Acqua_nella_tradizione_filosofica_orientale

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L’acqua nella tradizione
filosofica orientale
Induismo Buddhismo e Taoismo
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Induismo
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Induismo
Per l’induismo l’acqua è un principio sacro,
protagonista di una ricca mitologia.
“Alla confluenza dei fiumi Gange e Yamuna, ogni
giorno ci sono molte centinaia di persone che
si bagnano e muoiono. Bagnandosi in queste
acque la contaminazione del peccato è lavata
via e distrutta”
(Xuanzang, VII sec.)
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Buddhismo
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Buddhismo
Per il buddhismo l’acqua è simbolo dei due
principi basilari di anattā (non sé) e anicca
(impermanenza).
“La sorgente spirituale brilla chiara in piena luce,
rami d’acqua scorrono nell’ombra.
Afferrarsi alle cose non è che illusione;
accettare l’identità ancora non è illuminazione.”
(Sekito Kisen, Sandokai)
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Taoismo
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Taoismo
Il taoismo è detto “la via dell’acqua che scorre”
in quanto il dao, principio immanente alla
realtà, è principio dell’eterno divenire, del
mutamento, risultato dell’interazione tra i due
aspetti antitetici e complementari di yin e
yang.
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Induismo
Le radici dell’induismo sono antichissime
(1500 a.C.): l’antica sapienza sacra è racchiusa
nei testi del Veda.
Fulcro dell’esperienza spirituale induista è la
fede in un Assoluto, il Brahman, concepito
anche come un dio supremo personale (Vișņu,
Śiva).
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Induismo
L’ātman, il sé, è l’intima essenza della coscienza
di ogni individuo, la scintilla di universale in
ognuno di noi.
L’ātman trasmigra da un’esistenza all’altra, in un
ciclo continuo di vita, di morte e di rinascita
(saṃsāra).
Questo eterno reicarnarsi dell’ātman è guidato
da una logica ferrea, il karman.
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Induismo
Il karman è la legge inesorabile di retribuzione
che tiene prigioniero l’uomo nel ciclo delle
rinascite.
L’esistenza in cui l’anima si trova (vegetale,
animale, uomo, donna, di casta superiore o
inferiore) dipende dagli atti compiuti nella vita
precedente.
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Induismo
La salvezza, ovvero la libertà dopo la morte dalla
schiavitù del saṃsāra, non può essere
raggiunta attraverso l’azione, perché l’azione
produce effetti karmici che portano alla
rinascita.
La liberazione dipende dalla conoscenza e si ha
quando l’individuo si distacca dalle illusioni
del suo sé empirico e comprende l’identità
profonda tra ātman e Brahman.
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Gange: il fiume sacro
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Gange: il fiume sacro
Il fiume Gange nasce dal ghiacciaio di Gangotri
sull’Himalaya dall’imboccatura di una caverna
detta Gomukh, “Bocca di vacca”, a significare e
ribadire la purezza e la sacralità del fiume.
Il ruscello che inizia il corso del fiume, a
un’altitudine di 4200 metri, prende il nome di
Bhagirathi.
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Gange: il fiume sacro
Gangotri, sorgente del fiume Gange
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Gange: il fiume sacro
Bhagirathi
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Gange: il fiume sacro
Tempio di Gangotri
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Gange: il fiume sacro
Lungo le sue rive, dalle sorgenti sull’Himalaya
fino al delta del Bengala, distante 2500 km,
sono disseminati luoghi di culto e di
pellegrinaggio.
L’acqua del fiume è trasportata e inviata in tutto
il paese per essere utilizzata nei riti religiosi.
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Gange: il fiume sacro
L’acqua del fiume Gange è sacra a tal punto che
la gente giunge da ogni parte dell’India per
berla o immergersi o addirittura morire sulle
rive del fiume, convinta così di guadagnarsi la
beatitudine celeste.
Tempo addietro, allo stesso scopo, si usava
addirittura compiervi il suicidio.
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Gange: il fiume sacro
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Gange: il fiume sacro
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Gange: il fiume sacro
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Gange: il fiume sacro
La sacralità del Gange è costantemente espressa
nella mitologia indiana.
Esistono due versioni circa la discesa del fiume
santo: una rende onore a Vișṇu, l’altra a Śiva e
Ganga.
Tuttavia esse non sono incompatibili, poiché
spesso si raffigura il Gange che scorre dal
piede di Vișṇu sui capelli di Śiva, e poi sulla
terra.
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Il Gange e Vișṇu
Vișņu
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Il Gange e Vișṇu
Vișṇu
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Il Gange e Vișṇu
Secondo la concezione dell’universo degli antichi
indiani, il mondo ha la forma di un uovo: la
calotta superiore è il regno celeste e quella
inferiore il mondo terreno e in mezzo è
l’atmosfera.
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Il Gange e Vișṇu
Nel mito della manifestazione (avatara) di Vișṇu
come Vamana, il nano, si narra che Vișṇu per
impedire al demone Bali di diventare padrone
del mondo, gli comparve sotto sembianze di
nano e chiese per sé tanta terra quanta
sarebbe riuscito a percorrere con tre soli passi.
Quando Bali acconsentì, Vișṇu assunse le sue
vere dimensioni cosmiche e con soli tre passi
diede vita all’universo.
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Il Gange e Vișṇu
Con l’unghia dell’alluce sinistro il dio bucò il
guscio dell’uovo, che allora fu invaso dalle
acque cosmiche che lo circondavano.
Le acque scorsero fino alle pendici del monte
Meru, dove formarono un “pozzo di nettare” e
si divisero dando vita ai sette fiumi del mondo.
Perciò il fiume sacro porta sulla terra il nettare
dell’immortalità.
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Il Gange e Śiva
I miti che riguardano il fiume Gange e Śiva sono
due.
1. Acqua come forza purificatrice, che
restituisce all’uomo l’integrità con l’universo
e con le divinità.
2. Acqua come fonte di vita e come origine degli
opposti.
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Il Gange e Śiva
Il primo mito narra di un re, Sagara, che perse i
suoi sessantamila figli (avuti per grazia divina),
inceneriti in uno scontro con gli dei.
Venne stabilito che i defunti avrebbero potuto
ascendere al cielo solo quando Ganga
(personificazione divina femminile del fiume
Gange) avesse lavato con le sue acque le loro
ceneri.
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Il Gange e Śiva
Ma la forza di Ganga avrebbe distrutto la terra, a
meno che Śiva non l’arrestasse.
Con penitenze e sacrifici, i discendenti di Sagara
ottennero l’assenso di Śiva e il Gange sgorgò
dal cielo.
Ganga si scagliò con violenza contro il dio, ma
Śiva l’imbrigliò tra i suoi capelli,
intrappolandola.
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Il Gange e Śiva
Questo è il motivo per cui Ganga è spesso
raffigurata tra i capelli di Śiva.
Poi però la lasciò andare.
Ganga girò tre volte intorno al monte Meru e si
divise nei sette fiumi del mondo, per poi
riversarsi nell’oceano.
Riversandosi nell’oceano, Ganga colmò la fossa
con le ceneri dei figli di Sagara e conferì loro la
grazia celeste.
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Il Gange e Śiva
Śiva
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Il Gange e Śiva
La dea fluviale Ganga
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Il Gange e Śiva
L’altro grande mito attiene soprattutto alla
capacità del fiume Gange di donare la vita.
Essa dipenderebbe dal fatto che Agni , il fuoco,
disturbò gli amoreggiamenti di Śiva e della
moglie. Il dio adirato schizzò il seme addosso
ad Agni, che divenne gravido.
Ma gli dei scaricarono nelle acque del Gange
Agni a causa della forza insopportabile del
seme di Śiva.
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Il Gange e Śiva
Dal fuoco che bruciava nelle acque nacque il dio
Skanda e il seme che rimase nel fiume si
tramutò in oro.
Agni, il fuoco, è quindi “nipote delle acque”,
discendente delle acque.
L’acqua non solo è forza creatrice per se stessa,
ma contiene anche l’altra grande forza
creativa che è il fuoco.
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Gange: il fiume sacro
Benedetto è il Gange! Pensandolo ci si libera dal
peccato, guardandolo si accede al paradiso di
Vishnu e bevendolo ci si unisce a Dio.
(Narada Purana)
Possa io morire dimorando sulle tue rive,
bevendo la tua acqua, sballottato dalle tue
onde, meditando sul tuo nome e volgendo gli
occhi verso di te.
(Valmiki, Gangashtakam)
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Per approfondire
• a cura di S. Mackenzie, Gange, il fiume sacro
dell’India, Mondadori, Milano 1981
• A. Watts, Il Tao. La via dell’acqua che scorre,
Ubaldini, Roma 1977
• Shunryu Suzuki-roshi, Rami d’acqua scorrono
nell’ombra, Ubaldini, Roma 2000
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