Il pensiero radicale islamico o neofondamentalismo Fondamentalismo/i • Il termine viene dal movimento protestante che tra il XIX e XX sec si forma intorno ad alcuni fundamentals: si sosteneva l’interpretazione letterale della Bibbia nella vita cristiana. In generale indica un movimento di chiusura alla modernità. • una ideologia e un movimento sociale che utilizza simboli e valori di una tradizione religiosa per fini sociali e politici. Da luogo a una subcultura politicoreligiosa, una forma conflittuale di spiritualità in risposta alla crisi/paura dei ‘pericoli’ della modernità. • Differenze in base al grado di politicizzazione, all’uso della violenza, al livello consenso sociale, alla presenza dentro le istituzioni. • Fondamentalismo protestante negli Usa. Oggi circa 10-20% di cristiani “rinati” di cui un quarto sembra appartenere a gruppi radicali, violenti, razzisti… Gli affiliati alle organizzazioni della destra cristiana sono circa 4 milioni. • Vari gruppi (per la supremazia bianca, anti comunisti, omofobici, anti-abortisti...) gravitano attorno a una sorta di coalizione politico-sociale: the christian identity movement. La fine dell’epoca classica • L’epoca classica dell’Islam si può estendere fino al XVI secolo (decimo secolo dell’Egira), coincidente con il primo millennio della storia musulmana. • Il primo millennio della storia musulmana si conclude nell’anno 1591 del calendario gregoriano, in un’epoca in cui comincia a farsi pressante l’esigenza di un rinnovamento (tajdīd). • Nonostante sia l’epoca dei grandi imperi sovranazionali che si spartirono le terre dell’Islam, è un’epoca di ripiegamento e crisi. • Il tentativo di arginare la decadenza e di modernizzarsi si concilia con l’affermazione di una visione involutiva della storia, in cui si guarda al passato come ad un’epoca d’oro: utopia retrospettiva. • Il discorso retorico che si afferma in questo periodo ed oltre è quello del “tornare alle origini”, ai testi sacri, ai fondamenti religiosi, al fine di generare un RISVEGLIO spirituale, sociale, economico e politico. Niente di nuovo rispetto a quanto propugno il teologo Ibn Taymiyya (m. 1328) sulla necessità di interpretare il contenuto del Corano in termini spirituali e non fermarsi alle sole scuole giuridiche • Eppure con la costituzione del regno saudita si avvia una chiusura rigorosa e legalista dell’interpretazione delle scritture, d’ora in poi in mano ai dottori della Legge L’età moderna nel mondo musulmano • L’impero ottomano comincia già nel secolo XVII la sua lunghissima agonia, perdendo ampi territori. • Il 1798 è considerato l’anno dell’entrata nella modernità del mondo islamico, con la spedizione di Napoleone Bonaparte, che si concluderà politicamente con un nulla di fatto ma avrà una enorme importanza sul piano socio-culturale per il mondo musulmano. • È il primo vero impatto con l’Occidente. • Si inaugurano le scienze orientalistiche, si comincia a parlare di questione d’Oriente. L’epoca di Muhammad ‘Ali L’albanese Muhammad ‘Ali è considerato il fondatore dell’Egitto moderno. Dopo aver eliminato la vecchia classe dei Mamelucchi, regna (1805-1849) in modo del tutto autonomo rispetto agli Ottomani e porta a compimento una grandiosa opera di riforma economica e amministrativa, a cominciare dall’esercito e dall’istruzione. Fondamentali per il rinnovamento del pensiero musulmano furono le missioni di studenti mandati in Europa (Tahtawi e “L’oro di Parigi”), l’introduzione della stampa e la fondazione di alcune scuole (medicina, lingue). Sarà dall’Egitto, ma anche dalla Siria e dal Libano, che partirà la corrente di modernizzazione dell’Islam, all’interno della quale cominciano a delinearsi i concetti di nazione, nazionalità, patria, ma anche panarabismo (in senso ovviamente anti-ottomano). Il ripiegamento dell’Islam su se stesso • Nello stesso periodo della spedizione napoleonica, nelle remote aree della penisola arabica nasce un movimento di pensiero puritano e intransigente, che si rifaceva alla scuola giuridica sunnita hanbalita, la più chiusa: il Wahhabismo, dal nome del suo eponimo Muhammad ibn ‘Abd al-Wahhab (1703-1792). • Esso riesce, grazie all’alleanza politica (1744) con la famiglia Sa‘ud, che governava la regione del Nagd, a divenire il nerbo di un forte Stato che sarebbe diventato, nel 1932, lo Stato dell’Arabia Saudita, che ancora oggi ha il wahhabismo come sua ideologia ufficiale. • Il wahhabismo condanna anche la religiosità delle confraternite (turuq o tariqāt) sufi, espressione della religiosità popolare. Fondamentalismo e neofondamentalismo • L’origine del cosiddetto fondamentalismo islamico (o meglio, radicalismo islamico) si fa risalire alla nascita dei Fratelli Musulmani in Egitto nel 1928. • Con il termine neo-fondamentalismo ci si riferisce più nello specifico al variegato movimento radicale e militante sorto alla fine degli anni Settanta del XX secolo, a seguito di alcuni avvenimenti di rilievo e basato sull’elaborazione teorica di alcuni pensatori contemporanei, sia in ambito sunnita che sciita. • Qualche decennio dopo, nel cuore dell’impero ottomano e nel Vicino Oriente, nell’epoca seguente lo sbarco napoleonico, si assiste ad una ventata di riformismo occidentalizzante. • Riforme sotto il califfo ottomano Mahmud II (1808-1839) e soprattutto le Tanzīmāt sotto suoi successori ‘Abd al-Mejid (1839-1861) e ‘Abd al-Hamid II (1876-1909). • La definizione della cittadinanza in senso moderno prende il posto dell’obsoleta distinzione fra musulmani e dhimmi. • Anche il riformismo musulmano (islāh) condanna le forme mistiche dell’Islam come retrograde e le accusa di mantenere la religione in uno stato di arretratezza e ignoranza. • È l’epoca della irruzione della modernità, ma anche del colonialismo, e delle contraddittorie risposte che ad essa la cultura islamica cercò di dare per rispondere ad una sfida epocale destinata a perdurare fino ai nostri giorni. Cenni sull’ideologia dei Fratelli Musulmani Ideologia di riferimento di gran parte dei gruppi e movimenti della galassia islamica radicale contemporanea. Il movimento è fondato da Hasan al Banna’ (1906-1949) e si diffonde nell’Egitto sotto dominazione britannica, all’indomani dell’abolizione del califfato da parte di Mustafa Kemal, detto Ataturk (1924). L’ideologia del gruppo si condensa in 5 punti: Dio è il nostro scopo Il Messaggero il nostro modello Il Corano la nostra Legge Il jihad il nostro cammino Il martirio il nostro desiderio. Si possono definire un vero e proprio movimento religiosopolitico, dalle efficaci modalità d’azione sul sociale, rinforzate dai metodi della capillare propaganda (da‘wa). Furono molto vicini agli Ufficiali Liberi del gen. Nasser e alla rivoluzione del 1952, poiché la loro ideologia sembrava avere molti punti in comune con il socialismo nasseriano. Ma la “luna di miele” con Nasser si interrompe presto e due grandi ondate di repressione si scagliarono contro l’associazione, la prima nel 1954 e la seconda nel 1966 (centinaia di arresti, condanne a morte, torture, sparizioni, campi di concentramento). Per circa due decenni il pensiero fondamentalista sembrò entrare in una fase di declino mentre ideologie forti come il nazionalismo, il panarabismo, il socialismo si diffondevano in seno al mondo musulmano. Gli eventi fondamentali per la nascita del neofondamentalismo Firma degli accordi di Camp David e successivo trattato di pace fra Egitto e Israele (17.09.1978/26 marzo 1979) La rivoluzione iraniana (1 febbraio 1979) L’invasione sovietica dell’Afghanistan (4 novembre 1979) I teorici del neofondamentalismo Abu’l ‘Ala Mawdudi (1903-1979) Sayyid Qub (1906-1966) Muhammad Baqir al Sadr (1933-1980) Ali Shariati (1933-1977) Ruhollah Khomeini (? 1989) Sayyid Qutb (1906-1966) Scrittore molto noto in Egitto, si iscrive alla Fratellanza nel 1951 dopo un viaggio negli Stati Uniti. Scrive Ma‘ālim fi’l-tariq (Segnali lungo la via) negli anni ‘60, in carcere. Riprende e radicalizza i concetti del pakistano Mawdudi: hakimiyya, ‘ubudiyya, ma soprattutto jāhiliyya (ignoranza preislamica). Proclama gli Stati della sua epoca, a cominciare da quello nasseriano, jāhilī e kafīr (ignoranti e miscredenti). La scomunica (takfīr) si sostanzia nella necessità di rovesciamento dei regimi al potere: “il loro sangue è lecito”. Islamizzazione violenta, dall’alto, attraverso l’azione santa di un’avanguardia della fede. Sarà giustiziato da Nasser nel 1966, divenendo il più noto martire (shahīd) dei Fratelli Musulmani. Abu’l ‘Ala Mawdudi, la jāhiliyya, il Pakistan (1903-1979) La jāhiliyya è l’età preislamica, l’età dell’ignoranza e della miscredenza. Scrive “Al-jihād fi’l-islām” (Il jihad nell’Islam) alla fine degli anni ‘20. Ogni nazionalismo è “empietà” (kufr). La sovranità è solo di Dio e solo Lui va adorato (hakimiyya e ‘ubudiyya). Fonda la Jamā’at-e islāmi nel 1941, movimento di cui sarà “emiro” fino al 1972. È il pioniere di quella rottura culturale alla base del pensiero islamico radicale: tuttavia non incita alla rivoluzione sociale, bensì alla partecipazione politica. È contrario ad uno Stato dei musulmani in Pakistan, propone invece uno Stato islamico esteso a tutta l’India. • Dopo la costituzione dello Stato del Pakistan (1947), Mawdudi si batte per impedire l’adozione di una Costituzione laica; sarà più volte in prigione e verrà anche condannato a morte nel 1955. • Tuttavia riesce a sfuggire alla pena e comincia un periodo d’intensa attività, con viaggi frequenti e l’elaborazione della sua opera più importante, un personale commentario del Corano. • Stringe forti rapporti con l’Arabia Saudita, e tra il 1961 e il 1962, contribuisce a redigere il programma di studi dell’Università Islamica di Medina. • Sarà fra i fondatori della Lega islamica mondiale o Lega del Mondo Musulmano, fondata alla Mecca nel 1962. • Appoggerà il colpo di Stato che nel 1977 porta al potere il generale Zia ul-Haqq, fautore di un progetto di islamizzazione del Paese, dopo la parentesi “socialista” di Ali Bhutto. • Colui che ne riprenderà il pensiero sarà l’egiziano Sayyid Qutb. Il pensiero fondamentalista in contesto sciita • La lettura politica e militante dell’Islam, nata in contesto sunnita, trova in ambito sciita due interpreti importanti che, pur essendo molto differenti uno dall’altro, saranno all’origine dell’ideologia fondante la repubblica islamica d’Iran del 1979: l’ayatollah iracheno Muhammad Baqir al-Sadr (1933-1980) e l’intellettuale iraniano ‘Ali Shariati (1933-1977), il cui pensiero influenzerà molto quello dell’ayatollah Khomeini. Muhammad Baqir al Sadr (1933-1980) • Dopo essersi formato alla importante scuola di Najaf, in Iraq (insieme a Qom in Iran, città santa dello Sciismo), diventa mujtahid (interprete) a soli vent’anni. • Il suo pensiero sostanzialmente mira a risvegliare e mobilitare la gioventù sciita irachena, presentando un modello di pensiero e di società islamica non contaminati dalle influenze ideologiche laiche, come il comunismo. • Studia la filosofia occidentale, leggendo soprattutto Hegel e Marx. • Elabora un concetto di economia islamica e un concetto di politica islamica che sarà alla base del concetto di velayet ifaqih di Khomeini. • I rapporti sempre più stretti con gli iraniani e con gli sciiti del Libano, ma soprattutto le sue fatwa contro il potente partito Ba‘ath* iracheno, che sempre più cercava di controllare e svalorizzare il clero sciita, ne fanno un bersaglio del potere politico: sarà più volte arrestato e poi assassinato insieme alla sorella Amina nel 1980. * Nato in Siria nel 1947, il partito della “Resurrezione”, laico e nazionalista, si diffonde contemporaneamente in Iraq. Sarà controllato sin dagli anni Cinquanta da Saddam Hussein in Iraq e in Siria da Hafez al-Assad. ‘Ali Shari‘ati (1933-1977) • Formazione in Lettere e sociologia (dell’islam), con dottorato a Parigi, in pieno clima esistenzialista e marxista. • Il suo rifiuto dell’occidentalizzazione forzata si sposa con la riscoperta dell’Islam come religione dei diseredati. • A causa della sua interpretazione della storia e dello sciismo viene arrestato più volte e sospeso dall’insegnamento universitario a Teheran. • Morirà in circostanze misteriose a Southampton, in Gran Bretagna. • E chiamato l’ideologo della rivoluzione, ma fu criticato dal clero sciita per il suo “sciismo rosso” RUHOLLAH KHOMEINI (19021989) Pubblica nel 1970 Velayat-e faqīh: hukumat-e islāmi (La guida del giurisperito: Il governo islamico), in cui espone i principi cardine della futura repubblica islamica iraniana. Riesce a far propri sia i fondamenti tradizionali dello sciismo meno quietista che i codici utilizzati dai giovani socialisti e marxisti. Il mito fondante di Kerbela, ma anche la dicotomia “oppressi e oppressori”, “diseredati e arroganti” (mostada’fīn e mostakbirīn) del filosofo ‘Ali Shariati. Diviene il portavoce dei diseredati e come tale rientra trionfalmente in Iran il 1 febbraio 1979 alla fine della rivoluzione che scaccerà lo Shah Reza Pahlavi. Gli accordi di Camp David fra il presidente egiziano Sadat e il primo ministro israeliano Begin sanciscono il riconoscimento da parte dell’Egitto dello Stato di Israele. Il mondo arabo considera gli accordi un tradimento della causa araba per eccellenza, quella palestinese: il “tradimento” di Sadat sarà pagato con la morte (ottobre 1981). Ricordiamo le tappe fondamentali del lungo conflitto arabo-israeliano: Le guerre arabo-israeliane iniziano con il 1948 (fondazione Stato di Israele, battezzata dagli arabi la Nakba, catastrofe) e poi proseguono con il 1956 (seconda guerra araboisraeliana), ma soprattutto con la guerra del 1967, detta “dei sei giorni”, che sancisce la cocente sconfitta dei paesi arabi (Egitto e Siria, cui si alleano Giordania e Iraq). Con questa guerra lampo Israele conquista il Sinai, le alture del Golan, la Cisgiordania, Gaza, Gerusalemme est (i “Territori occupati”), quadruplicando il suo territorio. La risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che chiedeva il ritiro di Israele dai territori occupati in cambio del riconoscimento da parte degli Stati arabi e della cessazione dello stato di guerra, rimarrà lettera morta. La rivoluzione iraniana • All’inizio del 1979 le rivolte popolari che da mesi sconvolgevano l’Iran dello shah Reza Pahlavi (sul trono dal 1941) si concludono con la fuga del sovrano e con il rientro, il 1 febbraio, dell’ayatollāh (segno di Dio) Ruhollah Khomeini, che aveva assunto dall’esilio parigino la guida spirituale della rivolta stessa. • L’Occidente assiste sconcertato alla fine di uno dei regimi ritenuti più stabili e più vicini all’Occidente, in un’area di grandissima importanza strategica ed economica, e alla presa di potere di un regime teocratico di mullāh e ayatollāh, per il quale Stati Uniti e tutto l’Occidente erano considerati il “Grande Satana”. La repubblica islamica d’Iran Dopo la vittoria e il rientro trionfale dell’ayatollah Khomeini in Iran, l’obiettivo di fondare un governo teocratico fu perseguito attraverso la realizzazione di alcuni punti fondamentali: venne nominato un governo provvisorio affidato al liberale Mehdi Bazargan, ma il potere reale fu posto nelle mani del Consiglio della rivoluzione islamica, formato da ‘ulama’ fedeli a Khomeini. Fu fondato il Partito della Rivoluzione Islamica (PRI). La Rivoluzione non era stata vinta solo dalle componenti religiose ma da tutte le opposizioni politiche al governo corrotto e dispotico dello Shah Reza Pahlavi, che fuggì negli USA. Ma Khomeini riuscì a sbarazzarsi gradualmente di tutti gli alleati scomodi, dall’estrema sinistra al clero a lui non favorevole. Si crearono i komiteh (comitati di salute pubblica per il controllo della moralità e della pratica religiosa) e le milizie dei pasdaran, votati al martirio. Si crearono tribunali rivoluzionari e fondazioni islamiche che divennero potentissime. Nel marzo 1979 un referendum sanzionò la nascita della repubblica islamica d’Iran. L’Assemblea degli esperti scrive una nuova Costituzione basata sul principio del velayat e-faqīh (governo del giurisperito, faqīh). Novembre 1979: crisi degli ostaggi americani (sequestro del personale dell’ambasciata americana a Teheran, che si protrarrà fino al gennaio 1981), Bazargan diede le dimissioni: il potere si era liberato del suo primo alleato scomodo, la componente liberale. Pochi mesi dopo fu arrestato il più autorevole degli ayatollah contrari a Khomeini, Shariat-Madari, che rimase agli arresti domiciliari fino alla morte (1986). Scoppia nel 1980 la guerra Iran-Iraq che si protrarrà fino al 1988. Khomeini morirà nel 1989, dopo aver lanciato la terribile fatwa contro lo scrittore anglo-pakistano Salman Rushdie, autore dei “Versetti satanici”. L’invasione sovietica dell’Afghanistan - Il 4 novembre 1979 l’Armata rossa sovietica entra in Afghanistan, in aiuto del regime filosovietico in difficoltà (i comunisti afghani erano al potere dall’aprile 1979). - Gli Stati Uniti, che contemporaneamente vivono l’umiliazione degli ostaggi a Teheran (4 novembre 1979-1 gennaio 1981, giorno del giuramento del nuovo presidente Ronald Reagan), adottano immediatamente una strategia (containment) di aiuto sostanzioso ai mujāhidīn della resistenza afghana (senza fare troppi distinguo su chi stanno finanziando e senza entrare nello specifico delle questioni religiose). - L’Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo contribuiscono generosamente in armi, danaro e poi uomini, a fianco del loro grande alleato americano. - La causa del jihād afghano diviene la causa militante per eccellenza nel mondo musulmano e permette di convogliare verso quella regione la militanza e il fervore religioso di centinaia, e poi migliaia, di aspiranti combattenti. • A Peshawar, vicino al confine nord occidentale del Pakistan, si creò un centro di resistenza dove emersero ben sette partiti, tre più moderati e quattro militanti, ai quali il governo pakistano di Zia ul-Haq diede sostegno, con particolare predilezione per quelli più estremisti, a cominciare dall’hezb-e islāmī di Hekmatyar. • Nei campi profughi dove si accalcavano tre milioni di persone, emerse la prima generazione di afghani scolarizzati presso le madrasa di ispirazione deobandi (corrente di pensiero religioso conservatore sviluppatasi nel subcontinente indiano e in Afghanistan alla metà del XIX secolo) controllate proprio dall’hezb-e islāmī di Hekmatyar. • Penetrano così le idee islamiste radicali e si crea una nuova figura di militante dalla “personalità islamica universale” infarcita di wahhabismo, ideologia deobandi e militarismo, che si sente soggetto solo alle fatwa di quegli ‘ulamā’ che incitavano alla lotta armata e all’odio per l’occidente, pronto a combattere ovunque fosse necessario nel mondo musulmano. • Da queste scuole e da questi campi profughi nascono i talebani in Afghanistan, ma anche altri gruppi che si diffonderanno per esempio in Pakistan, portando il jihād in Kashmir. • La resistenza fu sostenuta da supporti esterni, americani in primo luogo, ma anche arabi: entrarono in gioco pesantemente i servizi segreti sauditi, il comitato creato ad hoc dal principe saudita Salman, governatore di Riyadh, e la Lega islamica mondiale. • Perché tutto il sistema reggesse erano ovviamente necessari degli uomini fidati in loco: giungono così i primi volontari arabi che svolgono inizialmente attività umanitarie come delegati della Mezzaluna Rossa o di altre associazioni islamiche, ma di lì a breve iniziano ad esercitarsi in campi paramilitari. • I “jihād tours”, come li ha definiti Gilles Kepel, comprensivi di indottrinamento religioso e preparazione militare, permettevano ai giovani sauditi di passare “qualche settimana di jihād” in Afghanistan. • Alla fine l’Armata Rossa, sconfitta, si ritira nel febbraio 1989. Di lì a breve l’URSS non esisterà più. • Gli Stati Uniti riducono il sostegno alla causa afghana e l’Arabia Saudita, meno preoccupata della concorrenza dell’Iran khomeinista, allenta il suo impegno e, soprattutto, lo indirizza esclusivamente verso l’estremista Hekmatyar. • Il territorio afghano emerge dal conflitto ancor più frazionato in zone rette da “signori della guerra” che governano antichissime comunità etnico-tribali. • L’Afghanistan viene quasi dimenticato perché il mondo è catturato da un altro drammatico avvenimento: l’Iraq di Saddam Hussein invade il Kuwait (2.8.1990). • Inizia l’epoca del regime talebano (1996, conquista di Kabul), che governerà un Afghanistan distrutto dalla guerra e in preda al caos e al terrore, ufficialmente fino alla fine del 2001 quando intervenne una coalizione NATO alla caccia di Osama bin Laden. Il pensiero islamico militante o neofondamentalismo • Va sottolineato infine un altro elemento importante: alla fine degli anni Settanta del XX secolo, alla tradizionale figura del dotto in scienze religiose (‘alim), si affianca una nuova figura di letterato, istruito secondo un sistema moderno, ma comunque vicino all’identità musulmana, contestatario e militante. • Il discorso religioso e la contestazione politica si concentrano nel luogo deputato all’aggregazione, sia in ambito cittadino che rurale: la moschea. • Il discorso radicale non è in realtà un discorso di fede, bensì politico, poiché costruisce una nuova ideologia incentrata sul concetto nuovo di Stato islamico. L’irrompere del pensiero radicale islamico • La nascita dell’islam militante (il cosiddetto fondamentalismo islamico) risale ai primi decenni del XX secolo. Accanto al recupero del proprio patrimonio culturale (turah) si sviluppa l’idea della necessità della rivoluzione (thawra) sia in senso nazionalistico che in senso culturale, contro l’ingerenza occidentale e la perdita della propria identità culturale e religiosa.