto letterario.
b) Personalità morale: autoritratto a parole: in termini di valori positivi e destinati all’eternità:
deficienze, difetti, insuccessi, tutto ciò che era negativo ed effimero non trova posto. È
costituito da un lungo elenco di virtù praticate, rappresentanti gli standard etici della società;
esso, in apparenza eccessivamente autoelogiativo, tende a cristallizzarsi in frasi fatte,
stereotipate; non per questo è da considerarsi "falso". Espresso nello stile oratorio.
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1.1) Quarta e Quinta Dinastia (2620 - 2340 a.C.)
- Periodo della nascita e della prima evoluzione del genere autobiografico: si formano e si
differenziano le varie componenti.
- Periodo caratterizzato da un legame di stretta dipendenza tra dignitario e sovrano.
- Cliché del dono regale della tomba, del sarcofago e/o della falsa-porta: in quest’epoca le tombe
dei privati sono una ricompensa che il sovrano accorda ai suoi funzionari più meritevoli.
. Debeheni
- Unica iscrizione di privato del periodo della costruzione delle grandi piramidi; visse sotto
Micerino.
- Costituita dal solo ordine del re che dona la tomba.
. Ptahshepses
- Per la prima volta l’autore guarda alla vita nel suo insieme, non ad un evento particolare.
- Otto episodi, pur brevi, che narrano la sua carriera tra Micerino e Niuserra (a cavallo tra Quarta
e Quinta Dinastia).
. Hetep-her-akhet
- Esempio ancora rudimentale di autobiografia, pur presentando già i suoi aspetti essenziali:
presentazione di una persona onorata e di successo e formule destinate a garantirne
l’immortalità.
. Senedjemib
- Esprime le aspirazioni e i privilegi degli alti funzionari dell'epoca.
- Testimonia la gioia che provano a partecipare al destino eterno del loro sovrano, in maniera
meno anonima che non in passato.
- Si tenta di esprimere a parole la responsabilità personale.
1.2) Sesta Dinastia (2340 - 2140 a.C.)
- Periodo nel quale l’autobiografia raggiunge il massimo della lunghezza.
- Quanto più i privati prendono coscienza della loro personalità, del fatto che la loro carriera non
è tutta dovuta all’arbitrio di una scelta regia, tanto più volentieri narrano la loro vita.
. Kaghemni
- Autoritratto morale, carriera, ammonizioni ai visitatori e appello ai viventi non più distinti, ma
fusi in un unico schema narrativo.
. Qar
- Nomarca di Edfu. I Nomarchi erano i governatori delle province (dette nòmi, con termine
greco) in cui era amministrativamente diviso l’Egitto. Si tratta di una carica assegnata dal re, ma
quando, con la fine della dinastia, ci sarà un indebolimento dell’autorità regia, essa tenderà a
diventare ereditaria.
- Nella sua autobiografia appare chiaramente un’aumentata consapevolezza da parte degli alti
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funzionari del proprio valore: il successo non è più dovuto unicamente al favore reale, ma
dipende anche dalle capacità personali.
. Nekhebu
- Per la prima volta non è questione solo della vita pubblica, della carriera, dei successi, ma anche
della vita privata.
- Esposto conciso e denso: dimostra un’autentica coscienza letteraria.
- Paradigmatica per i valori di un funzionario reale dell’Antico Regno.
. Uni
- Capolavoro delle autobiografie dell'Antico Regno: un classico.
- Ci tramanda i dettagli di una vita che fu ricchissima ed una messe inestimabile di informazioni
nei più svariati campi.
- Trova piena valutazione letteraria il processo già in atto nella società: il prendere coscienza di sé
della classe dirigente, formalmente ossequiosa dell’autorità regale, ma di fatto fiera delle sue
qualità e delle sue possibilità.
- Il tema del successo trova qui le sue prime espressioni letterarie.
- Riprende temi tradizionali (dono del sarcofago, ...), ma li presenta in modo originale,
arricchendoli di particolari, di considerazioni personali.
- Pepi I ne fa un grande uomo dello stato:
a) Gli accorda il favore di giudicare la congiura nell’harem.
b) Ne fa il proprio inviato speciale presso l'esercito; il ritorno della spedizione è cantato in toni
poetici, con una struttura ritmica contrassegnata dalla ripetizione di una frase: è la prima
apparizione letteraria del poema di lode.
- Sotto Merenra, Uni è nominato Governatore dell'Alto Egitto: tentativo della Corona di
controllare la sempre maggior indipendenza dei nomarchi.
- L'autobiografia di Uni mostra come, pur esaltando il sovrano ed assicurandogli fedeltà, il
funzionario sia ora fiero della sua abilità ed abbia piena coscienza dei meriti personali cui è
dovuta l'ascesa sociale.
. Herkhuf
- Appartiene alla generazione successiva a quella di Uni e fu l’ultimo Governatore dell’Alto
Egitto di nomina regia: dopo di lui la carica di nomarca diventa in pratica ereditaria.
- Sepolto ad Asuan, al confine meridionale dell’Egitto.
- Sotto Merenra compì tre viaggi a Yam, ai confini con l’Africa Equatoriale. Narrazione che fa
uso di uno stile secco e conciso, ma che pur fornisce una miniera inestimabile di notizie sulla
Nubia e sui rapporti commerciali con essa.
- Sotto Pepi II compì un quarto viaggio, dal quale riportò un pigmeo come dono al sovrano. La
narrazione riflette una lingua più nuova e flessibile, più prossima a quella che sarà l'egiziano
classico. Dal testo emerge spontaneo e fresco l'entusiasmo del giovane faraone per l’insolito
dono.
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IL PRIMO PERIODO INTERMEDIO (2140-1992 a.C.)
- Durante il lunghissimo regno di Pepi II il potere centrale comincia a sgretolarsi e
contemporaneamente aumenta il potere personale nelle mani degli amministratori reali nelle
province. Con la fine della Sesta Dinastia, queste persone assumono l’effettivo controllo dei
nomi e delle città in qualità rispettivamente di nomarchi e di governatori della città.
- La società è sempre basata su un ordine gerarchico, ma chi comanda non è più il faraone, bensì i
capi locali.
- Questo breve periodo, chiamato Primo Periodo Intermedio, è stato sovente mal interpretato,
visto come un periodo di anarchia, di disordini sociali, di rivoluzione. Nulla di tutto ciò: in ogni
nomo la struttura gerarchica è intatta.
- Le iscrizioni del periodo sono caratterizzate da un orgoglioso individualismo; pieno fiorire e
completa espressione della fiducia nelle proprie azioni e nell’abilità che porta al successo.
- Nomarchi e governatori pongono l'accento sulle loro realizzazioni, sull'essere stati buoni
amministratori. Anche gli ufficiali minori, rappresentanti della classe media emergente, vogliono
essere ricordati soprattutto per le loro attività al servizio della propria città o provincia.
- Appaiono nuove formulazioni, per esprimere gli interessi di questi uomini nuovi.
- Rinnovamento anche nelle titolature.
. Ankhtify
-
Nomarca del terzo nomo dell’Alto Egitto (Ieraconpoli)
Paradigmatica per i valori di un nomarca: indipendenza, coraggio, realizzazioni.
Carestia: insiste sulla descrizione degli effetti (casi di cannibalismo) e sulle misure da lui prese.
Fiero dei suoi talenti di amministratore.
Orgoglioso della propria tomba.
. Irtysen
- Guadagna favore, quale supporto dell'autobiografia, la stele. Le dimensioni ridotte impongono
un'organizzazione programmata della superficie per sistemare nel modo migliore gli elementi
ritenuti necessari.
- Rappresentante della classe degli artisti e degli artigiani, Irtysen è un uomo pienamente conscio
del suo valore: attenzione concentrata sulla perizia tecnica.
. Tjety
- Con l'Undicesima Dinastia (2130 - 1992 a.C.) ritorna una monarchia salda: il tipo sociale
predominante diventa nuovamente il servitore reale. All'obbedienza all'autorità regia si accoppia
ora un orgoglio di se stessi prima sconosciuto: ne derivano autopresentazioni verbalmente
elaboratissime.
- Vecchia formula di Abido: elenco di desideri relativi alla vita ultraterrena, con chiara
orientazione osiriana. Quello di Tjety è l'elenco più antico (dodici desideri).
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IL MEDIO REGNO (1992 - ca. 1700 a.C.)
- Età classica della letteratura. Piena fioritura dell’autobiografia.
- Per lo più su stele poste ad Abido, presso il tempio di Osiri: favoriscono l’autoritratto morale a
scapito della parte narrativa.
. Upuaut-aa
- Gran sacerdote di Osiri sotto Sesostri I e Amenemhat II.
- Due stele, a carattere autobiografico, complementari.
- Pomposo autoelogio, dettagliando il suo antico lignaggio e la sua alta posizione a corte, ed
enfatizzando i suoi ancestrali diritti alla tomba.
- Esempio della nuova formula di Abido: molto più elaborata della "vecchia".
. Ikhernofret
- Capo tesoriere sotto Sesotri III.
- Inviato in missione ad Abido come conduttore delle feste di Osiri.
- Fa uso del "discorso del re", che incorpora in sé anche la descrizione del profilo morale. Questo
genere ha un precursore nella "lettera del re" (Herkhuf, Sinuhe).
. Intef
- Tre steli, con testi interconnessi; una descrive la carriera e le funzioni, una fornisce il profilo
morale e una terza contiene venti affermazioni formanti un catalogo di virtù, l'autoritratto del
perfetto cortigiano. L'autore riesce a sfuggire alla monotonia della regolarità strutturale.
. Amenemhat
- Nomarca di Beni Hasan. Sepolto nella tomba n. 2.
- Uno dei pochi casi di datazione eponima di un nomarca aggiunta a quella del sovrano.
- La pretesa all'ereditarietà delle funzioni è mitigata dal riconoscimento dell'autorità del re.
. Khnumhotep
- Principe di Menat Khufu; sepolto a Beni Hasan (tomba n. 3).
- Straordinaria storia di una famiglia: l 'unica giuntaci.
4)
IL NUOVO REGNO (1575 - 1087 a.C.)
- Conquiste militari: formazione di un impero vastissimo.
- I militari diventano gli artefici ed i garanti di nuove esigenze sociali.
- I bottini di guerra sono utilizzati per elevare templi ad Amon: il clero del dio diviene una
potenza economica.
- Le autobiografie sono sempre scolpite sulle tombe, ma fa la sua apparizione, quale supporto, la
statua, posta nel tempio.
. Ahmose
- I soldati costituiscono un gruppo sociale ereditario.
- Nelle loro autobiografie viene attribuita molta importanza ai fatti storici: vanto di sentirsi
partecipi della storia della nazione, di partecipare alla gloria del sovrano.
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- Il loro ideale non è tanto quello di ottenere l'autonomia, quanto il desiderio di essere seguace
del re, di mostrargli il proprio valore.
- L’iscrizione di Ahmose ha un interesse prevalentemente storico: fonte principale della guerra
contro gli Hyksos.
- Autobiografia marziale, che descrive le imprese e la carriera di un soldato. Stile semplice,
diretto, disadorno, dà importanza ai fatti e lascia da parte i fronzoli.
. Amenemhab
- Vanto dell'essere stato partecipe alle grandi imprese del sovrano (Tuthmosi III).
- Episodio della cavalla e dell'elefante.
- Ormai vecchio, viene invitato a Palazzo da Amenhotep II.
. Bakenkhonsu
- I sacerdoti sono delegati dal sovrano a compiere gli atti del culto.
- La classe sacerdotale tende a chiudersi, a diventare una casta, dove i titoli più prestigiosi sono
ereditari.
- Primo Profeta di Amon dall’anno 46 di Ramesse II.
- La sua autobiografia presenta come meriti l'essere tebano, l'essere di famiglia sacerdotale, l'aver
frequentato una scuola tebana: ci rivela quale sia l'animo della classe sacerdotale.
- La statua di Monaco traccia il suo curriculum vitae.
. Amenhotep, figlio di Hapu
- Emblema e rappresentante della classe dei funzionari.
- Le sue iscrizioni ci forniscono le tappe attraverso cui è passata questa importantissima figura di
uomo di stato: scriba, scriba regio, scriba regio di alto rango, scriba militare, capo di tutti i lavori
del re.
- Egli ci si presenta come un uomo equilibrato, presso il quale tutte le facolta si combinano in una
sintesi armoniosa.
- Ha coscienza di un altissimo valore personale; sa che deve al suo talento i più alti titoli onorifici.
- La sua intelligenza, viva e varia, non è rimasta solo quella di uno scriba erudito: ha saputo
creare. Pur conoscendo le opere dei predecessori, non è rimasto schiavo del tradizionalismo.
5)
IL PERIODO TARDO E L’EPOCA TOLEMAICO ROMANA
- In termini politici fu un tempo di ritirata: l'Egitto perse i suoi possedimenti e conobbe l'onta delle
invasioni e delle dominazioni straniere (Libici, Nubiani, Assiri, Persiani, Greci, Romani).
- Le iscrizioni autobiografiche rivelano meno ottimismo e più preoccupazioni che non in passato.
La retta condotta non garantisce più il successo: successo e felicità dipendono interamente dal
favore degli dei.
- La vita non viene però deprezzata: uno dei temi fondamentali diventa quello del godimento
delle gioie della vita.
- L'unica vera disgrazia è la morte prematura.
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5.1) Il Terzo Periodo Intermedio (1087 - 656 a.C.)
- Definizione più corretta sarebbe "Epoca Post-imperiale".
- Sheshonq I riporta la Tebaide sotto controllo regio per il tramite di due misure correlate: la
nomina di propri figli a occupare le più prestigiose cariche sacerdotali a Tebe e una politica
matrimoniale che porta membri della famiglia reale a imparentarsi con le più potenti famiglie di
Tebe.
. Djedkhonsuiefankh
- La sua autobiografia ben illustra la politica di Sheshonq I.
- Scritta in stile oratorio, fa ricorso, per colpire, a parole e frasi non comuni.
- Il discorso consiste di distici basati sul parallelismo di contenuto: la seconda frase di ogni
distico continua il tema della prima.
- È evidente una virtù schiva, che sa che cosa sia il silenzio, che cosa si possa fare nel silenzio e
che cosa conti il ritegno.
. Nebnetjeru
- Espressione di soddisfazione per la veneranda età raggiunta.
- Esortazione al lettore a gioire della vita e delle sue gioie, dimenticando le preoccupazioni e il
pensiero della morte.
5.2) Le dinastie Etiopica e Saitica (XXV e XXVI)
- Gli "Etiopi" (=Nubiani) conquistano l’Egitto verso il 730 a.C. ed instaurano una propria dinastia
(la Venticinquesima).
- Dal 656 al 525 l'Egitto è ancora riunito sotto suoi propri re, originari di Sais, nel Delta. La loro
dinastia, detta Saitica, ebbe fine con la conquista persiana.
. Montuemhat
- Quarto Profeta di Amon e Principe di Tebe, fu in effetti una delle figure più eminenti e potenti
del periodo a cavallo delle due dinastie; fu quindi testimone anche del sacco assiro di Tebe (663
a.C.).
- I testi delle sue statue insistono su due aspetti della sua carriera: la ricostruzione di monumenti e
la prosperità della Tebaide sotto la sua saggia amministrazione.
- La principale iscrizione è incisa su una parete del tempio di Mut (cosa insolita) e contiene
allusioni velate agli eventi storici. È anche testimonianza del neo-classicismo del periodo.
- È possibile notare un contrasto nelle sue iscrizioni:
a) nel periodo etiopico l’individuo può ancora affermarsi;
b) nel periodo saitico vi è sottomissione assoluta al potere centrale e ci si esprime pertanto con
formule di ordine generale.
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5.3) La dominazione persiana
- Nel 525 a.C. i persiani di Cambise conquistano l'Egitto. Esso riacquisterà l'indipendenza nel
404, per perderla poi definitivamente nel 341, quando i Persiani lo riconquistano nuovamente.
Nel 332 Alessandro Magno annette l'Egitto al suo vastissimo impero.
. Udjahorresne
- Reazioni contrastanti alla conquista persiana: alcuni collaborarono, altri si opposero, altri
accettarono con rassegnazione la situazione.
- Quella di Udjahorresne (Naoforo del Vaticano), datata all’anno 3 di Dario I (519 a.C.), è la più
importante delle autobiografie dell'epoca: testimonianza di quello che fu l'atteggiamento del
sacerdozio egizio: ostile in principio ma pronto a collaborare contro specifici favori ai templi.
- Ufficiale navale sotto Amasi e Psammetico III, fu testimone dell'invasione persiana e passò poi
al servizio di Cambise.
- La narrazione mostra come gli Egiziani e i Persiani vennero a patti sulla base di un mutuo
interesse. Udjahorresne insiste sul modo in cui Cambise accettò il modello tradizionale della
regalità e regolò su di esso il suo comportamento.
- Dario I gli dà l'incarico di rimettere in funzione la Casa della Vita a Sais. Insistenza anche sul
ruolo faraonico di Dario.
- Gli sforzi di Udjahorresne di comprendere e venire a patti con i re persiani e a cooperare con
loro costituiscono il primo capitolo dell'ultima battaglia dell'Egitto faraonico per preservare la
propria identità culturale: battaglia lunga e non disonorevole, ma che l'Egitto era destinato a
perdere.
5.4) Il periodo tolemaico-romano
- L'autobiografia diventa il vettore del lamento sulla morte prematura: è un po’snaturarne il
carattere (il suo scopo era sempre stato quello di tramandare una vita di successo)
. Petosiri
- Sepolto a Tunah el-Gebel, in una splendida tomba, datata al periodo della conquista macedone e
di Tolomeo I (fine quarto secolo a.C.). Influenze greche nella decorazione. Contiene
interessantissimi testi.
- L'iscrizione n. 127, le cui parole sono poste sulla bocca di Djeddjehutyiefankh, fratello maggiore
di Petosiri, presenta i temi basilari della filosofia di Petosiri: il consiglio di godere la vita e di far
uso dei suoi beni, l'allusione all'aldilà come una terra di oscurità, l'osservazione che la morte non
può essere sedotta, l'affermazione che solo dio è il vero possessore e datore di ricchezze.
- Nell'iscrizione n. 56 Djehutyrekh, figlio secondogenito di Petosiri e morto dodicenne, lamenta
la sua fine prematura in una specie di nenia.
. Isemkeb
- La bambina Isemkeb alza il suo straziante lamento a Osiri per la morte prematura che l'ha colta.
- Concetto della morte prematura come ingiustizia divina.
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. Taimhotep
- Sposa di Pasherenptah a quattordici anni, gli genera tre figlie e infine il tanto desiderato figlio.
Muore a trent’anni.
- Contiene il più lungo e esplicito lamento sulla morte che si sia trovato in un'iscrizione egiziana.
A esso si accompagna tuttavia l'invito al marito a continuare ad apprezzare la vita.
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LA LETTERATURA DIDATTICO-SAPIENZIALE
- La saggezza di un popolo è un prodotto specifico di quel popolo, strettamente correlato alla sua
lingua ed ai paesaggi che gli sono familiari: come tale, è un prodotto che non può essere
importato od esportato, tantomeno per semplice traduzione.
- I saggi cercano però anche quelle che sono le costanti del comportamento umano: a questo
livello di formulazione e di maturità la "saggezza" può diventare un patrimonio comune.
- L'unica evoluzione significativa fu di ordine sociologico: fino al Medio Regno ci si rivolge ai
nobili ed ai funzionari; solo più tardi alle classi più umili.
1)
L'ANTICO REGNO
- È il secondo grande genere letterario creato in questo periodo, nella forma di Letteratura
didattica, ossia di Insegnamenti, Istruzioni di saggezza tramandate da padre a figlio. La
cosidetta Letteratura sapienziale, nella quale si riflette su problemi di vita e di morte, di bene e
di male, farà la sua comparsa solo nel Medio Regno.
- Il mondo, creato da dio, è già di per sé perfetto e il faraone è il garante di quest'ordine cosmico.
Partendo da questo concetto vengono formulate brevi massime presentate come precetti di vita.
Scritte in stile oratorio.
- È una morale assai semplice, interessata al successo mondano. Si tratta comunque della
completa adesione alla società quale essa è.
- Si rivolge soprattutto alla classe dominante, offrendo regole precise per ogni circostanza della
vita sociale.
- Le Istruzioni sono sempre tramandate nel nome di un personaggio famoso: si tratta però per lo
più di attribuzioni pseudoepigrafiche, destinate a dare lustro all'opera stessa. La datazione è fatta
su considerazioni di lingua e di stile.
. Le Istruzioni di Hardjedef
- Esempio più antico del genere Istruzioni; risale alla V Dinastia, pur essendo ambientato nella IV
Dinastia, sotto Cheope.
- È noto solo l'inizio del testo, indirizzato al figlio Auibra.
- Massime di semplice senso pratico; esortazione a preoccuparsi per tempo della tomba.
. Le Istruzioni a Kaghemni
- Istruzione di un visir del re Huni (III Din.) al figlio Kaghemni e ai suoi fratelli. L'opera è però
datata alla fine della VI Din. È nota solo la parte finale.
- Norme etiche proposte: modestia, moderazione, controllo delle proprie parole.
- Biasimo dell’ingordigia e lode della frugalità.
- Epilogo narrativo.
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. Le Istruzioni di Ptahhotep
- È il più antico insegnamento giuntoci per intero.
- Ambientato sotto la V Din., l'opera è però della fine della VI Din.
- 37 massime, precedute da un prologo e seguite da un epilogo. Ogni massima, costituita da 4 a
12 frasi, ha una composizione tipica tripartita: frase condizionale, serie di imperativi,
giustificazione.
- Virtù basilari: autocontrollo, moderazione, gentilezza, generosità, giustizia, rettitudine,
discrezione.
- Introduzione; lamento sulla vecchiaia; richiesta al re di istruire il figlio; consenso reale.
- Ad ogni uomo è data la sua parte di saggezza.
- Casistica di rapporti col prossimo: guida alla vita pratica per un funzionario reale.
- Il saggio conosce il comportamento adeguato ad ogni circostanza. Non bisogna sovvertire
l'ordine stabilito.
- Ammonimento a guardarsi dalle donne altrui.
- Invito a sposarsi. Dovere del sostentamento della moglie.
- L’educazione dei figli è per l'uomo l'opera per eccellenza per tramandare il proprio nome.
- "Obbedire" e "ascoltare": apologo dell’"ascoltare".
- Il figlio perfetto si sforza di superare il padre.
2)
IL PRIMO PERIODO INTERMEDIO
- Come conseguenza del crollo della monarchia, i saggi, portavoce della classe nobile, esprimono
i loro rimpianti.
- La virtù non è più sanzionata automaticamente dal successo mondano. L'aldilà non lo si
acquista più rispettando il rituale: bisogna conquistarselo con le proprie azioni in vita.
. Le Istruzioni al re Merikara
- Sono un’istruzione regale, testamento di un re (Khety III della X Din.) al figlio e successore
Merikara.
- Opera giustamente famosa per il suo contenuto storico e la sua elevata moralità. Presenza di
elementi autobiografici.
- L'autore è probabilmente uno scriba di corte di Merikara stesso.
- Progresso intellettuale e letterario rispetto a Ptahhotep; più profonda moralità.
- Al re-dio si è ormai sostituito il re-uomo.
- La prima parte, frammentaria, tratta della ribellione e di come domarla.
- Avvisi su come trattare saggiamente i nobili ed i cittadini.
- La giustizia in vita diventa base di giudizio per la vita ultraterrena.
- "Sezione storica", dedicata per lo più a questioni di politica estera: relazioni col Sud e sicurezza
nel Delta.
- Poema di lode alla gloria della regalità.
- Inno al dio creatore, benefattore dell’umanità, definita "bestiame di dio" (cfr. Papiro Westcar).
- Esortazione ad accettare gli insegnamenti e augurio al figlio di continuare e superare l'opera
paterna.
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IL MEDIO REGNO
- Accanto alla Letteratura didattica (Insegnamenti, Istruzioni) fa la sua comparsa la Letteratura
sapienziale.
- Tre linee evolutive: le Istruzioni tradizionali; il discorso profetico o ammonitorio; il dialogo nel
quale due oratori difendono due contrastanti punti di vista.
- Viene affrontato il problema del male, presentato sotto forma di caos, come opposto all’ordine.
Ciò è espressione del genere letterario "disgrazie nazionali" e non è affatto testimonianza di
rivoluzioni sociali.
. La profezia di Neferty
- Opera di 71 linee, risalente all’inizio del regno di Amenemhat I, fondatore della XII Dinastia.
L'azione ha luogo alla corte del re Snofru (IV Din.) dove Neferty, incaricato di distrarre il re coi
suoi discorsi, profetizza su cose a venire.
- Si parla di guerre civili e di distruzioni alle quali porrà fine, riportando l'ordine, un "redentore"
di nome Ameny (ipocoristico di Amenemhat). Profezia post-eventum.
- Descrizione di una natura irreale, sconvolta nel suo ordine. Gli stranieri si installeranno in
Egitto; ci sarà un imbarbarimento dei costumi.
- Si tratta di un romanzo storico in forma pseudoepigrafica, dove la profezia non è altro che un
espediente letterario destinato a glorificare il re stesso.
. Le Istruzioni di Amenemhat I
- Opera giustamente considerata un capolavoro letterario, popolarissima nella letteratura
scolastica del Nuovo Regno.
- Costituisce il bilancio dell’opera di Amenemhat I (morto in un complotto) ed esprime
pessimismo ed amarezza, nati dall'esperienza stessa del re.
- Composta, probabilmente su ordine di Sesostri I, da uno scriba di nome Khety. L’oratore è però
il defunto re, che parla al figlio perché tragga profitto dalla sua esperienza.
- Opera potente e fantasiosa, composta in stile oratorio, tranne nella descrizione dell'assassinio,
che è in prosa.
- Come per Merikara, si tratta di un testamento reale. Affronta il delicatissimo problema del
regicidio.
- Amenemhat mette in guardia il figlio contro tutti i sudditi, perché tutti possono essere potenziali
traditori, come la sua amara esperienza insegna.
- Confessione di impotente umanità nella descrizione dell'attentato: è l'immagine più umana del
faraone nella letteratura egiziana.
- Gli scopi principali dell'opera sono: esaltare le realizzazioni del fondatore della dinastia;
sconfiggere gli avversari; consolidare le posizioni del successore Sesotri, confermandone i diritti
alla corona.
. Le lamentazioni di Khakheperraseneb
- Su tavoletta ligne della XVIII Din., ma composta nel regno di Sesostri II. Inizio di un'opera più
lunga perduta.
- Brama ansiosa di novità e di originalità lessicale. Lamento per non riuscire a trovare parole
nuove abbastanza per esprimere il suo travaglio spirituale.
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- Non vi è alcuna realtà storica nella sua descrizione del caos nazionale.
- Fu il primo a rifiutare la tradizione di imitare gli antichi: è nella tradizione che egli vede la
causa dei mali attuali.
. Le ammonizioni di Ipuur
- Il più lungo e più ambizioso lavoro del genere "disgrazie nazionali", ma anche il più oscuro.
- Interpretato inizialmente in chiave storica, come esprimente i disordini sociali e civili del Primo
Periodo Intermedio. È stato ora riconosciuto il suo carattere non-storico.
- Le varie parti del testo sono caratterizzate da un inizio costante, che si sviluppa in una serie di
frasi di simile costruzione.
- Si sottolinea la descrizione degli orrori del momento.
- Si considerano i repentini cambiamenti della sorte.
- Si lamentano lo sconquasso politico e lo stravolgimento dei ruoli sociali.
- Si rimpiangono i tempi antichi, visti come un periodo di pienezza rituale.
- Si accusa la noncuranza del re di essere la causa di questi disordini.
. Il dialogo tra un uomo ed il suo Ba
- Testo famosissimo. Manca l'inizio col titolo: gliene sono stati dati molti, per lo più infelici.
- Gran varietà di interpretazioni: per alcuni si tratta di un testo a carattere autobiografico, di un
uomo che, stanco della vita, desidera la morte. Altri vi vedono, soprattutto nei discorsi del Ba,
un'esortazione a godere della vita e a disprezzare i preparativi funerari, insistendo su una totale
negazione dell’immortalità.
- Trama: un uomo, stanco della vita, desidera ardentemente morire ed implora il Ba di rimanere
con lui e di non opporsi al suo desiderio di morte: non un suicidio, ma un evento naturale,
benché graditissimo, che deve essere accompagnato da un funerale tradizionale, unico mezzo per
godere un’immortalità beata.
- Il Ba controbatte dicendogli che la morte è una triste cosa e che bisogna godere la vita. A
dimostrazione gli narra due storielle:
. barca di un contadino che affonda, causando la morte della moglie e dei figli;
. contadino che litiga con la moglie, se ne va ma poi ritorna.
- Risposta finale dell'uomo: quattro poemi nei quali deplora le miserie della vita ed esalta la morte
e la risurrezione. Ogni poema è costituito da una serie di versetti che cominciano tutti con la
stessa formula:
. "Ecco, il mio nome puzza": esprime l’angoscia dell’uomo nel sentirsi abbandonato dal suo Ba;
. "A chi parlerò oggi?": riflette sulle cattive condizioni del periodo;
. "La morte è davanti a me oggi": la morte è vista come una liberazione;
. "Certo, chi è là": riflessione sulla felicità e potenza del defunto.
- Le ultime parole appartengono al Ba, che esorta ancora una volta l'uomo a godere la vita.
- Il testo esprime un veemente attacco alla futilità dei preparativi costosi ed elaborati per la
preservazione del cadavere dopo la morte. Non vi è alcuna negazione di qualsiasi dottrina sulla
vita nell’aldilà.
. Insegnamento di Khety o "Satira dei mestieri"
- Opera che godette grande fortuna nel Nuovo Regno, quando fu utilizzata in ambiente scolastico
per lo studio e le esercitazioni di ieratico antico.
- Il tema dell'Insegnamento non varia su tutti i campi e non mira ad una formazione generale, ma
è incentrato sul valore dell’essere scriba.
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- Un padre, Khety, conduce il figlio Pepi alla Residenza, dove il ragazzo sarà posto nella scuola
degli scribi. Approfitta del viaggio per istruirlo sui doveri ed i vantaggi della professione di
scriba. A tal fine:
. glorifica gli studi e la funzione di scriba;
. sottolinea, con ironia, l'amara realtà degli altri mestieri;
. conclude che nessun mestiere è paragonabile a quello di scriba.
- Evidente legame tra letteratura e politica: celebrazione dello stato di "scriba" ed interesse per la
sua formazione. Una salda compagine burocratica è condizione prima per una governo
centralizzato.
- Paralleli nel libro biblico del Siracide.
- Richiamo alla Kemyt, prima opera destinata all’insegnamento scolastico.
-
-
-
. La stele di Sehotepibra ed il Papiro di Rifeh
Durante la XII Din. si compongono opere destinate a diffondere il concetto di "fedeltà al re".
Esse sono note col nome generale di Istruzioni lealiste. Ci è giunta una versione completa su
papiro (Papiro di Rifeh) ed un estratto su stele (Stele di Sehotepibra).
L’autore, sconosciuto, appartiene alla classe dei funzionari.
Il padre consiglia al figlio il comportamento utile per ottenere successo nella vita: venerazione e
culto per il sovrano.
Sehotepibra, copiò la prima parte dell’istruzione e l'adattò come se si trattasse di un
insegnamento da lui indirizzato ai propri figli. L'istruzione inizia e termina con un'esortazione a
venerare e servire il re, mentre la parte centrale è un encomio del re, sotto forma di inno.
Insegnamento di portata pratica e politica: esalta la potenza del faraone ed insegna i vantaggi
materiali del lealismo.
Nel Papiro di Rifeh si tratta, dall’unico punto di vista dei possidenti, del problema della mano
d’opera. Le relazioni sociali sono influenzate soprattutto da considerazioni di interesse: i
dipendenti vanno trattati bene perché sono utili.
. L’insegnamento fatto da un uomo a suo figlio
- Opera che rientra nell’ambito delle Istruzioni lealiste. L'autore presenta al figlio, come
condizione di felicità durevole, la fedeltà al re, capace di operare dei rovesci di fortuna.
- A differenza delle Ammonizioni di Ipuur, la sorte dei poveri qui non viene migliorata con la
violenza, a detrimento dei ricchi, ma grazie al re, che deve pertanto essere venerato.
- L'opera precedente (Sehotepibra, Rifeh) è scritta da un alto funzionario ed è destinata alla classe
dominante: Qui, invece, l’autore è "un uomo", che parla a "suo figlio": insegnamento che si
addice alla folla degli uomini comuni. Le due saggezze insieme coprono la totalità dei sudditi
del faraone.
4) IL NUOVO REGNO
- Un nuovo senso della religiosità: l'uomo deve abbandonarsi fiducioso alla misericordia divina.
- Svalutazione della società, incapace di garantire giustizia ed ordine. Svalutazione del successo
come elemento del giudizio per la qualità delle singole persone.
- Ideale di un uomo schivo e restio come modello di virtù.
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. Insegnamento al visir
- È un insegnamento politico, testimone del vivo interesse per il meccanismo amministrativo.
Non da padre a figlio, ma dal re al visir, al momento dell’investitura di quest’ultimo.
- Copia epigrafica nella tomba di Rekhmira (tempo di Thutmosi III); la composizione del testo
risale probabilmente alla fine del Medio Regno.
- Il sovrano educa il suo funzionario all’equità, alla giustizia, all’applicazione di giuste leggi,
all’imparzialità.
- Deve tenere una condotta irreprensibile, poiché tutti gli occhi sono posati su di lui.
. Le Istruzioni di Any
- Testo molto corrotto ed oscuro. Risale alla XXI-XXII Din., ma considerazioni linguistiche e
stilistiche riportano la composizione dell’opera alla seconda metà della XVIII Din.
- Le massime cominciano direttamente con un comando: o in forma positiva o negativa.
- Combina temi tradizionali con innovazioni. Due aspetti innovativi:
. le istruzioni provengono dalla sfera della classe media e sono destinate all’uomo medio;
. epilogo sotto forma di discussione tra padre e figlio, nella quale il figlio contesta
l'insegnamento del padre.
- L'uomo ideale di Any è controllato, autonomo, discreto, taciturno.
- Per Any dio è un essere benevolo ed attento ai bisogni dell’uomo. Solo a dio spetta la vendetta.
- Verso la donna Any esprime un sentimento misogino. Dipinge tutta una serie di personaggi
femminili: la prostitua, la moglie, la madre.
- Motivo dello scriba felice.
- Opportunità di preparare in tempo la tomba. Senso di malinconia e dell'inesorabilità della
morte, che può essere solo vinta preparandosi per tempo. Rassegnata accettazione della morte.
- Epilogo composto in forma epistolare: quattro lettere tra figlio e padre e viceversa, nelle quali si
illustra un conflitto tra lo spirito conservatore di Any e quello progressista del figlio circa
l’educazione:
. Il figlio obietta che non aiuta ad essere saggi imparare a memoria le regole di saggezza, se non
se ne può penetrare il significato. La natura di un uomo non è modificabile dall'educazione.
. Il padre risponde che i giovani devono limitarsi ad ubbidire, essendo simili ad animali che
vengono ammaestrati.
. Il figlio ribatte che tutti gli uomini sono simili a dio e non possono quindi essere trattati come
animali.
. L'ultima parola spetta al padre: che il figlio non segua le proprie idee, ma si lasci istruire.
. Le Istruzioni di Amenemope
- Capolavoro e ultimo dei libri sapienziali in lingua classica. La sua composizione risale
probabilmente al periodo ramesside.
- Il testo è scritto stichicamente, ossia le linee mostrano lo schema metrico e sono raggruppate in
distici, tristici e quartine. Il tutto è poi suddiviso in 30 capitoli numerati.
- Il suo valore sta nelle sue qualità di interiorità, di spiritualità, di moralità.
- Completo cambiamento dei valori ai quali aspira l'uomo ideale: modestia, padronanza di sé,
indulgenza, gentilezza, umiltà, sapersi accontentare anche di un’umile posizione e della povertà.
L'uomo ideale non è però "perfetto": la perfezione è solo di dio.
- Prologo tradizionale, del padre che ammaestra il figlio, ma espresso con un raffinato gioco di
parole.
- Esortazione ad ascoltare
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- Opposizione tra il saggio (che si controlla, medita e tace) ed il focoso (che agisce sotto
l’impulso dei sentimenti).
- Predica la carità e, tema nuovo, la gioia che la carità sa dare a chi la pratica.
- Contatti con la sapienza biblica (Libro dei Proverbi).
. L’insegnamento scolastico
- Testimonianza dell'esistenza di un sistema scolastico.
- Per insegnare la scrittura si facevano copiare agli alunni, o si dettavano loro, una varietà di
composizioni (opere letterie, lettere, preghiere, insegnamenti, ...) il cui contenuto serviva anche
alla loro formazione umana e letteraria. Questi testi disparati (miscellanee) furono poi riuniti
insieme, costituendo dei veri libri di scuola. Il sistema scolastico stesso dette poi origine ad un
genere di testi che rifletteva il processo educativo ed i rapporti maestro/allievo.
- Questi testi sono un'espansione del genere didattico: il maestro che istruisce, esorta ed
ammonisce l'allievo.
- Papiro Lansing: contiene solo composizioni relative al tema "essere uno scriba". La sua
composizione è ordinata secondo il seguente schema: titolo; lode della professione di scriba;
esortazioni ed ammonizioni all'allievo; descrizione delle miserie di tutte le altre professioni;
ulteriori consigli ed esortazioni; descrizione della durezza della vita militare; lodi dell'allievo al
maestro.
- I temi suddetti compaiono anche in altre miscellanee: Papiri Anastasi II, III, IV e V, Papiro
Bologna 1094, Papiro Sallier I.
- Papiro Chester Beatty IV: contiene una miscellanea di brani relativi alla professione di scriba, di
cui tesse la lode. L'unica vera immortalità è data dalla fama del proprio nome trasmessa dai
libri; a riprova di ciò enumera gli autori illustri del passato. Paralleli biblici nel Siracide.
- La pretesa che solo gli scrittori siano immortali è sorprendente sotto due aspetti:
. le opere letterarie sono composte per lo più in modo anonimo;
. scetticismo o noncuranza di una vita trasformata dopo morte.
- Rieccheggiano le massime di saggezze più antiche.
5)
LE ISTRUZIONI DEMOTICHE
- Contengono molti elementi di origine non egiziana (aramaici, ebraici, greci), veicolati attraverso
la cultura ellenistica.
- Le massime presentano una forma monostica: sono cioè composte da una singola frase, in prosa,
grammaticalmente e logicamente indipendente. Tale indipendenza è sottolineata graficamente
dal fatto che ognuna di tali frase occupa una linea della pagina oppure è separata dalla
precedente da una spaziatura lasciata in bianco.
- Ogni massima presenta poi una struttura per lo più bipartita:
. un comando (o positivo o negativo, con prevalenza di questi),
. una spiegazione.
- Un "tema" viene trattato collegando più frasi indipendenti con la ripetizione della prima parola e
con la similarità della struttura delle frasi.
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. Le Istruzioni di Ankhsheshonqy
- Papiro in 28 colonne o pagine, ognuna di 26 linee. Le prime due pagine sono frammentarie.
- Grafia del tardo tolemaico (fine II sec. a.C. - inizio I sec. a.C.), ma composizione risalente al V IV sec. a.C.
- Introduzione narrativa, che si prefigge di descrivere le circostanze che hanno portato alla
composizione delle massime. Ankhsheshonqy, sacerdote di Ra ad Eliopoli, viene accusato di
essere implicato in un complotto contro la vita del faraone. Languendo in prigione, egli scrive,
sui cocci delle giare nelle quali gli viene portato il vino, delle massime per il giovane figlio. Tali
massime vengono poi lette anche dal faraone.
- Più di 500 massime, ognuna con struttura monostica. Esse sono espresse sotto forma di
comandi o come osservazioni generali. Molte di questo secondo tipo erano probabilmente
proverbi. Indirizzate a tutti, in particolare all’uomo medio.
- Contenuto miscellaneo: anche se diverse successive sentenze possono riferirsi ad uno stesso
argomento, non è detto che tutte le massime che riguardano uno stesso argomento siano poste in
ordine successivo.
- Morale molto terrena, utilitaristica; il principio morale cede spesso il posto alla convenienza e
all'opportunità.
- Il bene ha valore durevole di per sé e non è funzione della riconoscenza del beneficato. Tema
del "ben dare".
- Tema della relazione causa-effetto. Ad ogni azione umana corrisponde un'appropriata reazione;
le azioni malvage si ripercuotono su chi le compie. Questa relazione causa-effetto deriva
direttamente da un ordine del mondo, che è lo stesso nella sfera cosmica e nella sfera umana.
Quest’ordine cosmico, dipendente da dio, agisce, col processo di ritorsione, anche come garante
dell’ordine sociale. Poiché la ritorsione è implicita in quest'ordine, non tocca all'uomo
vendicarsi.
- Essendo immerso nell'ordine cosmico, con le sue azioni l'uomo deve mostrare prudenza,
coerenza, previdenza.
- Le buone e le cattive azioni sono classificate sotto due tipi umani:
. il saggio: prudente, cauto, desideroso di imparare;
. il folle: odia lo studio, agisce sconsideratamente.
Questa dicotomia saggio/folle si ritrova anche in altre letterature.
- Trattando delle donne, esprime il generale misoginismo che traspare dalla letteratura del
periodo. Le donne in genere vengono distinte in buone e cattive. Mentre alle madri vanno
affetto e rispetto, le mogli sono il bersaglio preferito dei suoi apprezzamenti critici.
- Trattando di adulterio e prostituzione, pur non essendo accondiscendente, riconosce un'implicita
debolezza dell’uomo, frenata a volte dal pericolo che può correre ... la borsa!
- La ricchezza è un bene, la povertà un male. La ricchezza va comunque ricercata, ma con onestà,
e il ricco deve mostrarsi generoso.
- Si tratta in definitiva di una moralità poco elevata; si insiste su consigli pratici, molti dei quali
egoistici. È una saggezza familiare e contadina.
. Le Istruzioni del Papiro Insinger
- L’ultima delle istruzioni egiziane.
- Mancano le prime 8 pagine; ne restano 35. La grafia è del I sec. d.C., ma la composizione risale
al tardo periodo tolemaico.
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- Struttura monostica. In base al contenuto le singole massime sono riunite in gruppi formanti
capitoli detti insegnamenti, numerati in maniera progressiva e forniti di titolo. In totale ci sono
25 capitoli (mancano i primi 5 e metà del sesto), ognuno con un numero variabile di linee (da 25
a 62); alla fine di ogni capitolo è riportato il numero totale delle linee di quel capitolo.
- Uso dei "paradossi": per azione del destino e della sorte il dio può fare accadere condizioni
contrarie a quanto ci si aspetterebbe dall’insegnamento morale espresso dal capitolo.
- Il volere divino, imperscrutabile ed imprevedibile, si manifesta attraverso il destino e la sorte,
cause ed operatori di cambiamenti; benché facenti parte dell’ordine divino essi possono
confondere la capacità di comprensione dell’uomo.
- Etica di sopportazione più che di azione. Le sue principali virtù sono la moderazione, il senso
della giusta misura, l’autocontrollo, la gentilezza, il timor di dio. Il saggio possiede queste virtù,
il folle no.
- Il saggio è anche "l'uomo di dio", il "pio", che vive in stretta relazione con la divinità. Il folle è
invece "l'uomo empio", il "peccatore", per il quale ci sarà sempre una punizione.
- Bisogna acquisire proprietà da giovani, ma senza mezzi illeciti. Occorre essere generosi coi
propri beni.
- Discorso sulla "buona vita", in tre parti:
. occorre godere, già da giovani, delle belle cose della vita: in particolare vino, cibo e donne.
. Discussione sulle "età dell’uomo": la vecchiaia comincia a 40 anni, quando si raggiunge
l'esperienza. Se benedetto da dio, l'uomo può aspettarsi altri 60 anni di vita.
. Pensieri sulla morte: non si possono portare i propri beni nell'aldilà: passano ad altri. L’avaro è
addolorato nel saperlo.
- Si limita a parlare delle donne nel contesto dell’adulterio, verso il quale non mostra alcun
atteggiamento permissivo.
- Tema del "non disprezzare una piccola cosa".
- Con questo papiro, il più filosofico di tutti gli Insegnamenti, termina, alle soglie del
Cristianesimo, la lunghissima tradizione egiziana della letteratura didattico- sapienziale.
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LA NARRATIVA IN PROSA
- È il genere letterario che meglio "parla" al lettore moderno: le opere che ha prodotto sono una
creazione dell’impulso narrativo universale.
- Si tratta comunque di opere che, benché di folclore, provengono dalla cerchia degli scribi
istruiti, scritte in un linguaggio sostanzialmente diverso da quello colloquiale che si trova nelle
lettere private.
- Il fatto che, tranne pochi casi, queste opere ci siano note in un esemplare unico (cosa che non
può essere tutta dovuta al caso) sta a testimoniare che la loro trasmissione non era affidata
esclusivamente ai testi scritti, ma era anche prevalentemente orale. Ne deriva che l'origine di
queste opere è generalmente molto più antica di quanto potrebbero far pensare le date dei papiri
che ce le hanno trasmesse.
- È possibile riconoscere diversi tipi di opere: racconti mitologici, romanzi d'avventura, epopee
storiche, racconti di fantasia, ecc.
- Molti motivi appartengono al patrimonio culturale di altri popoli: è possibile trovare paralleli
con le letterature antiche della Grecia, della Mesopotamia, dell'India, come pure con molte
letterature moderne. È tuttavia in Egitto che questi motivi trovano per la prima volta
un’espressione letteraria.
1) IL MEDIO REGNO
- È questo il periodo che vede la nascita e la piena affermazione del genere narrativo, che
continuerà poi fino alla fine della storia dell’Egitto antico.
. L’Oasita eloquente
- Noto da quattro manoscritti incompleti (nessuno posteriore alla XIII Dinastia), ma che insieme
ci forniscono il testo intero, in 430 linee. È uno dei più lunghi testi letterari egiziani.
- Consiste di un intreccio narrativo e di nove discorsi poetici. È sia una disquisizione seria sulla
necessità della giustizia ed una parabola sulla utilità della retorica. A volte, infatti, viene
classificato tra le opere didattiche.
- Un abitante dell’Oasi del Sale, spinto dalla carestia, scende in Egitto per vendere prodotti
dell’oasi in cambio di cibo per sé e la famiglia. Ma appena giunto in Egitto, un certo
Djehutynakht, servo del grande intendente dei domini Rensi, figlio di Meru, si impadronisce con
l’inganno di tutto il carico. All’oasita non resta che andare a lagnarsi dell’accaduto al cospetto di
Rensi, ma le sue richieste rimangono apparentemente lettera morta. Rensi, invece,
impressionato dalla forbita eloquenza dell’oasita, informa dell’accaduto il re, il quale, a sua volta
curioso, gli ordina di tirarla per le lunghe e contemporaneamente di mettere per iscritto tutte le
suppliche e di portargliele; nel frattempo, però, si preoccupi, in maniera anonima, che all’oasita
non manchi nulla.
E l'oasita si batte con caparbietà, sempre sul tema della giustizia, sul quale dà sfoggio di un
virtuosismo estremo nella tecnica della variazione, utilizzando un linguaggio immaginifico,
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basato su paragoni ed antitesi, spesso intraducibile laddove si fonda su giochi di parole e su
assonanze.
Alla fine, però, esausto, l’oasita decide di portare la denuncia dell’ingiustizia subita al cospetto
di Anubi stesso. Rensi comprende allora che non si può tirare oltre la corda e rende finalmente
giustizia al pover uomo.
. Il racconto del Naufrago
- In unica copia, preservataci sul Papiro Leningrado 1115.
- Quest’opera, che manca della parte iniziale, narra di un alto ufficiale che sta tornando da una
spedizione apparentemente infruttuosa, poiché egli è scoraggiato e timoroso di ciò che gli
succederà arrivato a Corte. Uno dei suoi attendenti (qui inizia la copia giuntaci) lo esorta a farsi
coraggio e, come esempio di come una disgrazia possa tramutarsi in un successo, gli narra una
meravigliosa avventura capitatagli anni addietro.
Mentre ritornava in Egitto, la nave sulla quale era imbarcato aveva fatto naufragio e lui, unico
superstite, era stato gettato dalle onde su di un’isola sconosciuta, ove viveva un essere divino, un
serpente lungo trenta cubiti, con le squame d’oro. Il serpente aveva accolto il naufrago sotto la
propria protezione e gli aveva predetto il suo non lontano ritorno in patria, accolto da onori. E
gli aveva anche raccontato la storia della sua vita.
La storia dell’attendente non deve aver però raggiunto il suo scopo, poiché al termine del
racconto l’ufficiale è ancora depresso.
- Racconto interessante per le rassomiglianze con altri testi posteriori e per l’utilizzo di temi
prossimi ai grandi temi mitici del pensiero mediterraneo.
. Le avventure di Sinuhe
- È l'unico documento di letteratura narrativa risalente al Medio Regno che sia sopravvissuto
nella cultura egiziana più tarda e che sia stato considerato un classico nelle scuole. Ne sono
ampia riprova le numerose copie, anche se frammentarie, pervenuteci. I due principali
manoscritti permettono di ricostruire la totalità della storia, che risulta essere uno dei capolavori
letterari di tutti i tempi.
- È la storia di una vita, esposta sotto forma di un’autobiografia ideale, anche se non può essere
considerata una vera autobiografia. La storia riflette una effettiva situazione storica: il periodo
che va dalla morte di Amenemhat I alla fine del regno del figlio Sesostri I.
- Sinuhe, dignitario di corte di Amenemhat I, era al seguito del principe ereditario Sesotri in una
spedizione contro i Libici. Durante il ritorno arriva a Sesostri la notizia della morte del padre
(forse per un complotto): senza indugiare un attimo il principe torna di volata a corte. Nel
frattempo la notizia era stata portata anche ad un altro principe al seguito, probabilmente
coinvolto nel complotto, e Sinuhe ne era venuto, inavvertitamente, a conoscenza. Terrorizzato,
temendo di essere in qualche modo coinvolto in una guerra civile, fugge e raggiunge, dopo mille
peripezie, l’Asia, dove viene accolto come figlio da un capo tribù locale, Amunenesci.
Qui sale man mano tutti i gradini della carriera ma, al colmo della fama e della gloria, non è
pienamente felice: si rende conto di essere pur sempre un esule e sente prepotente la nostalgia
della patria lontana.
Nel frattempo Sesostri I, informato della situazione nella quale si trova Sinuhe, gli manda un
messaggio invitandolo a tornare in Egitto. Con gioia Sinuhe ritorna in patria, dove viene accolto
con compiacimento dal re e dalla famiglia reale. Reintegrato nei suoi titoli e mantenuto ormai a
spese della Corte, egli non ha più che da attendere serenamente la morte, in previsione della
quale gli viene preparata una sontuosa tomba.
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- Quest'opera è l'esaltazione del sistema politico egiziano: la potenza e la gloria non hanno senso
se non inserite in una struttura globale che fa capo al re egiziano, al faraone.
. I racconti del Papiro Westcar
- Quest’opera (di cui manca l’inizio e la fine) contiene almeno cinque racconti, collegati
artificialmente da una trama narrativa; si tratta di narrazioni di cose meravigliose, di eventi
miracolosi, di contatto col soprannaturale.
- Questi racconti sono ambientati nell’Antico Regno: il re Cheope, in preda alla noia, fa venire i
suoi figli e li prega di distrarlo, narrandogli a turno di un evento miracoloso avvenuto nel
passato.
Tre dei figli raccontano storie meravigliose avvenute sotto i re Djoser, Nebka e Snofru.
L’ultima, raccontata dal principe Bauefra, è ricca di fascino e di freschezza: narra l’avventura di
venti giovani e belle rematrici che remano sul lago del Palazzo reale per rallegrare il re Snofru.
Ma quando alla capitana di una barca cade un pendaglio a forma di pesce nel lago, costei smette
di remare e con lei il suo equipaggio. Ma, su richiesta del re, un potente mago separa le acque
del lago, recupera il fermaglio e lo rende alla sua proprietaria.
Il principe Hardedef, invece di narrare una storia di meraviglie passate, chiede di portare a Corte
un mago tuttora vivente, un certo Djedi, in modo che sua Maestà possa constatarne di persona i
grandi poteri.
Dopo aver compiuto numerosi prodigi, richiesto da Cheope di rivelargli il numero delle stanze
segrete del santuario di Thot, Djedi inizia allora a profetizzare, in un avvenire ancora lontano, la
meravigliosa nascita dei primi tre re della dinastia successiva e nel suo narrare è adombrato il
carattere della V Dinastia, legata al sacerdozio di Ra. Dopo di che il narratore ci fa assistere,
quasi sorta di racconto anonimo, al compimento della profezia, ossia alla nascita di Userkhaf,
Sahura e Neferirkara, i primi tre sovrani della V Dinastia.
- Lo stile è semplice, senza ricercatezze; il vocabolario è poco vario. In questi racconti la magia
gioca un ruolo di primo piano ed essi sono progenitori di analoghi racconti del Nuovo Regno.
2) IL NUOVO REGNO
- Il Nuovo Regno aggiunge al genere prosa nuovi motivi, una lunghezza maggiore ed orizzonti
più larghi.
- Le opere di questo periodo sono scritte in neo-egiziano. Con eccezione delle Avventure di
Unamon, si tratta di opere dell’immaginazione; ma non favole popolari, bensì creazioni
artistiche complesse e deliberate.
. I due fratelli
- Questo racconto ci è stato tramandato dal Papiro D'Orbiney, datato alla fine della XIX Dinastia.
È praticamente completo ed è stato il primo dei racconti egiziani ad essere cononsciuto (dal
1852).
- È una storia complessa e vivace, ricca di motivi che hanno paralleli nelle letterature antiche. I
due protagonisti, i fratelli Anubi e Bata, sono in qualche modo connessi col mito di due dei
omonimi.
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- Il racconto si divide facilmente in due parti. La prima parte è la storia estremamente diffusa
del giovane casto che rifiuta l’amore cui non deve aspirare e che dalla donna rifiutata è
calunniata presso il marito che ne trae vendetta. La moglie di Anubi si invaghisce del cognato
Bata, ma, respinta, lo accusa presso il marito di aver cercato di usarle violenza. Accecato
dall’ira, Anubi vuole uccidere l’innocente Bata, ma questi, avvisato in modo magico del pericolo
incombente, fugge. Inseguito dal fratello, prima di esiliarsi definitivamente riesce a giustificarsi.
Anubi, costernato, se ne torna a casa, uccide la moglie e la getta in pasto ai cani.
- Il tema della donna infedele e corruttrice è trattato con agilità e l’autore riesce anche a ben
raffigurare il profilo psicologico dei personaggi.
- Nella seconda parte l'azione si svolge tutta in un contesto mitologico, nel mondo della magia e
del divino. Bata, esiliatosi volontariamente nella Valle del Pino (località immaginaria, descritta
come posta sulla costa fenicia) ed avendo deposto il proprio cuore, simbolo della sua vita, sopra
il fiore di un pino, trascorre le sue giornate dedicandosi alla caccia. Ma gli dei, impietositi dalla
sua solitudine, decidono di creargli una donna e ne danno l'incarico a Khnum. Questa donna è
bellissima, ma su di lei pesa un destino atroce: le sette Hathor hanno infatti stabilitò che sarebbe
morta di pugnale.
Bata avvisa la moglie di stare attenta al Mare, perché costui l’avrebbe altrimenti rapita. Un
giorno, infatti, il Mare insegue la ragazza con le sue onde e riesce ad impossessarsi di una sua
treccia. La treccia viene trasportata fino in Egitto, dove impregna del suo profumo le vesti del
faraone. Questi, allora, manda una spedizione a cercare la ragazza, che acconsente a scendere in
Egitto, dove diventa la favorita del sovrano. Ma timorosa della vendetta di Bata ne medita la
morte: rivela al re che la vita di Bata è legata al pino sul quale egli ha posto il suo cuore.
Immediatamente il faraone manda gente a tagliare l’albero e Bata cade morto.
Ma Anubi, avvertito in modo magico della sorte del fratello, parte alla volta della Valle del Pino
e si mette alla ricerca del cuore di Bata. La ricerca dura più di tre anni, ma alla fine, quando
ormai è esausto, trova un granello che altro non è che il tanto cercato cuore, ormai rinsecchito.
Lo pone in una brocca d’acqua e lo fa ingoiare al fratello, che così torna alla vita.
Inizia ora l’ultima parte del racconto, in cui tutta una serie di successive trasformazioni
porteranno Bata ad ottenere vendetta della moglie. Dapprima prende l’aspetto di un toro divino
e, accompagnato in Egitto da Anubi, viene accolto nel Palazzo reale. Qui si rivela alla donna,
ma questa, impaurita, ottiene dal sovrano che il toro venga sacrificato. Due gocce del suo
sangue, però, schizzate ai lati della porta del Palazzo, germogliano durante la notte come due
grandi piante di persea, nuovo aspetto scelto da Bata per manifestarsi alla moglie. Costei, però,
ancora una volta ottiene che le piante vengano recise. Ma una scheggia le entra in gola e la
donna rimane incinta: Bata si ridà vita nel seno della propria moglie e rinasce come figlio del re.
E quando a suo tempo salirà sul trono il suo primo atto sarà quello di punire la donna infedele.
- Mentre alcuni autori hanno dato una interpretazione storica al testo, vedendovi tratteggiata,
come per il Papiro Westcar, la nascita di una dinastia, altri, invece, hanno visto nelle successive
trasformazioni di Bata e nel suo finale generare se stesso il simbolo della perpetua e sempre
rinnovata identità della figura divina del faraone.
. Il principe predestinato
- Il tema motore di questo racconto è il destino al quale il giovane principe era stato assoggettato
al momento della nascita.
- Un re d’Egitto non ha figli maschi; prega pertanto gli dei e questi gli donano il tanto desiderato
erede. Ma le sette Hathor predicono per il giovane principe un tragico destino: "Morirà per il
coccodrillo, o per il serpente, oppure per il cane". Il padre cerca di impedire l’inevitabile
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facendo costruire nel deserto un castello nel quale il principino dovrà crescere in isolamento.
Divenuto adulto, sia lui che il padre si rendono conto che è inutile lottare contro il destino, ed il
giovane principe parte in cerca di avventura.
Arriva nel paese di Naharina, dove vive un re che ha solo una figlia. Costei è stata isolata in una
specie di torre la cui finestra è a ben 37 m. dal suolo; il padre l’ha promessa in isposa a colui che
riuscirà, saltando, a raggiungere la finestra. Numerosi princpi di Siria già avevano tentato
invano la prova ed il nostro giovane, che cela però la sua vera identità, viene accolto tra i
pretendenti e si cimenta anche lui nell’agone: inutile dirlo, al primo balzo raggiunge la tanto
desiderata finestra.
Il re non vuole saperne di concedere la figlia a chi crede non essere nobile, ma alla fine, vinto
dalle insistenze della figlia stessa e conquistato dal comportamento del giovane, acconsente.
Il principe rivela alla moglie il suo destino di condanna e costei si pone allora come custode del
proprio sposo. Grazie alla sua vigilanza riesce a salvarlo dal serpente. Poi il testo diventa
oscuro, per le numerose lacune, ma lascia intravvedere come il giovane riesce probabilmente a
salvarsi anche dal destino del coccodrillo. Il papiro termina quindi bruscamente, privandoci
della fine del racconto.
- I primi studiosi, nella convinzione che nell’antichità il destino fosse considerato inesorabile,
hanno proposto una fine tragica del racconto, con la morte del giovane ad opera del cane.
Questa triste fine non è ora in genere accolta: si assume per lo più ora, infatti, che la conclusione
della storia debba essere stata positiva. Parallelo della Bella addormentata nel bosco.
. Verità e Menzogna
- Perduto l'inizio; le prime quattro pagine presentano molte lacune. I due protagonisti, i fratelli
Verità e Menzogna, sono concetti astratti personificati.
- Menzogna aveva prestato un coltello dalle qualità prodigiose al fratello maggiore Verità. Costui
l’aveva perso o danneggiato ed il fratello l’aveva tratto in giudizio davanti al tribunale
dell’Enneade, chiedendo, ed ottenendo, che venisse accecato e posto come suo portinaio. Ma
poiché la vista quotidiana del fratello gli ricordava la sua malvagia condotta, lo aveva fatto poi
portare nel deserto ed abbandonare agli animali selvatici. Era però stato visto da una dama, che,
innamoratasene, lo aveva fatto portare a casa sua. La donna, che da Verità aveva anche avuto un
figlio, dopo aver soddisfatto il suo capriccio aveva relegato il povero cieco a fare il portinaio. Il
bambino, cresciuto, aveva scoperto chi era il padre e, da figlio devoto, se ne era preso cura e,
saputa da lui tutta la storia, aveva deciso di vendicarlo. E con un capolavoro di malizia,
utilizzando le stesse armi dell’assurdo che aveva usato Menzogna, riuscì ad ottenere giustizia.
- I personaggi principali ricordano quelli del mito osiriano.
- Il fine morale e didattico del racconto è di mostrare che il Bene prevale sempre, anche se alla
fine, sul Male.
. La disputa tra Horus e Seth
- Tramandatoci dal P. Chester Beatty I, proveniente da Tebe e datato al regno di Ramesse V (XII
sec. a. C.).
- Il motivo della storia è dichiaratamente mitologico ed è ambientato interamente tra gli dei. Si
tratta di una riedizione grossolanamente umoristica del mito principe dell’Egitto: alla base della
narrazione sta infatti l’antichissima leggenda della rivalità tra gli dei Horus e Seth, che
rivendicano entrambi l’eredità di Osiri, ossia la sua funzione regale: il primo in qualità di figlio,
il secondo come fratello. La contesa dura ormai da ottant’anni, senza che il tribunale divino
dell’Enneade arrivi a prendere una decisione. Ognuno dei due contendenti ha i propri partigiani
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tra i giudici divini, ma il dio Horus, spalleggiato dalla madre Isi, riesce infine ad incastrare
Seth, che però non vuole accettare il responso. Se alla fine giustizia viene fatta è perché il dio
Osiri stesso, disgustato dal comportamento dell’Enneade, minaccia dei e dee, colpevoli di
ostacolare i giusti diritti del figlio Horus, di lasciare liberi i suoi demoni "dal viso feroci", che
strappano il cuore a chi compie ingiustizie.
- È una scanzonata ed irriverente pittura del mondo divino: il mondo soprannaturale in cui gli dei
si muovono non è che il riflesso di un mondo umano volgare e vizioso. L'autore del racconto
non risparmia il sarcasmo sugli dei, sottolineandone con compiacenza le debolezze, i difetti, i
vizi.
- Dei due personaggi principali, Horus è dipinto come un ragazzo dalla costituzione debole e dal
carattere incoerente, ma ingegnoso e buono; Seth, al contrario, è rappresentato come un essere
forte, brutale, scostumato, facile all’ira e piuttosto stupido.
- La trama, abbastanza semplice, viene vivacizzata dall’autore introducendovi tutta una serie di
episodi secondari, ricollegandosi anche a leggende più antiche e per le quali è a volte possibile
trovare paralleli nel mondo greco. Preoccupato soprattutto di unire in maniera piacevole e
divertente i vari episodi del mito, egli rifugge da ricercatezze stilistiche: ne risulta uno stile
narrativo piuttosto piatto e scialbo, basato su un vocabolario povero e formule ripetute.
. Le disavventure di Unamon
- Il papiro, mancante della parte finale della storia, è conservato al Puskin Museum di Mosca. È
datato alla XXII Dinastia, ma la sua composizione risale probabilmente alla fine della XX
Dinastia.
- Il racconto si presenta come la copia, in versione letteraria, di un resoconto di viaggio composto
o dallo stesso protagonista al rientro della sua missione o poco dopo la sua morte. Esso presenta
un ben preciso momento storico: la datazione iniziale si riferisce all’anno quinto dell’era nota
come "Ripetizione di Nascite", un’epoca di rinascita nazionale che sappiamo aver avuto inizio
nell’anno 19° del regno di Ramesse XI, verso il 1080 a.C.
- Unamon, alto funzionario tebano, viene inviato a Byblos per comprare legname per la barca
sacra del dio Amon; in effetti egli è soltanto l’accompagnatore umano della statua di "Amon
della strada", vero ambasciatore di Amon. Ma l’Egitto ha ormai perduto per sempre il suo
impero ed il suo prestigio agli occhi degli asiatici: per questo, una semplice spedizione
commerciale può tramutarsi in una serie di disavventure ed umiliazioni per il poveretto al quale
viene affidata.
Unamon viene dapprima derubato dei suoi averi, poi, giunto finalmente a Byblos, viene lasciato
attendato per un mese sulla spiaggia, col principe della città che gli nega la consegna del
legname perché non possiede le credenziali ufficiali. E soltanto quando dall’Egitto arriverà il
pagamento desiderato, il legname sarà consegnato. Ma anche adesso che l’affare sembra
concluso, per Unamon non sono finiti i guai: spinta dal vento, la nave sulla quale rientrava in
Egitto finisce sulle coste di Cipro, dove gli abitanti cercano di metterlo a morte. E qui, con
l’intervento fortuito della regina dell’isola in aiuto al nostro eroe, termina purtroppo il papiro.
- Da un punto di vista letterario, quest’opera costituisce il parallelo neo-egiziano della avventure
di Sinuhe. Ma mentre quelle riflettevano il crescente potere politico dell’Egitto, il racconto di
Unamon ne sancisce il declino: l’amaro trattamento a cui l’inviato di Amon viene sottoposto è
testimonianza inequivocabile della perdita irreversibile di quel rispetto che solo il potere sapeva
imporre.
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LA NARRATIVA DEMOTICA
- Le principali opere del periodo post-imperiale non sono scritte nella grafia geroglifica, ma in
demotico, e risultano pertanto tutte essere posteriori alla salita al trono della dinastia saita, la
XXVI.
- Questi racconti mantengono la tradizione narrativa del Nuovo Regno e sono di lettura
piacevole. Una loro caratteristica è inoltre che possono per lo più ricondursi a cicli: le più
importanti sono quelle relative al ciclo di Petubasti ed al ciclo di Setne Khaemwas.
3.1) Le storie del ciclo di Setne Khaemwas
- È una sequenza di due storie costruite attorno alla personalità del principe Khaemwas, il quarto
figlio del re Ramesse II. Personaggio storico realmente esistito, egli si fregiò del titolo di
sacerdote-setem di Ptah: nei racconti demotici questo titolo è scritto "Stne" ed è usato come se si
trattasse di un nome proprio. È perciò invalsa l’abitudine di chiamare l’eroe di questi racconti
col nome di Setne Khaemwas e di riferirsi ad essi come a Setne I e Setne II.
- Entrambe le storie sono interessanti per il colore e la vividezza della narrazione. Esse occupano
degnamente un posto tra i capolavori della letteratura mondiale.
. Setne I o "Il libro magico di Naneferkaptah"
- Questa storia è conservata sul P. 30646 del Museo del Cairo, datato al III sec. a.C.
Originariamente, il papiro aveva sei pagine, numerate, ma le prime due sono andate perse.
- Il tema centrale di Setne I è il desiderio del principe Setne Khaemwas di possedere un libro di
magia che era stato scritto dal dio Thot stesso. Naneferkaptah, figlio di un faraone vissuto molto
tempo prima, la cui esistenza era stata riempita dalla passione per la magia e per il passato, era
venuto anch’egli a conoscenza dell’esistenza di questo libro e con l’aiuto della propria magia era
riuscito a sottrarlo a Thot. Ma l’ira del dio non era tardata ad arrivare e Naneferkaptah aveva
pagato il possesso del libro con la propria vita e con quella della moglie e del figlio. L’infausto
documento si trovava ora sepolto nella tomba di Naneferkaptah.
Quando Setne, anch'egli mago, riesce a trovare dove si trova la tomba e vi penetra con l’intento
di asportarne il libro, allora lo spirito di Ahura, moglie di Naneferkaptah, gli racconta la tragedia
che era successa alla sua famiglia, cercando di dissuaderlo dal possedere il libro. Setne riesce
ugualmente ad averlo, giocandolo agli scacchi con lo spirito di Naneferkaptah, e lo porta via,
incurante delle parole del principe che già lo vede tornare pentito ed umiliato. Così infatti
avverrà: Setne viene affascinato da una bellissima e cattiva donna, una sacerdotessa cortigiana,
Tabubu, che sfruttando il di lui desiderio di possederla, gli sottrae dapprima tutti i beni e poi
giunge a chiedergli di uccidere anche i propri figli. Ma questa terribile prova non si rivela che
un sogno: Setne capisce che l’incubo gli è stato mandato da Naneferkaptah e gli restituisce il
libro magico.
- Questa storia esemplifica il tradizionale concetto egiziano che la magia è un’arma legittima per
gli uomini, ma che la conoscenza dei segreti ultimi della vita e del mondo sono loro preclusi ed
appartengono solo agli dei.
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. Setne II, o "I prodigi di magia del piccolo Siosiri"
- Questa storia è scritta sul verso del P. 604 del British Museum, e risale al periodo romano (II
secolo d.C.). L’inizio è perso anche qui, ma poiché le pagine non sono numerate non è possibile
sapere quante preciso sono mancanti.
- Setne II, ancor più immerso del primo nella magia e nel prodigioso, consiste di due diversi
racconti riuniti per il tramite della figura di Siosiri, figlio che Setne aveva ottenuto per grazia
dagli dei. Siosiri, che fin da fanciullo mostra straordinarie doti divinatorie, è il vero eroe dei
racconti e mette in ombra anche il padre.
- Il punto centrale del primo racconto è la visita di Setne nell’aldilà, accompagnato dal figlio.
Colà Setne è testimone che né la ricchezza né il fasto dei funerali potranno assicurare la salvezza
ultraterrena agli uomini, ma soltanto le loro buone azioni.
- Il concetto egiziano dell’aldilà, come compare in queste forme tarde, ha assorbito anche elementi
di origine greca, testimonianza delle connessioni e del sincretismo fra le culture egiziana e greca
nell’Egitto greco-romano, sicuramente più tangibili di quanto siano finora riconoscibili.
- Nel secondo racconto le capacità divinatorie di Siosiri si rivelano appieno in occasione della
sfida di magia rivolta al faraone Ramesse II dal sovrano di Nubia. Il faraone chiede aiuto a
Setne; ma la sfida, anche per lui, pur mago, si prospetta subito ardua. Inaspettatamente il figlio
Siosiri gli giunge allora in aiuto e, davanti alla corte, legge il documento sigillato, nel quale è
narrata la storia della sfida tra il mago etiope Horus, figlio di una nubiana, ed il mago egiziano
Horus, figlio di Panesci, al tempo di Thutmosi III. La sfida si era risolta con la vittoria del mago
egiziano, il quale aveva fatto giurare all’etiope di non ritornare in Egitto per millecinquecento
anni. Questo è quanto era scritto nel documento.
Ma ora questi anni sono trascorsi e Siosiri rivela che il messaggero che ha portato la sfida altri
non è che lo stesso Horus, figlio della nubiana, ritornato per vendicarsi. Un altro colpo di scena
avviene quando Siosiri si rivela essere l’incarnazione di Horus, figlio di Panesci. Nel regno di
Osiri aveva saputo che il mago etiope sarebbe venuto nuovamente in Egitto ed aveva allora
pregato Osiri di concedergli di poter ritornare anche lui sulla terra. Siosiri-Horus distrugge
quindi col fuoco il mago redivivo, poi scompare improvvisamente come un’ombra ma, per
consolare il dolore del padre putativo Setne, gli manda un figlio, Usermontuhor.
3.2) Le storie del ciclo di Petubasti
- Il cosidetto "ciclo di Petubasti" è una sequenza di racconti intrecciati attorno alle persone di
alcuni principi e sovrani, in particolare il re Petubasti di Tanis, il principe Inaro di Eliopoli, ed i
loro congiunti Pami, Petikhonsu ed altri. I temi centrali delle storie di questo ciclo sono contese
e combattimenti tra i vari eroi ed i loro avversari, i combattimenti essendo preceduti da lunghe
sfide ed elaborati discorsi.
- Queste storie sembrano essere ambientate nella situazione storica del periodo post-imperiale (tra
la XXIII e la XXV Dinastia), quando l’Egitto era governato da numerosi principi che si
combattevano l’un l’altro per ottenere maggior potere e prestigio. In questo fittizio quadro
storico sono comunque riconoscibili e facilmente identificabili, come si vedrà, anche elementi
della storia egiziana più tarda. In questi racconti non si ha pertanto una narrazione strettamente
aderente ai fatti, ma una storia romanzata di tipo popolare.
- I testi di questo ciclo, che utilizzano elementi della leggenda e dell’epos popolare più antichi, si
possono ritenere frutto della tarda cultura egiziana ed ellenistica, e la loro redazione può essere
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fatta risalire, in base ad elementi diversi, ma soprattutto per l’evidente ed esplicita influenza
dell’epica omerica, all’età ellenistica.
- A tutt'oggi si conoscono diverse distinte storie appartenenti a questo ciclo, preservate, purtroppo
tutte in maniera incompleta, su molti papiri demotici del periodo greco-romano, conservati a
Copenaghen, a Vienna, a Berlino ed a Firenze ed alcuni addirittura ancora inediti. Le principali
sono:
. Inaro ed il Grifone del Mar Rosso
- Il principe di Eliopoli Inaro si trova sulla costa del Mar Rosso, dove un enorme grifone getta lo
scompiglio nell’esercito egiziano. Il principe si ricorda di aver sentito parlare di un essere simile
una volta che ebbe a soggiornare nel regno di Meroe e ne parla ai soldati. Terminato il racconto,
questi si apprestano a combattere il mostro; purtroppo, a questo punto, il seguito del testo è
frammentario, ma si può intravvedere come Inaro fosse riuscito poi ad ucciderlo con una lancia
dalla punta di ferro e si fosse fatto, con la sua pelle leonina, una corazza.
. La contesa per la prebenda di Amon
- Questo racconto è parzialmente conservato da un papiro risalente alla fine del I sec. a.C. ed ora a
Strasburgo. Benché l’inizio sia mancante, la prima parte della storia può essere parzialmente
ristabilita dai minuti frammenti di un altro papiro, noto come Papiro Seymour de Ricci.
- Durante la celebrazione di una festa di Amon sulla sponda occidentale del Nilo a Tebe, alla
quale partecipa anche il faraone Petubasti, tredici "pastori" del Delta, di origine asiatica, ed un
giovane sacerdote di Horus di Buto si impadroniscono della barca sacra del dio. Il giovane
sacerdote pretende per sé la prebenda del sacerdozio di Amon, che Petubasti aveva invece
attribuito abusivamente al proprio fratello Ankh- Hor. La risoluzione della contesa viene
lasciata alle armi e termina, come pare arguirsi dai frammenti di Seymour de Ricci, con la
sconfitta degli asiatici e del sacerdote di Horus.
. La lotta per la corazzo di Inaro
- L’azione del racconto si svolge dopo la morte e la sepoltura di Inaro e vede contrapposti da una
parte Pami il giovane, figlio di Inaro, e dall’altra Urtepamonniut, figlio di Ankh-Hor, fratello di
Petubasti. Urtepamonniut aveva rubato la corazza di Inaro dalla tomba dell’eroe - si trattava
della corazza che Inaro si era fatta con la pelle del grifone del Mar Rosso -, suscitando la giusta
ira di Pami.
Fallito un tentativo di risolvere diplomaticamente la questione, i due contendenti ed i rispettivi
sostenitori si scontrano sul campo di battaglia. La vittoria finale tocca alla famiglia di Inaro e la
corazza dell’eroe viene riportata ad Eliopoli.
- L’influenza dell’epica omerica vi è riconoscibile in molti elementi stilistici e letterari: i più
evidenti punti di contatto sono la trama stessa del racconto (la lotta per la corazza di Inaro) che
ricorda la rivalità per le armi di Achille; l’intervento diretto della divinità con il quale si apre il
racconto; la descrizione degli eroi che indossano le armi, in cui vi è un’enumerazione
particolareggiata di ogni pezzo dell’abbigliamento, con una precisione che ricorda la vestizione
degli eroi omerici; il campo di battaglia diviso in due parti: la zona dell’approdo ed il campo
vero e proprio; l’elenco delle navi che approdano, che è un vero "catalogo delle navi" omerico.
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. Gli Egiziani e le Amazzoni
- Benché sia in uno stato molto frammentario (rimane meno della metà del testo e manca l’inizio),
il racconto presenta grande interesse dal punto di vista letterario.
- Così come giuntoci, il racconto inizia con l’arrivo del principe Petikhonsu, della famiglia di
Inaro, nella terra di Khor (toponimo che qui indica l’Assiria), mentre era diretto in India con una
spedizione militare (riflesso, forse, della spedizione indiana di Alessandro Magno). Con gli
alleati assiri egli entra poi nel "paese delle donne", una regione della terra di Khor abitata dalle
Amazzoni, governate dalla regina Serpot, e si accampa vicino alla loro principale fortezza.
Dapprima Petikhonsu non interviene negli scontri, ma quando gli Assiri vengono sconfitti allora
egli sfida a duello la regina Serpot. Il combattimento dura per l’intera giornata ed al tramonto i
due contendenti si accordano per un armistizio. Hanno così modo di poter parlare liberamente
tra loro e finiscono per innamorarsi. Le Amazzoni diventano pertanto alleate degli Egiziani e
danno loro un aiuto a sconfiggere il principe dell’India.
Benché manchi la parte finale del racconto, questo si concludeva probabilmente col ritorno in
Egitto dell’eroe, accompagnato da Serpot.
- È evidente l’ispirazione greca nell’amore della regina delle Amazzoni per il suo avversario,
parallelo esatto all’amore tra Achille e l'amazzone Pentesilea; manca, tuttavia, il tono tragico che
l’episodio ha nella versione greca.
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LE LIRICHE D’AMORE
- Esse meritano un posto particolare nell'ambito ben più vasto della letteratura innologica. Si
tratta di un genere di liriche creato nel Nuovo Regno: le liriche rimasteci risalgono tutte al
periodo della XIX e della XX Dinastia. Insieme al Cantico dei Cantici, esse sono le uniche
liriche d’amore pervenuteci dal Vicino Oriente antico.
- Si sforzano di mettere in luce i sentimenti predominanti nel gioco d'amore tra un uomo e una
donna. Il poeta non parla d'amore in astratto, ma raffigurando persone innamorate. Questi
amanti sono in genere due giovani, non ancora sposati, che si riferiscono a vicenda con gli
appellativi di fratello e sorella, da non intendersi alla lettera. Per lo più le ragazze svolgono un
ruolo più attivo che non i loro partner.
- Pur avendo una certa carica di erotismo, queste liriche non scendono tuttavia nei dettagli
dell'attività sessuale. L'atto sessuale non viene mai descritto, neppure eufemisticamente.
- Base di queste liriche è il dialogo interiore, il monologo, col quale ci si rivolge al proprio cuore.
Le parole dette vanno quindi considerate come pensieri.
- Si tratta di opere letterarie, niente affatto ingenue, prodotte da artisti letterariamente maturi. Si
fa spesso uso di punti metrici per segnare il "verso" e di un segno apposito (il braccio piegato)
per indicare la "stanza", o strofa.
- Venivano probabilmente recitate, forse con accompagnamento di canti, musiche e movimenti
mimati, durante le feste.
- Sono noti quattro manoscritti, risalenti tutti al periodo ramesside (in particolare da Seti I a
Ramesse V, ossia 1305 - 1150 a.C circa). La composizione delle liriche non dovrebbe risalire a
prima del regno di Amenhotep III.
. Il Papiro Chester Beatty I
- Risale alla XX Dinastia e proviene da Tebe. È lo stesso papiro che ci ha tramandato il racconto
della Disputa tra Horus e Seth. Contiene tre gruppi di liriche d’amore:
* un ciclo in sette "stanze", introdotte dal titolo "Inizio dei detti della Grande Dispensatrice di
gioia". Ogni stanza ha un’intestazione numerata ed inizia e termina con un gioco di parole sul
numero della stanza stessa.
* Una sequenza di tre liriche, non numerate, ma collegate dal contenuto: lo stesso desiderio che il giovane si affretti dall’amata - viene espresso in tre modi diversi ("I tre desideri").
* Una libera sequenza di sette liriche, non integrate in un ciclo, ma raccolte sotto il titolo
introduttivo di "Inizio del dolce detto trovato in una collezione di testi e che scrisse lo scriba
della necropoli Nakhtsobek" ("Canti di Nakhtsobek").
- L’ultimo gruppo di liriche è datato paleograficamente al regno di Ramesse V, mentre gli altri
due risalgono al periodo iniziale della dinastia.
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. Il Papiro Harris 500
- Risale all'inizio della XIX Dinastia (regno di Seti I). È lo stesso papiro che ci ha tramandato i
racconti del Principe predestinato e della Cattura di Joppa. Contiene tre gruppi di liriche,
probabilmente copiati da manoscritti diversi:
* un’antologia di otto liriche, indipendenti tra loro. Il titolo è andato perduto.
* una raccolta di otto liriche, sostanzialmente indipendenti, riunite sotto il titolo "Inizio del
canto di piacere". Tutte le liriche sono poste sulla bocca della ragazza.
* Una lirica in tre stanze, che porta anch'essa il titolo "Inizio del canto di piacere". È recitata
da una ragazza che si aggira per un giardino. Ogni stanza inizia citando un fiore.
. Il Papiro di Torino n. 1966
- Datato all’inizio della XX Dinastia. Comprende un’unica lirica, divisa in tre stanze. Le parole
di ogni stanza sono poste sulla bocca di un albero (persea, fico sicomoro, sicomoro): da qui il
titolo di "Canti del boschetto" con cui la lirica è anche nota.
. Il vaso del Cairo
- Datato alla XIX od alla XX Dinastia. Quando integro, era alto 36.5 cm e aveva un diametro
massimo di 43 cm. Sono stati trovati 31 frammenti (ostraca), ma molti sono ancora mancanti.
- È possibile riconoscere due liriche, ognuna composta da sette stanze:
* nella prima lirica, un fiume separa i due amanti. Esso è simbolo di tutte le incertezze e le
esitazioni che possono frapporsi alla realizzazione del sogno d’amore. Il ragazzo, nonostante
i pericoli della piena e dei coccodrilli, attraversa però il fiume ed ottiene la cercata
ricompensa.
* Nella seconda lirica, tutte le stanze iniziano con l’espressione desiderativa "Oh, se solo ..." ("I
sette desideri"). È il ragazzo che parla ed esprime il suo desiderio di poter essere vicino
all’amata.
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LA LETTERATURA FUNERARIA
- Tra i popoli antichi, l’egiziano è quello che più ha speculato sull’aldilà. La vita ultraterrena fu
concepita in termini grandiosi: il defunto diventava simile ad un dio.
- Fu dapprima per i sovrani che vennero elaborati rituali funerari: si nota poi un graduale processo
di democratizzazione dell'aldilà, che ha fatto sì che privilegi prima esclusivi del re diventassero
appannaggio di ognuno, garantendo a tutti la sopravvivenza.
- Ci sono pervenute tre grandi collezioni di testi funerari, corrispondenti grosso modo alle tre
principali divisioni della storia egiziana: i Testi delle Piramidi per l’Antico Regno, i Testi dei
Sarcofagi per il Medio Regno, ed il Libro dei Morti per il Nuovo Regno ed il Periodo Tardo e
tolemaico-romano. A queste tre grandi raccolte, altri testi sono da aggiungere, provenienti per lo
più dalle tombe regali del Nuovo Regno.
. I Testi delle Piramidi
- Più antico nucleo di testi religiosi funerari lasciatici da tutta l’umanità, devono il loro nome al
fatto di essere stati incisi sulle pareti delle camere più interne di alcune piramidi di Saqqara, a
partire da quella di Unas (fine V Dinastia).
- Mostrano caratteristiche particolari di scrittura, dovute a motivi superstiziosi: modificazioni nel
tracciato di esseri animati, con l’intento di renderli innocui ed inoffensivi.
- Si tratta di una serie di incantesimi che si prefiggono di favorire la resurrezione ed il benessere
del re defunto. Alcune formule si avvicinano alla poesia.
- Composti a partire da materiale tutt'altro che omogeneo, né come data di composizione né come
significato rituale. Molto del materiale risulta databile, per ragioni interne, fra il V ed il IV
millennio a.C.
- Nello sforzo di sistemazione di questi testi non è tanto da ricercare il desiderio di una
sistematicità, quanto il tentativo, elaborato dai teologi eliopolitani, di convogliarvi all’interno
due grandi correnti religiose: il culto solare di Eliopoli ed il credo osiriano, due "credi" e due
"mondi" rispettivamente collegati al Basso ed all’Alto Egitto. Questa ambivalenza tra il mondo
di Ra ed il mondo di Osiri - che dal punto di vista storico è testimoniata dal ritrovamento per i
faraoni delle primissime dinastie di due sepolture regali, una ad Abido ed una a Saqqara - troverà
risoluzione solo nel Libro dei Morti.
- Tema centrale e scopo di questi testi è la resurrezione del re defunto e la sua ascesa al cielo. Egli
è dio e come tale non può sottostare al destino dei comuni mortali. I principali passaggi di
questa conquista della vita eterna sono:
* Il risveglio nella tomba dal sonno della morte.
* La salita al cielo. Molte varianti: il re giunge al cielo o portatovi da specifici dei, o rapitovi
dal turbine, o come fulmine, o salendo scale o rampe, od assimilandosi ad uccelli ed insetti, o
sul fumo.
* L'ammissione del faraone nel consesso degli dei. L’arrivo del faraone coincide con un
turbamento nel mondo degli dei, che gli rendono omaggio, lo riconoscono come maggiore di
loro e lo pongono sul trono. A volte gli dei fuggono terrorizzati davanti al suo arrivo, ed in
un caso egli dà loro addirittura la caccia e se ne nutre (Inno Cannibale). In un altro inno
l'assimilazione del faraone agli dei è resa ancor più chiara e completa dall’identificazione di
ogni parte del suo corpo con un dio.
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- Al tema principale della rigenerazione del faraone defunto, altri se ne aggiungono, relativi alle
purificazioni ed alle offerte di cibi e bevande, nonché formule di scongiuro contro i serpenti.
- Primi accenni alla topografia della Duat, l'Aldilà, col Campo dei Giunchi, i Campi Hotep,
l'Akhet, il Qebehu.
. I Testi dei Sarcofagi
- Con la fine dell’Antico Regno viene a crearsi una nobiltà feudale ed una borghesia che si
appropriano gradualmente delle prerogative di salvezza riservate in origine al solo faraone. Le
tombe di questi personaggi riportano iscrizioni funerarie, redatti per lo più sui sarcofagi, da cui il
nome di Testi dei Sarcofagi.
- Sono circa una ventina le località - distribuite tra Memfi ed Aswan - che ci hanno lasciato
testimonianza di tali testi, la cui data di composizione varia dalla Nona alla Tredicesima Dinastia
(ca. 2160-1700 a.C.), con uno sviluppo particolare durante la Dodicesima Dinastia.
- Per lo più questi testi si trovano, in colonne verticali, sulle pareti interne dei sarcofagi, scritti
sulle tavole di legno prima che queste vengano assemblate. Al di sopra di essi si sviluppa un
fregio di oggetti che avrebbero potuto essere di utilità al defunto nella vita postuma e di offerte
alimentari.
- Essi discendono direttamente dai Testi delle Piramidi ed alcune formule non sono che imprestiti
diretti. La maggior parte del materiale è tuttavia nuova, originale, riflette le sue origini non reali
e si rifà alle tradizioni locali. Si è creato cioè un insieme eterogeneo, variante da una regione
all’altra. Nel loro insieme, questi testi portano il titolo di sakhu "formule di glorificazione", ma
esiste anche il titolo secondario di "Libro del proclamare giusto un uomo nel regno dei morti".
- Attestate circa milleduecento formule, di lunghezza variabile: da poche frasi ad interi capitoli. È
possibile riconoscere in esse inni, invocazioni, imprecazioni, incantesimi, descrizioni di
paesaggi.
- Tema dominante è tuttavia il trionfo della vita sulla morte, espresso in maniera concreta
attraverso l’assimilazione del morto al dio Ra in persona. Ma il dio sole non è più la divinità
dominante: il defunto desidera anche trascorrere l 'eternità con Osiri, diventando così l’Osiri NN.
- Ciascuna delle sei pareti del sarcofago è invocata come divinità incaricata di restituire
l’essenziale delle funzioni della parte del corpo che custodisce. Altre formule menzionano il
giudizio davanti al tribunale dell’aldilà. Il morto viene quindi accolto tra gli dei, dopo aver
dovuto però evitare molte trappole. Quale dio, si nutre degli alimenti degli dei. Egli può inoltre
assumere diversi aspetti, di divinità o di forze della natura.
- L’ultima parte del rituale è consacrata a ciò che viene comunemente indicato come Libro delle
Due Vie, guida dell’oltretomba a disposizione del defunto. Ne sono noti una ventina di
esemplari, riportati sul fondo interno dei sarcofagi dei grandi funzionari di Deir el-Bersha. Si
presenta come una carta topografica dell’aldilà, con indicati i cammini percorsi dal defunto per
raggiungere Osiri e vivere accanto a lui (secondo altre versioni per unirsi al dio sole Ra). Questo
Libro comprende quattro parti:
* Prima parte: vengono descritti i due cammini che congiungono l'Oriente con l'Occidente, uno
d'acqua ed uno di terra, uno lunare ed uno solare.
* Seconda parte: i due cammini conducono entrambi, come prima tappa, a Ro-setau, la
necropoli, ove sono conservate le secrezioni del cadavere di Osiri, simbolo della fertilità.
* Terza parte: il defunto entra nel dominio lunare.
* Quarta parte: descrive l’ultima parte del viaggio del defunto, che deve attraversare sette porte,
custodite da terribili guardiani, per aver accesso al domino della luce. L’ultima formula
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esprime la creazione del mondo da parte del demiurgo: in essa il dio afferma che il male
non è opera divina, ma che gli uomini lo compiono di propria spontanea volontà.
- Nonostante la profondità, la varietà e la ricchezza del pensiero religioso degli antichi Egiziani,
mancano ancora criteri morali connessi col raggiungimento della vita eterna: la sua acquisizione
è garantita dal semplice possesso delle formule iscritte.
. Il Libro dei Morti
- È il più antico libro illustrato del mondo; ha l'aspetto di una lunga compilazione di formule
destinate ad assicurare la risurrezione del defunto ed a facilitare alla sua anima il viaggio
nell’aldilà.
- Riunite in una silloge, queste formule presero l’aspetto di un libro, scritte in centinaia di copie su
papiri, che tutti potevano acquistare.
- Il nome di Libro dei Morti venne coniato dal Lepsius; il suo vero titolo è: "formule per uscire al
giorno".
- Il più recente, in demotico, è del 63 d.C.
- È nato nella zona tebana per l'uso regale prima di essere fatto proprio dai cittadini delle classi più
elevate.
- È il diretto successore dei Testi dei Sarcofagi, dai quali mutua l’usanza di far precedere alle
formule un titolo e di chiuderle con una rubrica, che dà le direttive sull’impiego della formula o
delle indicazioni sulla sua origine. Nuova è invece l’usanza di ravvivare i testi con vignette.
- All’inizio della XVIII Dinastia il Libro dei Morti è ancora in formazione. Le formule sono
disposte senza alcun ordine apparente, con un testo spesso redatto in modo negligente; le
vignette sono tuttavia di qualità ammirevole. È la cosidetta "recensione tebana".
- Coi faraoni saiti (XXVI Dinastia), il Libro dei Morti assume la sua forma definitiva, con le
formule, o capitoli, che si succedono in sequenza fissa. È la cosidetta "recensione saita". Si
raggiunge un numero totale di 192 capitoli, anche se nessun papiro li contiene effettivamente
tutti.
- Il titolo "Uscire al giorno", o quello più tardo di "Inizio delle formule per uscire al giorno",
testimonia che la composizione è sentita come un tutt'uno; esso esprime quello che è l'elemento
centrale e conduttore del libro, l’"uscire durante il giorno", così che il defunto possa essere
costantemente sotto i raggi vivificanti del Sole. Il morto può così "solarizzarsi", ossia
confondersi ed identificarsi col dio sole Ra, ma, nell’aldilà, egli si immedesima pure con Osiri.
Le due figure divine non sono più in opposizione come nelle sillogi antiche, ma diventano
entrambe modello per il defunto, armonizzandosi al punto di non essere più che il riflesso l'una
dell’altra.
- Nella sequenza fissa della recensione saita è possibile isolare all’interno della raccolta diverse
sezioni:
* Prima sezione (capp. 1-16): si riferisce alla cerimonia funebre che si svolgeva durante la
sepoltura. Il cap. 6 si trova anche inscritto sugli ushabti.
* Seconda sezione (capp. 17-31): inizio del lungo cammino di rigenerazione del defunto. Il
cap. 17 è uno dei grandi capitoli "solari" del Libro. Il cap. 30 si trova spesso iscritto sui
cosidetti scarabei del cuore.
* Terza sezione (capp. 31-63): il defunto continua il suo viaggio di rigenerazione. Formule di
scongiuro e di propiziazione lo aiutano a fuggire gli innumerevoli pericoli disseminati sulle
oscure vie dell’aldilà.
* Quarta sezione (capp. 64-92): presenta il motivo dominante dell’opera, cioè l’uscita al giorno
del defunto. Il gruppo dei capitoli delle trasformazioni (capp. 76-88) contiene le formule
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magiche che permettevano al defunto di assumere diverse forme (falco, loto, airone,
rondine, serpente, coccodrillo, ...), così da rendere più agevoli i suoi spostamenti nell’aldilà.
* Quinta sezione (capp. 93-125): descrive il viaggio che l’anima del defunto, ormai libera della
prigionia della tomba, percorre per raggiungere il luogo del giudizio divino. Il defunto
solarizzato entra nel regno di Osiri, dove deve sottostare al giudizio di santità dinnanzi al
tribunale divino (scena della psicostasia), recitando la cosidetta confessione negativa o,
meglio, la dichiarazione di innocenza, uno dei momenti più significativi dell’intero Libro: la
sopravvivenza non è più determinata dal semplice agire delle formule, ma da un’esigenza
morale di virtù e di giustizia.
* Sesta sezione (capp. 126-162): contiene un’accurata descrizione del regno di Osiri, mondo
ultraterreno nel quale il defunto entra dopo aver superato il giudizio divino.
* Settima sezione (capp. 163-192): si tratta di capitoli aggiunti senza alcun ordine apparente,
ma accomunati dall’omaggio che essi rendono ad Osiri. Nel cap. 175, il più importante della
sezione, compare un’interessante allusione alla fine del mondo.
- Il Libro dei Morti è essenzialmente un libro di magia: la magia delle formule viene messa a
disposizione del defunto per scopi meramente difensivi e di protezione. La mancanza di
coesione tra le varie parti del Libro non disturbava affatto l'Egiziano, per il quale la cosa
veramente importante era l’efficacia della parola. L’uso della magia non prescindeva comunque
dalla moralità e dalla pietà personale.
. Il Libro dell'Amduat
- La decorazione parietale delle tombe della Valle dei Re è ricca di aspetti che pongono in risalto
la natura divina del sovrano. Queste raffigurazioni costituivano un rituale che doveva creare per
il sovrano defunto, identificato col dio Sole, un suo aldilà, o Duat. Esse si prsentano come guide
dell’aldilà, di sei delle quali ci è pervenuto il testo completo.
- Il Libro dell’Amduat, "Libro di chi è nell’aldilà", è testimoniato dall’inizio della XVIII Dinastia
e descrive il viaggio del dio Sole attraverso il mondo sotterraneo, abitato dalle ombre, durante le
dodici ore della notte. È conosciuto in due versioni: una corredata di vignette, la "grande
Amduat", ed una abbreviata, senza illustrazioni, il "Sommario".
- I teologi tebani cercarono di coordinare ed unificare in questo Libro le differenti dottrine
funerarie dei principali centri religiosi, creando un tutto quasi omogeneo, nel quale coesisteva il
culto di Amon-Ra con il credo di Osiri, così da imporre Amon- Ra anche come dio universale
dei morti.
- Al cadere delle tenebre, il dio Sole doveva morire scomparendo nell’aldilà, la Duat. Questa si
presentava come una larga valle che iniziava ad Ovest presso la montagna di Manu, risaliva
verso Nord e raggiungeva ad Est, ai confini del mondo, la montagna di Bakhu, presso la quale si
levava il sole. Il Sole vi penetrava ad occidente, attraverso una fenditura nelle montagne presso
Abido. Qui il sole morto rivestiva la sua forma notturna di dio dalla testa nera d’ariete e corpo
umano ed assumeva il nome di If, "la carne". Il dio doveva attraversare le regioni
dell’oltretomba navigando su di un fiume celeste, per rinascere infine il mattino successivo,
unitamente al sovrano, a lui assimilato. Il viaggio si scandisce in dodici scene, corrispondenti
alle dodici ore della notte. L’imbarcazione divina, con a bordo un equipaggio di divinità,
incontrava nel suo periplo lungo le rive del fiume celeste una folla di demoni, di anime, di dei. Il
corteo divino attraversava anche i territori sacri ad Osiri.
- Ogni regione, ossia ogni ora, ha un suo motivo dominante: la purificazione con l’acqua, il
respingere le forze avverse del male, la punizione dei nemici. La più importante resta la
dodicesima ora, il cui tema è la rigenerazione e la rinascita dei morti, che si concretizza nella
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nascita del dio Sole ad ogni ritorno del giorno. Il dio If penetra infatti nel corpo di un
gigantesco serpente e ne esce dalla bocca dopo aver subito un processo di trasformazione in
scarabeo Khepri, che all’alba del nuovo giorno rinasce come disco solare e dando perciò un
senso al viaggio notturno nella Duat.
- Per il Barguet, il Libro dell’Amduat raffigurava il rituale dei funerali regali: questi si svolgevano
nel corso di una notte ed in queste dodici ore avveniva la trasformazione del sole al quale il
sovrano era assimilato.
. Il Libro delle Porte
- Appare per la prima volta, anche se in forma non completa, nella tomba di Haremhab. Sono
note tre versioni complete: sul sarcofago di Seti I, nell’Osireion di Abido e nella tomba di
Ramesse VI. Estratti sono presenti in altre tombe.
- Riprende, seppure con notevoli differenze, il tema del viaggio notturno della barca solare
nell’oltretomba, tratteggiato come una zona desertica. Esso si compone di un riquadro iniziale,
seguito da dodici divisioni; l’elemento di separazione di ogni divisione ha l’aspetto di una porta
fortificata. Il dio Sole assume ancora il nome di If, con corpo umano e testa d’ariete.
- Anche qui ogni divisione ha un proprio tema dominante, quale il giudizio dei colpevoli davanti
ad Osiri (quinta divisione), la punizione dei nemici di Ra (sesta divisione), la sopravvivenza
delle anime (settima divisione), la purificazione dei defunti (ottava divisione), il castigo del
serpente malefico (decima ed undicesima divisione), l’uscita dalle tenebre (dodicesima
divisione).
- Questo Libro, che si pone quale completamento del Libro dell’Amduat, si riferirebbe al
passaggio della funzione regale dal vecchio al nuovo sovrano e presenterebbe quindi la
rigenerazione del sole come rito di passaggio e di successione.
. Il Libro delle Caverne
- Rituale piuttosto oscuro, del quale si conoscono solo due versioni complete: nell’Osireion e
nella tomba di Ramesse VI.
- Si differenzia dagli altri due testi per la mancanza delle dodici divisioni e, soprattutto, della
barca solare: il sole morto è rappresentato mentre percorre, a piedi, il mondo sotterraneo,
suddiviso in sei sezioni; in ognuna di esse un certo numero di scene si possono interpretare come
caverne.
- Questo Libro riprende e rielabora tutti gli elementi del mito di Osiri e di Isi: nella prima parte il
rituale vorrebbe rappresentare la ricerca e la riunione delle membra separate del dio e la
ricostruzione del corpo divino, mentre nella seconda è il concepimento di Horus e la sua nascita,
quale "neonato" sole, che viene richiamata.
. Il Libro del Giorno ed il Libro della Notte
- È solo durante il Nuovo Regno che compaiono raffigurazioni e testi che sviluppano l’antico mito
del sole che nasce dalla dea Nut. Il Libro del Giorno ed il Libro della Notte, che a questo mito si
rifanno, compaiono tracciati nello spazio inquadrato dal corpo della dea.
- Si conoscono solo due versioni del Libro del Giorno nelle tombe reali: entrambe si trovano nella
tomba di Ramesse VI. Il Libro della Notte si trova nell’Osireion, nella tomba di Ramesse IV e,
per due volte, in quella di Ramesse VI.
- La volta celeste era rappresentata nella forma di una donna gigantesca, la dea Nut, che ricopre
col suo corpo il mondo dei vivi: le sue gambe erano situate ad Oriente e la sua vulva era
"l'orizzonte orientale del cielo"; la sua testa era invece ad Occidente e la sua bocca era
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"l'orizzonte occidentale del cielo". Secondo questi due rituali, durante il giorno la barca del
sole naviga su un fiume celeste che scorre sul corpo di Nut; arrivato all’orizzonte occidentale,
esso viene ingoiato dalla dea e penetra nel suo corpo, cioè nella regione misteriosa della notte,
dove continua il suo viaggio; all’alba viene generato come scarabeo e riprende il suo ciclo senza
fine.
. La Litania del Sole
- Testo religioso che descrive l’insondabile mistero divino della rigenerazione del Sole. Si
presenta in due versioni: una completa (grande Litania) ed una abbreviata (piccola Litania).
- In questo rituale il sole Ra è il grande Tutto, un dio panteistico; è il dio autocreatosi e che ha
dato vita al cielo ed alla terra. La litania si apre con 75 invocazioni, enumeranti le 75 qualità e
manifestazioni del dio sole che il re doveva conoscere ed invocare per potersi unire a lui. Ra è
invocato coi 75 nomi che sono le sue forme, che si manifestano nei diversi dei. In seguito, Ra ed
Osiri accolgono il sovrano nell’aldilà, gliene svelano i misteri e lo assimilano a se stessi. Il re
defunto, ormai un dio, viene generato dalla bovina Mehet-uret, un’antica dea-madre.
. Il Libro della Vacca del Cielo
- Noto anche come "Distruzione e salvataggio del genere umano", questo testo riprende uno dei
tanti miti popolari del ciclo solare; il fatto che compaia tra i testi funerari regali (tombe di Seti I,
Ramesse II, III, VI; cappella lignea di Tutankhamon) mostra come si tratti in realtà di qualcosa
di più che di una semplice novella mitologica.
- Il testo non fornisce solo la narrazione di un episodio (la ribellione e la punizione dell’umanità),
ma dà il perché ed il come dell’ordinamento attuale del mondo.
- Deluso dalle sue creature, dopo aver punito ed infine salvato l’umanità dalla distruzione, il dio
Ra si ritirò dalla sovranità del mondo. Come sua nuova sede scelse il dorso della vacca del
cielo, la dea Nut, che il dio Shu solleva, mentre gli altri dei ne sostengono le gambe.
. Il Libro della Terra
- Questo Libro compare nella XX Dinastia ed è conservato per intero solo nella tomba di Ramesse
VI. I primi studiosi lo chiamarono "Creazione del disco solare"; il nome attuale gli è invece
stato assegnato perché in esso viene messo in risalto l’aspetto sotterraneo del viaggio notturno
della barca solare.
- Esso si sforza di spiegare il lavorio delle forze dell’aldilà per ricreare un nuovo sole nelle tenebre
della notte.
- La composizione (i cui testi sono sovente corrotti, poco espliciti e non omogenei e le scene a
volte enigmatiche) si divide in due parti, nettamente caratterizzate. La prima parte è interamente
riservata al sole e descrive la discesa dell’astro nel mondo sotterraneo; la seconda è in parte
dedicata al dio sole Ra ed in parte ad Osiri, che riprende forma sotto l’aspetto di Horus. È in
questa seconda parte che si vuole mettere in evidenza la trasformazione notturna dell’astro ormai
invecchiato in un nuovo sole.
. L’apertura della Bocca e gli altri rituali funerari
- Cerimoniale molto antico, attestato fin dall’epoca delle piramidi; la sua versione finale è tuttavia
del Nuovo Regno, col titolo "Compiere l'apertura della bocca di NN nel Castello dell'Oro".
Settantacinque scene relative al rituale si trovano nella tomba di Seti I.
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- Consisteva in una serie di atti (principalmente l'apertura simbolica della bocca e degli occhi)
che dovevano dar vita alla statua regale prima di portarla nella cappella. Tale animazione
aveva lo scopo di identificare la statua appena ultimata col corpo della persona riprodotta.
- Inizialmente il rito si celebrava nel Castello dell'Oro, laboratorio annesso alle officine di
fabbricazione delle statue stesse; più tardi il rito si celebrava all’ingresso delle tombe. Il
principale officiante era il sacerdote sem o setem, assistito da un cerimoniere e da personale
laico.
- Il rituale comprendeva due parti: la prima, con lustrazioni, sacrifici, litanie e con l’apertura
rituale di occhi e bocca toccandoli con opportuni strumenti, aveva lo scopo di far riprendere alla
statua le sue funzioni vitali. La seconda parte comprendeva essenzialmente la toeletta della
staua ed il "pasto funebre". Il rituale terminava con la recita di opportune litanie e con la
deposizione della statua nella cappella.
- Accanto a questo rituale, che ha trovato un posto tra le raffigurazioni della tomba, altri rituali
funerari accompagnavano il lungo periodo intercorrente tra la morte di una persona e la sua
sepoltura. Tra di essi, importante è il Rituale dell’imbalsamazione, insieme di formule recitate
dai sacerdoti incaricati delle lunghe operazioni dell’imbalsamazione del cadavere. Al termine
del corteo funebre che aveva accompagnato il defunto all’estrema dimora, prima che la bara
venisse definitivamente chiusa, venivano recitate, in particolare nella zona tebana, formule
apotropaiche destinate a garantire al morto la vita eterna; tali formule costituiscono il cosidetto
Libro delle Respirazioni.
. Le lettere ai morti
- Fin dall'Antico Regno è testimoniata l'usanza di inviare missive ai morti. Queste erano per lo
più scritte su tazze o piatti utilizzati per l'offerta funebre; successivamente anche su papiri o
strisce di lino. Redatte da scribi di professione, diventarono ben presto un ben definito genere
letterario.
- Ci si rivolgeva al defunto per averne soccorso, nella convinzione che il morto potesse continuare
ad occuparsi delle cose della terra e ad influenzarle; si trattava per lo più di motivi di eredità o di
altre ragioni più o meno mondane. Interessante è il Papiro Leida 371, nel quale un marito scrive
alla moglie, morta ormai da tre anni, non per averne aiuto, ma per esorcizzarne lo spirito, che
non gli permette di vivere serenamente.
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L’EPIGRAFIA REALE
- La documentazione storica è costituita non soltanto da iscrizioni reali, ma anche da iscrizioni
dovute a privati: queste ultime tendono ad essere più complete e dettagliate nelle descrizioni dei
grandi eventi storici cui presero parte i loro protagonisti. Il grado di attendibilità di un testo reale
è in larga misura proporzionale alle dimensioni dei successi conseguiti.
1)
ANTICO REGNO
- I primi documenti storici risalgono al periodo predinastico, ove gli avvenimenti più importanti
risultano fissati graficamente su palette da trucco o manici di coltello lavorati.
- Verso la fine dell’Antico Regno appaiono tre tipi di iscrizioni reali: brevi annotazioni di singoli
eventi, annotazioni annalistiche, i decreti.
. La Pietra di Palermo
- Risalente alla V din., non è che un frammento della più vecchia cronaca reale conosciuta nella
storia dell’umanità. Descriveva i principali eventi su di un arco di tempo di circa mezzo
millennio, risalendo fino all’inizio dell’epoca storica.
- Il più importante dei frammenti è conservato a Palermo dal 1877 e proviene da Menfi. Contiene
gli annali delle prime cinque dinastie, suddivisi per regno e per anni di regno. Gli avvenimeti
riportati sono, oltre alle piene del Nilo, i fatti d’arme, le cerimonie religiose, la costruzione di
palazzi o di templi, i censimenti.
- È il primo esempio del gusto annalistico degli egiziani, che fornirà altri importanti documenti,
come la camera dei re a Karnak, la lista dei re ad Abido ed il Canone dei Re di Torino.
. I decreti reali
- I più importanti sono venuti alla luce a Copto; il loro scopo era quello di concedere privilegi ai
sacerdoti ed alle istituzioni religiose della città. Di tali decreti ne sono attualmente noti una
trentina.
- Particolarmente noti sono due decreti di Pepi II: nonostante il linguaggio burocratico, essi
risultano anche visivamente ben divisi in membri logici, in paragrafi e commi, testimonianza
dell'ordine posto nell'espressione del pensiero.
2)
MEDIO REGNO
- Le iscrizioni di questo periodo esprimono il dogma della divinità del sovrano ed il suo ruolo di
guida della nazione, illustrando i principali argomenti dell’attività reale.
. Spedizioni alle cave: le iscrizioni dello Wady Hammamat
- Cave utilizzate fin dalle prime dinastie per l’estrazione di pietre basaltiche.
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- Tra le iscrizioni del Medio Regno spiccano le quattro del visir Amenemhat, nell’anno 2 del
faraone Montuhotep IV.
. Costruzione di templi: fondazione del tempio di Eliopoli
- Iscrizione risalente a Sesotri I; in origine probabilmente su stele o su di una parete del tempio di
Atum ad Eliopoli, a noi ne è giunta una versione ieratica su rotolo di cuoio, della XVIII Din.,
segno della sua considerazione quale opera letteraria.
- L'azione si svolge in cinque fasi, corrispondenti, si ritiene, alle effettive procedure messe in atto
in tali occasioni. Mentre la prima parte del discorso regale è in distici, il resto della narrazione è
in prosa.
- Primo esempio del genere novella regale: l'azione del sovrano, interprete della volontà divina, è
infallibile.
- In questo testo, Sesostri I insiste sulla legittimità dei propri diritti al trono.
. Azioni militari: la stele di confine di Semnah
- Fatta incidere da Sesotri III su di una roccia presso il forte di Semnah, in Nubia, a commemorare
la sottomissione della regione ed a segnalare il confine meridionale dell’impero.
- Il sovrano celebra la propria persona e le proprie azioni con linguaggio solenne: esempio di
come il colorito letterario permei anche il contenuto di documenti ufficiali.
- Non si fa ricorso alla teologia: la volontà del sovrano è sufficiente a garantire la sicurezza dei
confini.
3)
SECONDO PERIODO INTERMEDIO
- Periodo caratterizzato dalla dominazione degli Hyksos (da un’alterazione di Heka khasut
"governatori delle regioni straniere", nome col quale si indicavano i capi di queste genti).
- La zona di Tebe conserva una certa autonomia sotto il controllo di una dinastia locale, che ad un
certo punto intraprese una campagna di liberazione.
. La Tavoletta Carnarvon e le Stele di Kamose
- La Tavoletta Carnarvon è una tavoletta da scriba, proveniente da Tebe Ovest e contenente un
resoconto, incompleto, dello scoppio delle ostilità contro gli Hyksos; è copia di un documento
epigrafico ufficiale - prima stele di Kamose - venuto alla luce a Karnak tra il 1932 ed 1935.
- Ricompare il tema della novella regale, col faraone che convoca il consiglio di guerra per
esporre il proprio piano.
- Nel 1954 venne alla luce la seconda stele di Kamose, contenente la continuazione del racconto:
Kamose si presenta con la flotta sotto Avari, capitale degli Hyksos; egli scopre inoltre il
complotto che prevedeva l’intervento dei nubiani in soccorso degli asiatici e rientra
trionfalmente a Tebe.
- Importanza non solo storica, ma anche filologica: primo tentativo, probabilmente per motivi
"patriottici", di uso del volgare quale lingua letteraria.
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4) NUOVO REGNO
. La nascita divina di Hatshepsut
- Testi e scene, incisi sul muro del portico nord del secondo cortile del tempio di Deir el-Bahari,
rappresentano il mito della teogamia, ossia dell’unione matrimoniale divina, da cui, secondo la
tradizione, ha origine il sovrano legittimo. È un esempio di propaganda religiosa e politica.
Scopo è quello di sottolineare la purezza del sangue della regina e quindi i suoi diritti al trono.
- L’inizio dell’azione è in cielo, con Amon che annuncia all’assemblea divina la sua decisione che
nasca un bambino destinato a governare l’Egitto. Amon, assunte le sembianze di Thutmosi I, si
reca dalla regina Ahmosi e si unisce a lei. Da questa unione mistica nascerà una bambina, il cui
nome verrà formato per alliterazione a partire dal discorso del dio: Khenemet-Amon Hatshepsut
"colei che si unisce ad Amon, che è alla testa delle nobili".
- Secondo la concezione della regalità egiziana, il faraone è figlio del dio per procreazione
carnale: è "il figlio del suo corpo".
. La nomina divina di Thutmosi III
- Thutmosi III fa risalire i propri diritti al trono ad una disposizione dello stesso dio Amon, che lo
aveva designato re mediante un oracolo divino, quando il padre Thutmosi II era ancora vivo.
- Ancora adolescente, il giovane Thutmosi prestava servizio tra il clero del tempio di Amon a
Karnak. Un giorno, durante una processione, la statua del dio si era fermata davanti a lui e lo
aveva poi condotto di fronte al sovrano regnante, facendogli occupare il suo posto e sancendo
così i suoi diritti alla successione. Questa narrazione venne poi incisa su un muro di Karnak e
costituisce il cosidetto Testo della Gioventù.
- Un altro testo di Karnak sottolinea questa scelta divina, con Thutmosi investito della regalità
davanti al consesso degli dei.
- Si tratta di testi propagandistici, testimonianza dell’esistenza a corte di un potente partito che si
opponeva ad Hatshepsut e sosteneva invece Thutmosi.
. Gli Annali di Thutmosi III
- Morta Hatshepsut, Thutmosi III dà inizio ad un serie di ben diciassette campagne militari che lo
porteranno a conquistare all’Egitto un immenso impero. Il resoconto di queste spedizioni fu
riportato per iscritto sui muri di una sala del tempio di Karnak.
- Questi Annali, la più lunga iscrizione storica del mondo, costituiscono la prima grande relazione
storica tramandataci dall’Egitto e la massima fioritura della sua storiografia annalistica. Non
sono tuttavia che uno scarno estratto del diario di guerra.
- La prima campagna è narrata per esteso ed ha il suo punto di forza nella conquista di Megiddo;
le altre sono descritte più sommariamente: ulteriori particolari sono però riscontrabili su alti
monumenti del sovrano. Lo stile è diretto, realistico, non retorico, quasi quello di un bollettino
militare, ma sa raggiungere valore pienamente letterario.
- Nella descrizione del consiglio di guerra teneuto per decidere quale strada percorrere per
giungere a Megiddo, compare il genere della novella regale: ancora una volta, contro il parere
degli ufficiali, è il re che assume il ruolo di infallibile interprete delle necessità del momento.
- Thutmosi III fu molto orgoglioso della conquista di Megiddo e ne lasciò menzione su molti altri
suoi monumenti: sul settimo pilone a Karnak, su una stele del tempio di Ptah, su una stele da
Armant e soprattutto sulla stele di Gebel Barkal.
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. La stele poetica di Thutmosi III
- Trovata a Karnak, è diretta ad esaltare le grandi imprese del sovrano per bocca stessa del dio
Amon.
- Il testo, in venticinque linee, contiene un discorso di Amon-Ra che si può suddividere in tre
parti:
* Nelle prime dodici linee, redatte in stile oratorio, il dio saluta il sovrano ed enumera le vittorie
che gli ha concesso.
* Il discorso assume poi la forma di poema trionfale, composto di dieci quartine. Ogni quartina
consiste di due distici introdotti da anafore: la prima è "io sono venuto per far sì che tu
calpestassi" e la seconda "io faccio sì che essi vedano". Questa struttura metrica è
riconoscibile anche graficamente: le anafore sono spaziate simmetricamente una sotto l 'altra.
* Discorso conclusivo del dio, ancora in stile oratorio.
- Fu un poema molto ammirato, al quale altri sovrani fecero riferimento per proprie composizioni.
. La grande stele della Sfinge di Amenhotep II
- Fin dall'antichità il re incarna l'idea di una superiorità fisica e morale: egli appare, in testi e
raffigurazioni, come un grande guerriero che abbatte i nemici con la forza del suo braccio.
Anche nella disciplina della caccia, contropartita quasi necessaria agli esercizi guerrieri, il
sovrano eccelle.
- Queste caratteristiche predominano durante il Nuovo Regno, che presenta un carattere
essenzialmente militare e cavalleresco.
- Numerosi monumenti, ma in particolare la cosidetta grande stele della Sfinge di Amenhotep II,
ci hanno tramandato il ricordo delle eccezionali attitudini atletiche e dei successi sportivi del
giovane Amenhotep, quando ancora non era che l’erede presunto al trono. Il testo consiste in un
encomio del principe, in stile oratorio, ed in una narrazione in prosa che ne magnifica le imprese
sportive.
- Nella parte narrativa abbiamo il tema del "re sportivo", dove il sovrano esalta le proprie imprese
giovanili come rematore, arciere, cavaliere, corridore. Molti indizi fanno pensare che queste
pretese prodezze regali abbiano una base di vero.
- I prodigi ginnici ed atletici hanno senza dubbio lo scopo di affermare che il principe è degno di
ricevere l’investitura reale.
. Le spedizioni militari di Amenhotep II
- Un valoroso principe come Amenhotep II non poteva, una volta divenuto re, non diventare un
grande guerriero; tutta una serie di stele (stele di Menfi, di Karnak, di Amada, di Elefantina) ci
hanno tramandato infatti il ricordo delle campagne militari di questo energico sovrano.
- L’immagine eroica di Amenhotep II fu presa come modello da molti suoi successori.
. Le stele di confine di Akhenaton
- Abbandonata Tebe, Akhenaton costruì una nuova capitale - nel sito dell’attuale Amarna -, alla
quale diede il nome di Akhetaton "Orizzonte di Aton"; nell’anno quinto di regno la nuova città
venne solennemente dedicata al dio Aton, come ricordato su tre stele di confine. Con altre
undici stele, datate all’anno sesto, esse segnarono poi i confini della città in tutte le direzioni.
- Le prime tre stele hanno un testo comune, nel quale il re racconta come progettò la città e come
la dedicò al padre suo celeste Aton. Si parla inoltre delle disposizioni date per il taglio della
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tomba reale nelle pendici della catena arabica e per portare ad Akhetaton il re stesso ed i suoi
familiari per la sepoltura qualora fossero morti fuori dai confini della città.
- Il testo delle altre stele ha lo scopo di meglio definire i confini della città e di riaffermare il
proposito del re di mantenere la città come proprietà del dio e come residenza reale dedicata la
culto di Aton.
. La stele della restaurazione di Tutankhamon
- Terminata la breve parentesi dell’esperienza amarniana, la capitale tornò a Tebe. Il ritorno alle
pratiche ancestrali ed il riconoscimento del predominio di Amon furono portati a compimento da
Tutankhamon. In una sua stele - usurpata poi da Haremhab - la corona riconosce al clero
ammoniano i vecchi privilegi e diritti e li aumenta; essa, nota come Stele della restaurazione,
costituisce una esplicita confessione dell’insuccesso della politica religiosa dei predecessori.
- Pur nello stile convenzionale della redazione, è in essa evidente una soggiacente costruzione
poetica ed una esattezza della descrizione della realtà storica.
. Le iscrizioni della battaglia di Qadesh di Ramesse II
- Nel quinto anno di regno (tra il 1299 ed il 1274 a.C. a seconda delle diverse datazioni), Ramesse
II condusse un esercito a Qadesh, sull’Oronte, nel tentativo di scacciare gli Hittiti dalla Siria del
nord.
- Il resoconto della spedizione, il cui punto culminante fu la battaglia combattuta sotto le mura di
Qadesh, ci è giunto in duplice forma: una, nota come Bollettino, è relativamente breve ed è una
specie di diario di guerra; l’altra, nota come Poema, è invece una lunga iscrizione destinata a
celebrare le gesta del sovrano.
- Per Ramesse II il fatto di essere scampato a Qadesh ad una cocente sconfitta fu così importante
da tramutare ciò in vittoria: il resoconto ufficiale venne così rielaborato ed abbellito fino a
ricavarne una composizione di pretese quasi letterarie. La gloria della "vittoria" (!) viene
attribuita al solo faraone, al cui valore fu dovuta la salvezza dell’esercito.
- La parte centrale del Poema è scritta in linguaggio oratorio, con una struttura a linee metriche,
mentre la parte iniziale e finale sono in prosa. Per la prima volta la poesia viene utilizzata per
narrare: è la nascita del poema epico.
- Scopo del Poema era quello di mettere in evidenza il ruolo eroico del sovrano; i fatti militari
erano invece narrati nel Bollettino: le due composizioni si completavano quindi a vicenda.
- In quanto narrazione dell'avvenimento militare più saliente del suo regno, Ramesse II fece
riprodurre Poema e Bollettino, completati da raffigurazioni, in molteplici copie sulle mura dei
suoi templi. Una copia ieratica, su papiro (giunto in due parti: Papiri Raifé e Sallier III), è
un’opera scolare, eseguita sotto Merneptah; dal nome dello scriba che l’ha eseguita è
impropriamente nota come Poema di Pentaur.
- Il rilievo storico sulle pareti dei templi, iniziato da Seti I, raggiunge il suo culmine con Ramesse
II, continuerà fino a Ramesse III e poi cadrà in disuso.
. Il trattato di pace tra Egiziani ed Hittiti
- Per por fine a decenni di scontri, nell’anno 21 di regno Ramesse II stipulò, col re hittita
Khattushili III, un reciproco patto di pace e di alleanza, che costituisce il più antico trattato
internazionale che ci sia giunto, anche se altri più antichi dovevano essere già esistiti. Gli Hittiti
inviarono una versione del trattato a Ramesse II, su di una tavoletta d’argento, che ne fece
redigere copia, in scrittura geroglifica, su un muro del tempio di Karnak e del Ramesseum; a
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Bogazkoy, antica Khattusa, è stata trovata la versione hittita, in lingua babilonese ed in caratteri
cuneiformi.
- Il testo egiziano del trattato è facilmente suddivisibile in paragrafi:
* preambolo, con la presentazione dei contraenti;
* il trattato è la ripresa di precedenti relazioni di pace;
* spiegazione dei motivi del nuovo trattato;
* patto di non aggressione;
* rinnovo formale dell’antico trattato;
* patto di mutua difesa;
* attacco congiunto contro i ribelli;
* sui problemi di successione;
* estradizione di fuggitivi importanti;
* estradizione di fuggitivi poco importanti;
* gli dei di Kheta e dell'Egitto sono testimoni del trattato;
* maledizione/benedizione per chi viola/rispetta il trattato;
* amnistia per i fuggitivi;
* conclusione: descrizione dei sigilli regi hittiti.
5)
IL PERIODO TARDO
- Le principali notizie di questo periodo travagliato della storia egiziana ci vengono da tutta una
serie di documenti scritti non da Egiziani, ma da Nubiani. Essi sono redatti in linguaggio
medioegiziano, con influenze neoegizie.
- I Nubiani, che si presentano come campioni della tradizione egiziana, costituirono la
venticinquesima dinastia, detta etiopica, che regnò in egitto per una settantina d’anni.
. La stele di vittoria del re Piy
- Stele in granito, trovata nel 1862 nel tempio di Amon a Napata. In essa il re Piy (scritto in
egiziano come Piankhy) narra la sua conquista dell’Egitto.
- È la principale iscrizione storica del Periodo Tardo e la fonte fondamentale sulla situazione del
Delta egiziano in questa età di dispersione del potere.
- Il racconto - l’equivalente degli Annali di Thutmosi III per il periodo tardo - è redatto in tono
epico, ridondante, cavalleresco, riecheggiante soprattutto i testi di Ramesse II. Ci presenta il
ritratto di un re energico, astuto, generoso, molto pio e devoto di Amon. Nell’amore del re per i
cavalli ritorna un analogo tema caro alla letteratura neoegiziana.
- Notevole è la messe di dati storici attendibili, con i particolari delle battaglie e degli assedi, pur
ricorrendo i temi cari alle epigrafi reali, quali quello della novella regale.
. La stele dell’anno sesto di Taharqa
- Nella concezione egiziana, il re è intermediario tra il dio e l'umanità. In questa sua funzione egli
può anche comandare agli elementi fisici, in particolare al Nilo, assicurando la sua crescita
normale.
- Una stele del faraone etiope Taharqa ci narra, con linguaggio retorico ed altisonante, di una
piena memorabile del Nilo, seguita ad un periodo di crescite sotto i livelli normali.
- Inizialmente la situazione in Egitto viene presentata come una replica dell’età dell’oro, anche se
subito dopo il ricordare che da anni il Nilo non cresceva regolarmente sembra contraddire
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quanto precede. Il faraone implora dal padre suo Amon un’abbondante piena e la preghiera
viene subito esaudita.
- È questo l'unico testo che dia una spegazione razionale e scientifica di come si produca
l'inondazione, che ha origine nelle piogge e nelle nevicate africane.
. La stele del Satrapo
- Con Alessandro Magno i Greci si presentano in Egitto non più come ospiti, ma come padroni.
Dopo la conquista del Macedone, l’Egitto continuò ad essere governato, così come lo era stato
sotto i Persiani, da un satrapo. Con Alessandro IV Ego, figlio di Alessandro Magno, questo
satrapo è Tolomeo, che nel 305 darà poi inizio alla dinastia dei Tolomei.
- La cosidetta Stele del Satrapo è datata al 310 a.C.; è una stele di rinnovo di donazione di beni al
tempio della città di Buto.
- Tolomeo, benché ancora solo satrapo, si presenta come signore "de facto" dell’Egitto: trascura la
funzione del sovrano per innalzare i propri meriti personali, attribuendosi addirittura la
fondazione di Alessandria.
- Notevole è anche l'interesse storico della stele, per la menzione che fa di un faraone, Khabbash,
escluso da tutte le liste ufficiali e noto solo attraverso altri pochissimi ed incerti monumenti.
. Il Decreto di Canopo ed il Decreto di Menfi
- Sono tra i più importanti documenti trilingue (egiziano classico, demotico e greco) del periodo
tolemaico.
- Il Decreto di Canopo ci è noto attraverso numerosi documenti, in particolare da una stele di
Tanis e da una di Kom el-Hisn, località entrambe del Delta. Esso è stato redatto dai sacerdoti
egiziani riuniti in sinodo a Canopo per celebrare l’anniversario della nascita e della salita al
trono di Tolomeo III Evergete I, nel 238 a.C.. In esso vengono attribuiti particolari onori al re ed
alla piccola principessa Berenice, morta durante il sinodo stesso. Un passo interessante del
decreto ricorda una riforma del calendario, purtroppo ben presto disattesa, che stabiliva
l’introduzione di un giorno supplementare ogni quattro anni.
- Ben più noto, ed importante per il ruolo avuto nella decifrazione dei geroglifici, è il Decreto di
Menfi, conservato sulla celebre Stele di Rosetta. Il testo geroglifico occupa il registro superiore
ed è conservato solo per le ultime 14 linee; il testo greco, in 54 linee, occupa il registro inferiore;
il testo demotico, in 32 linee, occupa invece il registro mediano. Buona parte del testo
geroglifico mancante può essere dedotto dalla stele di Nobaireh.
- Le iscrizioni del decreto di Menfi espongono le decisioni prese dal concilio dei sacerdoti
egiziani, riuniti nel tempio di Ptah a Menfi nel 196 a.C., nell’anniversario dell’incoronazione del
giovane Tolomeo V Epifane. L’iscrizione è datata infatti al 27 marzo del 196 a.C..
- Il contenuto della stele può essere così schematizzato:
* Introduzione, con titoli di Tolomeo V ed espressione della sua pieta verso gli dei e del suo
amore verso il suo popolo;
* enumerazione dei benefici che il sovrano ha conferito all'Egitto: doni in moneta e grano ai
templi, remissione di tasse dovute alla Corona, rilascio dei prigionieri, esenzione per i
sacerdoti da determinate corvées e tasse, amnistia per i ribelli, abolizione dell’arruolamento
forzato dei marinai, ricostruzione di templi, cappelle ed edifici sacri in rovina, ...
* come segno di gratitudine del clero per tutti questi atti, il consiglio generale dei sacerdoti
dell’Egitto decide di "aumentare le osservanze cerimoniali di onore", cioè: di porre statue di
Tolomeo in ogni tempio dell’Egitto, di rendere festivi i giorni anniversari della nascita e
dell’incoronazione del re, di istituire i "sacerdoti del dio benefattore Tolomeo Epifane", di
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redigere copie del decreto in geroglifico, demotico e greco, su lastre di basalto e di porle nei
templi.
- Interessante è lo studio comparato delle tre versioni, che mostra la differenza profonda tra le due
mentalità, quella egiziana e quella greca. Si nota una difficoltà dei Greci a rendere nella loro
lingua aspetti religiosi peculiari della civiltà egiziana, ed una difficoltà egiziana a tradurre,
soprattutto in geroglifico, termini astratti di uso corrente in greco.
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L’INNOLOGIA
- Il culto faceva largo uso di composizioni litaniche indirizzate alla divinità per glorificarla,
esaltarne la persona e le azioni, enumerando i vari "nomi" del dio, i suoi titoli, le sue qualità, le
sue molteplici trasformazioni, i suoi poteri, ma anche i suoi emblemi sacri, le sue corone, le sue
raffigurazioni teriomorfe. È così che nasce l’inno, che poi si sviluppa sempre più col desiderio
di nulla omettere di ciò che possa contribuire ad accrescere la gloria della personalità divina.
Normalmente gli inni assumono anche una struttura facilmente riconoscibile e che permette di
distinguerli dalle altre composizioni religiose tra le quali possono trovarsi inseriti.
- Anche le preghiere di supplica hanno alcune caratteristiche stilistiche dell’inno, pur presentando
una struttura propria.
- Gli Egizi non hanno mai raccolto, se non sporadicamente, i loro inni in una specie di "salterio",
come fu invece il caso per Israele.
- Stilisticamente, l’inno può essere riconoscibile dalla presenza di un ritornello, che scandisce le
strofe. Nel Nuovo Regno si fa uso dei "punti metrici", che rendono sensibile il ritmo delle frasi.
. I Canti dell’Arpista
- Con "canto" si intende un poema destinato ad essere recitato con l'accompagnamento di uno
strumento musicale. Nelle feste per i defunti tale strumento era quasi sempre l'arpa: da qui
l'espressione di Canti dell’Arpista per indicare particolari composizioni facenti parte del
repertorio funerario.
- Il loro tema era la morte, o meglio una riflessione su di essa. Inizialmente si cantava una lode
della morte e della tomba, per tranquillizzare il defunto. Ben presto si nota una profonda
innovazione: il canto passò a lamentare il passaggio inesorabile della vita e ad esortare a gioirne
finché possibile, arrivando infine anche ad esprimere dubbi sulla realtà dell’aldilà e sull’utilità
stessa della tomba.
- Il più famoso di questi canti è Il canto dell’Arpista dalla tomba del re Intef, noto in due copie del
Nuovo Regno, ma riproducenti un testo del Medio Regno. L’unico dovere razionalmente
legittimo diventa l’interesse terreno e la sola soluzione offerta al vivente davanti all’ineluttabilità
della morte è quella di "far festa". Nato per celebrare l’aldilà, questo canto approda ad uno
scetticismo profondo riguardo alla realtà della vita dopo la morte ed all’utilità della costruzione
della tomba.
- È così che nei testi più tardi si nota una specie di "marcia indietro". Nella tomba del sacerdote
Neferhotep, vissuto sotto Merneptah, compaiono ben tre Canti dell’Arpista, ognuno esprimente
un messaggio diverso e contradditorio con gli altri, ma pur sempre coesistente: il primo continua
il tema scettico- edonistico, il secondo esprime un rifiuto di tale tema ed il terzo celebra l’aldilà
in termini rituali tradizionali.
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. Inni al re Sesotri III
- Si tratta molto probabilmente di inni composti e cantati in occasione della visita cerimoniale del
re ad una città a sud di Menfi poco dopo la sua investitura regale. La parte restante del papiro
conserva sei stanze (le due ultime in frammenti), di cui alcune con struttura "a ritornello",
evidenziata dallo scriba: costui scrisse il ritornello una volta sola, all’inzio di ogni stanza, e tutte
le linee successive sono scritte leggermente rientrate.
- L’inno rientra nella vasta categoria degli scritti ispirati alla devozione lealista. In esso non si fa
appello alla religione per dimostrare la superiorità e la preminenza del re.
- La prima stanza esalta le qualità marziali del faraone. Nella seconda, con ritornello "Come si
rallegrano ...", viene espressa la gioia generale per l’opera benefattrice del sovrano. La terza,
dal ritornello "Com'è grande il signore della sua città!",ne celebra l'azione di protettore. Nella
quarta, dal ritornello "È venuto a noi", sono le attività tradizionali del sovrano ad essere lodate.
. Gli inni ad Osiri delle stele di Amenmose e di Sobekiry
- Gli inni agli dei egiziani sono molto simili, comportando per tutti lunghi elenchi di nomi, di
qualità, di aspetti, di luoghi di culto; tuttavia ogni dio manteneva i suoi caratteri distintivi. Per
quanto riguarda Osiri, i suoi inni alludono sempre ad alcuni aspetti del suo peculiare mito.
- Di origini controverse, il culto di Osiri, legato al suo ruolo di "dio dei morti", si impose a tutto
l’Egitto. Gli inni di Osiri fanno sovente allusione ai temi maggiori del suo mito: l'uccisione da
parte di Seth, l'azione protettrice di Isi, la nascita di Horus, la lotta di costui con Seth per
l’eredità paterna. Di alcuni aspetti del mito, tuttavia - in particolare dell’uccisione del dio - non
si va al di là di semplici allusioni.
- La stele del "preposto al bestiame di Amon" Amenmose, della XVIII Dinastia, riporta un inno
contenente il più completo resoconto del mito di Osiri esistente in un testo egiziano.
- Altro inno ad Osiri molto famoso - almeno a giudicare dalle numerose copie pervenuteci - è
quello inscritto sul recto della stele C30 del Louvre, a nome del sostituto tesoriere Sobekiry,
della XII Dinastia. In esso coesistono due concezioni differenti di Osiri: quella che lo fa
rappresentante dell’Enneade di Eliopoli e quella che lo celebra quale "grande d’amore sulla
terra".
. L’Inno al Nilo
- Il dio Hapy, personificazione del Nilo, non ha mai avuto un particolare tempio per il suo culto,
ma vi erano feste in suo onore.
- Un suo inno, datato probabilmente al Medio Regno, godette di grande considerazione e durante
il Nuovo Regno servì come testo classico d’innologia da copiarsi nelle scuole, fatto che ci ha
però trasmesso copie particolarmente corrotte (papiri Sallier II, Anastasi VII, Chester Beatty V,
Torino).
- In tutte le copie giunteci, l'inno si trova unito all’Insegnamento di Kheti ed all’Insegnamento di
Amenemhat I: Kheti, autore di questi due testi, potrebbe quindi esserlo anche dell’inno
("Trilogia di Kheti").
- L'inno appare suddiviso in quattordici stanze, ognuna composta da dieci a dodici linee metriche.
Vengono descritti i tre modi dell’inondazione, espresione della stretta dipendenza tra il Nilo e la
vita nella valle.
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. Il grande inno ad Aton
- Con la riforma religiosa di Akhenaton, Aton, che già in inni precedenti (quali quello della stele
degli architetti gemelli Suti ed Hor) era diventato il supremo dio creatore, si presenta come dio
unico. Questa rottura radicale col passato non fu affatto congeniale alla popolazione e la dottrina
"eretica" non sopravvisse al suo fondatore.
- La dottrina di Aton, del quale il re era l’unico sacerdote, ci è stata trasmessa sotto due forme:
nelle affermazioni del re stesso sulle stele di confine e negli inni e preghiere iscritti nelle tombe
dei cortigiani. Il sovrano è l’unico interprete della volontà e dell’azione divina; a lui spetta
quindi il ruolo di guida dell’umanità: viene così risuscitata la concezione più antica della
monarchia divina.
- Il grande inno ad Aton della tomba di Ay costituisce la più eloquente, magnifica e completa
esposizione della dottrina del dio unico. Egli solo ha creato il mondo e tutto ciò che contiene;
egli solo dà la vita agli uomini ed alle bestie; egli solo custodisce le sue creature; egli solo abita
nel cielo, in solitaria maestà. L’inno esprime anche il punto di vista cosmopolita del Nuovo
Regno: tutti i popoli sono visti come creature del dio sole.
- Fu probabilmente il re stesso l’ispiratore, se non l’autore, dell’inno, caratterizzato da
un’accentuata sensibilità poetica.
. Inni penitenziali da Deir el-Medina
- Dal villaggio operaio di Deir el-Medina proviene un certo numero di stele dal contenuto
inusuale: si tratta di inni e preghiere i cui temi principali sono il peccato e la punizione, la
contrizione ed il perdono. Ci si rivolge alla divinità con profonda umiltà, ringraziandola
soprattutto per la guarigione da malattie, malattie viste come la punizione divina per i propri
peccati. La contrita ammissione delle colpe ha indotto il dio alla clemenza ed a concedere il
recupero della salute.
- nella stele votiva di Nebra, lo scriba Nebra narra come egli pregò Amon per il figlio Nakhtamon,
colpito da una malattia mortale, e come gli promise di erigere una stele in suo onore se lo avesse
fatto guarire. Commovente è l’umile abbandono alla volontà divina.
- Di Neferabu ci sono giunte due stele: una di Torino conserva una preghiera a Mertseger, dea
serpente guardiana della necropoli tebana e personificazione della "Cima" che la sovrasta; l’altra,
conservata a Londra, contiene una preghiera di penitenza, dove Noferabu racconta come Ptah lo
avesse punito con la cecità per aver giurato il falso.
. Inni ad Hathor nel tempio di Dendera
- I templi del periodo greco-romano sono ricchi di inni cultuali, facenti cioè parte del cerimoniale
del tempio stesso.
- Il tempio di Dendera era il centro principale del culto di Hathor, dea dell’amore, della gioia, del
vino, della danza. Esso possiede numerosi inni di indubbio merito poetico; tra di essi, molto
belli sono gli inni intonati in onore della dea durante la celebrazione della festa dell’ebbrezza.
. Inni a Khnum nel tempio di Esna
- Esna conserva ancora il pronao di un tempio tolemaico-romano dedicato al dio ariete Khnum.
Sulle colonne che sostengono il tetto sono incisi i rituali delle principali feste in onore del dio; di
essi fanno parte anche inni stupendi, tra i più profondi che l’Egitto antico ci abbia lasciato.
- L'inno del Mattino, che serviva a svegliare il dio nel suo santuario, è caratterizzato da una chiara
struttura strofica, ottenuta per mezzo di anafore e di ritornelli, o solo di anafore. Esna possiede
parecchi di questi inni; uno dei più belli è quello indirizzato al dio nella "festa del prendere il
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pastorale". Inizialmente l’inno si rivolge al dio sonnolento, considerato come il demiurgo
cosmico che ha dato inizio alla creazione, il padre di tutte le specie viventi e che presta ascolto
alle preghiere degli uomini. La seconda parte dell’inno celebra l’opera del dio a beneficio del
creato e degli dei non appena egli ha "alzato la testa". Nei versetti successivi l’immagine del dio
che invecchia e quella del giovane dio guerriero Shu si mescolano insieme.
- Il grande inno a Khnum, di epoca romana e cantato durante la "festa dell’installazione del tornio
da vasaio", celebra il ruolo creatore del dio. L’inno si compone di tre parti: nella prima, Khnum
è visto come il creatore dell’umanità, che crea continuamente uomini e donne sul suo tornio da
vasaio e dota il corpo umano di tutte le sue parti e funzioni. Nella seconda parte, il dio è adorato
come il creatore delle diverse razze umane e di tutti gli animali e le piante; qui si ritrovano echi
lontani, di inni già composti da Akhenaton in onore di Aton ed ove si intravvede l’intuizione di
una creazione universale. L’ultima parte descrive le diverse manifestazioni del dio in virtù delle
quali egli è identico agli altri dei creatori.
- Tra gli inni più belli di Esna è da considerare il lungo inno, in trentasei paragrafi, ognuno
iniziante con l’anafora "Temete Khnum ...". I versetti si indirizzano a tutte le creature perché
adorino e temano il potente dio.
- Altro splendido inno è quello che veniva cantato durante la cerimonia dell'"unione al disco",
durante il rito di "rivelare la faccia", quando cioè dal viso della statua divina veniva tolto il velo
che la copriva per permettere ai raggi del sole di illuminarla e di vivificarla con la sua potenza
creatrice. Esso consiste di ventisei paragrafi, tutti comincianti con l’invocazione "Com’è bello il
tuo viso ...".
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LA LETTERATURA SCIENTIFICA
- Di due scienze in particolare ci sono giunti numerosi documenti: la medicina e la matematica.
Ma anche di altre scienze ci è giunta testimonianza: accanto a scienze vere e proprie, quali
l'agricoltura, la botanica, l'astronomia, si possono aggiungere anche "pseudo-scienze", come
l'oniromanzia e l'astrologia.
1)
LA MEDICINA
- Per quanto imperfetta, la medicina egizia costituisce un ammirevole tentativo di dominio
dell'intelligenza umana sulle leggi della natura.
- Numerose sono le fonti sulla medicina egizia, in particolare i documenti medici scritti durante il
periodo faraonico stesso.
. Il Papiro Ebers
- È il più ampio documento medico pervenutoci, lungo più di 20 m e composto da ben 108
pagine, suddivise in 877 paragrafi. Risale alla XVIII Din., ma è la trascrizione di testi più
antichi. È una specie di enciclopedia medica, dove i passaggi più significativi sono dotati di un
vero e proprio titolo, che li identifica quali "trattati": sul cuore, sulle malattie dello stomaco, su
quelle ginecologiche. In esso vi è l’unico trattato monografico di anatomia dell'antico Egitto, nel
quale si nota lo spuntare del pensiero scientifico.
- Nonostante la diffusa pratica dell'imbalsamazione, le conoscenze anatomiche non erano molto
approfondite. I diversi "vasi" del corpo umano venivano tutti confusi tra loro; questo esteso
sistema tubolare partiva dal cuore. Gli Egizi avevano stabilito un rapporto fra i battiti del cuore
ed i polsi periferici.
- Il trattato sulle malattie dello stomaco tratta quattro affezioni gastriche (indigestione, dilatazione,
emorragia ed ulcera), dà ricette per la patologia intestinale (in particolare contro la stipsi). Molto
studiata è la patologia anale.
- Ben 106 ricette sono destinate a combattere le affezioni oculari, allora molto diffuse. Una parte
notevole è dedicata alle malattie delle donne, con argomenti di ostetricia e di ginecologia. Non
mancano anche ricette di cosmesi.
. Il Papiro Smith
- Risale anch’esso all’inizio della XVIII Din., ma è una copia di testi anteriori. È un trattato di
patologia chirurgica, un vero e proprio Libro dei Traumi, comprendente l’esposizione di 48 casi
che illustrano la diagnosi, la prognosi ed il trattamento di ferite delle parti molli e di lesioni
osteoarticolari.
- È un doumento più razionale del P. Ebers, di notevole rigore scientiico. Nell’esposizione è
possibile notare una sequenza logica: titolo, esame obiettivo, diagnosi, verdetto o prognosi,
eventuale terapia. Talvolta, al termine dell’esposizione sono inserite delle glosse (in totale ben
69), aventi lo scopo di commentare e spiegare termini già allora arcaici o neologismi tecnici.
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. Il Papiro Hearst
- Risale alla XVIII Din. e si presenta come un ricettario per diverse affezioni riguardanti cuore,
intestino, vescica, torace, ascessi dentali, morsi. Sono pure presenti indicazioni sulle tecniche di
immobilizzazione degli arti fratturati.
. Il Papiro Brugsch (o Pap. Berlino 3038)
- Risale alla XIX Din. ed è in ottimo stato di conservazione.
- Illustra farmaci contro i parassiti intestinali, le malattie del seno, la tosse, i dolori agli arti
inferiori. Dà anche formule contraccettive, cure contro la sterilità, tecniche per determinare il
sesso del nascituro.
. Il Papiro Berlino 3027
- È soprattutto un papiro magico, contenente incantesimi per la protezione della madre e del
bambino; come tale è il più antico trattato di pediatria che si conosca (ca. 1450 a.C.)
. Il Papiro di Londra BM 10059
- In pessimo stato, risale all'epoca di Tutankhamon e contiene ricette e formule magiche per curare
le malattie degli occhi, le malattie ginecologiche e le ustioni.
. Il Papiro di Kahun
- È il testo medico più antico che si conosca, risalendo alla XII Din.; è comunque copia di testi
antecedenti.
- È costituito da due frammenti: uno tratta dell’arte veterinaria, l’altro è un trattato di ginecologia:
"Inizio dei rimedi da prepararsi per le donne".
. Il Papiro Carlsberg n. VIII
- Composto da tre frammenti, scritti durante la XIX o XX Din, ma il testo originale risale almeno
alla XII Din.
- Contiene per lo più prescrizioni di carattere ginecologico, con pronostici per le nascite e diagnosi
di sterilità.
. Il Papiro Chester Beatty n. VI
- Dell’epoca ramesside, ma anch’esso copia di un originale più antico.
- È un trattato di proctologia: tutte e 41 le prescrizioni sono infatti relative all'ano. Tali
prescrizioni, riguardanti sia le affezioni che i loro trattamenti, sono esposte con rigore medico,
senza alcuna indicazione magica.
. Il Papiro di Berlino 13602
- Risale alla fine del I secolo a.C. ed è scritto in demotico. Contiene prescrizioni destinate alla
prevenzione della gravidanza ed alla diagnosi della sterilità, con metodi magico-empirici.
2)
LA MATEMATICA
- Gli Egizi usarono un sistema decimale, con numerazione per apposizione (e non per "posizione"
come l’indo-arabico da noi utilizzato) e simboli diversi per le prime sette potenze di dieci. A
-53-
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causa di ciò si potevano operare solo somme e sottrazioni; moltiplicazioni e divisioni venivano
ricondotte alle precedenti due operazioni.
- I documenti pervenutici ci presentano una scienza matematica eminentemente pratica, ove
compaiono per lo più problemi di vita quotidiana, risolti ciascuno con una speciale ricetta dello
scriba; mancano pertanto teoremi o formule espressi in termini generali.
. Il Papiro matematico Rhind
- Papiro in 40 pagine, in scrittura ieratica, copiato dallo scriba Ahmose durante la dominazione
Hyksos, verso il 1650 a.C.; è tuttavia la copia di un documento più antico, risalente al regno del
faraone Amenemhat III.
- Sul recto contiene 87 problemi, ognuno con un "incipit" in rosso. I problemi sono preceduti da
una tavola di divisione di 2 per i numeri dispari da 3 a 101, le risposte essendo espresse come
somma di frazioni unitarie (aventi cioè 1 come numeratore). Essa è seguita da un’altra tavola
che esprime le frazioni del tipo n/10, con n che varia da 2 a 9.
- Ritenere, come molti fanno, che i matematici egizi mancassero di attitudine mentale scientifica è
molto riduttivo, come mostra la presenza nei documenti di problemi relativi alla risoluzione di
equazioni di primo e di secondo grado: ben undici di tali problemi (detti problemi aha, dove aha,
letteralmete "mucchio, quantità", è il termine egiziano attribuito all’incognita) sono presenti nel
Pap. Rhind.
- Anche nel campo della geometria gli Egiziani ci mostrano essenzialmente delle applicazioni
pratiche: calcolo di aree di terreni e di volume di determinati edifici.
- Essi sapevano correttamente trovare le aree del quadrato, del rettangolo, del triangolo, del
trapezio e, con buona approssimazione, anche del cerchio, ed i volumi del cubo, del
parallelepipedo rettangolare, della piramide, del tronco di piramide e del cilindro.
- Il Pap. Rhind è la principale fonte rimastaci delle conoscenze matematiche degli Egizi, ma nulla
ci impedisce di pensare che tali conoscenze fossero maggiori di quanto risulta da esso.
. Il Papiro matematico di Mosca
- Insieme col Pap. Rhind è tra i più ricchi ed interessanti fra i documenti matematici conservati.
Risale alla XII Din. e contiene 25 problemi a carattere matematico.
- Il problema n. 14, sul volume di un tronco di piramide a base quadrata (calcolato con esattezza),
costituisce probabilmente l’apice raggiunto dalla matematica egiziana.
. Documenti minori
- Il rotolo matematico di cuoio di Londra: contiene 26 somme eseguite utilizzando le frazioni
unitarie.
- I papiri Reisner: quattro rotoli di papiro, con calcoli di volumi e di superficie.
- Il Papiro di Berlino: con la risoluzione di due sistemi di due equazioni, di cui una del secondo
ordine.
- il Papiro di Kahun: contiene esempi di estrazione della radice quadrata di numeri.
- Alcuni papiri demotici del Cairo (P. Cairo JE 89127-89130, 89137-89143) e di Londra (BM
10399, 10520, 10794), con problemi di vario genere.
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3)
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L’ONIROMANZIA
- Lo stato del sonno e del sogno è sempre stato per gli egiziani un momento particolare di contatto
privilegiato col dominio dell’invisibile, durante i quali gli dei possono manifestarsi, in modo
benevolo od ostile.
- I sogni dei sovrani, come notici dalla letteratura, hanno per lo più un aspetto premonitore: gli dei
annunciano al loro figlio il compimento futuro di una promessa (ottenimento della regalità, esito
favorevole di un combattimento, costruzione di un tempio, ecc.). Diversi appaiono invece i
sogni dei comuni mortali, che traducono aspirazioni più normali: raggiungere un’età avanzata,
godere buona salute, accrescere i propri beni, ... Questi sogni ci sono noti grazie a vere e proprie
"chiavi di interpretazione dei sogni".
. Il Libro dei Sogni del papiro Chester Beatty III
- Databile all’epoca di Ramesse II; il materiale risale tuttavia alla XII Din. Si presenta come un
manuale per l’interpretazione dei sogni.
- L’impaginazione è singolare. Ogni "pagina" ha un titolo generale, identico per tutte, scritto in
caratteri molto grandi, in posizione centrale, in verticale e per l’intera altezza della pagina : "se
un uomo vede se stesso in sogno"; vi sono quindi due colonne, una alla sinistra ed una alla destra
del "titolo", con brevi linee orizzontali: sulla colonna di sinistra si legge "mentre fa ..." e su
quella di destra "bene / male; ciò significa che ...".
- I sognatori sono differenziati in due categorie: i Seguaci di Horus ed i Seguaci di Seth, sulla base
di diversità fisiche e caratteriali.
- La chiave di lettura dei sogni può essere "in chiaro": ossia succederà proprio quanto sognato; più
spesso però è allegorica: il sogno può significare che succederà il contrario di ciò che si è
sognato, o può utilizzare associazione di idee, od anche giochi di parole più o meno evidenti.
. I Libri dei Sogni demotici
- Nei tardi testi demotici è possibile riscontrare, nel settore dell’oniromanzia, influenze babilonesi.
I testi più estesi sono: i Papiri Carlsberg XIII e XIV, il Pap. Berlino P. 15683 ed il Pap. Jena
1209. Sono tutti provenienti dal Fayum e datati al II-III secolo d.C.
- La consultazione dei testi da parte degli onirocriti è resa agevole dal fatto che in questi manuali i
sogni sono riuniti per argomenti. L’interpretazione segue ancora i principi dei manuali più
antichi.
- Molto frequenti sono i sogni a sfondo sessuale, compresi incesti e rapporti bestiali. Oltre che
unirsi ad animali, la donna poteva generare tutta una serie di animali diversi, ognuno col col suo
preciso significato. Pure suddivisi in gruppo sono i sogni relativi ai cibi, alle bevande, ai vestiti,
ai gesti.
. L’Incubazione
- La pratica dell’incubazione, o dei sogni provocati, si sviluppò in epoca tarda, sotto l’influenza
dei Greci. I fedeli che desideravano una "risposta" da un dio per qualche problema personale si
recavano sovente a trascorrere la notte in luoghi opportuni presso determinati templi: durante la
notte la divinità si sarebbe manifestata in sogno ed al mattino successivo gli onirocriti avrebbero
interpretato la volonta del dio.
- L'incubazione era praticata su larga scala ai Serapea di Canopo e di Menfi, al tempio di Abido, ai
Sanatoria di Dendera e di Deir el-Bahari, nel tempio di Manduli a Khalabsha, in Nubia.
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- Il sogno provocato si avvicina molto alla pratica oracolare: occorre saper dare
un’interpretazione diversa ad ogni sogno, in funzione della persona che la richiede.
4)
LA GEOGRAFIA
- È intesa per lo più come topografia, ossia come rappresentazione e/o descrizione di zone
dell’Egitto. Tra i documenti di questo tipo possiamo citare la mappa dello Wady Hammamat,
gli elenchi di città degli onomastica e di alcune raffigurazioni templari e tombali, gli inventari
delle proprietà templari del Papiro Harris.
- Vi è anche una geografia religiosa, con elenchi di centri religiosi e di pellegrinaggio. Il Pap.
Louvre 3079 ci dà l'elenco dei luoghi di culto d’Osiri; la lista di Edfu dà, per ognuno dei 42
nomi, informazioni dettagliate.
- Vari indizi portano a concludere che in ogni nomo doveva esistere un papiro con un inventario
dettagliato di tutti i luoghi di culto, dei templi, delle località principali, degli oggetti sacri, delle
leggende mitologiche, delle feste, ecc. Un documento del genere è costituito dal Pap. Jumilhac,
che ci rivela tutti i dettagli della geografia religiosa delle leggende del XVIII nomo dell’Alto
Egitto.
- La conoscenza delle nazioni straniere era meno profonda ed esatta, come mostrato dai lunghi
elenchi di popoli dei testi templari. Attestata è comunque una certa conoscenza della geografia
dell’Asia e della Nubia (Pap. Anastasi I).
5)
L'ASTRONOMIA E L'ASTROLOGIA
- Gli Egiziani ottennero notevoli risultati in alcuni campi dell’astronomia: loro è la suddivisione
dell’anno in 365 giorni e del giorno in 24 ore. Fu inoltre il decreto di Canopo del 238 a.C. ad
introdurre l’anno bisestile.
- Esistono raffigurazioni del cielo che mostrano una discreta conoscenza dei moti delle stelle e dei
pianeti, essenziali per stabilire correttamente il trascorrere del tempo.
- Accanto all'astronomia, un certo numero di testi ieratici e demotici testimoniano un interesse per
l'astrologia. Gli oroscopi (omina) si basavano su una creduta influenza degli astri sul destino
individuale umano. A questa vasta letteratura sono da attribuire i cosidetti Calendari dei giorni
fasti e nefasti, dove di ogni giorno, definito buono o cattivo, si dà un presagio.
- Una tavoletta da Deir el-Medina prende in considerazione i soli mesi ed i cinque giorni
epagomeni.
- Frammenti di un papiro ramesside conservato a Torino contengono un calendario brontoscopico
per l’interpretazione dei colpi di tuono.
- Un papiro demotico di Berlino (n. 8345) contiene l’oroscopo per i nati sotto i segni di Venere e
di Mercurio, nelle loro diverse posizioni celesti. Molto spazio è dedicato ad indagare l’influenza
degli astri sul comportamento dei maschi: donnaioli da giovani, poi placati coll’avanzare
dell’età.
- Un papiro demotico di Vienna contiene due trattati sulle predizioni lunari. Il primo, con molti
punti di contatto con le concezioni babilonesi, è un trattato sulle eclissi di sole e di luna, con le
relative predizioni per l’Egitto ed i paesi degli Amorriti, degli Ebrei, dei Siriani e dei Cretesi. Il
secondo trattato riguarda gli omina lunari, ma non influenzati da eclissi; le predizioni riguardano
l’Egitto ed il suo re.
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LA LETTERATURA MAGICA
- La magia omeopatica presuppone che l’esecuzione di taluni procedimenti possa provocare a
distanza conseguente similari. La magia contagiosa si basa sulla credenza che tutto ciò che ha
avuto un contatto con qualche persona è destinato a conservare un rapporto interdipendente.
1)
MAGIA E RELIGIONE
- Il nome stesso dell’Egitto evoca il mistero e la magia. Anche i segni geroglifici possedevano
forza magica; nei testi più antichi si notano loro modificazioni per renderli inoffensivi.
- Nell'Egitto antico, religione e magia non furono in contrasto; anzi, nella vita quotidiana furono
strettamente connesse. La magia, caratteristica essenziale degli dei, fu da questi donata agli
uomini: essa non è pertanto un male, anche se gli uomini possono poi avvalersene contro gli dei
stessi.
- I libri classici della letteratura funeraria (Libro dei Morti, ecc.) possono essere considerati libri
magici.
2)
MAGIA E NARRATIVA
. Il Papiro Westcar
- I figli di Cheope raccontano al padre fatti prodigiosi, accaduti nel passato, nel presente e nel
futuro; tra questi, la predizione dell’avvento di una dinastia di adoratori del sole.
. Il mito di Isi e Ra
- Conoscere il nome segreto di una persona, ed ancor più di una divinità, significa aver potere su
di lei (magia nominativa).
- Nel racconto, la dea Isi cerca, attraverso pratiche magiche, di conoscere il nome segreto di Ra.
Con la terra modella un serpente, che morsicherà poi il dio. Isi allora promette di liberare il dio
dal tormento causatogli dal veleno solo se le rivelerà il suo nome nascosto; il dio alla fine dovrà
capitolare e la dea diventerà così una grandissima maga.
. Il papiro Vandier
- Narra la storia di un mago bravissimo e modesto, obbligato suo malgrado a salvare la vita del
faraone sacrificando la propria.
. Le storie del ciclo di Khaemwas
- Tale ciclo comprende due storie demotiche, incentrate intorno alla persona del principe
Khaemwas, il cui titolo di sacerdote- setem è reso come Setne, a guisa di nome proprio.
- Il tema della prima storia è il desiderio di Setne di possedere un libro di magia che era stato
scritto dal dio Thot stesso.
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- La seconda storia è ancor più immersa nella magia della prima. Essa consiste di due diversi
racconti, riuniti per il tramite della figura di Siosiri, figlio che Setne aveva ottenuto per grazia
degli dei.
3)
MAGIA E SCIENZA
- Benché i presupposti della magia sembrino in contraddizione con i principi della scienza
modernamente intesa, esistono tra di esse, all’origine, diversi elementi comuni. Per gli Egizi
non c’era incompatibilità tra magia e scienza.
. Formule magiche per la madre e per il fanciullo
- Il Papiro 3027 del Museo di Berlino, considerato il più antico trattato di pediatria, si rivolge in
particolare, applicando tecniche esorcistiche, alle forze oscure che possono nuocere ai vivi.
Fondamentalmente consiste di formule di protezione per bambini e per madri.
. Il papiro magico di Budapest e Torino
- Papiro frammentario, conservato in parte a Budapest e in parte a Torino. Contiene formule
magiche contro gli spiriti, in particolare quelli dei morti, che di notte escono dalle tombe e
possono essere pericolosi per l’uomo.
- Altre formule erano adoperate per guarire le malattie della testa, soprattutto le emicranie.
. I papiri amuletici di Torino
- Si tratta di tre sottili strisce di papiro, in origine contenute ognuna dentro un astuccio portato
indosso per la protezione personale. Il testo è formulato come un decreto, in forma di oracolo da
parte delle divinità; gli dei promettono al titolare dell’amuleto l’immunità dalle malattie, dai
pericoli dei viaggi, dai morsi dei serpenti, dalle punture degli scorpioni, promettono inoltre
benessere e ricchezza e, per le donne, anche la fecondità.
. La Stele Metternich
- Stele risalente al regno di Nectanebo II, faraone che godette fama di grande mago. La figura
centrale della facciata principale raffigura Horus bambino in piedi su due coccodrilli e mentre
tiene nelle mani alcuni animali del deserto (serpente, scorpione, antilope, leone). Al di sopra di
questa scena sono incise, su cinque file, forme di divinità, demoni ed animali sacri, con scopo di
difesa. Sul retro della lastra in pietra il posto principale è occupato dal cosidetto Bes panteo,
essere divino composto da diversi dei. Sotto la scena principale compaiono alcune file di
raffigurazioni magiche.
- L’argomento del testo è in sintonia con le scene. Compaiono dapprima formule magiche contro
Apopi, poi contro il veleno dei serpenti e degli scorpioni. Il livello più elevato del testo è
composto da due passi di una novella relativa alle vicende di Isi e di Horus nella palude di
Chemnis.
. I Cippi di Horus
- Si tratta di piccole stele magiche concepite come mezzi di protezione degli uomini contro gli
animali pericolosi e per curare le punture o i morsi velenosi. Queste stelette, note anche, per la
scena che vi compare, come "stele di Horus sui coccodrilli" furono molto popolari a partire dal
primo millennio a.C. e sono testimoniate fino all’avvento del cristianesimo.
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- I testi incisi su queste stele sono quelli delle formule magiche nn. 5 e 10 della stele Metternich,
che proteggevano contro le punture degli scorpioni ed i morsi dei serpenti.
- Si usava far colare acqua sulla stele, acqua che, impregnatasi del potere magico delle formule
incise, veniva poi bevuta dal paziente. Costoro, poi, baciavano anche l’immagine di Horus e la
sfregavano contro la ferita. A volte venivano portate al collo come amuleto, o appese in una
stanza della casa.
. Le statue guaritrici
- Risalgono al periodo tardo ed hanno la caratteristica di essere quasi completamente coperte di
iscrizioni. Il personaggio raffigurato è quasi sempre un uomo che era stato innalzato al rango di
divinità o si era guadagnato fama di guaritore. Anche su di esse veniva fatta colare acqua,
bevuta poi dai pazienti.
- La statua di Djed-Hor, personaggio vissuto nel periodo che va dalla seconda conquista persiana
fino al regno di Filippo Arrideo e che portava il titolo di esorcista dello scorpione, è importante
anche per le notizie di carattere biografico.
- Altra celebre statua guaritrice, in basalto nero, è conservata al Louvre e risale al periodo
tolemaico. Raffigura un personaggio maschile, non identificato, nella posizione dello steloforo,
mentre sorregge davanti a sé un cippo di Horus.
4)
MAGIA E POLITICA
- La magia venne utilizzata anche per scopi politici, per la protezione della nazione, del re e per
distruggere i nemici dell’Egitto. A tal fine si faceva ricorso ai mezzi della magia nera.
- A Tebe si scrivevano i nomi dei nemici su vasi d’argilla, che erano poi distrutti. A Menfi si
usavano invece raffigurazioni in argilla di questi nemici, con le braccia legate dietro la schiena
(statuette di esecrazione). Ad Esna, in epoca romana, l’immagine ed il nome dei nemici dei re
venivano scritti su pezzi di papiro, posti poi in bocca a quattro pesci. Questi pesci, che venivano
così ad identificarsi coi nemici stessi, venivano dapprima collocati in direzione dei quattro punti
cardinali e quindi gettati nel fuoco.
5)
I PRONTUARI DI MAGIA
- Esistono nell’antico Egitto anche testi esclusivamente magici, che assumono spesso l’aspetto di
manuali o prontuari di magia.
. Il papiro magico Harris
- È uno dei più ampi papiri magici che ci abbia restituito l’Egitto, ed il più importante tra quelli
del Nuovo Regno. Si tratta di una raccolta di testi dedicati ad incantesimi contro animali
malvagi, in particolar modo i coccodrilli. Tali incantesimi, basati sulla magia omeopatica, fanno
largo uso di richiami mitologici. Il potere del mago è tale da poter mettere a soqquadro l’intero
cosmo se la sua volontà non sarà esaudita.
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. Il Libro di Thot
- Di questo testo, redatto tra il XIII e il XII secolo a.C., esistono ben sette copie, pur se
frammentarie, al Museo di Torino. Si tratta pertanto di un testo che dovette godere una grande
reputazione e a esso forse si allude nella tarda storia demotica di Setne.
- Si tratta di una raccolta di formule magiche la cui composizione viene fatta risalire al dio Thot
stesso.
. Il papiro magico di Londra e Leida
- È un papiro demotico del III secolo d.C., conservato in parte a Londra ed in parte a Leida. Il
frammento di Leida, con le sue numerose glosse in copto, fu di enorme importanza per la
decifrazione della scrittura demotica.
- È una lunga raccolta di formule, una compilazione di prescrizioni per processi di divinazione, di
ricette medico- magiche ed erotiche, una specie di prontuario e di manuale per un professionista
della magia. Interessante, nelle formule, l’uso di parole magiche, dal suono barbarico.
- Per le sue pratiche di divinazione e per le evocazioni di spiriti e divinità, il mago si serve di un
fanciullo che funge da medium. Tra le pratiche di divinazione occorre ricordare la lecanomanzia
e la licnomanzia, consistenti nell’interrogazione e nel responso mediante rispettivamente un
vaso ed una lucerna, che servivano a produrre nel medium lo stato di trance. Oltre a questi due
metodi, si praticavano anche l 'incubazione, l’interrogazione del sole all’alba o della luna.
- Numerose anche le "fatture" presenti nella raccolta, destinate a procurare successo, potere,
amore, ma anche a nuocere a nemici e rivali. Non mancano infine anche prescrizioni e ricette
più propriamente mediche che magiche.
. Il papiro magico demotico del Louvre E 3229
- È un altro manuale per un operatore di magia ed è anch'esso datato al III secolo d.C. La maggior
parte delle formule indicano il modo di "mandare un sogno" a qualcuno, cioè avere responsi
divini mediante incubazione.
6)
LA MAGIA COPTO-CRISTIANA
- In molte espressioni del cristianesimo copto è evidente la sopravvivenza di elementi provenienti
da un contesto culturale pagano; tra queste è da considerare la magia.
- Le formule magiche del periodo copto ci mostrano il mago come diretto successore dei sacerdoti
pagani. Inoltre, nello stesso testo, si possono trovare uniti elementi di credi diversi: egiziani,
greci, ebraici, cristiani, gnostici. Permane la credenza del potere ottenibile dal conoscere il
"nome segreto" di qualcuno: anche Gesù Cristo ne aveva uno, noto a Lui solo.
- L'opera più interessante della magia copta è il Pap. copto n. 8313, di Berlino. Scritto dopo la
conquista araba, presenta ancora, accanto a motivi cristiani, una chiara impronta pagana.
- Al periodo islamico appartengono numerose formule per la protezione delle donne incinte, delle
madri e dei bambini. Numerose sono anche le formule amatorie, spesso anch'esse testimonianza
del sopravvivere di esperienze dichiaratamente pagane entro il nuovo mondo.
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LA LETTERATURA COPTA
- Con la parola copto si intende sia l’ultimo stadio dell’voluzione della lingua egiziana sia il
particolare tipo di scrittura usato per segnarla; a tal fine si sono utilizzate le lettere dell’alfabeto
greco e sette segni derivati dalla grafia demotica. Rispetto alle altre fasi della lingua, il copto
presenta due particolarità: segna le vocali e si distingue in vari dialetti: Saidico, Bohairico,
Achmimico, Licopolitano, Ossirinchita e Faiumico.
- La Letteratura Copta comprende quasi esclusivamente la letteratura cristiana in lingua e
scrittura copta, anche se testi di altro genere, in particolare magici e medici, sono pure presenti.
1)
LINEAMENTI DI STORIA DELLA LETTERATURA COPTA
A)
GLI INIZI
. Il Vecchio Copto
- I più antichi tentativi di rendere in grafia greca la lingua egiziana possono porsi tra il primo
secolo a.C. ed il terzo secolo d.C. (Vecchio Copto). I documenti di tale periodo non originano
dalla chiesa cristiana, ma da ambienti pagani.
. Le traduzioni della Bibbia e dei testi patristici
- La letteratura greca è alla base della letteratura copta. I primi testi copti, in particolare quelli
biblici e gnostici, sono mere traduzioni di originali greci, effettuate per lo più in ambienti
monastici: per fini missionari, come molti ritengono, o per il desiderio di far rivivere una cultura
nazionale egiziana da molto tempo in declino e di interpolare il contenuto del nuovo spirito
religioso nell’antica tradizione egiziana.
- All’inizio del quarto secolo, ed ancor prima, appartengono numerose traduzioni bibliche, in
particolare dei Salmi e del Nuovo Testamento. È possibile riconoscere tre fasi nell’attività dei
traduttori della Bibbia: nella prima (dal secondo all’inizio del quarto secolo), i traduttori
lavorarono più o meno isolatamente, in diversi dialetti e con differenti metodi; nella seconda
fase (dal quarto al quinto secolo) ebbe luogo la canonizzazione e la standardizzazione della
versione saidica. La terza fase (che si protrasse fino al nono secolo) rappresenta invece la
standardizzazione della versione bohairica.
- Dagli stessi ambienti che hanno prodotto le traduzioni bibliche proviene anche un certo numero
di testi patristici, in particolare di opere apocrife del Vecchio e del Nuovo Testamento, nonché di
alcune omelie.
. Le traduzioni di testi gnostici e manichei
- Accanto ai centri cristiani ne esistevano altri, dovuti alle diverse sette proliferate in Egitto, che
lavoravano in modo concorrenziale ed indipendente, producendo le proprie traduzioni. Ne sono
testimonianza la scoperta dei codici gnostici di Nag Hammadi e di quelli manichei di Medinet
Madi, redatti per lo più nel dialetto licopolitano.
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. La prima produzione originale
- Tra i primi autori originali copti potrebbero annoverarsi S. Antonio ed Hieracas di Leontopoli. Il
primo autore storicamente accertato è tuttavia S. Pacomio, al quale seguono i suoi successori S.
Teodoro di Tabennese e S. Horsiesi.
B)
SHENUTE E BESA
- Il passo iniziale verso una vera e propria letteratura copta, con le sue regole accettate, fu
compiuto da Shenute, del quinto secolo, una delle principali figure del monachesimo egiziano e
senza dubbio il più importante autore della letteratura copta. I suoi scritti, venuti alla luce nella
biblioteca del convento del quale era abate, consistono per lo più di sermoni.
- Sulle orme di Shenute lavorò anche il suo successore Besa, autore di opere di catechesi, lettere e
sermoni, e di una Vita di Shenute, scritta direttamente in copto; in tutti questi scritti dimostra una
perfetta padronanza del linguaggio.
C)
LE TRADUZIONI DEI SECOLI QUARTO E QUINTO: IL PERIODO CLASSICO
- La letteratura dei secoli quarto e quinto consiste quasi esclusivamente di traduzioni delle omelie
dei Padri della Chiesa e di martirologi o vite dei santi. Spesso il nome dell’autore originario non
è conservato, oppure è cambiato. Molte traduzioni riguardano i problemi peculiari del
monachesimo egiziano.
- La letteratura agiografica comporta inizialmente traduzioni da atti storici ufficiali. Più tardi si
venne a sviluppare il cosidetto genere epico: i martirologi appartenenti a questo tipo mostrano la
tendenza alla creazione di cicli, riconoscibili per la trama stereotipa, costruita intorno a
personaggi od eventi in un certo modo preordinato, che si ripete in maniera quasi identica in tutti
i testi, cambiando soltanto nomi e circostanze. Uno di questi cicli è costruito intorno alla figura
di Ariano, prefetto della Tebaide durante la persecuzione di Diocleziano. Un altro ciclo è quello
dei martiri sotto Giuliano e connesso più tardi alla leggenda della nascita di Costantino e della
scoperta della Santa Croce da parte di S. Elena. Oltre a questi cicli, appartengono al genere epico
anche martirologi individuali.
- A questi testi è da aggiungersi anche la raccolta di detti ed aneddoti dei padri del deserto nota
come Apophthegmata Patrum; che si presenta sotto due forme: alfabetica e sistematica.
D)
SESTO SECOLO: LA LETTERATURA STORICO-POLEMICA DOPO CALCEDONIA
- Fino alla metà del quinto secolo, lo sviluppo della letteratura copta fu determinato soprattutto da
eventi spirituali e culturali; dopo il Concilio di Calcedonia (451), invece, furono gli eventi
politici e storici a prendere il sopravvento.
- Nel periodo successivo a Calcedonia e fino ad oltre la metà del sesto secolo possiamo
riconoscere due fasi:
* prima di Giustiniano (527-565): la produzione letteraria fu per lo più apologetica e rimase
all’interno della cultura "internazionale".
* Tra Giustiniano ed il Vescovo Damiano (569-605): la chiesa copta fu sopraffatta da quella
cattolica melchita; la produzione letteraria fu diretta ad un pubblico interno o monastico.
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Durante questa seconda fase, il greco fu sentito come la lingua dell'oppressore e si sentì
pertanto la necessità di costruire una propria cultura storica e spirituale, tipicamente egiziana, e
quindi copta, in opposizione a quella imperiale e greca.
- Tra le opere della prima fase spicca la Storia della Chiesa, il Panegirico di Macario di Tkow, le
Vite dei monaci Phif e Longino. Tra le opere della seconda fase si può citare una Vita di
Atanasio e tutta una serie di vite dei principali monaci del tempo, redatte in vena
anticalcedoniana.
- Il periodo dopo Calcedonia vide anche il fiorire della redazione delle passioni copte nella forma
detta Consenso Copto, cioè la ripetizione, attraverso eventi uniformi, del tema della "vita
indistruttibile": in queste passioni la tradizione egiziana predomina su quella greca
internazionale che aveva dato origine alle passioni del genere epico.
E)
IL TARDO SESTO SECOLO ED IL PRIMO PERIODO ARABO
- Il periodo compreso tra la salita al soglio patriarcale di San Marco da parte di Damiano fino alla
conquista araba fu un periodo particolare nella storia della Chiesa Copta, noto agli storici come
periodo di Damiano. Ad opera di Damiano e delle energiche figure di vescovi di questo periodo,
la Chiesa riprese una nuova vita. Dal punto di vista letterario, si abbandonò la produzione
polemica del periodo precedente e si tornò a preoccuparsi dell’attività liturgica di ogni giorno. I
testi di questo periodo, molti dei quali sono prodotti direttamente in copto e non sono mere
traduzioni dal greco, sono pervasi di nazionalismo, segno dell’isolamento nel quale la Chiesa
Copta si sta rinchiudendo.
- Tra le principali figure del tempo occorre citare, oltre al patriarca Damiano, i vescovi
Costantino di Asyut, Giovanni di Shmun, Giovanni di Paralos e Rufo di Shetep, tutti attvi prima
dell’invasione araba (639-641 d.C.).
- L'atteggiamento degli Arabi verso la cultura copta fu, almeno all’inizio, improntato al rispetto.
Le più importanti figure della chiesa egiziana poterono quindi continuare a produrre le loro
opere più o meno liberamente. Più tardi, la situazione cambierà radicalmente.
- Tra i principali autori del primo periodo della dominazione araba occorre citare i patriarchi
Beniamino I, Agathon, Giovanni III, ed i vescovi Menas di Pshati e Zaccaria di Sakha.
F)
I SECOLI SETTIMO ED OTTAVO: IL PERIODO DEI CICLI
- Appartengono a questo periodo opere a fondo pseudo-storico, con intenti propagandistici e
rivolti a diversi segmenti della popolazione. Un loro accurato studio ha portato a classificarli in
cicli, ognuno caratterizzato da un tema comune ed unificante. A tal fine si utilizzarono anche
lavori precedenti, adattandoli e modificandoli in base ai fini del redattore ed armonizzandoli,
quando necessario, con altri scritti all’uopo. È possibile distinguere due classi di cicli: quelli
omiletici e quelli agiografici.
- Tra i cicli omiletici, redatti sotto forma di omelie, i più noti sono: il ciclo di Atanasio, il ciclo di
Giovanni Crisostomo e Demetrio, il ciclo di Teofilo, il ciclo di Basilio di Cesarea, il ciclo di
Cirillo di Gerusalemme ed il ciclo di Evodio di Roma.
- Tra i cicli agiografici, più noti dei precedenti e redatti sotto forma di "passioni" di martiri nella
tipica forma del Consenso Copto, il primo a svilupparsi fu il Ciclo di Antiochia, ove particolare
rilievo è dato alla corte di Diocleziano ad Antiochia. Questo ciclo servì come preludio alla
formazione di altri cicli, in particolare del ciclo di Basilide, al quale fu associato il ciclo dei
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Teodori. Attorno alla figura di uno scriba dell'esercito romano, che assistette ai processi contro
i martiri e ne scrisse poi le biografie, si formò il ciclo di Giulio di Aqfahs.
G)
DAL SECOLO NONO ALL’UNDICESIMO: IL PERIODO DEL DECLINO
- Col nono secolo cominciò un lento ma inesorabile declino della letteratura copta. In questo
periodo non è attestata alcuna produzione originale; l’attività letteraria consistette quasi
esclusivamente nella ripresa e rielaborazione di materiale vecchio ma ancora utile per qualche
scopo. Nei monasteri, i testi ritenuti ancora validi vennero rielaborati e riscritti, dando a tutti
essi un aspetto simile, in libri strutturati per gli usi liturgici e detti synaxaria. A queste collezioni
di testi veniva poi aggiunto un titolo, che menzionava l’autore - non necessariamente quello vero
-, le parti rilevanti contenute e le occasioni liturgiche nelle quali il testo doveva essere letto.
2)
LA BIBLIOTECA GNOSTICA DI NAG HAMMADI
A)
LA SCOPERTA DEI CODICI
- Nel dicembre 1945 a Nag Hammadi, circa 70 km a nord di Luxor, alcuni contadini portarono
alla luce una giara contenente numerosissimi fogli di papiro (circa 1240), rilegati in tredici
codici, protetti da astucci di cuoio. I testi in essi contenuti sono 51, di cui 45 distinti: ben 36
opere, di contenuto prevalentemente gnostico, erano completamente sconosciute prima della
scoperta. La loro composizione in lingua copta risale tra la fine del terzo secolo e quella del
quarto; la redazione originale di molti risale però anche all’inizio del secondo secolo. Per la
prima volta gli studiosi erano venuti in possesso di una bilbioteca gnostica, composta di
traduzioni in lingua copta di scritti gnostici originali, mentre prima non si era potuto studiare la
Gnosi che attraverso gli scritti dei Padri della Chiesa.
B)
LA GNOSI ED I GRANDI SISTEMI GNOSTICI DEL SECONDO SECOLO
- La Gnosi è una corrente filosofica-religiosa che si è sviluppata contemporaneamente al
Cristianesimo; le sue radici risalgono tuttavia ad origini precristiane. Gnosi e Cristianesimo si
sono mutuamente influenzati. La Gnosi è una religione di salvezza, che riposa sulla conoscenza
(è questo il significato del termine in lingua greca), o meglio sulla ri- conoscenza, da parte
dell’uomo del suo proprio essere: è riconoscendo se stesso che l’uomo può ritrovare le proprie
origini divine ed arrivare quindi alla salvezza.
- Nate in suolo siropalestinese, le sette gnostiche si diffusero in Asia Minore, Grecia, Egitto ed
Occidente fin dalla metà del primo secolo e la loro espansione raggiunse il culmine nel secondo
secolo. È in questo periodo che nacque l’insieme della letteratura gnostica che ci è stata
conservata.
- I teologi gnostici che hanno delineato il profilo della Gnosi al secondo secolo sono soprattutto
tre:
* Basilide: gli gnostici sono una "razza eletta", predestinata alla salvezza. Insegnò che il dio
degli Ebrei, Abraxas, era il capo di una classe inferiore di angeli: furono essi a creare gli
uomini, ed a tiranneggiarli. Per liberarli, il Padre ingenerato inviò il proprio figlio, il Cristo.
* Marcione: di educazione cristiana, si trasferì a Roma dove, nel 144, venne scomunicato per
contrasti con l’episcopato; fondò allora una propria Chiesa, che si diffuse in tutto l’impero
romano. Punto centrale della sua dottrina è l’opposizione radicale tra il Dio della Legge ed il
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Dio Salvatore. Il primo è il Dio dell’Antico Testamento, che ha creato il mondo e lo
governa col rigore della Legge; egli è giusto, ma senza bontà. Gli è opposto il Dio "buono,
perfetto e misericordioso", che dimora, sconosciuto, in un cielo superiore; fu lui ad inviare
sulla terra il Figlio per salvare gli uomini dalla miseria e dalla disperazione.
* Valentino: nativo dell’Egitto, abbracciò il Cristianesimo ad Alessandria e si spostò verso il
140 a Roma, dove si guadagnò ben presto fama di eretico ed una scomunica. Nella sua
dottrina, la Sapienza (Sofia) - una delle emanazioni (eoni) della pienezza del regno celeste
(pleroma) - gioca un ruolo essenziale: è lei infatti la causa della "caduta" e della creazione del
mondo.
C)
LE PRINCIPALI OPERE DELLA BIBLIOTECA GNOSTICA DI NAG HAMMADI
. L’Esegesi dell’Anima
- Ha la forma di un racconto che narra le avventure dell’anima, un’anima dipinta sotto i tratti di
una donna. Il testo ne narra le origini divine, la caduta nel mondo ed i suoi numerosi peccati, il
pentimento ed il ritorno alla casa del Padre.
- È evidente in questo racconto il mito gnostico valentiniano di Sofia, che abbandona il mondo
celeste ed il suo sposo per precipitare nella prostituzione.
- Notevoli le influenze dei racconti ellenistici e giudaici.
. Le Apocalissi: di Adamo, Giacomo (due), Paolo, Pietro
- Con opere di questo genere, eredi dell'antica profezia, le varie sette rivelavano ai loro adepti cose
nascoste ai comuni mortali.
- Tranne l'Apocalisse di Adamo, le altre sono attribuite a personaggi di primo piano del Nuovo
Testamento (pseudoepigrafia).
- L'Apocalisse di Adamo si presenta come una rivelazione fatta da Adamo al figlio Seth, poco
prima di morire: verrà un "Illuminatore", inviato dal Dio supremo a portare la conoscenza ad una
razza speciale degli uomini.
- La prima Apocalisse di Giacomo si presenta come un dialogo tra Gesù e Giacomo, nel quale il
Signore rivela al suo discepolo la via dela redenzione. Dopo la resurrezione, Gesù riappare a
Giacomo ed agli altri discepoli e rivela loro di non essere stato realmente Lui a patire in croce.
Predice poi a Giacomo il suo martirio.
- La seconda Apocalisse di Giacomo dà un dettagliato racconto del martirio di Giacomo per opera
di una folla inferocita dai suoi discorsi: in essa, quindi, Giacomo porta a compimento le
predizioni rivelategli nella prima Apocalisse.
- L’Apocalisse di Paolo è il racconto di un viaggio compiuto da Paolo fino al decimo cielo, per
"conoscere le cose nascoste in quelle che sono visibili".
- L'Apocalisse di Pietro è costituita dalla narrazione di tre visioni avute dall’apostolo Pietro,
unitamente ad istruzioni da parte di Gesù, la notte prima della crocefissione. Questi "misteri"
egli li dovrà poi trasmettere a "quelli di un’altra razza", ossia quelli che sono degni di essere
iniziati; per i "falsi profeti", invece, e per gli ingannatori, che hanno una natura che non può
cambiare, la salvezza è impossibile.
. Il Libro di Tommaso l’Atleta
- "Atleta" è da intendersi come "combattente", "lottatore" contro le passioni del corpo, ossia come
"asceta". Il testo si presenta come la raccolta dei "detti segreti" di Gesù a Giuda Tommaso, in un
periodo tra la resurrezione e l’ascensione.
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- L’insegnamento di Gesù, ora in forma diretta, non più oscurato da parabole, è essenzialmente
ascetico, centrato sulla lotta contro le passioni del corpo.
. Il Vangelo secondo Tommaso
- È il più "popolare" dei testi copti della biblioteca di Nag Hammadi e quello che più si avvicina ai
vengeli canonici.
- È composto da 114 "detti" di Gesù, per lo più introdotti dalla formula "Disse Gesù". Molti di
essi si ritrovano anche nei vangeli canonici, anche se il testo copto non è mai una loro copia.
- Il suo centro di interesse è la profonda conoscenza che dipende dall’interpretazione delle parole
segrete ed inizia con la conoscenza di se stessi. I discepoli già possiedono un inizio di verità, ma
dovranno lottare molto perché la "gnosis" produca in loro i suoi frutti.
. Il Vangelo secondo Filippo
- Filippo è l’unico discepolo che viene menzionato. Il testo non presenta una struttura
organizzata.
- Tra i tanti temi, uno è il disprezzo per il mondo e la carne. I nomi che gli uomini usano in
questo mondo sono ingannevoli: il primo dovere dello gnostico è quindi di "operare le
distinzioni", restituendo il senso nascosto delle parole. Deve poi superare le differenze sessuali,
ritrovando in sé l’androginia primordiale: sono pertanto condannati il matrimonio e la
preoccupazione di avere eredi. L’affrancamento dalla famiglia è di fatto un affrancamento dalla
società. Affrancato dal mondo, lo gnostico ha tuttavia il compito di trasmettere ad altri la gnosi,
recrutando adepti.
. Frammento del discorso perfetto
- Si tratta di un estratto del lungo trattato ermetico noto come Asclepio o Discorso Perfetto. Ha la
forma di un dialogo tra un maestro - Hermes Trismegisto - ed il suo allievo Asclepio.
Inizialmente il maestro spiega come, a differenza della masse empie, miserabili ed ignoranti,
solo pochi uomini, pii, abbracciano lo studio e la conoscenza inviati da Dio, diventando così
immortali, ossia divini. Il brano che segue si compone per lo più di una predizione sulle
catastrofi che saranno provocate dall’arrivo in massa di stranieri in Egitto.
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Alberto ELLI
Ing. Albert Elli
Alberto ELLI, nato a Giussano, Milano, l’11 febbraio 1952. Dopo gli studi secondari classici, si è
laureato in Ingegneria Nucleare presso il Politecnico di Milano (1976). Ha quindi trovato lavoro
presso i più importanti centri di ricerca italiani (CISE; ENEL; CESI), interessandosi in prevalenza
di studi ambientali e di programmazione.
Ha continuato, tuttavia, a coltivare, da autodidatta, interessi classici, in particolare nel campo delle
lingue semitiche; buon conoscitore delle lingue dell’antico Egitto (sia dell’egiziano classico che del
neo-egizio, nelle grafie geroglifica e ieratica, nonché del geroglifico del periodo tolemaico; ha
studiato anche il demotico e il copto) ha esteso successivamente le sue conoscenze ad altre lingue:
accadico, ebraico, siriaco e ge’ez; attualmente sta studiando l’arabo e il sumerico. Agli interessi
linguistici ha sempre unito anche una viva passione per gli studi storici. Da quindici anni tiene corsi
di geroglifico, ebraico, accadico e copto, sia presso enti pubblici che privati.
E’ autore del volume Guida ai Geroglifici, edito da Vallardi nel 1997 già alla terza edizione e
dell'importante opera in tre volumi "Storia della Chiesa Copta".
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