Consumo critico e libertà nella società dell’informazione
(di Giovanna Iantorno e Chiara Marra per la riunione di SOS scuola del 14 marzo 2013)
1. Premessa
Tutti noi siamo consumatori. Leggiamo da Wikipedia: “Per consumo si intende qualsiasi attività di
fruizione di beni e servizi da parte di individui, di imprese o della pubblica amministrazione che ne
implichi il possesso o la distruzione materiale o la distruzione figurata (nel caso dei servizi)”.
Attraverso i nostri consumi possiamo, senza dubbio, determinare il “successo” e l’arricchimento di
certe aziende a discapito di altre. Possiamo, dunque, esercitare una forma di “potere”. A nostro
avviso, esercitare un “potere” esige, sempre, contestualmente, una assunzione di responsabilità,
affinché si possa essere quanto più è possibile cittadini liberi e consapevoli.
Per questo abbiamo proposto ad SOS scuola una riflessione su consumo critico e libertà nella
società dell’informazione.
Leggiamo ancora da Wikipedia: “Per consumo critico o consapevole si intende la pratica di
organizzare le proprie abitudini di acquisto e di consumo in modo da accordare la propria
preferenza ai prodotti che posseggono determinati requisiti di qualità differenti da quelli
comunemente riconosciuti dal consumatore medio.
Alcuni dei requisiti sono: la sostenibilità ambientale del processo produttivo, l'eticità del trattamento
accordato ai lavoratori, le caratteristiche dell'eventuale attività di lobbying politica dell'azienda
produttrice. La possibilità di utilizzare la propria posizione di consumatore per perseguire fini
politici o etici presuppone il diritto di poter scegliere tra diversi prodotti nonché la conoscenza di
tutte le informazioni necessarie a compiere una scelta consapevole. Volendo fare uso di una
analogia tra il consumatore ed il lavoratore, questi diritti corrisponderebbero al diritto di sciopero e
alla sindacalizzazione. Una analogia viene spesso proposta anche tra il consumatore e l'elettore, per
cui uno dei possibili slogan del consumo critico è "voti ogni volta che vai a fare la spesa".
Il termine in genere non fa riferimento, riduttivamente, solo agli acquisti di beni materiali: il
consumo critico può anche riguardare le scelte inerenti al risparmio (finanza etica) e all'uso di
servizi come ad esempio i trasporti o le telecomunicazioni”.
Nel preparare questa comunicazione abbiamo fatto riferimento al volumetto di Francesco Gesualdi,
del Centro nuovo modello di sviluppo, dal titolo Manuale per un consumo responsabile.
2. Il Centro nuovo modello di sviluppo
Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo è composto da tre famiglie che hanno deciso, alla fine degli
anni Settanta, di andare a vivere insieme in un casolare, in provincia di Pisa, perché accomunati dal
medesimo impegno civile, sociale e politico.
Leggiamo dal loro sito: “Abbiamo cominciato la nostra attività ponendoci una domanda
angosciante: come mai un mondo tanto ricco produce tanta povertà. Che il mondo sia ricco lo
sperimentiamo tutti i giorni. Basta che guardiamo come ci vestiamo, come viaggiamo, cosa
mettiamo nei nostri piatti. Ci sfugge, invece, che questa condizione è riservata a pochi. Solo il 20%
della popolazione mondiale vive secondo il nostro standard di vita. L'altro 80% vive in condizioni
di miseria. Un 50% vive addirittura in condizione di povertà assoluta, una situazione che non
consente di soddisfare neanche i bisogni fondamentali come il cibo, l'acqua potabile, la medicina di
base, l'istruzione minima. Per capire le ragioni di tanta ingiustizia ci siamo buttati a capofitto nello
studio dell'economia mondiale ed abbiamo capito che la povertà non è una fatalità, ma il risultato di
un'economia assurda organizzata per servire esclusivamente l'interesse dei mercanti. Più in
particolare è il frutto dello scambio ineguale, del debito, dello sfruttamento del lavoro.
Ma aver capito non ci è bastato, perché noi non siamo un centro di ricerca fine a se stesso. Noi
siamo militanti e facciamo ricerca per indicare a noi e agli altri come possiamo opporci ai
meccanismi ingiusti a partire dalla quotidianità. In altre parole concepiamo il sapere solo se è
orientato all'azione. Per questo abbiamo cercato di sciogliere un altro nodo. Abbiamo voluto capire
che ruolo giochiamo all'interno della macchina oppressiva perché solo così possiamo intervenire là
dove siamo più determinanti. Per trovare la risposta ci è bastato mettere la testa dentro all'armadio e
constatare che la nostra dispensa è ricolma di prodotti che vengono dal Sud del mondo. Oggi che
siamo nell'epoca della globalizzazione perfino i nostri guardaroba traboccano di camicie, canottiere,
scarpe provenienti dall'Asia, dall'America latina, dall'Africa del nord. Così abbiamo capito
l'importanza strategica del consumo ed abbiamo cominciato a chiederci come potevamo trasformare
questo momento da strumento di complicità con gli oppressori a strumento di liberazione per gli
oppressi.
[…] Scegliendo cosa leggere, come, cosa e quanto consumare, da chi comprare, come viaggiare, a
chi affidare i nostri risparmi, rafforziamo un modello economico sostenibile o di saccheggio,
sosteniamo imprese responsabili o vampiresche, contribuiamo a costruire la democrazia o a
demolirla, sosteniamo un'economia solidale e dei diritti o un'economia animalesca di sopraffazione
reciproca. In effetti la società è il risultato di regole e di comportamenti e se tutti ci comportassimo
in maniera consapevole, responsabile, equa, solidale, sobria, non solo daremmo un altro volto al
nostro mondo, ma obbligheremmo il sistema a cambiare anche le sue regole perché nessun potere
riesce a sopravvivere di fronte ad una massa che pensa e che fa trionfare la coerenza sopra la
codardia, il quieto vivere , le piccole avidità del momento. Ciò spiega perché la nostra attività si
concretizza nella stesura di guide per informare i consumatori sul comportamento delle imprese,
nell'organizzazione di campagne, in suggerimenti sugli stili di vita. Un piccolo contributo per un
grande cambiamento”.
3. La denuncia
Negli anni il Centro Nuovo Modello di Sviluppo ha raccolto e sostenuto diverse campagne di
denuncia nei confronti di imprese che mettono in pratica comportamenti non etici e non rispettosi
dei criteri di qualità.
Segnaliamo solo due esempi:
1. il caso Chicco avviato in seguito ad un incendio in una fabbrica cinese di giocattoli che
produceva per la Chicco durante il quale rimasero uccise 87 ragazzine perché erano state chiuse
nello stabilimento. In soli cinque mesi di pressione da parte dei singoli consumatori e di alcune
associazioni di consumatori italiani, il Centro è riuscito ad ottenere da Artsana, proprietaria del
marchio Chicco, un fondo di risarcimento per le famiglie delle vittime dell’incendio e l’adozione di
un codice di condotta in favore dei lavoratori.
2. il caso Levi’s, che agli inizi degli anni Novanta trasferì la sua produzione dagli Stati Uniti in
Messico e a Saipan, un’isoletta del Pacifico, dove gli operai venivano tenuti in condizioni
subumane. A seguito della denuncia, non solo la Levi’s interruppe l’operazione Saipan, ma si dotò
di un codice di comportamento che fissa i principi che devono essere rispettati dalle imprese estere
a cui viene trasferita la produzione.
Tredici sono le caratteristiche del comportamento delle imprese che ne determinano, secondo il
Centro Nuovo Modello di Sviluppo, l’eticità:
- trasparenza: disponibilità a fornire informazioni veritiere;
- abuso di potere: iniziative per condizionare l'opinione pubblica e il potere politico;
- Terzo Mondo: modo di gestire i rapporti produttivi e commerciali con il Sud del Mondo
(diritti dei lavoratori, equità negli scambi, rispetto ambientale);
- ambiente: osservanza delle leggi di tutela ambientale (risparmio energetico, riduzione degli
imballaggi, depuratori ecc.);
- armi ed esercito: produzione di armi e vendita di prodotti alle forze armate;
- vendite irresponsabili: vendita di prodotti potenzialmente dannosi (farmaci con pesanti
effetti collaterali, tabacco, superalcolici, prodotti che presentano pericoli nel loro uso);
- organismi geneticamente modificati (OGM): produzione e utilizzazione di tali organismi,
di cui non si conoscono gli effetti a lungo termine sulla salute e sull'equilibrio ambientale;
-
sicurezza e diritti dei lavoratori: misure adottate per la sicurezza dei lavoratori ed il
rispetto dei diritti sindacali e di legge;
regimi oppressivi: possesso di attività economiche in paesi (e corrispondente sostegno
finanziario ai loro regimi) che non rispettano i diritti umani;
illeciti e frodi, nei confronti della clientela e della concorrenza, ma anche corruzione e
finanziamenti illeciti;
animali: allevamenti in condizioni spregevoli, sperimentazioni su animali;
etichette e pubblicità: pubblicità scorretta, etichette poco chiare nelle informazioni o nella
leggibilità;
paradisi fiscali: si riferisce alla registrazione della società (o di parte importante di essa) in
paesi che garantiscono segretezza e regimi fiscali convenienti, con danno finanziario per
tutta la collettività e incentivazione della criminalità.
4. Il boicottaggio
Il boicottaggio è un'azione individuale o collettiva coordinata avente lo scopo di ostacolare e
modificare l'attività di una persona, o quella di un gruppo di persone, una azienda o un ente o anche
di uno stato, in quanto ritenuta non conforme a principi etici o ai diritti universali o a convenzioni
sociali. Oltre che a tali fini moralizzatori l'azione di boicottaggio può essere posta in essere anche a
scopi economici.
Vi sono almeno tre tipi di boicottaggio: di "coscienza", "strategico" ed uno "etico-strategico".

Il boicottaggio di coscienza risponde allo scopo di compiere azioni volte a correggere
un'attività considerata contraria ai principi morali o dannosa. Un esempio in questo senso è il
boicottaggio degli OGM o di prodotti e servizi di una società che adotta comportamenti ritenuti
scorretti.

Il boicottaggio strategico ha invece finalità politiche o economiche e viene intrapreso da
gruppi organizzati o anche da stati o organizzazioni internazionali al fine di modificare
comportamenti in atto presso altri gruppi o stati usando ritorsioni economiche e commerciali
sugli stessi. Un esempio in tal senso è il boicottaggio statunitense dei prodotti cubani.
Il boicottaggio definito come "etico-strategico", condivide in qualche maniera entrambe le
posizioni. Consiste in una forma di ribellione e rifiuto di quei prodotti "eticamente scorretti", ma in
maniera "strategica", vale a dire un boicottaggio che porti dei danni economici alle aziende
incriminate. Con tale espressione si intende il modo che molte persone hanno per evitare di
comperare (e quindi sostenere) prodotti derivanti dall'inaccettabile sfruttamento umano o del
pianeta: prodotti direttamente fabbricati da persone (spesso bambini) in condizioni di lavoro
estremamente disumane e, spesso, indotte dal sistema economico; marche che, pur di raggiungere il
maggior profitto, non rispettano la dignità umana ed il valore del lavoro; prodotti altamente
inquinanti, pericolosi per la saluta del pianeta o per la salute umana, creati nel nome del "libero
mercato" e del "massimo profitto" che, pur essendo lesivi ed in più difficilmente degradabili,
vengono comunque commerciati. Questo modo di boicottare è la maniera che ogni singolo soggetto
possiede per ribellarsi al contingente sistema economico ed è la maniera che ogni singolo soggetto
possiede per non sovvenzionare marche o prodotti derivanti da tale logica di mercato.
Il successo di un boicottaggio, come movimento non strutturato, dipende dalla sua capacità di
diffondere il messaggio. Grazie all'avvento di internet con i siti web, i blog ed i forum la capacità di
comunicazione dei movimenti di boicottaggio è aumentata consentendo di raggiungere un numero
maggiore di potenziali aderenti.
Negli anni sono state avviate diverse campagne di boicottaggio. Ne citiamo solo alcune per capire
quanto è vasto il fenomeno del mancato rispetto, da parte delle aziende, di comportamenti etici, e
quanto può essere importante, da parte dei consumatori, essere informati e decidere liberamente e
consapevolmente dei propri acquisti.
UNILEVER (proclamata da Animal Aid per esperimenti su animali)
Comportamenti non etici segnalati: abuso di potere, sfruttamento Terzomondo, danni all’ambiente,
ogm, diritti lavoratori, regimi oppressivi, illeciti, sfruttamento animali, pubblicità scorretta, paradisi
fiscali
COSA COMBINA NEL MONDO LA UNILEVER
Regimi oppressivi: ha filiali in Brasile, Colombia, Egitto, El Salvador, Guatemala, Honduras, India,
Indonesia, Kenya, Messico, Marocco, Perù, Filippine, Senegal, Sri Lanka, Turchia e Uganda.
Relazioni sindacali: nel giugno 1989 i lavoratori della Gessy Lever a San Paolo, Brasile,
occuparono la fabbrica per rivendicare paghe e condizioni di lavoro migliori; 87 di loro furono
licenziati. Sebbene poi i lavoratori ricevettero un aumento di paga, la direzione mancò di
riconoscere il consiglio di fabbrica eletto dai lavoratori.
Salari e condizioni di lavoro: nel 1988 membri del sindacato dei lavoratori nella fabbrica Elida
Gibbs in Sudafrica scioperarono per il salario minimo. La direzione aziendale ottenne un ordine
dalla Corte Suprema che reprimeva i membri del sindacato dall’interferire con la produzione e
distribuzione di merci. (Comunque, il sindacato ultimamente ha vinto la sua rivendicazione per un
salario minimo mensile di R 195).
Diritto alla terra: Unilever ha una grande fabbrica di tè a Pazar nella Turchia Orientale, un’area
dalla quale la gente, la maggior parte Kurdi, è stata espulsa secondo uno schema di sviluppo deciso
dal Governo Turco.
Ambiente: la compagnia è stata multata per 5.000 sterline nel 1990 per il rilascio di 50 tonnellate di
acido solforico concentrato dalla sua fabbrica Crossfield Chemicals a Warrington (Gran Bretagna).
Secondo il Registro dell’Autorità Nazionale dei Fiumi, nel periodo Gennaio-Marzo 1991 la
compagnia ha superato gli scarichi consentiti tre o più volte. Inoltre, tra l’1-9-1989 e il 31-8-1991 la
compagnia fu dichiarata colpevole di inquinamento delle acque.
Commercializzazione irresponsabile: Unipath, filiale della Unilever, è stata criticata da Maternity
Alliance per l’offerta di una fornitura mensile di un complesso vitaminico insieme ai kit per il test
della gravidanza. I gruppi fanno notare che nel 1990 il Dipartimento della Sanità consigliò alle
donne gravide di evitare di prendere integratori dietetici che includono la vitamina A, a causa dei
pericoli di difetti nel nascituro.
Campagna di boicottaggio: nel febbraio 1992 Mid Somerset Earth First! lanciò il boicottaggio della
Unilever e dei suoi prodotti dietetici integrali, alla luce dei test sugli animali e del comportamento
globale verso l’ambiente.
I prodotti:
Detersivi: Coccolino, Omo, Bio Presto, Svelto, Vim, Cif, Lysoform, Surf
Saponette: Lux, Dove, Rexona
Spazzolini: Gibbs
Dentifrici: Durban’s, Benefit, lose-up, Pepsodent, Mentadent
Creme: Leocrema, Cutex
Shampoo: Clear, Elidor, Axe, Denim, Dimension, Dove, Timotei
Cosmetici: Atkinson
Profumi: Fabergè, Brut 33
Alimentari: Milkana, Gradina, Rama, Maya
Marmellata: Althea
Gelati: Algida, Carte d’Or, Eldorado, Magnum, Solero, Sorbetteria di Ranieri
Surgelati: Findus, Genepesca, Igloo
Olio: Bertolli, Dante, Friol, Maya
Maionese: Calvè, Mayò, Top down
The: Lipton, the Ati.
NESTLÈ (proclamata da Baby Milk Action per violazione codice OMS)
Comportamenti non etici segnalati: abuso di potere, sfruttamento Terzomondo, danni all’ambiente,
vendite irresponsabili, ogm, diritti lavoratori, regimi oppressivi, illeciti, pubblicità scorretta, paradisi
fiscali.
COSA COMBINA NEL MONDO LA NESTLÈ:
Regimi oppressivi: Nestlè ha filiali in Brasile, Cina, Colombia, Egitto, El Salvador, Guatemala,
Honduras, India, Indonesia, Kenya, Libano, Messico, Papua Nuova Guinea, Filippine, Senegal, Sri
Lanka, Turchia. L’Oreal è presente anche in Perù e Marocco.
Relazioni sindacali: nel 1989 i lavoratori di una fabbrica di cioccolato a Cacapava, Brasile, fecero
sciopero. I lavoratori si lamentavano delle misere condizioni di lavoro, compresa la discriminazione
verso le donne, la mancanza di indumenti protettivi e le inadeguate condizioni di sicurezza. Entro
due mesi dall’inizio dello sciopero la compagnia aveva licenziato 40 dei suoi operai, compresa la
maggior parte degli organizzatori dello sciopero.
Commercializzazione irresponsabile: recenti mosse della Nestlè nel campo del latte in polvere per
neonati comprendono un’ulteriore violazione del Codice dell’OMS, cioè la pubblicità del suo nuovo
latte ipo-allergenico, Good Start, negli USA. Si è saputo che alcuni neonati hanno sofferto di shock
‘anafilattici’, con pericolo per le loro vite, dopo essere stati nutriti con questo prodotto.
Test su animali: L’Oreal è attualmente oggetto di boicottaggio per il suo uso continuato di test sugli
animali. La stessa Nestlè è stata recentemente criticata dalla BUAV (antivivisezionisti inglesi) per
aver fatto test di cancerogenicità del suo caffè su topi.
Campagna di boicottaggio: la Nestlè è attualmente oggetto di un boicottaggio mondiale per la
pubblicità irresponsabile del latte in polvere, e L’Oreal per i test sugli animali.
I prodotti:
Bevande: Nescafè, Nesquik, Nestea, Orzoro, Belte’, Chino’, Mirage, Nestea, One-o-one, San Bitter
Acqua minerale: Claudia, Giara, Giulia, Limpia, Lora Recoaro, Pracastello, Sandalia, Tione,Perrier,
Vittel, Acqua Vera, San Bernardo, S. Pellegrino, Panna, Levissima, Pejo, Ulmeta
Dolci: Smarties, Kit Kat, Galak, Lion, After Eight, Quality Street, Toffee, Polo, Rowntree, Motta,
Alemagna, Nesquik, Fruit Joy, Fruttolo
Cioccolato: Perugina, Baci, Nestlè
Salumi: Vismara, King’s
Olio: Sasso
Conserve: Berni, Condipasta, Condiriso
Formaggi: Locatelli
Pasta: Buitoni, Pezzullo
Dadi per brodo: Maggi
Surgelati: Surgela, Mare Fresco, La Valle degli Orti
Gelati: Motta, Alemagna, Antica Gelateria del Corso
Cibi per animali: Friskies, Buffet
Cosmetici: L’Oreal, Lancome.
NIKE
COSA COMBINA NEL MONDO LA NIKE
Regimi oppressivi: tutte le scarpe Nike sono prodotte in Asia, in particolare in Indonesia, Cina,
Thailandia, Taiwan, Corea del Sud, Vietnam.
Relazioni sindacali: in Indonesia i sindacati liberi sono illegali e vengono repressi dall’esercito, i
dirigenti sindacali sono licenziati, imprigionati, torturati, ed anche uccisi.
Salari e condizioni di lavoro: i lavoratori della Nike ricevono un salario da fame, inferiore al salario
minimo stabilito dalla legge indonesiana. Lavorano esposti ai vapori delle colle, ai solventi, alle
vernici, per 12 ore al giorno.
Commercializzazione irresponsabile: la Nike spende circa 180 milioni di $ all’anno in pubblicità,
quando sarebbe sufficiente l’1% di questo bilancio per migliorare le condizioni di 15.000 lavoratori
indonesiani.
Campagna di boicottaggio: nel 1990 Operation Push, un gruppo per i diritti civili, ha lanciato il
boicottaggio della Nike perché, nonostante venda il 45% dei suoi prodotti ai neri, non vi sono
afroamericani ai vertici dell’azienda; essa inoltre non concede sufficienti benefici sociali alla
comunità nera.
Lista delle banche legate al commercio d’armi:
Ubae Arab Italian Bank, Credito Italiano, Istituto San Paolo di Torino, Banca Commerciale Italiana,
Banca Nazionale del Lavoro, Banco di Napoli, Banca di Roma, Cassa di Risparmio di La Spezia,
Monte dei Paschi di Siena, Banca Nazionale dell’Agricoltura, Banco Ambrosiano Veneto, Banca
Toscana, Banca Popolare di Brescia, Banco do Brasil, Cariplo, Credit Agricole Indosuez, Banca
Popolare di Bergamo – Credito Varesino, Banca Popolare di Novara, Banca San Paolo di Brescia,
Cassa di Risparmio di Firenze, Banca Carige, Barclays Bank, Unione Banche Svizzere, Banco di
Chiavari e della Riviera Ligure, Unicredito Italiano, Banca Popolare di Intra.
5. Il consumo alternativo
Da quello che abbiamo detto finora, emerge chiaramente quanto tutti abbiamo a disposizione
strumenti che possono, con il tempo, ottenere risultati importanti per indurre le imprese ad avere
comportamenti migliori.
La forma più importante di commercio alternativo è il commercio equo e solidale, che diventa una
risposta alle gravi forme di sfruttamento internazionale messe in atto dalle multinazionali. Il
commercio equo e solidale afferma che lo scopo del commercio sta nel rendere un servizio
reciproco al produttore e al consumatore. Il produttore deve garantire al consumatore prodotti sicuri,
ottenuti nel rispetto delle persone, dell’ambiente e della sostenibilità. Il consumatore deve garantire
al produttore prezzi equi. Purtroppo, nella nostra zona, le piccole esperienze di commercio equo e
solidale hanno dovuto chiudere perché non si riusciva a coprire le spese per mantenere la bottega.
Altre piccole forme di consumo alternativo sono i gruppi di acquisto solidale e la spesa a chilometro
zero. La prima è un’esperienza di acquisti in comune tra due o più famiglie. I criteri che guidano la
scelta dei fornitori (pur differenti da gruppo a gruppo) in genere sono: qualità del prodotto, dignità
del lavoro, rispetto dell'ambiente. In genere i gruppi pongono anche grande attenzione ai prodotti
locali, agli alimenti da agricoltura biologica od equivalenti e agli imballaggi a rendere. Il documento
base dei GAS fa riferimento a quattro filoni per indicare motivazioni e linee guida per gli acquisti:

Sviluppare e mettere in pratica il consumo critico

Sviluppare e creare solidarietà e consapevolezza

Socializzare

L'unione fa la forza
Nella nostra piccola esperienza quotidiana, infine, cerchiamo, quanto più è possibile, di acquistare
prodotti “a chilometro zero”, coltivati o prodotti, cioè, vicino ai luoghi di commercializzazione.
Questo contribuisce da un lato a ridurre l’impatto ambientale determinato dal trasporto su gomma,
dall’altro a sostenere la già precaria economia della nostra terra di Calabria.