I macronutrienti sono molecole complesse. Per poterli utilizzare l’organismo deve ridurli in composti semplici ed inernalizzarli. Quindi, trasformarli in anidride carbonica ed acqua (ossidarli) con liberazione di energia o, eventualmente, utilizzarli per la sintesi dei suoi componenti strutturali… Digestione riduzione in composti semplici Assorbimento internalizzazione Metabolismo utilizzazione a scopo energetico o/e plastico • Il grado di utilizzazione di un nutriente che tiene conto di tutti e tre questi processi prende il nome di biodisponibilità… Digestione, assorbimento e metabolismo si sono evoluti nell’arco di centinaia di migliaia di anni per utilizzare al meglio le fonti alimentari a disposizione. Nell’uomo, l’apparato digerente e il sistema di regolazione metabolica sono il frutto di questa evoluzione tesa a massimizzare l’utilizzazione di energia e nutrienti da fonti poco biodisponibili… Il risultato è che la capacità del “sistema” è sovrabbondante rispetto alle necessità attuali Due ormoni chiave: Insulina e Glucagone Fase postprandiale insulina Fase postassorbitiva (digiuno) glucagone Attiva Deposito di lipidi Deposito di glucosio Ossidazione del glucosio Sintesi di trigliceridi L’insulina : Inibisce - Mobilizzazione di lipidi - Mobilizzazione di glucosio Il glucagone (e le catecolamine): Attiva Mobilizzazione di lipidi Mobilizzazione di glucosio Sintesi del glucosio Ossidazione di trigliceridi Inibisce - Deposito di lipidi - Deposito di glucosio L’evoluzione ci ha attrezzati ad utilizzare al meglio risorse alimentari scarse, grezze ed erratiche. I vantaggi di una alta digeribilità sono un mito da sfatare.. E in effetti, se la benzina fosse sempre meglio del gasolio, la userebbero anche i motori diesel… Nelle cellule, le singole reazioni enzimatiche fanno parte di sequenze a più tappe chiamate vie metaboliche. In una via metabolica, il prodotto di una reazione funge da substrato nella reazione successiva. Si definisce metabolismo l’insieme di queste vie metaboliche. Le vie metaboliche vengono classificate in: - cataboliche (demolitive) - anaboliche (sintetiche). Le reazioni cataboliche disgregano le molecole complesse (proteine, polisaccaridi, lipidi) producendo poche molecole semplici come CO2, NH3 ed H2O. Servono a catturare, sotto forma di ATP, l’energia chimica liberata dalla degradazione di molecole combustibili. La liberazione di energia nella degradazione di molecole complesse avviene in 3 stadi: I) l’idrolisi delle molecole complesse II) conversione dei monomeri in molecole più semplici III) ossidazione dell’acetil CoA Il catabolismo è un processo convergente (una grande varietà di molecole si trasforma in pochi prodotti finali comuni). Champe et al., Le basi della biochimica, Ed. Zanichelli Partendo da precursori semplici (p.es. amminoacidi) si ottengono prodotti terminali complessi (p.es. proteine). Richiedono energia, generalmente fornita dalla degradazione dell’ATP in ADP e Pi. Molte reazioni comportano una riduzione chimica, nella quale spesso il potere riducente è fornito dal donatore di elettroni NADPH. L’anabolismo è un processo divergente, pochi precursori formano una varietà di prodotti complessi. Champe et al., Le basi della biochimica, Ed. Zanichelli Uno dei legami più importanti tra reazioni cataboliche ed anaboliche è l’energia. Le reazioni anaboliche richiedono energia (reazioni endoergoniche) Le reazioni cataboliche producono energia (reazioni esoergoniche) L’energia prodotta durante i processi esoergonici viene conservata sotto forma di composti ad alto contenuto energetico, per poi essere riutilizzata nei processi endoergonici L’esempio più noto di composto ad alto contenuto energetico è l’ATP (adenosina trifosfato) E’ un nucleoside trifosfato costitito da Adenina, Riboso e 3 radicali fosforici Il primo radicale fosforico è legato al C 5’ del Riboso con legame estereo (reaz. tra un alcool ed un acido) I due restanti fosfati sono uniti con legami anidridici e sono legami ad alta energia di idrolisi Nell’ATP, la presenza di cariche dello stesso segno causa una repulsione elettrostatica che riduce la sua stabilità In generale, l’elevata energia libera di idrolisi dei composti ad alto contenuto energetico è dovuta alla maggiore stabilità dei prodotti di reazione rispetto ai reagenti; i prodotti sono stabilizzati da fenomeni di ionizzazione, isomerizzazione o risonanza Champe et al., Le basi della biochimica, Ed. Zanichelli Tra tutti i composti ad alto contenuto energetico l’ATP occupa una posizione unica Larga parte dell’energia utile ai fini biologici prodotta dalle reazioni cataboliche viene convogliata nell’ATP e da questo distribuita per le varie forme di lavoro cellulare La maggior parte dei legami ad alta energia di idrolisi si forma nella catena respiratoria durante la riossidazione dei coenzimi ridotti NADH e FADH2 ad opera dell’O2 Nella catena respiratoria l’energia libera delle reazioni ossidoriduttive viene utilizzata per formare ATP da ADP e Pi (fosforilazione ossidativa) NB. Legami ad alta energia libera di idrolisi si formano anche al di fuori della catena respiratoria, direttamente sui substrati che vanno incontro alle trasformazioni cataboliche (fosforilazione a livello del substrato) Champe et al., Le basi della biochimica, Ed. Zanichelli Le vie metaboliche devono essere coordinate in modo che la produzione di energia o la sintesi dei prodotti finali rispondano ai reali bisogni delle cellule. Le singole cellule non lavorano isolatamente ma fanno parte di una comunità di tessuti interagenti. I segnali regolatori comprendono: ormoni, neurotrasmettitori, disponibilità di nutrienti. I segnali che si generano all’interno di una cellula (segnali intracellulari) producono risposte rapide e regolano istante per istante il metabolismo. La segnalazione tra cellule (intercellulare) produce risposte più lente. La comunicazione più importante è quella mediata da ormoni o neurotrasmettitori. Il legame di un ormone o di un neurotrasmettitore ad un recettore innesca una serie di reazioni che hanno come risultato finale una specifica risposta intracellulare. I secondi messaggeri fanno parte di questa cascata di eventi. Il sistema dell’adenilato ciclasi è particolarmente importante nella regolazione delle vie del metabolismo intermedio. Il legame di ormoni o neurotrasmettitori ai recettori specifici innesca un aumento o una diminuzione dell’attività dell’adenilato ciclasi. L’adenilato ciclasi è un enzima legato alla membrana che converte l’ATP in 3’,5’-adenosina monofosfato (AMP ciclico o cAMP). I recettori che agiscono attraverso l’adenil ciclasi hanno: a) una regione extracellulare, che riconosce il ligando b) 7 eliche transmembranali c) un dominio intracellulare che interagisce con le proteine G. Sono proteine trimeriche localizzate nella membrana cellulare, associate ai recettori. Sono così chiamate perché legano i nucleotidi guanosinici (GTP e GDP). Sono il primo degli anelli di comunicazione tra recettore di membrana ed adenilato ciclasi. Normalmente sono in forma inattiva (proteina G legata al GDP). Il recettore attivato (dal legame con un ormone o neurotrasmettitore) interagisce con le proteine G scambiando il GDP col GTP (proteina G attiva). La proteina G attivata si dissocia nella subunità a e nel dimero bg. La subunità a si sposta verso l’adenil ciclasi, attivandola. Per ogni molecola di recettore attivato si formano molte molecole di proteina G attiva. L’azione del complesso proteina G-GTP è di breve durata. Le proteine G hanno un’attività GTPasica intrinseca, che provoca l’idrolisi del GTP in GDP con conseguente inattivazione della proteina G e dell’adenilato ciclasi. Champe et al., Le basi della biochimica, Ed. Zanichelli La capacità di un ormone di stimolare o inibire l’adenilato ciclasi dipende dal tipo di proteina G che si trova legata al recettore. La famiglia delle proteine Gs è specifica per l’attivazione dell’adenilato ciclasi mentre la famiglia designata Gi provoca l’inibizione dell’enzima. Il complesso “proteina G-GTP” ha una breve durata: le proteine G hanno attività GTPasica intrinseca idrolisi del GTP in GDP inattivazione della proteina G e dell’adenilato ciclasi. Il cAMP attiva una famiglia di enzimi chiamati proteina chinasi cAMP dipendenti . Essi catalizzano il trasferimento del fosfato dall’ATP a specifici residui di serina o treonina di substrati proteici. Le proteine fosforilate possono agire direttamente sui canali ionici della cellula oppure, se sono enzimi, possono essere attivati o inattivati. N.B. Non tutte le proteina chinasi dipendono dal cAMP (p.es. la proteina chinasi C). DEFOSFORILAZIONE DELLE PROTEINE Le variazioni delle attività enzimatiche indotte dalla fosforilazione delle proteine non sono permanenti. Le proteina fosfatasi, enzimi che idrolizzano gli esteri fosforici, rimuovono i gruppi fosfato aggiunti dalle proteina chinasi. IDROLISI DEL cAMP Il cAMP è idrolizzato rapidamente a 5’-AMP dalla cAMP fosfodiesterasi, che rompe il legame fosfodiestere ciclico 3’-5’ (il 5’-AMP non è una molecola di segnale). N.B. La fosfodiesterasi è inibita da derivati della metilxantina (teofillina e caffeina). FASE DI ASSORBIMENTO 2-4 ore successive all’assunzione di un pasto. E’ caratterizzata da un transitorio della concentrazione ematica di glucosio, amminoacidi e trigliceridi. Il pancreas risponde con: della secrezione di INSULINA della secrezione di GLUCAGONE L’elevato rapporto INSULINA/ GLUCAGONE e la disponibilità di substrati porta ad un della sintesi di trigliceridi, glicogeno e proteine. Durante questa fase praticamente tutti i tessuti utilizzano il glucosio come fonte di energia. Il flusso di intermedi lungo le vie metaboliche è controllato da 4 meccanismi: 1) disponibilità di substrati 2) attivazione o inibizione allosterica di enzimi 3) modificazioni covalenti di enzimi (p.es. fosforilazione o defosforilazione) 4) induzione o repressione della sintesi di enzimi (p.es. l’ di insulina produce un della sintesi di enzimi chiave del metabolismo anabolico). Nelle condizioni di apporto alimentare, tali meccanismi garantiscono che i nutrienti disponibili siano trattenuti sotto forma di glicogeno, trigliceridi e proteine. Occupa una posizione strategica per l’elaborazione e la distribuzione dei nutrienti di provenienza alimentare. Ha infatti il ruolo di attenuare le fluttuazioni dei nutrienti a disposizione dei tessuti periferici. ************ Il sangue che il fegato riceve dopo un pasto (v. porta) è ricco di nutrienti e contiene un elevato livello di insulina. Durante il periodo dell’assorbimento intestinale, il fegato assume carboidrati, lipidi e gran parte degli amminoacidi * Questi nutrienti saranno poi: (a) metabolizzati e conservati oppure b) instradati verso altri tessuti. *gli AA a catena ramificata, leucina, isoleucina e valina, sfuggono al metabolismo epatico Normalmente il fegato produce glucosio piuttosto che consumarlo. Dopo un pasto contenente carboidrati, il fegato trattiene 60% degli zuccheri presenti nel sangue portale e li utilizza per le sue attività. Il metabolismo epatico del glucosio attraverso diversi meccanismi: (1) fosforilazione del glucosio (glucochinasi) (2) sintesi del glicogeno (attivazione della glicogenosintasi) (3) attività della via dei pentosi (4) glicolisi (la conversione del glucosio in acetil CoA è stimolata dal rapporto elevato Insulina/Glucagone; L’Acetil CoA è utilizzato nella sintesi degli Ac. Grassi o per generare energia nel Ciclo di Krebs) (5) gluconeogenesi (scarsa attività della piruvato carbossilasi e inibizione di altri enzimi della via) sintesi degli Ac. Grassi Il fegato è il tessuto principale nel quale avviene la sintesi ex novo degli acidi grassi. La sintesi degli Ac. Grassi è favorita dalla disponibilità di substrati (acetil CoA e NADPH) derivanti dal metabolismo del glucosio. sintesi dei Trigliceridi E’ favorita dalla disponibilità di acetil CoA (proveniente sia dalla sua sintesi ex novo sia dall’idrolisi dei trigliceridi presenti nei remnants dei chilomicroni). Il fegato introduce i trigliceridi nelle VLDL, secrete nel sangue ed utilizzate di tessuti extraepatici (soprattutto t. adiposo e t. muscolare) della degradazione degli AA(*) la disponibilità di AA è necessità delle cellule gli AA eccedenti sono: (1) liberati nel sangue e usati da altri tessuti (sintesi proteica) (2) deaminati scheletri carboniosi piruvato, acetil CoA o altri intermedi del ciclo di Krebs ossidazione o sintesi Ac. Grassi (*) N.B. Gli AA a catena ramificata (leucina, isoleucina e valina) sfuggono al metabolismo epatico e sono assunti dal tessuto muscolare. della sintesi proteica sostituzione di proteine degradate nel periodo precedente Dopo il fegato, il tessuto adiposo è secondo per capacità di distribuire molecole di combustibile. In un uomo di 70 kg, rappresenta il 20% circa. Negli individui obesi, può costituire fino al 70% della massa corporea. Metabolismo dei carboidrati del trasporto del glucosio (sensibile alla [insulina] nel sangue) della glicolisi (fornisce il glicerolo fosfato per la sintesi dei trigliceridi) della via dei pentosi (producendo NADH necessario per la sintesi dei grassi) Metabolismo dei grassi della degradazione dei trigliceridi (inibizione della lipasi ormone- sensibile) della sintesi dei trigliceridi L’innalzamento della glicemia e dell’insulinemia favoriscono l’accumulo di trigliceridi. Gli Ac. Grassi esogeni (chilomicroni e VLDL) si liberano per azione della lipoproteina lipasi (legata alle pareti dei capillari sanguigni, spt del t. adiposo e muscolare). Il glicerolo 3-P per la sintesi dei trigliceridi proviene dal metabolismo del glucosio poiché gli adipociti non contengono la glicerolo chinasi. della sintesi degli Ac. Grassi N.B. La sintesi ex novo a partire dall’Acetil CoA è molto limitata, tranne nei casi di alimentazione dopo un periodo di digiuno. La maggior parte degli Ac. Grassi deriva dai grassi della dieta (chilomicroni) ed una piccola quantità dalle VLDL. Il consumo di O2 a riposo è circa il 30% del consumo corporeo totale ma può arrivare al 90% durante un esercizio fisico intenso. Il muscolo scheletrico è pertanto un tessuto ossidativo (benchè abbia la potenziale capacità di utilizzare per un periodo transitorio la glicolisi anaerobica). N.B. Il muscolo cardiaco differisce da quello scheletrico per 3 aspetti: (1) è in continua attività mentre i muscoli si contraggono in maniera intermittente (2) ha un metabolismo completamente aerobico (3) contiene riserve energetiche (glicogeno e lipidi) in quantità trascurabile. Le sostanze da cui ricava energia sono il glucosio libero, gli Ac. Grassi ed i corpi chetonici. Ne consegue che una condizione di ischemia provoca rapidamente la morte dei cardiomiociti. Metabolismo dei carboidrati del trasporto del glucosio (sensibile alla [insulina] nel sangue), che verrà fosforilato e poi metabolizzato. sintesi del glicogeno, soprattutto se le scorte sono state esaurite in precedenza in seguito ad esercizio fisico. N.B. Il glucosio è il principale combustibile nella fase di apporto di nutrienti! Metabolismo degli Ac. Grassi Gli Ac. Grassi si liberano dai chilomicroni e dalle VLDL per azione della lipoproteina lipasi. N.B. Nel periodo di apporto di nutrienti gli Ac. Grassi sono combustibili di secondaria importanza! Metabolismo degli Amminoacidi sintesi proteica (sostituzione di proteine catabolizzate nella fase precedente) uptake di AA a catena ramificata (sfuggono al metabolismo epatico), usati come fonte energetica e per la sintesi proteica. L’encefalo consuma il 20% (a riposo) dell’ossigeno utilizzato dall’organismo, benchè contribuisca solo per il 2% alla massa corporea di un adulto. L’encefalo consuma energia a ritmo costante I substrati, per poter essere utilizzati, devono superare la “barriera emato-encefalica” Il glucosio normalmente funge da combustibile primario I corpi chetonici, in quanto combustibili, svolgono un ruolo significativo nei periodi di digiuno. N.B. Se la glicemia crolla ad un livello 30 mg/100ml (V.N. 70-90 mg/100 ml) la funzionalità cerebrale è compromessa. Metabolismo dei Carboidrati L’encefalo dipende completamente dalla disponibilità del glucosio ematico in quanto non contiene scorte significative di glicogeno. Nelle condizioni di apporto di nutrienti, l’encefalo utilizza esclusivamente il GLUCOSIO come combustibile (ne ossida completamente circa 140 g/die a CO2 ed H2O). Metabolismo dei Grassi L’encefalo non contiene scorte significative di trigliceridi Gli Ac. Grassi presenti nel sangue non attraversano con efficienza la barriera emato-encefalica. CAUSE 1) impossibilità di reperire del cibo 2) desiderio di perdere peso rapidamente 3)impossibilità ad alimentarsi in seguito ad un trauma, ad un intervento chirurgico, ad una neoplasia ecc. EFFETTI I livelli plasmatici del Glucosio, degli Amminoacidi e dei Trigliceridi tendono a La secrezione di INSULINA mentre quella del GLUCAGONE Il periodo di digiuno è un periodo CATABOLICO, caratterizzato dalla degradazione di Trigliceridi, Glicogeno e Proteine. S’ innesca uno scambio di substrati tra FEGATO, Tessuto Adiposo, Tessuto Muscolare ed Encefalo, sotto la spinta di due priorità: 1) mantenere costante la glicemia 2) mobilizzare Ac. Grassi dal Tessuto Adiposo ed attivare la sintesi dei Corpi Chetonici. Le scorte energetiche (in un adulto di 70 Kg di peso corporeo) Costituite soprattutto da trigliceridi (20% circa del peso) Proteine (8,5% circa del peso). N.B. Solo 1/3 circa delle proteine corporee può essere utilizzato per la produzione di energia senza compromettere le funzioni vitali poiché ciascuna proteina ha una propria funzione (p.es. enzima, componente strutturale etc.) Glicogeno (0,3% circa del peso) I cambiamenti enzimatici nel digiuno Nel digiuno, il flusso di intermedi lungo le vie del metabolismo intermedio è controllato dagli stessi meccanismi che intervengono nelle condizioni di apporto di nutrienti: 1) disponibilità di substrati 2) attivazione o inibizione allosterica di enzimi 3) modificazioni covalenti di enzimi (p.es. fosforilazione). La maggior parte è nello stato fosforilato ed è inattiva. 4) induzione o repressione della sintesi di enzimi N.B. Molte modificazioni sono opposte rispetto all’apporto di nutrienti. Il fegato ha un ruolo primario nel metabolismo energetico, che consiste nella sintesi e nella distribuzione di molecole di combustibile ad altri organi. Metabolismo dei Carboidrati (1) della glicogenolisi L’aumentato rapporto tra glucagone ed insulina provoca una rapida mobilizzazione delle scorte epatiche di glicogeno. E’ una risposta transitoria che avviene nella prima fase del digiuno. Il glicogeno epatico (100 g circa) è quasi esaurito dopo 10-18 ore di digiuno. (2) della gluconeogenesi La gluconeogenesi inizia da 4 a 6 ore dopo l’ultimo pasto e raggiunge la massima attività quando le scorte di glicogeno sono esaurite. Ha un ruolo essenziale nel mantenimento della glicemia sia ne digiuno notturno sia in quello prolungato. Metabolismo dei grassi dell’ossidazione degli Ac. Grassi provenienti dal tessuto adiposo (è la principale fonte di energia per il fegato durante la fase di post-assorbimento) della sintesi dei corpi chetonici E’ una prerogativa del fegato! Gli acidi Acetoacetico e b-idrossibutirrico sono trasportati dal sangue ai tessuti, dove potranno essere riconvertiti in acetil CoA che sarà ossidato nel ciclo di Krebs. L’acetone non è metabolizzabile. N.B. 1) Il fegato, essendo privo dell’enzima tioforasi, non può utilizzare come combustibile i corpi chetonici! 2) La disponibilità di corpi chetonici in circolo è importante perché riducendo il bisogno di sintetizzare glucosio attraverso la gluconeogenesi a partire daglischeletri carboniosi di AA, rallenta la perdita di proteine essenziali. Metabolismo dei Carboidrati Il trasporto del glucosio negli adipociti ed il suo successivo metabolismo sono depressi (per il basso livello d’insulina) ridotta sintesi di Ac. Grassi e di Trigliceridi. Metabolismo dei Grassi idrolisi dei Trigliceridi di deposito (per dell’Adrenalina e soprattutto della Noradrenalina, che stimolano l’attività della lipasi sensibile agli ormoni). liberazione degli Ac. Grassi in circolo. Legati all’albumina, essi raggiungono un molteplicità di tessuti e sono utilizzati per produrre energia. Il glicerolo prodotto dalla degradazione dei trigliceridi è utilizzato dal fegato come precursore gluconeogenico. assunzione degli Ac. Grassi. L’attività della lipoproteina lipasi è bassa pertanto i trigliceridi, presenti in circolo nelle lipoproteine, non si rendono disponibili. Il muscolo a riposo utilizza gli Ac. Grassi come fonte principale di energia. Il muscolo in esercizio inizialmente utilizza le scorte di glicogeno (durante uno sforzo intenso, il glucosio 6-P è convertito in lattato con la glicolisi anaerobica); successivamente la fonte principale diventano gli acidi grassi liberi (derivanti dalla mobilizzazione dei trigliceridi del t. adiposo). Metabolismo dei Carboidrati Il trasporto del glucosio all’interno delle fibre è depresso (basso livello d’insulina) Metabolismo dei lipidi Durante le prime due-tre settimane di digiuno, il muscolo utilizza sia Ac. Grassi che Corpi Chetonici. Successivamente utilizza quasi esclusivamente Ac. Grassi. N.B. La utilizzazione dei Corpi Chetonici da parte del muscolo provoca un della loro [plasmatica], cui fa seguito una loro utilizzazione da parte dell’encefalo. Metabolismo delle proteine Durante i primi giorni, si ha una rapida demolizione delle proteine muscolari, per fornire al fegato AA da utilizzare per la gluconeogenesi (spt. Alanina e glutammina). Dopo varie settimane di digiuno, la velocità della proteolisi diminuisce, poiché l’encefalo ha iniziato ad utilizzare i corpi chetonici come fonte di energia. Durante i primi giorni, l’encefalo utilizza a scopo energetico esclusivamente glucosio (ottenuto grazie alla gluconeogenesi). Nel digiuno protratto (oltre 2-3 settimane), i corpi chetonici raggiungono livelli significativamente elevati e l’encefalo li utilizza come combustibili, in aggiunta al glucosio. In tal modo si riduce la richiesta di un catabolismo proteico per alimentare la gluconeogenesi. Da Champe et al. - Le basi della Biochimica- Zanichelli Profilo glicemico costante, giornaliero nonostante la normale ~ discontinuità di introduzione del glucosio con l’alimentazione, per la capacità del fegato di utilizzare glucosio nei periodi di glicemia elevata e produrre glucosio quando viene meno l’apporto alimentare. glicemia 70-110 mg/100 ml siero Dopo l’assorbimento a livello intestinale, i monosaccaridi, prima di pervenire nella circolazione sistemica, passano attraverso il fegato attraverso il circolo portale. Alcune attività funzionali del fegato tendono a far diminuire la quantità di glucosio immessa nella circolazione sistemica: • la trasformazione del glucosio in glicogeno (glicogenosintesi) e suo deposito nel fegato; • l’utilizzazione del glucosio da parte del fegato (ossidazione) per la produzione di energia; • l’utilizzazione del glucosio per la sintesi di altri composti, come acidi grassi, aminoacidi, ecc. Altre funzioni del fegato, invece, tendono a far aumentare la quantità di glucosio nella circolazione sistemica: • la trasformazione in glucosio del fruttosio o del galattosio da parte degli epatociti; • la trasformazione del glicogeno epatico in glucosio (glicogenolisi); • la sintesi di glucosio nel fegato a partire da sorgenti diverse (gliconeogenesi) come aminoacidi, glicerolo, acido lattico, ecc. Schema del metabolismo del glucosio Ossidazione Energia Apporto nutrizionale GLUCOSIO Deposito/ Interconversione Glicogeno Amminoacidi Acidi grassi Cervello Cuore Muscoli Eritrociti Eccetera OMEOSTASI DELLA GLICEMIA La concentrazione del glucosio nel sangue (glicemia) viene mantenuta entro limiti abbastanza ristretti. Il meccanismo omeostatico è mediato da diversi ormoni; tra questi l’insulina tende ad abbassare la concentrazione del glucosio ematico, mentre altri ormoni tendono ad aumentarla, come l’ormone della crescita GH e il glucacone (in condizioni normali), e i glicocorticoidi e l’adrenalina (nel digiuno protratto e nello stress). I meccanismi attraverso cui questi ormoni sono in grado di controllare la glicemia possono coinvolgere varie vie metaboliche (glicogenosintesi, glicogenolisi, neoglucogenesi, utilizzazione alternativa di altre fonti energetiche). L’effetto degli ormoni sulla omeostasi glicemica non dipende solo dalla loro concentrazione assoluta, ma soprattutto dai rapporti di concentrazione (bilanciamento) con gli ormoni che esercitano un effetto opposto (ormoni antagonisti). Quando il digiuno si protrae oltre le 4 ore, il tasso insulinemico diminuisce notevolmente e diventano allora preminenti gli effetti degli ormoni antagonisti che stimolano la produzione di glucosio da parte del fegato attivando la glicogenolisi e la glucogenesi. Nella situazione di digiuno protratto, il 60% circa del glucosio prodotto dal fegato serve al metabolismo cerebrale, mentre il rimanente viene utilizzato dagli eritrociti e dai muscoli. L’altro effetto degli ormoni antagonisti, glucocorticoidi e GH, è rappresentato dallo stimolo della lipolisi, con aumento in circolo degli FFA che vengono utilizzati a scopo energetico soprattutto dal tessuto muscolare, con risparmio di glucosio; si ha però un aumento nella concentrazione di acetilCoA che, trovandosi in eccesso, tende a dar luogo alla formazione dei corpi chetonici. Se poi la glicemia si abbassa a valori inferiori al normale (ipoglicemia), entra in funzione un meccanismo di emergenza addizionale, costituito dalla secrezione di adrenalina, che attiva ulteriormente la glicogenolisi e stimola la produzione di ACTH, con successivo aumento degli ormoni corticosteroidi e attivazione della gluconeogenesi. In ultima analisi, una funzionalità corretta e bilanciata delle isole del Langerans, dell’adenoipofisi, della corteccia e della midollare del surrene, consente di mantenere l’omeostasi glicemica in modo rapido e efficiente. Ormoni che controllano la glicemia Organo Pancreas Surrene Ipofisi Tiroide Ormone Azione Effetto su glicemia Insulina Ingresso glucosio (tranne fegato, cervello, RBC) glicolisi, glicogenosintesi epatica e sintesi ac. grassi Lipolisi e gluconeogenesi Glucagone glicogenolisi e gluconeogenesi epatiche Lipolisi Somatostatina rilascio di insulina, glucagone e ormoni ipofisari (impedisce oversecrezione) Adrenalina Glicogenolisi muscolare e lipolisi Cortisolo Gluconeogenesi da aa. Antagonista dell’insulina ACTH Rilascio di cortisolo e lipolisi GH Antagonista dell’insulina Tiroxina Glicogenolisi e gluconeogenesi epatica Assorbimento intestinale di zuccheri Modifica i processi di permeabilità della membrana cellulare, favorendo l’ingresso del glucosio nella cellula. Modifica l’attività di alcuni enzimi cellulari, favorendo l’utilizzazione e inibendo la neosintesi di glucosio. Di conseguenza, previene l’accumulo di glucosio nel sangue, che invece si verifica in carenza o per ridotta funzionalità dell’insulina. Processo Trasporto glucosio Glicolisi Glicogenosintesi Lipogenesi Protidosintesi Gluconeogenesi Lipolisi Azione Tessuto(i) + + + + + - Muscolare/Adiposo Muscolare/Adiposo/ Epatico Muscolare/Epatico Adiposo/Epatico Muscolare/Epatico Epatico Adiposo Principali cause di iper- (>120 mg%) e ipo-glicemia (<50 mg%) Iperglicemia Ipoglicemia Transitoria Stress emotivo/fisico acuto Shock Infarto miocardio Convulsioni Epatopatia grave Feocromocitoma Farmaci (salicilati, b bloccanti) Alcolismo Sepsi Epatopatia grave Glicogenosi Persistente Insulinoma Glicogenosi tipo I Diabete mellito Sindrome di Cushing (iperattività surrene) Acromegalia (ipersecrez. GH) Ipertiroidismo Obesità Un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate da un metabolismo anormale dei CARBOIDRATI, causato da un DEFICIT DI INSULINA assoluto (tipo 1) o relativo (tipo 2), che provoca IPERGLICEMIA. Diabete mellito (classificazione eziologica) I. Diabete di tipo 1 (caratterizzato da distruzione delle b-cellule, solitamente comportante un deficit assoluto di insulina) A. Immuno-mediato B. Idiopatico (LADA) II. Diabete di tipo 2 (può variare da predominantemente insulinoresistente e relativamente insulino-deficente, a predominantemente insulino-deficente e relativamente poco insulino-resistente) III. Altri tipi specifici A. Difetti genetici della funzionalità b-cellulare B. Difetti genetici dell’azione insulinica C. Malattie del pancreas esocrino D. Endocrinopatie E. Malattie indotte da farmaci o sostanze chimiche F. Infezioni G. Rare forme di diabete immuno-mediato H. Altre sindromi genetiche a volte associate al diabete IV. Diabete mellito gestazionale Diagnosi glicemia a digiuno/occasionale glicemia da carico Sorveglianza (del compenso metabolico) glicemia proteine (emoglobina) glicate Complicanze Microangiopatia: (micro)albuminuria Aterosclerosi: lipidi e lipoproteine Chetoacidosi: chetonuria, emogasanalisi La diagnosi si pone se: Coesistono sintomi clinici (poliuria, polidipsia) ed un valore glicemico “casuale” (ossia non necessariamente a digiuno o dopo carico) >200 mg/dL oppure se: La glicemia a digiuno risulta >126 mg/dL (in due diverse determinazioni) oppure se: La glicemia a 2 ore da un carico orale di 75g di glucosio risulta >200 mg/dL Principio: in un ambiente contenente glucosio, questo si lega stabilmente alle proteine, che risultano “glicate”. L’entità della glicazione è proporzionale all’integrale della concentrazione di glucosio per il tempo di contatto La glicazione è un processo lento: l’entità è limitata dalla vita media della proteina L’emoglobina glicosilata rappresenta il prodotto di una reazione non enzimatica tra una molecola di glucosio e il gruppo amino-terminale della valina della catena b dell’emoglobina. Ciò avviene in due fasi: la prima reversibile, che conduce alla formazione di una base di Schiff (aldimina), e una seconda irreversibile con la formazione di un prodotto di Amadori, la chetoamina. La formazione di HbA1c avviene durante tutto il periodo di vita del globulo rosso e dipende anche dall’età cellulare. Un incremento transitorio della glicemia può produrre la formazione di una notevole quantità di aldimine, reazione comunque reversibile con la normalizzazione dei valori glicemici. La persistenza di iperglicemia, tuttavia, rende tale reazione irreversibile, per cui la molecola di emoglobina resterà “glicata” sino alla morte del globulo rosso. La relazione tra valore glicemico medio e percentuale di Hbglic è stata dimostrata. Generalmente, ogni aumento di 1% dell’Hb-glic corrisponde ad un aumento della glicemia pari a 35 mg/dl di glucosio plasmatico medio. Hb glicata: reazione di glicazione reversibile irreversibile veloce lenta HbA1c labile HbA1c stabile Reazione non enzimatica di condensazione tra il gruppo aldeidico del glucosio e il gruppo amminico N-terminale delle catene b della Hb. Formazione della Hb glicata • Processo non enzimatico, si realizza durante tutta la vita degli eritrociti, irreversibile. • La formazione della Hb glicata dipende principalmente dalla concentrazione di glucosio e la sua eliminazione avviene con la degradazione degli RBC. • Vita media degli eritrociti circa 120 giorni. • La quantità di Hb glicata è proporzionale alla glicemia media delle 6-12 settimane precedenti. Hb glicata: significato clinico • Parametro di elezione per la valutazione retrospettiva del grado di controllo glicemico nei soggetti diabetici: è stabile e non risente di improvvise variazioni della concentrazione glicemica. • Importante nel monitoraggio dei pazienti diabetici sia di tipo 1 che 2. • Utile per valutare l’efficacia della terapia e per predire lo sviluppo delle complicanze. Glicemia (mg/dL) glicoHb (%) 65 4,0 101 5,0 137 6,0 172 7,0 208 8,0 244 9,0 279 10,0 315 11,0 350 12,0 In un dato momento, l’entità della glicazione misurabile è una misura retrospettiva dell’integrale “concentrazione di glucosio su tempo”, per un intervallo di tempo dipendente dalla vita media della proteina Per le proteine più utilizzate l’intervallo di tempo è dell’ordine di: emoglobina del sangue 6-12 settimane; proteine (albumina) del siero 3-5 settimane La glicazione della emoglobina viene stimata misurando la percentuale glicata ed espressa come come percentuale della Hb totale (%Hb) La glicazione delle sieroproteine (albumina) viene misurata come “fruttosammina” ed espressa in mmol/L Emoglobina glicata: Limiti di riferimento: 4-6% Limite decisionale (obiettivo terapia): <7% Limite decisionale per rivalutazione terapia: >8% Albumina glicata (come fruttosammina) Limiti di riferimento: 204-285 mmol/L Metodo cinetico-colorimetrico per la determinazione delle fruttosamine Principio Le fruttosamine del siero in ambiente alcalino sono presenti sotto forma idrossilaminica. Il gruppo idrossilaminico riduce il nitroblutetrazolio (NBT) rendendo evidente la produzione di formavano. La reazione che si sviluppa è direttamente proporzionale alla concentrazione delle fruttosamine nel siero La misura della Hb glicata è maggiormente standardizzata analiticamente e validata clinicamente: è largamente usata in tutto il mondo Si può utilizzare in sostituzione la fruttosammina quando: E’ necessaria una informazione relativa ad un periodo precedente più breve (per es. valutazione degli effetti di variazione terapeutica) Esistono ragioni biologiche (es. anemia emolitica) od analitiche (es. presenza di varianti emoglobiniche) che rendono inaffidabile la misura della Hb glicata Il controllo glicemico può essere valutato anche con la determinazione di altre proteine soggette a glicosilazione (chetoamine) quali la fruttosamina (test della fruttosamina). È stata dimostrata una buona correlazione tra il test della fruttosamina e dell’HbA1c, ma è necessario tenere in considerazione che: 1) le variazioni biologiche soggettive della fruttosamina sono maggiori rispetto all’HbA1c; 2) il turnover dell’albumina rispetto all’emoglobina è più breve (circa 28 gg. vs 120 gg. rispettivamente) e per cui il test delle fruttosamina fornisce indicazioni sul controllo glicemico delle ultime 2 settimane; 3) il risultato deve essere corretto in base alla concentrazione ematica di albumina; 4) valori falsamente bassi possono essere riscontrati in condizioni di aumentato turnover proteico, quali le enteropatie proteino-disperdenti e la sindrome nefrosica;