BIOLOGIA APPLICATA
AIDS E HIV
La Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (SIDA in francesce e in
spagnolo) o Acquired Immune Deficiency Syndrome (AIDS in inglese) è un
insieme di manifestazioni dovute alla deplezione, ovvero alla diminuzione del
numero di linfociti T derivante da infezione con virus HIV-1 o HIV-2.
E’ una malattia grave che causa la perdita della capacità di lottare contro le
infezioni: i malati di AIDS sono esposti alle infezioni cosiddette “opportuniste”,
ossia malattie causate da organismi normalmente presenti nell’ambiente e
dannosi solo per le persone con un sistema immunitario indebolito. Sino ad ora, il
test dell’AIDS veniva effettuato soprattutto nelle strutture pubbliche e questo ha
ostacolato la scoperta di nuovi casi.
E’ stata identificata per la prima volta nel 1981 negli Stati Uniti. Essa viene
causata da due retrovirus: il virus di immunodeficienza umana di tipo 1 (HIV-1) e
di tipo 2 (HIV-2). Il primo dei due virus, il più aggressivo, causa la maggioranza
delle infezioni nel mondo. Il secondo è maggiormente concentrato nell’Africa
occidentale.
L’infezione da HIV non significa necessariamente che una persona svilupperà
l’AIDS conclamato
Il virus dell’HIV si replica rapidamente ed ha un’emivita nel plasma
di 48h. La scoperta di un’emivita così breve ha mostrato che
un’interruzione durante il ciclo di replicazione virale diminuirebbe
drasticamente
la concentrazione di virus nel
plasma. La rapida replicazione
del virus, che lo fa anche
mutare ed evolvere, ha
condotto, d’altro canto, ad
un altrettanto rapido sviluppo
della resistenza dell’HIV ai
farmaci. Ciò ha richiesto
l’impiego di terapie aggressive sia per ridurre la carica virale che
per prevenire la resistenza ai farmaci, che consistono nella
combinazione di più farmaci.
La cartina mostra la presenza di questa malattia nel mondo e in particolare
nell’africa
Classificazione delle infezioni e malattie da HIV dell'OMS:
Nel 1990, l'Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) ha raggruppato i diversi tipi di
casi definendo una scala per i pazienti affetti da HIV-1. Questa è stata aggiornata nel
settembre del 2005. La maggior parte di queste infezioni opportunistiche può essere
facilmente curata in soggetti altrimenti sani.
Stadio I: l'infezione da HIV è asintomatica e non categorizzata come AIDS
Stadio II: include minori manifestazioni mucocutanee e ricorrenti infezioni del tratto
respiratorio superiore
Stadio III: include diarrea cronica prolungata per oltre un mese, gravi infezioni batteriche
e tubercolosi
Stadio IV: include toxoplasmosi del cervello, candidosi di esofago, trachea, bronchi o
polmoni e sarcoma di Kaposi; queste patologie sono usate come indicatori dell'AIDS.
Sistema di Classificazione delle Infezioni da HIV secondo i CDC:
negli USA la definizione di AIDS è governata dai Centers for Disease Control and
Prevention (CDC). Nel 1993, i CDC allargarono la loro definizione di AIDS andando ad
includere persone sane ma positive al test per l'HIV, e con un numero di linfociti T CD4+
inferiore a 200 per µl di sangue. La maggioranza dei nuovi casi di AIDS negli Stati Uniti
sono diagnosticati quando si ha un basso numero di linfociti T ed è presente una infezione
da HIV
Linfociti
I linfociti sono cellule presenti nel sangue che costituiscono
tra il 20 e il 40% dei leucociti .
I linfociti sono cellule del corpo umano deputate all'immunità
acquisita. Con quest'ultimo termine si sottolinea la capacità
del sistema immunitario di combattere selettivamente –
tramite cellule iperspecializzate, chiamate appunto linfociti –
ogni diverso antigene che lo aggredisca. Alla prima
esposizione immunologica i tempi di risposta sono piuttosto
lunghi, ma grazie alla conservazione di una "memoria" i successivi attacchi vengono debellati in
maniera assai più rapida ed efficace.
1) linfociti B che, in seguito a stimolazione, sono capaci di proliferare e trasformarsi in cellule
effetrici, le plasmacellule, queste ultime capaci di liberare anticorpi;
2) linfociti T che riescono a riconoscere un antigene solo se esso viene "presentato" sulla
superficie di una cellula complessata con le proteine del Complesso maggiore di
istocompatibilità (MHC), e non quindi nella sua forma solubile
Linfociti T
La popolazione linfocitaria T non è omogenea, ma conta diverse sottopopolazioni:
linfociti Tc (citotossici o T killer): lisano le cellule bersaglio portandole a morte e favoriscono
l'azione dei fagociti (macrofagi);
linfociti Th (T helper, T4 o CD4): stimolano e sostengono l'azione di riconosci-mento e quella di
risposta dei linfociti T e B (favorendone la differenziazione in plasmacellule e la produzione di
anticorpi); costituiscono il bersaglio elettivo del virus dell'AIDS (HIV);
linfociti Ts (T suppressor): bloccano l'attività dei linfociti T helper e citotossici;
linfociti T DHT (T Delayed Type Hypersensitivity): sono mediatori dei fenomeni infiamamtori ed
in particolare della ipersensibilità ritardata.
Linfociti T
Possono essere paragonati a tante sentinelle, ognuna delle quali possiede un numero esiguo di
cloni capaci di riconoscere un ben preciso antigene grazie alla presenza di recettori (anticorpi)
sulla propria membrana esterna. Quando durante il lungo peregrinare nel sangue, un linfocita B
incontra il proprio antigene, prolifera diverse volte dando origine a cellule figlie dette cloni; una
parte della popolazione clonale si attiva in plasmacellule, che sintetizzano in gran quantità gli
anticorpi specifici presenti sulla membrana del loro precursore; la rimanente quota funge da
serbatoio di memoria contro future infezioni, che verranno contrastate in maniera più rapida ed
efficace. La produzione dei cloni linfocitari avviene sotto lo stimolo dei linfociti T helper. Gli
anticorpi prodotti dalle plasmacellule, noti anche come immunoglobuline, si legano agli antigeni
segnalandone la pericolosità alle cellule preposte alla loro distruzione.
Poiché l'immunità mediata dai linfociti B si giova degli anticorpi presenti nel sangue e negli altri
umori dell'organismo viene chiamata immunità umorale.
Il modo in cui i linfociti T riconoscono le cellule anomale e risparmiano quelle sane è complesso:
il segnale è dato da marcatori, detti MHC (o complesso maggiore di istocompatibilità), che
contengono frammenti di antigene riconosciuti come estranei dai recettori del linfocita T.
Le cellule T si legano soltanto ad altre cellule umane che presentano frammenti di antigene, vuoi
perché infettate (MHC di classe I), vuoi perché deputate alla digestione dell'estraneo (MHC di
classe II). Nel primo caso, l'intervento dei linfociti T citotossici porta alla distruzione della cellula
infettata, nel secondo l'intervento dei linfociti T helper aumenta la risposta immunitaria.
Al contrario dei linfociti B, la cui vita media è di pochi giorni (fatta eccezione per le "cellule della
memoria"), i linfociti T sopravvivono per diversi mesi o anni.
Azione del virus
L'HIV penetra all'interno della membrana cellulare del T-helper tramite l'azione del
suo enzima. Il suo enzima, la trascriptasi,
usa l'RNA virale come stampo per la
produzione di un DNA, inserito in un
cromosoma della cellula ospite sotto
forma di provirus che, dopo essersi
incastrato sotto la membrana della
cellula attaccata, esce da quest'ultimo
per infettare ulteriori T4. Così è compiuto
il primo passo verso il ciclo naturale di
riproduzione del virus HIV. La riduzione
drastica delle cellule T-helper è provocata
sia dall'azione del virus che le infetta, sia
dalle T-killer che hanno il compito di
distruggerle in quanto malate.
Normalmente il rapporto T4/T8 è uguale a due; quando questo valore scende al di
sotto di 1 è indice d'immunodeficienza.
Trasmissione umana
Dagli inizi dell'epidemia, sono state individuate principalmente tre vie di trasmissioni dell'HIV:
Sessualmente. La maggior parte delle infezioni del virus dell'HIV avvennero, e avvengono
tuttora, attraverso rapporti sessuali non protetti. La trasmissione sessuale può insorgere quando
c'è contatto fra le secrezioni sessuali di un partner infetto con le mucose genitali, della bocca o
del retto dell'altro. Nonostante la probabilità di trasmissione non sia elevata, il grande numero di
esposizioni di questo tipo fa sì che sia la causa prevalente della diffusione del virus.
Sangue e suoi derivati. Questa via di trasmissione è particolarmente importante per gli
utilizzatori di droghe introvenose, emofiliaci e riceventi di trasfusioni di sangue e suoi derivati. Gli
operatori del settore sanitario (infermieri, tecnici di laboratorio, dottori etc) sono anche coinvolti,
sebbene più raramente. Sono interessati da questa via di trasmissione anche chi pratica o si fa
praticare tatuaggi e piercing.
Madre-figlio. La trasmissione del virus da madre a figlio può accadere in utero durante le ultime
settimane di gestazione e alla nascita. Anche l'allattamento al seno presenta un rischio di
infezione per il bambino. In assenza di trattamento,
il tasso di trasmissione tra madre e figlio è del 25%.
Tuttavia, dove un trattamento è disponibile,
combinandolo con la possibilità di un parto
cesareo, il rischio è stato ridotto all'1%.
L'HIV è stato trovato nella saliva, lacrime e
urina di individui infetti, ma vista la bassa
concentrazione del virus in questi
liquidi biologici, il rischio di trasmissione è
considerato trascurabile.
Trasmissione animale
Da notare come le zanzare, da sempre sospettate di essere un possibile veicolo di
infezione, siano invece sostanzialmente innocue, sia perché il virus non si può
replicare all'interno delle ghiandole salivari dell'insetto (trasmissione biologica) sia
per via della bassissima probabilità di infezione: è stato calcolato che una persona
dovrebbe essere morsa da 10 milioni di zanzare (portatrici del virus) per avere una
probabilità di essere infettato. Questa falsa credenza è diffusa nei paesi meno
sviluppati. Le zanzare sono in effetti responsabili della trasmissione di altre patologie
a eziologia virale come per esempio dengue e febbre gialla per le quali però si
verificano epidemie stagionali.
La zanzara dopo un pasto ematico, riposa per circa 24 ore, tempo sufficiente alla
scomparsa del virus dall'insetto. Anche qualora la zanzara punga due individui in
successione di cui il primo sieropositivo, la possibilità di contagio (trasmissione
meccanica) è nulla perché il canale attraverso cui viene iniettata la saliva e quello
attraverso il quale viene prelevato il sangue sono due condotti differenti, non in
comunicazione tra di loro. Un discorso analogo può essere fatto anche per altri
artropodi ematofagi come pulci, zecche e cimici.
Oggi ci sono molti agenti antiretrovirali (ARV) disponibili, classificati in base al
loro specifico meccanismo di azione.
La terapia
Attualmente, l'infezione da HIV viene trattata con la cosiddetta highly active
antiretroviral therapy (HAART) nella quale si utilizzano opportune combinazioni di
farmaci antiretrovirali. Il suo utilizzo, a partire dal suo ingresso nel 1995, ha consentito
di ridurre la morbilità e la mortalità degli individui che sono stati infettati dal virus.
Inibitori della trascrittasi inversa nucleosidi/nucleotidi: inibiscono la Trascrittasi Inversa,
enzima coinvolto nella replicazione virale che trasforma l’informazione genetica del
virus da RNA a DNA, utilizzando i deossinucleotide trifospfati (dNTP) come substrato.
Questi inibitori si suddividono in due sotto-classi, gli NRTI che si legano al sito attivo, e
gli NNRTI che invece si legano ad un’altra tasca dell’enzima.
Inibitori della proteasi: inibiscono la Proteasi, enzima importante in uno stadio del
processo di maturazione, necessario affinché l’HIV diventi infettivo. Intervengono
legandosi al sito attivo dell’enzima e ostacolando così l’interazione con il precursore
della poliproteina che fa maturare la particella virale.
Inibitori dell’Integrasi: si legano all’Integrasi, enzima che ha il compito d’integrare il
DNA virale in quello cromosomico della cellula ospite per formare il provirus. Molti
inibitori dell’integrasi bloccano questo enzima, interagendo con vari legami idrogeno
generati dalla Gln 148 del sito attivo e l’unico farmaco di questa classe attualmente
approvato è il raltegravir.
Strategie di prevenzione
Poche semplici precauzioni possono ridurre, o addirittura annullare, il rischio di
infezione da Hiv.
1)evitare l’uso in comune di siringhe e aghi per l’iniezione di droghe
2)non sottoporsi ad agopuntura, mesoterapia, tatuaggi e piercing se gli aghi utilizzati
non sono monouso o non sono stati sterilizzati
3)per gli operatori sanitari, fare attenzione nel maneggiare e utilizzare aghi e altri
oggetti taglienti
4)le donazioni di sangue vanno sempre sottoposte al test per l'Hiv, né devono donare
sangue, plasma, sperma, organi per trapianti, tessuti o cellule le persone che abbiano
avuto comportamenti a rischio.
5)avere rapporti sessuali mutuamente monogamici con un partner che non sia infetto
eventualmente, astenersi dai rapporti sessuali
6)nel caso di rapporti occasionali (vaginali, orogenitali o anali), utilizzare il profilattico.