La Parrocchia “spazio domestico di testimonianza dell’amore di Dio” nel territorio Secondo le indicazioni della Nota pastorale della CEI “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia” in una ecclesiologia di comunione 1 Alcuni interrogativi di partenza… L’impegno di servire i poveri in nome della Chiesa, pone un interrogativo importante: - La carità è uno dei vari compiti della Chiesa, è in concorrenza con la missione, o è un fatto centrale dell’ecclesiologia che trova nell’agápe (nell’amore gratuitamente ricevuto da Dio) una delle sue dimensioni costitutive? Il rischio di una visione riduttiva della carità a livello puramente funzionale per tranquillizzare la coscienza, o assistenzialistico e organizzativo, non è immaginario. (Il fare,l’elemosina e la beneficenza, anziché realizzare la condivisione…) Oggi due possibili derive: fare della parrocchia una comunità «autoreferenziale» Un «centro di servizi» per l’amministrazione dei sacramenti Per evitare ciò, alcuni interrogativi su cui misurarci: “Come intercettare i nuovi «luoghi»dell’esperienza umana così difficili e dispersi”? “Come accogliere e accompagnare le persone, tessendo trame di solidarietà in nome di un vangelo di verità e carità”? “Come far sì che la parrocchia sia porta di accesso al vangelo per tutti”? “Come sfuggire al pericolo di ridursi a gestire il folklore religioso o il bisogno del sacro”? (Cf. Il volto miss. delle parr. n.4). E’ necessario allora partire dall’origine, dal significato della della carità, dimensione costitutiva della comunità cristiana, in modo che ne conseguano scelte 2 e azioni adeguate di testimonianza. Sommario Quale carità? Quale testimonianza della carità? 1. Origine e struttura trinitaria della carità 1.1 Origine e struttura della comunità cristiana 2. La carità-Agápe dalla mensa eucaristica 2.1 Dall’Eucaristia la koinonia(comunione) 2.2 Dall’Eucaristia la diakonia (servizio) 3. E’ da considerare che… 4. Aspetto normativo della carità ispirato a Cristo 5. Dall’aspetto etico della carità a quello agapico, nell’ecclesiologia di comunione 6. La Novo Millennio Ineunte, afferma: 7. … Ed allora, cosa fare in concreto? 8. “Il volto missionario delle parrocchie…” indicazioni conseguenti… 9. Una testimonianza tradotta in presenza attenta sul territorio 10. Una testimonianza espressa nell’amore preferenziale per i poveri 11. La pastorale della carità per un cambiamento di mentalità 12. I segni di una comunità soggetto di comunione e di missione 3 4 1. Origine e struttura trinitaria della carità Nel N.T. quando si parla di agápe, si intende: Un amore che ci è gratuitamente donato fin dal battesimo: “L’amore (αγάπη) di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Un amore che ci rende partecipi della vita trinitaria: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore (αγάπη) di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo, sia con tutti voi” (2Cor 13,13) Un amore che ci fa nascere a vita nuova e ci fa conoscere Dio: “Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore (αγάπη) ” (1Gv 4,7-8). Un amore che ci fa vivere in comunione con Dio: “Dio è amore (αγάπη) ; chi sta nell’amore (αγάπη) dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1Gv 4,16). Tutta la storia della salvezza ci dice che Dio è carità. Un Dio che accoglie, perdona, rimane fedele al suo popolo, dona tutto di sé in suo Figlio e ci chiede di diventare dono. 5 1.1 Origine e struttura della comunità cristiana Il protagonista della vita della Chiesa non è il parroco, né il vescovo, né il Papa, né quindi l’operatore pastorale. E’ Gesù Cristo morto, risorto e presente in mezzo a noi, che ci orienta e ci porta al Padre, è lo Spirito Santo che ci suggerisce al momento giusto le cose che Lui ci ha detto. La struttura della chiesa è trinitaria. Il Padre manda il Figlio, che nella croce ci rivela il suo infinito amore e ci fa dono dello Spirito, per riportarci alla primitiva dignità. “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi… Ricevere lo Spirito Santo…” (Gv 20, 221-22). Quando si parla di missione nella Chiesa, si fa riferimento all’amore di Gesù Cristo sotto l’azione dello Spirito Santo da manifestare nella storia dell’uomo. Il cristiano è colui che crede a questo amore, lo accoglie, esperimenta che trasforma la propria vita e quindi sente il bisogno di comunicarlo ai fratelli che incontra. 6 2 La carità-agápe dalla mensa eucaristica - II banchetto eucaristico è “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (LG n. 11) “Non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra Eucaristia” (PO n 6) Le possibili risposte ai precedenti interrogativi, partono da un’unica prospettiva: “restituire alla parrocchia quella figura di Chiesa eucaristica che ne svela la natura di mistero di comunione e di missione” (Il volto missionario delle parr. N. 4). 7 2.1 Dall’eucaristia, la koinonia (1Cor 11, 17-34) L’espressione koinonia indica: la comunione con Dio Padre, in Cristo Signore nostro (1Cor1,9) 2. La partecipazione al corpo e sangue di Gesù (1Cor 10,16) 3. L’essere un cuor solo ed un’anima sola e il condividere tutto (Atti 4, 32-33). E’ nella partecipazione all’eucaristia che la comunità cristiana vivendo la koinonia, diventa luogo (casa) di comunione sperimentata, per poi essere testimoniata attraverso “la sollecitudine verso i più deboli e gli ultimi, il farsi carico degli emarginati, dei poveri antichi e nuovi, dei malati, dei minori in disagio” (Cf.Il volto missionario…n. 10). 1. 8 2.2 Dall’eucaristia la diakonia Gv 13, 1-34 L’evangelista Giovanni non racconta l’istituzione dell’eucaristia, ma ci riporta l’episodio della lavanda dei piedi, all’interno di quella cena rituale Ci tramanda anche le parole esplicative di Gesù: “Sapete ciò che vi ho fatto?... Se io il Signore, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato l’esempio…” (Gv (Gv 13, 1-11) 13, 12-17) Aggiunge poi: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato… Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli” Questo per indicare come servizio (diakonia) e amore fraterno (koinonia)nascono dal segno sacramentale (agápe), (Gv 13, 34) 9 E’ da considerare che … Gesù colloca nello stesso contesto dell'ultima cena l'istituzione dell'Eucaristia (che anticipa l’offerta della sua vita) la lavanda dei piedi la proclamazione solenne del comandamento nuovo dell’amore, indicando che solo se strettamente uniti, costruiscono la chiesa e la rendono credibile sul territorio. Domandiamoci: quanto invece le nostre celebrazioni, pur utilizzando parole e segni molto evocativi, rischiano di essere sterili, non promuovendo unità tra fede, rito e vita? 10 4. Aspetto normativo della carità ispirato a Cristo Un amore dimostratoci con la piena donazione : “… spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte” (Fl 2,5-8). Un amore che ci è stato donato e ci chiede di saper rispondere con la stessa misura: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fl 2,5). “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato” (Gv 13,34). “Quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli… Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,16-18). Un amore all’insegna della gratuità: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). Un amore fecondo: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi perché andiate e portiate frutto ed il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16). Un amore come segno di riconoscimento: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni gli altri” (Gv 13,35). 11 4.1 Dall’aspetto etico all’aspetto agapico nell’ecclesiologia di comunione La carità così impegnativa, è stata poco tematizzata in ecclesiologia e prevalentemente relegata nell’ambito morale, determinando una concezione legalista, precettistica, minimalistica, espressa con azioni episodiche attraverso l’elemosina, la beneficenza e vista solo come premessa all’evangelizzazione. E’ però da considerare che la persona con il battesimo è posta nella comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e riceve il dono della carità che, prima di essere virtù morale, è virtù teologale. Inoltre, l’agápe è ritenuta da S. Paolo energia che permette la conoscenza di Dio che supera ogni conoscenza (Ef 3, 14-19). “Prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza ed in ogni genere di discernimento” (Fl 1,9). Di conseguenza, è l’amore-agápe che costruisce la comunione con Dio e con i fratelli. Il cristiano è chiamato a testimoniare questo amore sul territorio. 12 13 La Novo Millennio Ineunte, afferma: “La carità è un ambito che qualifica in modo decisivo la vita cristiana, lo stile pastorale e la programmazione pastorale…” “Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremmo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli ha voluto identificarsi: «Ho avuto fame…” “Questa pagina non è un semplice invito alla carità: è una pagina cristologica… Su questa pagina non meno che sul versante dell’ortodossia, la Chiesa misura la sua fedeltà di sposa di Cristo” (NMI n. 49). 14 …ed allora, cosa fare in concreto? “Prima di programmare iniziative concrete, occorre promuovere una spiritualità della comunione come principio educativo, in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo, il cristiano, i ministri dell’altare, gli operatori pastorali…” (NMI n. “Spiritualità di comunione significa: 43). la comunità cristiana è chiamata ad essere profezia e segno (sacramento) della carità di Dio nella storia degli spazio domestico di testimonianza dell’amore di Dio” (Il volto miss… n. 10). Sguardo portato sul mistero della Trinità. Sentire il fratello come uno che mi appartiene. Vedere ciò che di positivo c’è nell’altro. Saper far spazio al fratello, portando i pesi gli uni degli altri. Senza questo cammino spirituale, a ben poco servono gli strumenti esteriori della comunione” (NMI n. 43) E’ la sua missione specifica. 15 Di conseguenza… Se Il cristiano è colui che: - crede all’Amore - lo accoglie - ne fa esperienza e quindi conosce Dio perché Dio è amore - questa conoscenza orienta il suo agire etico-religioso nell’andare verso i fratelli. Quindi Per comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, l’impegno a vivere e testimoniare la carità non è opzionale, episodico o legalistico, ma parte essenziale, costitutivo del suo essere e della sua missione. 16 Una testimonianza tradotta in presenza attenta sul territorio “La presenza della parrocchia sul territorio si esprime innanzitutto nel tessere rapporti diretti con tutti i suoi abitanti, cristiani e non cristiani, partecipi della vita della comunità o ai suoi margini. Nulla della vita della gente, eventi tristi o lieti, deve sfuggire alla presenza attenta della parrocchia, fatta di prossimità, condivisione, cura” (Il volto… n.10) E’ l’ora di una nuova ‘fantasia della carità’, che si dispieghi non tanto e non solo nell’efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre, così che il gesto di aiuto sia sentito non come obolo umiliante, ma come fraterna condivisione” (NMI n. 50 ). Sul territorio, per il cristiano e per la comunità, si gioca la doppia dimensione della carità: a livello di rapporti interpersonali caratterizzati dalla condivisione a livello di impegno sociale, “essendo capaci di interloquire con gli altri soggetti sociali nel territorio, per la costruzione del bene di tutti” (Il volto… n. 10). L’impegno politico è la “maniera esigente di vivere l’impegno 17 cristiano a servizio degli altri” (OA n. 46). Una testimonianza espressa nell’amore preferenziale per i poveri “Presenza nel territorio vuol dire sollecitudine verso i più deboli e gli ultimi (Il volto... n. 10) “Stando alle inequivocabili parole del Vangelo, nella persona dei poveri c’è una Sua speciale presenza, che impone alla Chiesa un’opzione preferenziale per loro (NMI n. 49). La scelta preferenziale dei poveri, non è un fatto sociologico, ma è dettata da: motivi di giustizia di fedeltà a Gesù, che ha avuto costantemente un’attenzione privilegiata per loro. “L’apertura della carità, non si ferma ai poveri della parrocchia: si preoccupa anche di far crescere la coscienza dei fedeli in ordine ai problemi della povertà del mondo, dello sviluppo della giustizia, della pace…” (Il volto… n. 10) Esistono tante forme di disagio… Poveri sono non soltanto coloro che mancano di beni materiali. Alle diverse forme di povertà, vanno date risposte adeguate. 18 Una testimonianza che educa alla «pastorale integrata» E’ finito il tempo della parrocchia autosufficiente. “La parrocchia ha urgenza di muoversi raccordandosi con le parrocchie vicine, nel contesto delle unità pastorali, delle vicarie e delle zone, superando tendenze di autosufficienza e investendo in modo coraggioso su una pastorale d’insieme” (Il volto… nn. 10-11). Specialmente l’esercizio della carità esige una logica «integrativa», cercando di mettere le parrocchie «in rete», puntando ad una pastorale d’insieme (Il volto… n.11). La logica integrativa oltre al rapporto tra le parrocchie, ancora prima si richiede tra le parrocchie e la Chiesa particolare. (Il volto… n. 11). 19 LA PASTORALE DELLA CARITA’ PER UN CAMBIAMENTO DI MENTALITA’ La pastorale della carità è un insieme di azioni organiche, pensate e progettate all’interno del C.P.P., allo scopo di far vivere alla parrocchia concretamente e continuativamente il comandamento dell’amore in termini di condivisione con chi è in difficoltà. Per essere organica, incisiva ed efficace, Nasce dal vedere, osservare e discernere la realtà. Richiede di essere pensata, progettata, verificata insieme. Deve saper coinvolgere l’intera comunità, facendola diventare soggetto di carità. Deve essere manifestazione evidente dell’amore gratuito di Dio per la persona. 20 Una testimonianza che educa alla «pastorale integrata» E’ finito il tempo della parrocchia autosufficiente. “La parrocchia ha urgenza di muoversi raccordandosi con le parrocchie vicine, nel contesto delle unità pastorali, delle vicarie e delle zone, superando tendenze di autosufficienza e investendo in modo coraggioso su una pastorale d’insieme” (Il volto… nn. 10-11). Specialmente l’esercizio della carità esige una logica «integrativa», cercando di mettere le parrocchie «in rete», puntando ad una pastorale d’insieme (Il volto… n.11). La logica integrativa oltre al rapporto tra le parrocchie, ancora prima si richiede tra le parrocchie e la Chiesa particolare. (Il volto… n. 11). 21 Promuovendo strumenti e modalità “Gli orientamenti pastorali per gli anni ’90 chiedevano una «Caritas parrocchiale in ogni parrocchia»: è un obiettivo da realizzare ancora in molti luoghi” (Il volto… n. 10). “La rimozione degli ostacoli che impediscono la piena presenza dei disabili, è anch’esso un segno che va ovunque attuato” (Il volto… n. 10). “La visita ai malati, il sostegno alle famiglie che si fanno carico di lunghe malattie, va assicurato anche con nuove ministerialità” (Il volto… n. 10). Centro d’ascolto, centro d’accoglienza, mensa, forme di accompagnamento, sono servizi, luoghi, modalità, dove le nuove ministerialità hanno possibilità di esprimersi. 22 In conclusione, i segni di una comunità cristiana soggetto di comunione Stile di corresponsabilità nella vita ecclesiale (conoscere i problemi, affrontarli e tentare di risolverli insieme). Capacità di lavorare insieme, coinvolgendo Associazioni, Gruppi, volontari… nelle iniziative di carità, in modo «integrato». Attenzione alle situazioni di sofferenza e di bisogno e prontezza a dare risposte in termini di servizio e condivisione. Progettuaità, creatività e fantasia, per realizzare iniziative ‘comuni’ di solidarietà. Impegno della comunità a diventare anima del mondo, riconoscendo l’oggi di Dio. 23