Sociologia dei processi
culturali e comunicativi
(Lettere A-E)
a.a. 2013-2014
Prof. Pierpaolo Donati
Tutor: dott.ssa Elena Macchioni
Denys Cuche
La nozione di cultura nelle
scienze sociali
Il Mulino
itinerario del termine ‘cultura’
• Origine sociale e genealogia
• Evoluzione semantica del termine e del
concetto scientifico (spazio concettuale
amplissimo e polidimensionale)
• Nessi con la storia delle idee
Concezione classica della cultura
Attività con cui l’uomo colit se ipsum (coltiva
se stesso) per sviluppare le proprie capacità
specificamente umane
In termine ‘Cultura’ deriva dal latino Colere
(participio passato colitum) che significa
coltivare (coltivato): per es. coltivare i campi
Il filo rosso del libro di Cuche
Il concetto di cultura è necessario per
concepire l’unità dell’umanità, al di là di
ogni diversità, in termini differenti da
quelli biologici
Dall’adattamento biologico a
quello culturale
L’uomo è essenzialmente plasmato dalla cultura.
Il processo che ha condotto all’Homo sapiens
sapiens consiste fondamentalmente nel passaggio –
rispetto all’ambiente naturale - da un adattamento
genetico a un adattamento culturale.
ATTENZIONE: però non è un passaggio di continua
evoluzione lineare (Darwin), ma è un continuo intreccio
fra il biologico e il culturale
Nell’evoluzione la cultura tende a
sostituire la natura (bios)
Nel corso dell’evoluzione, si è verificata una
straordinaria regressione degli ‘istinti’ e taluni sensi
fisici, «sostituiti» progressivamente dalla cultura,
che si rivela molto più funzionale dell’adattamento
genetico, perché più flessibile e trasmissibile
intenzionalmente da parte di ogni generazione.
La cultura permette all’uomo non solo di adattarsi,
ma anche di adattare l’ambiente ai suoi bisogni e
progetti, rendendo possibili la trasformazione della
natura
Il difficile rapporto fra natura e cultura
Il concetto di cultura tende a modificare le
spiegazioni dei comportamenti umani in termini
naturali.
Niente sembra più ‘puramente’ naturale: anche i
bisogni fisiologici sono in qualche misura
plasmati dalla cultura.
Per esempio, le differenze fra i sessi nelle
identità sociali e nei ruoli sociali, - che per lungo
tempo sono assimilate a proprietà biologiche
particolari - sono sempre meno osservabili “allo
stato naturale”, poiché nelle società umane le
identità e la divisione sessuale dei ruoli è forgiata
in buona misura dalla cultura.
Natura e cultura sono sempre in
interazione fra loro
“… se è vero che la natura ha espulso l’uomo, e che la società
persiste a opprimerlo, l’uomo può almeno rovesciare a proprio
vantaggio i poli del dilemma, e ricercare la società della natura
per meditare in essa sulla natura della società (…) La società
appartiene all’ambito della cultura, mentre la famiglia è
l’emanazione, a livello sociale, di quei requisiti naturali senza i
quali non ci potrebbe essere la società, né, in fondo, il genere
umano (…) l’uomo può vincere la natura solo conformandosi alle
sue leggi. Perciò la società deve dare alla famiglia un quid di
riconoscimento” (C. Lévi-Strauss, Razza e storia e altri studi di
antropologia, Einaudi, Torino, 1967, pp. 92 e 176).
L’accezione corrente di cultura
Significa, erudizione dello spirito,
istruzione, specifico patrimonio di
conoscenze di cui una persona si è dotata
nel processo di socializzazione
La cultura nel mondo antico
Nell’antica Grecia e a Roma non c’è
ancora il concetto di cultura, che viene
espresso con i concetti di paidéia
(greco) e di humanitas (latino): questi
concetti indicano la massima
approssimazione al modello di uomo
pienamente realizzato, grazie a un
processo di educazione all’esercizio
delle migliori virtù umane.
Cultura come ‘umanizzazione’
I concetti di paidéia e di humanitas
identificano il processo di umanizzazione
dell’uomo, inteso come:
• acquisizione e sviluppo delle facoltà
umane più elevate
• formazione generale dell’uomo e del
cittadino
• contrapposizione al mondo barbaro
Già a partire dal mondo greco si oppongono due
modelli (sofista e anti-sofista , cioè cultura come
capacità di eloquio/immagine) e come capacità di
merito/rispecchiamento nel Bene):
(I) I sofisti sostengono l’inaccessibilità della conoscenza
assoluta, e ritengono che essere saggi («cultura»)
significhi capacità di eloquenza, quale mezzo per poter
partecipare alla vita dello Stato.
(II) Altri (Platone Repubblica, libro VII) ritengono invece che
la saggezza («cultura») miri alla verità attraverso un
tirocinio nelle discipline tradizionali e uno più lungo nella
matematica, prima dell’approdo alla filosofia vera e
propria: la saggezza culmina nella conoscenza del Bene.
La cultura (nel senso classico, fino alla
prima modernità)
• Denominatore comune è la qualità
‘aristocratica’
• Virtù civili,
• Pienezza della cittadinanza politica,
• Realizzazione dell’umanità degli uomini
liberi
La cesura fra il mondo classico e il
mondo moderno avviene su questo
spartiacque:
Dalla
Humanitas (Cicerone)
(cultura come) coltivare la natura secondo le
proprie potenzialità
alla
BILDUNG (cultura tedesca)
(cultura come) costruire l’uomo secondo le sue
capacità (artificiali) di creatività e invenzione
La cultura nell’accezione
comune moderna
Specifico patrimonio di conoscenze a
carattere universale di cui una persona si è
impadronita.
Cultura, simbolico, senso
«L’uso della nozione di cultura introduce
direttamente all’ordine simbolico, alla sfera del
senso, vale a dire a ciò su cui è più difficile
intendersi» (Cuche p. 8)
N.B. la duplice accezione della parola ‘senso’:
senso come significato (il simbolo: Cuche) e
come percezione sensibile (senso empirico:
Luhmann)
Acculturazione e identità
Acculturazione (p. 9): l’incontro fra culture si
realizza secondo svariate modalità (lo
vedremo nel libro ‘Oltre il multiculturalismo’)
Cultura e identità (p. 10): l’identità culturale di
un gruppo determinato può essere
compresa solo studiandone le relazioni con
i gruppi vicini (Cuche cap. VI)
Nascita del concetto moderno di cultura
Il senso figurato del termine comincia ad
imporsi nel 1700 e fa il suo ingresso nel
Dictionnaire de l’Académie Française nel
1718, dove è spesso seguita da un
complemento (cultura delle arti, delle
lettere, delle scienze, dell’agricoltura)
Generalizzazione del concetto di cultura
Progressivamente il termine culture si libera
dei complementi e finisce per essere
adoperato solo per indicare la formazione,
l’educazione dello spirito, l’azione di istruire.
Infine si passa alla culture come condizione,
uso legittimato dall’Académie (ed. 1798), che
disapprova «uno spirito naturale e senza
cultura», sottolineando un’opposizione
concettuale fra natura e cultura
La cultura secondo l’illuminismo
Il concetto di culture è parte integrante
dell’ideologia degli Illuministi, per i quali
I’opposizione fra natura e cultura è
fondamentale. Il termine è usato al
singolare e designa la somma delle
conoscenze accumulate e tramandate da
tutta l’umanità nella sua evoluzione,
riflettendo così l’universalismo e
l’umanesimo dei Philosophes.
La cultura come dimensione distintiva
dell’umano
In questo contesto la cultura è il carattere proprio
dell’Uomo (CONTRO LA NATURA), al di là delle
distinzioni fra i popoli e le classi sociali, e condivide
l’ottimismo del momento, fondato sulla fiducia nella
perfettibilità dell’essere umano. Il progresso nasce
dalla sempre maggiore estensione della cultura
intesa come istruzione.
Kultur nella visione tedesca
In Germania, il termine Kultur nasce nello
stesso periodo e con lo stesso significato, ma
cambia rapidamente in senso più limitativo
dell’omologo francese, come caratteristica
(particolare) di un popolo, e in compenso
acquista una più vasta popolarità.
Kultur come espressione della
borghesia tedesca
Il senso figurato del termine piace alla
borghesia intellettuale tedesca - esclusa
dall’azione politica da un’aristocrazia
chiusa e arrogante - e se ne serve per dar
voce al suo risentimento, contrapponendo
l’autenticità e la profondità dei valori
“spirituali” alla superficiale e insincera
imitazione della corte francese.
Due concetti: cultura e civilizzazione
Nella stessa sfera semantica (riflettendo cioè le
stesse concezioni fondamentali di culture), nella
lingua francese del 1700 esplode un altro termine
destinato a grande fortuna: Civilisation. Le due
parole hanno quasi il medesimo significato, ma non
coincidono del tutto: l’una evoca più i progressi
individuali (e inerenti la soggettività), l’altra più
quelli collettivi (e inerenti ai progressi tecnologici e
materiali).
Cultura e civilizzazione
Gli intellettuali tedeschi rimproverano alla
classe al potere di trascurare le arti e la
letteratura, favorendo una superficiale e
frivola “civilizzazione”. Nel contrasto fra
cultura e civilizzazione si rispecchiano così
sistemi di valori contrapposti: da una parte
l’autenticità, l’arricchimento intellettuale e
spirituale, dall’altra solo brillante apparenza
e raffinata leggerezza.
Kultur come espressione di un ceto
intellettuale
La borghesia intellettuale si sente l’unica
depositaria della cultura tedesca, contro la
nobiltà e il popolino che ne sono privi,
sviluppando così, nel passaggio dal piano
sociale a quello politico, una concezione
sempre più elevata della sua missione in nome
della cultura, come portavoce della coscienza
nazionale.
Il contrasto Francia/Germania
Nel corso dell’800 si radicalizza il
contrasto fra la Kultur tedesca,
territoriale e nazionalista, e la
Culture/Civilisation francese, elettiva
e cosmopolita.
L’etnologia
Il termine emerge alla fine del ’700 con il significato
di “studio dei gruppi umani”, ma ha subito numerosi
spostamenti di significato nel corso del tempo.
Usato inizialmente nell’accezione fisica (studio e
classificazione delle razze), ha finito per designare
nel ’900 l’insieme delle discipline che studiano le
società “primitive” (per estensione tutte quelle prive
di scrittura).
La nascita dell’etnologia nel XIX secolo
Solo lentamente gli studiosi europei si
rendono conto di quanto sia complessa la
realtà culturale dei popoli “primitivi”,
apparentemente semplici da descrivere e da
capire.
Varie concezioni dell’evoluzione umana
(Marx, Durkheim, Parsons)
Le caratteristiche dell’etnologia
Implicazioni della nuova scienza
1. Postulato dell’unità dell’uomo e tentativo di
concepire la diversità nell’unità
2. Attribuzione di un contenuto puramente
descrittivo al termine cultura.
3. Non si tratta più di dire ciò che la cultura deve
essere, ma di descrivere ciò che essa è.
Due modi di fare etnologia
Esplorazione simultanea di due vie:
• Privilegio dell’unità e minimizzazione delle
diversità, considerata temporanea e ‘marginale’,
dentro uno schema evoluzionistico
• Privilegio della diversità e dimostrazione che
essa è compatibile con l’unità fondamentale
dell’umanità (e pluribus unum).
Dalla cultura del XIX sec. a quella del
XX sec. (postmoderna)
L’etnologia:
1) Come strumento per sottolineare le diversità più
che l’unità (per es. le strutture familiari)
2) Per contrapporre l’artificiale al naturale (per es.
cultura cibernetica)
3) Per contrapporre il descrittivo al normativo (per
es. la famiglia: da C. Lévi-Strauss a U. Beck)
L’invenzione del concetto scientifico di
cultura (cap. 2)
Edward Burnett Tylor fu il primo
antropologo ad accostarsi ai
fatti culturali con intento
generale e sistematico e a
dedicarsi allo studio della
cultura in tutti i tipi di società e
in tutti i suoi aspetti, materiali e
simbolici, sostenendo che il
termine ‘cultura’ va applicato
alle pratiche sociali quotidiane
di ogni comunità.
Edward Burnett Tylor
(1832-1917)
Tylor: Definizione di cultura
La cultura, o civiltà, intesa nel suo senso
etnografico più vasto, è quell’insieme complesso
che include le conoscenze, le credenze, l’arte, la
morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra
capacità e abitudine che l’uomo acquisisce come
membro di una società.
Edward Burnett Tylor (1832–1917) Primitive Culture, 1871.
Boas: concezione particolaristica
della cultura
Plasticità, instabilità, meticciato dei gruppi
umani
È la cultura a spiegare le diversità e non la
natura (“razza”)
Studio delle culture e non della cultura
Relativismo culturale
Franz Boas (1858-1942)
Sumner: etnocentrismo
«Etnocentrismo è il termine tecnico
che designa una concezione per la
quale il proprio gruppo è considerato
il centro di ogni cosa, e tutti gli altri
sono classificati e valutati in rapporto
ad esso. (…) Ogni gruppo ritiene
che i propri folkways siano gli unici
giusti e, se osserva che altri gruppi
hanno folkways diversi, li considera
con disprezzo.»
W.G. Sumner, Folkways (Costumi di
gruppo), 1906
William Graham Sumner
(1840-1910)
Durkheim: l’approccio della
sociologia positivista alla cultura
Durkheim non utilizza molto il
concetto di cultura, cui peraltro
preferisce civilisation, ma
contribuisce ugualmente ad
espellerne i presupposti
ideologici.
Concezione ‘obiettiva’ e non
normativa della civiltà: in realtà
c’è la normatività del positivismo
che erige il fatto a norma.
Le regole del metodo positivista in sociologia della cultura
Durkheim enuncia delle regole
del metodo sociologico, fra le
quali:
1) Trattare i fatti sociali come
‘cose’ (reifica i fenomeni
sociali)
2) I comportamenti ‘normali’
sono quelli statisticamente più
diffusi (a prescindere dai
valori che incorporano)
La cultura come coscienza collettiva
in Durkheim
Secondo Durkheim i fenomeni sociali hanno
necessariamente una dimensione culturale
poiché sono anche fenomeni simbolici e non
esistono differenze “naturali” tra primitivi e
civilizzati.
Coscienza collettiva che precede l’individuo, lo
domina e lo trascende.
La coscienza collettiva è l’insieme delle
rappresentazioni mentali condivise da un gruppo
sociale.
Ogni popolo ha una cultura perché ha una
‘religione’ (la cultura è religio)
In un famoso articolo, Durkheim afferma: «La civiltà di
un popolo non è nient’altro che l’insieme dei suoi
fenomeni sociali; e parlare di popoli incolti, “senza
civiltà”, di popoli naturali (Naturvölker), è parlare di cose
che non esistono».«De quelques formes primitives de
classification», L’Année sociologique, 1901
Per Durkheim la società è religio (religione), ovvero
religo (legame)  lo ritroveremo in AGIL di Parsons
Cap. 3 Il trionfo del concetto di
cultura
E’ legato allo sviluppo delle scienze sociali
negli Stati Uniti per il fatto che questo
Paese è stato fin dall’inizio un Paese di
immigrati di diverse origini culturali:
Melting pot
Salad bowl
La ricerca sistematica sul concetto di cultura avviene negli Stati Uniti,
senza mai assistere ad un particolare declino.
Antropologia culturale = antropologia (nord)-Americana
La consacrazione scientifica del termine “cultura” avviene in America
PERCHÉ?
LA RICERCA SCIENTIFICA NON è MAI DEL TUTTO
INDIPENDENTE DAL CONTESTO NEL QUALE SI SVILUPPA
Si veda:
 Federalismo culturale
 la nascita della sociologia americana
 il tema dell’immigrazione (Scuola di Chicago)
Antropologia americana: CULTURALISTA
Tre correnti:
1) Esamina la cultura come storia culturale
2) Chiarisce ed esamina i rapporti fra cultura e
personalità
[3) Cultura intesa come sistema di comunicazione fra
individui
ANALISI FUNZIONALISTA DELLA CULTURA: MALINOWSKI
Malinowski (1884-1942), antropologo inglese di origine polacca.
Ciò che conta non è che questo o quel tratto siano presenti qui o là,
ma che svolgano una determinata FUNZIONE rispetto alla totalità
della cultura.
Ogni cultura costituisce un sistema in cui diversi elementi sono
interdipendenti.
Lettura sincronica della cultura a partire dai suoi elementi
contemporanei.
Merito: introduzione della metodologia dell’OSSERVAZIONE
PARTECIPANTE (come evitare l’etnocentrismo).
Malinowski: l’approccio funzionalistico alla
cultura (pp.40 e ss.)
Ogni cultura deve essere analizzata in una
prospettiva sincronica, a partire dalla sola
osservazione dei suoi dati contemporanei.
In opposizione all’evoluzionismo rivolto al
futuro, al diffusionismo rivolto al passato,
Malinowski propone il funzionalismo
concentrato sul presente, unico spazio per
lo studio obiettivo delle società umane
B. Malinowski, A scientific theory of culture, 1944
Bronislaw Malinowski
(1872-1950)
funzionalismo = presente
diffusionismo = passato
evoluzionismo= futuro
La cultura è un sistema coerente, tutti gli elementi si
armonizzano al suo interno.
Il sistema diventa equilibrato e razionale.
Ogni cultura tende a conservarsi identica a se stessa.
Il cambiamento culturale è sempre esogeno e avviene
attraverso il contatto culturale (Malinowski).
TEORIA DEI BISOGNI (A Scientific Theory of Culture, 1944)
Gli elementi costitutivi di una cultura hanno la funzione di
soddisfare bisogni essenziali dell’uomo.
[Influenza delle scienze naturali].
L’individuo avverte una serie di bisogni fisiologici che vanno a
determinare degli imperativi. La cultura è la risposta a questi
imperativi.
Le ISTITUZIONI sono le risposte – soluzioni collettive – ai bisogni
naturali.
Limite: il funzionalismo, guardando all’armonia del tutto, non è in
grado di spiegare le contraddizioni culturali interne.
CULTURA E PERSONALITÀ
ANNI ’30
- Secondo la antropologia nord-americana, la cultura non
esiste come realtà in sé (relativismo)
- Quale rapporto fra individui e cultura?
Scuola di “cultura e personalità”. Autori di riferimento:
- Sapir (1884-1939)
- Ruth Benedict (1887-1948)
- Margaret Mead (1901-1978)
- Ralph Linton (1893-1953)
- Abram Kardiner (1891-1981)
La cultura come elemento
antropologico delle relazioni
sociali
Se la cultura è il complesso delle
manifestazioni della vita materiale,
sociale e spirituale di una comunità,
queste manifestazioni derivano da una
concezione dell’Uomo e delle relazioni
sociali che è la dimensione valoriale
della società  vedi la dimensione L
(latenza) di AGIL nel secondo volume
Il posto assegnato alla cultura nella visione
funzionalista della società (AGIL di T.
Parsons )
G
Sistema psichico
A
Sistema organico
(bios)
I
Sistema sociale
(norme sociali)
L
Sistema culturale
(cultural pattern)
Lévi-Bruhl: la cultura come
‘mentalità
• ‘Impostazione differenziale’
• Concetto di ‘Mentalità’ (per es. mentalità
primitiva o ‘prelogica’ vs mentalità logica:
p. 34-35)
• > differenze di mentalità
Il trionfo del concetto di cultura
negli Stati Uniti d’America
• ‘Paese di immigrati’ (scuola di Chicago)
• Tre correnti teoriche:
• 1) esaminare la cultura dal punto di vista
della storia culturale (seguono Boas)
• 2) chiarire i rapporti fra cultura (collettiva) e
personalità (individuale)
• 3) la cultura come sistema di
comunicazione sociale (fra gli individui)
Cap. 3: modello culturale, metodo di
educazione e tipo di personalità dominante
Alla pluralità delle culture corrisponde
una pluralità di tipi di personalità
Scuola di “cultura e personalità”
Autori di riferimento:
- Sapir (1884-1939) (pp. 42-43)
- Ruth Benedict (1887-1948) e i «tipi culturali»: tipo apollineo
e tipo dionisiaco
- Margaret Mead (1901-1978) e la trasmissione culturale (pp.
45-47)
- Ralph Linton (1893-1953)
- Abram Kardiner (1891-1981): la «personalità di base» (p. 49)
Ruth Benedict
TIPI CULTURALI:
si caratterizzano per i loro orientamenti
generali e le selezioni significative che compiono
fra tutte le scelte possibili a priori.
Ipotesi: esiste un ARCO CULTURALE che include tutte le
possibilità culturali in tutti i settori, ma ciascuna
cultura mette in atto solo un segmento specifico di
questo arco.
Ruth Benedict
PATTERN OF CULTURE (titolo
della sua opera principale, 1934)
Si tratta di una determinata configurazione, omogenea e coerente,
uno stile e un modello che caratterizzano una cultura.
Cosa rende coerente il pattern di una cultura?
Gli scopi che la cultura persegue.
Gli individui possono essere inconsapevoli degli scopi,
ma la cultura li persegue attraverso di essi.
Le istituzioni (soprattutto quelle educative) guidano gli individui
nei loro comportamenti, in conformità con i valori propri.
Si crea una configurazione culturale, la logica interna di una cultura.
Ne discendono delle tipologizzazioni (ruolo del sociologo).
Margaret Mead
Problema di partenza:
Come un individuo riceve la cultura?
Come ne discende la personalità?
- Processo di trasmissione culturale e di socializzazione della
personalità
- Ricerca su diversi tipi di modelli di educazione
- La personalità individuale non si definisce attraverso i caratteri
biologici ma attraverso il modello culturale distintivo di una
determinata società che determina l’educazione del bambino.
Si tratta del processo di inculturazione:
la struttura della personalità, che risulta dalla
trasmissione della cultura attraverso l’educazione, sarà
di norma adattata al modello culturale di tale cultura.
Esiste un legame stretto fra:
 modello culturale,
 metodo di educazione e
 tipo di personalità dominante
Linton afferma che ciascuna cultura privilegia un tipo
di personalità fra tutti quelli possibili, che diventa il
tipo normale.
Kardiner e Linton (1939)
PERSONALITÀ DI BASE: una configurazione psicologica
particolare propria dei membri di una determinata
società, che si manifesta attraverso un certo stile di
comportamenti sul quale gli individui intessono le
singole varianti.
SINTESI della scuola “cultura e personalità”:
la cultura non può essere definita se non attraverso gli uomini che
la vivono.
Gli uomini e la cultura sono concepiti come due realtà distinte
ma in fortissima correlazioni gli uni all’altra.
Non si comprende l’una se non in rapporto all’altra.
NB. L’antropologo considera l’aspetto psicologico che l’uomo ha in
comune con gli altri esseri umani. - Linton la chiama personalità di
base. Gli aspetti individuali della personalità pertengono alla psicologia.
La scuola di “cultura e personalità” ha posto in risalto il
ruolo dell’educazione in riferimento a come le culture di
differenziano (vedi: riti di iniziazione).
Attraverso i culturalismi il concetto di cultura si è
considerevolmente arricchito:
 non appare più come una semplice combinazione di
tratti sparsi, ma come un insieme organizzato di
elementi interdipendenti;
 la sua organizzazione conta quanto, se non più, del suo
contenuto.
Distinguere fra acculturazione e
inculturazione
- Acculturazione si riferisce ai modi in cui
avviene l’incontro e la mescolanza di
culture
- Inculturazione significa la struttura della
personalità che risulta dalla trasmissione di
una determinata cultura attraverso
l’educazione (p. 47)
Le lezioni dell’antropologia culturale che
passano in sociologia
- Il culturalismo (p. 51)
- L’impostazione relativista (relativismo
culturale) (p. 51)
Cultura, lingua e linguaggio (p. 54)
- L’ipotesi Sapir-Whorf:
[il linguaggio come classificatore e
organizzatore dell’esperienza sensibile]
Claude Lévi-Strauss e l’analisi
strutturale della cultura (p. 55)
Cultura come un insieme di sistemi simbolici
che esprimono la realtà fisica e quella
sociale, e ancor di più, le relazioni che
intercorrono fra questi due tipi di realtà e
quelle che intercorrono tra gli stessi sistemi
simbolici
Teoria generale della magia e altri saggi, 1965, p. 44
Claude Lévi-Strauss (p. 56)
Enfatizza le caratteristiche di invariabilità
della cultura
Ricerca gli universali culturali
Culturalismo e sociologia (p. 57)
• La nozione di sub-cultura (‘comunità’
urbane, contro-culture, ecc.)
• La nozione di socializzazione (a partire
dalla Scuola di Chicago: Thomas e Park)
intesa come acquisizione dei valori e
norme (=cultura) del gruppo di appartenenza
L’impostazione interazionista della
cultura (p. 61)
• La cultura è produzione di significati generati
dalle interazioni fra gli individui (vedi
introduzione e pp. 79-80 di ‘Sociologia della
relazione’)
• Secondo G. Bateson e scuola di Paolo Alto la
cultura non esiste se non per l’azione interattiva
(= comunicativa) degli individui (distinguere fra il
sistema culturale - che è oggettivo: vedi Karl
Popper - e il livello socio-culturale delle
interazioni comunicative)
Problemi della sociologia della cultura
• Le sopravvivenze culturali vengono
analizzate attraverso il metodo comparativo
fra culture
• Evoluzione e mutamenti del concetto di
cultura (ma non c’è evoluzionismo lineare)
• Gerarchie sociali (status-ruoli) e gerarchie
culturali (valori e prestigio associati agli
status-ruoli nel sistema sociale)
Cap. 4 Relazioni fra culture
L’invenzione del concetto di ‘acculturazione’ (p. 65)
L’acculturazione è un cambiamento culturale dovuto al
contatto esterno con un’altra cultura (non un mutamento
endogeno) (Memorandum p. 66)
Roger Bastide e i quadri sociali dell’acculturazione:
La relazione fra sociale e culturale (71)
I fatti di acculturazione costituiscono un ‘fenomeno sociale
totale’ (72)
Cap. 4 Relazioni fra culture
L’etnocidio (p. 73)
Una tipologia di situazioni di contatti culturali (74 e ss.)
L’analisi dei fenomeni di acculturazione (76)
Cap. 5 Gerarchie sociali e
gerarchie culturali
Il meccanismo della distinzione (85)
Cultura dominante e cultura dominata (86)
Le culture popolari (87)
La metafora del bricolage (una forma di sincretismo): l’arte
del bricolage partecipa della creazione mitica (Lévi-Strauss)
in contrapposizione all’invenzione tecnica fondata sulla
conoscenza scientifica (91-93)
Il concetto di cultura di massa (p. 93)
Il concetto di ‘cultura di massa’: verso una globalizzazione
della cultura
Edgar Morin
La produzione in serie (cultura di massa) tende a
soppiantare la creatività della cultura
Le culture di classe:
Max Weber (imprenditori capitalisti) (96)
Maurice Holbwachs (cultura operaia) (98)
La cultura borghese (Bourdieu e il concetto di Habitus) (100)
Edgar Morin:
cultura e mass media
“Si può asserire che una cultura costituisce un corpo complesso di
norme, simboli, miti ed immagini che penetrano l’individuo nella
sua intimità, strutturano gli istinti, orientano le emozioni. Questa
penetrazione si effettua grazie a degli scambi intellettuali di
proiezione e di identificazione polarizzati sui simboli, miti ed
immagini della cultura come sulle personalità mitiche o reali che
incarnano i valori (gli antenati, gli eroi, gli dei). Una cultura
fornisce dei punti d’appoggio pratici alla vita immaginaria: nutre
l’essere metà reale, metà immaginario, che ciascuno elabora
all’interno di sé (la sua anima)” (L’esprit du temps. Essai sur la culture du
masse, 1962)
La generalizzazione dei mezzi di comunicazione di massa
provoca alienazione
Habitus (Bourdieu p. 101)
«È un sistema di disposizioni durevoli e
trasponibili, strutture strutturate predisposte a
funzionare come strutture strutturanti, cioè come
principi generatori e organizzatori di pratiche e di
rappresentazioni che possono essere adattate al
loro scopo senza presumere la consapevolezza
nel perseguimento dei fini e nella padronanza
delle operazioni necessarie a raggiungerli» (101)
Cultura di massa = industria culturale
Il termine "industria culturale" viene usato da
Horkheimer e Adorno nella "Dialettica
dell'Illuminismo" del 1942, in cui è illustrata "la
trasformazione del progresso culturale nel suo
contrario", sulla base di analisi di fenomeni sociali
caratteristici della società tedesca e americana tra
gli anni Trenta e Quaranta.
Negli appunti precedenti la stesura si usava il
termine "cultura di massa", sostituita poi con
"industria culturale per eliminare l’imprecisione del
termine ‘ massa’ che si riferisce sia all’insieme della
popolazione sia alla sua componente (parte)
popolare.
Industria culturale e cultura di massa
nell’elaborazione della Scuola di Francoforte
(Adorno, Horkheimer, Habermas)
L'attenzione si incentra sulle implicazioni sociali della moderna
tecnologia, cioé
- sulla macchina e sul suo funzionamento (che
obbedisce alle leggi della fisica e non alla “libertà”
dell'uomo),
- sull'organizzazione industriale
- sull'”apparato” che ne deriva, la cui razionalità formale
ingabbia e stritola l'uomo.
Il grande imputato (ciò che aliena l’uomo), non è,
marxisticamente, il capitale, ma l'organizzazione della
società tecnico-industriale in quanto tale.
Cap. 6 Cultura e identità
Le crisi culturali vengono definite come crisi di identità (p.
105)
Identità personale e identità sociale (106)
Le concezioni oggettiviste e soggettiviste dell’identità
culturale (107-109)
La concezione relazionale e situazionale (109)
Strategie identitarie (Barth)
Max Weber (p. 96)
La cultura è “una sezione
finita dell’infinità priva di
senso del divenire del mondo,
alla quale è attribuito senso e
significato dal punto di vista
dell’uomo”.
M. Weber, L’”oggettività” conoscitiva della scienza sociale e della
politica sociale, in ID., “Il metodo delle scienze storico sociali”, tr.
italiana di P. Rossi, Einaudi, Torino, 1958, p. 96.
Geertz: la cultura come ricerca dei
significati
“Il concetto di cultura che esporrò (…) è
essenzialmente semiotico. Ritenendo, insieme a Max
Weber, che l’uomo è un animale impigliato nelle reti di
significati che egli stesso ha tessuto, credo che l’intera
cultura consista in queste reti e che perciò la loro
analisi non sia anzitutto una scienza sperimentale in
cerca di leggi, ma una scienza interpretativa in cerca
di significato”
C. Geertz, Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna, 1987, p.40
Cap. 7 Obiettivi e usi sociali del
concetto di cultura
Ogni forma di espressione collettiva diventa
“cultura”
(fenomeno dell’autoproclamazione).
Uso sociale ≢ uso scientifico
Si perde la visione di cultura intesa come sistema
globale di interpretazione del mondo e di
strutturazione dei comportamenti corrispondenti.
Alcuni esempi:
 cultura politica (124);
 cultura d’impresa e management (126-7);
 cultura dell’immigrazione (il multiculturalismo
132).
LA CULTURA POLITICA
Contesto:
- Il termine cultura è comunemente usato come sinonimo di ideologia;
- In ambito scientifico il termine cultura politica emerge in riferimento
ai processi di indipendenza dei paesi colonizzati e di formazione di
nuovi stati nazione (carattere nazionale).
Almond e Verba (1963) Studio comparativo
(GB, Italia, Germania, Stati Uniti, Messico)
Cosa permette l’attuazione delle istituzioni moderne?
Tipologia di culture civiche
TIPO DI CULTURA
FOCUS
STRUTTURA
POLITICA
Provinciale
(parochial)
interessi locali
tradizionale e
decentralizzata
di
assoggettamento
passività degli
individui
autoritaria
di partecipazione
coinvolgimento
degli individui
democratica
Almond e Verba 1963,The Civic Culture, Boston, Little Brown.
L’attenzione dei sociologi è andata sulle sub-culture politiche
Quali modelli culturali alla base dell’opposizione fra destre e
sinistre?
L’antropologia politica si concentra sull’idea di “politico”,
privilegiando gli studi di tipo comparativo, per comprendere le
relazioni con le concezioni di potere, diritto, ordine.
Comprendere i significati delle azioni politiche in una società
data
significa riferirsi all’insieme del sistema di significati che è la
cultura della società studiata
LA CULTURA D’IMPRESA
Contesto: mondo manageriale fine degli anni ’70 in USA
Necessità:
- sottolineare, in piena crisi, l’importanza del fattore umano
nella produzione per avere un’adesione dei lavoratori ai core
values aziendali.
- Risolvere conflitti di mentalità (conseguenze di fusioni e
ristrutturazioni)
Uso:
cultura riferita ad un sistema pensato come proprio di una
collettività falsamente omogenea che influenza e determina gli
atteggiamenti e comportamenti degli individui
Le analisi sociologiche pongono in evidenza un universo culturale
eterogeno interno all’impresa.
La cultura (d’impresa) non esiste al di fuori degli individui che
appartengono ad essa.
La cultura emerge dalle interazioni (relazioni) fra di essi
Non si possono non considerare le sub-culture che alimentano la
cultura
d’impresa (es. culture professionali, culture di classe)
Studio di Renaud Saisaulieu (1977):
esistono diversi schemi di comportamento interni all’impresa a
seconda
delle categorie socio-professionali
4 MODELLI CULTURALI
ATTORI
TIPI DI RELAZIONI
operai specializzati e
lavoratori non qualificati
relazioni funzionali
il collettivo è un rifugio
contro le divisioni
operai professionali,
tecnici e dirigenti
accettazione delle differenze
e negoziazione
tecnici e quadri in
mobilità professionale
prolungata,
relazioni basate su affinità
elettive e diffidenza verso
gruppi costituiti
internamente
operai dequalificati
atteggiamento di ritiro e
dipendenza proprio di chi
usa l’impresa come un mezzo
Renaud Sainsaulieu, L’identité au travail. Les Effects culturels de l’organisation,
Paris, Press de la Fnsp 1977
La cultura di impresa si colloca nell’intersezione fra le
diverse subculture interne all’impresa stessa.
Non coincide con il sistema dell’organizzazione
interna.
La cultura d’impresa è al contempo il riflesso della
cultura circostante e una nuova produzione che si
elabora all’interno dell’impresa attraverso la
molteplicità di interazioni (relazioni) che esistono a
tutti i livelli fra coloro che appartengono alla stessa
organizzazione.
(es. studi sugli impatti delle culture nazionali sulle
culture d’impresa, Michel Crozier 1963; Iribarne 1989)
“CULTURE DEGLI IMMIGRATI” e
“CULTURE D’ORIGINE”
Europa Anni ’70 nasce l’uso “cultura degli immigrati”
Contesto:
 condizioni dell’integrazione;
 differenze culturali;
 le culture particolari degli immigrati vengono assimilate alla cultura
d’origine.
Uso:
‘Cultura d’origine’: il termine può essere fuorviante perché:
 la cultura non è una ‘cosa’, un bagaglio (rischio reificazione);
 il termine ‘origine’ è semanticamente incerto;
 e scarsamente operazionalizzabile;
 ignora il cambiamento culturale dell’immigrato e della società
d’origine;
 ignora la posizione sociale del migrante.
Per spiegare integrazione e acculturazione servono le
strutture sociali e familiari del gruppo
(es. Portoghesi in Francia, M. B. Rocha Trindade 1977; Africani del Sahel in
Francia J. Barou 1976)
Il termine “cultura della seconda generazione di immigrati” è
fuorviante se inteso come trasmissione dalla prima generazione,
perché:
 la cultura non si trasmette come i geni (non c’è ereditarietà e
eredità della cultura);
 la cultura pratica emerge dalle relazioni che si instaurano fra
gli individui;
 esiste una continua relazione con il contesto sociale di
riferimento
(si veda la differenza nell’ambito nazionale fra federalismo
culturale e centralismo culturale)
La ‘tradizione culturale’
e le culture dei migranti
Esiste comunque la “tradizione culturale” in riferimento al proprio Paese di
origine
(es. tradizionalismo della disperazione, necessità di abolire le
distanze, etc.)
Anche la tradizione ha senso solo in un contesto sociale particolare
Le culture dei migranti sono culture miste.
Partendo dallo scambio (che è in realtà una relazione)
avviene una mescolanza di culture,
le quali, retroagendo le une sulle altre,
portano all’emergere di una nuova cultura.
Conclusioni: Si può fare buon uso del
relativismo culturale e dell’etnocentrismo?
La risposta è positiva:
Relativismo & relazionalità: una distinzione necessaria (il relativo è tale
in relazione a qualcosa che non lo è)
«Si impone la relativizzazione del relativismo culturale» (p. 145) che è
solo un principio metodologico
L’universale sta al cuore del particolare (p. 147)
Lo stesso per l’etnocentrismo che serve per comprendere la dialettica fra
me stesso e l’altro, la dialettica della identità e della differenza
(lo vedremo nei prossimi due libri ‘Sociologia della relazione’ e ‘Oltre il
multiculturalismo’)
FINE
del libro di Denys Cuche