(…)Sal, dobbiamo andare e non fermarci mai finché non arriviamo. --- Per andare dove, amico? --- Non lo so, ma dobbiamo andare. (…) Jack KEROUAC, On the Road (Sulla Strada). “…ero destinato alla strada, a fare l’inventario del mio paese natio, con questo pazzo di Neal”. Jack KEROUAC, On the Road (Sulla Strada), libro secondo. On the Road (Sulla Strada), Jack Kerouac e la Beat Generation: il quotidiano tormento di cercare uno stile nuovo, una storia nuova e soprattutto un nuovo modo di vedere la realtà. A mo’ di premessa metodologica. “Non stendere un piano di lavoro- diceva Charles Péguy- ma seguire le indicazioni, i segni”. Jack KEROUAC fa letteralmente sua quest’affermazione dello scrittore francese e si tuffa nel vasto quanto complesso mondo delle sue esperienze, cercando di comprendere le miserie del presente e di capire l’uomo, il mondo, la sua epoca. Lo scrittore franco-canadese ha bisogno di scrivere ma non rimane prigioniero della cronaca, registra i suoi movimenti, ogni sua impressione e cerca di risolvere domande o dubbi attraverso il suo vagabondare. KEROUAC ha sempre pensato in un’ottica non di sistema. Ha respinto “ideologie” politiche e scuole letterarie e ha guardato con diffidenza alle avanguardie perché secondo lo scrittore esse nascono come sovvertitrici di vecchi schemi ma ne propongono altri solo apparentemente nuovi. Il successo che conseguirono gli scrittori della cosiddetta Beat Generation era dovuto al fatto che proponevano forme nuove di dialogo e sapevano adeguare la materia narrativa al variare delle situazioni esterne in cui si trovavano a vivere, si rapportavano alla realtà e lasciavano che essa entrasse nelle loro pagine e che li aiutasse a trovare le risposte che cercavano. KEROUAC ha preferito insistere sull’emozione piuttosto che sull’esaustività dei fatti e dei dettagli. Il suo obiettivo da cui non ha mai deviato è stato quello di cercare la verità in ciò che appare e non dietro le apparenze. Coerente con questo principio KEROUAC ha sempre mediato tra la realtà contingenziale e l’essenza umana servendosi nei suoi scritti di personaggi noti facilmente individuabili, con nomi e cognomi leggermente alterati che facevano parte della cerchia di persone di cui aveva conoscenza diretta e con cui aveva stretto contatti personali. I suoi rapporti con Ginsberg, Cassady e Burroughs non sono basati tanto su una comunanza di pensieri quanto su di un’attenta e intima partecipazione alla vita di tutti i giorni fatta d’intense relazioni di amicizia che impedisce loro di separarsi. 1 Per KEROUAC e la sua “banda” di amici, la vita è stata l’ineliminabile punto di partenza. Bisognava ripartire dalla vita per riuscire ad andare davvero in fondo e anche oltre, portare la propria realtà esistenziale fuori dalle deformazioni operate dai media, riuscire a far emergere dalle contraddizioni, dalle ambiguità e dai contrasti una profonda umanità, una generosità e una grande umiltà nonostante gesti o azioni esibizionistiche, spavalderie e gradassate con l’alcol messe in mostra per vincere una forma di timidezza quasi morbosa e la paura e l’ossessione della morte. Il rapporto che lega tutti gli scrittori della Beat Generation non si esauriva nella sfera letteraria perché fu soprattutto un rapporto di amicizia e di sostegno reciproco. Ciascun artista non stava sullo sfondo, in qualche modo impersonale, invisibile ed estraneo, ne dava testimonianza diretta, riportando episodi vissuti essenziali per capire qualcosa di sé e del periodo storico in cui viveva. La vita si faceva così necessaria alla letteratura che traeva da essa il suo pieno senso, la sua completa realizzazione e grazie a essa poteva approfondire temi, propositi, comportamenti mai affrontati prima fino ad andare a cogliere sfumature sempre più sottili. Questo modesto intervento su “On the Road” e su Jack KEROUAC non si propone come tentativo di spiegare il libro in sé, ma come ricerca delle ragioni che hanno spinto lo scrittore franco-canadese a proporre questo romanzo, con particolare attenzione alle influenze, ai rimandi, alle contaminazioni e alle compenetrazioni tra Letteratura e Arte, tra Letteratura e vita. Esso vuole monopolizzare l’attenzione del lettore sui legami che ci sono tra il libro e l’autore. L’esercizio delle interpretazioni mostra quanto un libro sia sfuggente a ogni definizione precisa ed esaustiva, sempre pronto a essere afferrato da interpretazioni diverse e pertinenti come se non possedesse una sua identità o ne possedesse una, abbastanza vaga da poter aderire ad un ampio elenco di identità più precise. L’identità sostanziale del libro di Kerouac deriva dall’essere il prodotto di una ben determinata persona e l’unica cosa che si può spiegare, è il rapporto tra l’autore e il libro o meglio ancora tra più libri dello stesso. Kerouac poteva fare due scelte: guardare il libro da lontano, rimanendone fuori, estraneo, distaccato, oppure provare a entrare in una struttura narrativa che l’autore non ha mai visto come astratta o comunque molto elastica, ma, al contrario, concreta e solida. La sua scelta non poteva che essere la seconda, quella razionale e pragmatica, dove il pragmatismo consisteva appunto in quel metodo socio-biografico adottato dal critico letterario più illuminato del suo tempo Malcolm COWLEY(1898-1989) che considerava gli autori da lui osservati come personaggi vivi e connessi pagina per pagina alle storie da loro narrate. È solo dall’intimo legame tra libro e autore che poi si potranno formulare ipotesi, si potranno tentare alcune interpretazioni. Com’è chiaro anche che ricostruire la vita dell’autore, verificare l’identità sostanziale del libro, ricercare le confluenze tra vita e libro, non sono altro che interpretazioni. In fondo, cercare di capire l’autore significa mettersi dal suo punto di vista. E cercare di ricostruire il procedimento di creazione del libro significa pure seguire il metodo di lavoro a livello più specificatamente tecnico, la strutturazione delle idee, la loro genesi e la loro evoluzione. 2 Così sappiamo che il testo On the Road 1 dello scrittore franco-canadese Jack KEROUAC(19221969) è stato pubblicato per la prima volta il 5 settembre 1957, che per scriverlo l’autore ha attinto a numerosi taccuini o quaderni(ben nove) nei quali trasferiva impressioni, fatti e sentimenti che provava nel corso dei suoi molteplici viaggi, che il libro diventò in seguito un mito, un simbolo, un cult intramontabile per intere generazioni di lettori fino ad essere considerato se non una sorta di manifesto certamente un testo di riferimento della cosiddetta Beat Generation. In una lettera datata il 22 maggio 1951 e indirizzata all’amico e “compagnon de route”, Neal Cassady, Jack così scrive:” Ho raccontato tutta la strada adesso….Sono andato veloce(tre settimane) perché la strada impone rapidità”: Spiega poi con dovizia di particolari che tra il 2 e il 22 aprile ha scritto il suo On the Road su di un rotolo di carta(lo scroll), tutt’intero per non perdere tempo a cambiare i fogli, lungo circa trentasei metri, un romanzo completo di 125.000 parole, senza punteggiatura né capitoli. E in aggiunta riferiva di averlo scritto senza sosta mentre ascoltava la musica be-bop alla radio e di aver utilizzato quel cospicuo materiale fatto di aneddoti, documenti che aveva raccolto dal 1947 al 1950, un ricco quanto dettagliato elenco di elementi, fatti e riflessioni che riteneva assolutamente necessari alla stesura del romanzo. In conformità a queste utili informazioni sappiamo che il romanzo di Kerouac comprende cinque parti o libri ed è scritto sotto forma di episodi ambientati alla fine degli anni quaranta e i cui personaggi sono tutti giovani “beatniks” in viaggio senza sosta per tutti gli Stati Uniti. Tra costoro vi è Dean Moriarty, amico di Sal Paradise, alter ego letterario dello stesso Kerouac e voce narrante del libro. Moriarty è in realtà Neal Cassady, un giovane dell’ovest, uscito da un riformatorio e il cui stile di vita è in netto contrasto con la concezione borghese della necessità di avere una fissa dimora, un lavoro, un buon grado di responsabilità. Moriarty come i suoi compagni di viaggio e amici ha solo interesse per una vita spericolata ed intensa, fatta di innumerevoli esperienze. Egli desidera esplorare l’immensità del continente nordamericano, conoscere il brivido del sesso, della musica jazz, delle accese discussioni nei bar sotto l’effetto dell’alcool. Sal, invece, é uno studente cresciuto nell’est che ha aspirazioni letterarie conosce a New York Dean e ne resta profondamente influenzato per il singolare stile di vita e per la passione del girovagare in cerca di esperienze e di nuovi incontri. Dean decide di ripartire per l’ovest e Sal lo raggiunge; è il primo di una lunga serie di viaggi che imprimono una diversa dimensione alla vita di Sal. La fuga di Dean, in fondo vero protagonista di tutta la storia, ha in sé una caratteristica eroica. Sal non può fare a meno di ammirarlo, anche quando febbricitante, a Città del Messico, è abbandonato dall’amico che torna negli Stati Uniti. Col passare del tempo Sal/Jack si rende, però, conto che l’inquietudine dell’amico che lo porta a sperimentare tutto ciò che può esserci di nuovo e di proibito, è dovuta alla sua incapacità di adattarsi alla società, problema di cui soffrono quasi tutti i membri del movimento della Beat Generation. 1 Esistono tre versioni complete di On the Road: 1) la versione originale del rullo unico (scroll); 2) quella composta da 297 pagine ampiamente rivista e corretta; 3) quella composta da 347 pagine rivista da Kerouac e probabilmente da Helen Taylor, editrice presso la A.A.Viking Press. Poiché mancano le date dei due manoscritti, sono necessari altri studi e ricerche perché il confronto tra le tre versioni sia più motivato e puntuale. C’è da osservare che sul foglio di copertina del manoscritto di 297 pagine c’è un precedente titolo olografo ben curato “The Beat Generation” con sotto la scritta “a cura di John Kerouac”, cancellato poi e sostituito da On the Road scritto con meno cura ma a grandi lettere per scrivervi sopra a mano e a grandi lettere, “Jack”. La versione di 347 pagine è dattiloscritta a doppia interlinea su di un foglio che non è uniforme. Il testo è stato rivisto e corretto da Kerouac e presenta aggiunte e cancellazioni a mano. 3 Dopo ogni viaggio Sal si sente sempre peggio e desidera così di tentare di avere un luogo fisso e un lavoro che abbia senso. Ritorna a New York e lui che aveva fatto gli studi universitari riprende a frequentare l’università e a condurre una vita normale ma dopo aver rivisto Dean/Neal che aveva ripreso a viaggiare, decide di partire anche lui. Nel romanzo è descritto con incisività l’incontro con il carismatico Dean Moriarty, chiaramente e direttamente ispirato a Neal Cassady che a quanto pare esercitò su Kerouac nella vita reale la stessa”influenza malefica” che Dean ha nei confronti di Sal. “Passò più di un anno prima che rivedessi Dean…Avevo passato, scrive Sal/Jack un tranquillo Natale in campagna, me ne resi conto quando rientrammo in casa e vidi l’albero, i regali, sentii il profumo del tacchino che arrostiva e ascoltai i discorsi dei parenti. Ma ora mi era tornata l’irrequietezza, un’irrequietezza di nome Dean Moriarty e stavo per lanciarmi in un’altra scorribanda sulla strada”, sulle tracce degli scrittori che aveva molto amato da giovane e cioè J. London, E. Hemingway, Th. Wolfe e F.Scott Fitzgeral. On the Road (Sulla Strada) è il romanzo di due giovani che partono in autostop per la California alla ricerca di qualcosa che non trovano, si perdono lungo la strada, ritornano dove erano partiti, sempre proiettati verso qualcos’altro. La storia di On the Road è ispirata quindi ai viaggi che Jack Kerouac ha fatto insieme all’amico, anch’egli aspirante scrittore, Neal Cassady, tra l’estate del 1947 e l’inverno 1948. Essa è fondamentalmente un testo autobiografico che Kerouac cominciò a scrivere nel 1951 quando da quei viaggi era appena tornato, portando con sé un mucchio di appunti scritti durante il percorso. Fu allora che, armato di un rotolo di carta che aveva inserito nella sua macchina per scrivere per non dover perdere tempo a cambiar pagina quando finiva il foglio, ordinò i suoi preziosi appunti che da lì a poco sarebbero diventati il suo indiscusso capolavoro, rievocando e romanzando nello stesso tempo, le folli avventure dei suoi lunghi vagabondaggi su e giù per il grande continente americano. La “gioventù bruciata” è soprattutto una ricerca di ciò che si è perduto e che si sente il bisogno di ritrovare anche a costo di cercarlo lontano dagli altri, lontano anche da sé, fuggendo da quella società massificata e borghese che il boom economico post-bellico aveva creato in America. Nel suo romanzo On the Road la ricerca e la fuga s’intrecciano, sono un tutt’uno, si integrano e si completano a vicenda. Esattamente come si completano i sogni e le aspirazioni di Sal e di Dean, apparentemente molto diversi, in realtà intrinsecamente uguali; essi non hanno bisogno di sapere cosa stanno cercando e dove andare, percepiscono semplicemente che ciò che cercano è altrove e che devono lasciarsi andare alla strada e che la strada saprà condurli dove devono arrivare. La strada è allora uno stimolo, una necessità e insieme una guida, un cammino sicuro da percorrere e da ripercorrere fino a quando non si è sfiniti, fino a quando non si è fatto tutto quello che essa può offrire. Così è specialmente per Dean e per riflesso per Sal che forse non sarebbe mai partito se non avesse incontrato quella forza della natura che è Dean, come lo definisce Kerouac/Sal la prima volta che lo vede e cioè “un eroe con le basette nel nevoso West”. In realtà Dean é distante anni luce dal concetto classico di eroe. Se di eroismo si può parlare, il suo eroismo sta nella sua tormentata frenesia, nella sua inesauribile sete di vita. Cresciuto in sostanza da solo, non ha conosciuto la madre e il padre, vagabondo e alcolizzato è stato del tutto assente nella sua vita, eppure Dean lo cerca nei bassifondi di Denver e tenta di riprendersi il suo passato, di percepire l’eco delle sue radici. Sal segue Dean ciecamente, ascolta le sue parole come quelle di un profeta, prende in ogni momento le sue difese contro tutti dandogli sempre ragione. È Dean/Neil il vero motore di On the Road. L’energia vitale e la forza di persuasione irradiano senza sosta da questo personaggio che possiamo odiare o amare nello stesso tempo ma che resta talmente eclettico e seducente da imprimersi facilmente nella memoria di qualsiasi lettore. On the Road (Sulla Strada) è certamente uno dei testi più influenti e popolari della seconda parte del XX° secolo, per cui rievocare le circostanze della sua composizione e della sua pubblicazione ci 4 sembra assolutamente una priorità, comunque una “démarche” sicuramente interessante che potrà consentirci non soltanto di seguire lo scrittore al lavoro, con le sue ambizioni, le ansie, i suoi convincimenti, i suoi rifiuti ma soprattutto di farci comprendere la storia di una metamorfosi. Sono questi gli anni di profonda trasformazione in cui Kerouac, giovane e promettente scrittore, aspira a diventare lo scrittore più dotato della sua generazione. Sappiamo che dal 1947 al 1949 l’autore del libro Sulla Strada lavorò alla scrittura del suo primo libro, The Town and the City, testo che annuncia numerosi temi che saranno poi ripresi e trattati nella versione originale di On the Road, versione che si apre con la morte del padre, avvenimento che chiude anche il The Town and the City il secondo libro è da leggersi come la continuazione del primo. C’è da notare che tra il 1948 e il 1951 Kerouac è alle prese con un enorme volume di documenti che, scrive nell’ottobre 1948 sul suo diario, “lo ossessiona al punto che non può più nasconderlo”. Il 19 ottobre dello stesso anno Kerouac scrive all’amico Hal Chase che i suoi progetti di scrittura “lo sopraffanno, persino nei caffé, alla presenza di sconosciuti”. Lo scrittore franco-canadese rischia di smarrirsi dentro quest’abbondanza d’idee e di particolari e si rende conto dell’assoluta necessità di fare ordine nelle sue idee e di definire meglio i sogni da rincorrere. Spesso fa visita a John Clellon Holmes per leggergli il libro e apprezza le considerazioni critiche del suo amico, in particolare quelle sui personaggi che, secondo Holmes, restavano abbondantemente nei limiti della composizione classica: “le frasi lunghe e complesse alla Melville” non si confacevano al suo autore che provava un senso d’impotenza e di fallimento che lo destabilizzava e lo irritava. Di fronte a queste annotazioni Kerouac appariva sempre più convinto che le forme tradizionali erano d’impedimento alla comprensione del vero senso della sua opera. On the Road segna così l’inizio di un processo creativo che permetterà a Kerouac di smontare gli elementi tradizionali del romanzo per formulare un nuovo processo di scrittura capace di renderlo libero di fronte alla pagina “bianca”. The Town and the City mostra come la generazione del secondo dopoguerra tendesse a disperdersi nei quartieri “equivoci e transazionali” come dirà William Burroughs, è una contro cultura che stava emergendo a New York in seno a quel mosaico di comunità underground in cui viveva uno accanto all’altro scrittori, artisti, prostitute, drogati, omosessuali, musicisti e hipster. In questi quartieri la gente si sentiva chiusa, costretta, e aveva l’urgenza di muoversi. Anche Kerouac prova un sentimento di smarrimento, d’incertezza. Avverte il peso della decomposizione della sua famiglia a Lowel, il caos degli anni di guerra, la morte del padre che lasciano lui, profondamente tradizionalista, allo sbando e che lo spingono a guardare con molta attenzione e sensibilità verso chi è costretto ad allontanarsi, suo malgrado, dall’ambito familiare fino a perdere le proprie radici affettive e culturali. È del tutto evidente che questo sentimento d’intranquillità, di timore e d’insicurezza abbia ispirato Kerouac ad avere fiducia nella positiva virtù del muoversi in accordo con quanto credono gli americani che vedono nello spostamento un modo per conoscersi meglio. Da Walt Whitman con il suo Song of the open road a Cormac Mc Cartly con La Strada, a Jack London con il romanzo La Strada, Diari di un vagabondo il racconto della strada ha sempre avuto una posizione centrale nella rappresentazione che l’America fa di se stessa. Quando nel 1949 Kerouac prende la decisione di mettere la strada al centro del suo secondo romanzo, nei suoi appunti leggiamo che la sua scelta è dettata da Dio che gli indica il cammino. E fedele al messaggio di Dio, lo scrittore franco-canadese porrà il tema della strada al centro della sua vita. Dal 1940 in poi Kerouac compone prima un breve racconto di quattro pagine intitolato Where the Road begins( Là dove la strada comincia) in cui esplora il fascino potente della grande strada. Anche The Town and the City è un racconto di strada. Il suo protagonista Joe Martin, ebbro 5 dall’odore acre dei gas di scarico che si respirano sulle strade, si sente irresistibilmente votato a intraprendere un favoloso viaggio verso ovest. Kerouac come tutti gli americani è anche lui un nostalgico dell’ovest, sinonimo di salute, di apertura spirituale, di libertà e di gioia di vivere. In On the Road lo scrittore però esprime il convincimento che è assolutamente auspicabile trovare, alla fine della strada, un luogo, una dimora dove fermarsi e stabilire la residenza. Con Kerouac, questa forma d’idealismo elementare connaturato al popolo americano decaduta a causa dei tempi assai difficili che si stavano vivendo è ripristinata così come il desiderio di raccontare la vita di chi vive ai margini, degli sbandati e dei delusi. On the Road (Sulla Strada) è anche il romanzo di Neal Cassady, il “fratello” perduto e ritrovato di Kerouac. Eternamente giovane, avventuroso, Neal Cassady rappresenta la parte dionisiaca di Jack. In Visions of Cody, Cassady è descritto come chi “sorridente, in compagnia di Jack, guarda il sole declinare, appoggiato con i gomiti alla balaustra”. Ma la sua filosofia di pazzo della velocità e d’imbroglione fa di lui un uomo assai pericoloso da cui a volte si sente il bisogno di fuggire. I due amici si sono incontrati nel 1947 ma dovranno attendere il dicembre 1948 per fare insieme una nuova e appassionante avventura. Con il susseguire delle versioni del romanzo, Neal Cassady si chiamerà Vern Pomery Jr., Dean Pomery jr., Dean Pomeray jr., Neal Cassady, Dean Moriarty e in Visions of Cody sarà Cody Pomeray. In On the Road Kerouac precisa meglio il suo rapporto con Neal e scrive: ”Io m’interesso a lui(Neal) come mi sarei interessato a mio fratello che è morto quando avevo cinque anni. Per dirla tutta, insieme ci divertivamo e vivevamo la nostra vita senza punti fermi”. Sul finire del mese di dicembre 1948, Kerouac e Cassady fanno due viaggi con LuAnna Henderson e Al Hincle da Rocky Mount fino a Ozone Park nello stato di New York, dove abita la famiglia di Kerouac. Dopo aver passato le feste di fine anno, il quartetto scende ad Algiers in Louisiana per far visita all’amico comune Bill Burroughs e alla sua famiglia. Da lì Cassady, LuAnna e Kerouac partono per San Francisco per far ritorno poi a New York. Il 29 marzo 1949 lo scrittore francocanadese viene a sapere che la casa editrice Harcourt Brace ha accettato di pubblicare il suo The Town and the City. Kerouac è contento della buona notizia e continua a lavorare al nuovo romanzo On the Road e a riempire i suoi taccuini di progetti. Il 23 aprile scrive all’amico Alan Harrington per comunicargli che avrebbe continuato con impegno la stesura del suo secondo libro. Gli raccontò tra l’altro dell’arresto di Bill Burroughs a New Orleans per possesso di droghe e di armi, dell’arresto di Allen Ginsberg a New York con Herbert Hunke, Vicki Russel e Little Melody. E precisò che la polizia aveva fatto irruzione nell’abitazione di Ginsberg e vi aveva trovato droga e prodotti alimentari rubati. Tutto ciò portò Kerouac a confessare che la sua vita era a una svolta. In maggio Kerouac parte per Denver, in tasca una somma di mille dollari ricevuta come anticipo dell’imminente pubblicazione. È affascinato dall’idea di sistemare la sua famiglia nella dimora che ha sognato da anni. Ma continua a non essere sereno. Una domenica di maggio scrive di avere difficoltà, a Denver come ad Azone Park, ad avviare il progetto di scrittura di On the Road e confessa che considera la scrittura, la sua vera passione, il suo unico lavoro. Riconosce altresì che per fare bene questo mestiere ci voglia più impegno e determinazione. Il 2 giugno i suoi familiari (la mamma, la sorella, il cognato e il nipote) vengono a fargli visita nella nuova casa di Denver. Nella prima settimana di luglio Kerouac si ritrova solo perché i suoi familiari non trovandosi bene nell’ovest erano ritornati a Ozone Park. Il 16 luglio Robert Giroux, consulente editoriale di Harcourt raggiunge l’autore per lavorare insieme sul manoscritto The Town and the City. Kerouac rivede e corregge e scrive a macchina una nuova versione del romanzo che intitola Shades of the Prison 6 (Ombre della prigione). Esso è ispirato ai viaggi che Kerouac aveva fatto con Cassady qualche tempo prima e alle storie che Neal gli aveva raccontato sulla sua infanzia. È facile cogliere in questa nuova versione un sentimento di fiducia e di speranza perché l’autore sa che la pubblicazione del suo primo libro è imminente. Un periodo dominato da un “facile ottimismo” secondo Howard Cunnel anche se affiora un sentimento di paura dopo l’arresto e la detenzione in carcere dei suoi amici più cari. Teme, infatti, di essere anche lui arrestato quale testimone e complice dell’omicidio di Dave Kammerer per mano di Lucien Carr avvenuto nell’agosto del 19442. Nello stesso mese dopo aver chiuso la casa di Denver per raggiungere Neal e Carolyn Cassady a San Francisco e aver assistito allo sgretolamento della coppia, i due amici ritornano a New York e Kerouac riprende il suo” incoerente lavoro” su On the Road mentre sempre con l’ausilio di Robert Giroux definisce il suo The Town and the City la cui uscita è prevista per primavera. Nel frattempo lo scrittore franco-canadese mette ancora mano a una versione riveduta e corretta di Shades of the Prison House formata da cinquantaquattro pagine scritte a macchina con interlinea doppia. Il 29 agosto Kerouac confessa di non avere il coraggio né la determinazione per portare a termine la scrittura del suo secondo romanzo. Attraversa una fase molto critica, non riesce di capire perché suo padre è morto e ciononostante vuole mettersi alla prova. Senza “feu ni lieu”, dopo la rottura del suo matrimonio con Edie, si attacca a un sogno, quello di ritrovare la sua famiglia. In novembre scrive dell’esistenza di un nuovo percorso e della necessità di ritornare a uno stile più semplice. Il romanzo On the Road comincerà dalla prigione di New York per spostarsi poi a New Orleans e a San Francisco e di lì a Denver per fare ritorno su Times Square a New York. I temi sono quelli dell’incertezza della vita e dell’ossessione della morte. La ricerca del padre (morto) e di Dio testimonia il suo convincimento che la morte è vista come la base per comprendere la vita, quella profonda tristezza da cui non si può sfuggire. La morte di suo padre Leo, di Gerardo, suo fratello, di Sebastiano, il suo migliore amico, la morte che prende a volte le sembianze di uno sconosciuto brutto e deformato, che perseguita il viaggiatore in qualsiasi luogo egli vada, è in grado di colpire il vissuto dell’uomo. Solo la scrittura può rivestire di un carattere mitico la vita, può combattere l’instabilità della vita riducendo l’ampiezza delle sofferenze e dei problemi. Alla fine l’esasperazione che Kerouac prova dopo essersi impegnato per più di due anni sul romanzo che procede lentamente, si risolve con l’appello diretto a Dio affinché lo aiuti ad uscire da questo ingombrante labirinto. Intanto Kerouac fa recapitare a Robert Giroux il suo Go on the Road e questi, senza rifiutare categoricamente il testo gli suggerisce di rivedere la storia. Kerouac più che dedicarsi alla revisione del testo comincia a scrivere il 20 dicembre 1950 una nuova versione che intitola questa volta Souls on the Road (Anime sulla strada). Occorreranno ancora sei anni perché On the Road sia pubblicato, ma nessuno degli editori interpellati leggerà la versione definitiva. Kerouac si mette subito a rivedere il testo. Paul Maher, suo biografo, annota che il romanzo è ormai trascritto su pagine separate per dare al testo un aspetto 2 Il fatto di sangue cui si fa riferimento e che battezza nella violenza il movimento letterario della Beat Generation si consumò lungo il fiume Hudson, nel ridente Riverside Park, vicino al West End Bar, oggi chiamato Havana Central. Si tratta di un Bar posto di fronte alla Columbia University molto frequentato da amici e scrittori quali Ginsberg, Kerouac, Burroughs, Lucien Carr, la fidanzata e prima moglie di Kerouac Edith Parker e David Kammerer che si innamora di Carr. Il 13 agosto del 1944, Carr stufo delle avances aggressive uccide Kammerer al Riverside Park e ne getta il cadavere nell’Hudson. L’arma del delitto, un coltello da boy scout, è nascosta da Kerouac e anche Burroughs aiuta l’amico assassino. I due amici non sono mandati alla sbarra per complicità e scrivono insieme nel 1945 un romanzo sul delitto dal titolo E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche. Jack Kerouac tornerà sull’assassinio in The Town and the City (La città e la metropoli) e Burroughs ripara a Parigi, mentre Allen, all’epoca diciottenne e che ancora non aveva rivelato a nessuno la sua omosessualità, scrisse tutto un diario, ricostruendo tra l’altro anche la drammatica vicenda che cementò la nascita della Beat Generation. Ginsberg divide il diario in cinque parti che temporalmente percorrono gli anni dal dicembre 1943 all’agosto 1945, desideri, progetti, descrizioni delle chiacchierate con gli altri scrittori e amici del gruppo e soprattutto inizia a scrivere un romanzo, incompiuto, cui dà il titolo di Bloodsong. Qui troviamo, per sua stessa ammissione, la versione romanzata di quella tragedia che ha visto protagonisti Carr e Kammerer e i suoi amici testimoni increduli. 7 più convenzionale, più invitante per gli editori. Lo scrittore apporta modifiche dal lato tipografico, cancella certi passaggi, ne inserisce altri. Insomma questi interventi mirati anticipano il pensiero di Malcolm Cowley che chiede di ridurre il manoscritto, contrariamente al pensiero dei precedenti editori che volevano che Kerouac conservasse il suo libro nella versione originale dell’aprile 1951. Ci sono molte ragioni che spingono Kerouac a intervenire sul romanzo On the Road e che lo convincono a sopprimere certe scene al posto di altre. Una delle più probabili è che col passare degli anni cresce in Kerouac il timore che il suo libro non possa vedere la luce. Kerouac è scoraggiato anche perché vede che Go di Holmes e Howl di Ginsberg hanno un grande successo di pubblico e di critica. Per cui è pienamente disposto a fare tutte le modifiche che gli vengono richieste. Per alleggerire il testo, lo scrittore franco-canadese si dichiara pronto a sfrondare il racconto di numerose scene particolarmente spinte riguardanti la componente omosessuale, al fine di evitare un eventuale processo per diffamazione che avrebbe certamente ostacolato la pubblicazione del romanzo. Così Kerouac s’impegna a limare la celebre immagine di Neal e di Ginsberg, amanti e omosessuali dichiarati. Il passaggio corretto appare nella versione definitiva pubblicata nel modo seguente : ”…ma che ardono, che ardono, che ardono come favolosi ceri di chiesa gialli e che esplodono come un raggio attraverso le stelle e al centro si vede scoppiare la luce centrale azzurra”. Questo passaggio, uno dei più conosciuti di On the Road è un esempio del complesso processo di revisione e di riscrittura che permette a Kerouac di attenuare il contenuto sessuale del suo romanzo con la conseguenza, però, di smorzare la dimensione erotica dell’immagine. Significativi quanto pesanti da sopportare sono i continui controlli di Malcolm Cowley le aggiunte di migliaia di virgole inutili piuttosto che le soppressioni di certe scene. Poiché non ha avuto nemmeno il tempo di leggere il testo finale prima della sua stampa, Kerouac dichiarerà di non essere stato messo in grado di “sostenere il suo stile”. Qual è la versione migliore? Quella sul rotolo di carta o quella pubblicata? La versione-scrool sembra chiaramente più oscura, più problematica giacché è l’opera di un uomo più giovane: nella primavera del 1951 Kerouac ha ventinove anni e ne avrà trentacinque quando On the Road sarà pubblicato. La storia del romanzo raccontata dall’autunno 1948 alla primavera del 1951 è di un autore alla ricerca di una sua identità e di uno stile intimista la versione pubblicata risente delle richieste e dei criteri stabiliti dalla casa editrice A.A.Viking. Il 10 giugno 1951, a fronte del fragile e irrecuperabile matrimonio di Kerouac con Joan Haverty, la sua seconda moglie, che incinta ritorna da sua madre dopo il rifiuto del marito di riconoscere il bambino che portava in grembo, Kerouac comunica a Cassady che “il libro è finito e consegnato in attesa di ricevere il consenso di Giroux”. L’editore, però, insiste che il testo sia rivisto e riscritto sotto forma di pagine. Lo scrittore franco-canadese all’inizio rifiuta categoricamente dicendo che è stato lo Spirito Santo ad averglielo dettato. È poco probabile che Kerouac abbia corretto il romanzo dopo questo incontro ma siamo certi che la conversazione con Giroux ha avuto il merito di far riflettere l’autore e di convincerlo a ribattere il suo libro in una forma più convenzionale. Ora se Giroux dichiara di apprezzare il libro, la dirigenza di Harcourt-Brace lo rifiuta perché “troppo nuovo, troppo insolito e con le sue storie di vagabondi appassionati di musica jazz, di droghe e di omosessuali, il romanzo, certamente, richiama l’intervento della censura”. Il 6 giugno la nuova agente Rae Everitt scrive a Kerouac informandolo di aver letto il romanzo tutto di un fiato e di preferire le ultime tre parti alle prime due, sostiene pure che il libro comincia in modo un po’ goffo come se cercasse di abituare il lettore a questo suo”stile particolare” e che secondo lei il manoscritto non dovrebbe superare le trecento pagine. 8 Dopo aver trascorso un mese circa al Veteran Hospital nel Bronx per una crisi di flebite, Kerouac scrive all’amico Ed Wite e gli comunica che”sta scrivendo da cima a fondo l’epopea di Neal”. In ottobre, applicando al suo romanzo la nuova tecnica del “croquis”, Kerouac incomincia a tagliare il primo dei nove taccuini di appunti e il 9 ottobre informa l’amico Cassady che gli avrebbe indirizzato “tre pagine dattiloscritte” della nuova e corretta versione di On the Road e che le frasi così riviste gli sembrano più complesse. Nell’autunno 1951 Kerouac riceve da Carl Solomon, editore presso l’A.A.Vyking Press, la proposta contrattuale di pubblicare oltre il suo libro nella collana Ace, altri suoi testi(tre in tutto). Il 26 marzo 1952 la dirigenza dell’A.A.Vyn Press scrive a Kerouac una lettera con allegato copia del contratto per la pubblicazione di On the Road e la comunicazione che un primo anticipo di duecentocinquanta dollari era stato spedito alla madre e che si aveva fretta di leggere il testo definitivo. Il 7 aprile Kerouac suggerisce all’A.A.Vyn Press di pubblicare una versione ridotta del romanzo in formato tascabile perché teme che la casa editrice non voglia pubblicare la versione integrale del libro. Si apre una sorta di circuito emotivo. Holmes legge il libro provando un misto di collera e d’incredulità, si augura che Kerouac attenui il tono e il ritmo della sua scrittura. Anche Allen Ginsberg legge il testo. “Io non vedo come si potrebbe pubblicare questo libro” scrive all’amico Kerouac l’11 giugno. Ci sono dei passaggi che gli sembrano essere tra i migliori in America, ma il libro è a volte”delirante nel senso peggiore del termine” con la sua “confusione cronologica, i suoi passaggi surreali che non hanno né capo né coda”. Carl Solomon è ancora più inorridito. Il 30 luglio scrive a Kerouac una lettera esacerbata nella quale riferisce che”le cinquecento pagine che seguono le prime ventitré non corrispondono in niente al romanzo…Dopo la pagina ventitré, i nove decimi (quasi la totalità) del testo gli sembrano un”guazzabuglio incoerente”. Jack Kerouac é molto risentito e ne ha ben ragione. E difatti nel rispondere il 5 agosto alle severe opinioni di Solomon, rileva con forza che se la nuova versione di On the Road sarà considerata impubblicabile ciò dipenderà unicamente dalla miopia degli editori. “Accusare il libro d’incoerenza “non è--a suo parere-- soltanto un errore in termini, ma anche una prova di vigliaccheria e di morte intellettuale”. “Io non ho scritto On the Road -aggiunge l’autore- per vendetta o costrizione, io l’ho scritto con la gioia nel cuore, convinto che presto o tardi, qualcuno saprà vederlo senza i paraocchi del tempo attuale e che vi apprezzerà quella libertà di espressione che si realizzerà in un futuro imminente”. Solomon risponde a sua volta alla “strigliata” di Kerouac dicendo:” È possibile che abbiate ragione quando ci accusate di non possedere il sentimento di chiaroveggenza e di lasciare guidare i nostri gusti dalla televisione. Ma non abbiamo preteso di essere dei profeti…ed è possibile pure che il rifiuto di pubblicare Visions of Cody nel 1952 ci esponga al ridicolo tra venticinque anni”. La verità è che Solomon è tenuto a giudicare i manoscritti che arrivano liberamente alla casa editrice presso cui lavora sulla base dei criteri esistenti e il romanzo di Kerouac costruito con l’innovativa tecnica del “croquis” è una esperienza del tutto nuova, sconosciuta al comitato di lettura incaricato di formulare un giudizio di accettazione o di rifiuto motivato. Per Kerouac gli anni che segnano il rifiuto dei due manoscritti da parte degli editori sono anni difficili, costellati da frequenti e repentini spostamenti che lo vedono errare tra la Carolina del Nord, San Francisco, il Messico e New York. Sono anche gli anni di crisi economica se di ritorno dal Messico accetta di lavorare per un po’ di tempo nel campo dell’industria tessile prima e dei trasporti ferroviari poi ed è costretto ad abitare in una piccola stanza d’albergo nei bassifondi di San Francisco. E tutto questo per mettere da parte del denaro che gli servirà per ritornare in Messico. 9 Nonostante la grave crisi economica e di liquidità, solo, senza una famiglia né una moglie, la sua brillante prosa messa in atto in On the Road e in Visions of Cody non si attenua né subisce inflessioni o contraccolpi. Anzi c’è da osservare che la sua scrittura prende più slancio e sicurezza. In Messico finisce di scrivere il suo Doctor Sax riguardante la sua infanzia e di ritorno a Richmond Hill scrive Maggie Cassady. É un Kerouac più soddisfatto quello che scrive a Holmes di essere “all’apice della maturità artistica”. Nel luglio del 1953, Malcolm Cowley s’interessa attivamente all’opera di Jack Kerouac 3. Considera infatti Kerouac il più interessante dei nuovi scrittori e giudica la prima versione de On the Road il solo manoscritto che poteva essere pubblicato nell’immediato. La seconda versione del libro dello scrittore franco-canadese conteneva, a suo parere, passaggi espressi in una solida scrittura, ma riconosceva che “non c’era alcuna traccia di una trama”. Le sue riserve riguardano il fatto che l’autore, quando parla di sé (Sal) o di Dean (Neal) si esprime per sentenze e che su certi episodi considerati oggettivamente tra i migliori pesa il rischio che vengano giudicati osceni. Ciò malgrado Cowley ritiene che On the Road meriti di essere pubblicato. Si trattava soltanto di adattarlo ai criteri stabiliti dalla Viking Press e che occorreva intervenire tagliando un po’ dappertutto. La versione che Viking rifiuta è quella composta di duecentonovantasette pagine mentre, su proposta dello stesso Cowley, Arabella Porter, redattrice capo al New Word Writing accetta di pubblicare il Jazz of the Beat Generation in cui ritroviamo alcuni passaggi cancellati di On the Road e altri tratti da Visions of Cody. Jack Kerouac è abbastanza soddisfatto. Finalmente il mondo delle lettere si sta interessando alle sue opere e scrive a Cowley assicurandolo di essere pronto a “scavalcare il parapetto del ponte”, intendendo con questa immagine metaforica di essere disposto a fare qualsiasi cosa per vedere il suo romanzo finalmente esposto sui ripiani delle librerie. Cowley per risposta gli conferma che On the Road è sottoposto alla lettura attenta e scrupolosa da parte dei consulenti editoriali e che una volta che il libro fosse ritornato nelle sue mani si sarebbe attivato per farlo pubblicare. In attesa il critico letterario Cowley lo invita a preparare un testo breve che possa fare da prefazione al libro perché Viking esamini il testo in modo più favorevole. Il 16 settembre Kerouac è informato della volontà di Viking Press di pubblicare On the Road ma alle seguenti condizioni: 1)”che noi riusciamo a fare i cambiamenti necessari(tagli e rimaneggiamenti);2) che noi abbiamo la certezza che il libro non sarà censurato per immoralità;3) che il libro non ci attirerà azioni giudiziarie per diffamazione”. Com’è facilmente comprensibile la questione che più preoccupa la direzione della casa editrice e che crea in tutto il suo “entourage” vive inquietudini riguarda la possibilità che il libro sia accusato di oscenità. I passaggi che suscitano maggiori perplessità e paure sono quelli in cui s’incontrano personaggi rispettabili amici di lunga data di Kerouac. Al fine di prevenire azioni incresciose ingestibili sul piano giudiziario, Malcolm Cowley, in nome della dirigenza della Viking Press, propone che i personaggi evocati nel romanzo firmino una sorta di documento liberatorio permettendo, di fatto, al romanzo di non cadere nelle strette maglie della censura. Il 20 settembre nel ricordare di essere sempre disposto ad apportare tutte le modifiche richieste al testo, lo scrittore statunitense conferma la sua piena collaborazione. Il 12 ottobre Cowley ritorna sui rischi che la pubblicazione dell’opera potrebbe generare e precisa a Kerouac che”non basta cambiare il nome dei personaggi modificando alcuni tratti fisici per prevenire eventuali azioni giudiziarie, se il personaggio è in grado di riconoscersi in questo o quel 3 Malcolm Cowley è stato una figura di primissimo piano nella storia della letteratura americana del XX° secolo. È a tutti nota la stima che Cowley ha coltivato per Hemingway e per William Faulkner. Per quest’ultimo letterato ha impegnato le sue migliori energie e capacità per ravvivare la sua reputazione in discesa con la pubblicazione per Viking Press nel 1946 di The Portable Faulkner. Nato nel 1898 e impegnato come Hemingway nella Prima Guerra mondiale come autista di ambulanza, Malcolm Cowley è stato redattore capo di The New Republic dal 1929 al 1944, al seguito d’Hedmund Wilson, fino a diventare presidente dell’Istituto nazionale delle arti e delle lettere nel 1956. Consigliere letterario presso la casa editrice Viking, Cowley ha fatto parte del gruppo di eminenti storici delle lettere sulla “Generazione perduta”. A lui si deve l’affermazione che gli scrittori non spuntano isolatamente ma appaiono in schiere con sullo sfondo anni relativamente vuoti. 10 dettaglio”. La questione sembra al critico letterario assai grave e crede che sia opportuno immaginare altri modi o strategie. Per questo Cowley propone che tutti i personaggi firmino un documento che certifichi il loro libero consenso a essere citati e a far parte del testo. Quanto a Kerouac, è problema riguardante le giudiziarie è a parere suo poiché è sicuro di le liberatorie che nel frattempo è cambiamenti necessari. stampati per la assicura la responsabile che può ottenere la firma citati nel suo libro, in Moriarty e di Carlo Marx (Allen Ginsberg). ottimista. Scrive che il possibili azioni di facile soluzione ottenere “rapidamente” debitamente firmate e pronto a eseguire tutti i E difatti, ricevuti gli liberatoria, Kerouac editoriale Helen Taylor di tutti i protagonisti particolare di Dean Segue un periodo di stasi che in aggiunta alla lunga attesa di vedere pubblicato il suo On the Road diventa per lo scrittore franco-canadese insopportabile, “con le proporzioni di un assurdo martirio”. Ciò spinge l’autore a chiedere più volte di ritirare il suo manoscritto da Viking Press, ma ritorna sempre sulle sue decisioni convinto che la Viking Presse sia la sola che possa dare le migliori garanzie. Kerouac per quasi tutto il 1956 attende la conclusione della vicenda di per sé intricata. È un Kerouac ansioso che vorrebbe sapere di più della situazione e apprezza la sincerità di Malcolm Cowley ma ha forti dubbi su altre persone che lavorano per Viking. Confessa di aver subito i peggiori soprusi ma è convinto che questa situazione d’inquietudine non cambierà per niente il tremendo sentimento che sta provando ora e cioè quello di “sentirsi già morto, di essere un morto vivente”. Il rapporto di accettazione definitiva che Cowley ha trasmesso alla direzione di Viking Press arriva sul finire del 1956 e in esso Cowley rende noto che il comitato di accettazione del manoscritto ha dovuto affrontare i problemi di oscenità e di diffamazione e che su questi due punti l’autore di On the Road è stato collaborativo nel senso che ha operato gran parte dei cambiamenti proposti, riducendo tra l’altro la lunghezza del testo. Secondo il noto critico letterario Malcolm Cowley On the Road non è un grande romanzo. Il libro, secondo lui, però riceverà una tenue accoglienza ma susciterà molto interesse presso il pubblico, si venderà molto bene, forse molto di più di quanto auspicabile e conoscerà più ristampe anche in formato tascabile. Il contratto tra Jack Kerouac e la dirigenza della Viking Press è datato il 10 gennaio 1957 e sulla base del documento contrattuale Kerouac riceverà un anticipo di mille dollari, di cui duecento all’atto della firma, centocinquanta al momento in cui il manoscritto è accettato e il saldo con pagamenti di cento dollari per sei mesi. Per quanto riguarda i diritti d’autore Kerouac riceverà il 10% delle copie vendute sui primi diecimila esemplari, il 12,5% sui duemilacinquecento successivi e poi il 15% sui rimanenti. Il 24 febbraio Malcolm Cowley scrive a Kerouac informandolo che il suo nuovo romanzo, Angeli della desolazione, all’attenzione del comitato di lettura di Viking 11 Press, è stato rifiutato. Nello stesso sarà stampato quanto prima e che Sembrerebbe che tutto vada come Kerouac è preoccupato per la intentato contro Howl 4 del suo oscenità, processo che comincerà in inquieto che si lamenta con Keit ricevuto le bozze definitive del suo della foto da allegare al libro e delle mettere in atto per la promozione queste notizie Kerouac confessa di paura. tempo gli precisa che On the Road certo venderà parecchie copie. auspicato. Ma non è così, perché possibile risonanza del processo amico Allen Ginsberg, accusato di agosto. È un Kerouac assai Jenisson di non aver ancora romanzo e che non è a conoscenza azioni che la casa editrice vorrà pubblicitaria dello stesso. Senza sentirsi molto solo, triste e di aver Le metamorfosi di Neal Cassady. On the Road (Sulla Strada) è anche il romanzo di Neal Cassady, personaggio che subisce una serie di cambiamenti che lo liberano da una connotazione puramente romantica per diventare un simbolo, un mito. Il contesto nel quale Kerouac incontra Cassady è rivelatore dell’importanza personale e simbolica che rivestirà nella sua opera.. Siamo nel dicembre del 1946, alla fine di un anno in cui Kerouac è stato ospedalizzato a causa di una trombosi, ha perso suo padre Leo e ha subito l’annullamento del suo primo matrimonio con Frankie Parker. Più giovane di lui di quattro anni, Neal Cassady incarnerà la vita e la gioventù e il tentativo di superare il carattere effimero dell’esistenza e lo stato di soggezione dell’essere rispetto al tempo. Il sentimento della mortalità e dell’inevitabile perdita che lo ossessiona lo soffoca e che l’accompagnerà per tutta la vita, ha origini lontane nel tempo: la morte nel 1926 di suo fratello Gerardo di nove anni. Kerouac vede in Cassady, anche lui cattolico, il fratello la cui morte è stata al centro della sua educazione di cattolico praticante. Nei suoi romanzi come nella corrispondenza, Kerouac lo chiama suo”fratello”. Questo stretto legame è ancora più esplicitamente espresso nella versione- scroll di On the Road, nel quale fin dalle prime pagine è risaltato il sentimento di perdita 4 “Urlo” è poesia epica e intimista, universale e autobiografica, legata in gran parte a fatti e situazioni vissuti da una rete di amici scrittori come Kerouac, Burroughs, Cassady. Ogni strofa è un episodio della loro quotidianità: viaggi, discorsi, camminate per le strade che duravano tutta la notte, bevute, sesso e droga. Howl è diviso in quattro parti. La prima tratta della disperazione della vita e delle coscienze e, nello stesso tempo, della gioia furibonda dell’essere vivi. È totalmente autobiografica, c’è lui, Allen, i suoi amici, le loro strade, città, parchi; e c’è Neal Cassady, il grande non contraccambiato amore della sua vita. La seconda parte è dedicata a quello che Ginsberg chiama Moloch(divinità antica risuscitata dal mostro-città). Il poema è scritto sotto l’effetto del peyote(sorta di droga contenente vari alcaloidi tra cui la mescalina). La terza parte è dedicata a Carl Solomon che Ginsberg incontrò in manicomio, dove rimase rinchiuso per quasi un anno. Tratta della pazzia, uno degli incubi della vita di Ginsberg, segnato dalla schizofrenia della madre. La quarta parte è una specie di litania. La pubblicazione di Howl nel 1956, considerato un poema profano sull’omosessualità e le convinzioni comuniste del suo autore scossero l’intellighenzia americana e provocarono uno scandalo di dimensioni nazionali. Il libro fu sequestrato. Ginsberg e l’editore Lawrence Ferlinghetti furono processati per oscenità e immoralità. Ma l’assoluzione un anno dopo fece di Allen Ginsberg l’eroe dei contestatori. A lui s’ispirarono gli altri protagonisti del ventennio successivo, Bob Dylan, Yoko Ono, Patti Smith e persino l’ex presidente cecoslovacco Vaclav Havel. Per chi volesse leggere L’Urlo e altre poesie di Allen Ginsberg consigliamo il seguente suo testo, Jukebox all’idrogeno, Ugo Guanda Editore, 2006, Parma, con la prefazione e la traduzione, testo originale a fronte, di Fernanda Pivano, attenta studiosa della cultura e della società americana e conoscitrice in prima persona di quasi tutti gli esponenti della Beat Generation. 12 e di abbandono provato dal giovane Jack per la mancanza del padre che condivide con Cassady il cui padre è un misero uomo in rotta con tutti. Neal Cassady, dunque, occupa il posto di padre, di fratello, di maestro e di guida nella costante ricerca di riallacciare i rapporti con tutto ciò che non ha più; un modo forse per contrastare una mancanza che crea in lui una sensazione di abbandono e d’evanescenza e anche per superare il peso della vita. “La vita non basta” scrive Kerouac nel 1949 nel suo diario. C’è una tensione tra le verità soggettiva delle origini, per lui autentiche anche se in parte mitizzate e avvolte da un’atmosfera romantica e la realtà oggettiva che lo circonda. La versione-scroll e quella pubblicata l’attestano. Anche quando Cassady è assente, diventa presente perché per lo scrittore è un mito. Un amico molto stretto di Kerouac, Hal Chase, come Cassady originario di Denver, gli aveva fatto leggere le lettere di quest’ultimo e l’aveva informato di tutto ciò che sapeva di questo misterioso ladro di macchine che parla come un ubriaco, dongiovanni, ragazzo di strada, giovane sposo e da poco uscito dal riformatorio. È così che Neal Cassady aveva assunto l’aspetto di un “emarginato integrale”, incarnando l’individuo che non fa concessioni, un personaggio “particolare” che non può che piacere a Kerouac. Anzi possiamo dire che Cassady sarà lo strumento che permetterà allo scrittore franco-canadese di vivere un’altra esistenza. Nel suo diario Kerouac spiega che il nuovo romanzo On the Road parlerà di “due giovani che partono per un viaggio per trovare qualcosa che in verità non trovano” e questa è la tematica centrale che serve a meglio caratterizzare la relazione tra lui e Cassady, uniti nel ricercare l’essenza dell’essere e dell’autenticità. In sostanza Kerouac vede in Neal Cassady la possibilità di accedere a un’esistenza autentica e vera, totalmente soggettiva e impulsiva, al di fuori di norme adottate dalle istituzioni conservatrici della società e della cultura dell’epoca, che annulli gli ostacoli del tempo oggettivo e immutevole che tengono a freno l’esperienza e l’espressione. “Io voglio una gioia continua” scrive Kerouac su uno dei nove taccuini di viaggio preparatori a On the Road. “Perché dovrei accontentarmi vigliaccamente di un’altra cosa?”. Quello che Kerouac desidera è vivere una grande passione che regoli le sue relazioni personali piuttosto che coltivare voltairemente con calma borghese il praticello del proprio giardino. Per Kerouac questa ricerca di autenticità fa parte del dualismo che segna la sua vita e la sua produzione letteraria. Essa oscilla tra due imperativi distinti ma ben legati, la vita familiare e i piaceri immediati, la tradizione e il progresso, l’attaccamento al passato e le trasgressioni socioculturali. Kerouac è sempre più convinto che nell’inseguire la vita occorra spostarsi in tutte le direzioni e mai orientarsi verso una sola. Ciò che è fondamentale è il richiamo alla spontaneità e a un modo di intendere la vita esclusivamente fondato sulla soggettività e sul momento. In questo modo il dominio del tempo sull’individuo è interrotto. “Il buon momento è adesso” dice Neal e questa rottura con il tempo-oppressione è per Kerouac il mezzo per esprimere il desiderio di superare la precarietà della sua storia personale e quella dell’America dal passato leggendario. Attraverso le molteplici e mutevoli rappresentazioni che ne dà, Kerouac fa di Cassady il mediatore della sua ricerca di autenticità, colui che gli permetta di esprimere l’instabilità e l’eccitamento della sua stessa vita, le ambizioni e il dualismo a cui è 13 messo di fronte. Neal/Dean è il movimento continuo che oscilla tra progetti professionali, il matrimonio e la famiglia da un lato, e la “follia” dall’altro. L’immagine di Neal Cassady si evolve così: dapprima mito, leggenda, ideale, poi realtà nel corso delle esperienze che i due amici hanno insieme. Tuttavia quando la loro relazione si sbriciola, Jack ritorna al mito, alla leggenda, all’ideale. Nel testo-scroll di On the Road, Kerouac, profondamente deluso dall’ovest e da Neal, così spiega la ragione della sua ricerca: “Tutto ciò che volevo, tutto ciò che Neal voleva, tutto ciò che il mondo voleva, era di penetrare nel cuore delle cose, come nel ventre materno…All’epoca nutrivo molti sogni romantici e alzavo gli occhi verso la mia stella sospirando. La verità è che quando si muore, si muore e finché si vive, si, si vive e queste non sono bugie di Harvard”. Jack Kerouac comincia col fare di Neal/Dean l’incarnazione della potenziale autenticità, pur situandolo ai margini della società e della cultura, lui, autore di crimini, il ”giovane pregiudicato avvolto di mistero”, impulsivo, gli suggerisce nuovi modi di fare esperienze, e simboleggia l’ovest da conoscere dove Jack/Sal non è ancora mai andato. Il viaggio da New York a San Francisco nella speranza di trovare la vita grazie ai piaceri immediati è l’avvenimento più rilevante che coinvolge i due personaggi. Questo viaggio è anche il momento in cui la visione che Jack ha di Neal comincia a sfaldarsi così come anche è riconsiderato il senso di autenticità “In quell’anno, ho perduto la fiducia in Neal” dice Jack/Sal, abbandonato dall’amico subito dopo il suo arrivo a San Francisco. Kerouac capisce che il “vero” Cassady è diverso dall’immagine che ha di lui. Nel testo-scroll si evince la separazione tra i due amici fin dall’inizio di questo cruciale viaggio poiché lo scrittore così si esprime:”Ci aspettavamo di trovare sempre una forma di magia, alla fine della strada. Curiosamente Neal ed io stavamo per trovarla da soli prima della conclusione del viaggio”. A questo punto della storia, la visione romantica che avvolgeva Neal/Dean si sbriciola. Descritto come misero, con un dito fasciato, più che mai legato a un mondo concreto e corporeo, Cassady va smarrendo la sua “santità” e umiltà e il testo vale più per i fatti che racconta che per la visione romantica che vi aleggiava attorno. E la demistificazione che ne deriva modifica di colpo la relazione che Jack, personaggio e antieroe, tiene con Neal. Il loro rapporto diventa più distante e Jack Kerouac è consapevole dell’irrealtà/fallimento della visione che aveva di Neal e cercherà di riscrivere la storia in una nuova versione di On the Road dal titolo Visions of Cody che, iniziata nel maggio 1951, sarà pubblicata postuma nel 1972. Al libro è affidata la visione evolutiva di Cassady e a Cody Pomeray, nuovo nome di Cassady, sarà assegnato un ruolo più vasto e accurato, ricco di dettagli più concreti. 14 “No ideas but in Things” (Le idee esistono solo nelle cose). William Carlos Williams. “ Ma che m’importa: la strada è la vita”. Jack KEROUAC, On the Road, Libro secondo. On the Road e la critica. ***************************** On the Road (Sulla Strada) fu pubblicato il 5 settembre 1957 un testo certamente non convenzionale ma che può rappresentare, a detta di molti studiosi, una vera svolta storica nella letteratura, nel costume e nella cultura non solo americana ma di molte generazioni a venire. La recensione di On the Road di Gilbert MILLSTEIN apparsa sul New York Times è il primo commento che Kerouac legge in un bar poco prima della mezzanotte del 5 settembre 1957. In compagnia di Joyce Johnson che lo ospitava, Kerouac era andato in un’edicola di giornali a Broadway per poterlo leggere in anticipo. Secondo Millstein il libro è un autentico capolavoro e la sua pubblicazione, un “avvenimento storico epocale”. Il critico elogia il virtuosismo tecnico del suo autore e considera il romanzo come “l’espressione più chiara e più rilevante della generazione che Kerouac stesso definì “beat” e di cui è la principale incarnazione”. Nell’articolo su The Dharma Bums di Kerouac apparso sul The Village Voice, Allen GINSBERG si rammarica che On the Road non sia stato pubblicato nella sua forma più interessante ma spezzato dall’uso della punteggiatura che, a suo parere, ha modificato ritmi e swing del romanzo rendendo l’effetto di senso più convenzionale. E tutto questo era dovuto all’intervento dei consulenti editoriali presuntuosi operanti nelle case editrici. Allen Ginsberg aveva apprezzato la tecnica innovativa che aveva permesso all’autore di scrivere diversi e lunghi passaggi tra divagazioni deliranti con unaprosa brillante, uno stile del tutto innovativo che aveva spaventato gli editori che non smettevano di accusarlo di incoerenza e che spiegava l’esitazione a leggerlo perché temevano di scoprire un catalogo delle debolezze umane. Jack Kerouac nel dirsi sostanzialmente d’accordo con quanto espresso da Ginsberg ribadisce che i peggiori dubbi sopravvengono quando ci si trova di fronte a un grande libro. Il poema Howl (L’Urlo) che Ginsberg sicuramente influenzato dal metodo Kerouac. L’Urlo nasce, infatti, come scrittura in cui Ginsberg, come ha insegue, rincorre i propri pensieri ed ritmo. Ginsberg era, infatti, convinto cui la mente esprime se stessa. si apprestava a scrivere fu della scrittura spontanea di una lunga improvvisazione di imparato a fare da Kerouac, emozioni con il loro originale che la poesia fosse la lingua con Per John CLELLON HOLMES, Kerouac col suo On the Road ha manifestato” il bisogno di credere, anche in un contesto in cui credere è impossibile”. Holmes sostiene che la differenza tra la “Lost Generation”(La generazione perduta) e la “Beat Generation” consiste nel fatto che quest’ultima”vuole credere, anche davanti all’impossibilità di farlo in termini convenzionali, come vivere diventa ancor più cruciale del perché vivere”. Se Millstein vede On the Road come una professione di fede in seno ad una società americana convenzionale e priva di propositi spirituali, altri critici meno favorevoli , senza ignorare la bellezza 15 e la freschezza esuberanti dello stile di Kerouac, non riconoscono alla sua opera una dimensione spirituale. Nel New York Times di domenica 8 settembre David DEMPSEY scrive così: “Jack Kerouac ha scritto un libro che distrae, un libro piacevole a leggere ma che si legge come si entra in un baraccone da fiera: i mostri ci affascinano, senza pertanto far parte della nostra vita”. Altre critiche sono palesemente ostili. Come quella di Robert C. RUART contenuta nell’articolo apparso sul New York World-Telegram & Sun, nel quale On the Road è visto come una “confessione spudorata” che dura sei anni. Il 28 ottobre, sul New Leader, William MURRAY giudica Kerouac per niente un artista giacché per essere tale sono necessarie due qualità, il senso di disciplina e l’unità di proponimenti che la scrittura di Kerouac non ha. Ciò malgrado On the Road resta per lui un libro importante perché comunica direttamente e in modo non letterario un’esperienza emotiva del tempo. Il 6 febbraio 1958, Patricia Mc MANUS, addetto stampa presso la Viking Press, parla della necessità di tre ristampe del libro di Kerouac poiché già dalle prime letture il romanzo aveva suscitato dibattiti e interessanti polemiche tra chi sosteneva positivamente il romanzo e chi lo avversava. Riporta inoltre con soddisfazione che due università americane avevano inserito On the Road nel programma di letteratura. Il dibattito sorto attorno a Jack Kerouac e al suo capolavoro supera la normale polemica letteraria per affrontare la “tecnica di scrittura spontanea”, tecnica che ha permesso allo scrittore statunitense di rompere la frontiera tra biografia e fiction e di avere molti punti in comune con temi e strutture dei grandi romanzi americani come Moby Dick di H.Melville e Il Grande Gatsby di F.Scott Fitzgeral. Per finire c’è da menzionare l’articolo di Robert BRUSTEIN, The Cult of unthink, pubblicato il 15 settembre 1958 nel quale Kerouac è associato ai gruppi-ribelli, emuli di Marlon Brando e di James Dean. La Beat Generation, dice Brustein, è una generazione di giovani inaciditi e ribelli, tutto muscoli e niente cervello, pronti a reagire con la violenza di fronte alla più piccola provocazione. Il severo giudizio di Brustein provoca una pronta e risentita risposta da parte dell’autore del libro. Il 24 settembre Kerouac, da sempre pacifista e antimilitarista, scrive queste accalorate parole:” I miei personaggi non fanno parte di orde di agitatori né di bande di delinquenti; non portano addosso coltelli. Con On the Road ho voluto scrivere un libro sulla tenerezza tra giovani turbolenti, indisciplinati, come vostro padre ha potuto esserlo verso il 1880. Io non ho mai, assolutamente mai, esaltato un personaggio violento. Dean Moriarty e Sal Paradise sono due individui da non biasimare, contrariamente ai loro detrattori”. 16 JACK KEROUAC (1922-1969), il profeta della Beat Generation. *********************** Jack KEROUAC nasce nel 1922 da una famiglia franco-canadese nella cittadina agricola di Lowell nello stato del Massachusetts e muore nel 1969 a S. Petersburg, Florida, dove si era ritirato a vivere l’anno precedente con la terza moglie e la mamma invalida. Di formazione cattolica il piccolo Jack cresce seguendo rigidi principi religiosi. Trascorre la sua infanzia a Lowell e i primi anni della maturità sull’East Coast. Frequenta la Columbia University di New York dove peraltro non arrivò mai a conseguire la laurea. Abbandona tutto per inseguire la vita degli hipsters, giovani ragazzi che vivevano al di fuori delle regole della società contemporanea. In seguito s’imbarca come marinaio nella Marina Mercantile e visita vari porti atlantici e mediterranei. Dopo un anno passato in marina torna al Greenwich Village di New York diventato il quartiere generale di beatnicks e riprende a frequentare i suoi vecchi amici Neal Cassady, W.S.Burroughs, Allen Ginsberg conosciuti intorno al 1950, praticando con loro quello che diventò il modello di vita della “Beat Generation”: il nomadismo, il rifiuto dell’opulenza americana, la ricerca di nuove dimensioni visionarie nella droga. Queste esperienze sono descritte nel suo romanzo capolavoro On the Road (Sulla Strada) pubblicato nel 1957 e considerato per decenni come il manifesto del movimento. Il romanzo ha molto successo e resta certamente l’opera più riuscita di Kerouac per la novità stilistica (il tentativo di creare una prosa “spontanea” sul modello della libera improvvisazione della musica jazz) e per i suggestivi legami col ricorrente mito americano del tema del viaggio. Il suo primo libro The Town and the City( La città e la metropoli) è pubblicato nel 1950. I suoi libri successivi sono The Subterraneans (I sotterranei (1958), The Dharma Bums (I vagabondi del Dharma) 1958, che documenta l’interesse di Kerouac per le filosofie orientali, Big Sur (1962), uno dei suoi romanzi più intensi, dominato da un forte senso musicale della lingua e l’ultimo voluminoso romanzo di memoria, Vanity of Duluoz (La vanità di Duluoz), (1968), tutti hanno un carattere molto autobiografico sulla scia di On the Road, ma nelle sue ultime creazioni poetiche si nota una certa stanchezza. Fino alla fine Kerouac visse combattendo contro il suo fisico minato dall’alcol e da una vita di eccessi. 17 “ Ed io arrancavo loro appresso come ho fatto tutta la mia vita con la gente che m’interessa, perché per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono i pazzi della vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune…”. Jack KEROUAC, On the Road (Sulla Strada), Mondadori (collana Classici Moderati). “BEAT GENERATION”, origine del nome e del movimento. Con la Beat Generation si intende comunemente un movimento letterario e sociale che si sviluppa negli Stati Uniti tra il 1950 e il 1960. Nato a New York, influenzato da Céline e dai surrealisti francesi, favorì quei cambiamenti sociali e culturali che l’America del secondo dopoguerra stimava assolutamente necessari per far fronte alle pressanti esigenze provenienti dalle nuove generazioni di giovani che apparivano molto delusi, sfiduciati, destabilizzati. Il termine inglese “beat” che cominciava a sentirsi con frequenza un po’ dappertutto legato all’altro “generation”ha parecchi usi e per questo si presta a diversi e contraddittori significati. Era stato usato per la prima volta a Time Square nel 1947 da Herbert Huncke, ma l’atto di nascita ufficiale è il 1952, anno di pubblicazione di Go di John CLELLON HOLMES che è considerato il primo racconto “beat” e dell’articolo This is the Beat Generation (New York Times Magazine, 16 novembre 1952) che segna l’inizio della divulgazione del termine “beat” e del tentativo di classificare o meglio di etichettare un’intera generazione. In Italiano il termine è tradotto e spiegato con varie accezioni: Beat come ribellione, Beat come battito, Beat come ritmo, Beat come battuto, sconfitto. La sconfitta inevitabile che viene dalla società, dalle sue costrizioni, dagli schemi imposti e inattaccabili. Beat come richiamo alla vita libera e alla consapevolezza dell’istante. Beat come scoperta di se stessi, dei valori umani, della coscienza collettiva, della vita sulla strada, del sesso liberato dai pregiudizi, della droga. Beat non è politica, non è religione, nonostante sia forte la componente religiosa. Beat è libertà di essere sconfitti, ma molto più probabilmente beat è uno dei tanti termini che non ha un vero significato semantico ma più un significato mistico insito nell’anima battuta, beata, ritmata, ribelle di quella generazione. Nell’animo di Kerouac il termine inglese si è caricato di altre connotazioni fino a identificarsi pure con il latino “beatific”. Per Jack Kerouac l’espressione “Beat Generation” usata nel 1948 per presentare la sua “banda” di amici (Ferlinghetti, Ginsberg, Burroughs e Corso) evocava la “beatitudine”, la salvezza ascetica ed estatica dello spiritualismo zen, ma anche un misticismo indotto dalle droghe più svariate, dall’alcol, dall’incontro carnale e frenetico, e quel suono della musica be-bop, il jazz di San Francisco, sudato, vissuto e catartico, il jazz di Charlie Parker soprannominato “The bird”, personaggio eroico e deificato da questa generazione e di Dizzy Gillespie e di Miles Davis ammirati da tutti i membri e sostenitori del gruppo. 18 Oltre ad essere un movimento letterario provocatorio quanto innovativo, la Beat Generation è soprattutto un gruppo di amici avidi di anticonformismo e di rivolta di fronte ad una società americana consumistica, fragile e conservatrice che essi considerano assurda e divisiva perché molto classista. Al gruppo originario si erano aggiunti altri tre beat, e cioè Gary Snyder, L. Ferlinghetti (a lui si deve la pubblicazione di alcune opere beat tra cui Howl (L’urlo) uno dei più famosi manifesti del movimento) e Gregory Corso spesso considerato il migliore della trinità Beat che instaurerà proprio con l’autore di On the Road, il re dei beatnicks, un rapporto di odio e di amicizia in chiave beat. Inizialmente il gruppo di autori uniti fra loro fin dai tempi della Columbia University aveva scelto come luogo d’incontro il Greenwich Village di New York per discutere, fare baldorie e per condividere i propri lavori fino a tarda notte, poi quando Allen Ginsberg si trasferì nel West Coast, San Francisco divenne il fulcro del movimento beat e preferirono riunirsi nella libreria City Lights Bookstore di Ferlinghetti per letture pubbliche e si caratterizzò non solo per uno stile di vita assolutamente libero e affrancato da “clichés” ma soprattutto per il loro linguaggio (un vocabolario che riprende temi e parole dell’universo musicale Jazz) e per la religione induista adottata per esplorare i mondi del subconscio. La musica Jazz esercitò quindi su tutti gli scrittori della Beat Generation un’enorme influenza. Giovani contestatori modularono le loro prose e versi sui battiti del jazz esistenzialista di Charlie PARKER, secondo alcuni padre dello stile jazz chiamato be-bop in voga nell’America degli anni cinquanta. Il Jazz, Parker stesso e i musicisti neri che popolavano l’America da est a ovest si ponevano due obiettivi: liberarsi dai rigidi arrangiamenti delle band per esprimersi e manifestare liberamente la loro ribellione al mondo ipocritamente sorridente di quegli anni. Nel corso degli anni si affermò pure ma in senso peggiorativo(in pieno maccartismo il termine era associato ai comunisti) il termine beatnik derivato dalla fusione di beat e del satellite russo Spoutnik che non piacque affatto a Kerouac che avrebbe certamente apprezzato quello di hipster. Originariamente un hipster non era il giovane cittadino appassionato della moda retrò e delle correnti alternative ma un uomo bianco amante di jazz, di droghe e di amore libero, la perfetta definizione del “beat”. Con la sua camicia di taglialegna, indossata sciattamente fuori dal suo jeans slavato, con la sigaretta tra le dita e i suoi capelli irsuti, Jack Kerouac si lascia fotografare consentendo senza volerlo a Levi’s di vendere milioni di jeans e camice a quadri. Senza saperlo il suo look diventava una moda e costituiva anch’esso una rivoluzione che dura ancora oggi, Jack Kerouac non amava la moda, ma si trovò con la pubblicazione del suo capolavoro narrativo On the Road, a incarnare tutta un’epoca. Il movimento della “Beat Generation” è sostanzialmente frutto di un’utopia che nasce all’interno di un gruppo di amici, amanti della letteratura e insofferenti della società che vivono, delle regole e dei tabù. I beat vogliono scappare, viaggiare, fare l’autostop ma non per un senso di fuga dalle 19 responsabilità, ma per trovarsi da soli nuove regole e stili di vita. Da qui viene l’avvicinamento alla spiritualità zen, al cattolicesimo, al taoismo che è approfondito, discusso e rimodellato in un’ottica beat; da qui viene anche l’abuso di sostanze stupefacenti, di alcol per sedare le sofferenze, per riunire l’io e il Tutto. Dalla fine degli anni sessanta in poi il movimento andò pian piano scemando, come idea di gruppo, di pari passo con la fine delle contestazioni. Lasciò dietro di sé le morti premature di Neal Cassady e di Jack Kerouac, una lunga disapprovazione sociale e tante opere edite e inedite che attendono di essere tradotte in molteplici lingue. E, nonostante tutto, si porta dietro la leggenda di quei ragazzi che giravano sulle strade verso l’ignoto e che ancora oggi stimolano la fantasia di milioni di giovani che si riaccostano al sogno, all’utopia beat, agli ideali della “generazione battuta” di cinquant’anni fa. Il romanzo è un”asse di molteplici relazioni”. Jorge Luis BORGES. On the Road e la tecnica narrativa (la prosa “spontanea”) di Jack KEROUAC. ********************** Che cosa determina in Kerouac l’incontenibile foga scritturale dell’aprile 1951 che lo spingerà in sole tre settimane a realizzare il suo capolavoro? Tra le influenze fondamentali Howard Cunnel cita l’emulazione dell’amico John CLELLON HOLMES, la prosa di Dashielle HAMMET, il manoscritto lineare di W. S. Burroughs che si chiama “Junk”. A tutto questo c’è da aggiungere l’importanza cruciale del testo John ANDERSON e Cherry MARY, una lunga lettera composta di tredicimila parole inviata da Neal Cassady che Kerouac trova sullo zerbino di sua madre a Richmond Hill il 27 dicembre 1950 alla quale lo scrittore statunitense risponde lo stesso giorno in modo assai empatico stimando questo trepidante racconto di una disavventura sessuale fra le migliori cose che siano mai state scritte in America. Con Souls of the Road Kerouac era già passato all’autobiografia senza osare ancora fare un uso prevalente della prima persona ma ciò che lo incoraggerà e lo conforterà a farlo è precisamente il racconto di Neal Cassady che dice “io” senza esitazione, interrotto soltanto da ciò che egli chiama “flash-backs hollywoodiani”. Un frammento della suddetta lettera pubblicata nel libro di Cassady, The First Third, risulta essere molto interessante per l’influenza che ebbe sulla prosa di Kerouac che è “artigianale, primitiva, e ha un certo fascino spontaneo eroico. Cassady il 17 per metà scherzoso e per metà marzo indirizza una lettera ad Allen Ginsberg e lo rimprovera per aver creato tanto rumore intorno al testo John ANDERSON e Cherry MARY che l’ha fatto tra l’altro ridere a crepapelle perché dichiarò di avere avuto bisogno di tre pomeriggi e tre serate di uso di benzedrina per scrivere quella “porcheria”. Non è così per Kerouac il quale essere in grado di riunire stili Joyce, Céline e Proust e di del suo stile narrativo e del suo entusiasmo. riconosce al suo amico di degli scrittori più noti quali saperli integrare sulla scia 20 Kerouac dice che Cassady ha scritto con una rapidità “dolorosa” che sarà poi considerata brillante. Nelle dieci lettere che invierà a Cassady, Kerouac prenderà a prestito il suo metodo di composizione amplificandolo e realizzando uno stile che, come nota Allen Ginsberg è quello della confidenza tra due amici che si raccontano tutto ciò che è loro accaduto e nei più piccoli dettagli. Per restare nell’ambito della sincerità e della verità Kerouac si serve di frasi che non seguono necessariamente l’ordine canonico e che permettono invece l’interruzione, l’uso dei trattini, le frasi suscettibili di dividersi, di biforcarsi. È indispensabile così che la frase sia libera, che non finisca se non dopo parecchie pagine di ricordi, d’interruzioni, di accumulo di dettagli in modo da arrivare a una corrente di coscienza centrata su di un solo soggetto(il racconto della strada) e su di un punto di vista specifico(due amici che si ritrovano e si riconoscono come personaggi di Dostoïevski e si raccontano la loro infanzia). In On the Road leggiamo che Kerouac è sempre più convinto che Cassady diventerà un grandissimo scrittore e che il suo secondo libro dovrà essere scritto in stile lineare con le caratteristiche proprie della lingua orale rinunciando alla fiction e all’inquietudine per tendere unicamente al raggiungimento della verità giacché, nota, “non c’è altra ragione per scrivere”. Quale metodo di lavoro Kerouac ha messo in atto durante le tre settimane dell’aprile 1951? Alcuni anni dopo Philip WHALEN ci dice che “Kerouac si sedeva di fronte alla sua macchina per scrivere con tutti i suoi taccuini aperti sul tavolo, alla sua sinistra, e cominciava a battere a macchina in modo rapido. Si sentiva il carrello della macchina da scrivere ritornare al punto di partenza con continuità, regolarità e con uno scatto. Il sonaglio faceva un rumore simile a un tintinnio e il carrello si muoveva a una velocità incredibile, più veloce di una telescrivente…Di tanto in tanto girava una pagina dal taccuino, la guardava, la trovava priva d’interesse e cancellava tutto o a volte una parte soltanto…E poi di fronte a qualcosa che non lo garbava, metteva un’interiezione, rideva e continuava divertendosi come non mai”. Secondo Holmes Kerouac si sistemava in una stanza”carina e spaziosa” a Chelsea. I suoi taccuini, i suoi promemoria, le sue lettere erano posti accanto alla macchina per ricordargli l’ordine dei capitoli. Il foglio di cui si serviva non era carta per telescrivente ma carta da disegno abbastanza fine che aveva ereditato dal suo amico Bill CANNASTRA, morto in un incidente di metropolitana. Per scrivere velocemente senza fermarsi Kerouac ebbe l’idea d’incollare i singoli fogli tra di essi in modo che i fogli assemblati diventassero un’unica pagina con la stessa lunghezza. I segni di matita e le intaccature prodotte dalle forbici sono ancora visibili sulla carta-scroll. Il testo si compone di un solo paragrafo e si divide in cinque libri. La leggenda vuole che Kerouac abbia scritto il suo romanzo On the Road sotto l’effetto della benzedrina. L’autore smentisce questa notizia quando confida a Cassady di aver scritto il suo romanzo sotto l’effetto del caffè e ribadisce il principio “né benzedrina, né erba, niente vale il Caffè per dopare la mente”. Scrive in media seicento parole al giorno e dichiara di averne scritte dodici mila il primo giorno e quindicimila l’ultimo, Kerouac trova la prima linea del testo esitante ma è certamente la sola poiché il romanzo avanza e si sviluppa in uno stile intimo, discorsivo, sciolto e vero, con personaggi che portano il loro vero nome. Kerouac distrugge la distinzione tra lo scrittore e “l’io” del racconto. Si va affermando così quella tonalità intima, sincera ed empatica che Ginsberg chiamava “il discorso che viene dal cuore”. Da un lato l’incandescente energia di Neal dall’altro la ricerca di dare risposte a quelle questioni che affollano la mente durante il sonno e che riempiono le sue monotone giornate. Che cos’è la vita? Che cosa vuol dire essere vivi quando la morte, questa sconosciuta donna velata, ci assilla? Dio mostrerà un giorno il suo volto? E ancora, la gioia può dare scacco alle tenebre? 21 La lettura del romanzo non ci assicura risposte. Esso ci conferma però che la ricerca è di natura interiore. E le lezioni che lascia la strada, la magia dei paesaggi americani attraversati con entusiasmo servono ad illuminare e ad amplificare ogni forma di spostamento. Kerouac scrive per farsi capire; la strada è la via della vita. È evidente a tutti la complessa e intima condizione dell’uomo Kerouac. Fin dal 1948 lo scrittore statunitense sente il bisogno di andare dentro se stesso più profondamente che sia possibile, giù giù dove le parole nascono da sole, sempre alla ricerca, Kerouac si convince che questo è il modo di scrivere più autentico, “incontrollabile, spaventoso e terribile” annota nel suo taccuino il 16 novembre. Ed è alla fine di questo taccuino del 1948 che Kerouac si sente di ringraziare Dio per il dono di questa nuova scrittura che in lui, come in tutti gli scrittori della Beat Generation, è tutt’uno con la vita stessa. Questo guardare dentro se stessi, questo non programmare quello che si scriverà tra un istante è un atto pericoloso, perché potrebbe rivelare qualcosa di noi che non ci piace che addirittura per Kerouac, potrebbe spaventarci, ma che è necessario scrivere. Perché, come scriverà nel taccuino del 1949,”la vita non è abbastanza”, anche se la scrittura è da lì che nasce. È tra il 1949 e il 1950 che Kerouac riflette più a mente fredda sul suo nuovo modo di scrivere. In un appunto del novembre dello stesso anno scrive a stampatello:”NON SONO LE PAROLE CHE CONTANO, MA L’IMPETO DI VERITA’ CHE SE NE SERVE PER I SUOI SCOPI”. E nel febbraio del 1950 entra più nello specifico della stesura di On the Road:” On the Road è il mezzo attraverso cui, quale poeta lirico, profeta laico e artista responsabile voglio evocare la melodia indescrivibilmente triste della notte americana. I motivi che mi spingono a farlo non sono mai più profondi della musica stessa”. Ed è durante quest’anno il primo accostamento che Jack comincia a intuire più che a sistematizzare tra il jazz e la prosa spontanea, “un’arte che esprime lo spirito della mente e non quello della vita è un’arte morta. Questo accade quando una forma d’arte descrive se stessa invece della vita”. È del tutto evidente che Jack Kerouac è alla ricerca di una scrittura in cui identificarsi totalmente che fosse in grado di essere tutt’uno con la storia che s’intende raccontare, un metodo di scrittura e di composizione centrato sull’improvvisazione, sul trasferimento di segrete idee verbali nella scrittura separata da trattini che corrispondono al prendere fiato del musicista jazz. Kerouac parla continuamente di mente, d’immagini della mente, mai di emozioni, sentimenti; non si tratta, infatti, di esprimere le emozioni ma le immagini che spontaneamente la mente produce e che a loro volta producono le parole. Questo è il meccanismo spiritual-psicologico-letterario messo a punto da Kerouac:”Mai ripensarci per migliorare o mettere ordine nelle impressioni perché la scrittura migliore è sempre quella più personale e dolorosa, strappata, estorta alla calda culla protettiva della mente”. Jack Kerouac era quindi convinto che fosse la “visione” a dettare le parole, a dettare la struttura stessa del discorso, a raccontare la “sua” storia. In questo senso la prosa di Jack, facendo appello allo spirito che è in ognuno di noi, diventa prosa religiosa e la prosa spontanea che Kerouac teorizzò, non può essere catalogata come”prosa sperimentale”. Nella visione di Kerouac tutti i suoi romanzi erano un unico work in progress, senza inizio e senza fine. Un unico racconto di quello che è lo spirito dell’uomo. Non la sua psicologia. I romanzi di Kerouac non sono romanzi psicologici, il loro intento non è quello di spiegare la mente umana, bensì di raccontarla. Ciò detto, On the Road rappresentò la prima prova che il metodo della prosa spontanea poteva funzionare, anche se incontrò riserve e fu oggetto di giudizi critici. 22 Particolarmente severo fu Carl Solomon, consulente editoriale presso la A.A.Viking Press e destinatario della dedica di Howl di Allen Ginsberg, quando rifiutò l’accettazione del testo On the Road di Kerouac perché vi vedeva “un “guazzabuglio incoerente”. Solomon, il consulente e critico editoriale, sostiene che un romanzo è pubblicabile se è coerente cioè se esso mostra unità nelle sue strutture linguistiche ed è portatore di un chiaro e affascinante messaggio. Ora, Kerouac contesta questo pensiero affermando che non esiste un testo inintelligibile e non ci sono lettori dalle capacità percettive limitate. Secondo lo scrittore francocanadese i racconti innovatori come il suo On the Road diventano comprensibili dopo che il tempo ha fatto passare la loro singolarità nelle convenzioni. La posizione di Solomon è condivisa dalla Nuova Critica, teoria letteraria dominante nell’America degli anni cinquanta. In conformità alle strategie d’interpretazione formulate da Cleanth BROOKS e Robert PENN WARREN, questa Nuova Critica situa il senso nelle qualità intrinseche delle opere letterarie, in particolare nell’unità delle loro molteplici strutture linguistiche. In altre parole, i criteri della Nuova Critica e gli argomenti di Solomon situano il significato all’interno dell’opera. Pur sforzandosi di mettere in bella copia le sue idee Kerouac capisce che la storia del dopoguerra che vuole raccontare non potrà mai realizzarsi pienamente all’interno delle convenzioni narrative esistenti. Per superare questa difficoltà lo scrittore statunitense sottolinea sui suoi taccuini preparatori a On the Road che c’è bisogno di una struttura differente e di uno stile diverso da quelli utilizzati per scrivere The Town and the City. Evitando assolutamente il racconto convenzionale, Kerouac ricerca altre soluzioni sperimentali in materia di tecnica e d’intreccio. Capisce cioè che il suo progetto non produrrà un romanzo ma sfocerà in un racconto in prosa di tipo ibrido. Egli abbandonerà quindi le tecniche convenzionali sulle quali poggia il suo The Town and the City per essere” libero come lo è stato Joyce” di comporre On the Road. Kerouac scrive che il romanzo non lo interessa e vuole allontanarsi dalle sue leggi. Suggerisce con questo che il romanzo è un insieme di convenzioni identificabili, di leggi che non gli saranno di nessuna risorsa per scrivere la storia che ha in testa. Nel rifiutare il romanzo come “forma europea” Kerouac pone il principio di ciò che chiama una nuova prosa americana. Assiduo lettore di Whitmann secondo cui il nuovo scrittore americano attingerà ai dialetti indigeni degli Stati Uniti per produrre scritti autenticamente americani, Kerouac sostiene che per conseguire una sostanza spirituale più profonda sia assolutamente necessario fare ricorso alla poesia epica e che l’associazione di elementi poetici e di elementi prosaici darà più vigore alla sua prosa poiché permette le trasformazioni più radicali del racconto. Nel suo giornale di viaggio preparatorio a On the Road egli scrive di aver iniziato a lavorare sulla poesia e che la sua prosa è cambiata e la sua struttura è più ricca, un modo di procedere assolutamente necessario se On the Road vuole essere un romanzo-poema o meglio un poema narrativo o anche una “rapsodia epica”. Nel 1949 sul suo diario lo scrittore statunitense presenta il suo progetto narrativo come una sorta di epopea, allontanandosi dal racconto europeo per scrivere i capitoli dei suoi libri in modo scrupoloso e accurato. È convinto che debba adottare una nuova tecnica di composizione se vuole fare uso della struttura “tentacolare” necessaria al suo romanzo On the Road. Oltre alla tecnica, Kerouac innova dal lato dell’intreccio preferendo le culture e le pratiche marginali in America, pur sapendo che questa sua scelta avrebbe attirato aspre polemiche. La sua poetica populista, il convincimento che un’arte che non è per tutti è un’arte morta, era e resta impopolare nel mondo delle lettere. Sceglie un autostoppista per protagonista, non per testimoniare le sue esperienze sulla strada ma per ragioni estetiche. 23 Secondo Jack Kerouac la vita è una serie di”deviazioni regolari” che ci allontanano dal raggiungimento della finalità ultima. E le deviazioni che si susseguono sono come tante svolte che dobbiamo seguire per realizzare una rivoluzione che sia coerente e completa. Questa filosofia guida i viaggi dei protagonisti e domina i loro sforzi perché trovino un senso ai loro continui movimenti e ai loro progetti contrastati. Nonostante la loro frustrazione Jack e Neal continuano a ricercare la vita, quell’evanescente stato di coscienza che poteva dare un significato alle loro divergenti esperienze. Nonostante le difficoltà e le incertezze del suo progetto”tentacolare” Kerouac si lascia sedurre dal favoloso obiettivo di andare dritto alla meta, considera fallito l’uomo che punta sulla linearità e l’unità delle proprie azioni. Di fronte alle variazioni-sorprese che la vita manifesta quasi quotidianamente e che assai spesso ci dirottano verso altri percorsi, Kerouac, impaziente di andare avanti, capisce che non è il percorso previsto che conta quanto il suo conseguimento dello scopo finale grazie alle modifiche successive e impreviste dell’itinerario, accettando come parte integrante dell’esperienza che l’orizzonte di senso si sposti, allora si può avanzare e dirigersi infine dove si era pensato di arrivare. Queste deviazioni dette “a catena” vedono il lettore e non più il testo come luogo di senso. Invece di funzionare come un’opera che racchiude il suo significato all’interno di strutture ermetiche e impermeabili, il racconto di Kerouac implica il lettore nel processo di ricerca di senso confrontandolo con strutture insolite. Prof. Raffaele FRANGIONE _____________________________________________ 24