Aspetti simbolici, ipotesi teoriche, «filosofia» del Gold standard
1. ll legame tra quantità di oro e dimensione economica di un paese fornisce una illustrazione sintetica del tradizionale
ruolo simbolico dell’oro come segno di un potere sovrano e contribuisce a spiegare perché, nell’era del Gold standard, le
autorità dei principali paesi «centrali» facessero ogni sforzo per accumulare oro: oltre al desiderio di dotarsi di un elemento
di salvaguardia per fronteggiare squilibri esterni, l’elemento simbolico-dimostrativo delle riserve auree è indubbiamente un
fattore in gioco.
2. Fiducia nel meccanismo automatico di coordinamento del livello dei prezzi internazionali secondo la seguente catena causale:
a) Nel paese 1, ad es., una innovazione accelera la crescita; dato lo stock di moneta (basato sull’oro), i prezzi si riducono
b) I prezzi delle esportazioni di 1 si riducono rispetto a quelli di 2: aumenta la domanda di importazioni di 2, che riduce le esportazioni,
e si riduce la domanda di importazioni di 1, che aumenta le esportazioni
c) Si determina un flusso di oro dal paese 2 al paese 1 che riduce i prezzi in 2 e aumenta i prezzi in 1
d) L’effetto netto è un bilanciamento dei prezzi nei due paesi: si abbassano in 2 e aumentano in 1.
3. L’aggiustamento automatico rende inutile o dannoso l’intervento dello stato nell’economia
a) Non servono interventi di politica commerciale (favore per il libero scambio, opposizione al protezionismo)
b) Sono impossibili politiche macroeconomiche espansive: se un governo finanzia la spesa in deficit con creazione di moneta il paese
subirà un aumento dei prezzi che provocherà deflussi di oro che possono portare all’esaurimento delle riserve; la disciplina imposta
dalle variazioni della base aurea costringe il governo a ripianare il deficit
c) L’ipotesi di pieno impiego assicurato dalla flessibilità dei prezzi e dei salari rende superflue le politiche interne per l’occupazione
4. Equilibrio esterno ed equilibrio interno
a) L’accento sull’aggiustamento automatico della bilancia dei pagamenti e la libertà di movimento dei capitali comporta che nel Gold
standard la salvaguardia dell’equilibrio esterno prevalga sugli obblighi dei governi a difendere le condizioni interne
b) L’ancoraggio dei prezzi dei beni ad un metro monetario «fisso» e l’impegno delle autorità monetarie - in particolare di quelle dei
paesi «centrali» - a preservare il valore dell’oro, offre garanzie agli operatori nei mercati internazionali in un’epoca di presunto
laissez faire.
Dopo la prima guerra mondiale l’epoca del Gold Standard fu considerata come una specie di «età dell’oro» nella quale i
governanti erano guidati da una disciplina ferrea dettata dall’ancoraggio all’oro mentre l’economia, mossa dalla «mano
invisibile del mercato», seguiva un percorso di progresso e stabilità.
Liberismo economico (non intervento dello stato nell’economia)
Mobilità dei fattori (lavoro/migrazioni) capitali
Fiducia negli automatismi del mercato
Funzionamento del Gold standard: dalla teoria alla pratica
La prima condizione di validità del modello – legame tra base aurea e offerta di moneta – vale a rigori
solo quando la moneta è costituita interamente da circolante metallico.
L’oro, tuttavia, era solo una parte, piuttosto piccola, della massa monetaria, che includeva anche i
depositi e le passività della banca centrale (banconote). In questo caso il collegamento tra base aurea e
offerta di moneta è indebolito.
L’offerta di moneta era quindi rappresentata dalla relazione
M = PG · Au + C
dove C rappresenta il credito interno.
Il rapporto tra base aurea e offerta di moneta, e quindi tra base aurea e credito interno, è stato oggetto
di continue controversie teoriche e di politica economica nel XIX secolo, e, in pratica, è stato affrontato
con interventi istituzionali orientati a stabilire un rapporto approssimativamente costante tra base aurea
e moneta (M = PG Au/h)
In pratica le regole del gioco del Gold standard prevedevano che la Banca centrale muovesse il tasso di
sconto in risposta agli squilibri della bilancia dei pagamenti, aumentandolo in presenza di uno squilibrio
esterno così da ridurre il credito interno e ridurre ulteriormente i prezzi favorendo l’aggiustamento
esterno, e riducendolo in presenza di un avanzo commerciale.
La storia mostra che questa non è una accurata rappresentazione del funzionamento del sistema.
1) Il modello prevede che le esportazioni e le importazioni di merci si muovano generalmente in
direzione opposte per garantire l’equilibrio esterno. L’esperienza storica, anche nel periodo
pre-1914, suggerisce «un altissimo grado di parallelismo fra le fluttuazioni delle esportazioni e
delle importazioni di qualsiasi paese» (Triffin)
2) Gli aggiustamenti verso il basso dei salari erano di solito insufficienti per ripristinare l’equilibrio
interno: le fluttuazioni economiche si manifestavano in ampie oscillazione dell’economia
reale e del tasso di disoccupazione. La mancanza di politiche sociali e di welfare, dovute alla
debolezza del mondo del lavoro e alla natura non democratica dei paesi, costituiva un fattore
stabilizzatore del sistema finanziario.
Tasso di disoccupazione in Inghilterra dal 1851 al 1911
14
12
10
8
6
4
2
0
Fonte: Pigou
Il dato è calcolato dalla fonti sindacali ed è probabilmente una sottostima
In alcuni periodi di crisi la
disoccupazione raggiungeva
livelli molto elevati, in
un’epoca in cui i lavoratori in
pratica non disponevano di
nessuna forma di protezione
sociale
3) Una delle presunte virtù del Gold standard è la stabilità dei prezzi.
Variazioni percentuali dei prezzi all’ingrosso 1816-1913
Stati Uniti
Gran Bretagna
Germania
Francia
La strada lastricata di oro nel film Il mago di Oz
A. Schwartz, Alternative monetary regimes
I prezzi esibirono invece fluttuazioni molto ampie anche se il livello tendeva a rimanere grosso modo stabile
La grande deflazione dei prezzi negli Stati Uniti tra il 1873 e il 1896 (crescita economica e insufficiente
produzione di oro determinano la caduta dei prezzi) provocò ampi movimenti populisti soprattutto nelle
campagne perché gli agricoltori, indebitati, erano ridotti sul lastrico a causa della deflazione. Il Greenback Party,
un partito populista di grande seguito, proponeva intorno al 1890 di aumentare l’offerta di moneta stampando
dollari senza «agganciarli» al metallo prezioso, e comunque preferibilmente all’argento che veniva prodotto in
quantità nel sud degli Stati Uniti
Il libro The Wonderful Wizard of Oz , di F. Baum (1900), da cui è tratto l’omonimo celebre film del 1939, riflette
questi orientamenti
4) I livelli dei prezzi dei diversi paesi, espressi in valuta comune, mostrano piuttosto comovimenti nella stessa direzione
piuttosto che i movimenti compensatori previsti dall’ipotesi di aggiustamenti bilaterali dei saldi commerciali
Fonte: Triffin
“In conclusione, il termine ‘gold
standard’ può difficilmente applicarsi
all’intero periodo, a causa del ruolo
predominante dell’argento nei primi
decenni [del XIX secolo] e della moneta
bancaria negli ultimi. Nel suo
complesso, il diciannovesimo secolo può
essere descritto in modo più preciso
come il secolo caratterizzato
dall’apparizione e dallo sviluppo di un
sistema monetario basato sulla moneta
fiduciaria (credit-money standard) e
dall’eutanasia delle monete d’oro e di
argento, piuttosto che come il secolo del
gold standard”
R. Triffin, Il sistema monetario
internazionale, Einaudi, 1973
5) Molto spesso le Banche centrali non rispettavano le regole del gioco: il rapporto tra offerta di moneta e base aurea non era
affatto automatico, ma richiedeva che le Banche centrali «accompagnassero» i movimenti dell’oro monetario,
riducendo/aumentando l’offerta di moneta interna in periodi di deflusso/afflusso di oro per preservare il tasso di cambio.
L’esperienza storica mostra invece che le Banche centrali (dei paesi centrali) erano interessate a contrastare i movimenti dell’oro
con politiche monetarie di «neutralizzazione».
In generale, erano più attive in periodi di deflussi di oro che in periodi di afflusso, a dimostrazione che esse era preoccupate per il
mantenimento delle riserve auree piuttosto che per l’ordinato funzionamento dei processi automatici di aggiustamento.
6) Gold standard e libero scambio: quanto «libero» lo scambio internazionale?
Le politiche commerciali erano in realtà
protezionistiche sebbene i dazi doganali non
fossero generalmente usati per correggere
squilibri temporanei della bilancia
commerciale. I dazi definivano una situazione
semipermanente alla quale i flussi
commerciali si adattavano.
Tutti i maggiori paesi del Gold standard,
ad eccezione della Gran Bretagna,
adottarono dazi doganali ad ampio
raggio sui prodotti agricoli e industriali
7) Importanza del movimento dei capitali versus aggiustamento automatico di saldi commerciali
I paesi “emergenti” sostenevano
ampi disavanzi delle partite correnti
finanziati con importazioni di
capitali dai paesi centrali
La Gran Bretagna
mantenne un persistente
disavanzo commerciale
che non fu quindi
riassorbito secondo
quanto previsto dalla
teoria liberoscambista
unita alla teoria
dell’aggiustamento delle
scorte monetarie, bensì
finanziato con proventi
degli investimenti esteri
A partire dal 1870 la Gran
Bretagna ottiene costanti e
elevati surplus nella bilancia dei
pagamenti grazie ai redditi
crescenti che derivavano da
precedenti investimenti e grazie
ai servizi (per lo più noli
marittimi, data la grande
rilevanza della marina
britannica)
Il surplus diventa la fonte degli
investimenti diretti all’estero.
Nello stesso tempo la bilancia
commerciale è sempre in
disavanzo, ad indicare che il
paese sta perdendo terreno nei
confronti delle potenze
economiche emergenti,
Germania e Stati Uniti.
Stima del capitale estero
posseduto dalla Gran Bretagna
(Ricordiamo il calcolo di Keynes nel
Trattato della moneta)
Nel 1870, quando prende avvio la
corsa verso il Gold standard, la Gran
Bretagna rappresenta il 64 per cento
di tutti gli investimenti diretti esteri: è
il «banchiere del mondo».
Ancora nel 1900 rappresenta il 50 per
cento, ma sono apparsi temibili
concorrenti come la Francia e la
Germania che insieme forniscono il
42 per cento degli investimenti diretti
all’estero.
Inghilterra, Francia e Germania sono
le tre grandi potenze imperiali che si
formano alla fine del XIX secolo.
(Si noti la comparsa degli Stati Uniti
come grande potenza finanziaria
dopo gli anni ‘30 del XX secolo)
8) I «successi» del Gold standard sono circoscritti ai paesi economicamente avanzati e, in parte, ai paesi collegati
da vincoli economici, finanziari e politici
Convergenza e divergenza nella prima globalizzazione
1850-1913
Belgio
300
100
India
150
Belgio
200
Regno Unito
250
Regno U.
50
India
0
1820
PIL pro capite reale, Regno Unito 1820 = 100
1900
Divari di reddito
limitati fino al
1800: nel
secolo XIX
prende avvio la
“grande
divergenza”
Quali la cause
della “grande
divergenza”?
DIGRESSIONE: DIVERGENZA GLOBALE NEL SECOLO XIX
Intorno al 1800 prende avvio la
«grande divergenza»
Nel 1800 le differenze di reddito
pro capite tra i diversi paesi erano
molto modeste.
Cina e India erano più sviluppate di
molte regioni europee.
Produttività agricola in alcune regioni del mondo prima
della rivoluzione industriale inglese
Digressione: divergenza globale nella storia economica
1830: prevalenza industriale dei paesi extraeuropei (Cina e India)
1830-1860: prevalenza industriale della Gran Bretagna
1860-1913: inizio del declino della Gran Bretagna come potenza industriale, crescita
della potenza industriale degli Stati Uniti e della Germania
Digressione: divergenza globale nella storia economica
Distribuzione del prodotto mondiale, 1820-1998
Percentuali per aree geopolitiche
Europa occidentale (1)
Nuovo mondo (2)
Stati Uniti
Giappone
Asia
(escluso Giappone)
America Latina
Europa Orientale ed ex
Unione Sovietica (3)
Africa
Mondo
1820
23,6
1,9
1,7
3,0
56,2
1870
33,6
10,2
8,5
2,3
36,0
1913
33,5
21,7
19,1
2,6
21,9
1950
26,3
30,6
27,2
3,0
15,5
1973
25,7
25,3
22,0
7,7
16,4
1998
20,6
25,1
21,9
7,7
29,5
2,0
8,8
2,5
11,7
4,5
13,1
7,9
13,1
8,7
12,9
8,7
5,3
4,5
100,0
3,7
100,0
2,7
100,0
3,6
100,0
3,3
100,0
3,1
100,0
1, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia,
Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito
2, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, Australia.
3, Albania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Romania, Yugoslavia, ex Unione Sovietica
Fonte:A. Maddison The World Economy. A Millennial Persective, OCDE, Parigi, 2001
Digressione: divergenza globale nella storia economica
Rappresentare la diseguaglianza internazionale
Tre nozioni di diseguaglianza
1) Intercountry inequality (tre paesi, tre individui rappresentativi con redditi medi
2) International inequality: è inclusa l’intera popolazione, ciascun individuo con il reddito medio
Lituania
Spagna
Giappone
1  n  y 
 ln  
n  i 1  y i 
3) Global inequality: tutti gli individui con redditi individuali
Digressione: divergenza globale nella storia economica
Durante la «prima globalizzazione»
capitalistica si forma il «terzo mondo»
M. Davies, Olocausti tardovittoriani,
Feltrinelli
K. Pommeranz, La grande divergenza,
il Mulino
La diseguaglianza mondiale e le sue componenti: 1820-2000
y
1
 ln 
n
y
n
i 1
i



Digressione: divergenza globale nella storia economica
Sintesi
Dopo la prima guerra mondiale l’epoca del Gold Standard fu considerata come una specie di «età dell’oro» nella quale i
governanti erano guidati da una disciplina ferrea dettata dall’ancoraggio all’oro mentre l’economia, mossa dalla «mano
invisibile del mercato», seguiva un percorso di progresso e stabilità.
Questa storia è falsa
«Il sistema monetario internazionale che si sviluppò [tra il 1880 e il 1913] non ebbe se non in misura lievissima le
caratteristiche che a esso vollero attribuire gli economisti postbellici, alla ricerca di una impossibile formula magica
con la quale ridar vita al sistema economico internazionale mandato in pezzi dalla guerra. [I responsabili della
politica economica dell’era del Gold standard classico] non ebbero in nessun caso l’intenzione di agganciare i loro
paesi a un sistema monetario internazionale che funzionasse automaticamente , dando luogo a una sorta di
meritocrazia economica internazionale, basata sulle differenze di prezzi e di tassi d’interesse. Ci sì servì dell’argento
fin a quando la sua inflazione non divenne intollerabile. Si cercò, con il passaggio all’oro, di difendersi dalla
impressionante discesa dei prezzi delle materie prime e dell’argento stesso. Là dove la classe che deteneva il potere
poteva trarre beneficio dall’argento o dal corso forzoso, essa si guardò bene (quando non fece, per sua inesperienza,
errori) dall’aderire all’oro e, quando lo fece, ciò avvenne per la necessità di ottenere crediti politici all’interno o
crediti economici all’esterno. E, come le classi dirigenti avevano aderito all’oro nei decenni attorno al 1900, così se
ne sarebbero separate, quando esso non giovava ai loro interessi, durante e dopo la prima guerra mondiale. [Il Gold
standard si] rivela tutt’altro che uno svolgersi automatico di fatti economici internazionali. I governi dei vari stati
adottarono, sempre in piena coscienza, le politiche economiche che meglio servivano gli interessi di cui erano
espressione»
M. De Cecco, Moneta e impero
(Obstfeld e Taylor)
Una delle più importanti caratteristiche del periodo del Gold Standard è costituito dal clima politico,
filosofico e intellettuale in cui esso poté manifestarsi.
Un mondo liberale con interventi minimo dello stato in un’epoca di crescita economica assicurata dalla II seconda
rivoluzione industriale, in un contesto di flessibilità dei mercati del lavoro e di assoluta libertà di movimento dei
capitali.
Nell’Europa fatta a pezzi dalla prima guerra mondiale quell’epoca restituiva l’immagine di un periodo scintillante: i
parigini rimpiangevano la Belle epoque come un periodo di egemonia culturale a livello globale, la Germania
guglielmina era quella della crescente ricchezza degli emergenti ceti imprenditoriali (I Buddenbrook di Thomas Mann
è del 1901), Londra era il centro di un vasto impero, centro della finanza mondiale.
La visione di Keynes è quella delle classi privilegiate. La
situazione generale era ben diversa. Ci fu sì crescita
economica, ma essa non fu per tutti eguale e non fu senza
costi sociali ed economici per vasti strati della popolazione.
Nel periodo cui si riferisce Keynes si sviluppa in Inghilterra e
negli Stati Uniti una ampia letteratura sociale, romanzi sociali
ma anche vere e proprie indagini, che trattano le condizioni
deplorevoli di gran parte della popolazione in quegli anni di
progresso economico.
Nel 1902 lo scrittore Jack London trascorre tre settimane a
Londra vivendo a stretto contatto con le comunità popolari e
operaie di quella città. Ne trae il Popolo dell’abisso uno
straordinario rapporto «sociologico» sulle condizioni di vita
nel paese che era allora egemone nell’economia mondiale
Nelle Conseguenze economiche della pace (1919) Keynes descrive l’Europa uscita dalla guerra
e la confronta con l’Età dell’oro precedente la guerra….
Confrontate questa rappresentazione con l’immagine di Keynes del «londinese che poteva ordinare per
telefono, sorbendo in letto la mattutina tazza di tè, i più disparati prodotti esistenti nel mondo, etc.»
Una telefonata di tre minuti a Londra intorno al 1900 costava 2 pence che equivalgono grosso modo a 6-7
euro odierni (in termini di potere d’acquisto). 100-200 minuti di telefonate al mese equivalevano facilmente al
salario mensile di gran parte dei lavoratori.
Negli Stati Uniti nel 1900 una telefonata di tre minuti tra New York e Chicago costava come una notte in un
albergo a cinque stelle a New York.
Questa è l’immagine di Jack London.
In realtà a Keynes non sfuggivano le condizioni particolari
nascoste nello sviluppo economico dell’epoca del Gold
Standard…
Tre aspetti permettono di caratterizzare l’epoca del Gold Standard
1) Qualità della partecipazione politica
2) Natura e dimensione dell’intervento pubblico nell’economia
3) Diseguaglianza
Partecipazione politica
25
20
15
10
5
1810
1814
1818
1822
1826
1830
1834
1838
1842
1846
1850
1854
1858
1862
1866
1870
1874
1878
1882
1886
1890
1894
1898
1902
1906
1910
0
Regno Unito
Francia
Svezia
Germania
Percentuale di popolazione con diritto di voto, 1810-1913, con partiti in competizione elettorale
La finanza pubblica era generalmente regressiva, le entrate dello stato provenivano da imposte sui
consumi, spesso su beni di largo consumo (farine, pane), e, in parte, dai dazi doganali. Il prelievo
da imposte dirette era secondario, per lo più da redditi fondiari o imposte di successione.
In Germania nel 1913 metà delle entrate dello stato erano procurate dai proventi di imprese
pubbliche (!), le entrate doganali rappresentavano 8-10 per cento del reddito nazionale; anche la
Gran Bretagna, formalmente liberoscambista, otteneva un gettito dai dazi che, in alcuni periodi,
raggiungeva il 5 per cento del Pil.
Nel complesso i ricchi pagavano poche
tasse prima della prima guerra
mondiale
Elevata diseguaglianza nell’epoca del Gold standard
Nel primo decennio del XX secolo l’1 per cento della popolazione
guadagnava un quinto del reddito prodotto in un anno
Tra la fine della prima guerra mondiale e il 1980 questa quota è
diminuita (tendenza storica verso una maggiore eguaglianza
distributiva); dopo il 1980 nei paesi anglosassoni la diseguaglianza è
tornata ai livelli del Gold Standard
Nei paesi europei e in Giappone la diseguaglianza
era analoga a quella dei paesi anglosassoni prima
della prima guerra mondiale, è diminuita come nei
paesi anglosassoni, ma è generalmente aumentata
meno negli ultimi 30 anni
Prima della prima guerra mondiale
l’ammontare di ricchezza trasmesso
dai genitori ai discendenti
rappresentava tra un quarto e
quinto del pil
Dopo la seconda guerra mondiale la
quota è scesa sotto il 6 per cento, per
tornare a crescere dopo il 1980
Critica keynesiana al modello classico del Gold standard
Dopo la prima guerra mondiale Keynes interviene nel dibattito pubblico di politica economica contro
gli orientamenti favorevoli al Gold standard. Keynes sviluppa 5 argomenti principali.
1) L’oro è una «barbara reliquia»
J. M. Keynes, Esortazioni e profezie
Critica keynesiana al modello classico del Gold standard
2) L’oro è troppo scarso per servire come metro del potere d’acquisto
La stabilità del livello dei prezzi nel lungo
periodo (compatibile con ampie fluttuazioni
nel breve periodo) è un indizio dell’effetto
deflazionistico dell’ancoraggio al metallo
Critica keynesiana al modello classico del Gold standard
3) L’aggancio all’oro «lega» le mani ai responsabili della politica economica (politica non sempre appropriata!)
La prima guerra mondiale fa ovviamente saltare per aria il Gold standard (per dire il meno); Londra tenta fino all’ultimo di
preservare la convertibilità della sterlina (contano anche ragioni di prestigio). Con la guerra gli scambi e le relazioni economiche
precipitano, il debito pubblico aumenta in tutti i paesi coinvolti. La guerra e l’immediato periodo post bellico sono anni di
turbolenze politiche e di disordine monetario. Coloro che auspicano il ritorno al Gold standard immaginano di poter ripristinare per
tale via la (presunta) stabilità di anteguerra e di bloccare le tendenze «inflazionistiche» dei governi. Keynes replica ….
Critica keynesiana al modello classico del Gold standard
Keynes spiega il disordine monetario del dopoguerra non
con l’adozione di standard non metallici, bensì spiega
l’adozione degli standard non metallici come la
conseguenza delle difficoltà eccezionali create dalla guerra.
In «tempi normali» - secondo Keynes - uno standard non
metallico può certamente funzionare senza turbolenze ed
essere regolato come altri aspetti della vita economica
4) Il Gold standard implica la perdita di autonomia per un paese «periferico»
Prima della prima guerra mondiale la Gran Bretagna era la potenza egemone: militare, economica, finanziaria. Aveva
margini di flessibilità nella conduzione della sua politica economica. Poteva rialzare il livello dei prezzi interni con una
espansione monetaria e questa non avrebbe necessariamente comportato fuoriuscita di oro perché la Gran Bretagna
avrebbe potuto compensare la riduzione dell’avanza corrente con una riduzione degli investimenti all’estero. Inoltre,
se la Gran Bretagna aumentava il tasso di sconto era probabile che gli altri paesi si sarebbero adattati, data la
preminenza finanziaria della City. In altri termini, una riduzione del tasso di sconto non comportava necessariamente
una perdita di riserve nella misura in cui gli altri paesi si fossero adeguati alla mossa di Londra.
Chiaramente questa flessibilità era preclusa ai paesi periferici, destinatari degli investimenti e non in grado di
influenzare la politica britannica
Dopo la guerra la posizione inglese cambia radicalmente.
1) Il paese entra in guerra in una posizione creditoria, soprattutto verso gli Stati Uniti (investimenti inglesi nelle
ferrovie americane etc.) ne esce in una posizione debitoria, soprattutto verso gli Stati Uniti (che hanno sostenuto
lo sforzo bellico inglese
2) Gli Stati Uniti escono dalla guerra con una posizione internazionale molto forte.
Saldi commerciali in % delle importazioni
Prestiti degli Stati Uniti (milioni di dollari)
Gran Bretagna
Francia
Italia
Stati Uniti
1914
-24,5
-23,9
-24,9
25,8
1918
-59,6
-78,8
-79,4
106,4
Critica keynesiana al modello classico del Gold standard
Francia e Gran Bretagna
Russia e Italia
1915-1917
2102
75
1917-1919
7157
1809
PIL Regno Unito, Francia Italia come
frazione del Pil degli Stati Uniti
0,95
0,9
0,85
0,8
0,75
0,7
0,65
0,6
0,55
0,5
1913
1920
Gli Stati Uniti escono economicamente
fortemente rafforzati dalla prima
guerra mondiale
Mentre gli squilibri della guerra furono
temporanei, il cambiamento nei flussi
commerciali fu permanente
I paesi europei perdono quote nei
mercati tradizionali di sbocco, gli Stati
Uniti, con una industria rafforzata dallo
sforzo bellico, riescono a penetrare nei
mercati tradizionali dei paesi europei
Nei mercati orientali i paesi europei si
trovano a fronteggiare la nuova
concorrenza del Giappone
Le esportazioni dei paesi extraeuropei
raddoppiano tra il 1913 e il 1928
Keynes sottolinea che la posizione della Gran Bretagna, centrale prima
della guerra nell’arena internazionale, è debole dopo la guerra. Il Gold
standard che prima della guerra era la bandiera dell’Inghilterra, diventa
una gabbia dopo la guerra
Critica keynesiana al modello classico del Gold standard
Unire strettamente un paese indebolito come la Gran Bretagna ad un paese grande diventato egemone
significa «consegnare la nostra libertà di azione al Federal Reserve Board degli Stati Uniti»
Critica keynesiana al modello classico del Gold standard
5) Il Gold standard significa sacrificare l’equilibrio interno all’equilibrio esterno
(critica decisiva  anticipa la Teoria Generale)
La teoria quantitativa postula che una riduzione dell’offerta di moneta riduca i prezzi; in ipotesi di flessibilità dei
salari l’aggiustamento dei prezzi lascia invariato il livello di occupazione.
Argomento classico  una minore quantità di moneta di fronte ad una, inizialmente invariata quantità di beni,
spinge in basso i prezzi  la riduzione dei prezzi induce i residenti a comprare merci nazionali invece di merci
d’importazione  i prezzi inferiori riducono i costi di produzione per le imprese esportatrici che possono quindi
aumentare le esportazioni  migliora la bilancia commerciale
Keynes critica questa ipotesi e nella Teoria Generale fornisce un’argomentazione completa delle ragioni per cui
essa è sbagliata, osservando che l’ipotesi che la quantità di beni resti invariata postula esattamente quello che
deve essere dimostrato.
Il punto di partenza dell’argomento keynesiano è: in che modo la politica di restrizione monetaria della Banca
Centrale, provocata ad es. da un deflusso di oro, modifica i prezzi lasciando invariate le quantità prodotte?
Ovvero: in che modo la Banca Centrale modifica l’offerta di moneta?
Risposta di Keynes: rendendo più caro il credito ai consumatori, riducendo il ricorso agli scoperti di conto corrente,
e rendendo più caro il credito alle imprese
Quindi una riduzione dell’offerta di moneta mette in moto il processo del moltiplicatore: una famiglia pospone
l’acquisto di nuovo tappeto, il venditore del tappeto chiede ai clienti di pagare in anticipo le rate, le imprese che
non vendono tappeti licenziano lavoratori etc. Di qui la conclusione di Keynes: il Gold standard è basato su un
meccanismo che promuove l’aggiustamento esterno a scapito dell’equilibrio interno. I prezzi cadono, ma non
come mezzo che impedisce la caduta del reddito reale, ma come conseguenza della caduta del reddito reale.
Critica keynesiana al modello classico del Gold standard
La conclusione è dunque questa:
E’ ovvio che una riduzione dei prezzi (e dei salari) interni potrebbe avere un effetto curativo sullo
squilibrio esterno segnalato dal deflusso di oro, ed è probabile che la riduzione dell’offerta di moneta
provocata per controbilanciare il deflussi di oro riduca i prezzi, ma la riduzione dei prezzi è piuttosto la
conseguenza della riduzione della domanda aggregata che, riducendo le importazioni, migliora il saldo
commerciale.
Ha scritto Roy Harrod, economista inglese della scuola keynesiana, collega e amico di Keynes:
La linea centrale di attacco di Keynes [al Gold Standard] è che è intollerabile che un sistema economico
necessiti, come suo modo normale di funzionamento, della periodica creazione artificiale di
disoccupazione. Questa critica ha rilevanza contro ogni sistema monetario – gold standard o altri
regimi di cambi fissi […]; alternativamente, Keynes era disposto a rinunciare alla critica al sistema
monetario – gold standard o qualsiasi altro – se solo fosse possibile trovare un altro mezzo, diverso
dalla deflazione e della creazione della disoccupazione, per mantenere fissi i tassi di cambio in
presenza di uno squilibrio della bilancia dei pagamenti.
Keynes è convinto che la deflazione per ripristinare l’equilibrio esterno sia sbagliata in punto di teoria, ma sia
anche censurabile da un punto di vista politico, perché dopo la prima guerra mondiale le classi popolari non
sono più disposte a subire i costi degli alti e bassi della congiuntura necessari per stabilizzare il valore
esterno della moneta.
Partecipazione politica
70
60
50
40
30
20
10
0
-10
Regno Unito
Svezia
Francia
Germania
Dopo la prima guerra mondiale viene esteso il diritto di voto alle classi popolari
Nel 1925 il governo guidato da Winston Churchill ripristina il
Gold standard nel Regno Uniti. Keynes attaccò quella scelta in
alcuni memorabili interventi pubblici, sostenendo che
l’aggancio della sterlina all’oro avrebbe comportato le
conseguenze depressive tipiche del regime di Gold standard
che, per difendere il tasso di cambio, sacrificava l’equilibrio
interno.
Quelle pagine di Keynes sono un documento straordinario di
acume teorico e di passione civile
J. M. Keynes, Le conseguenze economiche di Churchill, (1925)