Cap 2: Sostanze pure in equilibrio
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Superfici pvT di sostanze pure
Anomalie dell’acqua e dell’elio
Cella Kelvin
Entalpia molare
Calori molari
Macchina di Carnot
Equivalenza degli enunciati di Kelvin e Clausius del II° principio
Teorema di Carnot
La funzione di stato entropia
Equazione centrale della termodinamica
Potenziale chimico e transizioni di fase
Equazione di Clapeyron
Relazioni di Maxwell
Gas reali: espansione libera ed espansione Joule-Thomson
Superfici pvT di sostanze pure
Una mole di una sostanza pura chiusa in un cilindro con pistone ha stati di equilibrio
individuati da T e v: fissate tali grandezze è individuata anche la pressione p. La funzione
p(v,T) è l’equazione di stato della sostanza e deve essere determinata sperimentalmente. Ad
esempio pensiamo di mantenere costante T e di misurare p per valori di v via via crescenti.
Otteniamo così una curva isoterma nello spazio (p,v,T) e, ripetendo la serie di misure per altri
valori di T, individuiamo la superficie pvT della sostanza considerata. La maggior parte delle
sostanze (ma non l’acqua) aumentano di volume quando fondono e hanno superficie pvT del
tipo mostrato nella figura seguente. Ogni sostanza ha due temperature caratteristiche: la
temperatura critica TC e la temperatura tripla Tt. Per temperature maggiori di TC la sostanza è
nello stato gassoso (regione arancione). Per temperature minori di Tt la sostanza è gassosa nella
regione rossa, solida nella regione blu ed è in parte gassosa ed in parte solida nella regione
violetta. In tale regione la pressione di equilibrio solido-gas dipende solo dalla temperatura,
infatti la proiezione della regione violetta nel piano pT si riduce ad una linea: la curva della
tensione di vapore del solido o curva di sublimazione. Per temperature comprese tra Tt e TC, la
sostanza è gassosa nella regione rossa, in parte gassosa ed in parte liquida nella regione gialla,
liquida nella regione verde chiaro, in parte solida ed in parte liquida nella regione verde scuro e
solida nella regione blu. Anche le pressioni di equilibrio solido-liquido e liquido-gas dipendono
solo dalla temperatura, infatti le proiezioni delle regioni verde scura e gialla nel piano pT si
riducono a linee: sono la curva di fusione e la curva della tensione di vapore del liquido o curva
di vaporizzazione. Sull’isoterma a temperatura Tt si distingue la linea tripla lungo la quale
coesistono in equilibrio le fasi solida, liquida e gassosa. La proiezione della linea tripla nel
piano pT prende il nome di punto triplo. Si noti che il punto critico è un punto della superficie
pvT ed individua un singolo stato di equilibrio della sostanza pura, mentre il punto triplo è la
proiezione della linea tripla nel piano pT ed individua un insieme di stati di equilibrio che
differiscono per le frazioni della sostanza pura nelle tre fasi.
Superficie pvT per una sostanza che fondendo si dilata
Linee triple e punti critici di alcune sostanze
Sostanza
He
H2
Ne
O2
N2
CH4
CO2
NH3
H2O
Tt
K
2.172
13.84
24.57
54.36
63.18
90.6
216.6
195.4
273.16
pt
mbar
50.4
70.4
432
1.52
125
116.5
5170
60.75
6.105
Tc
K
5.3
33.3
44.45
154.8
126.2
190.7
304.2
405.6
647.3
pc
bar
2.3
13
26.54
50.8
33.9
46.4
73.9
114
220.9
vc
cm3/mol
58
64.5
41.4
74.4
90.1
99.4
94
72.5
56.8
pcvc
R Tc
0.3
0.3
0.3
0.29
0.29
0.29
0.27
0.25
0.23
Note alla tabella
• L’anidride carbonica è l’unica tra le sostanze considerate ad
avere punto triplo a pressione maggiore di quella atmosferica. A
pressione atmosferica non diventa mai liquida.
• Al punto critico tutte le sostanze hanno pcvc/RTc ben minore
dell’unità, intorno a 0.3. La legge dei gas perfetti pv/RT=1
approssima bene la superficie pvT solo per volumi molari
molto maggiori del volume critico.
• La temperatura del punto triplo è una caratteristica della
sostanza pura, mentre le temperature di fusione e di ebollizione
dipendono dalla pressione esercitata non solo dal vapore della
sostanza, ma anche da altre sostanze. Per tale ragione il SI ha
scelto la temperatura del punto triplo dell’acqua, anziché la
temperatura di fusione del ghiaccio, come unico punto fisso,
fissandone il valore a 273.16 K. Un metodo sperimentale per
realizzare un campione di temperatura ben stabile a 273.16 K
è la cella di Kelvin descritta più avanti.
ANOMALIE IMPORTANTI
Cella Kelvin
La cella di Kelvin, schematizzata in figura, è costituita da una provetta
contenente un normale liquido antigelo inserita entro un’ampolla
sigillata contenente acqua purissima. Circa un quarto dell’ampolla è
occupato da vapor d’acqua, la
parte rimanente da acqua liquida.
Ora pensiamo di mettere la cella
in frigo sino a quando condensa
l’ultima goccia d’acqua, poi di
portarla in laboratorio avendo cura
di avvolgerla in un contenitore
adiabatico che lasci accessibile
solo l’imboccatura della provetta.
In tali condizioni il liquido
antigelo è in equilibrio termico
con la miscela ghiaccio-acquavapore e rimane alla temperatura
del punto triplo anche per alcuni
giorni, sino a quando fonde
l’ultimo pezzetto di ghiaccio.
Trasformazioni isobare
Continuiamo a pensare che un cilindro con pistone contenga solo una mole della
sostanza pura di nostro interesse e pensiamo che lo stato iniziale sia lo stato
standard a T°=298.15 K e p°=1 bar. Tale stato, rappresentato da un punto della
superficie pvT, può essere solido, liquido o gassoso (è molto improbabile che due
fasi della sostanza pura coesistano proprio nello stato standard, basta guardare la
proiezione pT per convincersene). Ad esempio, lo stato standard è cristallino per
il ferro ed il cloruro di sodio, liquido per l’acqua e l’alcol etilico, gassoso per
elio, neon, argon, idrogeno, ossigeno, azoto, anidride carbonica e metano.
Ora notiamo che una trasformazione dallo stato standard ad uno stato generico,
essendo una successione di stati di equilibrio, è rappresentata da una curva della
superficie pvT e può incontrare le curve di fusione, sublimazione e
vaporizzazione. Ad esempio pensiamo che il cilindro con pistone contenga una
mole d’acqua e consideriamo una trasformazione isobara dallo stato standard sino
a T=500 K. L’isobara a pressione p° incontra la curva di vaporizzazione alla
temperatura Tvap =373 K, quindi la trasformazione può essere scomposta in tre
parti: da T° a Tvap l’acqua rimane liquida ed il volume varia molto poco, a Tvap la
trasformazione isobara diventa anche isoterma ed il volume aumenta sino a
completa evaporazione, poi il volume e la temperatura aumentano seguendo la
legge dei gas rarefatti. Analogamente la trasformazione isobara che porta l’acqua
dallo stato standard alla temperatura T=250 K può essere scomposta in tre parti:
trasformazione quasi isocora del liquido sino a Tfus =273.15 K, solidificazione
isoterma e trasformazione quasi isocora del ghiaccio.
Trasformazioni isocore
Nella precedente trasparenza abbiamo pensato che p e T siano date e che il
volume molare di equilibrio si aggiusti di conseguenza. Ma abbiamo visto
che quando p e T individuano punti delle curve di sublimazione, evaporazione
o fusione il volume è indeterminato: può prendere qualunque valore compreso
tra i volumi molari delle fasi in equilibrio.
Ora pensiamo che una mole della sostanza di nostro interesse (elio escluso)
sia in equilibrio in una camera di volume fisso e cominciamo a considerare
l’isocora a volume uguale al volume critico. A basse temperature la camera
contiene certamente le fasi solida e gassosa e la pressione è uguale alla tensione
di vapore del solido. All’aumentare della temperatura la proiezione nel piano
pT dell’isocora segue le curve di sublimazione e vaporizzazione: il gas è in
equilibrio con il solido sino al punto triplo, ed è in equilibrio con il liquido dal
punto triplo al punto critico.
Le proiezioni nel piano PT delle isocore con volume compreso tra i volumi
molari del liquido e del vapore al punto triplo si distaccano dalla curva di
vaporizzazione per entrare nella regione liquida o nella regione gassosa a seconda
che v<vc o v>vc. Infine notiamo che le proiezioni nel piano PT delle isocore con
volume maggiore del volume molare del vapore al punto triplo seguono la curva
di sublimazione sino a quando sublima l’ultimo frammento di solido, poi se ne
distaccano e tendono alle isocore del gas perfetto.
Espansività e compressibilità
Per una data fase di una sostanza pura in equilibrio il volume molare è
univocamente individuato da T e p, quindi la sua variazione risulta
 v 
 v 
dv    dT    dp e può essere scritta nella forma dv  vαdT  κdp 
 T p
 p T
dove a e k sono grandezze facilmente misurabili definite dalle equazioni:
1  v 
α 

v  T p
,
1  v 
κ  
v  p T
Nei gas rarefatti l’espansività isobara a si riduce ad 1/T, quindi diminuisce
all’aumentare della temperatura. Nei solidi, invece, a aumenta all’aumentare
della temperatura e prende valori dell’ordine di 10-5 /K a temperatura ambiente.
Di solito i liquidi hanno espansività un po’ maggiori dei solidi, ma l’acqua ha un
comportamento anomalo: ha espansività nulla a 4 °C.
La compressibilità isoterma k si riduce ad 1/p nei gas rarefatti ed è piccolissima
nelle fasi condensate, tanto che spesso è lecito assumere che i solidi ed i liquidi
siano incomprimibili; ad esempio l’acqua ha compressibilità k =1/(2 109 Pa).
Infine diciamo che l’inverso della compressibilità k viene indicato con K e
prende il nome di modulo di bulk; nei gas rarefatti è null’altro che la pressione,
nei solidi è dell’ordine delle centinaia o migliaia di GPa.
ENTALPIA
Per il primo principio, il calore assorbito da una mole di una certa sostanza in un elemento
di trasformazione vale δQ  du  pdv e può essere riscritto nella forma
δQ  dh  vdp dove h  u  pv è l’entalpia molare.
Misurando il calore assorbito in una trasformazione isocora misuriamo la variazione Du
dell’energia molare, e misurando il calore assorbito in una trasformazione isobara
misuriamo la variazione Dh dell’entalpia molare. In particolare, i calori molari di fusione ed
evaporazione sono variazioni dell’entalpia molare e vengono indicati con
Δh fus (p) e
Δh vap (p)
Non dipendono esplicitamente da T perché la temperature di fusione Tfus (p) e la
temperatura di vaporizzazione Tvap (p) sono univocamente individuate dalla pressione.
Le derivate parziali
 u 
cv   
 T  v
e
 h 
cp   
 T p
sono i calori molari a volume costante ed a pressione costante della sostanza. In realtà le
misure dirette di cv nelle fasi condensate sono difficili, quindi cv viene calcolato a partire da
cp, a e k , con l’equazione che dedurremo più avanti. Per ora pensiamo di aver misurato i
calori molari a pressione costante delle tre fasi
(s )
(l)
(g )
cp (p, T) , cp (p, T) e cp (p, T)
A questo punto è facile calcolare la variazione di entalpia molare per qualunque isobara. Ad
esempio per un’isobara a pressione compresa tra pt e pC che porta dal solido a temperatura
TA al gas a temperatura TB
Tvap
Tfus
TB
Δh   c(ps) (p, T)dT  Δh fus   c(pl) (p, T)dT  Δh vap   c(pg ) (p, T)dT
TA
Tfus
Tvap
Macchina di Carnot
Due secoli di misure eseguite con calorimetri via via più raffinati hanno consentito di associare ad ogni
punto delle superfici pVT di ogni sostanza pura valori accurati dell’energia e dell’entalpia. Ora
vogliamo dimostrare che ad ogni punto della superficie pVT di qualunque sostanza può essere associata
anche un’entropia. In altre parole, vogliamo dimostrare che l’entropia è una funzione di stato per
qualunque sostanza, non solo per il gas perfetto. Procederemo dimostrando che se non fosse così
potremmo realizzare macchine che trasformano in lavoro tutto il calore estratto dal mare, senza altri
effetti, o macchine che trasferiscono calore da un corpo freddo ad uno caldo, senza altri effetti.
L’impossibilità di costruire macchine del primo tipo è l’enunciato del secondo principio della
termodinamica introdotto da Lord Kelvin nel 1848, quella di costruire macchine del secondo tipo è un
enunciato equivalente introdotto da Clausius qualche anno dopo. Sia Kelvin, sia Clausius partono da un
lavoro di Carnot del 1824 che aveva dettato i criteri di ottimizzazione delle macchine termiche cicliche:
minimizzare gli attriti, minimizzare le differenze di pressione sulle due facce del pistone, minimizzare le
differenze di temperatura tra la sostanza che compie il ciclo ed i termostati. Portando ai limiti tali criteri,
Carnot aveva descritto la macchina reversibile schematizzata in figura. Il pistone scorre senza attrito e
con infinita lentezza, p+ è maggiore di p di
un infinitesimo, TH+ è maggiore di TH di un
infinitesimo e TL+ è maggiore di TL di un
infinitesimo. Nel caso considerato in figura
la macchina assorbe il calore QH dal
termostato caldo, cede il calore QL al
termostato freddo ed eroga il lavoro
L= QH-QL, ma basta variare di infinitesimi
le condizioni sostituendo + con - per
invertire il verso di circolazione del ciclo.
In tal caso la macchina funziona come
pompa di calore: pompa il calore QH nel
termostato caldo, assorbe il lavoro L
dall’ambiente ed estrae il calore QL = QH-L
dal termostato freddo.
Equivalenza degli enunciati di Kelvin e Clausius
Come prima applicazione delle macchina di Carnot mostriamo che gli enunciati di
Kelvin e di Clausius sono equivalenti. Infatti, se esistesse una macchina X che
smentisca Kelvin potremmo abbinarla ad una pompa di calore di Carnot, come in
figura a), per costruire una macchina che smentisca Clausius, e se esistesse una
macchina Y che smentisca Clausius basterebbe abbinarla ad un motore di Carnot,
come in figura b), per costruire una macchina che smentisca Kelvin.
Nel caso a) la macchina
composta trasferisce il
calore QL dal termostato
freddo a quello caldo,
senza altri effetti.
Nel caso b) la macchina
composta trasforma in
lavoro tutto il calore
estratto dal termostato
caldo, senza altri effetti.
Teorema di Carnot
Il teorema di Carnot afferma che, dati due termostati a temperature TL e TH, ed
indicato con h = L/ QH il rendimento di una macchina di Carnot che operi tra i
due termostati, ogni altra macchina che operi tra gli stessi termostati ha
rendimento η'  η . Per dimostrarlo seguiamo l’approccio di Clausius, facendo
riferimento alla figura: pensiamo che la macchina X assorba il calore Q dal
termostato caldo e produca il lavoro L=h’Q , e pensiamo che tale lavoro sia
usato da una pompa di calore di Carnot. In tal caso la macchina composta
preleva dal termostato caldo il calore
Q  QH  Q 
 η' 
L
 Q1  
η
 η
e cede la stessa quantità di calore al
termostato freddo, infatti
Q  L  QL  Q  L  (QH  L)  Q  QH
Per h’<h la macchina composta ha l’unico
effetto di trasferire calore dal corpo caldo a
quello freddo, cosa possibile, ma per h’>h
la macchina composta ha l’unico effetto di
trasferire calore dal corpo freddo al corpo
caldo, cosa impossibile. Dunque è vero che
η'  η
Corollario: equivalenza delle macchine di Carnot che
lavorano tra gli stessi termostati con sostanze diverse
Il fatto che nessuna macchina possa usare due dati termostati meglio
di una macchina di Carnot comporta che una seconda macchina di
Carnot che usi gli stessi termostati ha rendimento uguale alla prima:
se lo avesse minore esisterebbe una macchina migliore, cosa
impossibile visto che anche la seconda macchina è una macchina di
Carnot. Di conseguenza, il rendimento della macchina di Carnot non
dipende dal fluido che compie il ciclo. Ciò comporta che tutte le
macchine di Carnot che lavorano tra termostati a temperature TL e TH
equivalgono alla macchina di Carnot a gas perfetto: scambiano con i
termostati i calori QH e QL legati alle temperature dalla relazione
fondamentale
QH QL
TH

TL
e hanno rendimento dipendente solo dalle temperature, infatti
η
QH  QL
Q
T
1 L 1 L
QH
QH
TH
La funzione di stato entropia
Pensiamo che una sostanza, inizialmente nello stato di equilibrio A, sia sottoposta alla
trasformazione ciclica di Carnot mostrata in figura a). In tal caso l’integrale di dQ/T
esteso al ciclo vale -QA/TA+QB /TB ed è certamente nullo. Nella prossima trasparenza,
seguendo Clausius, dimostreremo che l’integrale di dQ/T è nullo anche quando è
esteso ad una qualunque trasformazione ciclica, qui lo diamo per dimostrato e traiamo
la conseguenza importante illustrata in figura b): l’integrale di dQ/T esteso ad una
trasformazione che porta dallo stato di equilibrio A allo stato di equilibrio B non
dipende dal percorso. Cio comporta che l’entropia è davvero una funzione di stato
per qualunque sostanza, non solo per il gas perfetto. Nota l’entropia dello stato A,
l’entropia dello stato B risulta
δQ
S B  SA  
A T
B
Si sottintende che l’integrale
può essere calcolato per una
qualunque trasformazione
(reversibile) che porti dallo
stato A allo stato B.
Teorema
di
Clausius
Cominciamo a considerare le trasformazioni triangolari infinitesime mostrate in figura a),
composte da un elemento isotermo, un elemento adiabatico ed un elemento isobaro,
oppure isocoro, oppure generico. Indichiamo con dV e dp le “dimensioni” del ciclo,
ricordiamo che il calore scambiato nell’elemento adiabatico è nullo e che la somma dei
calori scambiati negli altri due elementi è uguale all’area del ciclo, quindi ha ordine di
grandezza dpdV/2. Ma il calore scambiato nell’elemento isotermo ha ordine di grandezza
pdV, quindi, a meno di infinitesimi del secondo ordine, è uguale ed opposto al calore
scambiato nell’elemento generico. Ora consideriamo la generica trasformazione ciclica in
figura b), tracciamo una famiglia di adiabatiche, ricordando che adiabatiche diverse non
hanno punti in comune e sostituiamo gli elementi del ciclo compresi tra due adiabatiche
contigue con elementi isotermi, con la certezza che al tendere all’infinito del numero di
adiabatiche i calori scambiati negli elementi del ciclo diventano uguali a quelli scambiati
negli elementi isotermi che li sostituiscono.
A questo punto basta notare che i due
elementi isotermi compresi tra due
adiabatiche contigue appartengono ad
un ciclo di Carnot per convincersi che i
loro contributi alla circolazione di dQ/T
sono opposti. Ciò dimostra il teorema
di Clausius: la
circolazione di
dQ/T estesa ad una
trasformazione ciclica è nulla.
Definizione termodinamica della temperatura
Abbiamo visto che una macchina di Carnot che usa termostati a
temperatura TH e TL assorbe e cede i calori QH e QL tali che
QH/ QL = TH/TL, qualunque sia la sostanza che compie il ciclo.
In linea di principio, ciò consente di definire la temperatura
termodinamica pensando che sia misurata da una macchina di
Carnot che usi il corpo in esame ed una cella Kelvin come
termostati. Assegnato il valore convenzionale TK alla temperatura
della cella Kelvin, e misurati il calore Q ceduto dal corpo alla
macchina ed il calore QK che la macchina cede alla cella, si ottiene
Q
T  TK
QK
Questa procedura ideale ha il merito di definire la temperatura
termodinamica senza alcun riferimento a fluidi termometrici, quindi
ha un grande valore logico, ma non è un reale metodo di misura. Gli
strumenti di misura della temperatura termodinamica sono
termometri basati sulle proprietà di qualche sostanza e sono tarati
per confronto con termometri a gas rarefatto a volume costante.
Equazione centrale della termodinamica
Con l’introduzione dell’entropia, il calore scambiato in un elemento di
trasformazione risulta dQ=TdS, quindi le prime due leggi della termodinamica
per le trasformazioni di una mole sono compendiate dalla seguente equazione,
nota come equazione centrale
du  Tds - pdv
Per l’entalpia molare h=u+pv l’equazione centrale prende la forma
dh  Tds  vdp
A questo punto conviene introdurre altre due funzioni di stato: l’energia
libera molare f=u-Ts ed il potenziale chimico m =h-Ts. Per queste funzioni
di stato l’equazione centrale prende le forme
df  sdT - pdv
dμ  sdT  vdp
L’utilità di m emerge a prima vista: rimane costante nelle trasformazioni a
pressione e temperatura costante, ad esempio nelle transizioni di fase. Ma c’è
di più: nei processi reali, eventualmente violenti, con attrito, con enormi
gradienti di temperatura e pressione, basta che lo stato di equilibrio finale
abbia pressione e temperatura uguali a quelle dello stato di equilibrio iniziale,
come spesso avviene in pratica, per essere certi che anche m ha lo stesso valore
alla fine ed all’inizio. Infatti m è una funzione di stato e la sua variazione in
una trasformazione isoterma ed isobara è nulla.
Considerazioni sull’equazione centrale
Per sistemi che compiono lavoro solo di tipo pdv l’equazione
centrale della termodinamica, nelle sue quattro forme,
compendia il primo ed il secondo principio, ed essendo una
relazione tra funzioni di stato, vale in generale, anche quando
il processo che porta dall’uno all’altro dei due stati di equilibrio
contigui è irreversibile. Ma ciò non deve far dimenticare che
l’equazione centrale vale solo quando gli stati iniziale e finale
sono stati di equilibrio. In tal caso la variazione di entropia del
sistema considerato è perfettamente determinata ed è
indipendente dal processo che porta dall’uno all’altro stato.
Se tale processo è reversibile la variazione di entropia
dell’ambiente è opposta a quella del sistema e l’entropia
dell’universo rimane invariata, altrimenti l’entropia
dell’universo aumenta. Torneremo estesamente su questo
punto negli esercizi e nel capitolo 3.
Esercizio sulla fusione del ghiaccio
A 1 bar il ghiaccio ha densità 0.917 kg/dm^3 ed entalpia di fusione Dhfus = 6 kJ/mol.
Una brocca, inizialmente isolata, contiene 2 litri d’acqua e 1 kg di ghiaccio in equilibrio a
pressione di 1 bar (il vapore d’acqua contribuisce alla pressione con 6 mbar). Al tempo zero
l’isolamento viene tolto ed il ghiaccio comincia a fondere perché assorbe calore dall’acqua
che a sua volta l’assorbe della brocca che a sua volta l’assorbe da un ambiente a 25 °C . Ma
quando sta per fondere anche l’ultimo pezzo di ghiaccio, l’isolamento viene ripristinato in
modo che rimanga una trascurabile quantità di ghiaccio in equilibrio con l’acqua a pressione
di 1 bar. Di quanto sono variate l’entalpia e l’entropia del sistema contenuto nella brocca?
Di quanto è variata l’entropia dell’universo?
Nel processo reale lo strato d’acqua a contatto con le pareti si porta a temperatura un po’
maggiore di 273.15 K ed il gradiente di temperatura fa fluire il calore sino al ghiaccio. Ma
per calcolare le variazioni delle funzioni di stato possiamo pensare che il processo avvenga
in un tempo infinito passando attraverso stati di equilibrio con temperatura uniforme uguale
a T0 =273.15 K. Fondono 1000/18 moli di ghiaccio, quindi la variazione di entalpia vale
DH =1000 x 6/ 18 kJ=333.3 kJ e la variazione di entropia risulta DS = DH / T0=1220 J/K.
Per calcolare la variazione di entropia dell’universo basta tener conto che il calore DH è
stato ceduto da un ambiente a 298.15 K, quindi l’entropia dell’ambiente è diminuita di
333.3/298.15 kJ/K=1118 J/K e l’entropia dell’universo è aumentata di 102 J/K.
Si noti che l’entropia è stata prodotta dal processo di conduzione del calore dall’ambiente
al ghiaccio attraverso le pareti della brocca e l’acqua.
Esercizio sulla vaporizzazione a 100 °C
L’entalpia di vaporizzazione dell’acqua alla pressione di 1 bar vale
Dhvap =40.66 kJ/mol (si noti che è molto maggiore dell’entalpia di fusione).
Un cilindro con pistone contiene 1 kg d’acqua liquida alla temperatura uniforme
di 100 C e alla pressione di 1 bar, uguale alla pressione esterna. Al tempo zero il
cilindro è posto in contatto con un termostato a 120 °C e lasciato espandere. Ma
quando vaporizza l’ultima goccia d’acqua, l’isolamento viene ripristinato ed il
vapore si porta in equilibrio a 100 °C e a 1 bar. Di quanto sono variate l’entalpia
e l’entropia del sistema? E l’entropia dell’universo?
Anche in questo caso, come sempre, il processo reale non è reversibile, ma gli stati
iniziale e finale sono di equilibrio, quindi possiamo calcolare le variazione delle
funzioni di stato pensando che il processo isobaro di vaporizzazione avvenga con
infinita lentezza prelevando il calore DH = 40.66 x1000/18 kJ=2259 kJ da un
termostato a 100 °C, e senza tener conto che il pistone, certamente soggetto ad
attrito, si muove solo quando la pressione interna è maggiore di quella esterna.
Pertanto l’entropia del sistema aumenta di DS = DH /373.15 K=6.05 kJ/K. Per
calcolare la variazione di entropia dell’universo dobbiamo tener conto che il calore
DH è stato ceduto da un termostato a 393.15 K, quindi l’entropia del termostato è
diminuita di 2256/393.15 kJ/K=5.74 J/K e l’entropia dell’universo è aumentata di
310 J/K. In questo caso l’entropia è stata prodotta sia dall’attrito del pistone, sia
nel processo di conduzione del calore dal termostato al sistema.
Potenziale chimico e transizioni di fase
A 273.15 K e a 1 bar l’acqua può essere in una infinità di stati di equilibrio che differiscono per la
frazione di moli di ghiaccio rispetto alle moli totali. Da uno stato all’altro si passa con trasformazioni
a pressione e temperatura costanti, quindi la variazione dμ  sdT  vdp del potenziale chimico
è nulla. Ciò significa che, in equilibrio, il potenziale chimico del ghiaccio deve essere uguale a quello
dell’acqua. Generalizzando possiamo dire che: quando due fasi coesistono in equilibrio il potenziale
chimico ha lo stesso valore nelle due fasi. Ora pensiamo che la temperatura sia mantenuta a 273.15 K
e la pressione sia fatta variare. In tal caso il potenziale chimico varia come mostrato in figura a): per
p< 1 segue la retta blu che ha pendenza uguale al volume molare del solido, per p> 1 segue la retta
rossa che ha pendenza uguale al volume molare del liquido. Poi pensiamo che la pressione sia
mantenuta ad 1 bar e sia fatta variare la temperatura . In tal caso il potenziale chimico varia come
mostrato in figura b): per T< 273.15 K segue la retta blu che ha pendenza uguale a – ssol, per T>
273.15 K segue la retta rossa che ha pendenza uguale a – sliq (l’entropia del liquido è maggiore di
quella del solido perché la liquefazione reversibile comporta assorbimento di calore).
Equazione di Clapeyron
Consideriamo il diagramma di fase pT di una sostanza e fissiamo
l’attenzione sulla curva di fusione, oppure di sublimazione oppure
di vaporizzazione. Indichiamo con p e T un punto di una di tali
curve, pensiamo di conoscere l’entalpia molare Dh del relativo
passaggio di stato e domandiamo: quale pendenza dp/dT ha la
curva considerata? In altre parole: quanto vale la temperatura T+dT
di equilibrio delle due fasi alla pressione p+dp? Variando la
pressione, la temperatura di equilibrio deve variare in modo che i
potenziali chimici delle fasi 1 e 2 abbiano variazioni uguali, ovvero
dp s 2  s l
dμ1  -s1dT  v1dp  dμ 2  -s2dT  v 2dp 

dT v 2  v1
A questo punto basta ricordare che s2 -s1= Dh /T per ottenere la
dp
Δh
equazione di Clapeyron

dT T(v 2  v1 )
Ad esempio il volume molare del ghiaccio vale v1=19.6 cm3,
quello dell’acqua vale v2=18 cm3, l’entalpia di fusione del ghiaccio
vale Dh=6 kJ/mole, quindi la curva di fusione del ghiaccio ha
pendenza dp/dT=-137 bar/K.
Equazione di Clausius-Clapeyron
Nella sublimazione e nella vaporizzazione, il volume molare del gas è molto
maggiore di quello del solido o del liquido, quindi l’equazione di Clapeyron è
ben approssimata dalla
dp Δh
equazione di Clausius - Clapeyron

dT Tvg
Da questa equazione possiamo dedurre, ad esempio, che nel punto triplo
la pendenza della curva di vaporizzazione è minore di quella della curva di
sublimazione, infatti l’entalpia di sublimazione è ben approssimata dalla somma
delle entalpie di fusione e vaporizzazione. Un’ulteriore semplificazione è lecita
quando la tensione di vapore è molto minore della pressione critica. In tal caso
vg è ben approssimato da RT/p e Dh può essere ritenuto costante, quindi
dp p Δ h
dp Δ h dT
p Δh 1 1
  




ln

2
2
dT RT
p
R T
p1 R  T1 T 
dove (T1 , p1) sono temperatura e pressione di uno stato
di coesistenza. Insomma le curve di sublimazione e di
vaporizzazione sono approssimate dall’equazione
p  p1 e
Δ h 1 1 
  
R  T1 T 
Esercizio sulla tensione di vapore dell’acqua
Sapendo che la tensione di vapore dell’acqua vale 6 mbar a 273 K
e vale 1000 mbar a 373 K, valutare approssimativamente:
a) l’entalpia di vaporizzazione dell’acqua,
b) la tensione di vapore a 298 K, 320 K e 400 K.
a) Dall’equazione approssimata p  p1 e
Δh  R ln
p2
p1
Δ h 1 1 
  
R  T1 T 
si ottiene
1
1 
/     43.3 kJ
 T1 T2 
b) Usando questo valore per Dh si vede che la tensione di vapore
vale approssimativamente 30 mbar a 298 K, 100 mbar a 320 K
e 2.55 bar a 400 K.
Relazioni di Maxwell
Per una mole abbiamo visto che le variazioni dell’energia u, dell’entalpia
h=u+pv, dell’energia libera f=u-Ts e del potenziale chimico m=h-Ts tra due stati
di equilibrio contigui sono legate dalle equazioni centrali della termodinamica:
du  Tds  pdv , dh  Tds  vdp , df  pdv  sdT , dμ  vdp  sdT
Partendo da queste equazioni si vede immediatamente che:
,
 s 
 T 
 p 
 v 
     ,     
 v s
 s  v
 T s
 p  v
,
 T   v 
   
 p s  s p
 f 
 f 
p    , s   
 v T
 T  v
,
 p   s 
   
 T  v  v T
 μ 
v 
 p T
,
 s 
 v 
 T 
 p 


,




 
 
 
 T p
 s T
 p T  v p
 u 
T 
 s  v
 u 
, p   
 v s
 h 
T 
 s p
 h 
, v 
 p s
 μ 
, s   
 T p
,
 p   s 
   
 T s  v p
,
 T   v 
   
 p  v  s T
Le equazioni di destra, note come relazioni di Maxwell, sono conseguenza del
fatto che le derivate seconde miste non dipendono dall’ordine di derivazione.
Altre relazioni tra derivate parziali
Avviene spesso di dover calcolare derivate parziali non misurabili in modo
semplice, o non conosciute, partendo da grandezze termodinamiche note.
Allo scopo, oltre alle relazioni di Maxwell, possiamo usare le seguenti
regole di calcolo:
1)
 X 
 X   W 

 
 

 Y  Z  W  Z  Y  Z
 X 
 X   Z 
2) 
  -
 

 Y  Z
 Z  Y  Y  X
La prima è banale, la seconda si ottiene partendo dall’equazione
dX  X   X  dZ
 X 
 X 
dX    dY    dZ . Basta riscriverla nella forma
   
dY  Y  Z  Z  Y dY
 Y  Z
 Z Y
e notare che dX risulta nullo quando il rapporto dZ/dY è valutato ad X costante.
Nelle prossime trasparenze, come applicazione delle regole 1) e 2) e delle relazioni
di Maxwell, dimostreremo la validità delle seguenti relazioni generali.

 T 
Tvα 2
1 
1   v 
 T 
 p  
c v  cp 
,     p  T    ,    T    v 
κ
 v u cV 
 T  v 
 p h cp   T p

La prima consente di calcolare cv partendo da grandezze facilmente misurabili,
le altre due sono utili nello studio dei processi di espansione libera e strozzata.
Relazione generale tra cp e cv
Pensando all’entropia molare come funzione di p e T possiamo scrivere il
calore assorbito da una mole in una trasformazione infinitesima nella forma
 s 
 s  
 v 
δQ  Tds  T   dT    dp  cpdT  T   dp
 T p
 p T 
 T p
Dividendo per dT, valutando dp/dT a volume costante ed usando la regola 2),
otteniamo
c v  cp
 v   p 
 v   p   v 
 T      cp  T      
 T p  T  v
 T p  v T  T p
Infine, ricordando le definizioni di espansività isobara e compressibilità
isoterma, giungiamo al risultato anticipato nella precedente trasparenza
Tvα 2
c v  cp 
κ
Dunque è vero: cv può essere calcolato partendo dalle misure di cp, a e k.
Per il gas perfetto l’espansività isobara vale a=1/T, la compressibilità isoterma
vale k=1/p, quindi la relazione generale si riduce alla relazione di Mayer.
Espansioni isoenergetica ed isoentalpica
Nell’espansione libera di una sostanza reale l’energia rimane costante,
ma la temperatura diminuisce perché le molecole che si allontanano
le une dalle altre guadagnano energia potenziale e perdono energia
cinetica. Per valutare la variazione di temperatura tra gli stati di
equilibrio finale ed iniziale è necessario imparare a calcolare la
derivata della temperatura rispetto al volume ad energia costante.
Usando la regola 2) e l’equazione centrale du=Tds-pdv, si vede che
 1 

1   s 
1   p 
 T   T   u 
 p  
   -     - T   p  - T   p  p - T  
 v u  u V  v T cV   v T  cV   T  v  cV 
 T  v 
In modo analogo possiamo calcolare la derivata della temperatura
rispetto alla pressione ad entalpia costante:
 1   v 


 T 
1   s 
1   v 
 T   h 
   -     - T   v   - T   v  T   v
cp   T p  cp   T p 
 p h  h p  p T cp   p T 
Si noti che entrambe le derivate sono nulle per il gas perfetto.
Equazioni di stato dei gas reali
Data la temperatura T ed il volume molare v, possiamo
valutare la pressione p di un gas reale tenendo conto di
due fatti: il volume penetrabile da una molecola vale v-b
dove b è il volume proprio di NA molecole, la pressione è
minore di RT/(v-b) perché le molecole si attraggono.
Partendo da tali considerazioni van der Walls ha proposto
l’equazione
RT
a
p
vb

v
2
1)
I parametri a e b, riportati in tabella, sono noti come
coefficiente di coesione e covolume del gas considerato.
Alternativamente possiamo sviluppare p in serie di
potenze di 1/v e scrivere lo sviluppo del viriale
RT bRT  a
p

 ....
2)
2
v
v
che, quando necessario, può essere migliorato con la
aggiunta di termini di ordine superiore al secondo in
1/v, scelti per riprodurre al meglio i dati sperimentali.
gas
a J(dm) 3 b (dm)3
He
3.4
0.0237
H2
24.4
0.0266
Ar
134
0.0322
O2
136
0.0318
N2
139
0.0391
CH4
225
0.0428
CO2
359
0.0427
H2O
545
0.0305
Cl2
651
0.0562
Per calcolare v, dati T e p, conviene partire dall’equazione 2), scrivere
v
RT bRT  a

 ....
p
pv
3)
e procedere iterativamente: sostituire pv con RT nel termine correttivo, calcolare
un nuovo valore di pv, sostituirlo nel termine correttivo e così via.
Espansioni libera e Joule-Thomson
L’espansione libera di una mole di gas senza scambio di calore con l’ambiente ha stati iniziale e finale di
ugual energia, quindi la variazione della funzione di stato T(u,v) può essere calcolata per un processo
reversibile ad u costante che porti dallo stato iniziale allo stato finale. Per tale processo
dv 
adv
a 1 1
 T 
 p  
dT    dv  p  T     2
quindi
ΔT     
cv 
cV  v1 v2 
v cv
 v u
 T  v 
Ad esempio, nell’espansione libera dell’argon dal volume molare v 1=10 litri al volume molare
v2= 20 litri la temperatura diminuisce di 0.54 K. L’espansione libera fa diminuire la temperatura perché
le molecole si attraggono e allontanandosi guadagnano energia potenziale, ma perdono energia cinetica.
Ora consideriamo un tipo diverso di espansione irreversibile, molto importante in criogenia: l’espansione
Joule-Thomson. Nella parte di sinistra del cilindro mostrato in figura un pistone senza attrito esercita la
pressione p1 sul gas a monte di un setto poroso, nella parte di destra un altro pistone senza attrito esercita
la pressione p2<p1 sul gas a valle del setto, quindi il gas fluisce attraverso il setto. Ammesso che le
pareti della camera, i pistoni ed il setto poroso siano perfettamente isolanti una mole che passa da
sinistra a destra non scambia calore con l’esterno, quindi la sua energia varia di u 2-u1=p1v1-p2v2 e
la sua entalpia rimane invariata. Anche in questo caso il processo è irreversibile, ma T(h,p) è una
funzione di stato e la sua variazione in un elemento di trasformazione isoentalpica vale
 T 
dp   v   dp  2a

dT  dp T  v  
 b
 p H cp   T p  cp  RT 
Poiché dp<0, l’espansione forzata di Joule-Thomson
fa diminuire o aumentare la temperatura a seconda
che T sia minore o maggiore della
temperatura di inversione
Tinv 
2a
bR
Entropia delle sostanze nello stato standard
La conoscenza delle grandezze termodinamiche standard delle varie sostanze viene da misure,
estese anche a bassissime temperature, dei calori molari a pressione costante ed a volume
costante, delle entalpie molari di fusione, sublimazione e vaporizzazione, della espansività
isobara e della comprimibilità isoterma. In particolare l’entropia molare standard è calcolata
valutando l’integrale di dQ/T in una trasformazione che porta allo stato standard partendo
dallo stato della sostanza a 0 K. Per T tendente a zero i calori molari di qualunque sostanza,
anche del gas perfetto, tendono a zero almeno come T (quasi sempre come T3) e ciò rende
l’entropia perfettamente definita. Dalla tabella seguente si vede che le entropie molari
standard dei gas hanno valori intorno a 200 J/K, quelle dei liquidi sono un po’ minori e quelle
dei solidi cristallini sono molto minori. Si vede anche che l’idrogeno, sebbene sia biatomico,
ha entropia molare poco maggiore di quella dell’elio. La ragione è che le vibrazioni della
molecola d’idrogeno rimangono “congelate” anche a temperature dell’ordine di 1000 K,
quindi non contribuiscono all’entropia standard, mentre le rotazioni sono congelate sino
a temperature dell’ordine di 50 K ed il loro contributo all’integrale di dQ/T viene a mancare
proprio nell’intervallo di temperature dove potrebbe essere grande.
In intervalli di temperatura e pressioni centrati intorno ai valori standard, tali da poter
considerare costanti i calori molari, l’entropia molare di uno stato della fase standard vale
s(T, v)  so  cpln
T1
T

c
ln
con T1 temperatura dello stato a pressione p° e volume v.
v
o
T
T
1
Per il gas perfetto T1 =p° v/R, quindi
T
v
T
p
o
s(T, v)  s  c v ln o  R ln
oppure s(T, p)  s  cp ln o  R ln
v

p
T
T
o
Infine si noti che il valore di s° per il vapore d’acqua si riferisce ad uno stato virtuale:
per T=298.15 K non esiste il vapor d’acqua ad 1 bar ! Ma l’equazione appena scritta,
con s° dato dalla tabella, consente di calcolare l’entropia di stati reali del vapor d’acqua.
Entropia molare standard di alcune sostanze
( T°=298.15 K, p°=1 bar)
sostanza S°
J/K
gas
Diamante
H2
130.5
CO
197.5
He
Ne
N2
O2
Ar
Xe
CH4
C2H2
126
CO2
NH3
NO
NO2
HCl
H2O
Cl2
SO2
213.7
2.38
Grafite (c) 5.7
MgO (c ) 27.0
SiO2 (c ) 41.8
TiO2 (c ) 50.2
NaCl (c ) 72.1
H2O (l)
70.1
H2SO4 (l)
156.9
A.Etil. (l)
160.5
S°
gas
J/K
146.2
191.5
205.0
154.7
169.6
186.2
200.8
S°
J/K
192.6
210.6
240.2
186.8
188.7
222.9
248.4
Potenziale gravitochimico

T
p
μ  h  Ts  h  cp (T  T)  T s  cp ln  R ln 
T
p 

p
μ  μ (T, p)  RT ln
p
Per il gas perfetto il potenziale chimico vale
e può essere scritto nella forma
In condizioni di equilibrio la temperatura è uniforme e, in assenza di campi esterni,
sono uniformi anche la pressione ed il potenziale chimico.
In presenza del campo gravitazionale la pressione cessa di essere uniforme: dipende
dalla quota come abbiamo visto nel cap.1. In tal caso possiamo esprimere
la condizione di equilibrio dicendo che è uniforme il potenziale gravitochimico
p
 Mgz
p
somma del potenziale chimico e del potenziale gravitazionale di una mole
μ  μ (T, p)  RT ln
Nel caso che la torre contenga una miscela di Dalton di gas rarefatti a
temperatura T, l’equilibrio viene raggiunto quando diventano uniformi i
potenziali gravitochimici
p (z)
μ k  μ k (T, p)  RTln k
 M k gz
p k (0)
dei gas componenti.