Diapositiva 1 - Università degli Studi Mediterranea

SPAZI DA ABITARE. Forma e struttura
ABITARE LA TERRA
La concezione di uno spazio “scavato”riconduce a un’ipotesi strutturale perseguita sulle orme di un’idea tettonica della massività del blocco di pietra.
Lo scavo, all’opposto di una struttura intesa nella qualità di Costruzione, propone, nella analogia suggerita, una forma dello spazio in negativo, assoggettandone la conformazione a
un principio di sottrazione della materia.
Stratificazioni organiche
Seguendo un processo di stratificazione organica per elementi orizzontali, la costruzione complessiva si sviluppa come modellazione e modificazione della linea di terra,
determinando così la la forma architettonica quale naturale prosecuzione della massa terrestre.
La corporeità e la tattilità della costruzione, in questa particolare concezionedello spazio architettonico, evocano quella parte della geologia che si occupa delle articolazioni del
terreno naturale. D’altronde, ragionando sulla etimologia della parola tettonica, per il vocabolario italiano, si intende, oltre l’arte del costruire, quella parte della geologia che si
occupa dello studio delle deformazioni della crosta terrestre: pieghe, falde, faglie ecc.
Il procedimento compositivo sullo spazio di una struttura concepita seguendo l’analogia dello scavo, ricorre alla operazione del sezionare, del cavare le parti. Gli spazi interni della
costruzione risultano essere scavati e sezionati; essi diventano luoghi cavernosi misurati, nella profondità, dalla sovrapposizione degli strati orizzontali; gli spazi più che costruiti,
appaiono erosi geometricamente nella massa architettonica del corpo dell’edificio.
Il muro segue un processo di stratificazione organica che lo fonde alla naturalità della terra, le trasmutazioni formali degli elementi orizzontali rivelano le tracce di una sezione
geologica, trasferendo la tensione verso l’orizzontalità nel carattere della tettonica, nella identità degli elementi, nella sintassi delle forme adottate.
Chiesa rupestre in etiopia
byoungsoo cho
ariel mateus
Spazi ipogei
Un principio costruttivo di radicale semplicità
si associa all’interpretazione ctonia di
questi spazi; si tratta di costruzioni spesso
prive di architravi che, anche se realizzate
con le tecniche più moderne, riassumono
l’elementarietà delle strutture arcaiche.
Nelle case così concepite, il pilastro non
è mai assunto come elemento costruttivo
reiterabile, lo spazio dunque non è connotato
dalla logica ritmica della struttura
verticale; questa si configura nella disposizione
apparentemente casuale di frammenti
litici organizzati in sequenze di spazi
concatenati in successione.
Sono elementi
di massa straordinaria che rimandano alle
forme degli spazi ipogei; come nella Tomba
rupestre di Sinepower a Assuan, come
nel progetto per il Museo della Crimea e
delle provincie del Caucaso di Schinkel.
Come anche nei recenti progetti per le
case di Porto de Mos, di Sesimbra e in
quella nel Parco naturale di Arrabida, di
Manuel e Francisco Aires Mateus. Nelle
case dei fratelli Mateus, le proporzioni della
struttura verticale non rimandano all’atto
del sostenere, non solo a quello; alla
rappresentazione della condizione ctonia
dello spazio sono commisurati gli elementi
verticali della costruzione. Per esaltare
la condizione di spazio scavato, i pilastri
murari non sembrano poggiati al suolo,
ma, in modo congruente all’idea tettonica,
appaiono connaturati alla sua forma.
Tutto appare dominato dall’idea di una
costruzione monolitica in cui gli elementi
murari sono come ricavati per sottrazio
ne di materia; la logica conseguenza è lamancanza di
allineamenti, la disposizione
libera, sempre mirata a chiudere gli spazi
interni per lasciare traguardare l’esterno
solo attraverso scorci prospettici.
peter zumthor
Il podio acropolico
L’abitare la terra rimanda anche al concetto
di piattaforma; al tema della ridefinizione
architettonica della linea di terra
si associa il concetto di modellazione e di
deformazione: la stereotomia della forma
architettonica introduce a una costruzione
interpretata quale podio acropolico, punto
di osservazione privilegiato nel paesaggio.
“Da qui essi possedevano il cielo, le nuvole
e la brezza, mentre, inaspettatamente,
la sommità […] veniva trasformata
in una grande piana aperta. Con questo
espediente architettonico essi avevano
completamente trasformato il paesaggio e
dotato la loro vita visiva di una grandezza
che corrispondeva alla grandezza delle
loro divinità”, scriveva Jørn Utzon ritornato
dal viaggio in Messico dove aveva visitato le
Rovine Maya di Chichén Itzá e di Uzmal,
descrivendo così il rapporto che queste
architetture, concepite come grandi podi
acropolici, stabilivano con il paesaggio.
Nella costruzione acropolica del podio, la
forma della costruzione si modella in qualcosa
di più naturale; come nel Tempio a
terrazze di Deyr el-Bahri, come nel Santuario
della Fortuna Primigenia, come nella
Casa Malaparte di Libera, la costruzione
è espressa nella trasfigurazione lenta dal
naturale all’artificiale; dalla struttura geologica
del suolo naturale, alla struttura
tettonica dello spazio architettonico, lo
spazio segue un processo lineare che fonde
il piano sul quale la struttura si poggia,
ai volumi stereotomici dello stesso edificio.
La stessa ipotesi insediativa sembra assumere,
in cima ad una collina vicino a Madrid,
la Casa De Blas, di Alberto Campo Baeza.
Una scatola di cemento armato delle dimensioni
di 9x27 metri, diviene una piattaforma
su cui appoggia un’altra struttura
scatolare più piccola, ma trasparente di
vetro e acciaio. Nella “caverna” in diretta
continuità con il terreno sono contenuti gli
spazi serviti e serventi disposti come la
tradizione impone: i primi sul fronte della
casa, i secondi sul retro. Dall’interno
finestre di forma quadrata incorniciano il
territorio circostante.
Dal piano inferiore tramite una scala si
accede all’ambiente tutto vetrato, un
belvedere
in cui è possibile fermarsi e contemplare il
paesaggio.
casa malaparte
alberto campo baeza
LA CASA DI PIETRA
Come la dimora-caverna, anche la casa
di pietra, viene considerata un archetipo
dell’abitare.
Costruire con la pietra, significa interpretare
un’idea di architettura legata alla
consistenza della costruzione, a una sua
connaturata arcaicità.
Intendo per architettura di pietra tutte
quelle costruzioni fondate su una idea di
architettura muraria, non solo quelle realizzate
in materiale lapideo, ma anche tutti quegli
edifici nei quali, la riflessiones ul senso
dell’edificio, riconduce al valore
estetico della solidità come carattere della
forma costruttiva e della permanenza
come carattere dell’architettura.
Per la casa il concetto di permanenza, legato
al carattere dell’architettura muraria,
acquista una particolare valenza simbolica:
al concetto di permanenza si tende
infatti ad accostare un valore di sacralità
dello spazio domestico.
Al valore della costruzione fondato sulla
consistenza della materia e sulle qualità visive
e tattili della massa muraria si associa
una concezione dello spazio inteso come
internità, conseguito attraverso lo spessore
e l’opacità dell’involucro murario.
Il muro costruisce il limite che definisce e
separa gli spazi, l’atto e il senso del recingere
si rappresentano attraverso la continuità
e lo spessore della parete muraria;
l’espressività della costruzione del muro è
affidata soprattutto ai valori di superficie,
alla tessitura e alla tattilità del materiale, al
rapporto tra pieni e vuoti, tale da non
contraddire la continuità dell’involucro.
Attraverso la figura del volume complessivo,
la disposizione e il proporzionamento di
aperture e aggetti il muro acquista identità
e carattere. L’apertura, in tal senso, deve
essere intesa come sottrazione di materia.
La stereotomicità dei volumi espressa nel
blocco monolitico, tendenzialmente cubico
della casa, la disposizione combinata delle
aperture, insieme alla ricerca dei caratteri
appropriati della superficie muraria, segnano
le fasi di uno studio continuo sviluppato
prevalentemente nell’ambito della
cultura mediterranea dell’abitare.
In epoca moderna, significative anticipazioni
di composizioni volumetriche di case
contraddistinte da una geometria elementare, si
ritrovano nell’opera di Ledoux. In architetture
come il cubo della Casa della Pace, il Panarétéon,
la Casa per uno scrittore, come suggerisce
Kauffmann, “i muri non vengono più annullati
mediante profonde fenditure e nemmeno più
usati come sottofondo di rilievi. La parete
raggiunges pesso la più forte autonomia
diventando più pura incarnazione del suo scopo:
la chiusura dello spazio, la recinzione”.
In queste case, l’interesse non è rivolto
all’articolazione tettonica e allo spessore
della costruzione; questi valori sono accantonati
a sostegno di una interpretazione
massiva estesa ai volumi compatti della
costruzione.
Ledoux - Casa della pace
Ledoux - Casa per uno scrittore
LA CASA STEREOMETRICA
Una interpretazione, quella indicata
nell’opera di Ledoux, che possiamo ritrovare
anche nel volume stereometrico di
una casa realizzata con una struttura muraria
intonacata: una casa di pietra bianca.
L’uso della parete liscia e chiusa, interpreta
quel jeu des masses della costruzione
teso al rafforzamento del valore stereotomico
della massa muraria. La tattilità e
lo spessore della superficie della costruzione
muraria tradizionale si riduce nella
bidimensionalità della parete intonacata; l’astrazione
materica della superficie, in
questo caso combinata alla rigida composizione
volumetrica della costruzione, rafforza
piuttosto l’espressività tettonica del
volume complessivo. “L’intonaco a calce è
una pelle. La pietra una struttura” chiariva
Adolf Loos, indicando nell’uso del materiale
da rivestimento una scelta consapevole
per molte delle sue architetture; non alla
tessitura materica e al disvelamento della
struttura tettonica del muro tradizionale,
Loos è interessato, ma allo studio dei
rapporti proporzionali delle masse murarie.
Nella Villa Moller e poco dopo nella
Casa Müller, l’architetto viennese segna
il punto di arrivo di un lavoro che aveva
avuto già avvio con la Casa Steiner. Loos
costruisce muri sempre più compatti,
concepisce l’involucro murario come uno
schermo di separazione e di protezione
dello spazio interno; la relazione biunivoca
esterno-interno genera una introversione
architettonica che contrappone, alla ricca
articolazione dello spazio interno, la rigida scatolarità
dell’involucro murario. “Verso
l’esterno l’edificio dovrebbe restare
muto…”, suggerisce Loos, esprimendo
la radicale rinuncia al formalismo linguistico
che conduce l’architetto alla costante
riproposizione e al perfezionamento di
elementi della costruzione già collaudati.
IL RECINTO murario
Materialità e astrazione
Se continuità e spessore connotano la natura della costruzione muraria, esistono differenti declinazioni delle forme costruttive che tendono a esaltare soprattutto l’una
delle due qualità pur senza contraddire l’altra.
La parete continua è stata storicamente la forma rappresentativa più significativa della costruzione muraria; per la sua natura continua e l’estensione prevalente in
lunghezza e altezza essa tende a connotarsi come elemento bidimensionale, come piano verticale. In questo caso l’espressività della costruzione è affidata soprattutto ai
valori di superficie, alla tattilità del materiale, al rapporto tra pieni e vuoti, tale da non contraddire la continuità del piano murario, alla figurazione sul piano murario dei
“nodi” tettonici –l’apertura deve essere intesa come sottrazione di materia al muro.
Materialità
La concretezza materiale del muro esprime il carattere della costruzione aderendo a un principio di riappropriazione dei valori espressivi di una architettura che attinge alla
qualità della tradizione costruttiva. Non si tratta, evidentemente, di un assoggettamento alle forme e alle tecniche della storia, ma, con una espressione in forma di
paradosso, di una rinnovata “tradizione del nuovo”.
Il valore espressivo dell’architettura muraria travalica le regole stesse compositive; l’attribuzione concettuale alla materialità: la tattilità, l’odore e l’espressione acustica
sono gli elementi aggiunti al linguaggio con i quali possiamo esprimere il carattere di una costruzione moderna.
Astrazione
Un procedimento di astrazione permette, dunque, di riferirsi alla esperienza concreta distinguendo tra carattere e forma, ricercando la mimesis dei caratteri piuttosto che
la riproposizione delle forme storiche. L’obbiettivo è ritrovare una forma moderna per la costruzione muraria, senza annullare i valori della costruzione tradizionale e
rinnovare il rapporto tra struttura formale e struttura tettonica del sistema murario. In adesione a tale principio, le forme appaiono differenti da quelle dell’esperienza
storica, ma ne riprendono i caratteri espressivi esaltando la fisicità e la materialità della costruzione muraria tradizionale
IL MURO_ SPERIMENTAZIONI MATERICHE
LO SPESSORE DEL MURO
“Ho fatto del muro un contenitore invece di un solido”, scrive Kahn descrivendo la natura tettonica della struttura muraria, concepita come cavità abitata,.
Il muro cavo consente di conseguire un carattere massivo per la costruzione.
“Nell’epoca gotica gli architetti costruivano con pietre compatte. Oggi noi possiamo costruire con pietre cave”, scrive ancora Kahn, chiarendo la natura intuita della una
nuova costruzione muraria.
Il lungo lavoro sul rapporto tra finestra e piano murario è descritto così da Kahn: “Prima la finestra è a filo dei muri. Percepivo ancora la durezza della luce, imparando a
essere ogni volta consapevole del riverbero…Questo rappresenta l’inizio di una comprensione della necessità dell’uso di spessori murari tra il piano del vetro e quello del
muro esterno…”.
La luce dunque, “generatrice di tutti gli spazi”, è l’elemento che regola l’articolazione plastica della massa muraria.
LA FORMA STEREOTOMICA
O forma scultorea
MURO vs PILASTRO
Una differente declinazione costruttiva rispetto all struttura tradizionale del muro tende a esaltare particolarmente lo spessore: quando il muro è “aperto e fesso in più luoghi”
l’espressività della costruzione è ottenuta attraverso la manifestazione della profondità e della massività degli elementi. La forma rappresentativa della costruzione, in questo
caso, è il pilastro murario; la “columnia quadrangola” descritta dall’Alberti, considerandola parzializzazione del muro continuo , come appare nel Tempio Malatestiano dello
stesso Alberti, o, ancor prima, negli archi degli acquedotti romani.
Non al piano murario, ma alla tridimensionalità degli elementi e alla tensione del rapporto pieno-vuoto, che deve rimandare virtualmente alla continuità del muro, è affidata la
rappresentazione del carattere della costruzione.
L’IDEA DELLA CAPANNA
IL RECINTO
Si può definire il luogo della casa esaltando
il valore della parete piuttosto che della
copertura. Il luogo della casa è inteso uno
spazio recinto: nella sua costruzione va
rappresentato l’atto del delimitare come
prioritario a quello del coprire. L’attenzione
è posta sulla natura del recinto definito
dalla successione dei sostegni. La separazione
dello spazio interno dall’esterno,
attraverso la costruzione della delimitazione,
è la condizione che si deve ricercare
per connotare il luogo della casa. L’identità
della casa è stabilita nella forma della loggia:
grande rilievo ha la forma del sostediffegno,
o meglio, il rapporto tra i sostegni, il
ritmo della loro successione. È attraverso
la tensione stabilita dal ritmo che la teoria
dei pilastri diviene limite, recinto dello spazio
della loggia/casa.
Nella Berkotz-Odgis House di Steven Holl,
una ossatura di legno sostiene la veranda
che corre lungo il perimetro della casa: una
fitta struttura verticale di pali in legno (18
x 18 cm circa) definisce il recinto esterno
della casa e scompone il panorama in vedute
parziali che si susseguono, variando,
mentre si percorre lo spazio.
Come nella Casa Fansworth di Mies, i pali
appaiono infissi direttamente nel terreno
senza la mediazione di uno stilobate che
stabilisca il piano artificiale del suolo;
ma differente è la successione del ritmo
dei sostegni che con la loro fittezza definiscono
il limite dello spazio della casa:
è il recinto, in questo caso, a definire il
luogo dell’abitare. I pali sono posti, come
nella Casa Fansworth, all’esterno della
costruzione, ma solo rispetto al piano di
calpestio, e si raccordano, invece, con la
struttura orizzontale del tetto realizzando
la costruzione della loggia che definisce il
luogo della casa. La stessa idea di casa
la realizza l’architetto giapponese Shigeru
Ban. Nella House of double roof, gli
ambienti della casa, definiti da proprie
strutture autonome, si articolano su più
livelli all’interno dello spazio della loggia
delimitata dalla sequenza fitta dei pali che
perimetrano la casa e dalla lastra piana
della copertura. Solo un piccolo sbalzo di
una terrazza esce dal recinto definito dalla
successione dei sostegni verticali. Shigeru
Ban sembra perseguire la condizione
di delimitazione dell’interno e, allo stesso
tempo, di transitività del limite in modo
differente dalla casa progettata da Steven
Holl. La ricerca si indirizza, come indica
la stessa denominazione della casa, su
un doppio tetto, sul rapporto tra recinto
e ambienti della casa assunti come parti
distinte. Il recinto, nell’ambiente principale
della casa, si sdoppia in due ordini defferenti
che si succedono verso l’interno.
I sostegni dell’ordine esterno, realizzati
da un sottile pilastro binato, hanno maggiore
altezza estesa a tutto il corpo della
struttura, quelli dell’ordine interno hanno
sezione più tozza, eretti solo a perimetrare
lo spazio più importante della casa,
sottoposto alla struttura principale, a
sostegno di una copertura autonoma di
questo ambiente. Il succedersi dei due ordini,
sebbene i sostegni di entrambi siano
caratterizzati da accentuata snellezza e il
ritmo della successione sia riferibile al
rapporto aerostilo, accentuano la consistenza
della delimitazione, tra l’interno e l’esterno
mantenendone, allo stesso tempo, la
costitutiva trasparenza
LA CATASTA
Una condizione differente di internità dello
spazio domestico è conseguito attraverso
la costruzione della parete sul principio
della catasta. La natura costruttiva della
parete-catasta si fonda sulla sovrapposizione di
travi collocate l’una su l’altra. Nella
raffigurazione della capanna primitiva di
Etienne Blondel, è già individuata la natura
costruttiva della catasta: gli assi di legno
disposti alternativamente in senso trasversale
e longitudinale, intrecciati come
in un tessuto, definiscono l’unità della cellula
abitativa. Per la consistenza dell’elemento
e la sintassi di accostamento adottata,
questo tipo di costruzione definisce
il carattere di trasparenza della parete: il
vuoto tra gli assi disposti orizzontalmente,
è determinato dallo spessore dello stesso
elemento strutturale, il rapporto tra pieno
e vuoto è dunque di 1:1. Si consegue
così, per lo spazio interno, una condizione
di esternità atmosferica molto filtrata dal
limite della parete: la trasparenza connaturata
al sistema costruttivo registra tutte
le variazioni di luce mantenendo, in modo
marcato, il carattere di continuità dell’involucro.
All’esterno la costruzione appare
piena e priva di aperture, in realtà le pareti
sono in gran parte trasparenti e consentono la
visione dall’interno verso l’esterno.
Una significativa sperimentazione della
costruzione a catasta, è il padiglione della
Svizzera, realizzato da Peter Zumthor in
occasione dell’expo di Hannover del 2000.
Le pareti di questa particolare architettura
sono costituite, come scrive lo stesso
Zumthor, nella relazione che accompagna
il progetto, “da travi lignee di taglio uniforme,
a strati sovrapposti, alternati a listelli….”.
Le pareti sono compresse da cavi
in tensione; una struttura dunque, senza
nessuna vite, senza chiodi, fori, giunti o
incollaggi, tenuta insieme dalla sola pressione
e dall’attrito nei punti di giustapposizione
delle travi.
L’INVOLUCRO
L’idea della capanna rimanda ancora
all’idea di tenda, di involucro. Se nella costruzione
del recinto e della catasta, alla
parete è affidato il compito di rendere
espressiva la forma della casa, la natura
della tenda/involucro si rappresenta, attraverso
la continuità di forma tra pareti
e copertura. Nella Great bamboo di Kengo
Kuma, la costruzione, nega la distinzione
tra elementi verticali ed elementi orizzontali.
Le pareti ed i solai sono costruiti assemblando
sempre gli stessi elementi; la
condizione di consistenza e trasparenza
è conseguita attraverso un’intelaiatura di
pali e travi di legno su cui si inseriscono
le pareti esterne, costituite da pannelli in
canne di bamboo che permettono di aerare
e ventilare i locali. Come nella casa
tradizionale giapponese, nella Great bamboo,
la natura dell’involucro trasparente
rappresenta anche la traduzione dell’insegnamento
Buddhista secondo cui ogni
cosa ha una natura effimera, transitoria,
caduca. La radice schintoista ha inculcato
un rispetto profondo per la natura, per
cui i materiali più pesanti, come pietra e
mattoni, vengono tradizionalmente utilizzati
per le fondamenta dei pilastri verticali
in legno oppure per edifici a destinazione
diversa dall’abitazione come castelli, templi o
magazzini. Anche per questa casa si
consegue, per l’interno dell’edificio, una
condizione di esternità atmosferica, stavolta
estesa a tutto lo spazio dell’abitazione;
le pareti e il tetto della casa contraddistinguono,
allo stesso modo, la natura
di leggerezza e trasparenza dell’involucro
dello spazio.