Dalla crisi USA dei sub prime alla crisi dell`Euro File

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La crisi del 2008-2009: cause, reazioni della politica economica, conseguenze
Natura e origini della attuale crisi europea
Significato e portata delle politiche economiche adottate per fronteggiarla
Prospettive
1) Fattori d’innesco della crisi. La crisi precipita con l’esplosione della bolla immobiliare negli Stati Uniti; il legame tra mutui
immobiliari e titoli emessi per il loro finanziamento ha rapidamente infettato il sistema finanziario statunitense; la
globalizzazione finanziaria ha trasmesso la crisi a molti paesi per un tipico fenomeno di contagio.
La crisi è stata inizialmente considerata una crisi finanziaria-bancaria in quanto ha colpito il settore finanziario; si è poi
trasformata in una crisi dell’economia reale con conseguenze molto gravi sulla domanda, l’occupazione e la disoccupazione.
Le conseguenze della crisi sono risultate particolarmente gravi in quanto hanno colpito numerosi paesi contemporaneamente.
2) Fattori strutturali. Risalgono al regime di accumulazione del capitale che si è andato affermando nei paesi sviluppati a
partire dagli anni ‘80. E’ caratterizzato dal predominio acquisito dal sistema finanziario sull’intera economica. Tale regime si è
affermato come risposta alla crisi degli anni ‘70 (alta inflazione e caduta dei profitti). Ne è derivata la caduta del settore
manifatturiero, l’aumento della dimensione del settore finanziario, la tendenziale stagnazione dei redditi della gran parte della
popolazione e del lavoro dipendente in particolare.
Vedere le slides precedenti che mostrano la rottura di paradigma della politica economica tra gli anni settanta e gli anni ottanta
Per memoria (sulla finanziarizzazione dell’economia globale):
«Gli indicatori relativi al peso crescente della finanza sull’intera economia sono numerosi.
Per menzionarne solo alcuni: la quota del settore finanziario, e dei suoi profitti, sul
complesso dell’economia, ovvero sul Pil, è fortemente cresciuta in tutti i paesi sviluppati; le
transazioni giornaliere di ordine puramente finanziario, condotte quasi esclusivamente per
fini speculativi, superano [nel 2012] di 50-100 volte il valore delle transazioni dovute
all’acquisto o vendita di un bene o servizio reale; gli attivi finanziari, che nel 1980 erano
pressoché pari al Pil del mondo (27 trilioni) verso il 2007 lo superavano di quattro volte (240
trilioni contro meno di 60); i capitali gestiti dai fondi pensione, fondi di investimento e
compagnie di assicurazione – i cosiddetti investitori istituzionali – formati in gran parte da
risparmi dei lavoratori, hanno superato nel 2008 i 60 trilioni di dollari, un aumento del 600
per cento rispetto al 1990»
L. Gallino, Il colpo di stato di banche e governi, Einaudi, 2013.
Narrativa della crisi
1) Le radici della crisi attuale stanno nella precedente crisi della New economy.
2) La bolla della New economy trascina i valori di borsa nella seconda metà degli anni novanta; quando la bolla
scoppia, la Federal Reserve abbassò enormemente i tassi di interesse per sostenere i corsi delle azioni.
3) I bassi tassi d’interesse stimolano l’indebitamento che viene concesso in gran parte per l’acquisto di case: dalla
bolla della New economy l’economia USA passa alla bolla immobiliare. L’espansione del mercato edilizio non
può essere spiegata con fattori strutturali (demografia, urbanizzazione etc.)
4) L’eccesso di liquidità non si trasferisce nell’inflazione generale, bensì soprattutto nell’aumento accelerato del
prezzo delle case: la stagnazione dei salari (e la concorrenza dei prodotti cinesi) spiega il modesto aumento
dell’inflazione generale. La stabilità dell’inflazione «inganna» i policy makers, convinti di stare facendo «la cosa
giusta»
L’aumento dei prezzi reali delle abitazioni
dopo i primi anni 2000 è spettacolare, visto
che i prezzi reali erano rimasti grosso modo
stabili nel secolo precedente.
La bolla non viene compresa/viene negata
dai responsabili della politica economica e
dai maggiori operatori finanziari a causa
della fiducia riposta nel funzionamento dei
mercati finanziari
Prezzo reale delle abitazioni negli Stati Uniti, 1891-2008
Valori nominali/deflatore del PIL
2000 = 100
La creazione della bolla è generale, pochi
paesi sono immuni (tra questi la Germania): il
picco del prezzo delle abitazioni si ha nel 2006
negli USA, nel 2007 in Europa.
5) La creazione di bolle è agevolata dalla deregolamentazione del sistema finanziario.
La normativa del sistema bancario, introdotta durante il New Deal, prevedeva la separazione dell’attività bancaria normale
dall’attività bancaria d’investimento. La legge Glass-Steagall impediva alle banche di svolgere attività d’investimento e speculativa (titoli,
assicurazioni etc.), Ogni banca deve scegliere se essere banca commerciale o veicolo d’investimento finanziario. In generale il sistema
regolatorio prevedeva una netta separazione tra i diversi comparti dell’attività finanziaria e limiti ai tassi d’interesse (legge sull’usura).
Nel 1996 la legge viene significativamente modificata permettendo alle banche commerciali di svolgere attività d’investimento per non
più di un quarto del loro giro d’affari; si determina fusioni tra banche che creano grandi complessi che aumentano il rischio sistemico.
Il trend è globale.
6) Il sistema finanziario, soprattutto il modello anglosassone, incoraggia l’indebitamento delle
famiglie. La bolla finanziaria che si sviluppa tra il 2002 e il 2007 è alimentata in modo aggressivo
dalla finanza creativa legata ai mutui ipotecari.
Cambia il modello di gestione dei mutui ipotecari (e più in generale cambia il funzionamento del
sistema finanziario)
Dal modello crea (il mutuo) e tienilo al modello crea e distribuisci
Nella «finanza tradizionale» una banca A presta soldi a una persona B per comprare una casa e mantiene il
credito fino a scadenza (tipicamente si tratta di crediti a lungo termine) ed è per questo incentivata a valutare
con attenzione il merito di credito di colui che prende a prestito.
La banca C di B iscrive a bilancio come passivo il deposito aperto da B e la banca A iscrive a bilancio la stessa
somma some attivo, incassando gli interessi
Nella «nuova finanza» la banca A presta a B a prescindere dal suo merito di credito, ma fa uscire il credito dal
suo bilancio trasformandolo in un titolo commerciale (cartolarizzazione in Italia, securitisation negli altri paesi); il
titolo («strutturato») viene venduto da A ad un soggetto terzo, C, VSS (società chiamata «veicolo per scopi
speciali» VSS, o «veicolo per scopi d’investimento»). Il VSS paga la banca emettendo titoli commerciali, di solito a
breve scadenza. Agenzie di rating e società legali «vigilano» e «garantiscono» i passaggi del processo.
Per garantirsi dal rischio di insolvenza dei debitori, la banca A acquista da un’altra, D, certificati assicurativi
(Crediti default swaps, CDS) per i quali paga una commissione.
La banca A, naturalmente, può comprare protezione da D in riferimento al suo credito verso B, ma può anche
vendere protezione ad un’altra banca E che ha concesso un mutuo al soggetto F. La banca E, a sua volta, può
piazzare titoli cartolarizzati ad un ulteriore soggetto G e via seguitando nella catena di Sant’Antonio.
Uno swap (credit default swap) è un baratto, e in questo caso il baratto consiste in questo: la parte A (compratore di
protezione) paga periodicamente una somma alla parte B (venditore di protezione), e la parte B in cambio si impegna a
rifondere alla parte A il valore facciale di un titolo C, nel caso il debitore C vada in bancarotta. Insomma, A ha comprato
l'obbligazione emessa da C, ma A vuole esser sicuro che C rimborsi il capitale alla scadenza. La finanza ha creato questo
strumento di copertura del rischio, e il credit default swap è in effetti come una polizza di assicurazione. Se, per esempio,
il valore dei titoli acquistati è di 100mila euro (facciali), e il cds è di 120 punti base, vuol dire che A deve pagare ogni anno
1200 euro per essere sicuro del rimborso. Questi cds sono quotati in mercati over the counter, e se il costo dovesse
balzare, mettiamo, a 800 punti base, vuol dire che il mercato teme che il debitore C avrà difficoltà a far fronte ai propri
impegni.
A
C
B
Caso non tanto immaginario di funzionamento «perverso» dei CDS
L. Gallino, Il colpo di stato di banche e governi
Il “nuovo modello di finanza”
Il mutuo può essere «agevolato» da un intermediario
Banca
Prestito
Il rischio
viene
ceduto
Mutuatario
Cash
Agenzie di rating,
valutazioni di
conformità etc.
Cartolarizzazione
Veicoli speciali d’investimento
Investitori
Cash
Prodotti
strutturati
Investitori
I livello (sicuri)
II livello (buoni)
Terzo livello
livello
Terzo
(rischiosi/spazzatura)
(rischiosi/spazzatura)
Gli investitori si
assicurano contro il
rischio di insolvenza
stipulando polizze
(Credit Default Swaps,
detti anche
paracadute di
piombo!)
62 mila miliardi di dollari!
Le “sedie musicali”
Il meccanismo speculativo si basa sul
continuo aumento di valore delle
case che permette il continuo
rifinanziamento dei mutui, è
incoraggiato dalla riduzione (anche
fraudolenta) degli standard di
prestito, è alimentato dalla spirale
crescente della leva finanziaria
«Il sistema bancario negli Stati Uniti
e in molti altri paesi non si è
concentrato sulla concessione di
prestiti alle piccole e medie imprese
– che stanno alla base della
creazione di posti di lavoro in
qualsiasi economia – bensì sulla
cartolarizzazione, specie nel mercato
dei mutui»
J. Stiglitz, Bancarotta, Einaudi, 2010
Le agenzie di rating (società private di proprietà di grandi gruppi
finanziari) tra il 2004 e il 2007 assegnano la tripla A ad una
immensa quantità di titoli collegati al mercato residenziale degli
Stati Uniti: a partire dal luglio 2007 il 90 per cento dei titoli basati
sugli immobili viene ridotto a spazzatura.
Le agenzie di rating hanno un notevole effetto sull’andamento
dei mercati e possono mettere in ginocchio anche un paese, ma
esprimono «opinioni», non «raccomandazioni» e non sono
perseguibili…
1) Il sistema è intrinsecamente instabile, a causa
dell’enorme aumento della leva finanziaria, ma il
gioco combinato della «disattenzione dei
regolatori», delle valutazioni «ottimistiche» delle
agenzie di rating, della spinta endogena dei
principali players del settore finanziario spingono
il sistema verso un aumento generalizzato delle
posizioni rischiose
2) L’aumento della liquidità e il suo basso costo (tassi
di interesse cedenti) induce gli investitori ritenere
basso il rischio e a indebitarsi per acquistare titoli
effettivamente rischiosi ma il cui prezzo sale
facendo scendere il rendimento (una misura del
premio di rischio)
3) Gli «incentivi sbagliati» e la scarsa trasparenza
incoraggiano comportamenti irresponsabili. Se i
dirigenti ricevono bonus in base al valore
azionario della loro impresa avranno interesse a
«gonfiare» anche con metodi spregiudicati.
Lehman Brothers riuscì a contabilizzare un
patrimonio netto di 26 miliardi di dollari poco
prima di soccombere, pur avendo un buco nel
bilancio vicino a 200 miliardi di dollari.
Narrativa della crisi (continuazione)
7) La bolla immobiliare incoraggia i consumi finanziati con debito privato (nel 2008, in media ogni famiglia
americana possedeva 13 carte di credito). Il credito al consumo (garantito in parte dal valore crescente delle
abitazioni) passa da 627 miliardi di $ nel 2001 a 1.500 miliardi nel 2005).
8) E’ l’uovo di colombo della finanza creativa: i lavoratori pagati poco possono continuare a spendere
indebitandosi!
9) Tra il 2002 e il 2007 oltre il 40 per cento della creazione di posti di lavoro negli USA è connesso al settore
edilizio (dalla costruzione di case alle agenzie immobiliari, agli istituti finanziari che vendono mutui).
Il risparmio, storicamente basso, crolla nel 2005-2007, come
conseguenza dell’accelerazione della bolla immobiliare
Risparmio personale negli Stati Uniti: in % del reddito disponibile
Fase di accelerazione del debito delle famiglie
10) L’aumento dell’indebitamento nelle due epoche considerate (1920-1931, 1983-2008) è associato ad un aumento
della diseguaglianza: i lavoratori e il ceto medio che perdono reddito (in termini relativi e, spesso, in termini
assoluti) mantengono artificialmente lo standard di vita indebitandosi
…. finché dura…
Nel 1970 il debito privato negli
USA era pari a reddito delle
famiglie, nel 2000 era il doppio, e
nel 2007 era quasi triplicato.
L’aumento del debito privato è
associato al collasso del regime di
BW e all’aumento della
liberalizzazione finanziaria.
Indici della mobilità internazionale dei capitali
Debito privato e debito pubblico negli Stati Uniti: % del PIL
Gli squilibri nell’economia internazionale
Dal 1991 la crescita USA ha
comportato un crescente
aumento del deficit della
bilancia commerciale
19
85
19
87
19
89
19
91
19
93
19
95
19
97
19
99
20
01
20
03
20
05
20
07
100
0
-100
-200
-300
-400
-500
-600
-700
-800
-900
C. Reinhart, K, Rogoff, This time is different, 2009
Riduzione del tasso di risparmio negli Stati Uniti: gli USA
“succhiano” il risparmio che si crea nel resto del mondo
Deficit conto corrente USA 1985-2007: miliardi di dollari
Narrativa della crisi (continuazione)
11) Tra il 2006 e il 2007 la bolla immobiliare, ancorché negata dalle autorità di politica economica, comincia a fare
sentire i suoi effetti: molte famiglie non sono più in grado di pagare le rate del mutuo, il problema è aggravato
dalla stretta interconnessione creatasi οƒ  rischio sistemico
12) Ancora nel 2007 la fiducia nella solidità del sistema finanziario inducono gli operatori e i responsabili della
politica a ritenere che «questa volta è diverso». Nell’aprile 2007 il Fondo monetario internazionale (Word
economic outlook) conclude il rischio nell’economia globale era molto basso e che non c’erano motivi di
preoccupazione.
Reinhart e Rogoff
Narrativa della crisi (continuazione)
13) A partire dal 2005 la politica monetaria USA si fa più restrittiva, anche con l’obiettivo di sgonfiare la bolla. La politica della BCE si adegua con
ritardo: in Europa i tassi d’interesse vengono aumentati anche per fronteggiare la bolla delle materie prime che nel frattempo si è formata e
che la BCE interpreta come inflazione di origine interna.
Narrativa della crisi (continuazione)
14) La bolla si sgonfia, a poca distanza negli Stati Uniti e in Europa
Nella zona euro la
bolla immobiliare si
gonfia soprattutto
in Spagna e Irlanda,
significativamente
in Grecia e
Portogallo; quasi
assente in
Germania (dove i
prezzi delle case
sono piuttosto
cedenti)
15) Si mette in moto il processo di causazione circolare: la crisi in alcuni segmenti del mercato dei subprime si trasmette ad altri comparti
finanziari «fragili», il fallimento di alcune importanti società finanziarie induce una situazione di panico che determina preoccupazioni in
riferimento anche a comparti «sani» del mercato
16) Contagio: le istituzioni finanziarie europee (e asiatiche) possedevano larghe quote degli asset sui mutui ipotecari statunitensi e,
pertanto, hanno condiviso le perdite che sono emerse quando il mercato immobiliare americano è andato in crisi.
Narrativa della crisi: continuazione
17) Contrazione della liquidità: le banche smettono virtualmente l’attività di
prestito a causa della mancanza di fiducia.
L’indicatore di questo stato di cose è l’aumento rapido nel corso del 2008 dello
spread dei tassi d’interesse EURIBOR (a diversa scadenza) e i tassi EONIA
… Al crollo dei valori di borsa e della fiducia dei mercati
si è accompagnata una crisi del credito, alimentata dal
clima di pessimismo e di diffidenza tra le banche
stesse, i cui aspetti più rilevanti sono stati il forte
aumento dei tassi interbancari, con alcuni periodi di
blocco del credito, e la carenza di liquidità…
Spread tra tassi Euribor e tassi Eonia (Europa)
Per memoria: EURIBOR (EURo Inter Bank Offered Rate, tasso interbancario di offerta in euro) è il tasso di riferimento del mercato finanziario, e rappresenta il tasso
di interesse medio delle transazioni tra le principali banche europee (oltre 50); EONIA (Euro overnight index average) è il tasso overnight delle transazioni monetarie
tra le principali banche europee (scadenza massimo 24 ore, oggi 32 banche). Il tasso EONIA è un indice del tasso di interesse della politica monetaria in quanto si
colloca entro il c.d. «corridoio» tra il tasso minimo sui depositi presso la Banca centrale europea e i tasso massimo di rifinanziamento principale delle banche
(attualmente è negativo!).
Narrativa della crisi: continuazione
18) Contagio: viene amplificato a causa della crescente integrazione delle economie, anche sul piano reale, e per la crescente
sincronizzazione dei cicli economici nelle economie emergenti e sviluppate
19) Contagio: cade il volume del commercio mondiale
Tendenza del commercio prima
della crisi del 2008-2009…
Esportazioni mondiale: indici di volume, 1990 = 100
…. crisi finanziaria mondiale…
Narrativa della crisi: continuazione
Crescita del PIL reale nella area euro, 1991-2016
20) Cade la produzione reale nella zona euro, avviata da tempo su un sentiero declinante
3
Rallenta drasticamente la dinamica del commercio mondiale
2
1
0
-1
1991-2001
-2
-3
-4
Crescita del commercio: differenza tra crescita del commercio
-5
mondiale e crescita del PIL mondiale
2002-2008
2009
2010-2016
L’esperienza europea (verso la crisi)
La crisi europea come risultato di squilibri strutturale e di una difettosa architettura di politica economica
1) I governanti europei hanno interpretato la creazione della moneta unica come un
congegno di stabilità macroeconomica e finanziaria…
2) … per lo più basandosi sull’evoluzione degli indicatori di equilibrio macroeconomico
(tasso d’inflazione, tassi di interesse nominali)
Nel 2008 il Commissario europeo agli affari economici e monetari, J. Almunia, dichiarava….
… una tale valutazione riflette la consueta retorica autoindulgente dei
governanti europei, ma soprattutto un clamoroso fraintendimento dei
processi economici-finanziari messi in moto dalla moneta unica nel quadro
costituzionale dell’Unione Europea…
… nell’area Euro il processo di convergenza nominale (tassi di inflazione e tassi di interesse) e la crescente
integrazione finanziaria hanno stimolati imponenti fenomeni di accumulo di debito privato nel decennio
1998-2008. Tassi di interesse storicamente bassi e ampia provvista di credito hanno alimentato boom che,
in diversi paesi europei (tra cui Grecia, Spagna) , hanno ruotato attorno alle attività immobiliari.
L’ampliamento dei prezzi delle attività (sia reali sia finanziarie) hanno incoraggiato l’assunzione di rischi
elevati da parte dei prestatori …
… questo ha determinato crescenti squilibri tra i paesi europei
… con l’avvio dell’Euro si ampliano gli squilibri di bilancia corrente interni all’area Euro…
… il trattato di Maastricht è quasi muto sul problema degli squilibri tra paesi, il suo focus è sugli squilibri interni
ai singoli paesi…
Produzione di autoveicoli in Europa (%)
… Italia/Germania
10
Saldo corrente in percentuale del PIL
8
6
4
Germania
Germania
Francia, Spagna
Est Europa (2)
Altri Europa (3)
Italia
Totale
Totale (000)
2
0
-2
Italia
2000
32,3
37,3
8,6
11,7
10,2
100
2005
33,9
37,1
11,5
11,3
6,1
100
2011
38,7
28,5
20,8
7,2
4,8
100
17109
16972
16310
Nel 2011 si producono meno veicoli che
nel 2000, ma la distribuzione tra paesi è
cambiata: l’Unione europea come un
gioco a somma zero!
-4
-6
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
… dopo l’avvio dell’Euro la Germania, passa da un disavanzo corrente ad un
ampio avanzo, l’Italia passa da una posizione di avanzo ad una di disavanzo…
Scomposizione della crescita
𝒀 = 𝑨 + 𝑡𝑿
Y = reddito
A = assorbimento interno
NX = saldo corrente
βˆ†π’€ = βˆ†π‘¨ + βˆ†π‘΅π‘Ώ
βˆ†π‘Œ
π‘Œ
βˆ†π‘Œ
π‘Œ
=
βˆ†π΄
π‘Ž
𝐴
=
𝐴 βˆ†π΄
π‘Œ 𝐴
+
𝑁𝑋 βˆ†π‘π‘‹
π‘Œ 𝑁𝑋
+ (1 − π‘Ž)
βˆ†π‘π‘‹
𝑁𝑋
… nel periodo prima della crisi la domanda interna in Germania rappresenta un fattore di freno all’espansione economica che è
sostenuta per lo più dalla domanda esterna; l’opposto avviene in Spagna e Grecia dove la domanda interna spinge sulla crescita e
sulle importazioni; in Italia il contributo del settore estero alla domanda è negativo, ma è molto modesto anche il contributo della
domanda interna, il paese cresce più lentamente degli altri paesi europei…
L’architettura di Maastricht.
1) Si basa sul timore delle esternalità associate ai deficit fiscali, ovvero sull’aumento dei tassi di
interesse per I paesi virtuosi e sul vantaggio “sleale” dei i paesi con finanze pubbliche allegre.
2) Si basa sull’avversione ideologica per i debiti pubblici e sulla preferenza per i debiti privati
interpretati come motore di crescita economica.
3) Ignora gli squilibri di bilancia commerciale tra i paesi della zona euro concepiti come risultati
dell’azione delle forze di mercato e come tendenzialmente riequilibrati dai flussi di capitale
… invece gli
squilibri
commerciali tra i
paesi euro si sono
tradotti in
accumulo di
squilibri
finanziari, con
indebitamento
dei “paesi
periferici” e
accreditamento
della “Germania e
dei suoi satelliti”
Il meccanismo che ha portato alla crisi attuale della eurozona
1) Il paese centrale, la Germania, mantiene una bassa domanda aggregata e spinge sulle esportazioni
2) I paesi periferici crescono più rapidamente importano dalla Germania e “pagano” l’eccesso di
importazioni con finanziamenti ricevuti dal sistema bancario centrale.
3) I flussi di capitale determinano posizioni creditorie-debitorie «insostenibili»
… la Germania è
credititrice della
Spagna…
… la Francia è
creditrice
dell’Irlanda…
Quando scoppia la crisi i capitali privati “tornano indietro” lasciando i paesi periferici in crisi di liquidità…
ECB Economic Bulletin, n. 5, 2015
There are no automatic mechanisms to ensure that the process of nominal convergence which occurs before adoption
of the euro produces sustainable real convergence thereafter.
While there has been real convergence in the European Union (EU) as a whole since 1999 owing to the catching up of
central and eastern European (CEE) economies, there has been no process of real convergence among the 12 countries
that adopted the euro in 1999 and 2001.
Between 1999 and 2014 some degree of real convergence took place among the 28 countries that now make up the EU
(the EU28) Little real convergence has taken place among the euro area economies since the establishment of
the euro, despite initial expectations that the single currency would act as a catalyst for faster real Convergence
At the start of EMU many observers expected that deeper monetary and financial integration would trigger faster real
convergence… Gross private capital inflows in the pre-crisis years were sizeable in those Euro 12 countries with per capita
income levels significantly below the euro area average, including Greece, Portugal and, to a lesser extent,
Spain.
The excessive private sector credit growth in some countries led to rising debt levels in the corporate and/or household
sector. Excessive growth of credit and domestic demand also led to the accumulation of very large external imbalances
in the pre-crisis years
The financial flows channelled to the low-income countries failed to generate productivity convergence in the pre-crisis
period.
The crisis has shown that large capital flows to low-income countries can only contribute to sustainable real convergence
if resources are efficiently allocated in the economy
CHN+EMA = Cina e mercati emergenti asiatici
DEU+EURSUR = Germania e altri paesi in surplus
OCADC = altri paesi europei con conti correnti «difficili»
OIL =paesi petroliferi
ROW = Rest of the world
Il grafico mostra l’ingente
accumulo di squilibri
internazionali prima dello
scoppio della crisi del
2008-2008, rappresentato
dalla discrasia tra paesi in
surplus e paesi in deficit.
La figura mostra che
l’aggiustamento post crisi
è molto lento, e che gli
Stati Uniti contribuiscono
significativamente alla
riduzione dello squilibrio,
diversamente dai paesi
europei in surplus e dalla
Cina che continuano a
mantenere ingenti surplus
di conto corrente.
In tutti i paesi dopo la crisi la
dinamica degli investimenti è
rallentata significativamente,
soprattutto nei paesi in deficit
esterno
Data l’elevato contenuto di
importazioni degli investimenti,
la riduzione degli investimenti è
efficace per migliorare il saldo
esterno ma provoca recessione e
trasmette impulsi negativi alle
altre economie
La politica economica risponde alla crisi
LA POLITICA MONETARIA
L’obiettivo principale della politica economica, di fronte alla situazione di gravissima sofferenza del sistema bancario, è
stato quello di «salvare» le banche, nel timore che il collasso del sistema finanziario avrebbe potuto provocare «la fine
del mondo».
Primo intervento: drastica riduzione dei tassi d’interesse (intervento convenzionale)
Il timing della risposta delle
banche centrale rivela il
ritardo con cui la crisi si
manifesta in Europa: la BCE
riduce i tassi dopo la FED e
meno. Adotta una politica
più prudente e più attendista
TASSI DI POLICY DELLA FED E DELLA BCE: 2006-2015
Inefficacia della politica monetaria in condizioni di trappola della liquidità
La politica monetaria influenza l’economia modificando i tassi d’interesse.
La banca centrale segue una regola empirica di determinazione del tasso di interesse nominali, i, in funzione
del livello del reddito , Y, e del tasso d’inflazione, P, secondo la relazione seguente
𝑖 = β„Ž + π‘Žπ‘Œ + 𝑏𝑃 π‘Ÿπ‘’π‘”π‘œπ‘™π‘Ž 𝑑𝑖 π‘‡π‘Žπ‘¦π‘™π‘œπ‘Ÿ
dove a e b sono parametri positivi e h una costante
In un’economia «depressa» con inflazione molto bassa e reddito molto al di sotto del potenziale il tasso d’interesse di
policy è necessariamente molto basso. Se l’economia si trova, come quella europea negli anni di crisi, in una situazione di
grave crisi di fiducia, prevalgono condizioni di «trappola della liquidità»
Definizione di trappola della liquidità
Si tratta di una situazione in cui la politica monetaria convenzionale risulta impotente perché il tasso d’interesse
nominale è nullo o prossimo allo zero: un aumento della base monetaria non ha alcun effetto sul livello del reddito e
dell’occupazione, in quanto base monetaria ed obbligazioni sono visti dal settore privato come perfetti sostituti:
significa che l’economia è talmente saturata di liquidità che non costa nulla tenerla in cassa.
Formalmente questo corrisponde alla situazione in cui la curva LM è orizzontale e molto vicina all’asse orizzontale.
L’equilibrio pre crisi è al reddito Y0 con il tasso d’interesse i; la curva IS è nella posizione IS(0)
Con trappola della liquidità e tassi d’interesse molto bassi la LM è nella posizione LM(0)
Tasso d’interesse
IS(0)
LM(1)
LM(0)
i0
Y0
Reddito
La crisi sposta la IS verso sinistra (IS(1) e il nuovo livello di reddito è Y(1)
L’equilibrio pre crisi è al reddito Y0 con il tasso d’interesse i; la curva IS è nella posizione IS(1)
Con trappola della liquidità e tassi d’interesse molto bassi la LM è nella posizione LM(1)
Una politica monetaria espansiva sposta verso il
basso la LM οƒ  LM(1), ma il tasso d’interesse che
Tasso d’interesse
ripristina il valore iniziale del reddito è negativo.
Quanto minore è il tasso d’interesse iniziale e
tanto più probabile che il tasso d’interesse capace
IS(1)
di risollevare il reddito sia negativo οƒ  impotenza
della politica monetaria.
IS(2)
LM(1)
i0
Y1
Y0
Reddito
LM(1)
Secondo intervento: misure non convenzionali (quantitative easing)
Di fronte all’inefficacia delle misure convenzionali, le banche centrali hanno adottato misure non convenzionali, in
particolare misura di facilitazione quantitativa consistenti nell’acquisto sul mercato secondario di titoli a lungo
termine (prevalentemente pubblici) per stimolare la riduzione del loro rendimento che viene poi trasmesso al
rendimento di tutti i titoli a lungo termine. La banca centra quindi non conduce la politica monetaria «facendo il
prezzo» e lasciando che domanda e offerta di moneta si aggiustino, ma agendo direttamente sulle quantità
coinvolte. La politica di facilitazione quantitativa porta ad un significativo aumento della base monetaria.
Significato della politica di facilitazione quantitativa, canali di trasmissione, effetti
Se definiamo il tasso d’interesse reale, r, come differenza tra il tasso nominale, i, e il tasso d’inflazione
atteso, Pe , possiamo dire che la politica di facilitazione quantitativa opera nel tentativo di influenzare al
rialzo l’aspettativa di inflazione così da ridurre il tasso reale d’interesse pur in presenza di un basso tasso
nominale
π‘Ÿ = 𝑖 − 𝑃𝑒
Facilitazione quantitativa οƒ  𝑃𝑒 ⬆
Canali di trasmissione della politica monetaria di quantitative easing
1) Aumento del prezzo dei titoli οƒ  riduzione del tasso d’interesse οƒ  investimenti privati
2) Aumento del prezzo οƒ  effetto ricchezza οƒ  spesa del settore privato
3) Effetto disponibilità del credito: le banche ricevono liquidità dalle banche a tassi virtualmente pari a zero e
possono prestare al settore privato a tassi più elevati οƒ  il credito al settore privato favorisce la ripresa
4) Effetto sul tasso di cambio οƒ  l’aumento della massa monetaria indebolisce il cambio e migliora la competitività
Limiti della politica
1) Se gli operatori si aspettano che la politica riesca devono prevedere un aumento dell’inflazione e quindi un
aumento del tasso d’interesse οƒ  se il tasso d’interesse atteso è in aumento l’eventuale effetto positivo della
misura viene attenuato: il quantitative easing come un’azione di doping che funziona finché dura, ogni avviso di
contrazione del programma annulla gli eventuali risultati ottenuti.
2) L’aumento del prezzo dei titoli ha effetti ricchezza che favoriscono i possessori di ricchezza finanziaria οƒ  effetti
negativi sulla distribuzione del reddito. L’effetto ricchezza è debole perché favorisce persone che hanno una più
bassa propensione al consumo.
3) In terzo luogo, mentre il canale banca centrale οƒ  banche è effettivamente messo in moto dalla politica di
quantitative easing, il canale banche οƒ  crediti al settore privato è risultato più statico perché le imprese, in
presenza di un andamento debole dell’economia, non investono e non domandano credito («il cavallo non beve»).
Questa politica non può durare per sempre, è poco efficace, favorisce la creazione di bolle, non si trasmette
alla gran parte delle piccole imprese, aumenta la diseguaglianza…
World economic outlook
Le previsioni sui tassi d’interesse vengono continuamente riviste al ribasso in conseguenze del rinnovo
continuo delle politiche di facilitazione quantitativa, perché il mercato non è pronto a convivere con la
prospettiva di alti tassi d’interesse: effetto doping.
Le politiche monetarie delle banche centrali per sostenere il sistema finanziario fanno aumentare la diseguaglianza…
Since quantitative easing stimulates the economy through rising asset prices it is bound to increase
wealth inequalities. Bank of England estimates suggest that quantitative easing may have increased total
household wealth by just over £600 billion, the equivalente of £10.000 per capita if assets were evenly
distributed across the population. But since the top 10% of households own over 70% of all household
financial assets, the vast majority of this benefit has accrued to the better off. Quantitative easing has
been good for the rich, and ultra-easy monetary policy exacerbates the inequality which … is itself one of
the drivers of credit-intensive growth.
A. Turner, Between debt and devil, Princeton University Press, 2016
Secondo le cifre sopra riportate, in media, ciascuna persone appartenente al 10 % più ricco della popolazione ha
guadagnato l’equivalente di 70.000 sterlina dalla politica di facilitazione creditizia, mentre ogni altro inglese ha
guadagnato l’equivalente di poco più di 3.000 sterlina (il 4 per cento di quello che hanno guadagnato i più facoltosi)
In una situazione di profonda recessione la rischiosità dei
prestiti aumenta e le banche preferiscono detenere la
liquidità a scopo precauzionale piuttosto che impiegarla
nell’attività creditizia. Formalmente questo corrisponde ad
un aumento del coefficiente delle riserve libere che riduce
il moltiplicatore monetario
Tra il 2011 e il 2016 si è perso il collegamento tra
espansione dell’offerta di moneta e dinamica dei prestiti
al settore privato nell’eurozona:
οƒ  aumenta M3, diminuisce il credito al settore privato
Nel 2016 gli investimenti fissi lordi nella
eurozona sono ancora al 90 per cento
del livello del 2007
“Against the ECB’s bazooka lies a solid wall of obstacles. The first is an impaired
banking system, muddling through €1tn of bad loans with balance sheets still three
times as large as the eurozone economy. The second problem is a lack of corporate
investment, which remains insensitive to lower interest rates. The third is shallow
capital markets, a bottleneck against ECB liquidity trickling down to small and
medium businesses, responsible for 80 per cent of job creation”.
Financial Times, 7 dicembre 2015
In Europa la politica monetaria incontra tre limiti importanti
1) Le difficoltà del sistema bancario che tendono a bloccare il canale di trasmissione della politica
monetaria (le banche non prestano i soldi che ricevono dalla BCE)
2) La mancanza di investimento delle imprese che riduce la domanda di prestiti
3) L’insufficiente ampiezza del mercato azionario che tende ad attenuare gli effetti ricchezza legati
all’aumento del valore dei titoli (e comunque a concentrarli nelle classi di reddito più alto)
La politica economica risponde alla crisi
LA POLITICA FISCALE
Prima della crisi, gli orientamenti prevalenti della politica economica non assegnavano un ruolo prioritario alla politica
fiscale che in Europa, peraltro, è fortemente vincolata al rispetto di parametri fiscali, piuttosto che indirizzata al sostegno
dell’economia o della crescita.
La reazione della politica fiscale alla crisi attuale è stata molto più contenuta in confronto agli episodi recessivi verificatisi a
partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, pur risultati meno gravi dell’ultima crisi.
Nella eurozona la politica fiscale ha avuto un ruolo comparativamente meno significativo che negli USA e in Giappone
Con la crisi si riduce il debito privato (soprattutto negli Stati
Uniti) come conseguenza dell’aumento del risparmio privato…
… l’aumento del risparmio privato genera un aumento del
debito pubblico…
Per memoria
Y =C+I+G+X -M
Y–T=C+I +G+X -M–T
Y–T–C= I+G+X–M–T
S = I + G + X – M – T = risparmio del settore privato
(S – I) + (T – G) – (X - M) = 0
La somma del saldo finanziario del settore privato (S – I),
del settore pubblico (T – G) e del settore estero (X – M)
dev’essere nulla
La riduzione del debito privato comporta un aumento del
saldo S-I e, dato il saldo esterno X-M, comporta una
riduzione del saldo pubblico T-G (aumento del disavanzo
e del debito pubblico)
Il circolo «infernale» della politica fiscale
1) La crisi fa aumentare il debito pubblico in tutti i paesi
Il debito pubblico aumenta
prevalentemente come conseguenza
della crisi che riduce le entrate e, in
parte, fa aumentare i tassi di interessi.
Secondo il FMI, quasi il 60 per cento
dell’aumento del debito pubblico nelle
economie avanzate tra il 2008 e il 2015 è
dovuto al crollo degli introiti fiscali, a loro
volta conseguenza della caduta del
reddito, mentre l’11 per cento
dell’aumento dipende dall’aumento dei
tassi di interesse. Le politiche di sostegno
alla domanda hanno pesato solamente
per il 17 per cento in media.
2) L’aumento del debito pubblico induce politiche di consolidamento fiscale, anche a causa dei vincoli fiscali
prevalenti nell’Unione europea: queste aggravano la recessione perché i moltiplicatori fiscali sono molto alti
Il profilo del debito pubblico in una prospettiva di lungo periodo
crisi
Il problema di Eurolandia sorge a causa di squilibri reali tra economie, resi possibili e amplificati dagli stessi
meccanismi costitutivi del disegno di Maastricht (fino a poco tempo fa ignorati).
Affrontarli come un problema di finanziamento (temporaneo) ai paesi in difficoltà nasconde la natura reale
di tali problemi.
Tali problemi possono essere risolti stabilmente soltanto in tre modi
1) Da una mutualizzazione dei debiti pubblici dei diversi paesi
2) Da trasferimenti dai paesi creditori ai paesi debitori (come avviene nelle singole economie o tra gli stati
negli USA)
3) Da una riallocazione reale di risorse tra i paesi in deficit e in surplus
Le prime due soluzioni sono oggi rese impossibile dalla resistenza dei paesi creditori e dai vincoli dei trattati
europei.
La terza soluzione può essere realizzata in due modi
3i) Da un aumento generale del livello di attività nelle economie europee che permetta ai paesi in difficoltà di
sollevarsi se non con l’aiuto volontario degli altri paesi almeno con lo stimolo offerto dalla crescita delle altre
economie
3i) Da politiche di svalutazione interna che permettano ad ogni paese di «farcela da solo»
Nell’attuale contesto europeo non cooperativo, questa è la sola soluzione finora percorsa e la sola di fatto
possibile.
ECB Economic Bulletin, maggio 2015
15,0
Saldo di conto corrente in % del PIL
10,0
Germania
5,0
0,0
Italia
-5,0
Spagna
-10,0
Grecia
-15,0
-20,0
Dopo la crisi i paesi del Sud Europa hanno effettuato un rilevante aggiustamento del conto corrente.
Grecia e Spagna passano da ingenti posizioni deficitaria e pareggio-surplus; l’Italia, rimuove il piccolo
deficit e passa in surplus. La Germania ha mantenuto un consistente surplus…
L’economia europea dopo la crisi, 2008-2015
Salari (1) Produttività (2) Occupazione (3)
Grecia
-2,3
-1,7
-21,7
Italia
0,6
-0,5
-2,8
Spagna
0,8
1,4
-12,7
Portogallo
0,2
0,7
-11,1
Euro Sud 0,4
0,2
-9,4
Francia
1,8
0,4
1,9
Germania
2,2
0,2
4,3
Euro Nord (6)
1,7
0,1
-1,7
Est Europa (7)
2,6
1,6
2,1
Industria (4)
-45,5
-14,3
-40,9
-26,7
-27,7
-7,2
-0,1
-11,9
-5,8
Inflazione (5)
1
1,5
1,1
1,1
1,3
1,1
1,2
1,6
2
1, Retribuzioni nominale per dipendente,
economia nel suo complesso, tassi di
variazione medi annui
2, Prodotto per occupato, economia nel
suo complesso, tassi di variazione medi
annui
3, Occupazione totale, variazione
complessiva 2008-20015
4, Occupazione nell’industria, variazione
complessiva 2008-2014
5, Tassi di variazioni medi annui dei
prezzi al consumo
6, Olanda, Finlandia, Belgio (medie
ponderate)
7, Repubblica Ceka, Ungheria,
Slovacchia, Slovenia, Polonia (medie
ponderate)
I paesi Euro-sud hanno affrontato la crisi con politiche di drastico contenimento salariale e di devastanti tagli
occupazionali, diversamente dai paesi Euro-nord e Est-Europa che sono riusciti ad aumentare i salari reali senza
gravi danni per l’occupazione.
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