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Il
Business Plan
Antonio Borello - Il business plan 3/ed
Copyright © 2005 - The McGraw-Hill Companies S.r.l.
definizione
Business plan
Uno studio che include:
• l’analisi di mercato, del settore e della concorrenza
• il piano sviluppato dell’azienda su come
presentarsi, con quali prodotti/servizi, perseguendo
quali strategie, attraverso quale organizzazione.
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introduzione
Business plan…
…uno strumento di pianificazione operativa e al contempo
strategica necessario a:
– definizione di visione e obiettivi imprenditoriali
– comprensione ambiente esterno all’impresa
– analisi della fattibilità economica e finanziaria del progetto
– pianificazione delle strategie e determinazione del piano
operativo
– utilizzo del budgeting e analisi degli scostamenti per il
controllo dei risultati dell’investimento
– definizione dell’assetto organizzativo necessario
– accesso alle fonti di finanziamento
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accezione di un piano
Comprendere l’estensione e i citati ambiti applicativi di un
piano d’impresa significa andare al di là dell’accezione
ristretta che comunemente viene assegnata ad un business
plan, ossia di…
strumento di presentazione di un progetto
finalizzata al reperimento dei capitali
mentre in realtà si pone come strumento gestionale, che
accompagna la vita di una impresa anche ben oltre le fasi di
start-up
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fasi di un piano
Nella sua accezione allargata, infatti, il business plan ha al
contempo la natura di:
» Piano di fattibilità economico-
Business
Plan
(accezione
allargata)
finanziaria
» Piano di presentazione e sviluppo del
progetto (accezione ristretta di business
plan)
» Piano operativo
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a chi si rivolge
Il business plan è strumento con due funzioni:
1
Valutazione delle potenzialità di un progetto di
investimento (per una start-up) o supporto alla gestione
corrente del business (per aziende avviate). Misurando la
sostenibilità finanziaria ed economica dell’attività,
guidando l’implementazione del piano operativo
d’impresa e stimolando il contributo e l’adesione alla
mission aziendale di tutto il personale
FUNZIONE INTERNA
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a chi si rivolge
2
Presentazione del progetto ad interlocutori esterni per
l’ottenimento dei fondi necessari all’avvio delle
operazioni. Il concetto di “esterni” si riferisce a persone
che non hanno seguito il piano e che devono valutarlo al
fine di un apporto di capitali (può infatti capitare che gli
interlocutori appartengano alla medesima impresa, come
nei casi di sottoposizione di business plan “interni” al
Consiglio di amministrazione di grandi società).
FUNZIONE ESTERNA
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tipologie di business plan
Alla luce delle considerazioni su funzione e ambiti di
applicazione, il business plan è strumento utile alle seguenti
attività di analisi aziendale:
–
–
–
–
–
–
–
Fattibilità di un investimento
Richiesta di finanziamento
Analisi di mercato (domanda e offerta)
Valutazione di azienda
Pianificazione strategica
Budgeting
Pianificazione operativa
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cosa cambia con la new economy
Il business plan, o meglio l’attività di business planning, non
viene a modificarsi di fronte ad iniziative Internet based. La
percezione dell’esigenza di un diverso modo di pianificare è
erroneamente indotta dal fatto che:
• le attività digitali richiedono un approccio
gestionale differente, sotteso ai cambiamenti di
logiche competitive e di consumo;
• le varie sezioni di cui si compone un business plan
possono assumere importanza diversa rispetto ad
una analoga attività off-line (la struttura stessa del
piano, come vedremo, si modifica lievemente nella
sezione dedicata al piano operativo).
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alcune regole di redazione
A prescindere dalla bontà del progetto, un business plan, che
si rivolga ad un pubblico “interno” (strumento di guida
gestionale) o “esterno” (biglietto da visita di un progetto),
deve rispettare alcune semplici regole di redazione:
– uno stile semplice ed essenziale
– un dosato impiego di grafici e tabelle
– rimandare in allegato documenti che descrivono in
modo esteso alcuni aspetti (in genere tecnici), sempre
che la loro presenza sia ritenuta fondamentale
– esplicitare sempre le ipotesi su cui si fonda il piano
– coinvolgimento diretto di imprenditore/manager
– contenere informazioni veritiere, accurate ed utili
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la struttura di un business plan
Un piano di impresa si compone di due macro-aree: la parte
descrittiva e quella economico-finanziaria.
Sezione descrittiva: oltre alla presentazione della natura e
finalità del progetto, deve comprendere elementi quali la
visione imprenditoriale di fondo, l’analisi del mercato e della
concorrenza, la descrizione dei prodotti/servizi offerti, il piano
strategico ed operativo dell’investimento;
Sezione economico-finanziaria: contiene le proiezioni di
calcolo, ossia le stime di rendimento economico e di
performance finanziaria del progetto. In ultimo, il ritorno
atteso del capitale investito sia per i promotori dell’iniziativa
che per gli eventuali finanziatori.
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executive summary
Nel caso di predisposizione di un piano economico-finanziario
da presentare ad interlocutori esterni, può risultare utile
redigere altresì un sintetico (due/tre pagine) documento che
anticipi le linee essenziali di contenuto e finalità del
business plan.
Occorre prestare molta cura nella preparazione
dell’executive summary, in quanto costituisce la prima
“vetrina” del progetto e trasmettere così da subito una buona
o cattiva impressione dello stesso.
Inoltre, poiché ha l’obiettivo di riportare i tratti salienti del
business, può servire come guida durante la redazione, una
sorta di indice da usare durante la stesura del piano.
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introduzione al piano e mission
E’ il modo corretto per partire. Descrivere la finalità del
piano, l’obiettivo che si prefigge chi scrive nel presentare i
risultati dello studio effettuato.
Facendo seguire a questa breve introduzione quello che nei
paesi anglosassoni si definisce mission statement, ossia il
messaggio contenente natura e finalità dell’attività aziendale.
Anche se non esiste una formula standard, questa definizione
dell’obbiettivo deve contenere:
• benefici dell’offerta (per il consumatore)
• target di clientela
• politica di pricing adottata
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Capitolo 1
1. Descrizione del business
Obiettivo di questa sezione è quello di descrivere l’ambiente
in cui l’azienda opera o andrà ad operare da un lato, e di
come la stessa intenda posizionarsi nel mercato in termini di
offerta e posizionamento competitivo.
Affrontando, in quest’ordine, i seguenti temi:
•
•
•
•
analisi dell’azienda
analisi del prodotto/mercato
analisi del settore
le strategie aziendali
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Capitolo 1
1.1 analisi dell’azienda
Qualora il piano sia riferito ad una impresa già operante
sul mercato, occorre da subito introdurre il lettore alla sua
storia, fornendo elementi quali l’anno di avvio, l’assetto
proprietario (nel tempo), la forma legale, le competenze
maturate, l’attività tipica, etc…
Non dimenticando altresì di citare eventi di carattere
straordinario (cessioni, cambi direttivi…) che hanno
interessato l’azienda, e se e in che modi la stessa appartenga
ad un gruppo industriale e/o finanziario.
Nei casi invece di una nuova realtà, occorre descrivere i
partecipanti all’iniziativa e lo stadio di sviluppo delle attività in
corso.
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Capitolo 1
1.2 analisi del prodotto/mercato
Dopo aver tracciato il profilo dell’azienda o dei promotori
dell’investimento, si passa a descrivere l’offerta alla base
dell’idea di business.
Occorre tuttavia associare i prodotti/servizi al target cui
gli stessi sono indirizzati.
Con il vantaggio di considerare l’offerta come strumento di
soddisfazione di un bisogno di mercato. Oltre a evitare una
defocalizzazione della propria azione imprenditoriale, nel
comune errore di considerare la propria offerta valida “per
tutte le stagioni”. In altri termini, attrattiva per molti
consumatori con caratteristiche e bisogni differenti tra loro.
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Capitolo 1
1.2 analisi del prodotto/mercato
Occorre così procedere alla segmentazione della domanda,
ossia analizzare il bacino dei consumatori ed individuare dei
parametri utili ad una analisi dei loro bisogni e motivazioni di
acquisto. Per i beni di consumo, si fa riferimento ad una
classificazione basata sui quattro livelli:
– socio-demografico, allorché siano considerate caratteristiche
demografiche, quali età o sesso, econo-miche, quali il reddito, o
geografiche, quali aree territoriali;
– psicografico, se l’analisi del target si concentra su elementi
quali bisogni, motivazioni di acquisto, valori;
– vantaggi perseguiti, basata sulla valutazione dei vantaggi
percepiti dal prodotto da parte del consumatore;
– comportamentale, basa sul comportamento di acquisto
manifestato dai diversi gruppi di consumatori.
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Capitolo 1
1.2 analisi del prodotto/mercato
Il processo di analisi ed individuazione del target consente di
studiare come la propria offerta è in grado di soddisfare le
attese del mercato (la domanda) ed esattamente a chi è
rivolta (il target). Dall’associazione di prodotti/servizi ad una
determinata fascia di clientela nascono le aree di affari,
ossia le aree con cui è possibile scomporre l’attività d’impresa.
Per essere efficaci, tuttavia, è necessario che le stesse siano:
• significative, ossia di dimensioni economiche tali
da giustificare la focalizzazione aziendale;
• accessibili, vale a dire efficacemente
(economicamente) raggiungibili dall’impresa.
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Capitolo 1
1.3 analisi del settore
Il focus dell’indagine si sposta ora sulle caratteristiche
dell’offerta, cioè sui competitori, sulla struttura dei canali
distributivi e sul mercato di approvvigionamento.
L’analisi deve svolgersi sia in chiave storica che prospettica:
anzi è proprio lo studio dell’evoluzione dell’offerta (in
relazione alla domanda) a fornire utili indicazioni sugli scenari
competitivi attesi.
In questo senso, occorre innanzitutto domandarsi in quale
settore si opera o si va ad operare, per capirne il
ciclo di vita.
Come per i prodotti, infatti, anche i settori conoscono fasi di
vita quali la nascita, lo sviluppo, la maturità e il declino. Ogni
fase impone infatti logiche competitive differenti.
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Capitolo 1
1.3 analisi del settore
In merito allo studio delle caratteristiche dell’offerta, occorre
affrontare uno studio sul posizionamento delle imprese
utilizzando:
• variabili di analisi che segmentino in questo caso
la struttura dell’offerta (specializzazione, marca
commerciale, integrazione verticale, etc., si veda
Paragrafo 1.3.2)
• una matrice (pervasività tecnologica/valenza
commerciale, riportata nella slide successiva) che
chiarisca l’impatto delle nuove tecnologie sui player
esistenti e sulle reali barriere di ingresso dell’arena
competitiva.
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Capitolo 1
1.3 analisi del settore
Matrice
Valenza
commerciale
(motivazioni di acquisto,
fiducia, caratteristiche
dell’offerta)
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Alta
Bassa
Internet
companies
Internet
companies
Bassa
(produzione, logistica,
marketing, vendita)
Alta
Pervasività delle tecnologie
Pervasività delle
tecnologie
Valenza commerciale
Società
tradizionali
1
4
2
3
Società
tradizionali
Società
tradizionali
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Capitolo 1
1.3 analisi del settore
Dopo aver esaminato la struttura e le caratteristiche del
settore, occorre passare all’analisi dei competitori,
suddividendoli in funzione della vicinanza al mercato target
della propria iniziativa. Avremo così:
• concorrenti diretti / indiretti, a seconda che
mirino a soddisfare esigenze di consumo simili o
meno del target;
• concorrenti diretti primari, secondari… classificati
in funzione della vicinanza al mercato di utenza;
• concorrenti inter o intra-channel, ossia tra player
più o meno focalizzati su attività fisiche o digitali.
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Capitolo 1
1.3 analisi del settore
In ultimo, per completare l’analisi, bisogna concentrarsi sui
mercati di approvvigionamento da un lato, e quelli di sbocco
dall’altro. Studiando in definitiva struttura e caratteristiche dei
fornitori a monte e dei canali distributivi a valle.
E’ possibile a questo punto procedere alla costruzione di
mappe competitive, con la scelta di opportune variabili di
classificazione in grado di determinare le caratteristiche della
strategia di mercato dei concorrenti
l’impresa può così verificare l’adeguatezza e l’efficacia di
una determinata strategia, oltre all’esistenza di
opportunità di mercato latenti
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Capitolo 1
1.4 le strategie
Un’impresa deve esplicitare in questa sezione l’insieme delle
strategie esplicite o implicite che adotta o intende
adottare sul mercato come al suo interno (organizzazione).
In genere, strategia più o meno implicita è quella che attiene
ai valori, le idee e gli atteggiamenti del suo personale, ossia la
cultura aziendale. Definita dalla dottrina come
ORIENTAMENTO STRATEGICO
DI FONDO
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Capitolo 1
1.4 le strategie
L’orientamento strategico di fondo si compone di tre
aree interagenti:
– Impostazione organizzativa: il peso assegnato alle
risorse umane, la definizione di funzioni e ruoli
organizzativi, i meccanismi organizzativi di
riconoscimento;
– Filosofia gestionale: la sfera di idee, atteggiamenti e
motivazioni che guidano gli uomini d’impresa nelle
relazioni aziendali interne ed esterne;
– Obiettivi di fondo: ossia le ambizioni e aspirazioni in
termini di performance qualitativa e quantitativa e il
bilanciamento tra i due obiettivi aziendali di successo
sociale e reddituale.
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Capitolo 1
1.4 le strategie
Le strategie aziendali sono individuate da quel connubio di
azioni ed atteggiamenti volti a conseguire il successo
aziendale in senso esteso (e dunque non solo in termini di
profitto). Occorre così esplicitare il piano di impresa circa:
• le strategie sociali, ossia fini ed obiettivi delle politiche di
relazioni interne ed esterne all’impresa;
• le strategie competitive, in termini di posizionamento
rispetto ai competitori, di ricerca di leve di differenziazione, di
ottenimento di vantaggi concorrenziali sostenibili e durevoli.
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Capitolo 1
1.4 le strategie
Le strategie competitive, a loro volta, si dividono tra
strategie a livello azienda e a livello di area di affari . Tra le
prime abbiamo:
le strategie organizzative, attinenti alla definizione della
struttura aziendale adeguata alle esigenze di mercato;
• le strategie produttive, con scelte in tema di make or buy,
tecnologia adottata, processi, logistica;
• le strategie economico-finanziarie, miranti ad obiettivi di
razionalizzazione patrimoniale, di ottimizzazione della
struttura del capitale, bilanciamento finanziario;
• le strategie di Comunicazione, consistenti nella strategia
di comunicazione verso l’esterno, suddividibile tra
comunicazione di azienda e quella di offerta (in realtà
quest’ultima appartiene al livello di area di affari).
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Capitolo 1
1.4 le strategie
Coerentemente alla individuazione delle aree di affari, e
dunque alla scomposizione dell’azione imprenditoriale a livello
di sotto-unità di business, le strategie competitive devono
essere “segmentate”.
Occorre, in altri termini, esporre in ultimo come l’iniziativa
intenda sviluppare la sovraordinata strategia competitiva
aziendale nelle singole aree di affari, con il risultato di
evidenziare le sue
STRATEGIE DI AREE DI AFFARI
utili per la traduzione della visione strategica in piani operativi
concreti oltre che a porsi in grado di misurarne l’efficacia
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Capitolo 1
1.4 le strategie
Le strategie di aree di affari, invece, si possono ricondurre
alle seguenti strategie:
• le strategie copertura del mercato, attinenti alla
definizione dei confini dell’azione commerciale di ciascuna
linea di business, attraverso attività e scelte di segmentazione
e presidio territoriale;
• le strategie di offerta, che fa leva su due dimensioni
dell’offerta, le funzioni di prodotto e il livello di servizio,
attraverso le quali definire il livello di personalizzazione
dell’offerta rispetto alle esigenze della clientela target.
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Capitolo 2
2. Il piano operativo
Completata la presentazione ed analisi dello studio sulla
propria offerta, sul settore, sulle proprie strategie, il piano di
impresa deve ora abbandonare la dimensione strategica per
passare alla dimensione operativa.
In pratica, deve esplicitare le modalità concrete del suo piano
di sviluppo sul mercato su temi quali:
» localizzazione
» produzione & macchinari
» logistica
» piano di marketing
» break-even operativo
» budget di marketing
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Capitolo 2
2.1 la localizzazione
A seconda dell’attività, l’impresa deve esporre le scelte di
localizzazione commerciale e produttiva, sottolineando le
motivazioni che hanno determinato la soluzione adottata.
Tra queste possiamo annoverare, rispettivamente:
• scelte commerciali - vicinanza al mercato di consumo,
coerenza con le esigenze del target, pubblicità indotta, etc..
• scelte produttive - esigenze di approvvigionamento,
disponibilità di manodopera, vicinanza ad infrastrutture di
comunicazione o a fonti di know-how, etc..
Precisando che questa analisi deve considerare, oltre alla
situazione esistente, anche la prevedibile evoluzione dei
fattori esterni in grado di modificare il contesto.
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Capitolo 2
2.2 la produzione
Altro tema è quello della produzione, in cui l’obiettivo di
analisi si deve soffermare su aspetti quali:
• la descrizione del processo di trasformazione
adottato
• le caratteristiche in termini di benefici ma anche di
complessità (ed eventuale rischiosità) del processo
• i previsti meccanismi di controllo qualitativo
• il lay-out produttivo
• i macchinari necessari al raggiungimento degli
obiettivi quali-quantitativi dell’output
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Capitolo 2
2.1-2* localizzazione e produz.
Una peculiarità deve essere evidenziata in questa sezione per
attività Internet based, tale per cui è forse l’unico punto del
processo di pianificazione che può seguire una struttura di
analisi oltre che espositiva differente.
Localizzazione e produzione sono infatti temi specifici alla
tipologia di attività svolta, e così per le realtà on-line, dove:
• i locali fisici lasciano (anche se talvolta non
completamente) lo spazio ai locali virtuali (frontend);
• l’impianto di produzione alla infrastruttura
tecnologica del sito (back-end).
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Capitolo 2
2.1-2* localizzazione e produz.
In merito al front-end l’imprenditore deve descrivere
l’ambientazione del luogo virtuale che costituirà il punto di
vendita della sua offerta.
In particolare, si dovrà soffermare su:
– contenuto, in termini di mera esposizione dei
prodotti/servizi offerti, raggruppati in categorie
omogenee e all’interno di una mappa;
– stile, coerente all’immagine e agli obiettivi di marketing;
– funzionalità, come insieme delle caratteristiche grafiche
e tecniche che consentono di massimizzare aspetti quali
la facilità di accesso, di navigazione, di trasmissione e
scarico di informazioni.
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Capitolo 2
2.1-2* localizzazione e produz.
Il back-end, invece, al par dell’area produttiva di una società
industriale, comporta uno studio a livello:
– tecnologico, volto a definire hardware e software
necessari all’attività aziendale e il supporto per la
gestione corrente;
– produttivo, mirante ad analizzare il flusso di erogazione
dei prodotti/servizi;
– informativo, per temi quali l’implementazione e l’utilizzo
di database di dati.
Inoltre, l’analisi deve chiarire l’attitudine dell’infrastruttura ad
essere ampliata nel tempo (scalability tecnologica), il piano di
protezione tecnologico ed organizzativo adottato e i sistemi di
pagamento previsti per le transazioni monetarie.
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Capitolo 2
2.3 la logistica
Altro tema che deve essere affrontato è la logistica, in una
analisi che dovrà concentrarsi su aspetti quali:
– la movimentazione, ossia i mezzi impiegati nel
trasporto, le risorse umane dedicate, la gestione dei
flussi informativi, la velocità di consegna,…
– il magazzino, tra cui descrizione e caratteristiche dei
locali dedicati e della merce stoccata, la capacità residua
in ipotesi di crescita…
– la distribuzione, ossia la scelta dei canali distributivi
adottata.
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Capitolo 2
2.4 il piano di marketing
In questa sezione, compito di chi effettua questo processo di
pianificazione è quello di dimostrare come intende tradurre le
strategie competitive in un concreto piano delle vendite. Per
ottenere questo risultato, occorre affrontare le seguenti fasi:
1) Esplicitare gli obiettivi di marketing, ossia chiarire gli
obiettivi quali-quantitativi della politica commerciale, anche al
fine di utilizzarli come dati comparativi per il rilevamento della
performance di mercato (in questo senso dovrebbero essere
esplicitati a livello di area di affari).
Nelle Internet companies, obiettivi di marketing critici al
raggiungimento delle economie di scala (della rete) sono la
dimensione dell’attività e il tasso di fidelizzazione della
clientela.
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Capitolo 2
2.4 il piano di marketing
2) Verificare la coerenza delle strategie commerciali correnti
non solamente con la politica di marketing ma soprattutto con
le complessive strategie aziendali, da quella competitiva a
quella sociale.
3) Definire le leve di marketing-mix, dal prodotto
(servizio) al prezzo, promozione / pubblicità e canali di
distribuzione / vendita. Vediamole distintamente.
Prodotto/servizio
Al di là di quanto enucleato circa l’offerta nel capitolo 1, si
tratta di approfondire aspetti quali la produzione fisica, la
creazione degli accessori di prodotto (es., assistenza postvendita) e la commercializzazione.
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Capitolo 2
2.4 il piano di marketing
Prezzo
Elemento fondamentale nella politica di marketing, per
essere correttamente determinato deve tenere in
considerazione i seguenti aspetti:
A livello
•
•
A livello
•
•
di prodotto
elasticità/rigidità della domanda
percezione della componente prezzo
di azienda
struttura dei costi
piano delle vendite e livello di profitto atteso
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Capitolo 2
2.4 il piano di marketing
Prezzo (segue)
Per il prezzo esiste un limite inferiore al di sotto del quale
l’azienda non dovrebbe spingersi se non vuole incorrere in
sicure perdite economiche. Ossia il costo variabile totale.
Tuttavia, si possono riscontrare casi estremi in cui l’impresa
evidenzi nel piano come intenda spingersi al di sotto di
questa soglia, ed operare così in perdita.
Ad esempio, per motivi di redditività complessiva (ossia
incorrere in perdite con un prodotto per spingere le vendite
di un altro prodotto ad offerta complementare), o infine per
motivi strategici (innalzare barriere all’ingresso).
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Capitolo 2
2.4 il piano di marketing
Pubblicità/promozione
Ossia la complessiva politica di comunicazione volta ad
influenzare le attitudini di consumo. Tra esse, il piano deve
esplicitare come l’impresa intende muoversi in termini di:
Pubblicità diretta - ossia la comunicazione che ha per
tema l’azienda e i suoi prodotti, e che sfrutta i media
(radio, Tv, giornali, riviste), i canali diretti (volantini,
posta, telefono) o una forma ibrida quale il Web.
Pubblicità indiretta - forma di comunicazione che si
indirizza all’oggetto da promuovere come riflesso di
un evento esterno (il caso classico è la
sponsorizzazione).
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Capitolo 2
2.4 il piano di marketing
Promozione - circoscritta a tutte quelle forme di
incentivazione non ordinarie, quali sconti di lancio di
prodotto, coupon di acquisto, campioni gratuiti..
Merchandising - nell’accezione di strumenti volti a
valorizzare la visibilità dell’offerta e l’esposizione dei
prodotti in vendita.
Canali di distribuzione/vendita
Esplicitando non più la scelta del canale distributivo, ma
illustrando come tale scelta sia coerente al target, alla
politica commerciale e agli obiettivi economici prefissati.
Operazione possibile affrontando le seguenti tematiche:
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Capitolo 2
2.4 il piano di marketing
Canali di distribuzione/vendita (segue)
Costo/benefici - ossia soppesando i benefici
commerciali di una determinata scelta con i relativi
costi;
Caratteristiche del prodotto - idoneità della soluzione
distributiva rispetto alla proprietà dei prodotti;
Caratteristiche del mercato - situazione di contesto e
verifica della disponibilità/accesso ad un canale;
Strategia di marketing-mix - coerenza della scelta
rispetto alle altre leve di marketing.
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Capitolo 2
2.4 il piano di marketing
3bis) Definire le leve di marketing-mix per le attività
Internet, riassunte in prodotto (servizio), assistenza
all’utenza, prezzo, promozione / pubblicità, accessibilità /
navigazione, personalizzazione / interazione.
Prodotto/servizio
Rispetto alle realtà off-line, in genere il peso delle
componenti accessorie diviene più rilevante: per es., i
prodotti e servizi liberamente erogati per attrarre traffico o
per ottenere informazioni sui consumatori.
Assistenza all’utenza
Occorre illustrare gli strumenti studiati per assistere in ogni
fase di interazione i clienti e i navigatori (FAQ, email,
numero verde o chat, formazione del personale..)
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Capitolo 2
2.4 il piano di marketing
Prezzo
Verifica della strategia di prezzo rispetto alla sovraordinata
politica di marketing, alla luce di una elasticità media dei
prodotti offerti in rete in genere più alta.
Promozione / pubblicità
Si tratta di esplicitare le azioni pubblicitarie on-line che si
intendono perseguire unitamente o meno all’impiego di
canali off-line. Per es., motori di ricerca, messaggi email, link
da siti web, segnalazione a comunità, pubblicità cartello
(banner). Oltre ad eventuali iniziative promozionali descritte
in precedenza nelle leve off-line.
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Capitolo 2
2.4 il piano di marketing
Accessibilità / navigazione
Studio della struttura del sito, livelli di accesso,
ambientazione e profili di navigazione, coerentemente ad
aspetti quali design/posizionamento offerta e funzionalità.
Personalizzazione / interazione
L’imprenditore deve chiarire se e in che modo intende
perseguire una politica di personalizzazione dell’offerta
(mediante la quale individuare profilo ed attitudini del
consumatore) offrendo leve di erogazione di servizio
taragettizzate. Inoltre, se sarà data la possibilità a chi
naviga di interagire e di comunicare attivamente.
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Capitolo 2
2.4 il piano delle vendite
4) Occorre a questo punto sviluppare un piano delle
vendite, operando una scelta in termini di
TECNICA di INDAGINE
e
LIVELLO di ANALISI
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Capitolo 2
2.4 il piano delle vendite
Tecnica di indagine
Differenti metodologie di analisi utili al calcolo delle
previsioni di vendita, riassumibili nel seguente schema:
Tecniche
Estrapolazione storica
Trend settoriale
Fattori di mercato
Ritorno di marketing
Indagini di mercato
Stime di manag., dip. e esperti
* prevalenti
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Natura*
Qualitativa Quantitativa
x
x
x
x
x
x
Base di indagine*
Passato
x
x
x
x
x
Futuro
x
x
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Capitolo 2
2.4 il piano delle vendite
Tecniche con base di indagine prevalente nel passato
Si tratta di metodi di stima che fanno riferimento
all’andamento passato di variabili interne o esterne, quali:
• i dati aziendali (estrapolazione storica), nella
considerazione dei tre elementi di trend di base,
ciclicità e stagionalità;
• i dati di settore (trend settoriale), parametrando i
passati tassi di crescita del mercato dell’offerta allo
sviluppo atteso nel futuro (formula del CAGR);
• i fattori di mercato, ove si possa correlare il
fatturato a dati esterni acquisibili sul mercato;
• il ritorno di marketing, stimando i ricavi in
funzione del budget pubblicitario.
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Capitolo 2
2.4 il piano delle vendite
Tecniche con base di indagine prevalente nel futuro
Metodi alternativi possono basarsi più direttamente su dati
di stima futuri, come nel caso di:
• indagini di mercato, ove disponibili. Si tratta di
studi ad hoc sul mercato dove possono essere già
presenti previsioni e scenari di evoluzione.
• stime e pareri di manager, dipendenti ed esperti,
nel caso in cui vi sia il coinvolgimento di personale
interno od esterno in grado di effettuare stime di
mercato basandosi sull’esperienza oltre che su
contatti e conoscenze personali con clienti /
fornitori (tecnica PERT).
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2.4 il piano delle vendite
Livello di analisi
Una volta ottenute le stime di vendita per prodotto (o per
lotto minimo di vendita), occorre scegliere a quale livello di
indagine è utile schematizzarne i risultati: per esempio, per
prodotto / linea / lotto, classe merceologica, area di affari,
canale di vendita…. Oltre a decidere l’orizzonte temporale
ed il grado di periodicità.
Non dimenticando che, ai fini di controllo, il livello di
esposizione del dato di vendita deve coincidere con il livello
di cui si dispongono i dati di costo industriale, al fine di un
efficace confronto di costo-ricavi.
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Capitolo 2
2.4 il piano delle vendite
4bis) Relativamente alle attività Internet, un modello diffuso
nella costruzione del piano delle vendite è quello che si
basa sulle tre fasi di
» attrazione
» conversione
» ritenzione
usando altresì come fonti di ricavo le tre leve di
» pubblicità
» transazione
» accesso
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Capitolo 2
2.5 il break-even operativo
Sia all’imprenditore (per la verifica della sostenibilità
economica delle scelte operate) che all’interlocutore esterno
(per un giudizio sui valori attesi di ritorno economico) è
importante determinare il break-even operativo, ossia
il punto di pareggio tra costi totali e ricavi totali
dato dalla formula:
Q = Cf / (Pr - Cvt)
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Capitolo 2
2.5 il break-even operativo
Break even-operativo
Ricavi
Area di utile
Costi
e
Costi Variabili
Ricavi
Costi Fissi
Area di perdita
1.000
2.000
3.000
4.000
5.000
6.000
Quantità prodotte
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Capitolo 2
2.5 il break-even operativo
Valgono alcune considerazioni:
• nel procedimento di calcolo la capacità teorica va
confrontata con le stime di vendita e la capacità
effettiva;
• nel caso in cui ci si riferisca ad una azienda
multiprodotto (a vendite non correlate), occorre
adottare soluzioni basate sul punto di pareggio:
– per scelte di produzione, selezionando i prodotti
a margine di contribuzione assoluto più alto
– per competenza, ripartendo i costi fissi per
prodotto e attuando analisi separate
– temporale, determinando il tempo di BEP sulla
base delle stime di vendita effettuate
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Capitolo 2
2.6 il budget di marketing
In questo paragrafo, occorre esplicitare l’approccio adottato
nella determinazione del budget assegnato alle iniziative di
marketing. Tra le alternative, i metodi di:
• % sulle vendite, correlando le risorse a una
percentuale del volume (atteso o passato) delle
vendite
• Disponibilità di risorse, semplicemente
stanziando i capitali disponibili per questa area della
gestione
• Perseguimento degli obiettivi, calcolando il
volume delle risorse necessarie al perseguimento
degli obiettivi di marketing prefissati
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Capitolo 3
3. Struttura e management
Sia per l’importanza della tematica nel processo di
pianificazione, sia per la rilevanza assegnata alle risorse
umane da parte di interlocutori esterni, la definizione della
struttura aziendale e dell’organizzazione delle risorse umane è
parte fondamentale in un business plan.
Dividiamo questa sezione del piano in due aree:
» l’organizzazione
» la struttura
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Capitolo 3
3.1 l’organizzazione
L’organizzazione
Viene qui presentato:
• il management della società, evidenziando expertise
e se del caso i passi ancora da compiere nella
preparazione, e come il team si sia organizzato per
raggiungere un elevato livello di know-how;
• l’organigramma, con la definizione precisa di ruoli e
responsabilità gestionali;
• il piano di motivazione, ossia di come la cultura
aziendale intenda agire per avvicinarsi ai bisogni e
le aspettative del suo personale interno e dei
collaboratori (es. piano degli incentivi).
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Capitolo 3
3.2 la struttura
La struttura
In questa parte vengono esplicitate le scelte in termini di:
• forma giuridica, avendo cura di esplicitare gli
accordi sottoscritti dai soci (in genere vincolanti per
un certo periodo di tempo), i riflessi fiscali,
amministrativi e legali. Tutti aspetti rilevanti, con un
impatto sulla gestione corrente spesso
sottovalutato;
• servizi esterni, presentando i professionisti
collaboratori nell’iniziativa (gestione attività on-line
ove non sia core-business, assistenza legale-fiscale,
assicurazione);
• Licenze, concessioni e autorizzazioni.
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Capitolo 4
4. Le risorse di finanziamento
In questa sezione, l’imprenditore deve illustrare le forme di
finanziamento con cui intende sostenere l’attività. Affrontando
temi quali:
• il capitale investito (il totale delle risorse
necessarie all’avvio e alla gestione del business);
• le fonti (ossia le forme di finanziamento previste);
• il piano di ammortamento e remunerazione del
capitale (come si prevede avverrà il rimborso dei
capitali di prestito e con quale ritorno economico);
• la valutazione del credito (una riprova indiretta
della validità del progetto basata sul confronto
capitali assorbiti-capitali generati).
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Capitolo 4
4.1 il capitale investito
Il capitale investito
Rappresenta il fabbisogno finanziario dell’attività, e al di là
del suo ammontare, è interessante anche alla luce di:
1) ammontare e composizione dell’attivo, del capitale
netto e del capitale di debito esistente o previsto
attività
correnti
235
passività
correnti 130
passività
consolidate
220
attività fisse
400
Attivo
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capitale
netto
285
Pa ssivo
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Capitolo 4
4.1 il capitale investito
Il capitale investito (segue)
2) tipologia dell’attività svolta, con i riflessi sulla
composizione del capitale investito (attività
industriali capital intensive, di servizi…)
3) situazione del mercato, implicanti tutti quei fattori
socio/economici e politici a carattere esogeno che
impattano non solo sulla quantità ma anche qualità
dei capitali che è possibile raccogliere
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Capitolo 4
4.2 le fonti
Si dividono in fonti interne e esterne a seconda della natura
(capitale di investimento v/s di debito) e di chi eroga il denaro
(socio v/s finanziatore). Sono ulteriormente disaggregabili in:
Fonti interne
• capitale sociale, utili e prestito soci
• modifiche alla struttura del capitale esistente
Fonti esterne
• finanziamento commerciale
• debiti verso banche e istituti finanziari
• collocamenti azionari/obbligazionari
• leasing e pagamenti rateali
• fondi pubblici ed agevolazioni finanziarie o fiscali
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Capitolo 4
4.3 ammort. e remun.del capitale
L’imprenditore deve presentare i risultati circa la redditività
offerta garantita ai vari investitori e finanziatori, unitamente
ad una proposta del piano di rientro degli eventuali capitali
presi a prestito (modalità di rimborso).
Il primo punto si chiarisce evidenziando essenzialmente il
valore dell’impresa e delle sue quote da un lato, e dal tasso di
interesse e il suo metodo di calcolo (es., base annuale,
trimestrale…) dall’altro.
Il secondo, invece, si definisce attraverso un piano di rientro
del capitale, con ammontare e distribuzione di rate di
rimborso, in quota interessi e di capitale. Si può far
riferimento a due metodi alternativi diffusi, quello a rate
costanti (“alla francese”) o decrescenti.
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Capitolo 4
4.4 valutazione del credito
Esistono alcuni metodi di calcolo che consentono di
verificare la validità economica e finanziaria del piano oggetto
di studio. Si basano sulla costruzione di indicatori il cui valore
“preditivo” non deve però essere interpretato prescindendo
dal contesto e dalla dimensione qualitativa del piano.
Tra di essi:
• Indicatori di copertura finanziaria
• Modello zeta scoring
• Modello DRL
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Capitolo 4
4.4 valutazione del credito
Indicatori di copertura finanziaria
– Autofinanziamento sul debito = Debiti finanziari / EBITDA
– Copertura degli interessi = EBIT / Oneri finanziari
Zeta scoring
Modello che rileva la solidità finanziaria dell’iniziativa
attraverso la determinazione di un valore dato dalla somma
di cinque indicatori.
DRL
Al pari dello Zeta scoring, è modello che mira a indagare la
solidità della gestione finanziaria del progetto, con la
costruzione dell’indicatore
DRL = Potenziale di Cassa / Uscite Correnti
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Capitolo 4
nota: quantif. capitale di debito
Infine una nota. Per determinare l’esatto capitale di
prestito che occorre reperire per lanciare l’iniziativa in
ipotesi di insufficiente finanziamento “interno”, occorre
procedere costruendo uno schema previsionale di cash-flow
(budget di tesoreria) omettendo la voce <capitali di debito>
e <interessi (su tali capitali)> e verificare l’andamento della
liquidità su base mensile.
Individuato il picco minimo atteso, occorre calcolare un
capitale di debito che sia in grado di:
• coprire il fabbisogno emerso
• garantire un margine di liquidità alla gestione
• considerare l’effetto dell’inserimento delle rate di
ammortamento del capitale e dei relativi interessi
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Capitolo 5
5. Schemi economico-finanziari
Passando alla seconda parte del piano, quella relativa agli
schemi economico-finanziari, occorre definire la struttura
di calcolo da seguire al fine di raggiungere obiettivi di
chiarezza ed efficacia espositiva.
Un suggerimento è quello di ordinare gli schemi e le
informazioni attraverso una esposizione dei dati in questo
modo:
• Ipotesi alla base dell’esposizione dei dati
• Area finanziaria
• Area economica
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Capitolo 5
ipotesi alla base dei dati
Ipotesi alla base dell’esposizione dei dati
Occorre, prima di introdurre il lettore ai calcoli, comporre la
lista delle principali assunzioni che sono state decise per la
proiezione dei risultati economico-finanziari.
In realtà, ogni singolo calcolo parte da una ipotesi; il fine
tuttavia non è quello di elencare minuziosamente tutte le
assunzioni contenute nel piano, ma di evidenziare
semplicemente quelle principali, che rivestono cioè un
impatto significativo nei numeri.
In genere queste variabili coincidono con quelle che sono
alla base dell’analisi di sensitività (vedi in prosieguo).
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Capitolo 5
area economica e finanziaria
Area finanziaria ed area economica
Nonostante vi siano schemi contenenti dati sia patrimoniali /
reddituali che finanziari, è utile cercare di suddividere gli
schemi nelle due aree, Economica e Finanziaria, a seconda
della loro natura prevalente, come nello schema di pagina
successiva.
In termini di ordine nella costruzione degli schemi, si
suggerisce di seguire quanto indicato nell’allegato CD-Rom,
che costituisce una guida nella fase di redazione della
sezione di calcolo di un business plan.
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Capitolo 5
area economica e finanziaria
Area finanziaria
Area economica
Materiali di supporto all’analisi
di cash-flow
Proiezione di vendite e
magazzino
Cash-flow
Costi di start-up
Break-even finanziario
Break-even economico
Ammortamenti
Conti economici
Bilanci
Indici
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Capitolo 5
analisi di sensitività
L’analisi di sensitività è quella tecnica manageriale che
cerca di individuare le variabili critiche alla performance
reddituale o finanziaria di un progetto.
Lo scopo è quello di costruire più scenari economici
assegnando a queste variabili valori di massima e di minima
al fine di verificare lo scostamento nella performance
imprenditoriale indotta da tali cambiamenti.
Si indaga così la sensibilità del business al variare di alcune
ipotesi di calcolo, e dunque, indirettamente, l’attendibilità (o
rischiosità) dei risultati economico-finanziari esposti.
Inoltre, è utile che l’individuazione delle variabili critiche
anteceda la costruzione di fogli elettronici di calcolo, affinché
il management abbia a disposizione una visione organica di
queste ipotesi di base.
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Capitolo 8
8. Il controllo gestionale
Un progetto di investimento deve prevedere sin dalle sue
origini meccanismi di controllo in grado di fornire
informazioni di performance con l’obiettivo di un costante
miglioramento gestionale.
Oltre alla natura del controllo (qualitativo, quantitativo), il
livello di indagine può riferirsi ad una dimensione:
• strategica, indirizzata all’esame dell’andamento
dell’impresa, delle aree di affari o dei prodotti /
servizi;
• operativa, mirata all’esame delle aree gestionali o
delle leve manageriali.
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Capitolo 8
8. Il controllo gestionale
Inoltre, le due tipologie di controllo sono:
• controllo operativo, ossia legato ai risultati delle
azioni gestionali correnti;
• economico-finanziario, il cui obiettivo consiste
nell’analisi della complessiva performance
reddituale e finanziaria dell’impresa e della sua
origine.
A sua volta, il controllo operativo si divide in controllo:
– dei costi
– della qualità
– commerciale.
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Capitolo 8
8.1 il controllo commerciale
Una parte rilevante del controllo operativo è rappresentata dal
controllo commerciale, che mira a misurare il ritorno delle
politiche di marketing. In particolare attraverso:
il ritorno informativo
– la raccolta, la rielaborazione e l’analisi delle informazioni di
natura qualitativa provenienti dal mercato (consumatori,
distributori, agenti, studi sul comportamento di acquisto,…)
il controllo del budget
– analisi della performance conseguita rispetto al budget
delle vendite, volto a determinare altresì l’efficacia degli
investimenti di marketing scomponendo il risultato di ogni
singola azione commerciale (profitto di marketing)
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Capitolo 8
8.1 il controllo commerciale
Relativamente al ritorno informativo per le imprese
Internet, esistono strumenti di indagine e metodologie di
analisi caratteristiche della rete.
Dati quali…numero di accesi, pagine viste, percorsi di
navigazione, tempi di collegamento, etc… forniscono
informazioni quali atteggiamento, profilo, bisogni espressi
degli utenti che possono efficacemente indirizzare la politica
commerciale dell’azienda
l’imprenditore deve tuttavia chiarire non tanto la quantità e la
qualità dei dati che saranno disponibili, quanto quelle su cui si
concentrerà l’indagine e la finalità di questo utilizzo
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Capitolo 8
8.2 il controllo economico-finanz.
La performance economica e finanziaria dell’impresa e unità
di business viene invece indagata con l’ausilio di strumenti
interpretativi quali gli indicatori di bilancio. Tra di essi:
Indicatori di liquidità
liquidità primaria
(Att. Corr. - Magazzino) / Pass. Corr.
liquidità secondaria
Att. Corr. / Pass. Corr.
Indicatori del ciclo commerciale
rotazione dei crediti
(Crediti netti/Vendite) * 360
rotazione del magazzino (Magazzino/Vendite) * 360
rotazione debiti comm.
(Debiti vs fornit./Acq. beni e serv.) * 360
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Capitolo 8
8.2 il controllo economico-finanz.
Indicatori di indebitamento
debt ratio
Totale Indebit. / Cap. Investito
debt equity ratio
long term debt ratio
Totale Indebit. / Cap. Netto
Pass. Consolidate / Cap. Investito
Indicatori di redditività
Roi
Reddito operativo / Cap. Investito
Roe
Reddito netto / Cap. proprio
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Capitolo 9
9. Valutazione degli investimenti
Scopo di questa sezione è quella di esporre alcuni strumenti
che consentano di integrare con metodi di calcolo l’analisi
sulla redditività e solidità finanziaria del progetto. Ossia
supportando il processo valutativo con tecniche di analisi degli
investimenti.
Tuttavia, prima di passare ad alcuni dei più diffusi metodi di
valutazione, occorre chiarire natura ed elementi di una
variabile che sta alla base di queste tecniche di analisi
IL TASSO DI SCONTO
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Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Il profilo finanziario di una operazione di investimento
viene giudicato in base a:
– entità dei flussi associati all’investimento
“migliore l’investimento che produce il maggior flusso di entrate”
– la loro distribuzione temporale
“migliore l’investimento che produce flussi finanziari più a breve termine”
Tuttavia, nell’ipotesi in cui due alternative di investimento
producano risultati controversi (una migliore distribuzione
temporale e una minore entità dei flussi o viceversa), il
parametro di valutazione diviene il
valore finanziario del tempo
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Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Secondo il principio del valore finanziario del tempo, il
valore di una somma di denaro decresce nel tempo, e ciò a
causa del concorrere di tre fattori:
» Inflazione
» Preferenza per la liquidità
» Rischio del progetto
Inflazione
Ossia l’incremento generale dei prezzi che diminuisce il potere
di acquisto del denaro, che induce l’investitore a desiderare
un rientro dei capitali investiti nel più breve tempo possibile
Preferenza per la liquidità
Al di là dell’effetto inflattivo, veloci rientri di capitale
consentono l’impiego in continue opportunità di investimento
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Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Rischio del progetto
Fattori di varia natura che possono costituire una minaccia per
la remunerazione del capitale se non il capitale stesso:
• inflazione (già considerata come variabile indipendente)
• congiuntura economica (andamento espansivo v/s recessivo)
• caratteristiche del settore (ciclo di vita, azioni della
concorrenza, grado di evoluzione tecnologica,…)
• posizione dell’impresa (punti di forza e di debolezza)
• profilo del progetto (grado di innovatività, capacità del
management..)
• rischio paese (stabilità istituzionale e socio-economica del paese di
investimento)
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Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Rischio del progetto (segue)
Tutti i fattori citati vengono espressi nella valorizzazione di un
tasso di interesse, che equivale al tasso di remunerazione
ritenuto soddisfacente da parte degli investitori. L’operazione
avviene attualizzando i flussi finanziari di un investimento
attraverso la formula:
Valore dei flussi (al tempo 0) =  Flusso n * 1/ (1+i n)
dove i è pari al tasso di interesse richiesto.
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Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Rischio del progetto (segue)
Nella formula del wacc, considerazioni e metodi di calcolo
particolarmente complessi valgono per la determinazione del
tasso Ke, o costo del capitale di rischio.
Alcuni dei metodi impiegati sono:
• Capital Asset Pricing Model (CAPM)
• tasso di distribuzione / ritenzione degli utili
• costo opportunità
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Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Capital Asset Pricing Model
Secondo il CAPM, il costo del capitale viene determinato dalla
formula
Ke = Rf + MPR * 
Rf = rendimento di titoli privi di rischio
MPR = premio per il rischio di mercato
 = sensibilità del titolo dell’impresa al rischio medio di
mercato
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Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Tasso di distribuzione /ritenzione degli utili
E’ un approccio adatto a calcolare Ke nell’ipotesi di emissione
di nuovo capitale o di utilizzo del capitale derivante dal
reinvestimento degli utili. Nella prima ipotesi:
Ke = Do * (1+g) / P (1-f) + g
Do = dividendo (supposto costante nel tempo)
g = tasso di crescita attesa del dividendo
f = costo % di collocamento di nuove azioni
Nella seconda ipotesi, la formula rimane identica con l’unica
eccezione della omissione del fattore (1-f) al denominatore.
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Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Costo opportunità
Metodo empirico che suggerisce di adottare nella selezione
del tasso ke il saggio di remunerazione ottenibile da
investimenti alternativi.
Alla semplicità di questo metodo fa da contrappeso il fatto
che non prende in considerazione gli aspetti peculiari di
rischio del progetto oggetto di valutazione. In pratica, non
fornendo un giudizio sulla effettiva redditività
dell’investimento.
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Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Tra metodi di valutazione di un progetto di investimento
che possono efficacemente integrare l’attività di business
planning con risultati di performance finanziaria,
considereremo i seguenti:
» Valore Attuale Netto
» Indice di Rendimento Attualizzato
» Tasso Interno di Rendimento
» Valore Economico Aggiunto
» Break-even finanziario
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Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Valore Attuale Netto (1/2)
Metodo che determina il valore di un investimento attraverso
la somma algebrica dei flussi finanziari in entrata e in uscita
generati dall’investimento stesso. Flussi che vengono
debitamente attualizzati al tasso di sconto o remunerazione i:
VAN (al tempo 0) =  Flusso n * 1/ (1+i n) - C
C = costo dell’investimento iniziale (al tempo 0)
Progetti con un VAN positivo sono giudicati remunerativi.
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Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Valore Attuale Netto (2/2)
Tuttavia, soprattutto negli start-up imprenditoriali, la fase di
impianto, in cui gli investimenti vengono realizzati, è spesso
superiore al periodo di avvio, il che rende più corretta
l’applicazione della formula che contrappone il valore attuale
delle entrate e delle uscite considerate separatamente:
Fn(entrate)  Fn(uscite)


VAN =
(1  i)
(1  i)
n
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n
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Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Indice di Rendimento Attualizzato (1/2)
Concettualmente simile al metodo del VAN, se ne discosta
semplicemente perché il confronto fra esborso iniziale e flussi
futuri non avviene per somma algebrica ma attraverso il
rapporto fra i valori:
IRA = [  Flusso n * 1/ (1+i n) ] / C
Progetti con un IRA maggiore all’unità sono giudicati
remunerativi. A differenza del VAN, che classifica i progetti
per valore assoluto di remunerazione, l’IRA li classifica per
tasso % di redditività (ossia di rendimento del capitale).
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Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Indice di Rendimento Attualizzato (2/2)
Tuttavia, analogamente a quanto avviene per il VAN, anche la
formula dell’IRA si modifica nelle ipotesi di periodi di impianto
successivi al tempo iniziale t0:
N
F
n
IRA =
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1
(1  i )
n
C
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Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Tasso Interno di Rendimento (1/2)
Il TIR è quel tasso di sconto r che, nella formula del VAN,
rende la sommatoria dei flussi di ritorno pari all’investimento
iniziale C:
C =  Flusso n * 1/ (1+r n)
In pratica r è il tasso lordo (rispetto agli oneri finanziari) di
rendimento complessivo dell’investimento, che deve essere
confrontato con il tasso di remunerazione richiesto i al fine di
pervenire alla valutazione del progetto: per valori superiori ad
i il progetto è positivo, per valori inferiori invece non assicura
il tasso di redditività richiesto dagli investitori.
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Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Tasso Interno di Rendimento (2/2)
Sempre sulla base di una dinamica di flussi in uscita in periodi
temporali estesi (in contrapposizione all’ipotesi di un unico
investimento C effettuato al tempo t0) , modifichiamo la
formula nel seguente modo:
Σ Flusso (uscite) n * 1/(1+i) n = Σ Flusso (entrate) n * 1/(1+r) n
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Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Valore Economico Aggiunto (EVA©)
A differenza dei metodi esposti in precedenza, focalizzati su
valori finanziari, EVA è un approccio che valuta la
performance economica di una impresa o di un singolo
progetto. In sintesi, misura il ritorno di un investimento
attraverso la formazione nel tempo di un sovrareddito che
supera il costo medio del capitale secondo la formula:
Valore prodotto =  EVA n * 1/ (1+c)n
EVA = NOPAT - (Cap. Investito Netto * c)
c = costo medio del capitale
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Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Break-even finanziario
Si quantifica nel numero di periodi (in genere anni o mesi)
necessari ad arrivare al punto di equilibrio finanziario, ossia il
break-even tra i flussi in uscita e in entrata generati da un
investimento.
Coerentemente al principio della preferenza per la liquidità
espressa dagli investitori, il break-even finanziario fornisce
così una ulteriore informazione sul progetto, che integra, più
che sostituire, il giudizio sulla validità finanziaria ed
economica degli altri indicatori.
Al fine di considerare il valore finanziario del tempo, è utile,
soprattutto per progetti con piani lunghi di rientro,
attualizzare i flussi (break-even finanziario attualizzato).
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allegati
Costituiti da tutta quella serie di documenti utili a
descrivere caratteristiche e natura del progetto, fornendo
elementi ed informazioni che supportano o integrano quanto
viene esplicitato nel piano.
Alcuni esempi:
• piantine dei locali commerciali e/o produttivi
• curricula del management
• profilo dei collaboratori principali
• documenti legali (statuto, atto costitutivo, licenze..)
• struttura del sito Internet
• demo del prodotto (ove riproducibile o raffigurabile)
• informazioni economiche consolidate (bilanci es. precedenti)
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