Dal Vangelo secondo Marco 1, 9-15 In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto». Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo». Il Vangelo che ci è stato comunicato nei secoli e che chiede di essere ancora annunciato non è un semplice messaggio fatto di parole ma è una Persona. Il Vangelo è Gesù. Quest’uomo confessato dai cristiani come vero uomo e vero Dio, ignorato nella sua epoca, è incontestabilmente, per la risonanza del suo nome e delle sue idee attraverso i secoli, la massima figura dell’umanità. Tutta la storiografia a lui contemporanea non lo cita che in un paio di occasioni e approssimative sotto la penna di Tacito e Svetonio, all’inizio del 2° secolo. Fu giudicato e condannato dal governatore romano Ponzio Pilato, ma gli atti di questo processo non sono stati conservati, se non il racconto della Passione fatta dagli Evangelisti. Eppure, al contrario di tutti i movimenti religiosi dell’epoca, quello di Gesù è il solo a non essere scomparso. Certo Giovanni Battista continuò ad avere dei discepoli parecchi decenni dopo la sua morte. Ma si parlerebbe ancora di lui se non ci fosse un Vangelo di Gesù Cristo che ne faccia menzione? Si può datare con una certa precisione la vita di Cristo. Basta rilevare i passi in cui i Vangeli si riferiscono a personalità o ad avvenimenti che possono essere identificati con altre fonti. Si sa così che l’era cristiana si basa su un errore di calcolo; Gesù è nato nell’anno 7 o 6 prima dell’inizio di questa era. È morto un venerdì, vigilia di Pasqua, tra il 28 e il 33, forse il 7 aprile del 30. La comunità cristiana delle origini non ha che un messaggio: Gesù, che è morto, vive oggi, e questo avvenimento è la realtà decisiva del disegno di Dio.Questo messaggio “pasquale” rivoluziona tutta l’istituzione religiosa d’Israele, come rivoluzionerà col tempo tutta la coscienza religiosa dell’umanità. Infatti, affermare la risurrezione di Cristo non è notificare semplicemente che le cose per lui sono finite bene; è annunciare un Signore e una salvezza per l’umanità, è professare il ruolo insostituibile che ha Cristo con la sua persona e la sua dottrina per ogni uomo, in ordine al suo destino. Solo più tardi le grandi idee e i tratti essenziali della predicazione di Gesù conservati nella loro sostanza dalla predicazione apostolica, sono stati posti per iscritto, fino al giorno in cui divennero i nostri Vangeli. Ora, per capire bene questa documentazione, occorre che la nostra convinzione che Gesù Cristo è il Figlio di Dio incarnato non ci impedisca di vederlo agire come vero uomo, “ in tutto simile a noi eccetto il peccato”, alle prese quindi con la realtà e gli avvenimenti, progettandoli e reagendo ad essi come fa ogni uomo. È vero che il suo destino era fissato in anticipo nel piano divino, ed egli lo sapeva ; ma è anche vero che questa preoccupazione non modificava in nulla gli eventi, i quali si svolgevano secondo il gioco delle volontà umane: la volontà del Padre si sarebbe realizzata appunto attraverso il libero agire di persone e di gruppi. Non deve quindi sorprendere che ci siano crisi e svolte nella evangelizzazione di Gesù. Il periodo della Galilea comincia pieno di promesse. Esso è percorso da una certa aria di primavera, come un’esplosione di gioia all’annuncio della salvezza arrivata. Ma tale annuncio non sfugge all’ambiguità. Gesù Cristo parla di un Regno di Dio; cioè utilizza, per farsi comprendere, una parola carica delle speranze e delle attese del popolo ebraico. Così i titoli che gli vengono dati di Figlio di Davide, Messia, Figlio di Dio, o quello che si dà da sé di Figlio dell’Uomo sono tutti titoli carichi sì di grandezza, ma anche di speranze troppo umane. Al contrario egli compirà la sua vocazione di Salvatore, che prende in mano il destino religioso del mondo, sotto l’aspetto del Servo sofferente di cui Isaia aveva descritto in anticipo la figura inattesa (Isaia 42; 49; 50; 52,13-53,12). Ciò non si voleva assolutamente capire, ed è comprensibile. Si attendeva un capovolgimento radicale delle situazioni politiche, il ristabilimento glorioso d’Israele, una vendetta sulle nazioni pagane come le Scritture di fatto parevano suggerire. Ora Gesù, non parla di questo rovesciamento brutale, ma di un nuovo inizio, di un cambiamento, di una conversione, di una vita nuova. Fra lui e la folla l’incomprensione si approfondisce. Essa raggiunge il culmine dopo la moltiplicazione dei pani quando fugge perché certuni volevano farlo re. Quando il malinteso scoppia senza rimedio, Gesù cambia il suo modo di fare. Sa che non troverà altro che rifiuto. Si consacra allora alla formazione dei discepoli, alla preparazione di quel nucleo di uomini che domani annuncerà il Regno, quando lui non ci sarà più. Anche presso di loro incontra l’incomprensione; ma più ancora ne riceve un affetto incrollabile. Essi imparano, attraverso l’esperienza che condividono con lui, l a maniera di pensare e di sentire, e sapranno trasmetterla più tardi. Il regno di Dio è affidato a una comunità, alla Chiesa. A un certo punto la prospettiva della morte comincia a divenire prossima: è iscritta nel prevedibile corso degli eventi. Ma Gesù nulla cambia del suo programma, benchè debba lottare con l’orrore istintivo di un atroce supplizio. Si scontra ormai apertamente con le posizioni stabilite, siano esse politiche o religiose o sociologiche. Il Vangelo ci conserva il drammatico scontro di Gesù con i capi del giudaismo. Ed Egli ha dovuto sperimentare che non si cambia la volontà degli uomini se non accettando di andare fino in fondo al dono supremo. (Estratto dal “Piccolo Atlante Biblico, Edizioni PIEMME a cura di Luciano Pacomio e Pietro Vanetti S.J.) Gesù, fa che il suono della tua voce riecheggi sempre nelle mie orecchie, perché io impari a capire come il mio cuore, la mia mente e la mia anima ti possano amare. Concedimi di accoglierti negli spazi più nascosti del mio cuore, tu che sei il mio unico bene, la mia gioia più dolce, il mio vero amico. Gesù, vieni nel mio cuore prega con me, prega in me, perché io impari da te a pregare. (Madre Teresa di Calcutta) Elaborazione Monache Benedettine S. Margherita Fabriano