Aspetti simbolici, ipotesi teoriche, «filosofia» del Gold standard 1. ll legame tra quantità di oro e dimensione economica di un paese fornisce una illustrazione sintetica del tradizionale ruolo simbolico dell’oro come segno di un potere sovrano e contribuisce a spiegare perché, nell’era del Gold standard, le autorità dei principali paesi «centrali» facessero ogni sforzo per accumulare oro: oltre al desiderio di dotarsi di un elemento di salvaguardia per fronteggiare squilibri esterni, l’elemento simbolico-dimostrativo delle riserve auree è indubbiamente un fattore in gioco. 2. Fiducia nel meccanismo automatico di coordinamento del livello dei prezzi internazionali secondo la seguente catena causale: a) Nel paese 1, ad es., una innovazione accelera la crescita; dato lo stock di moneta (basato sull’oro), i prezzi si riducono b) I prezzi delle esportazioni di 1 si riducono rispetto a quelli di 2: aumenta la domanda di importazioni di 2, che riduce le esportazioni, e si riduce la domanda di importazioni di 1, che aumenta le esportazioni c) Si determina un flusso di oro dal paese 2 al paese 1 che riduce i prezzi in 2 e aumenta i prezzi in 1 d) L’effetto netto è un bilanciamento dei prezzi nei due paesi: si abbassano in 2 e aumentano in 1. 3. L’aggiustamento automatico rende inutile o dannoso l’intervento dello stato nell’economia a) Non servono interventi di politica commerciale (favore per il libero scambio, opposizione al protezionismo) b) Sono impossibili politiche macroeconomiche espansive: se un governo finanzia la spesa in deficit con creazione di moneta il paese subirà un aumento dei prezzi che provocherà deflussi di oro che possono portare all’esaurimento delle riserve; la disciplina imposta dalle variazioni della base aurea costringe il governo a ripianare il deficit c) L’ipotesi di pieno impiego assicurato dalla flessibilità dei prezzi e dei salari rende superflue le politiche interne per l’occupazione 4. Equilibrio esterno ed equilibrio interno a) L’accento sull’aggiustamento automatico della bilancia dei pagamenti e la libertà di movimento dei capitali comporta che nel Gold standard la salvaguardia dell’equilibrio esterno prevalga sugli obblighi dei governi a difendere le condizioni interne b) L’ancoraggio dei prezzi dei beni ad un metro monetario «fisso» e l’impegno delle autorità monetarie - in particolare di quelle dei paesi «centrali» - a preservare il valore dell’oro, offre garanzie agli operatori nei mercati internazionali in un’epoca di presunto laissez faire. Dopo la prima guerra mondiale l’epoca del Gold Standard fu considerata come una specie di «età dell’oro» nella quale i governanti erano guidati da una disciplina ferrea dettata dall’ancoraggio all’oro mentre l’economia, mossa dalla «mano invisibile del mercato», seguiva un percorso di progresso e stabilità. Liberismo economico (non intervento dello stato nell’economia) Mobilità dei fattori (lavoro/migrazioni) capitali Fiducia negli automatismi del mercato Funzionamento del Gold standard: dalla teoria alla pratica La prima condizione di validità del modello – legame tra base aurea e offerta di moneta – vale a rigori solo quando la moneta è costituita interamente da circolante metallico. L’oro, tuttavia, era solo una parte, piuttosto piccola, della massa monetaria, che includeva anche i depositi e le passività della banca centrale (banconote). In questo caso il collegamento tra base aurea e offerta di moneta è indebolito. L’offerta di moneta era quindi rappresentata dalla relazione M = PG · Au + C dove C rappresenta il credito interno. Il rapporto tra base aurea e offerta di moneta, e quindi tra base aurea e credito interno, è stato oggetto di continue controversie teoriche e di politica economica nel XIX secolo, e, in pratica, è stato affrontato con interventi istituzionali orientati a stabilire un rapporto approssimativamente costante tra base aurea e moneta (M = PG Au/h) In pratica le regole del gioco del Gold standard prevedevano che la Banca centrale muovesse il tasso di sconto in risposta agli squilibri della bilancia dei pagamenti, aumentandolo in presenza di uno squilibrio esterno così da ridurre il credito interno e ridurre ulteriormente i prezzi favorendo l’aggiustamento esterno, e riducendolo in presenza di un avanzo commerciale. La storia mostra che questa non è una accurata rappresentazione del funzionamento del sistema. 1) Il modello prevede che le esportazioni e le importazioni di merci si muovano generalmente in direzione opposte per garantire l’equilibrio esterno. L’esperienza storica, anche nel periodo pre-1914, suggerisce «un altissimo grado di parallelismo fra le fluttuazioni delle esportazioni e delle importazioni di qualsiasi paese» (Triffin) 2) Gli aggiustamenti verso il basso dei salari erano di solito insufficienti per ripristinare l’equilibrio interno: le fluttuazioni economiche si manifestavano in ampie oscillazione dell’economia reale e del tasso di disoccupazione. La mancanza di politiche sociali e di welfare, dovute alla debolezza del mondo del lavoro e alla natura non democratica dei paesi, costituiva un fattore stabilizzatore del sistema finanziario. Tasso di disoccupazione in Inghilterra dal 1851 al 1911 14 12 10 8 6 4 2 0 Fonte: Pigou Il dato è calcolato dalla fonti sindacali ed è probabilmente una sottostima In alcuni periodi di crisi la disoccupazione raggiungeva livelli molto elevati, in un’epoca in cui i lavoratori in pratica non disponevano di nessuna forma di protezione sociale 3) Una delle presunte virtù del Gold standard è la stabilità dei prezzi. Variazioni percentuali dei prezzi all’ingrosso 1816-1913 Stati Uniti Gran Bretagna Germania Francia La strada lastricata di oro nel film Il mago di Oz A. Schwartz, Alternative monetary regimes I prezzi esibirono invece fluttuazioni molto ampie anche se il livello tendeva a rimanere grosso modo stabile La grande deflazione dei prezzi negli Stati Uniti tra il 1873 e il 1896 (crescita economica e insufficiente produzione di oro determinano la caduta dei prezzi) provocò ampi movimenti populisti soprattutto nelle campagne perché gli agricoltori, indebitati, erano ridotti sul lastrico a causa della deflazione. Il Greenback Party, un partito populista di grande seguito, proponeva intorno al 1890 di aumentare l’offerta di moneta stampando dollari senza «agganciarli» al metallo prezioso, e comunque preferibilmente all’argento che veniva prodotto in quantità nel sud degli Stati Uniti Il libro The Wonderful Wizard of Oz , di F. Baum (1900), da cui è tratto l’omonimo celebre film del 1939, riflette questi orientamenti 4) I livelli dei prezzi dei diversi paesi, espressi in valuta comune, mostrano piuttosto comovimenti nella stessa direzione piuttosto che i movimenti compensatori previsti dall’ipotesi di aggiustamenti bilaterali dei saldi commerciali Fonte: Triffin “In conclusione, il termine ‘gold standard’ può difficilmente applicarsi all’intero periodo, a causa del ruolo predominante dell’argento nei primi decenni [del XIX secolo] e della moneta bancaria negli ultimi. Nel suo complesso, il diciannovesimo secolo può essere descritto in modo più preciso come il secolo caratterizzato dall’apparizione e dallo sviluppo di un sistema monetario basato sulla moneta fiduciaria (credit-money standard) e dall’eutanasia delle monete d’oro e di argento, piuttosto che come il secolo del gold standard” R. Triffin, Il sistema monetario internazionale, Einaudi, 1973 5) Molto spesso le Banche centrali non rispettavano le regole del gioco: il rapporto tra offerta di moneta e base aurea non era affatto automatico, ma richiedeva che le Banche centrali «accompagnassero» i movimenti dell’oro monetario, riducendo/aumentando l’offerta di moneta interna in periodi di deflusso/afflusso di oro per preservare il tasso di cambio. L’esperienza storica mostra invece che le Banche centrali (dei paesi centrali) erano interessate a contrastare i movimenti dell’oro con politiche monetarie di «neutralizzazione». In generale, erano più attive in periodi di deflussi di oro che in periodi di afflusso, a dimostrazione che esse era preoccupate per il mantenimento delle riserve auree piuttosto che per l’ordinato funzionamento dei processi automatici di aggiustamento. 6) Gold standard e libero scambio: quanto «libero» lo scambio internazionale? Le politiche commerciali erano in realtà protezionistiche sebbene i dazi doganali non fossero generalmente usati per correggere squilibri temporanei della bilancia commerciale. I dazi definivano una situazione semipermanente alla quale i flussi commerciali si adattavano. Tutti i maggiori paesi del Gold standard, ad eccezione della Gran Bretagna, adottarono dazi doganali ad ampio raggio sui prodotti agricoli e industriali 7) Importanza del movimento dei capitali versus aggiustamento automatico di saldi commerciali I paesi “emergenti” sostenevano ampi disavanzi delle partite correnti finanziati con importazioni di capitali dai paesi centrali La Gran Bretagna mantenne un persistente disavanzo commerciale che non fu quindi riassorbito secondo quanto previsto dalla teoria liberoscambista unita alla teoria dell’aggiustamento delle scorte monetarie, bensì finanziato con proventi degli investimenti esteri A partire dal 1870 la Gran Bretagna ottiene costanti e elevati surplus nella bilancia dei pagamenti grazie ai redditi crescenti che derivavano da precedenti investimenti e grazie ai servizi (per lo più noli marittimi, data la grande rilevanza della marina britannica) Il surplus diventa la fonte degli investimenti diretti all’estero. Nello stesso tempo la bilancia commerciale è sempre in disavanzo, ad indicare che il paese sta perdendo terreno nei confronti delle potenze economiche emergenti, Germania e Stati Uniti. Stima del capitale estero posseduto dalla Gran Bretagna (Ricordiamo il calcolo di Keynes nel Trattato della moneta) Nel 1870, quando prende avvio la corsa verso il Gold standard, la Gran Bretagna rappresenta il 64 per cento di tutti gli investimenti diretti esteri: è il «banchiere del mondo». Ancora nel 1900 rappresenta il 50 per cento, ma sono apparsi temibili concorrenti come la Francia e la Germania che insieme forniscono il 42 per cento degli investimenti diretti all’estero. Inghilterra, Francia e Germania sono le tre grandi potenze imperiali che si formano alla fine del XIX secolo. (Si noti la comparsa degli Stati Uniti come grande potenza finanziaria dopo gli anni ‘30 del XX secolo) 8) I «successi» del Gold standard sono circoscritti ai paesi economicamente avanzati e, in parte, ai paesi collegati da vincoli economici, finanziari e politici Convergenza e divergenza nella prima globalizzazione 1850-1913 Belgio 300 100 India 150 Belgio 200 Regno Unito 250 Regno U. 50 India 0 1820 PIL pro capite reale, Regno Unito 1820 = 100 1900 Divari di reddito limitati fino al 1800: nel secolo XIX prende avvio la “grande divergenza” Quali la cause della “grande divergenza”? DIGRESSIONE: DIVERGENZA GLOBALE NEL SECOLO XIX Intorno al 1800 prende avvio la «grande divergenza» Nel 1800 le differenze di reddito pro capite tra i diversi paesi erano molto modeste. Cina e India erano più sviluppate di molte regioni europee. Produttività agricola in alcune regioni del mondo prima della rivoluzione industriale inglese Digressione: divergenza globale nella storia economica 1830: prevalenza industriale dei paesi extraeuropei (Cina e India) 1830-1860: prevalenza industriale della Gran Bretagna 1860-1913: inizio del declino della Gran Bretagna come potenza industriale, crescita della potenza industriale degli Stati Uniti e della Germania Digressione: divergenza globale nella storia economica Distribuzione del prodotto mondiale, 1820-1998 Percentuali per aree geopolitiche Europa occidentale (1) Nuovo mondo (2) Stati Uniti Giappone Asia (escluso Giappone) America Latina Europa Orientale ed ex Unione Sovietica (3) Africa Mondo 1820 23,6 1,9 1,7 3,0 56,2 1870 33,6 10,2 8,5 2,3 36,0 1913 33,5 21,7 19,1 2,6 21,9 1950 26,3 30,6 27,2 3,0 15,5 1973 25,7 25,3 22,0 7,7 16,4 1998 20,6 25,1 21,9 7,7 29,5 2,0 8,8 2,5 11,7 4,5 13,1 7,9 13,1 8,7 12,9 8,7 5,3 4,5 100,0 3,7 100,0 2,7 100,0 3,6 100,0 3,3 100,0 3,1 100,0 1, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito 2, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, Australia. 3, Albania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Romania, Yugoslavia, ex Unione Sovietica Fonte:A. Maddison The World Economy. A Millennial Persective, OCDE, Parigi, 2001 Digressione: divergenza globale nella storia economica Rappresentare la diseguaglianza internazionale Tre nozioni di diseguaglianza 1) Intercountry inequality (tre paesi, tre individui rappresentativi con redditi medi 2) International inequality: è inclusa l’intera popolazione, ciascun individuo con il reddito medio Lituania Spagna Giappone 1 n y ln n i 1 y i 3) Global inequality: tutti gli individui con redditi individuali Digressione: divergenza globale nella storia economica Durante la «prima globalizzazione» capitalistica si forma il «terzo mondo» M. Davies, Olocausti tardovittoriani, Feltrinelli K. Pommeranz, La grande divergenza, il Mulino La diseguaglianza mondiale e le sue componenti: 1820-2000 y 1 ln n y n i 1 i Digressione: divergenza globale nella storia economica Sintesi Dopo la prima guerra mondiale l’epoca del Gold Standard fu considerata come una specie di «età dell’oro» nella quale i governanti erano guidati da una disciplina ferrea dettata dall’ancoraggio all’oro mentre l’economia, mossa dalla «mano invisibile del mercato», seguiva un percorso di progresso e stabilità. Questa storia è falsa «Il sistema monetario internazionale che si sviluppò [tra il 1880 e il 1913] non ebbe se non in misura lievissima le caratteristiche che a esso vollero attribuire gli economisti postbellici, alla ricerca di una impossibile formula magica con la quale ridar vita al sistema economico internazionale mandato in pezzi dalla guerra. [I responsabili della politica economica dell’era del Gold standard classico] non ebbero in nessun caso l’intenzione di agganciare i loro paesi a un sistema monetario internazionale che funzionasse automaticamente , dando luogo a una sorta di meritocrazia economica internazionale, basata sulle differenze di prezzi e di tassi d’interesse. Ci sì servì dell’argento fin a quando la sua inflazione non divenne intollerabile. Si cercò, con il passaggio all’oro, di difendersi dalla impressionante discesa dei prezzi delle materie prime e dell’argento stesso. Là dove la classe che deteneva il potere poteva trarre beneficio dall’argento o dal corso forzoso, essa si guardò bene (quando non fece, per sua inesperienza, errori) dall’aderire all’oro e, quando lo fece, ciò avvenne per la necessità di ottenere crediti politici all’interno o crediti economici all’esterno. E, come le classi dirigenti avevano aderito all’oro nei decenni attorno al 1900, così se ne sarebbero separate, quando esso non giovava ai loro interessi, durante e dopo la prima guerra mondiale. [Il Gold standard si] rivela tutt’altro che uno svolgersi automatico di fatti economici internazionali. I governi dei vari stati adottarono, sempre in piena coscienza, le politiche economiche che meglio servivano gli interessi di cui erano espressione» M. De Cecco, Moneta e impero (Obstfeld e Taylor) Una delle più importanti caratteristiche del periodo del Gold Standard è costituito dal clima politico, filosofico e intellettuale in cui esso poté manifestarsi. Un mondo liberale con interventi minimo dello stato in un’epoca di crescita economica assicurata dalla II seconda rivoluzione industriale, in un contesto di flessibilità dei mercati del lavoro e di assoluta libertà di movimento dei capitali. Nell’Europa fatta a pezzi dalla prima guerra mondiale quell’epoca restituiva l’immagine di un periodo scintillante: i parigini rimpiangevano la Belle epoque come un periodo di egemonia culturale a livello globale, la Germania guglielmina era quella della crescente ricchezza degli emergenti ceti imprenditoriali (I Buddenbrook di Thomas Mann è del 1901), Londra era il centro di un vasto impero, centro della finanza mondiale. La visione di Keynes è quella delle classi privilegiate. La situazione generale era ben diversa. Ci fu sì crescita economica, ma essa non fu per tutti eguale e non fu senza costi sociali ed economici per vasti strati della popolazione. Nel periodo cui si riferisce Keynes si sviluppa in Inghilterra e negli Stati Uniti una ampia letteratura sociale, romanzi sociali ma anche vere e proprie indagini, che trattano le condizioni deplorevoli di gran parte della popolazione in quegli anni di progresso economico. Nel 1902 lo scrittore Jack London trascorre tre settimane a Londra vivendo a stretto contatto con le comunità popolari e operaie di quella città. Ne trae il Popolo dell’abisso uno straordinario rapporto «sociologico» sulle condizioni di vita nel paese che era allora egemone nell’economia mondiale Nelle Conseguenze economiche della pace (1919) Keynes descrive l’Europa uscita dalla guerra e la confronta con l’Età dell’oro precedente la guerra…. Confrontate questa rappresentazione con l’immagine di Keynes del «londinese che poteva ordinare per telefono, sorbendo in letto la mattutina tazza di tè, i più disparati prodotti esistenti nel mondo, etc.» Una telefonata di tre minuti a Londra intorno al 1900 costava 2 pence che equivalgono grosso modo a 6-7 euro odierni (in termini di potere d’acquisto). 100-200 minuti di telefonate al mese equivalevano facilmente al salario mensile di gran parte dei lavoratori. Negli Stati Uniti nel 1900 una telefonata di tre minuti tra New York e Chicago costava come una notte in un albergo a cinque stelle a New York. Questa è l’immagine di Jack London. In realtà a Keynes non sfuggivano le condizioni particolari nascoste nello sviluppo economico dell’epoca del Gold Standard… Tre aspetti permettono di caratterizzare l’epoca del Gold Standard 1) Qualità della partecipazione politica 2) Natura e dimensione dell’intervento pubblico nell’economia 3) Diseguaglianza Partecipazione politica 25 20 15 10 5 1810 1814 1818 1822 1826 1830 1834 1838 1842 1846 1850 1854 1858 1862 1866 1870 1874 1878 1882 1886 1890 1894 1898 1902 1906 1910 0 Regno Unito Francia Svezia Germania Percentuale di popolazione con diritto di voto, 1810-1913, con partiti in competizione elettorale La finanza pubblica era generalmente regressiva, le entrate dello stato provenivano da imposte sui consumi, spesso su beni di largo consumo (farine, pane), e, in parte, dai dazi doganali. Il prelievo da imposte dirette era secondario, per lo più da redditi fondiari o imposte di successione. In Germania nel 1913 metà delle entrate dello stato erano procurate dai proventi di imprese pubbliche (!), le entrate doganali rappresentavano 8-10 per cento del reddito nazionale; anche la Gran Bretagna, formalmente liberoscambista, otteneva un gettito dai dazi che, in alcuni periodi, raggiungeva il 5 per cento del Pil. Nel complesso i ricchi pagavano poche tasse prima della prima guerra mondiale Elevata diseguaglianza nell’epoca del Gold standard Nel primo decennio del XX secolo l’1 per cento della popolazione guadagnava un quinto del reddito prodotto in un anno Tra la fine della prima guerra mondiale e il 1980 questa quota è diminuita (tendenza storica verso una maggiore eguaglianza distributiva); dopo il 1980 nei paesi anglosassoni la diseguaglianza è tornata ai livelli del Gold Standard Nei paesi europei e in Giappone la diseguaglianza era analoga a quella dei paesi anglosassoni prima della prima guerra mondiale, è diminuita come nei paesi anglosassoni, ma è generalmente aumentata meno negli ultimi 30 anni Prima della prima guerra mondiale l’ammontare di ricchezza trasmesso dai genitori ai discendenti rappresentava tra un quarto e quinto del pil Dopo la seconda guerra mondiale la quota è scesa sotto il 6 per cento, per tornare a crescere dopo il 1980 Critica keynesiana al modello classico del Gold standard Dopo la prima guerra mondiale Keynes interviene nel dibattito pubblico di politica economica contro gli orientamenti favorevoli al Gold standard. Keynes sviluppa 5 argomenti principali. 1) L’oro è una «barbara reliquia» J. M. Keynes, Esortazioni e profezie Critica keynesiana al modello classico del Gold standard 2) L’oro è troppo scarso per servire come metro del potere d’acquisto La stabilità del livello dei prezzi nel lungo periodo (compatibile con ampie fluttuazioni nel breve periodo) è un indizio dell’effetto deflazionistico dell’ancoraggio al metallo Critica keynesiana al modello classico del Gold standard 3) L’aggancio all’oro «lega» le mani ai responsabili della politica economica (politica non sempre appropriata!) La prima guerra mondiale fa ovviamente saltare per aria il Gold standard (per dire il meno); Londra tenta fino all’ultimo di preservare la convertibilità della sterlina (contano anche ragioni di prestigio). Con la guerra gli scambi e le relazioni economiche precipitano, il debito pubblico aumenta in tutti i paesi coinvolti. La guerra e l’immediato periodo post bellico sono anni di turbolenze politiche e di disordine monetario. Coloro che auspicano il ritorno al Gold standard immaginano di poter ripristinare per tale via la (presunta) stabilità di anteguerra e di bloccare le tendenze «inflazionistiche» dei governi. Keynes replica …. Critica keynesiana al modello classico del Gold standard Keynes spiega il disordine monetario del dopoguerra non con l’adozione di standard non metallici, bensì spiega l’adozione degli standard non metallici come la conseguenza delle difficoltà eccezionali create dalla guerra. In «tempi normali» - secondo Keynes - uno standard non metallico può certamente funzionare senza turbolenze ed essere regolato come altri aspetti della vita economica 4) Il Gold standard implica la perdita di autonomia per un paese «periferico» Prima della prima guerra mondiale la Gran Bretagna era la potenza egemone: militare, economica, finanziaria. Aveva margini di flessibilità nella conduzione della sua politica economica. Poteva rialzare il livello dei prezzi interni con una espansione monetaria e questa non avrebbe necessariamente comportato fuoriuscita di oro perché la Gran Bretagna avrebbe potuto compensare la riduzione dell’avanza corrente con una riduzione degli investimenti all’estero. Inoltre, se la Gran Bretagna aumentava il tasso di sconto era probabile che gli altri paesi si sarebbero adattati, data la preminenza finanziaria della City. In altri termini, una riduzione del tasso di sconto non comportava necessariamente una perdita di riserve nella misura in cui gli altri paesi si fossero adeguati alla mossa di Londra. Chiaramente questa flessibilità era preclusa ai paesi periferici, destinatari degli investimenti e non in grado di influenzare la politica britannica Dopo la guerra la posizione inglese cambia radicalmente. 1) Il paese entra in guerra in una posizione creditoria, soprattutto verso gli Stati Uniti (investimenti inglesi nelle ferrovie americane etc.) ne esce in una posizione debitoria, soprattutto verso gli Stati Uniti (che hanno sostenuto lo sforzo bellico inglese 2) Gli Stati Uniti escono dalla guerra con una posizione internazionale molto forte. Saldi commerciali in % delle importazioni Prestiti degli Stati Uniti (milioni di dollari) Gran Bretagna Francia Italia Stati Uniti 1914 -24,5 -23,9 -24,9 25,8 1918 -59,6 -78,8 -79,4 106,4 Critica keynesiana al modello classico del Gold standard Francia e Gran Bretagna Russia e Italia 1915-1917 2102 75 1917-1919 7157 1809 PIL Regno Unito, Francia Italia come frazione del Pil degli Stati Uniti 0,95 0,9 0,85 0,8 0,75 0,7 0,65 0,6 0,55 0,5 1913 1920 Gli Stati Uniti escono economicamente fortemente rafforzati dalla prima guerra mondiale Mentre gli squilibri della guerra furono temporanei, il cambiamento nei flussi commerciali fu permanente I paesi europei perdono quote nei mercati tradizionali di sbocco, gli Stati Uniti, con una industria rafforzata dallo sforzo bellico, riescono a penetrare nei mercati tradizionali dei paesi europei Nei mercati orientali i paesi europei si trovano a fronteggiare la nuova concorrenza del Giappone Le esportazioni dei paesi extraeuropei raddoppiano tra il 1913 e il 1928 Keynes sottolinea che la posizione della Gran Bretagna, centrale prima della guerra nell’arena internazionale, è debole dopo la guerra. Il Gold standard che prima della guerra era la bandiera dell’Inghilterra, diventa una gabbia dopo la guerra Critica keynesiana al modello classico del Gold standard Unire strettamente un paese indebolito come la Gran Bretagna ad un paese grande diventato egemone significa «consegnare la nostra libertà di azione al Federal Reserve Board degli Stati Uniti» Critica keynesiana al modello classico del Gold standard 5) Il Gold standard significa sacrificare l’equilibrio interno all’equilibrio esterno (critica decisiva anticipa la Teoria Generale) La teoria quantitativa postula che una riduzione dell’offerta di moneta riduca i prezzi; in ipotesi di flessibilità dei salari l’aggiustamento dei prezzi lascia invariato il livello di occupazione. Argomento classico una minore quantità di moneta di fronte ad una, inizialmente invariata quantità di beni, spinge in basso i prezzi la riduzione dei prezzi induce i residenti a comprare merci nazionali invece di merci d’importazione i prezzi inferiori riducono i costi di produzione per le imprese esportatrici che possono quindi aumentare le esportazioni migliora la bilancia commerciale Keynes critica questa ipotesi e nella Teoria Generale fornisce un’argomentazione completa delle ragioni per cui essa è sbagliata, osservando che l’ipotesi che la quantità di beni resti invariata postula esattamente quello che deve essere dimostrato. Il punto di partenza dell’argomento keynesiano è: in che modo la politica di restrizione monetaria della Banca Centrale, provocata ad es. da un deflusso di oro, modifica i prezzi lasciando invariate le quantità prodotte? Ovvero: in che modo la Banca Centrale modifica l’offerta di moneta? Risposta di Keynes: rendendo più caro il credito ai consumatori, riducendo il ricorso agli scoperti di conto corrente, e rendendo più caro il credito alle imprese Quindi una riduzione dell’offerta di moneta mette in moto il processo del moltiplicatore: una famiglia pospone l’acquisto di nuovo tappeto, il venditore del tappeto chiede ai clienti di pagare in anticipo le rate, le imprese che non vendono tappeti licenziano lavoratori etc. Di qui la conclusione di Keynes: il Gold standard è basato su un meccanismo che promuove l’aggiustamento esterno a scapito dell’equilibrio interno. I prezzi cadono, ma non come mezzo che impedisce la caduta del reddito reale, ma come conseguenza della caduta del reddito reale. Critica keynesiana al modello classico del Gold standard La conclusione è dunque questa: E’ ovvio che una riduzione dei prezzi (e dei salari) interni potrebbe avere un effetto curativo sullo squilibrio esterno segnalato dal deflusso di oro, ed è probabile che la riduzione dell’offerta di moneta provocata per controbilanciare il deflussi di oro riduca i prezzi, ma la riduzione dei prezzi è piuttosto la conseguenza della riduzione della domanda aggregata che, riducendo le importazioni, migliora il saldo commerciale. Ha scritto Roy Harrod, economista inglese della scuola keynesiana, collega e amico di Keynes: La linea centrale di attacco di Keynes [al Gold Standard] è che è intollerabile che un sistema economico necessiti, come suo modo normale di funzionamento, della periodica creazione artificiale di disoccupazione. Questa critica ha rilevanza contro ogni sistema monetario – gold standard o altri regimi di cambi fissi […]; alternativamente, Keynes era disposto a rinunciare alla critica al sistema monetario – gold standard o qualsiasi altro – se solo fosse possibile trovare un altro mezzo, diverso dalla deflazione e della creazione della disoccupazione, per mantenere fissi i tassi di cambio in presenza di uno squilibrio della bilancia dei pagamenti. Keynes è convinto che la deflazione per ripristinare l’equilibrio esterno sia sbagliata in punto di teoria, ma sia anche censurabile da un punto di vista politico, perché dopo la prima guerra mondiale le classi popolari non sono più disposte a subire i costi degli alti e bassi della congiuntura necessari per stabilizzare il valore esterno della moneta. Partecipazione politica 70 60 50 40 30 20 10 0 -10 Regno Unito Svezia Francia Germania Dopo la prima guerra mondiale viene esteso il diritto di voto alle classi popolari Nel 1925 il governo guidato da Winston Churchill ripristina il Gold standard nel Regno Uniti. Keynes attaccò quella scelta in alcuni memorabili interventi pubblici, sostenendo che l’aggancio della sterlina all’oro avrebbe comportato le conseguenze depressive tipiche del regime di Gold standard che, per difendere il tasso di cambio, sacrificava l’equilibrio interno. Quelle pagine di Keynes sono un documento straordinario di acume teorico e di passione civile J. M. Keynes, Le conseguenze economiche di Churchill, (1925)