Oliverio Neuroscienze e processi cognitivi

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Neuroscienze e processi cognitivi
Alberto Oliverio
Università di Roma, Sapienza
Basi cerebrali
dell’intelligenza
Aspetti evolutivi
Gli studi sul cervello diviso condotti da Roger Sperry e Michael Gazzaniga hanno
sottolineato le differenze emisferiche, avvalorando l’ipotesi che il solo emisfero sinistro
sia in grado di sostenere funzioni cognitive superiori mentre il destro, dotato dello
stesso numero di cellule, sarebbe incapace di svolgerle. Ciò ha portato a ritenere che il
numero delle cellule corticali non sia sufficiente per spiegare completamente
l’intelligenza umana.
Numerosi autori si sono soffermati sulle caratteristiche neuronali umane.
Gordon Shepherd ha proposto un modello neuronale basato su un confronto tra le
proprietà di membrana e sinaptiche di neuroni ippocampali di roditori ed esseri
umani: i suoi risultati indicano che la semplice aggiunta di alcuni canali del calcio
(dalla cui presenza dipende l’eccitabilità di un neurone) nella spina dendritica può
portare a stabilirsi, a livello delle spine, di capacità computazionali notevolmente
complesse e di conseguenza di capacità di elaborazione dell’informazione
Relazioni tra
punteggi QI e
velocità di
conduzione
nervosa NCV. I
partecipanti sono
stati divisi in 5
gruppi, dalla
velocità più bassa
(1) a quella più alta
(5). La NCV veniva
calcolata dividendo
il tempo che
intercorreva tra
uno stimolo visivo
e la comparsa dei
potenziali evocati
nelle aree visive,
per la distanza tra
occhi e occipite. (da
Reed e Jensen, 1992).
Maggiore efficienza di elaborazione nel cervello di persone più intelligenti.
Durante un compito che richiede attenzione la PET mostra che l’attività nervosa è
inferiore del 20% nel cervello di persone intelligenti (b) rispetto a quello di persone
con bassa intelligenza (a)
Una maggiore efficienza di elaborazione dipende dalla presenza di fibre nervose mielinizzate.
Negli esseri umani il rapporto tra materia bianca (fibre nervose rivestire di mielina) e materia
grigia (cellule nervose) è più elevato che in qualsiasi specie animale.
White matter DTI Tractography by KL Narr UCLA
Intelligenza generale, fattore G
L’intelligenza come capacità singola o insieme di capacità
indipendenti.
Le aree frontali sono state indicate come una possibile base del
fattore g ma non è sorprendete che esse possano contribuire
all’intelligenza generale dato che esse intervengono nella memoria
operativa e nel controllo esecutivo della soluzione di problemi
Immagini PET
mostrano le aree (in
rosso) in cui aumenta
l’attività nervosa
durante i compiti ad
alto e basso fattore G.
Il compito spaziale
attiva aree frontali
destra e sinistra, il
compito verbale attiva
l’area di sinistra.
L’attività delle aree
occipitali e parietali
durante i compiti
spaziali riflette
l’elaborazione
sensoriale e spaziale
dell’informazione.
J. Duncan, Science 2000
L'intelligenza generale sarebbe mediata dalle connessioni neurali fra le regioni del
cervello che integrano i processi verbali, visuo-spaziali, esecutivi e la memoria di
lavoro. (Glascher J et al., PNAS 2010)
Associazioni statisticamente significative sono state trovate fra "g" e network
distribuiti nelle cortecce frontali e parietali, oltre che nella corteccia fronto-polare
e nei tratti associativi di sostanza bianca.
Usando le scale Wechsler è evidente un’area (cerchiata in bianco) unica
per G e silente in altri test. (Glascher J et al., PNAS 2010.
La teoria modulare
Autori come S. Dehaene o S. Pinker, ritengono che ogni abilità
cognitiva dipenda da una complessa rete o modulo nervoso: in
particolare ritengono che il cervello sia cablato per funzionare per il
linguaggio o la matematica.
Dehaene e Pinker sostengono una concezione modulare
dell’intelligenza basata su complesse reti.
Il modulo del linguaggio dipenderebbe da strutture situate
prevalentemente nei lobi frontale e temporale sinistri,
La capacità spaziale dall’interazione delle funzioni
somatosensoriali e visive con le strutture parietali
dell’emisfero destro,
La capacità matematica è invece associata alla regione
frontale di sinistra e ai lobi parietali di entrambi gli emisferi.
Le aree parietali utilizzano rappresentazioni visivo-spaziali
della quantità (contare con le dita). Le aree frontali
permettono di disporre i numeri in ordine crescente o
decrescente, stimare ed eseguire calcoli.
Organizzazione modulare della
struttura corticale nei giovani (A) e
negli anziani (B): Modulo I:
esecutivo strategico, Modulo II:
uditivo-linguistico, Modulo III:
visivo-integrativo (fascio visivo
ventrale), Modulo IV: modulo di
default, Modulo V:
sensorimotorio/spaziale
Chen et al. 2011
I confini dei moduli sono molto
variabili nel tempo.
L’analisi fattoriale ha portato al concetto di una modularità dell’intelligenza: capacità
linguistiche, logico-matematiche e spaziali. In seguito si è parlato (Meunier et al
2009) di una gerarchia cerebrale dei moduli
Motricità, percezione
e processi cognitivi
L’importanza dell’azione.
Il controllo motorio è in qualche modo il
contrario di quanto si verifica nella
percezione. Percepire significa costruirsi
una rappresentazione del mondo esterno.
L’azione, invece, inizia con un’ipotesi sulle
conseguenze desiderate di un movimento e
poi continua nella sua esecuzione.
Nel corso del suo processo evolutivo, il
cervello ha bisogno di fare esperienze tattili
e motorie perché si sviluppino quelle aree
sensorimotorie che rappresentano il punto
di partenza per la maturazione delle aree
superiori, quelle del linguaggio e del
pensiero complesso.
Immaginazione, movimento, percezione.
Il nostro cervello è un enorme archivio di repertori motori,
complessi schemi che lo psicologo russo Alexander Lurija ha defi
nito “melodie cinetiche”.
Le tecniche di imaging hanno contribuito alla conoscenza degli
schemi motori: se si chiede a una persona di pensare di muovere
la mano, come se volesse afferrare un oggetto, la sua corteccia
premotoria, situata davanti a quella motoria, nel lobo frontale,
diviene attiva, il che indica come vi siano aree del cervello che
predispongono il movimento e aree che lo realizzano.
Questo parallelismo tra anticipazione e azione vale anche per
l’immaginazione e la sensazione: così, il solo immaginare un
oggetto, ad esempio una rosa, porta all’attivazione delle aree della
corteccia visiva che vengono attivate quando quell’oggetto viene
effettivamente visto.
Giochi di movimento
I giochi di movimento o simbolici
hanno un ruolo essenziale nella
costruzione della socializzazione e
nell’intelligenza emotiva, la capacità
di saper leggere le emozioni degli
altri e di mettere in atto risposte
appropriate dal punto di vista
dell’empatia. Un gioco di gruppo
all’aria aperta comporta sensazioni,
percezioni, emozioni, movimenti e,
soprattutto, un vero e proprio
esercizio cognitivo.
Attività aerobica e concentrazione
Dopo meno di 30 minuti di attività fisica
aerobica (correre) la capacità di
concentrazione migliora notevolmente:
queste conoscenze dovrebbero tradursi
in un’anticipazione dell’ora di educazione
fisica all’inizio della giornata scolastica o
nel fare brevi pause di attività fisica nel
corso delle ore scolastiche. Più in
generale, si è visto che nei bambini che
presentano deficit di attenzione la pratica
di esercizi basati sul controllo motorio
aumenta le capacità di concentrazione.
Rappresentazioni motorie e
apprendimento
L “apprendimento recitato” favorisce le
associazioni tra rappresentazioni motorie e
apprendimento. La tecnica sfrutta il fatto che le
memorie motorie sono particolarmente
robuste mentre quelle semantiche (per
esempio, le memorie legate al significato delle
parole) sono più fragili.
L’apprendimento recitato è stato utilizzato per
migliorare l’apprendimento di una seconda
lingua: i bambini devono recitare in gruppo una
serie di vocaboli accompagnandoli con gesti e
movimenti che ne rappresentino il significato.
Gli studenti hanno raggiunto prestazioni tre
volte superiori rispetto agli studenti che hanno
seguito il metodo convenzionale.
Parole e immagini.
Rappresentare la realtà tramite
immagini significa memorizzare in modo
più efficace e, di conseguenza, imparare
meglio di quanto non avvenga a mezzo
della trasmissione orale o della lettura,
cioè attraverso codici “semantici”, basati
sul significato.
Le esperienze visive sono 3-4 volte più
efficaci di quelle uditive, quelle
audiovisive sono a loro volta 2 volte più
efficaci di quelle visive, il che indica che
un metodo di apprendimento che passi
prevalentemente attraverso il codice
orale (parola scritta o parlata) è di gran
lunga inferiore a un metodo di tipo
audiovisivo.
Immagini e
concetti
Numerose esperienze
ed apprendimenti
infantili si basano su
associazioni tra
immagini e concetti:
l’apprendimento
viene così facilitato, in
quanto le immagini si
fissano facilmente
nella mente infantile e
in quella dell’adulto. Il
nostro cervello dedica
gran parte delle sue
risorse alla visione.
Relazioni semantiche in 3 diversi soggetti
Huth et al, Neuron, 2015
Attenzione e apprendimento
La maggior parte delle persone non
analizza le situazioni in modo
sistematico. Per superare questo stadio
e sviluppare vere capacità di
concentrazione e memoria dobbiamo
imparare ad analizzare correttamente i
messaggi, soprattutto quelli visivi.
L’attenzione selettiva implica, anzitutto,
un coinvolgimento dei sensi. In secondo
luogo, si basa sull’individuazione
dell’aspetto fondamentale o essenziale
del messaggio e delle emozioni che esso
suscita, e infine sull’interpretazione
razionale.
Trappole percettive e cognitive
Il costruttivismo.
Il cervello non fotografa la realtà, la ricostruisce: ognuno
di noi, attraverso la sua percezione, memoria, emozione,
ricostruisce la realtà, ad es. un quadro, in modo diverso.
Perciò, ciò che vede un critico d’arte non è ciò che vede
un profano (e così al cinema ecc.).
La mente “riempie” le parti mancanti
di un messaggio
Se i due punti sono distanti 7 cm circa, si chiude l’occhio sinistro e si
fissa il punto destro con l’occhio destro, il cerchio tratteggiato
scompare ma tutto lo sfondo resta grigio. La mente ha colmato di
grigio il “buco”
Se i due punti sono distanti 7 cm circa, si chiude l’occhio sinistro e si
fissa il punto destro con l’occhio destro, il rettangolo tratteggiato
scompare ma la linea nera resta continua. La mente ha colmato di
nero l’interruzione della linea.
ma la mente è anche sviata dal
contesto…
Vedere e pensare.
Secondo Rudolf Arnheim, percezione e rappresentazione
artistica sono simili, si servono degli stessi principi di
organizzazione cerebrale.
Gli studiosi della Gestalt, tra cui Kanizsa, indicano come
nellarte visiva funzioni il principio di “completamento”:
un particolare suggerisce l’interezza…
Tutto il pensiero sarebbe fondato su base percettiva, non
esiste differenza tra vedere e pensare in quanto nella
percezione si risolvono meccanismi di strutturazione e
astrazione dalla realtà che sfociano nello stesso
linguaggio.
Percepire nella totalità.
Gombrich e gli psicologi dell’arte (Rudolph Arnheim,
Ernst Kris e Gyorgy Kepes) si ispirano alla psicologia
della percezione e della Gestalt (Koffka, Wertheimer e
Koeler).
Secondo la Gestalt, l’intero è maggiore della somma delle
parti. La percezione dipende dalla organizzazione delle
percezioni più che dalla loro associazione.
Principi di prossimità (i punti neri in sequenza sono
“righe”, di continuazione (completare una linea interrotta),
di chiusura ecc…
La percezione non funziona atomisticamente ma nella
totalità.
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Ragione e sentimento
In Ragione e sentimento Jane Austen mette
in scena il contrasto tra la razionalità e
l’emozione: l’impulsività di Marianne è
all’origine di scelte sbagliate, mentre la
sorella Elinor, logica e razionale, sceglie fin
dall’inizio il marito giusto…
Esiste un contrasto insanabile tra ragione e
sentimento? Anni or sono Daniel Goleman
ha affrontato la differenza tra “mente
razionale” e “mente emozionale”,
spiegando come la prima sia una modalità
di comprensione della quale siamo
solitamente coscienti, mentre la seconda
sia un sistema di conoscenza impulsiva e
potente.
L’INTELLIGENZA EMOTIVA
I rapporti tra emozione e cognizione
dipendono da quelli tra la corteccia
cerebrale e il sistema limbico. La
corteccia cerebrale ha il compito di
integrare le reazioni dei nuclei del
sistema limbico coinvolti nell’emozione
e di paragonarle con quelle che hanno
avuto luogo nel passato in occasione di
eventi simili: in tal modo le informazioni
del presente vengono allacciate a quelle
del passato, il che assicura una
dimensione temporale alla memoria.
L’emozione conferisce così una
dimensione calda ai ricordi, fa sì che
essi non siano soltanto eventi ma eventi
significativi.
Immaginare e rappresentare
Secondo Allan Paivio la funzione immaginativa è autonoma
ed esiste una stretta interazione tra la componente visiva e la
componente verbale dell'immaginazione, così come l'influenza
di questa sulla capacità ed efficienza della memoria.
La teoria del doppio codice di Paivio assume che il
comportamento sia mediato da due sistemi in memoria a lungo
termine: uno verbale e l’altro immaginativo. Questi due
sistemi sono indipendenti ma interconnessi. Indipendenza
significa che ogni sistema può lavorare autonomamente: l’idea
che i due codici, visivo e verbale, siano indipendenti, implica
quindi che un elemento possa essere recuperato se il soggetto
ricorda il nome dell’oggetto, se ricorda la sua immagine o
entrambe le cose. Interconnessione significa invece che
l’informazione può essere facilmente tradotta da un codice a
un altro.
Cultura, cervello e mente.
Esistono “icone” dotate di vita propria, strutture in grado di
esprimere significati che possono essere colti tramite la
semiotica artistica.
Ernst Gombrich e Richard Gregory: gli schemi figurativi
danno all’immagine il valore di una codificazione che
elimina il concetto di una visione innocente e “naturale” dei
fatti visivi. Non esiste perciò soltanto una lettura artistica
basata sul significato delle forme (semiotica) ma anche sulla
psicologia della forma e della percezione: cultura, cervello e
mente sono alla base di ogni rappresentazione.
Le immagini aprono serrature biologiche.
Ernst Gombrich,1953: A cavallo di un manico di scopa,
Einaudi).
Esiste un rapporto metaforico tra realtà e rappresentazione, tra
il manico di scopa usato come cavalluccio dai bambini, e il
cavallo vero: è una rappresentazione per “sostituzione” [teoria
psicologica] in cui il bambino sceglie l’immagine minima
necessaria per sostituire il giocattolo con l’oggetto.
La rappresentazione artistica non dipende dalla mimesi,
dall’imitazione della forma esterna di un oggetto, ma da scelte
di requisiti minimi della funzione di rappresentare. “ Le
immagini sono chiavi, capaci per puro caso di aprire certe
serrature biologiche o psicologiche, altrimenti detto sono falsi
gettoni, capaci tuttavia di far funzionare il meccanismo”.
Le immagini mentali sono ben diverse rispetto alla
produzione di un’immagine: è attraverso uno schizzo,
l’osservazione e i rapporti con l’immagine prodotta
che l’artista coglie nuovi aspetti e possibilità.
LA MENTE ESTESA E LE
NEUROSCIENZE
Risorse al di fuori del cervello
Lo studio della mente deve limitarsi a un’analisi
del corpo, del cervello e del mondo naturale o
deve anche includere quei sussidi e mezzi
(penne, carta, computer, istituzioni) il cui il nostro
cervello apprende, matura e opera?
I sostenitori di una “mente estesa” puntano a
una concezione sistemica che dà spazio a quelle
parti della realtà esterna che funzionano come
un magazzino situato al di fuori del cervello.
Uno degli aspetti della mente estesa riguarda le immagini
mentali e la loro diversità rispetto alla produzione di
un’immagine.
Dopo aver osservato una figura ambigua
è difficile immaginarne i due diversi
aspetti: al contrario, è facile ricostruirla
disegnandola. L’immaginazione e la
costruzione attraverso il disegno sono ben
diverse: nel secondo caso la realtà viene
esteriorizzata…Chambers e Reisberg, 1985
Esteriorizzare il pensiero.
Perché c’è bisogno di fare un bozzetto? Perché non ci
basiamo soltanto sulle immagini mentali e non realizziamo
direttamente l’opera? Le immagini mentali sembrano fisse,
non ci consentono di scoprire nuove forme e componenti.
Il bozzetto non è soltanto una forma di memoria esterna ma
anche un modo per esteriorizzare e percepire in modo nuovo
la realtà, una strategia alla base del processo cognitivo
artistico.
La scomposizione è una forma di trasformazione
analitica che è difficile operare attraverso
un’immagine mentale.
Leeuwen et al., 1999
Una figura astratta non
può essere costruita
soltanto attraverso
l’immaginazione: è
necessario coglierne i
rapporti concretamente,
esteriorizzandola.
Van Leeuwen et al., 1999
La mente estesa
Parole, simboli, testi sono spesso alla base
delle strategie di soluzione dei problemi che
caratterizzano i cervelli biologici.
Clark e Chambers indicano come attraverso la
scrittura abbiamo la possibilità di “scaricare”
memorie dal nostro cervello e affidarle a una
varietà di media*. Questa possibilità non
modificherebbe soltanto la massa di dati che
possiamo maneggiare ma anche il tipo di
operazioni di cui è capace la nostra mente.
*A. Clark Mindware, Oxford U.P. 2001
Esteriorizzare il pensiero.
L’uso di carta e penna permetterebbe di risolvere
problemi lontani dalle caratteristiche del nostro
cervello che, ad esempio, è versato nel
riconoscere insiemi visivi o manipolare oggetti.
Anche le parole dovrebbero quindi essere
considerate parte della macchina cognitiva,
etichette attraverso cui viene esteriorizzata
un’idea.
Wideware, Mindware
Secondo Andy Clark, un passo fondamentale
dell’evoluzione cognitiva umana sarebbe il wideware
(mindware), una struttura allargata che dipende da varie
tecnologie cognitive in grado di espandere e dare nuova
forma al pensiero umano*. Più di tutte le altre specie
animali utilizziamo una struttura allargata non biologica
(strumenti, media, annotazioni), complemento delle
nostre capacità di elaborare l’informazione. Ciò ha
consentito il diffondersi di sistemi cognitivi estesi le cui
capacità sarebbero ben diverse e generalmente ben
superiori a quelle del puro e semplice cervello.
*A. Clark Mindware, Oxford U.P. 2001
Un “incastro” cognitivo.
Il linguaggio è la “tecnologia cognitiva” fondamentale che ha
dato origine a una valanga di sviluppi: secondo la concezione
della “mente estesa” gran parte dei raggiungimenti umani
possono essere spiegati con l’innesco di una cooperazione tra
cervelli e tecnologie cognitive da cui sono derivati ambienti
tecnologicamente arricchiti in cui (nuovi) cervelli e tecnologie
di seconda generazione producono un nuovo ambiente in cui
impara un nuovo tipo di cervelli e così via…
Strutture di transizione.
Gli scimpanzé sprovvisti di un allenamento di tipo simbolico
non sarebbero in grado di trattare problemi che comportano il
riconoscimento di relazioni di ordine superiore, l’identità e la
differenza. Quando gli animali si trovano al cospetto di due
(diverse) coppie di oggetti identici (due bicchieri e due
forchette) il compito di ordine superiore consiste nel giudicare
che le due coppie di oggetti sono caratterizzate dalla stessa
relazione, cioè che ci si trova di fronte a due casi o ricorrenze
dell’identità.
Etichette esterne e rappresentazione simbolica.
Il successo degli scimpanzé nel risolvere problemi di ordine
superiore dipenderebbe da una precedente esperienza con gettoni
simbolici “esterni”: quando si trovano di fronte a due oggetti
identici come due tazze, rintracciano una rappresentazione
mentale simbolica dell’identità (es. un disco rosso). Anche
l’esposizione a due altri oggetti identici (due forchette) porta al
rintraccio dello stesso gettone: a questo punto il compito di ordine
superiore (cogliere la relazione tra Bicchiere/Bicchiere e
Forchetta/Forchetta) viene ridotto a un compito di ordine inferiore,
vale a dire identificare due gettoni di plastica rossa come “lo
stesso”.
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