Lezione 3. L`esame psicodiagnostico: il colloquio clinico

Università degli Studi
“G. d’Annunzio”
Chieti
Corso di Psicologia Clinica
Prof. Salvatore Sasso
L’esame psicodiagnostico: il colloquio clinico
Come lo definiamo
Unità minima e asse portante dell’esame
psicodiagnostico
 La sua finalità riguarda l’esame del problema
che porta il paziente allo psicologo clinico
 In tal modo sarà possibile collocare il problema
all’interno del reticolo di elementi che vanno a
costituire la storia del paziente, le sue
caratteristiche personologiche, la rete di
relazioni familiari e sociali

L'esame psicodiagnostico: il
colloquio clinico
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Come lo definiamo
 Non
è una procedura passiva di ascolto e
di registrazione di informazioni
 Deve consentire di dare senso psicologico
a quanto porta il paziente
 Non è mai meramente psicodiagnostico,
ma tende ad implicare una riformulazione
del problema e i processi di
ristrutturazione cognitiva
L'esame psicodiagnostico: il
colloquio clinico
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Caratteristiche e finalità




Consente di esplorare il sistema cognitivo–verbale
(quanto il paziente pensa e quanto dice di sé)
Rappresenta un setting di osservazione specifico e
strutturato (postura, contatto oculare, mimica,
comportamento non verbale ecc.) [le prime parole sono i
gesti e il primo linguaggio è quello del corpo]
Costituisce un esempio di comportamento interpersonale
significativo (analisi delle variabili di relazione tra
paziente e psicologo)
Infatti, la seconda finalità è quella di stabilire una
relazione di fiducia e collaborazione nella diade
paziente-psicologo
L'esame psicodiagnostico: il
colloquio clinico
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Quindi…
La valutazione del materiale raccolto nel
colloquio ha come scopo:
1. Conoscere chi è il paziente
2. Sapere che trattamento gli si può offrire
3. Se il trattamento lo faremo noi o se sarà
un’altra persona a condurlo
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La topografia dei colloqui iniziali
 Non
c’è un ordine prestabilito in cui porre
le domande ed affrontare gli argomenti
 Sono le ipotesi e i dati a determinare la
sequenza
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colloquio clinico
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Il primo colloquio
0.
Presupposti
Il colloquio è reso possibile da uno specifico
contesto motivazionale:
- c’è una richiesta di aiuto psicologico
- c’è un professionista con una propria
competenza
- c’è l’idea condivisa che il colloquio non è
una terapia (non dà sollievo immediato)
- ci sono delle aspettative sulla possibilità di
ricevere/fornire aiuto
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colloquio clinico
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Il primo colloquio
1.
2.
Fase dei preliminari (accoglienza,
presentazione, saluti, riferimenti ad antefatti –
conversazione telefonica, inviante- ecc.)
Fase dell’apertura vera e propria (“Di che
problemi parliamo?”; “Di che si tratta?”; “Per
quale motivo è qui?”) [domanda vaga] –i
termini disturbo e malattia vano evitati- -come
anche la richiesta del nome, età,
telefono…aspetti che possono essere
affrontato alla fine
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Il primo colloquio
3.
Specificazione del problema (fase del
problema iniziale) [ciò che succede nel
presente]
Lo psicologo cerca di ottenere ampia e precisa
descrizione del problema lamentato
attualmente: l’attenzione è sul presente, su
quanto avviene, su quanto la persona pensa e
prova. [ad es. “Cosa vuol dire che si sente
ansioso/depresso?” –dal punto di vista
cognitivo, comportamentale, psicofisiologicoL'esame psicodiagnostico: il
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Il primo colloquio
4.
Analisi delle variabili funzionalmente correlate [fase
delle ipotesi di mantnimento]–il colloquio prosegue con
l’individuazione delle situazioni-stimolo che
influenzano i disturbi (ad es. l’umore disforico del
mattino che migliora nel corso della giornata e
peggiora il sabato e la domenica, diviene intollerante a
Natale).
Poiché i comportamenti disfunzionali hanno
conseguenze interne, familiari e sociali, è necessario
individuare variabili che modulano l’intensità, la
frequenza e il grado di interferenza del problema per
fare ipotesi sulle variabili di mantenimento (analisi
funzionale)
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colloquio clinico
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Il primo colloquio
5.
Allargamento [fase dei problemi attuali]
Il colloquio risale poi al primo insorgere
del problema, ripercorrendolo nel tempo
fino al momento attuale [storia del
problema]
-Le domande sono volte a specificare e
individuare tutti i problemi, al di là di
quello iniziale
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Il primo colloquio
6.
Storia dei problemi [fase delle ipotesi
eziopatognetiche]
- Il focus è sulla ricostruzione del primo
insorgere del problema, della prima crisi o del
primo disturbo
- si ripercorre l’evoluzione di ciascun problema
cercando di cogliere le interazioni con gli altri
problemi
- l’obiettivo è formulare ipotesi per spiegare
come e perché si sia ognuno sviluppato e
perché si siano tutti mantenuti fino a questo
momento
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Il primo colloquio
7.
Storia personale [fase del profilo complessivo]
In questa fase si lasciano da parte gli elementi
problematici e patologici relativi alla storia clinica e si
centrano elementi della stoia personale del paziente
(storia della sua vita, i suoi progetti ecc.)
In tal modo si cerca di identificare i fattori di
vulnerabilità presenti nella storia del paziente.
è fondamentale comprendere come il paziente rielabori
la propria vita: la selettività della memoria, la gerarchia
di importanze degli avvenimenti, le teorie causali con
cui collega gli eventi, il modo in cui ha prese decisioni
(organizzazione cognitiva)
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Il primo colloquio
8.
Aspettative di trattamento
- Bisogna approfondire le aspettative del
paziente riguardo al trattamento e ai suoi
risultati
- Il trattamento psicologico è infatti un progetto
di cambiamento e implica disponibilità al
cambiamento e una elasticità superiore a
quanto il paziente possa affrontare
- Spesso la disponibilità è limitata a procedure
biologiche o a procedure di immediato
riscontro
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Il primo colloquio
9.
Ipotesi di trattamento [Parte finale del
colloquio]- Consente di precisare gli obiettivi di
trattamento realistici sia per il breve che per il
lungo termine
- Sono valutate le diverse opzioni terapeutiche
ed eventuali tecniche (efficaci e durature,
generalizzazione agli aspetti della vita del
paziente, mantenimento nell’ambiente
familiare e sociale in cui si trova o si troverà a
stare)
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Il primo colloquio
10.
Formulazione conclusiva e chiusura
- lo psicologo dà informazioni sui risultati
principali delle varie analisi che hanno
integrato il colloquio (Test, questionari ecc
- prospetta la propria formulazione del caso
mettendo in evidenza i principali meccanismi
che possono aver dato origine ai problemi e le
principali variabili che mantengono la
situazione attuale [si dice che sono proprie
ipotesi e dunque possono divergere da quelle
di altri colleghi]
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Il primo colloquio
- sollecita il paziente a fargli domande
- illustra le ipotesi di trattamento,
invitando il paziente a considerare
vantaggi e svantaggi di ognuna
- lo psicologo ha esaurito, a questo
punto, il suo compito di psicodiagnosta ed
eventualmente prende in carico il caso.
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