Forme e caratteri dell’architettura muraria MATERIALITA’ E ASTRAZIONE “Gli edifici del passato comunicano un senso della realtà, una consistenza, che quelli di oggi non possiedono. Questa consistenza implica un’idea della realtà lontana dalla semplice imitazione di esempi conosciuti di tipi architettonici, introducendo per contrasto la categoria dell’astrazione in architettura.” Rafael Moneo La riflessione sul senso della costruzione muraria riconduce al valore estetico della solidità come carattere della forma costruttiva e della permanenza come carattere dell’architettura. Ricercare le forme contemporanee dell’architettura muraria, senza annullare i valori della costruzione tradizionale, rinnovare il rapporto tra struttura formale e struttura tettonica del sistema costruttivo è l’obiettivo da porsi. Materialità e astrazione dell’architettura dunque, basandosi sull’ipotesi che non esistono materiali e elementi della costruzione “moderni”, ma piuttosto una maniera attuale di commisurarsi a essi. Progettare organismi murari significa ricercare il giusto rapporto tra una idea di architettura legata alla materialità della costruzione, alla arcaicità di una architettura di pietra, e la sua rappresentazione attraverso le forme del nostro tempo e le tecniche di realizzazione contemporanee. Materialità La concretezza materiale del muro esprime il carattere della costruzione aderendo a un principio di riappropriazione dei valori espressivi di una architettura che attinge alla qualità della tradizione costruttiva. Non si tratta, evidentemente, di un assoggettamento alle forme e alle tecniche della storia, ma, con una espressione in forma di paradosso, di una rinnovata “tradizione del nuovo”. Il valore espressivo dell’architettura muraria travalica le regole stesse compositive; l’attribuzione concettuale alla materialità: la tattilità, l’odore e l’espressione acustica sono gli elementi aggiunti al linguaggio con i quali possiamo esprimere il carattere di una costruzione moderna. Astrazione Un procedimento di astrazione permette, dunque, di riferirsi alla esperienza concreta distinguendo tra carattere e forma, ricercando la mimesis dei caratteri piuttosto che la riproposizione delle forme storiche. L’obbiettivo è ritrovare una forma moderna per la costruzione muraria, senza annullare i valori della costruzione tradizionale e rinnovare il rapporto tra struttura formale e struttura tettonica del sistema murario. In adesione a tale principio, le forme appaiono differenti da quelle dell’esperienza storica, ma ne riprendono i caratteri espressivi esaltando la fisicità e la materialità della costruzione muraria tradizionale Se continuità e spessore connotano la natura della costruzione muraria, esistono differenti declinazioni delle forme costruttive che tendono a esaltare soprattutto l’una delle due qualità pur senza contraddire l’altra. La parete continua è stata storicamente la forma rappresentativa più significativa della costruzione muraria; per la sua natura continua e l’estensione prevalente in lunghezza e altezza essa tende a connotarsi come elemento bidimensionale, come piano verticale. In questo caso l’espressività della costruzione è affidata soprattutto ai valori di superficie, alla tattilità del materiale, al rapporto tra pieni e vuoti, tale da non contraddire la continuità del piano murario, alla figurazione sul piano murario dei “nodi” tettonici – l’apertura deve essere intesa come sottrazione di materia al muro. Una differente declinazione costruttiva dell’organismo murario tende a esaltarne particolarmente lo spessore: quando il muro è “aperto e fesso in più luoghi” l’espressività della costruzione è ottenuta attraverso la manifestazione della profondità e della massività degli elementi. La forma rappresentativa della costruzione, in questo caso, è il pilastro murario; la “columnia quadrangola” descritta dall’Alberti, considerandola parzializzazione del muro continuo , come appare nel Tempio Malatestiano dello stesso Alberti, o, ancor prima, negli archi degli acquedotti romani. Non al piano murario, ma alla tridimensionalità degli elementi e alla tensione del rapporto pieno-vuoto, che deve rimandare virtualmente alla continuità del muro, è affidata la rappresentazione del carattere della costruzione. Kahn Il recinto murario Alla continuità dell’involucro, costitutiva della recinzione muraria, si associa la ricerca sulla articolazione degli elementi della costruzione indirizzata verso la profondità tettonica del muro. “Ho avvertito un bisogno di profondità” spiegava Louis Kahn in un ragionamento sulla finestra e sulla luce; la riscoperta dello spessore dell’involucro, insieme al disvelamento della forma costruttiva, sono infatti le costanti espressive della ricerca kahnaiana sulle forme e sui caratteri dell’architettura muraria. L’esplicitazione della possente struttura tettonica del sistema costruttivo murario, (possanza che risulta evidente, ad esempio, nelle rovine romane); e la concezione dello spazio inteso come ‘interno’, caratterizzano la ricerca di Kahn sulle forme della costruzione muraria. Attraverso la sequenza di involucri gerarchicamente ordinati intorno a uno spazio centrale, la costruzione sembra abolire il concetto di facciata tradizionalmente intesa. Rimandando a un successivo involucro, l’edificio appare sezionato e privo di una propria finitezza. La successione degli involucri murari determina una progressiva ‘scarnificazione’ materica del muro. In questa logica dl costruire, la finestra non é connotata dalle forme che tradizionalmente la identificano, ma risulta integrata nelle forme della struttura muraria First Unitarian Church and School Nella First Unitarian Church and School (Rochester, New York, 1959/67), la scuola diventa il muro che circonda l’aula centrale; a esso è affidato il ruolo di recinto dell’edificio. “Ho fatto del muro un contenitore invece di un solido”, scrive Kahn descrivendo la natura tettonica dell’edificio scolastico. La struttura muraria, concepita come cavità abitata, individua nella materialità e nello spessore, i mezzi espressivi idonei a rappresentare il carattere di internità dello spazio. Il muro cavo consente di conseguire un carattere massivo per la costruzione. “Nell’epoca gotica gli architetti costruivano con pietre compatte. Oggi noi possiamo costruire con pietre cave”, scrive Kahn, chiarendo la natura intuita della una nuova costruzione muraria. La profondità della struttura si mostra negli angoli dell’edificio. Il muro abitato che circonda l’aula centrale si scompone negli angoli esplicitando la costruzione per elementi formalmente autonomi. La scissione nell’involucro mostra la natura della costruzione del recinto e rivela lo spessore murario. Il carattere massivo e lo spessore murario sono peraltro ribaditi nell’articolazione del muro esterno dei corpi della scuola. Alla tessitura della superficie in mattoni, all’ombra profonda delle pareti esterne, al ritmo della facciata, è affidata l’espressività della costruzione. Il lungo lavoro sul rapporto tra finestra e piano murario è descritto così da Kahn: “Prima la finestra è a filo dei muri. Percepivo ancora la durezza della luce, imparando a essere ogni volta consapevole del riverbero…Questo rappresenta l’inizio di una comprensione della necessità dell’uso di spessori murari tra il piano del vetro e quello del muro esterno. Questo problema venne sollecitato anche dal desiderio di avere sedili sotto la finestra”. La luce dunque, “generatrice di tutti gli spazi”, è l’elemento che regola l’articolazione plastica della massa muraria. Dagli schizzi di progetto traspare il lavoro sulla finestra e lo studio sullo spessore del muro esterno. Differenti sono le soluzioni adottate nel lungo iter progettuale: alla profondità del setto murario e al ritmo della sua successione è demandato comunque, sempre, la rappresentazione del carattere di solidità della costruzione. Al registro dei ritmi dell’involucro murario esterno, alla dimensione variabile della nicchia, che modula gli spazi interni, è affidata l’espressione del carattere della costruzione, fondato sulla materialità e sullo spessore del muro. Nella soluzione definitiva il ritmo alternato delle nicchie e delle finestre trova un equilibrio che assoggetta la costruzione del muro esterno della First Unitarian Church all’immagine di spessi muri di una cittadella fortificata. Le ombre profonde delle finestre incassate nello spessore del muro si alternano con ritmo incessante alle ombre dei setti, proiettate sul muro delle nicchie. Sinagoga Hurva La forma aperta dell’involucro murario La “scatola” muraria ha costituito la forma di articolazione del muro portante congruente al suo ruolo tettonico: le pareti murarie continue disposte tra loro in modo da chiudere una campata su tutti i suoi lati indicano il principio di organizzazione spaziale che, da sempre, ha meglio risposto ai requisiti di stabilità degli organismi murari. Questo principio è definito come principio di scatolarità. In alcuni edifici, la concezione tettonica del sistema strutturale si indirizza verso forme che tentano di superare la matrice statico-costruttiva della cella muraria, per rafforzare tuttavia i caratteri della costruzione. All’adesione ai caratteri di internità dello spazio e di solidità della costruzione muraria, si associa la ricerca di una forma aperta dell’involucro murario, che ne esalti lo spessore costruttivo e la articolazione in elementi. Alla rappresentazione del carattere di solidità del muro; all’assunzione della natura stereotomica della massa muraria si associa un processo di parzializzazione dell’involucro murario che mira a mostrare gli elementi e la sintassi della composizione. La nudità strutturale che ne consegue è volta al disvelamento della forma costruttiva e alla esaltazione della sua espressività. Questo processo architettonico non tende alla messa in crisi del concetto di unità dell’organismo murario, piuttosto a esaltarne la composizione delle parti e l’articolazione degli elementi; è un dispositivo che mira a rendere espressiva la struttura tettonica della costruzione Nel progetto della Sinagoga Hurva, del 1968, allo spessore e alla materialità degli elementi che costituiscono l’involucro murario viene ancora affidato il compito di esprimere il carattere dell’edificio. La ricerca si indirizza verso il disvelamento della forma costruttiva e l’esaltazione della sua espressività. La sintassi adottata nell’articolazione del muro esterno, tesa a mostrare la separazione tra gli elementi è un dispositivo che rende espressiva la struttura tettonica della costruzione. La natura del recinto è rappresentata nella sequenza degli elementi che lo definiscono: grande rilievo ha la forma del singolo elemento e la tensione stabilita dal ritmo della successione. La forma rastremata conferisce identità al plinto, che appare monolitico. Gli elementi sono disposti intorno al quadrato che definisce il recinto, separati da un spazio molto serrato che non interrompe visivamente l’integrità dell’involucro. L’espressione del carattere della costruzione muraria non è affidata alla continuità dell’involucro o alla costruzione di muri pieni, come avveniva nella tradizione costruttiva della muratura portante, ma è rimessa alla forte tensione tra gli elementi che costituiscono l’involucro stesso. L’omissione nell’angolo della struttura muraria, rompe il nodo fondamentale della continuità muraria e rende evidente la costruzione per elementi del recinto La discretizzazione in elementi non intacca la solidità visiva dell’organismo murario, ma è indirizzata a rappresentare la profondità e a esaltare il carattere massivo della costruzione. Stagliandosi liberi contro il cielo, gli elementi del recinto non accolgono alcuna trabeazione; la loro forma non rimanda al ruolo del sostegno , ma solo alla separazione dello spazio esterno da quello interno. La copertura è staccata dal recinto. L’edificio è in realtà composto da due parti autonome: l’aula e il recinto. Attraverso il vuoto tra gli elementi la luce trapassa nello spazio interno. E’ una luce fortemente filtrata, lo spessore degli stessi elementi ne misurano il flusso e la qualità nello spazio periptero che introduce all’aula interna. Sulla questione dell’angolo, Kahn ritornerà spesso nei suoi progetti: “Esiste sempre il problema della soluzione d’angolo. […]Così ho pensato: perché non eliminare il problema?”. A proposito si collega l’esperienza più recente, maturata da Gardella per la costruzione dell’angolo basamentale della Facoltà di Architettura di Genova. Lo stesso architetto, in un dialogo con Antonio Monestiroli svela il ricorso al dispositivo compositivo di apertura e smaterializzazione dell’angolo per rafforzare il ruolo tettonico dell’elemento murario: “ Sì, il pilastro è una parte del muro. Questo si vede bene nella parte alta dell’edificio dove il muro è continuo e risvolta anche sull’angolo. Nella parte inferiore il fatto che manchi il pilastro d’angolo, che l’angolo rimanga aperto,” dice ancora Gardella, “fa intendere il muro come una serie di pilastri accostati invece che come manufatto unico tagliato da fessure verticali. Insomma, più che il muro si mette in evidenza il pilastro come elemento.” E’ evidente l’analogia con il recinto della Sinagoga; la parzializzazione dell’involucro non mira alla disgregazione della continuità della struttura muraria, ma alla esaltazione dell’articolazione tettonica degli elementi che la compongono.