Commercio internazionale
Lezione 3
Nuovi modelli teorici del
commercio internazionale
• Tra la fine degli anni settanta e i primi anni
ottanta si sono presentati sullo scenario teorico
modelli alternativi rispetto a quelli dell’ortodossia
neoclassica;
• tali modelli presentano spiegazioni alternative, in
genere fondate
– sull’esistenza di economie di scala nella produzione
– sulla presenza di forme di mercato diverse dalla
concorrenza perfetta,
• Più in generale, tali teorie rifiutano alcuni dei
presupposti di fondo delle teorie neoclassiche
[email protected]
2
• La presenza di economie di scala rende particolarmente
conveniente l’apertura di un paese al commercio
internazionale, in quanto amplia la dimensione dei
mercati ed in questo modo vengono abbattuti i costi
unitari di produzione, migliorando per ciò stesso
l’efficienza produttiva.
• Questo elemento rappresenta indubitabilmente un
notevole vantaggio per le imprese:
– l’abbattimento dei costi, cœteris paribus, permette una riduzione
dei prezzi e la possibilità di ampliamento del mercato.
– Inoltre l’aumento della platea di produttori, domestici o esteri,
aumenta la concorrenza fra le imprese e quindi aumenta la
quantità di bene scambiata, permettendo, anche in questo caso
cœteris paribus, una diminuzione dei prezzi, traducendosi
dunque in un vantaggio per i consumatori.
[email protected]
3
• Questi due aspetti sono in tutta evidenza intuitivi.
• Ad essi se ne affiancano altri, la cui evidenza è minore,
ma che assumono probabilmente una maggiore
importanza.
• La domanda resta ovviamente sempre la stessa:
– “cosa rende conveniente a due o più paesi commerciare?”
• Non tanto (o non soltanto) perché ciascun paese sfrutta i
vantaggi comparati che derivano dalla sua diversità
rispetto agli altri
• Piuttosto la spiegazione è da ricercarsi nei vantaggi
collegati con la specializzazione nella produzione,
vantaggi che possono essere del tutto indipendenti dalla
diversità tecnologica o di dotazione fattoriale, e che
quindi possono emergere anche in paesi del tutto identici
o molto simili
[email protected]
4
•
L’introduzione di ipotesi dell’esistenza di monopoli od
oligopoli non come fallimenti di mercato dovette
sembrare gravemente lesiva della compattezza delle
teorie ortodosse, in quanto rendeva possibile la
costruzione di modelli di equilibrio economico
generale, anche in presenza di condizioni di non
perfetta concorrenza.
Sulla base di questa prima, fondamentale,
constatazione, che peraltro qui verrà data per
acquisita, si rende necessario analizzare gli effetti del
commercio internazionale in almeno tre casi rilevanti:
•
–
–
–
presenza di economie interne di scala, prodotti differenziati e
concorrenza monopolistica
situazione oligopolistica con beni omogenei o poco
differenziati;
presenza di economie esterne di scala.
[email protected]
5
• Come è noto dagli assunti di base
dell’economia industriale, la produzione di
un’impresa, di un settore produttivo, o di
un intero paese, realizza rendimenti di
scala crescenti quando la variazione
proporzionale e contemporanea dei fattori
produttivi comporta una variazione più che
proporzionale dell’output.
– Questo significa, per esempio, che se il
capitale e il lavoro impiegati nella produzione
raddoppiano, la quantità finale prodotta
dall’impresa, dal settore o dal paese aumenta
di un fattore maggiore del doppio.
[email protected]
6
• Si tratta di un’assunzione ben nota della teoria
dell’impresa, ma da tale considerazione discendono
conseguenti molto importanti in riferimento al
commercio internazionale:
– il termine economia di scala deriva dal fatto che, se si
aumenta la scala produttiva, si economizza la quantità di
input che occorre per ogni unità di output:
• se raddoppiando la quantità di lavoro e capitale il prodotto
subisce un incremento di tre volte allora il fabbisogno di fattori
produttivi (capitale e lavoro) passa da 1 unità di ciascun fattore
produttivo per 1 unità di output a 2 unità di ciascun fattore
produttivo per 3 unità di output
– in relazione a quanto appena rilevato, con l’aumentare
della scala produttiva, economizzando fattori produttivi
per unità di output, il costo medio per unità di prodotto
diminuisce
[email protected]
7
• Se i rendimenti di scala crescenti si verificano a livello di
singola impresa, in quanto attribuibili al processo produttivo
che caratterizza quell’impresa, si parla di economie di scala
interne.
• Se invece i rendimenti interessano un determinato settore
produttivo o un paese o un’area economica, ma non a livello
di impresa (o meglio, solo indirettamente interessano la
singola unità produttiva), ci si riferisce ad esse come
economie di scala esterne (all’impresa).
• In presenza di economie di scala interne il modello liberoconcorrenziale non può considerarsi adeguato a tali
condizioni e sorgono forme di mercato necessariamente
meno competitive, come la concorrenza monopolistica o
l’oligopolio.
• Infine, in conseguenza dell’abbandono della forma liberoconcorrenziale, si apre per i produttori la
possibilità/opportunità/necessità di differenziazione del
prodotto e il mercato in esame perde le residue
caratteristiche libero-concorrenziali
[email protected]
8
• Secondo l’approccio neoclassico, il mercato
libero-concorrenziale rappresenta il modello cui
dovrebbero tendere tutti i mercati.
• Tali caratteristiche dovrebbero essere ripristinate
nel caso di processi economici che provocano
un allontanamento da tale forma.
• Ora, se si verificano economie di scala interne,
cioè situazioni positive che riguardano la singola
impresa operante su un mercato, il processo
produttivo di essa si caratterizza per una
maggiore efficienza mano a mano che aumenta
la scala produttiva
[email protected]
9
• Esiste un altro modo di considerare la presenza
di rendimenti di scala crescenti a livello di
impresa:
– all’aumentare della scala produttiva il costo medio per
unità di output diminuisce progressivamente.
– In effetti, produrre il primo input comprende anche
tutti i costi fissi iniziali di attivazione.
– Con l’aumento della dimensione produttiva l’impresa
riesce a “spalmare” i costi fissi su una quantità di
output via via maggiore e il costo medio per output
diminuisce progressivamente.
• La presenza di economie di scala interne viene
in questo modo rivelata dall’andamento dei costi
produttivi, in particolare dall’andamento
decrescente dei costi medi totali
[email protected]
10
• La presenza di economie di scala interne ha
come più rilevante conseguenza l’incompatibilità
con il modello libero-concorrenziale e con la
tendenziale affermazione di forme di mercato di
concorrenza imperfetta.
• In condizioni di concorrenza perfetta, ogni
impresa presente sul mercato è caratterizzata
da una dimensione sufficientemente “piccola”,
tale da risultare price taker sul mercato dei
prodotti;
– in altri termini, la dimensione produttiva raggiunta
dall’impresa non è in nessun caso tale da influenzare
la formazione del prezzo di equilibrio del settore, che
è da considerarsi dato e costante (a parità di ogni
altra condizione)
[email protected]
11
• Se i costi medi di un’impresa sono decrescenti in
quanto caratterizzati da rendimenti di scala
interni, l’espansione della produzione non trova
un limite economico in una dimensione ottima
“piccola”:
– quando i costi medi continuano ad essere decrescenti
in relazione a livelli produttivi molto elevati, l’impresa
in questione ha un naturale incentivo ad espandere la
produzione.
– Ma questo implica che, mano a mano che l’output
aumenta, l’impresa raggiunge una quota di mercato
“non piccola” ed è in grado di influenzare il prezzo di
equilibrio del settore.
• Questo ha come conseguenza l’abbandono di
una situazione libero-concorrenziale e il mercato
si apre a forme di concorrenza imperfetta.
[email protected]
12
Commercio Internazionale
Lezione 4
Conseguenze dei rendimenti di scala
• La presenza di rendimenti di scala interni crescenti ha
come conseguenza che l’impresa caratterizzata da tale
situazione produttiva non è più price taker sul mercato,
ma, in una misura dipendente dal grado di occupazione
del mercato stesso, diventa price maker.
– Questo non significa che l’impresa avrà interesse ad espandere
all’infinito la sua produzione, o comunque a spingersi molto in
alto nella dimensione produttiva.
– In effetti, l’incentivo ad espandere la produzione trova un limite
nelle caratteristiche della domanda:
• l’aumento dell’output che finisce sul mercato provoca per
un’impresa non più price taker una riduzione del prezzo
• l’impresa riesce a vendere quote crescenti di prodotto solo
abbassandone il prezzo
• per quanto i costi di produzione diminuiscano con l’aumento
dell’output, l’impresa non può espandere all’infinito la produzione
stessa perché il prezzo tenderebbe a zero
[email protected]
14
•
Stante queste condizioni, il monopolio naturale è il più comune
risultato associato a rendimenti di scala crescenti, ma si possono
verificare anche situazioni di concorrenza monopolistica o di
oligopolio.
la concorrenza monopolistica, è caratterizzata da:
•
–
–
un numero molto elevato di imprese in concorrenza fra di loro;
in conseguenza di ciò la curva di domanda relativa alla singola impresa è
alquanto elastica, anche se non orizzontale come nel caso di concorrenza
perfetta;
libera entrata di nuove imprese sul mercato: questo avviene
–
•
•
–
a. quando sono presenti extraprofitti, cioè ricavi totali maggiori dei costi totali;
b. non vi sono rilevanti barriere di entrata e il conseguente ingresso sul
mercato aumenta l’offerta e riduce il prezzo;
la conseguenza di queste due condizioni provoca la riduzione degli
extraprofitti fino al loro annullamento;
presenza di beni differenziati (o come tali percepiti dai compratori);
–
•
•
molto spesso questa caratteristica si traduce nell’esistenza di una non perfetta
succedaneità tra i beni prodotti dalle imprese presenti nello stesso settore;
in linea generale, è proprio l’imperfetta sostituibilità delle varietà di uno stesso
prodotto che garantisce un grado più o meno elevato di potere di mercato da
parte della singola impresa.
[email protected]
15
•
In riferimento alle situazioni di oligopolio, le
caratteristiche principali di tale mercato sono:
–
un numero relativamente basso di imprese che operano su di
un determinato mercato;
•
–
presenza di barriere di entrata, in genere rilevanti;
•
–
la più rilevante conseguenza, e al tempo stesso il segnale che un
determinato mercato è caratterizzato da una situazione
oligopolistica, è costituito dal fatto che ogni singola impresa deve
esplicitamente considerare il comportamento di ciascuna delle
altre nella determinazione della quantità da offrire e del prezzo da
fissare;
tali barriere sono per esempio rappresentate da elevati costi fissi
iniziali, tali da rendere difficile che nuove imprese possano
liberamente accedere al mercato;
beni non necessariamente differenziati, in quanto un certo
grado di controllo del mercato da parte di ciascun impresa
oligopolistica è garantito dalla presenza delle barriere
all’entrata.
[email protected]
16
• Si hanno economie di scala esterne nei casi in cui i
rendimenti di scala crescenti sono esogeni rispetto alla
singola impresa;
– in genere questo accade quando le relazioni, formali o informali, fra
le imprese generano un miglioramento complessivo nelle condizioni
produttive di un intero settore o del complesso dell’economia di un
paese o di un’area.
– La principale conseguenza di tali condizioni consiste nel fatto che
l’intero settore o l’intera economia vengono caratterizzati da
economie di scala esterne e rendimenti di scala crescenti.
• Peraltro, non è detto che in questa situazione la singola
impresa sia a sua volta caratterizzata da rendimenti
crescenti:
– ciascuna impresa di un settore, o di un paese, può continuare ad
avere rendimenti di scala costanti, ma il settore o il paese, nel suo
complesso, può risultare caratterizzato da rendimenti crescenti.
– Questa evenienza di solito si verifica quando si generano delle
esternalità positive che le imprese creano attraverso il settore,
oppure a livello di paese quando tali esternalità vengono generate
dalle condizioni strutturali e dall’ambiente che circonda le imprese
[email protected]
17
• Alcuni rilevanti esempi di esternalità di
produzione che si verificano a livello
settoriale sono
– la facilità di comunicazione,
– la prossimità delle imprese fornitrici di materie
prime e semilavorati nonché della forza
lavoro,
– la diffusione degli usi di produzione e della
conoscenza.
• Si tratta di concetti non nuovi in letteratura
e che fanno riferimento in linea generale
alla realtà dei distretti marshalliani
[email protected]
18
• Abbandonare il paradigma libero-concorrenziale
come modello di riferimento e punto di arrivo
nell’evoluzione dei mercati ha come risultato
anche quello di abbandonare uno dei suoi
principali presupposti, sia teorici che in termini di
implicazioni empiriche: quello della omogeneità
del prodotto.
• A questo punto, però, come conseguenza,
sorgono alcune domande di rilevante impatto:
– se i beni non sono più omogenei, come è possibile
descriverne efficacemente la loro differenziazione?
– Come può essere concettualizzata l’idea di
differenziazione dei prodotti?
[email protected]
19
•
I beni non omogenei possono essere differenziati
sia per qualità che per caratteristiche.
In relazione a tali modalità di differenziazione
possono distinguersene due tipologie:
•
–
differenziazione verticale:
•
fa riferimento al concetto di qualità;
–
–
quando beni di una stessa categoria di prodotto sono differenziati
in termini di qualità si produce una differenziazione verticale: alcuni
beni sono (o vengono percepiti come) di qualità migliore, mentre
altri sono (o vengono percepiti come) di qualità peggiore;
differenziazione orizzontale:
•
si riferisce alle caratteristiche che il bene possiede
indipendentemente dalla sua qualità, o comunque al di là di
questo aspetto;
–
si tratta di differenziazioni importanti soprattutto dal lato del
marketing dei prodotti
[email protected]
20
• La presenza di forme di differenziazione
verticale e/o orizzontale, può complicare
l’analisi, sia sul versante teorico che su
quello empirico.
– In effetti, mentre nel caso della
differenziazione verticale è immediatamente
chiaro che beni di più alta qualità sono, a
parità di ogni altra condizione, preferibili e
preferiti rispetto a quelli di qualità inferiore, nel
caso della differenziazione orizzontale è
necessario un supplemento di ipotesi al fine di
descrivere in modo robusto le preferenze del
consumatore
[email protected]
21
• In linea di massima, e sempre a parità di ogni altra condizione, la
soddisfazione del consumatore aumenta all’aumentare del numero
di caratteristiche.
• Questo implica che, se vengono confrontati panieri equivalenti in
termini di spesa necessaria per acquisirli, ma composti da diverse
varietà di prodotto, il consumatore razionale ed ottimizzante
preferisce panieri più eterogenei rispetto a panieri più omogenei, in
quanto i primi sono più ricchi di caratteristiche.
• Tale questione acquista particolare rilevanza nel caso di beni
portatori di numerose caratteristiche rilevanti per il consumatore,
sebbene in misura differenziata, come ad esempio le automobili:
– in una simile situazione, si tratta di scegliere il modello che fornisce la
combinazione ottimale delle caratteristiche preferite dal consumatore,
anche se non è detto che ciascuna delle caratteristiche rappresenti per
lui una scelta first best
• Tale comportamento viene definito in marketing come love for
variety.
– Nell’esempio dei maglioni, a parità di spesa, il consumatore razionale
ed ottimizzante preferisce un paniere composto da un maglione blu
girocollo e da un maglio rosso “a V”, piuttosto che da un paniere
composto da tre maglioni blu girocollo.
[email protected]
22
• Che rilevanza hanno i concetti di differenziazione
verticale ed orizzontale sul piano delle teorie del
commercio internazionale?
– Nel caso della differenziazione verticale, la rilevanza è minore ed
è possibile applicare i modelli.
– Molto più rilevante nel suo impatto sulle teorie del commercio
internazionale è la differenziazione orizzontale, soprattutto per
valutare il rilievo che essa ha dal lato dei consumatori:
• in linea di massima il benessere e la soddisfazione del consumatore
aumenta proporzionalmente con l’aumento della varietà di beni a
sua disposizione.
• Ne consegue che, se la produzione di tali varietà è caratterizzata da
economie di scala, si verifica una tensione tra produzione e
consumo, fra lato dell’offerta e quello della domanda:
– le imprese preferirebbero concentrare il più possibile la produzione per
sfruttare al massimo i vantaggi collegati alle economie di scala, mentre
i consumatori, al contrario, preferiscono una maggiore varietà di beni a
loro disposizione fra cui scegliere
[email protected]
23
Qualità
-+
++
--
+Varietà
[email protected]
24
– Il conflitto di interessi fra domanda ed offerta
può essere risolto grazie all’apertura al
commercio internazionale, in quanto può
rappresentare un’opportunità interessante sia
dal lato dell’offerta che da quello della
domanda:
• le imprese possono espandere la scala di
produzione delle loro varietà aprendosi ai mercati
esteri;
• i consumatori possono acquistare dall’estero varietà
di beni non prodotti sui mercati domestici
[email protected]
25
• La presenza di economie di scala interne ha
come rilevante conseguenza l’abbandono del
modello libero-concorrenziale, sia dal lato
teorico sia dal lato della forma prevalente sui
mercati reali:
– la dimensione ottima dell’impresa cessa di essere
quella “piccola” e il riferimento non è più al concetto di
impresa price taker, ma, almeno in una certa misura,
quello dell’impresa price maker con un potere di
mercato tale da influire sulle condizioni di produzione
e vendita del bene.
– La presenza di economie di scala di tipo interno
rende il mercato diverso dal modello liberoconcorrenziale e lo sbocco naturale è rappresentato
da forme di mercato imperfette, quali la concorrenza
monopolistica, l’oligopolio e il monopolio naturale
[email protected]
26
• Si consideri in primo luogo l’evoluzione del
mercato verso la forma di concorrenza
monopolistica in presenza di differenziazioni
orizzontali.
– Si ipotizzi che ogni impresa del settore produce
secondo condizioni di rendimenti di scala
crescenti una delle n varietà del bene
considerato.
– Da tale schema esemplificativo deriva che il
numero delle imprese presenti sul mercato
coincide con il numero delle varietà di prodotto,
per cui si ha:
Ngamme = nimprese
[email protected]
27
Struttura di
mercato
+
n
+
[email protected]
Differenziazione
di prodotto
28
• In un’economia chiusa ogni impresa operante sul mercato sarà
caratterizzata da un certo grado di monopolio per quanto si riferisce alla
quantità di output da produrre e al prezzo da praticare per quanto attiene
alla varietà del bene che essa produce.
• In questo caso il grado di monopolio che caratterizza l’impresa si misura
come differenza tra il prezzo praticato dall’impresa ed il costo marginale
dell’ultima quantità prodotta:
– in condizioni di concorrenza perfetta prezzo e costo marginale si eguagliano
e il grado di monopolio è nullo.
• Il grado di monopolio di cui l’impresa può godere in caso di concorrenza
imperfetta dipende dal grado di sostituibilità della varietà che essa
produce rispetto a quelle dei suoi concorrenti:
– tanto maggiore è la sostituibilità tra le varietà, tanto meno l’impresa potrà
fissare un prezzo superiore a quello realizzabile in condizioni di perfetta
concorrenza.
– E viceversa: tanto più il suo potere di mercato è elevato, in quanto i
consumatori preferiscono la varietà che essa produce, tanto maggiore sarà il
suo grado di autonomia nella fissazione del prezzo e delle altre condizioni di
vendita del prodotto
• La presenza di economie di scala crescenti spiega la presenza di
condizioni di concorrenza monopolistica sui mercati nei quali esse si
realizzano
[email protected]
29
• […] proprio la presenza di rendimenti di
scala crescenti rappresenta l’impedimento
maggiore alla produzione di tutte le
possibili varietà del bene: ogni impresa
produce un’unica varietà del bene per
sfruttare le economie di scala associate
alla sua produzione, piuttosto che produrre
due o più qualità. Il numero di imprese
presenti nel paese è allora il limite al
numero di varietà a disposizione dei
consumatori
[de Arcangelis, 2005, p. 375]
[email protected]
30
• Assumendo che il benessere del consumatore
aumenti con il numero di varietà a loro
disposizione, ne deriva che il benessere
dell’economia, viene limitato dalla presenza di
rendimenti di scala crescenti nell’ambito della
produzione.
– In un simile caso è evidente che l’economia nel suo
complesso può trarre beneficio dall’apertura al
commercio internazionale nella misura in cui un
numero m di imprese estere si affiancano alle n già
presenti
– Le varietà prodotte (∑) saranno quindi
∑=n+m
con m>0.
[email protected]
31
• Effetti in caso di economia
aperta:
–
–
–
–
effetto di scala
effetto pro-competitivo
effetto “uscita delle imprese”
relazioni commerciali intraindustriali
– aumento della disponibilità di
varietà disponibili all’interno
[email protected]
32
• effetto di scala:
– ogni impresa che opera in un paese può
produrre la sua varietà di bene non soltanto
per il mercato domestico, ma anche per il
mercato estero;
– in conseguenza della maggiore scala
produttiva, i costi medi diminuiscono e
migliora l’efficienza produttiva
[email protected]
33
• effetto pro-competitivo:
– ogni impresa “nazionale”, nella nuova
situazione, si trova a competere con tutte le
imprese “estere”;
– questo è dovuto all’assenza (o
all’inconsistenza) di barriere all’entrata:
• la pressione competitiva che ne consegue
comporta che gli extraprofitti, eventualmente
conseguiti dall’impresa nel mercato chiuso, si
annullano e che dunque il prezzo di mercato non
sia diverso dal costo medio di equilibrio
[email protected]
34
• effetto “uscita delle imprese”:
– Si supponga di avere due economie stilizzate:
• si assuma che in un’economia domestica  siano presenti n imprese che
producono n varietà di prodotto (una per ogni impresa);
• a questo punto si ipotizzi che all’estero esistano altre n imprese uguali che
producono lo stesso bene, ma in n varietà ancora diverse;
• ancora: si assuma che i lavoratori delle imprese domestiche siano nel complesso
pari a L e che anche i lavoratori delle imprese estere siano pari a L.
• quando le due economie si aprono al commercio internazionale, i lavoratori
saranno complessivamente 2*L, ma il numero di imprese che possono operare sul
mercato in condizioni di equilibrio sarà necessariamente N, minore di 2*n, per la
presenza di economie di scala;
• in effetti, a causa dell’effetto di rendimenti di scala crescenti, ogni impresa che
operi in mercato aperto è in grado di produrre di più e a costi inferiori;
conseguentemente anche il prezzo di vendita sarà più basso;
• affinché questa condizione venga rispettata, ogni impresa dovrà aumentare il
numero di lavoratori impiegati, ed, essendo le imprese tutte uguali, inizialmente
assumeranno esattamente L/n lavoratori;
• ma a causa dell’aumento della scala di produzione, dopo l’apertura alla
dimensione internazionale ogni impresa dovrà impiegare più di L/n lavoratori.
• In altri termini: alcune imprese non potranno più operare alle condizioni iniziali di
autarchia e verranno espulse dal mercato; il numero totale di imprese presenti sul
mercato si riduce così da 2*N ad N e il numero di lavoratori per impresa risulta pari
a 2*L/N, compatibile con il nuovo equilibrio di economia aperta
[email protected]
35
• relazioni commerciali intra-industriali:
– nel mercato mondiale del bene considerato
vengono prodotte N varietà finali;
– alcune di tali varietà, già disponibili in
condizioni autarchiche, continuano ad essere
prodotte all’interno del paese ed esportate;
– altre varietà, prima dell’apertura non
disponibili, ora saranno importate sul mercato
domestico;
– si osserva quindi un movimento di importexport per la stessa tipologia del bene, ovvero
si assiste a quello che viene definito
commercio intra-industriale
[email protected]
36
• aumento della disponibilità di varietà
disponibili all’interno:
– l’apertura al commercio internazionale rende
disponibili varietà di beni altrimenti non
prodotte in condizioni di autarchia;
– ne deriva un aumento del benessere dei
consumatori sulla base del teorema del love
for variety
[email protected]
37
• Uno dei condizionamenti di maggior rilievo
relativo ai mercati globali, ovviamente tanto più
rilevante quanto più la scala è di carattere
planetario, è la presenza di costi di trasporto da
un paese ad un altro.
• Quando tali costi vengano considerati, tanto più
quando essi assumano dimensioni rilevanti, la
produzione domestica risulterebbe
maggiormente competitiva rispetto alla
produzione estera:
– a parità di altre condizioni, sulla produzione nazionale
venduta all’interno non si sopportano costi di
trasporto (o, se vi sono, sono molto bassi) che invece
gravano sulla produzione estera
[email protected]
38
• Si consideri la possibilità che mercato
domestico e mercato estero abbiano
dimensioni diverse e che il mercato estero
sia più ampio:
– un mercato di maggiori dimensioni implica,
per definizione, una domanda (potenziale ed
effettiva) maggiore ed una produzione
maggiore, con la conseguenza di rendimenti
di scala crescenti
[email protected]
39
• Una simile situazione implica che all’estero le economie di
scala possano essere sfruttate meglio che sul mercato
domestico, cioè, il che è lo stesso, che i produttori esteri
possono produrre a costi più bassi e quindi praticare un
prezzo più basso.
• Se il prezzo delle varietà estere è talmente basso da più che
compensare il costo di trasporto, l’economia estera esporta
verso il mercato interno del paese.
– La presenza, contemporanea, di costi di trasporto positivi ed
economie di scala ha un’importante implicazione pratica:
• i paesi esportatori di un certo bene necessariamente sono anche quelli
con la più elevata domanda interna (cioè hanno il mercato interno più
ampio);
• questo permette loro di sfruttare le economie di scala e, grazie ai
rendimenti crescenti e costi produttivi decrescenti, ripagare i costi di
trasporto.
• Ovviamente la contemporanea presenza di un ampio mercato interno ed
elevate esportazioni verso paesi terzi è una situazione facilmente
riscontrabile nella realtà, ma difficilmente spiegabile attraverso le teorie
tradizionali sul commercio internazionale.
[email protected]
40