L`orecchio ha una sua anatomia di cui dobbiamo tener conto

CHIRURGIA PLASTICA del 05.12.2003
Prof. Valerio Cervelli
L’orecchio ha una sua anatomia di cui dobbiamo tener conto durante la ricostruzione.
Ovviamente per malformazione possiamo considerare anche l’orecchio a “ventola”
che è un aumento del fisiologico angolo di curvatura rispetto al cranio che è di 30°60°, dipende anche dalla conformazione del cranio. L’orecchio a ventola ad esempio
si può avere per una carenza della plica dell’ANTELICE, come anche un eccesso
della CONCA. Si possono avere delle lesioni del lobo dell’orecchio dovute per
esempio a strappo dell’orecchino, oppure ad orecchini troppo pesanti. Ci possono
essere delle malformazioni del TRAGO (tubercolo del Trago) oppure
dell’ANTITRAGO. Poi abbiamo il meato uditivo e la conca. La conca è la parte più
concava dell’orecchio dove finisce la radice dell’elice. L’antelice finisce nella fossa
triangolare ed è data dalla biforcazione delle due cruss dell’antelice. La
vascolarizzazione è data in parte dall’A. Temporale (superf.) e in parte da rami
dell’A. Occipitale (arteria auricolare post. ramo della carotide esterna).
L’innervazione è data per la maggior parte dalla branca del N. Grande Auricolare
posteriormente. Durante gli interventi di chirurgia estetica dell’orecchio bisogna stare
attenti a non ledere questi rami nervosi della branca auricolare posteriore, altrimenti il
pz. avrà risolto il problema estetico ma avrà il problema della insensibilità completa
della cute del padiglione auricolare. Ovviamente l’orecchio ha un suo sviluppo da
gemme embrionali che danno origine alle varie parti. Esistono malformazioni minori
che possiamo catalogare come difetti estetici ( orecchio a sventola, assenza del trago,
la curvatura anomala del padiglione auricolare etc). Poi c’è una serie di
malformazioni vere e proprie; ovvero “l’orecchio a nocciolina” , ipoplasia o agenesia
aureis propriamente detta che necessitano di tecniche ricostruttive vere e proprie
abbastanza complicate.
Ci sono delle tecniche chirurgiche di correzione dell’orecchio a sventola che fanno
parte della chirurgia estetica e che consistono nella 1)sottrazione di cartilagine
attraverso un incisione retroauricolare parallela alla piega retroauricolare quindi
nascoste 2) rimaneggiamento della cartilagine auricolare quindi aumento delle
plicature ad esempio in caso di deficit di curvatura dell’antelice oppure
indebolimento delle strutture e successiva immobilizzazione dell’orecchio nella
nuova posizione. Esistono poi delle tecniche di chirurgia ricostruttiva ben più
importanti. La storia della ricostruzione dell’orecchio è legata a queste immagini di
Tanz-Brent (???) utilizzando le cartilagini costali. Vedete questo è il piastrone
sternale con l’attacco delle coste che nella parte vicina allo sterno è di tipo
cartilagineo, soprattutto nel pz. giovane (l’anziano avrà una ossificazione di queste
cartilagini che non saranno ovviamente utilizzabili). Si tratta quindi di prelevare il
piastrone sternale, di mettere da parte un cuneo di cartilagine (tesaurizzato) che
servirà in seguito. Ognuna delle zone prelevate, vedete la n.1 la due o la tre, servono
poi per essere scolpite e dare origine a qualcosa di questo tipo. Cioè un pezzo di
cartilagine che viene opportunamente modellato con degli escavatori, vedete vi
ricordate l’immagine precedente no, questo è il prima e questo è il dopo. L’immagine
successiva dopo l’asportazione delle parti. E’ un lavoro di tipo certosino, di
modellazione con questi escavatori delle cartilagini costali, che vengono poi inserite a
livello sottocutaneo nella zona ricevente senza asportazione dei residui dell’orecchio
precedente (orecchio a nocciolina). Questo è un orecchio accartocciato, vedete che
viene ridisteso poi in fase successiva viene ricostruito il lobulo e è stato inserito il
piastrone di cartilagine costale in sede sottocutanea. Poi c’è un terzo tempo di
creazione del trago rimodellando le strutture preesistenti. Il quarto tempo chirurgico è
la ricostruzione del solco retroauricolare, perché fino a questo punto l’orecchio era
attaccato al cranio, con il posizionamento di questo famoso cuneo che avevamo
prelevato prima e tesaurizzato sottocute in posizione retroauricolare (il prof. dice:
proprio la classica zeppa per creare la spaziatura rispetto al cranio). A questo punto
sorgevano i problemi della tecnica di Brent, che una volta distaccata dal cranio e dal
periostio del cranio che gli forniva vascolarizzazione e nutrimento, l’orecchio si
riassorbiva. Quindi si è pensato di supplire alla cosa con una copertura con la fascia
occipitale che vedete era scolpita posteriormente, per portare vascolarizzazione con
l’arteria occipitale. Cioè il cuneo veniva ricoperto con questo lembo di fascia scolpito
da dietro. Oppure poteva essere utilizzato un lembo di tipo temporale. La tecnica di
Brent oggi non viene più usata, e la tecnica più usata oggi è quella di Nagatà o di
…..(dottoressa francese) che dir si voglia. La tecnica prevede la ricostruzione
dell’orecchio in tempo unico. Quindi prelievo delle cartilagini, rimodellamento,
riposizionamento in tempo unico. In pratica a prescindere dalla tecnica usata, quello
che è importante è ricostruire tutte le parti dell’orecchio (elice, antelice, trago etc..). I
limiti della tecnica di Brent sono nella regione del trago, dell’antitrago e delle radici
dell’elice, dove si può verificare un riassorbimento delle cartilagini. Per questo che
Nagatà e …… hanno modificato quella tecnica facendo delle mini incisioni (cioè
senza aprire tutta la cute) perché si è visto che potevano esserci dei difetti di
guarigione della cute e la cartilagine non vascolarizzata veniva sputata fuori. Quindi
limitare le incisioni, inserire le cartilagini rimodellate e legate tra loro da fili di
acciaio che non si riassorbono, che sono sufficientemente elastici da non romperle.
Viene sempre applicato un drenaggio, in modo da creare il vuoto, e quindi l’aderenza
completa del tessuto cutaneo e sottocutaneo attorno all’innesto cartilagineo. Poi punti
transfissi che immobilizzano la cute attorno all’innesto ed un moulage di garza grassa
ad immobilizzare ed a schiacciare la pelle sopra l’innesto cartilagineo in modo da
ridurre ir rischio di ematomi sottocutanei che ovviamente interponendosi tra cute e
innesto impediscono l’integrazione. Nagatà quindi descrive questo famoso lembo di
fascia temporale profonda che contiene l’arteria temporale, che viene ribaltato dietro
la superficie dell’orecchio e che deve portare vascolarizzazione all’innesto
cartilagineo nella fase del distanziamento dell’orecchio dal cranio.
Sono stati tentati anche dei prelievi da cadavere di cartilagine auricolare, ma con
risultati molto scarsi, in quanto troppo sottili e poco resistenti rispetto a quelle
sternali.
Purtroppo con questa tecnica il risultato non è mai esteticamente perfetto, e inoltre
possono esserci delle complicazioni come la necrosi cutanea con esposizione
dell’innesto. E’ per questo che all’utilizzo di queste cartilagini costali si è in qualche
modo cercato di ovviare con dei metodi diversi e quindi con l’IMPLANTOLOGIA
OSTEOINTEGRATA. Questi impianti prevedono dei connettori transcutanei di 3-4
mm, che utilizzano il principio dell’implantologia orale nata nel ’69 ed utilizzata per
25 anni, capace di sostenere un carico di oltre 70 Kg ( quindi in grado di reggere una
protesi). Si usa l’implantologia per ovviare a quelle complicanze viste
precedentemente e in quei pz che non possono tollerare, per le loro condizioni
generali, quattro cinque interventi chirurgici per la ricostruzione dell’orecchio;
oppure per la preferenza del paziente ( risultato estetico perfetto).
I tempi chirurgici del posizionamento degli impianti sono: posizionamento delle viti
dentro l’osso, l’osteontegrazione e l’ancoraggio dell’epitesi (cioè della parte esterna).
Oggi si tutto in un unico tempo. Con una fresa da 4 mm andiamo a scavare un
buchino, maschiando cioè creando l’avvitatura della vite, per poi posizionare la vite a
cui si attacca un connettore trans-cutaneo di titanio. Viene poi costruita in laboratorio
una barra in oro platino che funge da ritentore o ancoraggio rigido per un orecchio di
silicone morbido con delle clips di ancoraggio. Precedentemente venivano usati
anche dei magneti per l’ancoraggio, oggi questi sono riservati per l’ancoraggio di
orbita. Sono protesi stabilissime che consentono una vita normalissima in quanto solo
l’interessato riesce a toglierle.
Il Prof. mostra immagini di vari casi clinici.