FREUD (nevrosi e inconscio; tecnica psicoanalitica) Prof. Michele de Pasquale “ Le idee freudiane sono state idee fondamentalmente educative, cioè hanno aiutato le masse delle persone di buona e media cultura a crearsi una concezione laica dell'individuo, ad avere una concezione dell'individuo, del bambino, della donna e della sessualità, in cui si metta in dubbio la convinzione che una persona possa decidere di fare una cosa, e farla, solo in base alla sua volontà. L'uomo, nella prospettiva psicanalitica freudiana, non è pienamente padrone delle proprie decisioni, delle proprie risoluzioni intellettuali. Ne consegue un atteggiamento di fondo più tollerante verso l'individuo, più tollerante perché esso non viene più ritenuto interamente colpevole delle sue scelte. Queste non sono in sé «sbagliate», in quanto possono essere dominate da fattori extrarazionali, che l’individuo non riesce dominare completamente” (Giovanni Jervis ) “ In questa divisione della personalità in Io, Super-io ed Es, non dovete certo pensare a confini netti, come quelli tracciati artificialmente nella geografia politica. I contorni lineari non sono in grado di rendere la natura dello psichico, ma servirebbero aree cromatiche sfumanti l'una nell'altra, come nei pittori moderni. Dopo aver distinto, dobbiamo lasciar confluire di nuovo assieme quanto è stato separato… L’intenzione degli sforzi terapeutici della psicoanalisi è in definitiva di rafforzare l'Io, di renderlo più indipendente dal Super-io, di ampliare il suo campo percettivo e perfezionare la sua organizzazione, così che possa annettersi nuove zone dell'Es. Dove era l'Es, deve diventare l'Io.” (Freud, Introduzione alla psicoanalisi, lezione 31) Il grande merito di Freud è aver scoperto le motivazioni inconsce del comportamento: il sapere psicoanalitico ha inferto una “ferita narcisistica” all’immagine che l’uomo si è costruito nei secoli l’uomo – la sua coscienza – non è interamente padrone della propria interiorità “l’io non è più padrone in casa propria” temi freudiani in: Schopenhauer: volontà inconscia // pulsioni psichiche Nietzsche: inconscio come luogo abitato da pulsioni (volontà di potenza); nella riflessione sull’origine della morale sostiene che la civiltà è nata dalla rinuncia alla gratificazione delle pulsioni aggressive che non potendo scaricarsi all’esterno si rivolgono all’interno del soggetto. la scoperta dell’inconscio avviene con lo studio delle malattie nervose (= nevrosi) Freud ritiene che le cause non siano organiche ma riferibili alla psiche umana la spiegazione organicistica (= malattia causata da un trauma fisico) della isteria viene contraddetta dal fatto che, nella cura della malattia, attraverso l’ipnosi si riesce a far scomparire i sintomi il sintomo (paralisi, allucinazioni, contratture, …) è il segnale che esiste un contenuto psichico, ignoto alla coscienza, che vuole emergere dall’inconscio … quando l’energia psichica non riesce ad emergere alla coscienza trova altre vie per scaricarsi, anche a livello organico (somatizzazione) “ Le mie speranze si realizzarono, mi liberai dall’ipnosi; tuttavia tale mutamento tecnico implicò un mutamento del lavoro catartico [ provocare una scarica emotiva (abreazione) capace di liberare il malato dai suoi disturbi] nel suo insieme. L’ipnosi aveva nascosto un giuoco di forze che ora veniva messo allo scoperto, e la cui conoscenza dava alla nostra teoria un fondamento sicuro. Come mai i malati avevano dimenticato tante circostanze della loro vita vissuta, esterna e interna, ed erano poi riusciti a ricordarle quando si era applicata al loro caso la tecnica da noi illustrata? A questi interrogativi l’esperienza dava risposte esaurienti. Tutto ciò che era stato dimenticato corrispondeva, per un motivo o per l’altro, a qualcosa di penoso, a qualcosa che per la personalità del soggetto, e per le sue esigenze, era temibile, doloroso o vergognoso. Mi veniva spontanea la conclusione che proprio per questo tali cose erano state dimenticate, ossia non erano rimaste coscienti. Per renderle nuovamente coscienti bisognava vincere nel paziente qualcosa che a ciò si opponeva, e per ottenere tale risultato il medico doveva prodigarsi in un’opera di insistente convincimento. Lo sforzo richiesto al medico era di entità variabile a seconda dei casi, e aumentava in proporzione diretta alle difficoltà che il malato aveva a ricordare. Il dispendio di energia da parte del medico era palesemente ciò che dava la misura della resistenza [ comportamento inconscio opposto dal paziente per impedire l’accesso all’inconscio] da parte del malato. Non c’era da fare altro che tradurre in parole ciò che io stesso avevo sperimentato: fu così che venni in possesso della teoria della rimozione [processo attraverso il quale i pensieri e ricordi sono eliminati dall’ambito della coscienza e diventano inconsci]. % Il processo patogeno poté essere ricostruito a questo punto senza difficoltà. Per restare al caso più semplice, ammettiamo che nella vita psichica si produca una certa tendenza alla quale altre tendenze più forti si oppongano: stando alle nostre aspettative il conflitto psichico che in tal modo si è creato dovrebbe svolgersi in modo tale che le due grandezze dinamiche – che per i nostri scopi chiameremo pulsione [forza interna indirizzata verso un oggetto esterno; è diversa dall’istinto che è fissato biologicamente; la pulsione per eccellenza è quella sessuale] e resistenza – lottino per un po’ fra loro con grandissima partecipazione della coscienza, fino a quando la pulsione sia ripudiata e alla tendenza che le corrisponde sia sottratto l’investimento [associazione di energia psichica ad un oggetto]. Questa sarebbe l’evoluzione normale. Tuttavia, nella nevrosi, per motivi ancora sconosciuti, il conflitto si era concluso in un modo diverso. L’Io si era per così dire ritratto al primo incontro con il moto pulsionale sconveniente, gli aveva sbarrato l’accesso alla coscienza, nonché alla scarica motoria diretta; nel contempo, però, il moto pulsionale aveva mantenuto intatto il proprio investimento energetico. È questo il processo che chiamai rimozione: si tratta di una novità assoluta, non essendo mai stato scoperto da nessuno nulla di simile nella vita psichica. Evidentemente era il meccanismo di difesa primario, paragonabile a un tentativo di fuga, solo un antecedente di quella che in seguito sarebbe diventata la normale attività giudicante. % Dal primo atto della rimozione derivano alcune ulteriori conseguenze. Innanzi tutto l’Io era costretto a difendersi dal costante, incombente assillo del moto rimosso con un dispendio permanente di energia, e cioè con un controinvestimento, e nel far ciò s’impoveriva; d’altro lato il rimosso, che ora era inconscio, poteva scaricarsi e ottenere soddisfacimenti sostitutivi per vie traverse, facendo in tal modo andare a vuoto gli intenti della rimozione stessa. Nell’isteria di conversione [ convertire energia psichica in energia nervosa] questa strada indiretta portava all’innervazione somatica [ trasmissione dell’energia psichica attraverso le vie nervose], l’impulso rimosso irrompeva in un punto qualsivoglia [del corpo] dando luogo ai sintomi, che erano dunque risultati di compromesso e soddisfacimenti sostitutivi, deformati però e deviati rispetto alle loro mete a causa della resistenza dell’Io. La dottrina della rimozione divenne un elemento fondamentale per la comprensione delle nevrosi. Il compito terapeutico fu concepito in un modo diverso, la sua meta non fu più di far «abreagire»[ provocare una scarica emotiva] l’affetto avviato su un falso binario, bensì di mettere a nudo le rimozioni sostituendole con un’opera di valutazione da cui scaturisse o l’accettazione o la condanna di quel che a suo tempo era stato ripudiato. In considerazione di questa nuova visione delle cose denominai il mio metodo di indagine e di terapia psicoanalisi, in sostituzione del termine catarsi.” (Freud, Autobiografia) esiste una dinamica associativa tra le rimozioni inconsce e i pensieri coscienti il compito della psicoanalisi è comprendere queste associazioni: si tratta di una tecnica delle interpretazioni (metodo delle associazioni libere) è un processo inverso a quello che ha condotto all’isteria: si risale dai sintomi organici ai ricordi rimossi per liberarli dall’investimento di energia psichica; nell’ipnosi non si può contare sulla partecipazione del paziente per individuare i ricordi e quindi è impossibile eliminare la carica affettiva a essi associata “ Se il metodo catartico aveva già rinunciato alla suggestione, Freud compì il passo successivo, rinunciando anche all’ipnosi. Attualmente egli cura i suoi pazienti senza alcun altro influsso, facendo loro assumere una comoda posizione dorsale su un divano, mentre egli siede su una sedia alle loro spalle, nascosto alla loro vista. Non esige nemmeno che chiudano gli occhi ed evita qualsiasi contatto e ogni altro procedimento che possa far pensare all’ipnosi. Una tale seduta procede quindi come un colloquio tra due persone ugualmente deste, una delle quali si risparmia qualsiasi sforzo muscolare e ogni impressione sensoria che possa distrarla e distogliere la sua attenzione dal concentrarsi sulla propria attività psichica. Poiché l’essere ipnotizzati, a parte l’abilità del medico, dipende notoriamente dall’arbitrio del paziente e un grande numero di persone nevrotiche non può essere posto in ipnosi con alcun procedimento, rinunciando all’ipnosi si garantiva l’applicabilità del procedimento a un numero illimitato di malati. D’altra parte, però, veniva ora a mancare quell’ampliamento della coscienza che aveva fornito al medico proprio quel materiale psichico di ricordi e rappresentazioni con il cui aiuto poteva essere attuata la conversione dei sintomi e la liberazione degli affetti. Se non si fosse potuto trovare alcun sostituto a questo elemento mancante, ogni effetto terapeutico sarebbe stato fuori questione. % Ora, Freud trovò un tale sostituto, del tutto sufficiente, nelle idee improvvise dei malati, vale a dire in quei pensieri involontari, percepiti perlopiú come molesti e quindi eliminati in circostanze normali, i quali sogliono incrociare il corso di una narrazione conseguente. Per impadronirsi di queste idee improvvise, egli esorta i pazienti a lasciarsi andare ai propri racconti, «come si fa, ad esempio, in una conversazione in cui si salta di palo in frasca». Prima di invitarli a narrare dettagliatamente la storia della propria malattia, egli raccomanda loro vivamente di dire tutto quello che passa loro per il capo, anche se ritengono che sia irrilevante, o che non c’entri, o che sia assurdo. Ma con particolare insistenza esige che non omettano alcun pensiero o idea improvvisa perché la comunicazione riesce loro imbarazzante o penosa. Mentre cercava di raccogliere questo materiale di idee altrimenti trascurate, Freud fece le osservazioni che sono divenute determinanti per la sua intera concezione. Già durante il racconto del corso della malattia appaiono nei malati lacune di memoria, possono essere stati dimenticati fatti reali, può essersi data confusione di rapporti cronologici o interruzione di connessioni causali, così che ne risultano effetti inintelligibili. Non vi è storia di malattia nevrotica senza amnesia di un qualche tipo. Se si insiste affinché il narratore colmi con uno sforzo dell’attenzione queste lacune della propria memoria, si nota che le idee improvvise che si presentano al riguardo vengono da lui respinte con tutti i mezzi della critica, finché, quando il ricordo torna realmente, egli finisce per provare un vero disagio. % Da questa esperienza Freud deduce che le amnesie sono il risultato di un processo che egli chiama rimozione e di cui individua il motivo in sentimenti spiacevoli. Le forze psichiche che hanno provocato questa rimozione possono essere percepite, a suo avviso, nella resistenza che si solleva contro il riproporsi del ricordo. Il fattore della resistenza è diventato uno dei fondamenti della sua teoria. Le idee improvvise che solitamente vengono scartate con ogni sorta di pretesti (come quelli sopra enumerati) sono viste da lui come dei derivati delle formazioni psichiche rimosse (pensieri e impulsi), come deformazioni di esse dovute alla resistenza nei riguardi di una loro riproduzione. Quanto più grande è la loro resistenza, tanto più ingente è questa deformazione. Ora, in questa relazione tra le idee inintenzionali e il materiale psichico rimosso sta il loro valore per la tecnica terapeutica. Se si possiede un procedimento che permetta di giungere dalle idee a ciò che è stato rimosso, dalle deformazioni a ciò che è stato deformato, allora si può rendere accessibile alla coscienza, anche senza l’ipnosi, quanto era prima inconscio nella vita psichica. Su questa base Freud ha sviluppato un’arte di interpretazione cui compete la funzione di separare, per così dire, dal materiale grezzo delle idee inintenzionali il metallo puro dei pensieri rimossi. Oggetto di questo lavoro interpretativo non sono solo le idee del malato, ma anche i suoi sogni, che schiudono la più diretta via d’accesso alla conoscenza dell’inconscio, le sue azioni involontarie e senza scopo (azioni sintomatiche) e gli errori nelle sue prestazioni della vita quotidiana (lapsus verbali, sbadataggini e simili)…. % Il compito che il metodo psicoanalitico mira ad assolvere può essere espresso con formule diverse, ma equivalenti nella loro sostanza. Si può dire che il compito della cura è quello di far cessare le amnesie; una volta colmate tutte le lacune della memoria, chiariti tutti gli effetti enigmatici della vita psichica, è reso impossibile il persistere o addirittura il rigenerarsi del male. Oppure si può esprimere diversamente tale condizione dicendo che devono essere annullate tutte le rimozioni; in tal caso lo stato psichico è identico a quello in cui siano colmate tutte le lacune. Di maggior rilievo è un’altra formulazione: si tratta di rendere accessibile l’inconscio alla coscienza, e ciò avviene mediante il superamento delle resistenze. Non si deve però dimenticare che un tale stato ideale non esiste nemmeno nell’uomo normale [nessuno è normale perché la rimozione di tutte le resistenze è irrealizzabile] e che solo raramente si ha la possibilità di portare tanto avanti il trattamento da avvicinarsi a questo punto. Poiché la salute e la malattia non sono distinte nella loro essenza, ma solo separate da un confine quantitativo determinabile nella pratica, non ci si prefiggerà come fine del trattamento altro che la guarigione pratica del malato, il ricupero delle sue capacità di prestazioni e di godimento. In caso di cura incompleta o di successo parziale, si ottiene soprattutto un considerevole miglioramento dello stato psichico generale, mentre i sintomi possono persistere, ma con minor importanza per il paziente, senza segnarlo come un malato.” (Il metodo psicoanalitico freudiano)