Evoluzione delle molecole biologiche Un video (in inglese): clic Evoluzione delle emoglobine (I) Un esempio classico di evoluzione delle macromolecole biologiche è dato dall’emoglobina(Hb), la molecola proteica contenuta nei globuli rossi dei vertebrati che trasporta l’ossigeno alle cellule. L’emoglobina è una proteina coniugata formata da quattro globuli proteici ognuno dei quali si chiama globina. La globina è una proteina formata da 4 catene polipeptidiche che al suo interno contiene una molecola di porfirina che, a sua volta, al suo interno trattiene un legame di coordinazione con un atomo di Fe +2/+3 . L’insieme porfirina/ferro costituisce il gruppo eme, responsabile del trasporta di O2 nel sangue. Evoluzione delle emoglobine (II) Fig 1 Emoglobina dell’adulto (HbA) Evoluzione delle emoglobine (III) In base alle ricerche effettuate si ipotizza che miliardi di anni fa esistesse una molecola ancestrale di emoglobina batterica da cui, grazie a eventi di duplicazione genica, si cominciarono a differenziare diverse emoglobine sia all’interno della stessa specie che a livelli tassonomici più alti. Oggi esistono emoglobine animali,vegetali, batteriche. Evoluzione delle emoglobine (IV) Negli animali sono presenti vari tipi di emoglobine intraspecifiche (nell’uomo ad esempio ci sono emoglobine embrionali, fetali, adulte)e di mioglobina, la variante delle fibrocellule muscolari, mentre nei batteri fissatori d’azoto del genere Rhizobium, che vivono in simbiosi nelle radici delle leguminose, si trova la leghemoglobina, forse parente dell’emoglobina ancestrale. Evoluzione delle emoglobine (V) Questi batteri riducono l’ azoto atmosferico ad ammonio, favoriti dalla leghemoglobina il cui gruppo eme blocca l’O2 circolante nell’ambiente subaereo per cui ha molta affinità, ossigeno che, se rimanesse libero, impedirebbe la fissazione dell’azoto. Nelle figure seguenti (da 2 a 4) sono visualizzati tubercoli radicali di erba medica (gen.Medicago )contenenti Sinorhizibium m. a diversi ingrandimenti. Evoluzione delle emoglobine (VI) Fig.2 Evoluzione delle emoglobine (VII) Fig.3 Evoluzione delle emoglobine (VIII) Fig.4 Sinorhizobium m. in capsula di Petri su agar agar Evoluzione dei genomi (I) Grazie alle tecniche di sequenziamento genico oggi possiamo ripercorrere la storia evolutiva degli organismi guardando al loro DNA. I genomi delle specie infatti sono estremamente variabili. Da una parte ci sono le mutazioni, cioè quegli eventi accidentali che modificano il DNA. Molte volte queste sono dannose, raramente vantaggiose, il più delle volte non hanno effetti sull’organismo o perché non interferiscono con la struttura delle proteine o perché colpiscono regioni non codificanti, cioè quelle zone non trascritte dal DNA sull’RNAm, chiamate introni. Evoluzione dei genomi (II) Fig.5 Relazione che intercorre tra cromosoma, DNA, gene, esone (regione codificante) e introne (regione non codificante) Evoluzione dei genomi (III) Attraverso la riproduzione sessuale e altri tipi di ricombinazione genica ogni organismo eredita una combinazione unica di mutazioni. A modificare ulteriormente i genomi esistono eventi di duplicazione genica causati, ad esempio durante la meiosi da un crossing-over imperfetto, per cui si moltiplicano le copie dei geni che possono così far procedere indipendentemente l’evoluzione: è in questo modo che si sono originate le emoglobine. Altra fonte di cambiamento del patrimonio genetico sono i trasposoni, pezzetti di DNA non codificante che si spostano lungo il genoma e che, in alcuni casi, possono essere causa di mutazioni. Orologi molecolari (I) L’analisi dei genomi consente uno studio quantitativo del passato evolutivo delle specie in modo tale che è possibile creare alberi filogenetici che indicano quanto una certa specie sia imparentata con le altre: più i loro genomi sono simili più stretta è la loro parentela. Oggi è possibile affidarsi anche agli orologi molecolari, e calcolare quando le specie si sono fra loro separate. L’orologio molecolare parte dal presupposto che le mutazioni si susseguano con una frequenza costante. Confrontando le stesse regioni geniche di specie diverse è possibile calcolare quante mutazioni le separino e quindi quanto tempo possa essere trascorso dalla loro separazione dall’antenato comune. Orologi molecolari (II) Per questi calcoli ci si affida di solito a regioni non codificanti poiché qui le mutazioni possono proseguire di generazione in generazione senza che la selezione naturale le elimini. È questo il caso del DNA mitocondriale. Si tratta di un DNA circolare contenuto nei mitocondri che, essendo ereditato solamente per via materna, non si ricombina con quello dell’altro genitore. Le ricerche sul DNA mitocondriale umano, ad esempio, suggeriscono che il DNA mitocondriale degli esseri umani attualmente sul pianeta discenda da quello di un’ipotetica “Eva africana ” (le prime ricerche risalgono all’americano A.Wilson, 1987) vissuta tra i 150.000 e i 230.000 anni fa in Africa. Orologi molecolari (III) Fig.6 Il DNA mitocondriale umano Orologi molecolari (IV) Grazie agli orologi molecolari, compreso, appunto, quello basato sul mtDNA, sappiamo anche che l’ultimo antenato comune a uomini e scimpanzé, attualmente i nostri parenti più prossimi , visse circa 7 milioni di anni fa. FINE