B.5.2 – Gautier; Pensieri d’autunno Es. 7. Gautier è stato poeta, narratore e anche pittore, attività, quest’ultima, che risulta evidente anche quando si affronta la sua opera di scrittore. Come pittore, Gautier swguì la corrente del Realismo, tendenza artistica precedente all’Impressionismo, la cui data di nascita si colloca nel 1874, due anni dopo la morte di Gautier. Fai una ricerca sul Realismo (in quali anni si sviluppa? Quali sono i temi e le tecniche pittoriche?) e approfondisci la biografia dell’artista, cercando di comprendere quali elementi del Realismo pittorico si ritrovino nella poesia di Gautier. Per svolgere questa ricerca, puoi leggere una ampia voce dedicata al Realismo nella storia dell’arte tratta dall’Enciclopedia dell’Arte pubblicata dall’editore De Agostini REALISMO. Con il nome di realismo si autodefinì un movimento artistico, che, apparso in Francia con la rivoluzione del 1848, ebbe il suo maggior rappresentante nel pittore Gustave Courbet, il suo teorico nello Champfleury, e la sua prima manifestazione d’insieme alla Esposizione Universale di Parigi del 1855. Sorto in opposizione all’idealismo dei classici e dei romantici, il realismo rivendicò il valore della realtà oggettiva come tema di rappresentazione valido in sé, a prescindere da ogni abbellimento, correzione, scelta preconcetta; e sostenne con grande vigore polemico la necessità di trattare temi della vita contemporanea, introducendo come protagonisti dell’opera d’arte i ceti più umili della società. Nonostante la sua netta posizione nei confronti del romanticismo, il realismo non negò l’importanza della sensibilità soggettiva, che fu, anzi, valorizzata, sotto forma di sincerità dell’artista; e, nel suo insieme, più che una reazione al romanticismo, va considerato prosecuzione e sviluppo dei filoni più validi di esso, fortemente radicati nella cultura illuministica. In quanto tale, il realismo di Courbet e Champfleury fu solo l’aspetto più appariscente di un vasto processo che, non solo nell’arte, ma nell’ethos, nella filosofia, negli ideali politici e nel costume venne manifestandosi nella seconda metà del secolo, e interessò artisti di formazione tipicamente romantica come Corot e Daumier, Millet o Daubigny, improntando di sé, con varie inflessioni e sfumature, tutto il periodo che corre, grosso modo, dal 1850 al 1890, e che si vuol chiamar appunto del realismo. Mentre, facendo leva sulla passione naturalistica largamente propagata dal romanticismo, e soprattutto sulla passione democratica che era stata risvegliata in molti paesi d’Europa dalla rivoluzione del 1848, il realismo aveva una diffusione rapida ed imponente; in Francia il cadere di molte illusioni sociali e l’affermarsi del positivismo, davano luogo sull’esempio del Flaubert, a una visione più distaccata e pessimistica della realtà, e a una nuova poetica, che per primo il Castagnary volle definire col nome di naturalismo. Fenomeno tipicamente letterario, il naturalismo, che prevalse in Francia durante la Terza Repubblica, principalmente ad opera di Émile Zola, combinò la sua influenza con quella del realismo (come ad esempio, nel verismo italiano); ed ebbe importanza anche nella storia dell’arte, soprattutto come terreno culturale da quale dovevano germinare l’impressionismo e l’espressionismo. Già contemporaneamente all’affermarsi del movimento artistico, l’espressione realismo veniva intanto utilizzata dalla critica, con varie sfumature, per indicare, in determinati periodi della storia dell’arte, un atteggiamento in qualche modo analogo a quello dei moderni, e si cominciò a parlare di realismo nei pittori francesi, spagnoli e olandesi del ‘600 e in quelli fiamminghi del ‘400, estendendosi questa nozione, già con lo Champfleury e la sua storia della caricatura, all’arte dell’antichità classica. […] Molto prima di essere usata dalla critica d’arte, l’espressione realismo ha avuto un preciso significato in filosofia, dove, a partire dall’impostazione dualistica che al problema della realtà diede Cartesio, indicò un atteggiamento del pensiero, asserente in opposizione all’idealismo, la realtà del mondo esterno in quanto fenomeno che, secondo l’espressione kantiana, «non ha bisogno di esser dedotto, ma è immediatamente percepito». L’abitudine di impostare il problema gnoseologico come un’alternativa tra idealismo e realismo, e lo stesso uso frequente del termine, risalgono per l’appunto a Kant; e non fa meraviglia che questa espressione sia stata introdotta nella letteratura artistica proprio da un critico come Gustavo Planche, formatore alla scuola di Cousin e quindi assuefatto alla terminologia hegeliana. Nella sua vivace polemica contro l’Accademia, l’eclettismo e le capricciose eccentricità dei romantici, il Planche si serve, a partire dal 1833, della nozione di realismo per indicare un’arte che non sia puro frutto della fantasia o dell’Idea, ma nasca da un’attenta osservazione della realtà; anzi, per usare le stesse parole dello scrittore, da «una lotta corpo a corpo con la natura e con la verità». Planche fu praticamente il solo a servirsi del termine fin verso il 1838. […] Nonostante la modernità di accento, realismo fu, per Planche, quasi sinonimo di naturalismo, nella sua accezione tradizionale e carraccesca, quale si incontra già dal Seicento, nelle conferenze dell’Accademia, per indicare una attenta imitazione del vero sostenuta da un alto ideale plastico. In tal senso, lo stesso Baudelaire poteva, in pieno accordo coi suoi contemporanei, considerare Ingres «il rappresentante più illustre della scuola naturalista del disegno», e accompagnare tale asserto con l’osservazione che «i più puri disegnatori sono sempre naturalisti». In quegli stessi anni, tuttavia, l’espressione realismo già circolava negli ambienti artistici per indicare la tendenza, da poco diffusasi, a riprodurre con una fedeltà minuziosa e quasi fotografica la realtà naturale. Nello spirito di uno scientismo ingenuo, anzi di quella vera superstizione per le scienze positive, che fu tratto tipico della cultura del tempo, l’obiettività della riproduzione fotografica (la cui prima diffusione si colloca appunto nel decennio (1830-1840) si proponeva all’esigenza di verità degli artisti come un modello di realismo integrale, alimentando il gusto del ‘trompe l’œil’. Che la parola realismo si sia rapidamente e largamente diffusa in questa accezione, sta a dimostrarlo il fatto che il Planche rifiutò ben presto il termine che egli stesso aveva coniato, e il realismo divenne per lui, molti anni prima che Courbet e Champfleury gli procurassero il significato che oggi principalmente gli riconosciamo, un vero idolo polemico. […] Solo nel 1855 Thoré conferisce alla parola realismo un significato positivo, di integrale presa di possesso della realtà: quel significato cioè che, nel frattempo, il termine aveva acquistato con le polemiche suscitate dalla presentazione al pubblico delle prime opere di Courbet e dagli scritti di Max Buchon e di Champfleury; e che ebbe, per così dire, la sua consacrazione con l’opuscolo di Courbet in occasione della Esposizione Universale del 1855, e con il libro di Champfleury, intitolato, appunto. Le realisme (1857). Qui realtà non è più la realtà fissata, una volta per tutte, dal dagherrotipo o dalla analitica delle scienze naturali, e nemmeno il volgare e il plebeo ricercato dall’artista in virtù del suo carattere (secondo un altro significato della parola che noi incontriamo già dal 1844 in Théophile Gautier, in Arsène Houssaye e in altri, e che deriva dalla romantica accettazione del brutto come caratteristico); ma realtà è ormai il mondo nella sua complessità naturale e sociale, sintesi dinamica di natura e storia, mezzo nel quale l’artista si forma, e, divenendo espressione vivente del proprio tempo, svolge la sua attività creativa. In questo significato il termine è esteso per la prima volta all’arte e agli artisti del passato in una piccola ‘brochure’ di Champfleury sui fratelli Le Nain, del 1850, che si amplierà in volume nel 1863, intitolata appunto Les peintres de la réalité sous Louis XIII (una denominazione destinata ad avere fortuna). Intanto anche l’espressione naturalismo, dall’abituale significato che esso aveva nella letteratura artistica e accademica, trapassava a sinonimo di realismo, impregnandosi sia del senso filosofico della parola, sia di quello derivatogli dalle scienze naturali. […] Accolta nel suo antico senso filosofico, ma pregnante dei suoi più attuali significati scientifici e dello sforzo compiuto dalla pittura moderna per rappresentare con un approccio franco la realtà, la parola naturalismo, introdotta nella critica d’arte da Castagnary (1862), viene poco a poco a sostituire realismo, come meglio rispondente a quell’ideale di una rigenerazione dell’arte attraverso la scienza e la democrazia, che fu proprio della borghesia radicale della Terza Repubblica. […] Con l’opera di Émile Zola, a partire, grosso modo, dalla prefazione di Thérèse Raquin, l’espressione naturalismo trionfa rapidamente su quella di realismo e si afferma nettamente verso il 1880, usata sempre più di frequente per indicare la complessità degli ideali estetici, politici e sociali, in una parola la poetica dell’età positivistica. Nel periodo successivo, che fu di reazione al positivismo, la parola, pur continuando ad essere adoperata con questo preciso e ben delimitato significato, ha ritrovato in una critica letteraria e artistica di inclinazioni più o meno apertamente filosofiche, il suo antico e più genuino valore, di ilozoismo rinascimentale o di naturalismo panteistico; e in tal senso si incontra di frequente riferita a certi aspetti così dell’arte del Rinascimento, come del ‘600 italiano, olandese e spagnolo. […] Il realismo programmatico e i suoi teorici. Come movimento programmatico, il realismo si maturò nelle conversazioni intercorse, verso il 1846, fra il pittore Gustave Courbet, lo scrittore Champfleury e il poeta Max Buchon. Esso trova il miglior terreno di sviluppo nel fervido clima spirituale che precedette la rivoluzione del 1848, ed ebbe, quali iniziali punti di riferimento, il racconto Chien-Caillou di Champfleury e, soprattutto, i primi capolavori di Courbet, apparsi in pubblico nel 1849 e nel 1850. La birreria Andler, che, subito dopo la rivoluzione, divenne un animatissimo centro di discussione, facendosi il materiale punto di incontro delle nuove idee, esprime quasi simbolicamente l’esuberanza democratica che venne a caratterizzare il dibattito artistico, rispetto all’aristocratica raffinatezza che era stata propria della polemica fra i due maggiori rappresentanti del classicismo e del romanticismo: Ingres e Delacroix. […] In questo ambiente vivacissimo si vennero maturando le idee che dovevano essere poi sviluppate negli scritti di Courbet, e specialmente in quelli di Champfleury e di Castagnary. […] Due sono, essenzialmente, i punti sui quali esse poggiano: da una parte, una piena convinzione dell’oggettività del mondo esterno, della possibilità di comprenderlo e rappresentarlo plasticamente, dall’altra una forte valorizzazione della sensibilità soggettiva, come mezzo attraverso il quale questa conoscenza può essere realizzata. Un terzo punto, che da quest’ultimo direttamente discende, e d’importanza determinante è la sincerità, considerata condizione inderogabile per assicurare la validità stessa della creazione artistica. Poiché infatti l’integrità dell’uomo, la sua struttura psicologica sono né più né meno che il risultato storico del confluire in esso di natura e di società solo attraverso l’espressione genuina di se stesso, della sua propria individualità, ogni artista potrà giungere a dare un reale contributo alla conoscenza del mondo contemporaneo. Da questi punti fondamentali discendono varie conseguenze. Intanto la necessità assoluta di essere del proprio tempo, di vivere intensamente la vita della società di cui un artista è parte integrante, per poterne esprimere i costumi, le idee, l’aspetto. La polemica contro la pittura storica dei neoclassici e dei romantici (giudicata puro dominio della fantasia, un sogno da archeologi), discende da qui: da questo esistenziale inserirsi nella realtà del proprio tempo, unica storia degna di rappresentazione apparendo la storia contemporanea. Di qui anche l’apprezzamento e la valorizzazione di tutto ciò che, al contrario, possa in qualsiasi modo costituire un’esperienza diretta dell’artista. La natura, quindi, in primo luogo, in ogni suo aspetto, anche il più modesto, anche il meno gradevole o edificante, purché esprimente, a prescindere da ogni valore di convenzione o di scelta preconcetta, una reale relazione con il mondo di idee e di sentimenti dell’artista […], e accanto alla natura, l’uomo, nella sua funzione sociale, quale che essa sia, anche negli strati più umili e derelitti della popolazione, giacché come a ogni frammento della natura può attribuirsi un valore autonomo e una sua propria bellezza, così anche una degradante condizione di vita può essere degno oggetto di rappresentazione. Per questa strada l’esigenza di una esperienza diretta della realtà viene a incontrarsi con i convincimenti sociali del secolo, che amò riconoscere proprio nelle classi più povere la più alta dignità umana. Incalcolabili conseguenze doveva avere il principio della sincerità, considerata la prima qualità di un artista. Una tale idea, infatti, scalzava una serie di convincimenti fortemente radicati, relativi allo studio dei classici e al rispetto letterale delle forme classiche; e si cominciò a considerare un vero fanatismo, una “febbre di imitazione” la tendenza a ripetere invariabilmente degli schemi ormai logori, che, come si osservava, facevano dimenticare a un tempo la propria personalità ed anche il passato. […] Inoltre, ritenendo inammissibile la comparsa di una tale originale capacità di interpretazione presso gli uomini moderni, e unico solido valore, anche negli antichi, la genuinità, l’indipendenza dell’artista e la lezione di attualità ricavabile dalle sue opere, dipingere quadri alla maniera di Raffaello, Veronese o Rembrandt, cominciò a sembrare pretenziosa impotenza, e risultò lampante che se un senso poteva avere impadronirsi delle scoperte di quei grandi maestri, questo era, semmai, per giungere ad esprimere più efficacemente il proprio mondo. «Ho percorso la tradizione, come un buon nuotatore attraverserebbe un fiume. – scriveva Courbet – Gli accademici vi si annegano». Potrai poi completare le tue conoscenze leggendo una biografia di Gautier ripresa dal sito www.sapere.it Théophile Gautier Scrittore francese (Tarbes 1811-Neuilly-sur-Seine 1872) . Si dedicò inizialmente alla pittura, ma ben presto scoprì la sua vocazione letteraria aderendo al movimento romantico, della cui opposizione al gusto e alle regole classiche divenne il simbolo durante la turbolenta battaglia teatrale per imporre l'Ernani di Hugo. Qualche anno dopo avrebbe narrato con ironia quel disordinato fervore di rinnovamento nel romanzo Les Jeunes-France (1833). Intanto aveva pubblicato sotto il segno della nuova scuola Poésies (1830), cui nell'edizione del 1832 aggiunse Albertus ou l'âme et le péché, poemetto che sacrifica alla moda del byronismo e dell'esoterismo, poi superati nella celebre prefazione di Mademoiselle de Maupin (1836), dove la maturità artistica di Gautier si condensa in quell'affermazione del principio dell'arte per l'arte, cioè dell'arte libera da preoccupazioni morali o utilitaristiche, che prese poi forma in romanzi come Le capitaine Fracasse (1863), avventure di una compagnia di comici, ispirato al Roman comique di Scarron, e soprattutto nelle poesie di Émaux et Camées (1852; Smalti e cammei), il suo capolavoro. Contemporaneamente iniziava quell'incessante attività giornalistica per la Presse, Le Moniteur, La France littéraire, ecc. cui dedicò gran parte della sua vita e del suo talento scrivendo articoli d'arte, di teatro e di letteratura ed esercitando una formidabile influenza sulla storia del balletto francese, allora all'apice della propria stagione romantica. Grande ammiratore della ballerina milanese Carlotta Grisi scrisse per lei – con Vernoy de Saint-Georges – il libretto del balletto Giselle, considerato universalmente l'epitome e il capolavoro del romanticismo coreografico francese. I suoi articoli furono poi raccolti in vari volumi: Les Beaux-Arts en Europe (1855-56), Histoire de l'art dramatique en France depuis vingt-cinq ans (1858-59), Histoire du Romantisme (1874), Guide d'amateur au Musée du Louvre, cui si aggiungono i curiosi profili dei Grotesques (1844), riscoperta dei poeti del sec. XVI rifiutati da Boileau. Pure in volume, anche se molto più tardi, furono raccolti, da Cyril W. Beaumont, i suoi articoli sul balletto, pubblicati a Londra con il titolo The Romantic Ballet Seen by Théophile Gautier (1932). Anche dei suoi viaggi (Italia, Grecia, Russia) raccolse le relazioni e soprattutto in quelle dedicate alla Spagna (Tras los Montes, 1840, e Voyage en Espagne, 1848) raggiunse ottimi effetti pittorici. Scrisse ancora racconti e romanzi, dove il genere fantasioso, esotico di Fortunio (1837) riappare in Une nuit de Cléopatre (1845), Le Roi Candaule (1847), Le Roman de la Momie (1858), indicativi della duplice matrice artistica di G., che unisce al sentimento romantico un'esigenza realistica per il vigore con cui inserisce nell'opera il mondo esterno con le forme e i colori cari alla formazione pittorica dell'autore. A lui guardò la nuova scuola parnassiana e realista, rappresentata da Bainville, Flaubert e Baudelaire, che gli dedicò le Fleurs du Mal. La traiettoria artistica di G. è l'esemplificazione stessa dell'evoluzione letteraria di mezzo secolo in Francia. Bibliografia B. Delvaille, Théophile Gautier, Parigi, 1968; M. C. Spencer, The Art Criticism of Théophile Gautier, Ginevra, 1969; C. Rizza, Théophile Gautier critico letterario, Torino, 1971; BookSenninger, Théophile Gautier, auteur dramatique, Parigi, 1972; M. Voisin, Le Soleil et la Nuit, l'imaginaire dans l'œuvre de Théophile Gautier, Bruxelles, 1981; N. David-Weill, Rêve de pierre: la quête de la femme chez Théophile Gautier, Ginevra, 1989; M. L. Scelfo, Théophile Gautier, Catania, 1989. Dopo aver letto i testi che ti sono stati proposti, scrivi un breve testo espositivo. Ti suggeriamo questa scaletta. 1. Introduzione: argomento della relazione [1 capoverso] 2. Breve spiegazione del concetto di realismo nella storia dell’arte [1 capoverso] 3. Breve presentazione dei principali elementi teorici e formali che contraddistinguono questo movimento [1, 2 capoversi] 4. Cenno al ruolo di Gautier all’interno del movimento del Realismo 5. Conclusione