OPTICAL TRANSPORT NETWORK (OTN) Optical Transport Network (OTN) è un'architettura di rete ottica di trasporto basata sulla tecnica di multiplazione nel dominio della lunghezza d’onda WDM (Wavelength Division Multiplexing). Le caratteristiche dell'OTN sono standardizzate dall’ ITU-T e definite principalmente dalle normative: - G.709 (aspetti funzionali dell'interfaccia di rete); - G.798 (modello funzionale del nodo di rete); - G.872 (architettura generale della rete). OTN 1 OTN (Optical Transport Network) rappresenta l’evoluzione della tecnologia SDH capace di trasportare “nativamente” una molteplicità di profili di traffico, oltre a quello sincrono telefonico per cui è nata su evoluzione della tecnologia PDH. Obiettivo di questa tecnologia è rappresentato dal concetto di rete ottica trasparente, cioè una rete in cui vengono effettuate solo due conversioni: una elettro-ottica all’ingresso ed una ottico-elettrica in uscita dalla rete. Nelle reti ottiche classiche, in effetti, le funzioni di instradamento, rigenerazione, multiplazione/demultiplazione sono effettuate nel dominio ottico (si pensi agli apparati SDH e a tutte le funzioni di controllo che sono implementate convertendo il segnale nel dominio elettrico). Dalla seconda metà degli anni ‘90, con lo sviluppo delle tecnologie WDM e DWDM, si cominciò ad ipotizzare una nuova architettura di rete che fosse in grado di implementare le funzioni necessarie al trasporto dell’informazione direttamente nel dominio ottico, sfruttando le potenzialità della trasmissione su più lunghezze d’onda. OTN 2 La tecnologia OTN, pertanto, fa riferimento alla situazione riportata sinteticamente in figura. In tale architettura, ai tipici nodi di una rete SDH (DXC e ADM), si inseriscono dei generici ONE (Optical Network Element), che effettuano l’instradamento del segnale ottico utilizzando tecniche “puramente” ottiche. Tendenzialmente, tale rete consente di trasportare informazione direttamente, senza riconvertire il segnale da un dominio all’altro. Esistono però due ordini di motivi che rendono di difficile applicazione la “trasparenza” ottica che sono legati sia ad aspetti di natura fisica sia alla necessità di gestire e controllare la rete. Scenario OTN OTN 3 Le limitazioni fisiche di trasmissione e quelle di gestione sono legate alla necessità di rigenerare il segnale. Come mostrato in figura, il processo di rigenerazione, in base al tipo di operazioni effettuate, può essere classificato come 1R, 2R e 3R. In particolare, allo stato attuale, solo la rigenerazione 1R viene effettuata direttamente nel dominio ottico. Anche se da un punto di vista tecnologico è possibile gestire direttamente a livello ottico alcune funzioni come l’instradamento delle lunghezze d’onda tramite i dispositivi DWDM e la creazione di percorsi ottici, è evidente che durante la propagazione il segnale si degrada a causa di fenomeni non lineari, ASE, etc. In molti casi è necessario procedere ad una rigenerazione 3R che rigenera completamente il segnale e che, allo stato attuale, Rigenerazione del segnale 1R, 2R e 3R è realizzata a livello elettronico. OTN 4 Lo studio delle reti OTN, iniziato nel 1997, parte dal principio che è necessario prevedere delle operazioni di rigenerazione 3R in una rete puramente ottica. I principi architetturali contenuti nella raccomandazione ITU-T G.872 indicano che in una rete OTN multiplazione, trasporto, instradamento, supervisione e protezione dei segnali “client” avvengono “principalmente” nel dominio ottico, ammettendo di fatto la possibilità di ricorrere in parte alla rigenerazione elettronica. Qualora si volesse realizzare una rete che effettui le conversioni tra i domini ottici ed elettrici esclusivamente all’inizio e alla fine del percorso, devono essere garantiti requisiti in termini di prestazioni prossimi ai limiti fisici indotti dalla necessità di garantire valori del rapporto segnale-disturbo entro fissati intervalli di tollerabilità. OTN 5 Inoltre, tale condizione dovrebbe essere assicurata per qualsiasi percorso ottico, generato, ad esempio, dalla combinazione di diverse lunghezze d’onda su differenti cammini fisici. Ovviamente, tale condizione, oltre ad introdurre un fattore di complessità notevole, in reti molto articolate, induce notevoli limiti nella scalabilità della rete stessa. Trasporto nel dominio ottico OTN 6 Le raccomandazioni prevedono che la rete possa essere suddivisa in Domini Trasparenti in cui non sono presenti rigeneratori 3R (Trasparent Domain - TD), raggruppati a loro volta in Domini Amministrativi (Administrative Domain - AD). Le raccomandazioni indicano particolari specifiche ottiche per le interfacce IrDI tra domini amministrativi ma lasciano libertà per quelle IaDi all’interno dei domini amministrativi. Suddivisione in domini della rete OTN OTN 7 Le raccomandazioni introducono un concetto molto importante per i gestori di servizi di trasporto: la trasparenza di servizio. Nell’ottica di integrare le reti verso un’unica piattaforma tecnologica (e quindi verso un’unica tipologia di apparati), è fondamentale avere a disposizione una rete in grado di accettare “nativamente” differenti tipologie di traffico (ATM, IP, SDH, etc). In ambito ITU-T si definisce quindi il concetto di OCh (“Optical Channel”) e di Overhead OH per mappare “nativamente” flussi differenti di traffico. Tale meccanismo detto di “imbustamento” o “Digital Wrapper” è riportato in figura. Optical Channel (Och) OTN 8 La struttura OTN è definita nella raccomandazione ITU-T G.805 che definisce 4 strati: OCh, OMS (“Optical Multiplex Section”), OTS (“Optical Transmission Section”) e il PM (“Physical Medium Layer”) rappresentato dalle fibre ottiche sulle quali avviene la trasmissione. Suddivisione protocollare Ogni segnale “client” è inviato in rete all’interno di un Och mediante un’unità, detta “transponder”, senza che siano note all’interno della rete stessa le informazioni del segnale trasportato. OTN 9 Le elaborazioni necessarie a ricostruire il segnale sono effettuate esclusivamente ai confini dei domini amministrativi nei quali i transponder devono conoscere la frequenza di cifra e le informazioni relative ai segnali “client” anche se si studia la possibilità di introdurre “transponder adattativi”, in grado di adattarsi dinamicamente al segnale in ingresso. OCh consente il trasferimento di un segnale “client” attraverso l’interpretazione delle informazioni di overhead, che consentono di effettuare le operazioni di provisioning, di manutenzione, etc. Lo strato OMS si occupa invece di trasportare segnali a multi-lunghezza d’onda e, tramite l’overhead, svolge funzioni di monitoraggio, provisioning, etc. Infine, lo strato OTS si occupa della vera e propria trasmissione su vari tipi di fibre ottiche ed è dotato esso stesso di un proprio overhead. Mediante la definizione di questi strati si può analizzare nel dettaglio l’interfaccia IrDI e le informazioni che devono essere scambiate per assicurare il corretto recapito dei segnali “client” da un estremo ad un altro di una rete. OTN 10 Si fa riferimento alla struttura OTM riportata in figura che può essere multicanale (OTM-N) o singolo canale (OTM-0) e che deve contenere le informazioni presenti negli strati definiti precedentemente. Essendo questa un’entità logica, deve essere effettivamente mappata sui canali fisici rappresentati dalle varie lunghezze d’onda, le quali trasportano le informazioni dei vari strati più quelle di un canale di controllo, definito come OSC (“Optical Supervisor Channel”). Optical Transport Module (OTM) OTN 11 OCh viene ulteriormente diviso in: - Optical Channel – Payload Unit (OPU); - Optical Channel – Data Unit (ODU); - Optical Channel – Transport Unit (OTU). L’ODU è trasportata in modo trasparente tra i vari domini. Nell’OTN non viene definita una vera e propria gerarchia numerica, anche se vengono definiti alcuni tipi di canale: OCh-1 per segnali “client” sino a 2,5 Gbit/s, OCh-2 per segnali sino a 10 Gbit/s e OCh-3 per segnali sino a 40 Gbit/s. Per approfondire lo studio della interfaccia si fa riferimento alla più generica ONNI (“Optical Network Node Interface”) che comprende sia le IaDI sia le IrDI, definendo le interfacce di tipo 3R. OTN 12 Nella figura successiva viene riportato l’esempio del trasporto di un segnale SDH su rete OTN e il modo in cui il suo traffico viene “rimappato”. Esempio di Collegamento OTN 13 Da un punto di vista architetturale, una rete OTN è costituita da terminali di linea DWDM indicati con OLT (Optical Line Terminal), amplificatori ottici di linea denominati OLA (Optical Line Amplifier), ADM ottici denominati come OADM (Optical Add Drop Multiplexer) e cross-connect ottici o OXC (Optical Cross-Connect). Gli elementi che consentono di “articolare” una rete OTN sono gli OADM e gli OXC che differiscono nel loro funzionamento in quanto: - gli OADM consentono di estrarre un segnale ottico senza demultiplare l’intero segnale DWDM in ingresso all’unità; - il generico OADM ha due interfacce di linea bidirezionali DWDM (estovest) e un certo numero di interfacce “client” bidirezionali per singolo canale; - la funzione di drop permette di estrarre dal flusso DWDM in ingresso un certo numero di canali ottici e di inviare quelli restanti alla funzione di add, che consente di sostituire i canali mancanti con altri dello stesso "colore". OTN 14 Gli OADM posso essere visti come una matrice di collegamento che può essere fissa (OADM fissi) o configurabile (OADM riconfigurabili). Questi ultimi dispositivi sono costituiti in genere da uno o più dispositivi ottici che consentono di estrarre/inserire un canale DWDM. OADM OTN 14 Funzione degli OXC (Optical Cross Connect) è quella di collegare diversi canali fisici e consentire l’intercomunicazione tra i vari canali presenti nelle varie lunghezze d’onda abilitate alla trasmissione. La situazione tipica che si configura prevede diverse coppie di fibre le quali supportano molteplici canali DWDM che vengono interconnesse mediante questi dispositivi che si curano di trasferire le lunghezze d’onda fisicamente su altre coppie di fibra. Il modo in cui tale operazione viene effettuata classifica ulteriormente gli OXC che si dividono secondo la tassonomia seguente: - “Fiber Cross Connect” (FXC) consentono di trasferire diverse lunghezze d’onda da una fibra di ingresso ad una di uscita, comportandosi di fatto come permutatori; - “Wavelenght Selective Cross-Connect” (WSXC) consentono di trasferire sottoinsiemi di lunghezze d’onda da una fibra di ingresso ad una di uscita; - “Wavelenght Interchange Cross-Connect” (WIXC) consentono di trasferire lunghezze d’onda variandone contestualmente il “colore” per risolvere, ad esempio, problemi di contesa. OTN 15 Tipologie di ODXC Struttura di un tipico WSXC. Architettura L'architettura di rete prevede un modello in grado di descrivere sia l'adattamento diretto del segnale digitale “client” in un canale ottico (Optical Channel - OCh), che l'adattamento preliminare del segnale digitale all'interno di trame di struttura più complessa e di bit-rate prefissate (Optical Transport Hierarchy - OTH, gerarchia di trasporto ottico), con un meccanismo analogo a quello dell’SDH. Il modello copre il caso delle reti DWDM di “prima generazione”, già esistenti (denominate pre-OTN), prevedendo il semplice adattamento ottico senza le funzionalità aggiuntive per la supervisione di rete. Secondo la raccomandazione ITU-T G.872, le funzionalità che devono essere fornite dalle reti OTN sono: - trasporto; - multiplexing; - routing; - supervisione; - controllo e verifica delle prestazioni; - sopravvivenza dei segnali “client” mediante meccanismi di protezione e rigenerazione ottica. Trama OTH Le normative G.709 e G.798 definiscono una struttura di trama in cui adattare il segnale digitale in ingresso prima di riconvertirlo in un canale ottico. La struttura di trama è ispirata a quella adottata per le trasmissioni su SDH/SONET e identifica tre entità fondamentali, a ciascuna delle quali sono associate informazioni di servizio per la supervisione e la protezione di rete: - Optical Channel Payload Unit (OPU), che costituisce il primo livello di adattamento; - Optical Channel Data Unit (ODU) , che serve per il routing e il trasporto del segnale verso la destinazione; - Optical Channel Transport Unit (OTU), che costituisce l'adattamento finale prima della conversione elettro-ottica. La trama OTH viene normalmente rappresentata sotto forma di una matrice composta da 4 righe di 4080 byte ciascuna. L'ordine temporale di trasmissione è per righe: prima vengono trasmessi i byte da 1 a 4080 della prima riga, poi quelli da 1 a 4080 della seconda riga e così via. Struttura della trama OTH 1 …. Riga 1 7 Parola di 8 .... 16 OPU overhead Riga 2 Riga 4 15 .. 17 .… 3824 3825 … 4080 OPU payload OTU FEC OTU overhead allineamento Riga 3 14 ODU overhead Il meccanismo di costruzione di una trama OTH segue un processo analogo a quello usato nell'SDH: il segnale digitale “client” costituisce il payload del contenitore OPU, nella cui trama viene adattato. Dato che il segnale in ingresso normalmente non è in fase con la trama dell'OPU, il suo punto di inizio in linea di massima non coinciderà con il primo byte utile del payload ma si troverà in una posizione differente che viene memorizzata nell'overhead associato all'OPU sotto forma di puntatore. L'OPU viene a sua volta adattato, con un procedimento analogo, all'interno della trama di un ODU. L'ODU così ottenuto può essere multiplato ulteriormente con un processo ricorsivo, diventando una parte del payload di un OPU e del relativo ODU di gerarchia superiore. Al termine di questo processo ricorsivo, l'ODU risultante viene a costituire l'OTU, con l'aggiunta dei byte di overhead dell'OTU e, in coda alla trama, del risultato dell'elaborazione dell'algoritmo di Forward Error Correction (FEC) applicato all'intera trama. L'inserzione del FEC è fondamentale perché, basandosi su un algoritmo Reed Solomon sofisticato, consente in fase di ricezione del segnale di individuare e correggere un numero relativamente elevato di errori di linea. Nella pratica, questo consente di allungare le tratte ottiche, dato che gli errori introdotti dal degrado di propagazione e dall'attenuazione del mezzo fisico possono essere compensati tramite il FEC. In questo senso, l'introduzione di una struttura di tipo OTH garantisce un potenziamento in termini dell'uso delle risorse fisiche della rete. Gerarchie di trasporto Lo standard associa a ciascuna entità una serie di bit-rate, con relativa tolleranza, che stabiliscono una gerarchia e prevede la possibilità di multiplare entità di gerarchia inferiore in un'entità di gerarchia superiore, consentendo così di associare più segnali digitali allo stesso canale ottico fisico. Questa gerarchia prende il nome di Optical Transport Hierarchy (OTH, gerarchia di trasporto ottico). Sono previsti cinque livelli di gerarchia, concepiti per un adattamento ottimale ai principali tipi di segnale in uso nelle reti di telecomunicazione: Livello 0, con rate a 1,2 Gb/s (adatto per il trasporto di Gigabit Ethernet) Livello 1, con rate a 2,5 Gb/s (adatto per il trasporto di SDH di tipo STM-16) Livello 2, con rate a 10 Gb/s (adatto per il trasporto di SDH di tipo STM-64 e di 10 Gigabit Ethernet) Livello 3, con rate a 40 Gb/s (concepito per dorsali ad alta capacità, di fatto, sostituisce l'SDH di tipo STM-256) Livello 4, con rate a 100 Gb/s (concepito per dorsali ad altissima capacità, adatto per il trasporto di 100 Gigabit Ethernet) Gerarchia degli OTU Tipo di OTU Bit-rate nominale OTU1 2.666.057,143 kbit/s OTU2 10.709.225,316 kbit/s OTU3 43.018.413,559 kbit/s OTU4 111.809.973,568 kbit/s Tolleranza ±20 ppm In aggiunta a questi livelli a bit-rate prefissata, lo standard definisce anche dei livelli gerarchici “non convenzionali” (ODUflex), che consentono l'adattamento e il trasporto di segnali digitali generici a bit-rate non standardizzate o non prefissate Gerarchia degli ODU Tipo di ODU Bit-rate nominale ODU0 1.244.160 kbit/s ODU1 2.498.775,126 kbit/s ODU2 10.037.273,924 kbit/s ODU3 40.319.218,83 kbit/s ODU4 104.794.445,815 kbit/s Tolleranza Note 1 ±20 ppm Gerarchie per bit-rate speciali ODU2e ODUflex per segnali a bit-rate costante ODUflex per segnali mappati tramite GFP-F (Generic Frame Procedure-Frame mapped) 10.399.525,316 kbit/s 239/238 x bit-rate del segnale ±100 ppm 2 max. ±100 ppm 3 Nota 4 max. ±20 ppm 3 Note: 1. Un ODU0 viene trasportato su un ODU1, ODU2, un ODU3 o un ODU4. 2. Un ODU2e viene trasportato su un ODU3 o un ODU4. 3. Un ODUflex viene trasportato su un ODU2, un ODU3 o un ODU4. 4. La corrispondenza tra bit-rate dell'ODUflex e bit-rate del segnale di ingresso è determinata da una serie di formule matematiche. Gerarchia degli OPU Tipo di OPU Bit-rate nominale OPU0 1.238.954,310 kbit/s OPU1 2.488.320,000 kbit/s OPU2 9.995.276,962 kbit/s OPU3 40.150.519,322 kbit/s OPU4 104.355.975,330 kbit/s Tolleranza ±20 ppm Gerarchie per bit-rate speciali OPU2e 10.356.012,658 kbit/s ±100 ppm OPUflex per segnali a bit- bit-rate del segnale max. ±100 ppm 239/238 × bit-rate dell'ODUflex max. ±20 ppm rate costante OPUflex per segnali mappati tramite GFP-F Modello del livello ottico 1 Nel modello generale dell'OTN, il segnale digitale, che può essere di tipo nativo (SDH, Gigabit Ethernet, Fiber channel, o qualsiasi altro tipo di segnale), oppure pre-adattato in una struttura OTH, viene associato a un canale ottico: questa operazione, tipicamente, comporta anche la conversione del segnale stesso da elettrico a ottico. Ad ogni OCh si associano informazioni di overhead per il monitoraggio e la gestione del livello fisico del trasporto. Gli OCh che condividono lo stesso percorso vengono poi multiplati assieme, secondo la tecnica DWDM, per costituire una Optical Multiplex Section (OMS), che rappresenta l'entità di trasporto tra i nodi terminali dove i singoli OCh, ossia le singole λ, vengono terminate per restituire il segnale digitale originale. Anche all'OMS possono essere associate informazioni di overhead per il monitoraggio e la protezione dell'intera sezione, ossia dell'intero flusso multiplato. Le informazioni di overhead dei singoli OCh e dell'OMS vengono convogliate su una lunghezza d'onda di servizio separata (out of band overhead, che costituisce l'Optical Service Channel o OSC, canale ottico di servizio). Modello del livello ottico 2 Il trasporto fisico del segnale multiplato tra due nodi adiacenti viene modellato tramite l'Optical Transmission Section (OTS), che è composta dall'OMS più le informazioni di overhead specifiche per il monitoraggio e la protezione della tratta fisica. A questa entità funzionale sono associate anche le funzioni di rigenerazione del segnale ottico, di tipo 3R (Reamplification, Reshaping and Retiming, ossia ri-amplificazione del segnale, rigenerazione della forma d'onda e risincronizzazione alla frequenza di bit nominale). Dell'OTS fa parte anche l'OSC contenente gli overhead degli OCh, della OMS e dell'OTS stessa. Il segnale complessivo fisicamente trasmesso in rete, che sarà alla fine composto da n “λ” più l'OSC, viene denominato Optical Transport Module (OTM, modulo di trasporto ottico) di ordine n, abbreviato in OTM-n. Nel caso degenere in cui il flusso multiplato è costituito da un'unica λ - che potrebbe anche non essere "colorata", non necessitando di multiplazione DWDM - OCh, OMS e OTS vengono sostanzialmente a coincidere e si considerano come un'unica entità, l'Optical Physical Section (OPS, sezione ottica fisica). In questa configurazione, il segnale finale trasmesso viene indicato come OTM-0. Il modello è in grado di coprire anche i sistemi DWDM pre-esistenti (i cosiddetti sistemi preOTN), definiti come quelli per cui il segnale in ingresso non subisce nessuna elaborazione, né gli vengono aggiunte informazioni di overhead ma viene direttamente multiplato in DWDM, a meno di una conversione elettro-ottica o di una trasposizione della frequenza ottica ("colorazione" del segnale). OTN pre-OTN OTN completa SDH, GbE, MPLS, ATM, IP, .... Livello digitale OPU OTN ridotta ODU SDH, GbE SDH, GbE OTU Una λ Livello ottico Optical Physical Section (OPS) nxλ OSC n x Optical Channel OCh overhead Pre-OTN (OCh) Optical Multiplex OMS overhead Section (OMSn) Optical Transmission OTS overhead Section (OTSn) OTM-0 OTM-n (n > 1) Pre-OTN Interfacce IrDI e IaDI A differenza del livello digitale, per il livello ottico lo standard non prevede gerarchie, né fissa dei valori per il numero di λ associate a un OTM. Tuttavia, viene fatta una distinzione tra il trasporto all'interno di un dominio di rete (per esempio, all'interno della rete di uno stesso operatore) e il trasporto tra reti di operatori di versi. A questo scopo, lo standard definisce i concetti di Intra-Domain Interface (IaDI) e Inter-Domain Interface (IrDI) rispettivamente. Per le interfacce di tipo IrDI, oltre a definire le caratteristiche di compatibilità a livello fisico, vengono definiti anche degli OTM particolari, caratterizzati da rigenerazione di tipo 3R ad entrambe le estremità, da un numero prefissato di λ e da funzionalità ridotte, ossia senza l'OSC e senza la possibilità di usare per il monitoraggio del livello ottico le relative informazioni. Per le interfacce di tipo IaDI, la rigenerazione di tipo 3R non è obbligatoria ma in compenso l'OTM utilizzato è a funzionalità piena, ossia è presente l'OSC ed è possibile quindi il monitoraggio e la gestione del livello ottico tramite le informazioni di overhead. Rete di Trasporto Telecom Italia I tre livelli di trasporto su cui si articola la Rete di Trasporto Telecom Italia sono: - livello di rete locale: costituisce il livello di raccolta dei flussi provenienti dai nodi periferici (centrali locali oppure stadi di linea) verso i nodi di stadio di gruppo urbano; a tale livello appartengono i nodi utilizzatori, i sistemi trasmissivi che interconnettono i nodi appartenenti allo stesso dominio di commutazione e i portanti utilizzati per la realizzazione dell’infrastruttura trasmissiva non condivisi con le reti regionale e nazionale; - livello di rete regionale: costituisce il livello a cui si assicura la piena connettività regionale, comprende i nodi di transito regionali, i sistemi trasmissivi che collegano i nodi regionali con i nodi della rete locale e i portanti utilizzati dai sistemi trasmissivi nell’ambito regionale; - livello di rete nazionale: costituisce il livello che garantisce la piena connettività su tutto il territorio nazionale; comprende i nodi di accesso alla rete nazionale, quelli di transito sulla rete nazionale e tutti i nodi di immissione verso le dorsali dei Paesi esteri, tutti i sistemi trasmissivi che collegano i nodi della rete nazionale sia tra loro che con i nodi della rete regionale, nonché, i portanti tra i nodi della rete nazionale e quelli della rete regionale. Architettura originaria della rete di transito nazionale SGF (Sistema Gestione Flussi) 1 La Rete di Trasporto Nazionale di Telecom Italia iniziale aveva una struttura a maglia, realizzata in gran parte nel corso degli anni Novanta con sistemi funzionanti in gerarchia plesiocrona (PDH); successivamente la tecnologia sincrona (SDH) soppiantò la precedente, permettendo un uso più efficiente ed affidabile delle risorse di rete. Tale rete magliata è denominata rete SGF, (Sistema Gestione Flussi) che controllava inizialmente il funzionamento della rete stessa. I nodi di tale rete sono equipaggiati con commutatori digitali (DXC, Digital Cross Connect): tali nodi sono interconnessi tra loro tramite sistemi di linea punto – punto costituiti in gran parte da coppie di terminali di linea a 2,5 Gbit/s sincroni o a 565 Mbit/s plesiocroni . La rete nazionale è connessa a quella internazionale mediante dei nodi specifici, denominati A0 ed A2 da cui si dipartono i sistemi di linea internazionali oppure le terminazioni dei collegamenti via satellite, denominate B2. Architettura originaria della rete di transito nazionale SGF (Sistema Gestione Flussi) 2 In Figura viene mostrata la struttura della rete nazionale, specificando il ruolo svolto dalle varie tipologie di nodi della rete magliata, indicati con la sigla A, e le interconnessioni di questi nodi a quelli utilizzatori della rete nazionale non attestati sulla rete magliata, indicati con la sigla B. Architettura della rete di trasporto nazionale Architettura originaria della rete di transito nazionale SGF (Sistema Gestione Flussi) 3 I nodi di tipo A0 ed A1 ospitano permutatori numerici RED (Ripartitore Elettronico Digitale) di tipo 4/4 in grado di permutare flussi a 140 ed a 155 Mbit/s e di tipo 4/3/1, che consentono l’affasciamento dei flussi a ritmo binario più basso (VC-12 = 2240 kbit/s, VC-3 = 48960 kbit/s e VC-4 = 150336 kbit/s), prima del loro invio sui sistemi di linea tra i nodi della rete magliata. Commutatori numerici presenti nei nodi di tipo A1 Architettura originaria della rete di transito nazionale SGF (Sistema Gestione Flussi) 4 Il collegamento delle reti trasmissive regionali alla rete nazionale avviene in due nodi di tipo A1 (Dual Homing) per ciascuna rete regionale, in cui sono presenti commutatori per l’affasciamento dei flussi a bassa velocità (low order), di tipo 4/3/1, ed altri dedicati all’instradamento dei flussi ad alta velocità (high order), di tipo 4/4. La rete magliata nazionale era costituita da vari nodi di tipo A1 di collegamento con le reti regionali e da altri nodi di transito o per il collegamento con l’estero. Tutti i nodi della maglia presentano almeno tre diverse direttrici, al fine di garantire le funzioni di instradamento e di protezione. La rete magliata tra i commutatori di tipo 4/4 ha una granularità di 155 Mbit/s e tutti i flussi a velocità inferiore sono prima affasciati con la catena di multiplazione prevista dallo standard PDH o con le reti regionali SDH. La rete magliata tra i commutatori di tipo 4/4 instrada i flussi a 155 Mbit/s tra origine e destinazione su una sequenza di circuiti tra commutatori adiacenti e l’instradamento avviene per singolo circuito. Evoluzione della rete di trasporto 1 Verso la fine del 1998 è stata avviata la revisione del Piano di Struttura della Rete di Trasporto Nazionale, allo scopo di individuare soluzioni topologiche di rete in grado di ottimizzare l’impiego delle risorse, di realizzare un’effettiva semplificazione gestionale e di esercizio ed infine di migliorare le prestazioni in termini di affidabilità. La revisione ha riguardato principalmente la parte della rete costituita dai nodi di tipo A1 che rappresentano il punto di raccordo tra le reti regionali e quella di lunga distanza. È stato così sviluppato l’obiettivo di una diminuzione dei nodi di transito di tipo superiore e della correlata introduzione, ove necessario, di collegamenti diretti tra questi nodi. Si è pertanto deciso di sostituire la tradizionale rete trasmissiva nazionale magliata con una serie di collegamenti ad anello, contestualmente all’adozione di meccanismi di protezione molto robusti, giustificabili economicamente in virtù dei benefici ottenibili con la realizzazione della nuova struttura. L’introduzione nel nuovo contesto di sistemi a multiplazione densa di lunghezza d’onda (DWDM) è subito apparsa promettente dato che tali sistemi permettono la realizzazione di collegamenti trasmissivi significativamente lunghi e caratterizzati da un’elevata capacità. Evoluzione della rete di trasporto 2 La transizione verso la “nuova” rete è avvenuta in maniera graduale, in base ad un certo numero di passi successivi: I - realizzazione di una dorsale composta da un minor numero di nodi di tipo A1; II - suddivisione dei sopravvissuti nodi nazionali di tipo A1 in due sottoinsiemi, connessi tra loro mediante due reti diversificate logicamente e fisicamente, le quali risultano in prevalenza caratterizzate al loro interno da almeno due percorsi fisici distinti; III - suddivisione del territorio in macro-aree, ciascuna caratterizzata da due nodi nazionali, con una ripartizione in termini di carico dei flussi trasmissivi uscenti da una macro-area mediante i due nodi di competenza; IV - collegamento dei rimanenti nodi nazionali della rete ad una delle coppie di nodi di dorsale attraverso raccordi protetti, realizzati mediante anelli in gerarchia sincrona; V - collegamento dei nodi della dorsale della rete nazionale mediante anelli, come quelli illustrati in Figura. Evoluzione della rete di trasporto 3 Schema degli anelli per la dorsale. Evoluzione della rete di trasporto 4 Schema di principio degli anelli di protezione previsti nella rete tra i nodi di dorsale. La disponibilità di due percorsi fisici distinti per ogni collegamento ha permesso di realizzare anelli di protezione a quattro fibre ottiche, i quali consentono la protezione del collegamento anche da eventualità di guasto doppio. La rete Arianna BroadNet 1 La rete, che è stata realizzata dal 1999 al 2003 e che è il risultato dell’evoluzione della dorsale finora descritta, è denominata Arianna. Nelle Figure seguenti è mostrata schematicamente la sua struttura in termini dei sistemi DWDM e lo schema architetturale. Sistemi DWDM Nx2,5 Gbit/s per il progetto Arianna Bro@dnet La rete Arianna BroadNet 2 Diffusione dei sistemi DWDM per la rete di transito nazionale La rete Arianna BroadNet 3 La rete Arianna si basa su un’architettura di strati ad anelli con capacità di 2,5 Gbit/s dotati di meccanismi di protezione d’anello a quattro fibre. Più in dettaglio, si compone di sei anelli logici di dorsale realizzati tra sedici nodi nazionali con protezione a quattro fibre e da ulteriori anelli in gerarchia sincrona per la raccolta dei segnali dai rimanenti nodi nazionali e dai punti di raccordo con le reti internazionali, con protezione di connessione di sottorete. Parallelamente all’incremento della rete Arianna, Telecom Italia ha poi inserito in rete, in maniera rilevante, sistemi DWDM realizzando un’infrastruttura ad altissima capacità denominata velo ottico nazionale. La rete Arianna BroadNet 4 Inizialmente, verso la fine del 1999, per tale struttura sono stati impiegati apparati WDM di prima generazione (Long Haul - LH), che consentivano il trasporto di 12 canali ottici da 2,5 Gbit/s su una coppia di fibre G.653 (Dispersion Shifted fiber; fibre DS ) o di 16 canali ottici da 2,5 Gbit/s in caso di utilizzo di fibre G.652 (Standard Monomodal fiber; fibre SM); questi sistemi, 75, sono tutti ancora in esercizio. A partire dalla seconda metà del 2001, sono stati installati apparati WDM di seconda generazione (Very Long Haul - VLH), che consentono il trasporto di 40 canali ottici a 2,5 Gbit/s o anche a 10 Gbit/s su una coppia di fibre G.652, G.653 o le più costose G.655 (Non Zero Dispersion fiber; fibre NZD). Il duplice vantaggio della tecnologia WDM consiste nel moltiplicare la banda disponibile superando situazioni di saturazione o di scarsità di fibre ottiche, e permettere una riduzione degli investimenti per unità di banda trasportata. La rete “kaλeidon” Ad inizio 2011 è stata avviata la realizzazione della nuova rete di trasporto nazionale di TI: “kaλeidon”, una rete completamente fotonica in grado di trasportare fino a 80 canali ottici a 40 Gbit/s con meccanismi di protezione e “restoration” a livello fotonico. Con la rete kaλeidon vengono introdotte in Telecom Italia le principali innovazioni tecnologiche riguardanti il trasporto di lunga distanza e la realizzazione di backbone nazionali. I due elementi evolutivi distintivi sono l’aumento della velocità di linea da 80 canali @ 10 Gbit/s a 80 canali @ 40 Gbit/s, con possibilità di evoluzione fino a 100 Gbit/s, e l’introduzione del concetto di flessibilità della rete a livello fotonico, tramite i nodi ROADM Multidegree ed il Control Plane. - Architettura “target”: 44 nodi ROADM Multidegree (fino a 9 degree) in tecnologia WSS (Wavelength Selective Switch). - 70 sistemi DWDM ULH (per un totale di 12.000 km f.o.): ciascun sistema equipaggiato con 80 lambda @40 Gbit/s. - “Rete pronta” per 100 Gbit/s. - Optical Protection e Restoration con Control Plane. Topologia della rete kaλeidon La rete “kaλeidon” 2 Fino ad oggi i sistemi DWDM nazionali (sistemi LH, Long Haul) sono stati realizzati in modalità punto–punto, in configurazione tipica OLT (terminale di linea) nei nodi di terminazione del sistema, OLA (amplificatore di linea) nei nodi intermedi ai soli fini di amplificazione ottica del segnale, e FOADM (OADM fisso), eventualmente presente nei nodi intermedi del sistema, in cui è necessario effettuare l’add-drop di un sottoinsieme determinato e fisso di canali ottici. La nuova rete prevede invece un’architettura a maglia, in cui i nodi della maglia sono equipaggiati con nodi Multidegree ROADM, ovvero apparati riconfigurabili da remoto in grado di realizzare lo switch ed il re-routing di canali ottici su un numero di direzioni variabile (fino ad un massimo di nove) ed in grado di abilitare l’introduzione di meccanismi di “intelligenza” (Piani di Controllo, come ad oggi utilizzati nelle reti IP e SDH), che consentono di implementare meccanismi di protezione e restoration a livello ottico. La rete “kaλeidon” 3 Con kaλeidon è stato introdotto per la prima volta in Italia il concetto di “rete” a livello fotonico . L’elemento chiave che ha permesso tale evoluzione è rappresentato dai nodi ROADM Multidegree, che comprendono la matrice ottica WSS (Wavelength Selective Switch), che permette di effettuare lo switch selettivo delle lunghezze d’onda e di re-instradarle in base ai comandi ricevuti. L’architettura dei nodi è di tipo distribuito: per ciascuna delle direzioni afferenti al nodo (incluse le direzioni destinate ad utilizzo come catena di add-drop locale) è prevista l’installazione di una matrice WSS dedicata; tutte le matrici WSS sono interconnesse tra di loro tramite cablaggi ottici. Da un punto di vista gestionale, l’insieme dei telai e delle matrici WSS afferenti ad un nodo è visto come un unico NE Network Element. Un’architettura di questo tipo, in cui un canale ottico afferente ad un nodo può essere instradato da remoto in maniera automatica su una qualsiasi delle altre direzioni si definisce “directionless”. La rete “kaλeidon” 4 L’altro elemento di novità rispetto alla soluzione DWDM tradizionale è costituito dagli elementi di multiplazione e demultiplazione sintonizzabili in lunghezza d’onda (MUX/DEMUX sintonizzabili), ovvero filtri che, a differenza di quelli comunemente usati (definiti “fissi”), sono in grado di selezionare la lunghezza d’onda. L’architettura di un nodo che è anche equipaggiato (per la sola sezione di add-drop) con filtri sintonizzabili si definisce “directionless e colorless”. In una rete delle dimensioni di quella italiana basata su ROADM Multidegree, la maggior parte delle relazioni di traffico tra una qualsiasi coppia di nodi è realizzata da una coppia di transponder installati nei due end-point del servizio: l’attraversamento dei nodi ROADM intermedi, eventualmente presenti lungo il percorso, è effettuato tramite opportuni switch delle matrici ottiche attraversate, senza la necessità di installare ulteriori transponder. Si evita quindi la rigenerazione back-to-back necessaria quando si transita da un sistema punto-punto ad un altro sistema punto-punto. ROADM: Reconfigurable Optical Add&Drop Multiplexer Un ROADM è definito come un elemento di rete che permette la selezione attiva di inserimento od estrazione delle lambda in un segnale WDM e che consente alle lambda rimanenti di essere consegnate ai nodi delle altre reti in modo trasparente. Il più semplice ROADM ha due porte di linea (est e ovest) che si connettono ad altri nodi e una porta locale (add/drop) che si connette ai transponder locali. Nelle reti odierne, i collegamenti ottici sono tipicamente bidirezionali, perciò ogni porta di linea rappresenta una coppia di fibre. ROADM di secondo grado ROADM 2 Nei ROADM sono presenti i dispositivi WADD (Wavelength Add/Drop Device), che operano la commutazione di lunghezza d’onda, oltre a molti altri sottosistemi, come gli amplificatori ottici, gli apparati/monitor per l’analisi delle prestazioni e i moduli di compensazione della dispersione cromatica. Nel modulo WADD possono essere integrate anche altre funzioni come quelle di multiplazione/demultiplazione di lunghezza d’onda e/o di equalizzazione del canale. I ROADM appena descritti si dicono di grado due. Essi connettono, infatti, un nodo ad altri due nodi (ad est e ad ovest) e sono largamente utilizzati nelle reti ad anello. In esse forniscono i vantaggi derivanti dall’instradamento di lunghezze d’onda operato direttamente nel dominio ottico. ROADM – PXC (Photonic Cross-Connect) Analoghi vantaggi possono essere ottenuti anche nelle reti magliate, dove inevitabilmente esiste la possibilità che un nodo debba essere connesso ad altri tre o più nodi. L’elemento di rete che svolge tale interconnessione è il PXC (Photonic Cross-Connect), un ripartitore interamente ottico. Un esempio di PXC che interconnette segnali WDM su tre linee in fibra ottica è mostrato in figura in cui si nota la presenza di molti degli sottosistemi considerati nei ROADM Struttura semplificata di un ripartitore fotonico (PXC) di terzo grado, costituito da ripartitori di potenza (Power Splitter, PS), da nodi selettivi di lunghezza d’onda (WSS), e amplificatori ottici (OA). ROADM – PXC 2 Il PXC ha tre porte bidirezionali ed ogni porta è connessa con una singola coppia di fibre, ognuna delle quali può trasportare segnali WDM mantenendo la piena “qualità” ottica del segnale necessaria per la propagazione attraverso un’ulteriore cascata di tratte in fibra, di PXC o di ROADM. In un ROADM, invece, è ammissibile che i segnali siano leggermente degradati nella tratta add/drop, poiché il processo di estrazione è seguito immediatamente da una rigenerazione 3R completa. Nelle reti reali, anche un PXC necessita solitamente di una funzionalità di add/drop. Perciò è possibile che una o più porte di un PXC siano connesse ad un banco di transponder, in modo da ottenere un elemento in grado di svolgere sia la funzione di instradamento ottico delle lunghezze d’onda su più (di due) direzioni, sia la funzione di add/drop. Un simile PXC è anche chiamato ROADM multi-degree, il quale combina quindi le funzioni dei PXC e quelle dei ROADM (di grado due). Il grado di un ROADM multidegree è uguale al numero di linee supportate dal ROADM. ROADM 3 Un ROADM si dice pieno se fornisce mu/demultiplazione add/drop per qualunque combinazione di lunghezze d’onda supportate dal sistema, senza alcun vincolo di numero massimo, di numero minimo, o di raggruppamento. Se un ROADM ha accesso solo ad un sottoinsieme di lunghezze d’onda oppure la scelta della prima lunghezza d’onda introduce vincoli su altre lunghezze d’onda che devono essere estratte, esso è detto parziale. La frazione di estrazione (drop fraction) di un ROADM è il numero massimo di lunghezze d’onda che possono essere estratte simultaneamente, diviso il numero totale di lunghezze d’onda di un segnale WDM. Tipicamente la frazione di addizione (add fraction), definita in modo analogo, è uguale alla frazione di estrazione. Se il ROADM è in grado di realizzare la funzionalità di add/drop su qualunque lunghezza d’onda è detto colorless (non colorato). Se una data lunghezza d’onda in add/drop può essere indirizzata su qualunque porta di linea, per esempio est o ovest per un ROADM di secondo grado, essa è detta directionless (senza direzione) o steerable (manovrabile). Tecnologie per ROADM I principali tipi di WADD impiegati sono basati su moduli che effettuano: - “blocco” di lunghezze d’onda a due fibre (Wavelength Blocker - WB); - switch multifibra selettivo in lunghezza (Wavelength Selective Switch - WSS); d’onda - demux/ switch array/mux realizzati mediante PLC (Planar Lightwave Circuit) . Wavelength Blocker (WB) I WB sono elementi costituiti da una fibra d’ingresso e una fibra d’uscita e sono in grado di bloccare o di trasmettere “schemi arbitrari” di canali lambda. Un WB è assemblato mediante accoppiatori di potenza indipendenti dalla lunghezza d’onda. Schema a blocchi di Wavelength Blocker (OCM: Optical Channel Monitor) Wavelength Blocker (WB) 2 I WB più diffusi controllano il fascio luminoso grazie ad array di celle a cristalli liquidi (Liquid Crystals - LC). Schematizzazione di uno switch a cristalli liquidi WB tipici controllano il fascio luminoso mediante array di celle a cristalli liquidi. L’elemento base della tecnologia LC (Liquid Crystals) introduce un ritardo di fase ottico variabile. Se ad esso si combinano dei polarizzatori, si realizza un attenuatore. Wavelength Selective Switches (WSS) Esempio di WSS 1:9 Un’evoluzione della tecnologia WB è rappresentata dai WSS: essi sono elementi “a più fibre” che possono stabilire connessioni da qualsiasi fibra d’ingresso a qualsiasi fibra di uscita, per ogni lunghezza d’onda, indipendentemente. La tecnologia usata originariamente per realizzare WSS è basata su sistemi microelettromeccanici (MEMS), i quali costituiscono ancora la piattaforma più diffusa. Wavelength Selective Switches (WSS) 2 I MEMS sono dispositivi elettromeccanici miniaturizzati. Essi usano dei micro-specchi che, opportunamente pilotati, consentono di direzionare i segnali luminosi da un qualsiasi ingresso ad una determinata uscita. I MEMS possono essere di due tipi: “digitale” o 2-D e “analogico” o 3-D. Digitale o 2-D Analogico o 3-D Schemi di funzionamento dei MEMS: a) digitale o 2-D ; b) analogico o 3-D. Wavelength Selective Switches (WSS) 3 Il tipo 2-D è detto “digitale” perché gli specchi possono trovarsi in due sole posizioni (On-”alzato”/Off-“abbassato”). Quando lo specchio è in posizione On si trova a 45° rispetto al raggio di luce incidente e lo devia di un angolo di 90° rispetto alla direzione di incidenza. Il tipo 3‐D è detto “analogico” perché ogni percorso che connette un dato input con un determinato output è stabilito variando l’angolo di tilt di almeno due specchietti indipendenti che possono ruotare liberamente su due assi e possono realizzare un qualsiasi percorso ottico nello spazio. Gli attuatori che consentono il movimento degli specchi possono essere di tipo elettrostatico, elettromagnetico oppure termico. I MEMS consentono di implementare la funzione di Add/Drop. Micro-specchio ingrandito (a sinistra) e confronto specchio-cruna ago (a destra). Wavelength Selective Switches (WSS) 4 La tecnologia MEMS 2‐D permette di realizzare elementi a “singolo stadio” 32x32. Per ottenere switch con più porte occorre realizzare configurazioni multi-stadio. Il numero massimo di porte raggiungibile è di circa 1000. Il fattore limitante per questa tecnologia è rappresentato dalla perdita d’inserzione che, teoricamente, può essere compensata mediante amplificazione ottica. L’uso di amplificatori ottici incrementa il costo complessivo del sistema, introduce rumore ed inoltre occorre tener conto che il guadagno dell’amplificatore dipende dalla potenza complessiva dei segnali da amplificare. Per elevate potenze in ingresso, l’amplificatore tende ovviamente a saturare. Wavelength Selective Switches (WSS) 5 I MEMS 3‐D consentono di realizzare singoli stadi con più di 1000 porte. Naturalmente la loro complessità e il loro costo sono superiori rispetto ai 2-D poiché richiedono un sistema di controllo reazionato per garantire la stabilità della posizione degli specchi quando il sistema è soggetto a disturbi. Essi hanno basse perdite, tempi di commutazione molto buoni, consumano poca potenza e sono scalabili. Inoltre non presentano il fenomeno della PDL (Polarizarion Dependent Loss) e hanno bassa crosstalk. Il problema principale dei MEMS riguarda la loro fabbricazione, la produzione dei micro-specchi, il loro assemblaggio e gli algoritmi di controllo della posizione degli specchi. Planar Lightwave Circuit (PLC) WADD basati su tecnologia PLC Sono stati condotti studi sull’utilizzo di PLC nei WADD: è emerso che con più di 40 canali la capacità di sviluppo in cascata costituisce un limite per tale tecnologia. Sistema 1626LM Alcatel-Lucent L’apparato alla base della nuova rete fotonica kaλeidon è il sistema ottico trasmissivo DWDM 1626LM del fornitore Alcatel-Lucent. Esso può essere configurato come ROADM multidegree, colorless e directionless. Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 2 Il sistema 1626LM può costituirsi nei seguenti elementi di rete: 1) Terminale di Linea Ottico (OLT – Optical Line Terminal); 2) Multiplatore Add/Drop Ottico (OADM – Optical Add/Drop Terminal); 3) Ripetitore di Linea (ILA – Line Repeater); 4) Multiplatore Add / Drop ottico Tunabile e Riconfigurabile (TROADM – Tunable and Reconfigurable Optical Add/Drop Multiplexer ) o PXC (Photonic Cross Connect). Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 3 - L’OLT presenta un “lato tributario” e un “lato linea”. Nel lato tributario sono presenti delle unità, dette transponder, che ricevono/restituiscono i segnali SDH (Client) che si intende trasmettere in linea. È possibile trasmettere fino a 40 canali SDH Client. Nel lato linea sono presenti unità costituite da amplificatori e preamplificatori. - L’OADM presenta un lato tributario e due lati linea. Consente l’estrazione/inserzione dei 40 canali trasmessi in linea, oltreché realizzare l’amplificazione del segnale WDM trasmesso in linea. - L’ILA presenta due lati linea. Esso provvede all’amplificazione del segnale WDM trasmesso in linea utilizzando unità costituite da amplificatori e preamplificatori. - Il TROADM è un OADM riconfigurabile che può vedere più delle solite due direzioni (west/east) e che, grazie ad una matrice ottica della quale è dotato (WMAN9199), è in grado di indirizzare i flussi trasmissivi su ciascuna direzione in modo flessibile, senza richiedere alcun intervento sull’hardware ma semplicemente “comandando” la matrice stessa da remoto. Inoltre, sempre da remoto, è possibile assegnare a ciascun transponder la frequenza voluta. Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 4 Descrizione generale del PXC Il PXC, ovvero TROADM (Tunable and Reconfigurable Optical Add&Drop Multiplexers), è un apparato DWDM in grado di inserire/estrarre fino a 80 lunghezze d'onda (con spaziatura tra i canali pari a 100/50 GHz) e che può essere terminato su un numero di direzioni superiore a due (nodo). La matrice di cui è dotato (WMAN9199) permette, da remoto, di variare quali e quanti flussi trasmettere/ricevere per ciascuna direzione. Le interfaccie Client (transponder e mux-demux TDMX) sono tunabili da remoto. Nel PXC si possono funzionalmente distinguere le parti sulle quali sono attestate le varie direzioni della linea, le parti che estraggono e inseriscono localmente i flussi e le parti che interfacciano questi flussi verso i client: - Connectivity shelf: uno per ciascuna direzione (un master per una direzione e uno slave per ciascuna delle altre direzioni) per attestare le varie direzioni della linea; - Multidirectional Add/drop shelf-:uno per un massimo di 80 canali per inserirli / estrarli localmente; - Transponder shelf: uno per 8 transponder a 10 Gbit/s e uno per <8 transponder a 40 Gbit/s per realizzare l’interfacciamento verso i client. Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 5 Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 6 Le unità caratteristiche del PXC sono le seguenti: - WMAN9199 unità matrice (monodirezionale) con 9 porte di ingresso e 1 porta di uscita; - OCNC1290 unità splitter (monodirezionale) 1:9 con 1 porta di ingresso e 9 porte di uscita (Splitter 1:9); - TDMX1180 unità demux (monodirezionale) 1:8 tunabile (ciascuna delle 8 porte può assumere una frequenza propria assegnata da remoto); - OADC1300 unità splitter (bidirezionale) 1:8 con 1 porta di ingresso e 8 porte di uscita. Il sistema può essere utilizzato su fibre singolo modo di tipo G.652 e G.655. Nel PXC sono altresì presenti dei moduli DCU per la correzione della dispersione cromatica. Sistema 1626LM Alcatel-Lucent 7 I segnali Client accettati dalle interfacce tributarie (transponder) del PXC 1626LM sono del tipo: • 2,5 Gbit/s; • 10 Gbit/s; • 40 Gbit/s; •10 Gbit/s Ethernet LAN. Le interfacce tributarie (transponder) del PXC sono: • Tp 40 G • Muxp 4x10 G •Tp 10 G •Muxp 4x2,5 G •Muxp 12xGbe, come mostrato in Figura.