Il Glicogeno ed
il suo
metabolismo
Polimero di unità di D-glucosio legate con legami
glucosidici α 1→4 e ramificate con legami α 1→6 ogni
10 unità
FUNZIONE DEL GLICOGENO:
• Riserva di glucosio (nel muscolo 2/3 e nel fegato 1/3)
• Regolazione dei livelli di glucosio nel sangue (nel fegato)
costituisce una riserva
energetica degli
Animali e nei Funghi
Il glicogeno ha una
struttura molto
compatta derivante
dall'avvolgimento a
spirale delle catene
polisaccaridiche
Nel muscolo e nel fegato ci sono diverse forme di glicogeno:
-MUSCOLO α particelle
particelle sferiche che contengono fino a 60.000 residui di
glucoso
-FEGATO α particelle
organelli cellulari: Glicosomi
aggregati a rosetta di α particelle contenenti anche una parte
proteica (pool enzimatico della glicogenosintesi, della
glicogenolisi e di regolazione)
Immagazzinare glucosio in forma polimerizzata
riduce lo stress osmotico cellulare
che si avrebbe con elevate concentrazioni di glucosio
Viene accumulato in granuli di
10-40 nm che contengono anche
gli enzimi per la sintesi e la
degradazione
SINTESI DEL GLICOGENO:
GLICOGENOSINTESI
 Il donatore di glucosio nella sintesi del glicogeno è l'UDP-glucosio
 L' UDP-glucosiltransferasi catalizza il trasferimento di un residuo di
glucosio al gruppo ossidrile di una specifica tirosina presente nella proteina
Glicogenina
 La glicogenina catalizza il trasferimento di residui di glucosio fino a
formare una catena lineare di circa sette residui legati tra loro con legame a(
1--->4 ) glicosidico
 La glicogeno sintasi allunga la catena lineare aggiungendo una decina di
residui
 L'enzima ramificante catalizza il trasferimento di un residuo
oligosaccaridico (sei o sette molecole di glucosio) dalla parte terminale del
polimero in crescita al gruppo ossidrilico in 6 di un residuo di glucosio più
vicino alla glicogenina: si forma così il legame a( 1--->6 ) glicosidico
 L'azione prolungata della glicogeno sintasi e dell'enzima ramificante
portano alla formazione della molecola di glicogeno
Sintesi del glicogeno
La sintesi avviene mediante aggiunta,
non di unità di glucosio, ma di un
complesso fra glucosio e Uridin-difosfato.
La catena del polisaccaride viene
allungata grazie all’enzima glicogeno
sintasi aggiungendo sequenzialmente
UDP-glucosio, a partire da una catena
preformata di glicogeno di almeno 8
residui.
Il glucosio attivato sotto forma di UDP-glucosio
viene trasferito all’estremità non riducente di una
catena polisaccaridica, con formazione di un
legame 1-4 glicosidico.
Le ramificazioni 1-6 sono catalizzate dall’enzima
ramificante che lega porzioni della catena lineare
1-4 con legami 1-6 ogni circa 10 unità di
glucosio
L’UDP-GLUCOSIO
L’UDP-GLUCOSIO è il donatore di
glucosio nella biosintesi del glicogeno
ed è una forma attivata di glucosio.
L’atomo di Carbonio C1 dell’unità glicosidica dell’UDPglucosio è attivato in quanto il suo gruppo OH è
esterificato all’unità pirofosforica dell’UDP
L’UDP-glucosio viene sintetizzato, ad opera della UDP-glucosio pirofosforilasi,
dal glucosio 1-fosfato e dall’Uridina Trifosfato (UTP); il Pirofosfato liberato
durante la reazione, è dato dai due gruppi fosforici esterni dell’UTP.
Sintesi dell’UDP-glucosio
La formazione di uno zucchero
attivato legato a nucleotidi avviene
mediante una reazione di condensazione di un NTP con uno
zucchero fosforilato.
La carica negativa dell’ossigeno
serve da nucleofilo per un attacco
sul gruppo fosforico interno del
nucleoside trifosfato e libera PPi.
L’equilibrio della reazione viene
complessivamente spinto verso
destra dall’idrolisi del pirofosfato
da parte della pirofosfatasi
inorganica.
La glicogeno sintasi
Catalizza l’aggiunta di unità di glucosio (a partire dall’UDPG) ad una catena di
glicogeno di almeno 8 residui.
Le nuove unità glicosidiche vengono aggiunte al residuo non riducente terminale
del glicogeno. L’unità glicosidica attivata dell’UDP-Glucosio viene trasferita al
gruppo OH del C4 all’estremità della molecola del glicogeno, formando un legame
glicosidico 1-4, reazione catalizzata dalla GLICOGENO SINTASI.
La glicogeno sintasi può aggiungere residui glicosidici a catene polisaccaridiche
che contengono almeno 8 residui; quindi la sintesi del glicogeno richiede una
catena preformata (primer) che in questo caso è svolta dalla GLICOGENINA.
La glicogenina è una proteina che porta una catena oligosaccaridica con unità di
glucosio 1-4. Il C1 della prima unità di questa catena è legato covalentemente al
gruppo OH fenolico di una Tirosina specifica nella glicogenina.
La glicogenina catalizza l’aggiunta di circa 8 unità di glucosio e l’UDP-glucosio è il
donatore
di
questa
autoglicosilazione.
A questo punto interviene la glicogeno sintasi, che è strettamente legata alla
glicogenina, in particolare la glicogeno sintasi è cataliticamente efficiente solo
se legata alla glicogenina.
Questa
dipendenza
ha
2
conseguenze
importanti:
- Il numero di granuli di glicogeno è determinato dal numero di molecole di
glicogenina
- L’allungamento si ferma quando la sintasi non è più a contatto con la
glicogenina, che forma il centro della particella.
L’interazione
sintasi-glicogenina limita
le dimensioni dei granuli
di glicogeno
Glicogenina
Sezione trasversale di una molecola di glicogeno
La proteina glicogenina (Mr 37 284) innesca la sintesi
del glicogeno legando al gruppo –OH di un residuo di
Tyr del polipeptide un residuo di glucosio.
La reazione utilizza UDP-glucosio e avviene grazie
all’attività autocatalitica dell’enzima protein-tirosina
glicosiltransferasi. All’estremità non riducente di questa
prima unità glucosidica legata alla glicogenina vengono
aggiunti altri 7 residui di glucosio ad opera della
glicogenina associata alla glicogeno sintasi
A questo punto, è possibile l’azione diretta della
glicogeno sintasi che si dissocia dalla glicogenina e
sintetizza una catena lineare.
Non appena il numero di residui aggiunti lo permette,
abbiamo l’azione dell’enzima ramificante che aggiunge
una seconda estremità non riducente sulla quale la
glicogeno sintasi può lavorare e così via.
L’enzima ramificante (amilo (1,4
1,6 transglicosilasi)
Le ramificazioni si formano grazie all’azione dell’enzima ramificante, che lavora
trasferendo un segmento terminale di 6-7 residui glucosidici dall’estremità non
riducente di una catena poliglucosidica composta da almeno 11 residui…
…al gruppo –OH del carbonio C-6 di un residuo
di glucosio della stessa catena o di un’altra
catena ma localizzato in un punto più interno.
L’azione combinata di glicogeno
sintasi e dell’enzima ramificante
permette la formazione di un
polisaccaride a ramifi-cazione
crescente che permette una
crescita (e una demolizione)
molto più rapida di un
polisaccaride lineare.
11
7
L’enzima ramificante che catalizza questa reazione è piuttosto
esigente:
- il blocco di circa sette residui deve comprendere l’estremità non
riducente e deve provenire da una catena lunga almeno undici
residui;
- inoltre il
nuovo punto di
ramificazione deve distare
almeno quattro residui dal
punto
di ramificazione
precedente.
4 residui
Struttura della glicogeno transferasi
RESA ENERGETICA METABOLISMO GLICOGENO
Per incorporare glucosio 6-fosfato nel glicogeno, viene consumato un legame
fosforico ad alta energia.
La resa energetica della glicogenolisi è molto elevata: circa il 90% dei residui
vengono scissi fosforoliticamente in G1-P, che viene poi convertito in G6-P
senza ulteriori costi. L’altro 10% del glicogeno è rappresentato dai residui ai
punti di ramificazione che vengono invece rimossi idroliticamente. E’ poi
necessario ATP per fosforilare queste molecole di glucoso a G6-P.
L’ossidazione completa di una molecola di G6-P rende circa 31
molecole di ATP e la sua conservazione consuma poco più di una
molecola di ATP…
NEL GLICOGENO QUINDI SI HA LA CONSERVAZIONE DI CIRCA IL 97%
DELL’ENERGIA
GLICOGENO
Glicogenolisi
Glicogenosintesi
GLUCOSIO 6-FOSFATO
Shunt
G 6-P
GLUCOSIO
GLUCOSIO 6-FOSFATO
Glicolisi
Gluconeogenesi
LATTATO
DEGRADAZIONE DEL
GLICOGENO:
GLICOGENOLISI
La degradazione del glicogeno è rapida e
avviene agli estremi non riducenti delle
ramificazioni.
Interviene
l’enzima
GLICOGENO
FOSFORILASI
che
rimuove
sequenzialmente le unità di glucosio
poste ad una delle estremità libere (non
riducenti)
del
glicogeno
mediante
fosforolisi.
Questa
reazione
può
proseguire fino al raggiungimento di una
ramificazione, ma essendo specifica per
il legame 1-4 non può idrolizzare il
legame 1-6 tipico della ramificazione
Parte dell’energia del legame glicosidico
viene conservata nell’estere fosforico del
glucosio 1- fosfato che si forma da questa
reazione
Intervengono quindi altri 2 enzimi, una
TRANSFERASI e una GLUCOSIDASI che
consentono la trasformazione della
ramificazione in una struttura lineare
suscettibile
all’attacco
della
GLICOGENO FOSFORILASI
La FOSFORILASI libera glucosio
fosforilato, la GLICOSIDASI glucosio
non fosforilato
Viene scisso dall’ortofosfato il legame tra l’atomo
di Carbonio in C1 e
l’Ossigeno Glicosidico e viene mantenuta a livello del C1 la configurazione α
La glicogeno fosforilasi
•
Catalizza la fosforolisi del glicogeno a glucosio-1-Pi
•
È regolata sia da interazioni allosteriche che da modificazioni covalenti
•
Utilizza il piridossal-5’-fosfato come cofattore
•
Non può staccare residui oltre 5 unità da un punto di ramificazione
Meccanismo di reazione
della glicogeno fosforilasi
Regolazione della glicogeno fosforilasi
•
è un enzima omodimerico che esiste in due stati conformazionali T
(meno attiva) ed R (più attiva): il glicogeno si lega preferenzialmente
all'enzima nella forma R
•
Il legame con l’AMP sposta l’equilibrio verso la forma R
•
La fosforilazione della Ser14 sposta l’equilibrio verso la forma R
L’enzima deramificante
È una  (1,4) glicosiltransferasi e una 
(1,6) glicosidasi; le 2 attività sono
localizzate in 2 siti separati della stessa
proteina
In una prima fase, l’enzima stacca (attività
transferasica) un blocco di tre residui di
glucosio dalla ramificazione ad una
estremità non riducente vicina, con
formazione di un legame ( 1-4)
glicosidico.
Poi l’enzima idrolizza il
legame  1-6 presente
nei punti di ramificazione
Il residuo coinvolto nella formazione della ramificazione (legame 1-6) viene
rilasciato direttamente come glucosio libero (attività glucosidasica).
La fosfoglucomutasi
•IL
G1P,prodotto
dalla demolizione del
glicogeno ad opera
della
glicogeno
fosforilasi,
viene
trasformato in G6P
dalla
fosfoglucomutasi,
per
entrare
nel
flusso
metabolico
principale
•La fosfoglucomutasi
richiede
glucosio
1,6-bisfosfato come
cofattore
•Secondo l’organo in cui la reazione avviene, i destini del G6P sono
diversi; il G6P può entrare nella glicolisi (muscolo) oppure nella
via dei pentosi fosfati
•Nel fegato la glucosio 6 fosfatasi idrolizza il G6P in glucosio che
può così essere esportato ad altri organi
La fosfoglucomutasi
converte il G-1P in G-6P
Il gruppo-fosforico viene trasferito dal residuo di Serina
dell’Enzima sul gruppo ossidrilico dell’atomo di carbonio C-6
nella molecola del glucosio 1-fosfato, generando glucosio 1,6bisfosfato. Questo intermedio trasferisce poi il suo gruppo
fosforico in posizione C1 sullo stesso residuo di serina,
producendo glucosio 6-fosfato e rigenerando il fosfoenzima
Il GLUCOSIO FOSFORILATO, prodotto finale della
glicogenolisi, al contrario del GLUCOSIO, non può
diffondere liberamente dalle cellule.
Per questo il FEGATO contiene l’enzima idrolitico
GLUCOSO 6-FOSFATASI, che fosforila di nuovo il
Glucosio consentendogli di lasciare l’organo.
Questo enzima è presente anche nel rene e
nell’intestino ma è assente nel MUSCOLO e nel
CERVELLO.
Quindi il glucosio 6-fosfato
rimane intrappolato nel
muscolo e nel cervello,
tessuti che necessitano di
grandi quantità di questo
nutriente per generare
ATP.
Al contrario il glucosio 6fosfato, non è la principale
sostanza
nutriente
del
fegato,
e
può
essere
immagazzinato o rilasciato
(perché defosforilato grazie
all’enzima) per le necessità
degli altri organi.
Il GLUCOSIO può uscire dalla cellula epatica, essere
riversato nel sangue ed essere utilizzato da altri organi.
Mentre nel MUSCOLO il GLICOGENO è
essenzialmente una riserva di energia, che
può essere utilizzata solo dalla cellula in cui
si trova,
Nel FEGATO il GLICOGENO può anche
essere una riserva di unità di glucosio che
possono essere utilizzate anche da altri
organi.
IL FEGATO ha perciò la funzione di
CONTROLLARE LA GLICEMIA, funzione
mancante negli altri organi.
La G6Pasi è stabilizzata da una proteina (SP)
che lega il Ca2+
Regolazione della sintesi e della degradazione
del glicogeno
•
Sintesi e degradazione del glicogeno sono coregolate in
modo da non funzionare simultaneamente
•
La regolazione comporta sia un controllo allosterico
diretto sugli enzimi, sia un controllo ormonale mediato da
una modificazione covalente degli enzimi coinvolti
•
La glicogeno fosforilasi è attivata da AMP e inibita da ATP
e G6P
•
La glicogeno sintasi è attivata dal G6P
INSULINA
GLUCAGONE
Stimola glicogeno
sintasi
Inibisce glicogeno
fosforilasi
Inibisce glicogeno
sintasi
Stimola glicogeno
fosforilasi
EPINEFRINA
Inibisce glicogeno
sintasi
ADRENALINA
Stimola glicogeno
fosforilasi
Accumulo glucosio
sotto forma di
glicogeno (ormone
ipoglicemizzante)
Mobilizzazione
delle unità di
glucosio dal
glicogeno (ormone
iperglicemizzante)
Ormoni
iperglicemizzanti
Azione sinergica a quella del glucagone ma
agisce con maggior potenza e su tempi più brevi
Il bilancio netto tra la sintesi del glicogeno e la sua demolizione
viene controllato dai livelli ormonali di insulina e glucagone.
Questi, regolando i livelli di cAMP (il secondo messaggero
intracellulare), determinano i rapporti tra le forma attive di
glicogeno sintasi e glicogeno fosforilasi. Gli stessi ormoni regolano
anche i livelli di F2,6BP e dunque il bilancio tra glicolisi e
gluconeogenesi.
L’adrenalina o epinefrina ha effetti simili a quelli del glucagone
ma il tessuto bersaglio di questo ormone è tipicamente il muscolo,
mentre il glucagone agisce essenzialmente a livello del fegato.
SCHEMA RIASSUNTIVO
Glucagone
Stimola la gluconeogenesi e la glicogenolisi a livello
epatico
Insulina
Stimola la glicolisi e la glicogenosintesi a livello
epatico
Adrenalina
Stimola la glicogenolisi (fegato e muscolo) e la
gluconeogenesi (fegato)
CONTROLLO ORMONALE DEL METABOLISMO
DEL GLICOGENO
Controllo mediante modificazione covalente della
glicogeno fosforilasi e della glicogeno sintasi
La glicogeno sintasi e la
glicogeno fosforilasi sono
due enzimi separati che
possono esistere in due
forme: la forma (a) attiva e
la forma (b) inattiva
La glicogeno sintasi è nella
forma attiva (a) quando
defosforilata, mentre la
glicogeno fosforilasi risulta
attiva (a) quando viene
fosforilata.
FOSFORILASI DEL MUSCOLO SCHELETRICO
E’ un dimero o un tetramero e esiste in 2 forme interconvertibili:
-una forma attiva, fosforilata, la FOSFORILASI a
-una forma passiva, defosforilata, la FOSFORILASI b
La fosforilasi b viene convertita nella fosforilasi a mediante la
fosforilazione di un singolo residuo di serina in ogni subunità.
L’enzima che catalizza la reazione è la fosforilasi chinasi.
La fosforilasi a viene deattivata per idrolisi del residuo di
fosfoserina in ciascuna subunità, reazione catalizzata dalla
proteina fosfatasi 1.
+ ATP
fosforilasi b
Ser
OH
Enzima inattivo
+ ADP + H+
fosforilasi a
Ser
O
PO32-
Enzima attivo
Ognuna delle 2 forme, sia la fosforilasi a che b, a sua volta può
adottare:
-la conformazione cataliticamente inattiva T (tesa) oppure
-la conformazione attiva R (rilassata)
L’equilibrio R
T della fosforilasi a è spostato verso lo stato attivo R
L’equilibrio R
T della fosforilasi b è spostato verso lo stato inattivo T
La fosforilasi b è inattiva (forma T) in presenza di ATP e GLUCOSIO
6-P che agiscono come effettori allosterici, competendo con l’AMP per il
legame all’enzima
Invece la fosforilasi b è attiva (forma R) soltanto in presenza di
elevate concentrazioni di AMP, che agisce in modo allosterico: si lega
al sito per i nucleotidi, alterando la conformazione della fosforilasi b.
Nel muscolo a riposo, praticamente tutto l’enzima è nella forma
inattiva b; durante l’esercizio muscolare, gli elevati livelli di AMP
tendono ad attivare la fosforilasi b.
La fosforilasi a è pienamente attiva (forma R), indipendentemente
dai livelli di AMP, ATP e GLUCOSIO 6-P
FOSFORILASI DEL FEGATO
La fosforilasi del fegato differisce da quella del muscolo sotto 2
aspetti principali:
-l’AMP non attiva la fosforilasi b del fegato
-la fosforilasi a è inattivata dal legame col glucosio, quindi il
glucosio sposta l’equilibrio allosterico della forma a da R a T.
Lo scopo della degradazione del glicogeno nel fegato
è quello di formare glucosio da esportare ad altri tessuti,
quando il livello del glucosio ematico è basso
Quindi la fosforilasi del fegato risponde al glucosio
ma non all’AMP
Al contrario, il muscolo necessita del glucosio per attività
improvvise; quindi l’attivazione della fosforilasi b del muscolo da
parte dell’AMP, che è abbondante durante l’esercizio muscolare,
produce la rapida mobilizzazione del glicogeno.
La fosforilazione regola la
fosforilasi
→
Inattiva →
(defosforilata)
Attiva
(fosforilata)
Inattiva →
(defosforilata)
Parzialmente
attiva →
(defosforilata)
L'adrenalina controlla l'attività della glicogeno fosforilasi anche
attraverso i recettori α-adrenergici mediante il meccanismo calciocalmodulina dipendente. Questo meccanismo dipendente di
attivazione della fosforilasi cinasi è funzionante anche in assenza dello
stimolo ormonale come conseguenza della liberazione del calcio durante
l'esercizio muscolare.
GLICOGENO SINTASI
E’ un tetramero e esiste in 2 forme interconvertibili:
una forma attiva, defosforilata, la SINTETASI a
una forma inattiva, fosforilata, la SINTETASI b
La sintetasi a (attiva) viene convertita nella sintetasi b
(inattiva) mediante la fosforilazione di un singolo residuo di
serina in ogni subunità. L’enzima che catalizza la reazione è la
glicogeno sintetasi chinasi, dipendente dal cAMP.
Più precisamente l’enzima è chiamato sintetasi-fosforilasi
chinasi, in quanto capace di catalizzare anche la fosforilazione
della glicogeno fosforilasi.
La sintetasi b (inattiva) viene convertita nella sintetasi a
(attiva) per idrolisi del residuo di fosfoserina in ciascuna
subunità, reazione catalizzata dalla glicogeno sintetasi
fosfatasi, denominata anche fosfoproteina fosfatasi.
GLICOGENO SINTASI NEL FEGATO
La sintetasi b (inattiva, fosforilata), è attivata da un accesso
di GLUCOSIO 6-P, che agisce come effettore allosterico
positivo.
La sintetasi a (attiva, defosforilata), è invece insensibile al
GLUCOSIO 6-P e quindi attiva anche in sua assenza.
La glicogeno sintetasi del fegato è quindi un enzima regolabile
sia per modificazione covalente della sua molecola
(fosforilazione-defosforilazione, forma a-forma b), sia per
meccanismo allosterico (da parte del G6-P).
Questa duplice possibilità di regolazione consente l’adeguamento
della sintesi del glicogeno sia alle sollecitazioni ormonali mediate
dal cAMP, sia alla disponibilità di G6-P che riflette la ricchezza di
glucosio nel tessuto.
GLICOGENO SINTASI NEL MUSCOLO
Nel muscolo l’attività della glicogeno sintasi non risente,
come quella del fegato, dell’effetto allosterico esplicato
dal G6-P, presente nel muscolo sempre in basse
concentrazioni; risente invece della concentrazione di
glicogeno che la inibisce con “meccanismo a feedback”.
Inoltre il muscolo dispone di tre glicogeno sintetasi chinasi
(GSK) che fosforilano differente residui serinici della
glicogeno sintetasi, producendo forme diverse dell’enzima
fosforilato, dotate di attività differente.
La GSK1 ad esempio, è regolata da cAMP e la GSK2 dalla
concentrazione del Ca2+. Si comprende così perché, sia
l’adrenalina, che induce un aumento di cAMP, sia la
contrazione muscolare, che si accompagna all’aumento del
Ca2+, inducano entrambe una diminuzione dell’attività della
glicogeno sintasi nel mscolo.
Controllo della glicogeno fosforilasi
e della glicogeno sintasi
La fosforilazione di un residuo di
Tyr attiva la glicogeno fosforilasi
(b
a) e inattiva la glicogeno
sintasi (a
b)
Questo sistema risponde ad un
numero più elevato di effettori
rispetto
ai
sistemi
regolati
allostericamente
Il meccanismo a cascata amplifica
enormemente il segnale. In questo
meccanismo sono coinvolti 3 enzimi:
1. La fosforilasi chinasi
2. La proteina chinasi cAMP
dipendente
3. La fosfoproteina fosfatasi-1
Regolazione coordinata del
metabolismo del glicogeno
e Glucagone
e Glucagone
Forma inattiva
Forma attiva
PKA
PKA
Disttivazione sintasi
Attivazione fosforilasi
STIMOLO DEMOLIZIONE
GLICOGENO
INIBIZIONE SINTESI
GLICOGENO
ADRENALINA
e
GLUCAGONE
attivano
la
demolizione del glicogeno e inibiscono la sua sintesi;
il fegato è più sensibile al glucagone,
secreto dalle cellule α del pancreas
quando i livelli di glucoso nel sangue
sono bassi,
il muscolo è sensibile all’adrenalina,
secreta durante l’attività muscolare.
1. Adrenalina e glucagone si legano a recettori a sette eliche
presenti sulla mambrana plasmatica delle cellule bersaglio e
innescano l’attivazione della proteina G stimolatoria (Gs)
2. La forma legata al GTP della subunità α di Gs, attiva l’adenilato
ciclasi, un enzimatransmembrana che catalizza la formazione di
cAMP a partire da ATP
3. Elevati livelli di cAMP citosolico attivano la proteina chinasi A
(PKA). Questa chinasi è inattiva in assenza di cAMP a causa
dell’azione inibitoria delle sue subunità regolatorie; il legame di
cAMP alle subunità regolatorie libera le subunità catalitiche
4. La PKA fosforila sia la fosforilasi chinasi che la glicogeno sintasi;
la fosforilazione attiva la fosforilasi (attivando la fosforilasi
chinasi) e simultaneamente disattiva la glicogeno sintasi (in
maniera diretta). La glicogeno sintasi viene anche fosforilata dalla
fosforilasi chinasi, assicurando che il glicogeno non venga
sintetizzato mentre è in corso la sua degradazione. Quindi la PKA
controlla in modo coordinato degradazione e sintesi del glicogeno
5. Gli effetti degli ormoni sono molto amplificati dalla cascata del
cAMP, infatti il legame di poche molecole ormonali a recettori
cellulari porta al rilascio di molte unità di glucosio.
Inoltre…
La PKA regola anche la fosforilazione dell' inibitore della
fosfoproteina fosfatasi (PPI): nella sua forma fosforilata il PPI
inibisce la fosfoproteina fosfatasi, mantenendo quindi la
glicogeno sintasi nella forma inattiva (e la glicogeno fosforilasi
nella forma attiva).
La PKA induce la fosforilazione della subunità Rgl, impedendo il
legame di Rgl alla subunità catalitica di PP1 che rimane inattiva
perché essa non può legare i suoi substrati
Con queste azioni la PKA contribuisce a
mantenere attiva la demolizione di glicogeno e
inattiva la sua sintesi
La proteina fosfatasi 1 (PP1)
La PP1 inattiva la fosforilasi chinasi e la fosforilasi a
defosforilando questi enzimi, quindi fa diminuire la velocità di
demolizione del glicogeno;
Rimuove il gruppo fosforico dalla glicogeno sintasi b
convertendola nella forma a molto più attiva e accelerando così
la sintesi di glicogeno.
L’attività fosfatasica di PP1 è controllata rigorosamente.
La subunità catalitica di PP1di per sé ha bassa affinità per le
particelle di glicogeno ma l’alta affinità gli viene conferita
dall’associazione con una subunità Rgl “riconoscimento
glicogeno”
La subunità Rgl attira PP1 verso le particelle di glicogeno, dove
può rimuovere in modo efficiente i gruppi fosforici dalla glicogeno
sintasi e dalla fosforilasi chinasi.
Però l’attività della PP1 è regolata in due modi…
1. La fosforilazione della
subunità Rgl da parte
della PKA, impedisce il
legame di Rgl alla
subunità catalitica di
PP1
L’attivazione
della
cascata del cAMP (e
quindi della PKA) da
parte
dell’adrenalina
porta all’inattivazione di
PP1 perché essa non può
legare i suoi substrati
2. La
forma
fosforilata
dell’inibitore1,
una
piccola
proteina,
inibisce attività di PP1,
mentre
la
forma
defosforilata no. Il grado
di
fosforilazione
dell’inibitore1 è, a sua
volta, sotto controllo
ormonale.
Il cAMP, che agisce
tramite la PKA, blocca
PP1,
fosforilando
l’inibitore1.
La fosforilazione di Rgl e
dell’inibitore1,
indotte
dall’adrenalina, inattivano
PP1,
così
che
viene
mantenuta
attiva
la
demolizione del glicogeno.
Subunità G fosforilata
dalla proteina fosfatasi 1
Adrenalina
Proteina chinasi
attivata
Proteina fosfatasi
inattivata
Inibitore 1 fosforilato
Una fosfatasi PP1 inverte gli
effetti inibitori delle chinasi
Rgl=Subunità per il
riconoscimento del
glicogeno
Inibitore
Regolazione della proteina fosfatasi 1 (PP1)
Il legame dell’insulina al suo recettore, porta
all’attivazione di una proteina chinasi sensibile
all’insulina che fosforila la subunità Rgl della PP1 in
un sito diverso da quello modificato dalla PKA.
L’insulina, contrariamente all’adrenalina,
rende la PP1 più attiva.
In questo modo, la PP1 più attiva,
defosforilando la glicogeno sintasi la fosforilasi chinasi
e la fosforilasi
induce la sintesi del glicogeno
e inibisce la sua demolizione
L’insulina attiva la fosfatasi
PP1 che inverte gli effetti
inibitori delle chinasi
Attivazione
sintesi glicogeno
L’insulina attiva la proteina fosfatasi 1
Il metabolismo del glicogeno
nel fegato regola i livelli di
glucoso nel sangue
Il fegato infatti “sente” la concentrazione di glucosio nel sangue
e conseguentemente lo assume o lo rilascia
La quantità di fosforilasi a nel fegato diminuisce rapidamente
quando viene infuso glucosio e, dopo un certo periodo
dall’infusione, la quantità di glicogeno sintasi a aumenta, e si ha
l’inizio della sintesi di glicogeno
La fosforilasi a è il sensore di glucosio nelle cellule
epatiche
Come fa il glucosio ad attivare la sintasi? La fosforilasi b, al
contrario della a, non si lega alla fosfatasi. Di conseguenza, la
conversione di a in b è accompagnata dal rilascio della PP1 che è
quindi libera di attivare la glicogeno sintasi.
L’attività della sintasi inizia ad aumentare solo dopo che la
maggiorparte delle molecole di fosforilasi a è stata convertita in b
Benchè l’insulina sia il principale segnale per la sintesi di glicogeno,
il Fegato è sensibile alla concentrazione di glucosio nel sangue
e capta o rilascia glucosio a seconda delle necessità.
La fosforilasi è il sensore epatico
per il glucosio ematico
Il glucosio attiva la fosfatasi
nel fegato
Nel fegato operano altri meccanismi non ormonali
si lega
attiva
si dissocia
Regolazione del metabolismo del glicogeno epatico ad opera del glucosio.
MALATTIE DA ACCUMULO DI
GLICOGENO: LE GLICOGENOSI
Insieme di patologie ereditarie caratterizzate da
un difetto di funzione di uno degli enzimi
implicati nel metabolismo del glicogeno. Ne
consegue un anomalo accumulo in tessuti diversi
del glicogeno non utilizzato. A seconda di quale
proteina è alterata, si hanno vari tipi di
glicogenosi che differiscono per la sede di
accumulo, per la quantità e la qualità di
glicogeno accumulato, per la gravità, per la
sintomatologia
e
per
l'evoluzione.
Sono
contraddistinte da un numero romano o dal
nome di chi le ha descritte.
Le malattie da accumulo di Glicogeno hanno una
spiegazione biochimica
La Glicogenosi di tipo I, o malattia di von Gierke, ad esempio, è
imputabile ad una carenza ereditaria dell’enzima epatico
Glucosio-6-fosfatasi.
- Il glicogeno epatico di questi pazienti presenta una struttura
normale, ma è presente in quantità enormemente grandi.
- L’assenza di questo enzima nel fegato causa ipoglicemia.
- La presenza di un eccesso di G6P fa aumentare la glicolisi epatica e
di conseguenza determina una elevata concentrazione di piruvato e
lattato nel sangue.
- I pazienti affetti da questa patologia presentano anche una elevata
dipendenza dal metabolismo dei grassi.
Questa malattia può essere causata
-anche da una mutazione del gene che codifica il trasportatore (T1) di
G6P o
-da mutazioni dei geni che codificano le altre tre proteine (T2, T3, SP) del
RE implicate nella sintesi di Glc a partire da G6P.
Glicogenosi tipo I
Glicogenosi tipo I è causata dalla mancanza dell'attività della
glucosio-6-fosfatasi nel fegato e nel rene. In tali organi il
glicogeno si accumula in quanto, per la mancanza dell'enzima,
non viene trasformato in glucosio e rilasciato nel sangue.
Questo determina un aumento del volume del fegato
(epatomegalia) che è la causa dell'addome prominente e
dell'ipoglicemia (basso glucosio nel sangue). Accanto
all'ipoglicemia abbiamo anche acidosi lattica, iperuricemia
(aumento di acido urico nel sangue) e iperlipidemia. I pazienti
con questo tipo di glicogenosi possono esordire nel periodo
neonatale con ipoglicemia e acidosi lattica; tuttavia, più
comunemente l'esordio clinico è a 3-4 mesi con epatomegalia ed
ipoglicemia. Questi bambini spesso presentano una faccia da
"bambola" per un eccesso di tessuto adiposo nelle guance,
estremità sottili, un addome prominente e bassa statura. Rari
casi
possono
essere
asintomatici
ad
esclusione
dell'epatomegalia.
Nel tipo 1b si osservano caratteristiche molto simili alla 1a.
Sebbene il difetto sia associato ad un'altra proteina
(trasportatore del glucosio-6-fosfato), si ottiene lo stesso
risultato finale. Infatti, la mancanza del trasportatore che
fornisce il substrato all'enzima glucosio-6-fosfatasi, impedisce
la formazione del glucosio. A questo tipo di glicogenosi sono
associate inoltre, quasi sempre, anche la neutropenia
(diminuzione dei globuli bianchi) e un deficit delle funzioni
leucocitarie, che determinano infezioni batteriche ricorrenti ed
ulcerazioni della mucosa orale ed intestinale.
Il tipo 1c non è stato ancora ben caratterizzato, potrebbe
essere uguale alla 1b, ma senza le alterazioni leucocitarie.
Glicogenosi tipo II
Glicogenosi tipo II (malattia di Pompe) è causata dalla
mancanza della a-glicosidasi o maltasi acida nei lisosomi.
La forma più grave è quella infantile, caratterizzata da
cardiomegalia, grave ipotonia muscolare e morte per
insufficienza respiratoria nei primi 2 anni di vita. La forma
più lieve è quella che si manifesta tra la seconda e la sesta
decade,
con
coinvolgimento
muscolare
scheletrico
progressivo lento. Tra questi due estremi, c'è un gruppo
eterogeneo con coinvolgimento del muscolo scheletrico
senza implicazioni cardiache, con esordio infantile tardivo o
adulto a decorso lento.
Fotografia al microscopio
elettronico di
tessuto muscolare
scheletrico di un neonato
affetto da glicogenosi di tipo
II (malattia di Pompe).
I lisosoma sono pieni di
glicogeno a causa di una
carenza di -1,4
glucosidasi, un enzima
idrolitico confinato nei
lisosomi.
Glicogenosi tipo III
Glicogenosi tipo III è causata dalla carenza dell'enzima
deramificante con accumulo di glicogeno molto più ramificato.
Le caratteristiche cliniche sono simili al tipo 1°, ma
generalmente senza iperuricemia ed acidosi lattica. In alcuni
casi (tipo IIIb) c'è solo il coinvolgimento epatico. I sintomi
epatici, compresa la fibrosi, generalmente scompaiono dopo la
pubertà. In molti pazienti (tipo IIIa) c'è anche interessamento
muscolare, che è scarso durante l'infanzia ed aumenta nella
terza e quarta decade
Glicogenosi tipo IV
Glicogenosi tipo IV è causata dalla mancanza dell'enzima
ramificante con accumulo di glicogeno non ramificato in molti
tessuti. Si presenta nei primi mesi di vita con epatomegalia e
deficit della crescita, seguita da cirrosi epatica progressiva con
ipertensione portale, ascite (accumulo di liquidi nell’addome) e
morte entro i primi anni di vita. L'ipoglicemia è rara, ma può
instaurarsi in seguito alla cirrosi. Può esserci debolezza
muscolare e grave cardiomiopatia. E' stata descritta anche una
forma ad interessamento
Glicogenosi tipo V
Glicogenosi tipo V provocata dalla carenza di fosforilasi
muscolare che impedisce l'utilizzazione del glicogeno
durante l'esercizio fisico. Compaiono fatica, dolore e, se lo
sforzo fisico continua, seguono crampi e danno muscolare,
evidenziato da una colorazione borgogna delle urine, dovuta
alla mioglobulina rilasciata durante la lesione della fibre
muscolari. Si manifesta in genere nella seconda e terza
decade di vita, ma può manifestarsi anche durante l'infanzia.
I sintomi possono essere causati o da sforzi brevi ma intensi
oppure da sforzi meno intensi ma prolungati
Glicogenosi tipo VI
Glicogenosi tipo VI è dovuta ad un difettoso
funzionamento della fosforilasi epatica. E' una forma
non grave nella quale, all'epatomegalia e ad un difetto
nella crescita, è associata una modesta ipoglicemia e
chetosi. L'epatomegalia si risolve in genere con la
pubertà e la crescita è normale. Il cuore ed il muscolo
non sono interessati.
Glicogenosi tipo VII
Glicogenosi tipo VII è associata alla mancanza
della fosfofruttochinasi muscolare. Le caratteristiche
cliniche sono molto simili al tipo V, tuttavia può
essere differenziata dalla V perché si manifesta più
precocemente,
gli
attacchi
possono
essere
accompagnati da nausea e vomito, si può avere
anemia emolitica ed iperuricemia.
Glicogenosi tipo VIII
Glicogenosi tipo VIII è dovuta alla carenza di fosforilasi
chinasi e presenta le stesse caratteristiche cliniche molto
simili al tipo VI, anche se si descrivono altre varianti. Molti
casi di questo colpiscono i maschi perché il gene si trova
nel cromosoma X
Glicogenosi tipo IX
Glicogenosi tipo XI (Fanconi-Bickel) è causata,
anche se c'è qualche perplessità, da alterazioni del
trasportatore del glucosio (GLUT2) all'interno degli
epatociti, cellule beta-pancreatiche, enterociti e
cellule tubulari renali. E' caratterizzata da nefropatia
tubulare (glucosuria, fosfaturia e aminoaciduria),
epatomegalia ed intolleranza al glucosio e galattoso.
Glicogenosi tipo 0
Glicogenosi tipo 0 (aglicogenosi) La glicogenosi tipo 0 o
deficit di glicogeno-sintetasi non è una glicogenosi
propriamente detta, in quanto il deficit enzimatico comporta
una diminuzione delle riserve di glicogeno. Si tratta di un
deficit genetico molto raro a trasmissione autosomica
recessiva. I sintomi clinici comprendono l'ipoglicemia a
digiuno (senza epatomegalia), associata ad affaticamento
mattutino e, sul piano biochimico, iperchetonemia senza
iperalaninemia, né iperlattacidemia. Dopo i pasti compaiono
sia una importante iperglicemia, sia un aumento dei lattati e
dell'alanina. La diagnosi di laboratorio, sospetta dopo prove da
carico di glucosio, richiede una biopsia epatica, che dimostra
una concentrazione di glicogeno normale o poco diminuita e
permette di mettere in evidenza il deficit enzimatico (che non è
espresso nel muscolo, negli eritrociti, nei leucociti o nei
fibroblasti). Il gene è stato localizzato sul cromosoma 12p22.2.
La sua struttura è conosciuta e sono state identificate diverse
mutazioni.