Impero romano, II-V sec. Culture germaniche Le caratteristiche dell’economia e della società L'impero all'apice: il II secolo dopo Cristo (età di Adriano, di Marco Aurelio) Un impero urbano e rurale: i diversi gradi della romanizzazione in città e nelle campagne Forte omogeneità a livello mediterraneo e mondiale: lo strato alto delle aristocrazie è romanizzato ovunque; Un impero basato sui commerci, sulla navigazione, sul trasferimento delle risorse e dei prodotti dalla sponda sud Economia, società, cultura Un impero mediterraneo, multiculturale, multireligioso (tolleranza, sincretismo) Economia drogata dall' economia schiavistica e dalle conquiste belliche Le caratteristiche della mentalità e dell'economia: Il disprezzo del lavoro produttivo (concezione schiavistica) - concezione della natura (assenza di una dimensione fisica della natura, base per costituire il nesso fra intelligenza e produttività, scienza e tecnologia) Forza e fragilità Alte spese dell'unificazione politica dell’impero (spese militari, di comunicazione, di burocrazia) Enormi esigenze amministrative e militari per la gestione di un impero sterminato, ormai quasi interamente abitato da sudditi cui era stata concessa la cittadinanza romana (212, editto di Caracalla) Tutto ciò in assenza di novità tecnologiche e di sviluppo economico auto-alimentato Romani e Germani Militarizzazione del mondo romano nel III secolo dopo Cristo Strategie di integrazione e di stanziamenti barbarici entro le frontiere (IV e soprattutto V secolo) hospitalitas e foederatio; rischi del sistema della hospitalitas Italia: la ‘sindrome da assedio’ Romani e Germani Civiltà romana e «acculturazione» germanica Confronto e incontro / scontro fra culture non omogenee non ai margini, ma nel cuore del futuro occidente medievale Gradualità (IV-VII sec. d.C.): per lo scarso numero dei Germani, perché la crisi della civiltà romana è crisi di lungo periodo Romani, Germani, Barbari Il mondo antico come un sistema caratterizzato da un centro ricco e da una periferia povera (l’impero e il mondo «barbarico», rispettivamente): il secondo viene strutturato, modificato e trasformato da quanto accade al centro Secondo P. Geary, «i germani sono stati la più grande creazione di Roma» (popolazioni che vivono in simbiosi col mondo romano, sempre funzionali allo scopo, e che condividono col mondo romano valori, simboli di prestigio, religione, lingua) . superamento dell’idea dell’alto medioevo come risultanza dell’incontro di ‘latinità’ e ‘germanesimo’ come entità distinte, marcate, riconoscibili, chiuse in se stesse Caratteristiche di fondo della ‘cultura’ germanica cultura orale organizzata sulla base della memoria di appositi specialisti, legata alla sfera del sacro e alla sfera del diritto cultura guerriera influenzata a partire dal sec. II dalla cultura nomadica (adozione del cavallo) religiosità influenzata da quella delle popolazioni nomadi ("religiosità delle steppe" di tipo sciamanico) Identità culturale tedesca e medioevo occidentale Il ruolo dei barbari, e specialmente dei germani, nel processo che condusse alla caduta dell’Impero romano e alla nascita dell’Europa medievale è stato uno dei temi più discussi fin dalle origini della storiografia moderna. Generazioni di tedeschi, dall’Umanesimo quattrocentesco al 1945, hanno elaborato la propria identità e la propria peculiarità culturale come radicate nei tempi dei primi germani. Tacito nella Germania: modello di una vita semplice, pura, non corrotta da influssi della civiltà urbana e mediterranea. La ‘mitica’ Germania antica Nella prospettiva di un illuminista come Montesquieu, nel Settecento, la Germania antica serviva come esempio di una vita libera e democratica nella letteratura romantica del primo Ottocento tedesco, simbolizzava i valori comuni e profondi di una nazione culturale che non poteva diventare Stato nazionale nel nazionalismo tedesco intorno al 1900, stava al centro di un’ideologia antimoderna e militaristica; e, infine, durante il nazismo, entrò in relazione con le teorie pseudo-scientifiche della superiorità della razza germanica che avrebbero istigato alla guerra e all’Olocausto. Concetto di etnogenesi Solo nel dopoguerra furono gradualmente smantellate le costruzioni ideologiche delle quali i barbari del passato costituivano un punto di riferimento. (Reazione al nazismo; sensi di colpa degli storici tedeschi….) Oggi quei barbari non vengono più concepiti come facenti parte di una realtà nettamente definita, dotata di un’unica, autentica matrice identitaria, più pura della civiltà classica, o magari della nostra. Non è più possibile guardare alle società barbariche come modello di una vita incorrotta e più vicina alla natura . Per gli storici di oggi, anche il mondo barbarico è un fenomeno storico, dinamico, pieno di rotture e contraddizioni, da analizzare innanzitutto come spazio periferico della civiltà antica e non più come espressione di una perduta età dell’oro. Etnie altomedievali e nazionalismi dell’Ottocento e Novecento Nelle ideologie nazionalistiche dell’Ottocento e del primo Novecento, le radici nazionali nelle etnie del primo millennio venivano gelosamente difese. I tedeschi vantavano così la propria origine germanica gli ungheresi erano fieri di richiamarsi al re unno Attila come loro progenitore croati e serbi tentavano (e tentano ancora) di collocare l’inizio della propria storia in un periodo ancora più remoto. Oggi un modello di questi tipo, che assicuri l’esistenza di identità etniche coerenti e omogenee, è al centro di accesi dibattiti. Concetto di etnogenesi L’identità delle popolazioni germaniche si crea nel tempo, è un fatto storico, che si realizza lentamente in un processo pluri-secolare Concetto di «ethnos» secondo gli antropologi culturali: Gli elementi costitutivi dell’identità di un gruppo etnico Mithos, oikos, demos, ghenos Le fonti per studiare l’etnogenesi barbarica A parte qualche iscrizione runica, spesso molto breve ed enigmatica, le culture barbariche non hanno lasciato fonti scritte dirette. L’unico testo germanico esteso è la traduzione gotica della Bibbia, elaborata da vescovo Ulfila nel secolo IV e fatta copiare in un lussuoso codice purpureo dal re ostrogoto Teodorico nell’Italia del secolo VI (il cosiddetto Codex argenteus, oggi a Uppsala). Gli storici di origine barbarica, come il goto Jordanes (sec. VI), il burgundo-franco Fredegario (sec. VII), l’anglosassone Beda e il longobardo Paolo Diacono (sec. VIII), scriveranno la storia dei Regni romano-barbarici adottando il latino e un punto di vista che, più o meno, riprendeva quello degli autori classici. Zero fonti scritte contemporanee Solo più tardi cominceranno ad apparire i primi testi non frammentari in lingua germanica, dapprima, dal secolo VII, in Inghilterra (tra l’altro, leggi e poemi epici come Beowulf), e poi, dal secolo VIII, anche nel mondo franco. Ancora più tardi, le saghe nordiche, e i poemi epici di ambientazione feudale I testi nordici difficilmente possono essere considerati una chiave per accedere al mondo germanico continentale del primo millennio. Fonti scritte, fonti archeologiche L’archeologia altomedievale ci dice che ben difficilmente a un’area insediativa circoscrivibile corrispondeva un’unità etnica definita. E le fonti scritte di regola non consentono di delimitare una regione abitata dalle etnie delle quali parlano. Ambedue le discipline insomma, l’archeologia e la filologia, non possono attribuire i propri materiali a raggruppamenti umani «naturali», a comunità preesistenti. Le fonti archeologiche L’archeologia aiuta a mettere in luce la diversità e la ricchezza culturale di tutte le presenze collocate fuori dell’Impero e con le quali i romani entravano in contatto. Ad esempio, le tombe trovate in aree diverse dimostrano che i guerrieri barbari, si servivano di vasellame d’argento, di oggetti in vetro, di cinture militari di fattura romana, non diversi in questo dall’élite imperiale dello stesso periodo. Un popolo come unità linguistica, culturale e politica chiaramente delineata – non rappresenta la norma ma piuttosto l’eccezione. l’identità delle popolazioni barbariche è un fatto di autocoscienza culturale. Si è longobardi perché «ci si sente» longobardi. - E’ un dato culturale che si forma nel tempo - non è un dato e condiviso da un’intera popolazione. In larga misura infatti i barbari si distribuivano in gruppi molto localizzati e molto ristretti, simili a quelli che gli antropologi chiamano face-to-face-groups . Negli studi altomedievali, è stato Reinhard Wenskus negli anni sessanta a rinunciare per primo all’impiego di questi cataloghi oggettivi, fondando l’identità etnica esclusivamente su fattori soggettivi: qualcuno appartiene a un’etnia se sente di farne parte. I «barbari» e l’organizzazione politica L’istituzione più tipica degli stati barbarici era il regno. I re dei goti, come Alarico o Teoderico, dei franchi come Clodoveo, degli unni come Attila sono personaggi ben noti, anche fuori dalla cultura specializzata . In passato c’erano opinioni differenti riguardo alle origini dei regni, di quei regni barbarici che caratterizzano il tempo delle invasioni, se fossero cioè istituzioni arcaiche oppure relativamente recenti. Nel pensiero degli illuministi del Settecento quanto nella storiografia romantica del primo Ottocento era consueto vedere quella germanica come una società democratica: un punto di vista che venne poi fatto proprio, per il tramite di Friedrich Engels, dal pensiero marxista. Teorie ottocentesche Secondo le teorie del materialismo storico, la società germanica conobbe il passaggio dall’epoca dell’Urkommunismus (comunismo primitivo) a quella della «democrazia militare», rimanendo caratterizzata da forme associative di tipo comunitario: il possesso comune della terra, una società in larga misura egualitaria, assemblee popolari e decisioni collettive. un fattore progressivo, di spinta alla rivoluzione antischiavistica e di accelerazione del processo che diede origine al feudalesimo. Anche gran parte degli studiosi non marxisti dell’Ottocento contrapponeva la «libertà germanica» alla schiavitù romana. Parola chiave per la descrizione di queste forme comunitarie e collettive Genossenschaft (contrapposta a Gesellschaft) Gesellschaft con cui si intendeva un’istituzione sociale collettiva chiaramente individuata e la cui coesione risultava assicurata da una forte solidarietà interna: una solidarietà tanto intensa da assumere una matrice di sacralità e da presuppone la natura delittuosa di ogni sua lesione. Re sacrale, re militare Nella storiografia tedesca del primo Novecento questo paradigma assunse caratteri nuovi, nel contesto della diffusione di ideologie autoritarie. le società barbariche conoscevano due tipi di re: uno, arcaico, era il re sacrale (Sakralkönig), che era allo stesso tempo la massima autorità politica e il sacerdote supremo. L’altro tipo era quello del re militare, il potere del quale era fondato sulla capacità di guidare al successo in guerra Imitazioni romane? Ariovisto, nemico di Giulio Cesare Arminio, colui che nel 9 d.C. nella foresta di Teutoburgo sconfisse l’esercito imperiale soprattutto Teoderico o Clodoveo. Attraverso la conversione al cristianesimo questi re militari avrebbero poi assunto una nuova legittimazione sacrale. Questa tipologia corrispondeva al modello elaborato dallo storico delle religioni francese Georges Dumézil: secondo tale modello tutte le società indoeuropee erano organizzate attorno a tre elementari funzioni sociali: quella sacralereligiosa rappresentata dai sacerdoti, quella politico-militare rappresentata dai guerrieri, quella economico-produttiva rappresentata dai contadini. Modelli romani Oggi i fattori di origine romana nella costituzione dei regni romano-barbarici sono considerati molto più significativi. Le influenze romane sulla struttura politica delle società barbariche sono visibili, in realtà, molto prima dell’insediamento di questi popoli nelle province dell’Impero. Ariovisto era stato riconosciuto come re dal Senato romano, mentre Arminio e quasi tutti i re del tempo delle invasioni erano alti ufficiali dell’esercito romano o godevano di altre posizioni d’onore Lo stesso vale per la società (famiglia, clan) Le leggi altomedievali, quelle dei goti, franchi, longobardi, alemanni o bavaresi, contengono molte clausole relative a questioni legate alla parentela, e soprattutto ai diritti di successione. per molti aspetti si tratta di regole divergenti dal diritto romano, e riflettono le consuetudini più arcaiche delle società barbariche. Le leggi altomedievali concordano inoltre nell’evocare la centralità della solidarietà familiare quando consentono il giuramento di un certo numero di parenti per difendere l’innocenza di un consanguineo accusato di un crimine. Ma quanto è deformata questa legge dalla scrittura, dal fatto che è scritta, e dal modello giuridico romano? L’esempio della faida Un’occasione in cui la parentela giocava un ruolo decisivo era comunque rappresentata dalla faida: nel caso di crimini di sangue, ma anche di altri tipi di offesa, la vendetta toccava infatti alla famiglia della vittima. Dalle etnie ai Regni romano-barbarici Esempio dei franchi Nella Germania occidentale, nella regione renana si distinguono, nel III secolo, due grandi gruppi etnici: i franchi, a nord del Meno, e gli alemanni a sud. la nostra immagine di questi fenomeni risenta fortemente del punto di vista romano: i franchi erano visti infatti dai romani come i barbari dislocati oltre il confine della provincia imperiale della Germania inferiore gli alemanni come quelli insediati nella Germania superiore. Ma fino al secolo V, non abbiamo prove che franchi e alemanni si autodefinissero in questo modo, e che questi nomi designassero concrete unità etniche, dotate di strutture politiche comuni. Clodoveo, fine V sec. il regno unitario franco non nacque in territorio barbarico, ma su suolo romano. Il re Clodoveo, governatore franco della provincia Belgica, sottomise, attraverso azioni anche molto violente tutti gli altri re di origine franca o romana residenti nelle città romane come Colonia o Soissons. A quel punto, il retroterra franco a est del Reno non ebbe più un ruolo decisivo in tali lotte. Clodoveo Nella lotta fra franchi e alemanni per l’egemonia sulla Gallia e la Germania occidentale prevalgono i franchi, che disponevano di un’infrastruttura statale imperiale ancora parzialmente in funzione, e godevano del sostegno dell’aristocrazia romana (senatoria e vescovile) della Gallia. Nel racconto posteriore del vescovo Gregorio di Tours, la vittoria di Clodoveo sugli alemanni pagani e il suo battesimo (datato tradizionalmente nel 496) appaiono eventi direttamente connessi. Clodoveo Al livello della ricostruzione dei fatti questo legame è poco credibile (malgrado le grandi celebrazioni in Francia, nel 1996, in occasione del supposto 1500° anniversario della conversione). La centralità simbolica della cristianizzazione sottolinea il fatto che i barbari più disponibili all’integrazione e al compromesso con i ceti dirigenti romani avevano prevalso su quelli un po’ più barbari e pagani. Longobardi e Turingi . Dietro i franchi e gli alemanni apparivano altri popoli, anche loro in parte nuovi. Alle sponde dell’Elba c’erano i longobardi, già noti nel I secolo d.C., ma di cui si sa ben poco prima del 500, quando comparvero sul medio Danubio. Da qui, come è noto, migrarono in Italia nell’anno 568. Sulla Germania centrale si estendeva il potere dei turingi, che conobbe il momento di massima forza nella prima metà del VI secolo quando essi furono alleati di Teoderico; dopo di che dovettero riconoscere la supremazia dei franchi. Burgundi e Bavari I burgundi, attestati nell’odierna Polonia già nei primi secoli dell’era cristiana, nel IV secolo migrarono verso il fiume Meno, e nel V, dopo alcune gravi sconfitte, il generale romano Ezio li insediò in Gallia, intorno al lago di Ginevra. In questa zona il loro regno mantenne la propria indipendenza per alcuni decenni e poi, dal VI secolo, dovette subire la dominazione franca. L’etnia germanica di nascita più recente era quella dei bavari, che si formarono agli inizi del VI secolo, subendo anche essi a intermittenza il controllo dei franchi. Sviluppi prevedibili? Le sconfitte degli alemanni, dei turingi, dei bavari non ebbero come conseguenza la cancellazione della loro identità etnica, e i loro assorbimento tra le fila dei franchi, come spesso succedeva in tali situazioni. Al contrario, si ha l’impressione che le identità particolari si rafforzassero sotto il dominio franco. Il risultato sarebbe stato la nascita di un popolo romanzo, i francesi, che traeva il proprio nome dal popolo germanico dei franchi, mentre nella parte germanica del regno franco, dal secolo X si sarebbe attestata la presenza di gruppi derivanti da popoli originariamente sottomessi dai franchi: bavaresi, alemanni, e sassoni Alemania e Francia Nel VI secolo la Germania cessava d’essere la periferia del mondo romano, e dunque di un sistema mediterraneo che aveva il suo centro in Italia, e diventava la periferia della Gallia franca. Si trattava di un riorientamento della geografia politica graduale ma profondo. Ai confini dell’Europa: la Britannia I Sassoni erano noti come pirati che agivano lungo le coste galliche nei secoli IV e V, e intorno alla metà del V secolo iniziarono la loro migrazione in Britannia, assieme agli angli. La popolazione britannica nei secoli V-VII era assai composita. Gran parte dell’isola era appartenuta all’Impero romano fino agli inizi del secolo V, quando le truppe vennero ritirate. Restò allora la popolazione parzialmente romanizzata di prevalente origine celtica, che soffriva della pressione dei picti che dominavano l’odierna Scozia. East Anglia Contro di loro i britanni cercarono il sostegno dei guerrieri angli e sassoni, i quali colsero questa occasione per cominciare ben presto a costruire proprie dominazioni nell’isola. I regni germanici gradualmente si estesero in tutta la parte orientale della Britannia, e quelli più piccoli furono sottomessi a poco a poco da quelli più grandi come Wessex, Mercia, e Northumberland. La famosa tomba regia del secolo VII di Sutton Hoo, con i ricchissimi corredi esposti al British Museum di Londra, illustra bene il potere del re di East Anglia. West Britain L’Ovest rimase sotto il controllo dei regni britannici. Gli anglo-sassoni denominavano queste popolazioni più o meno indigene Welsh, con un termine derivato da una parola germanica con cui si indicavano dappertutto le popolazioni romane (termini equivalenti sono i nomi di regioni come Wallis in Svizzera, Wallonia in Belgia, Valachia in Romania, Welschtirol in Tirolo per indicare il Sudtirolo ecc.). La traduzione italiana (Galles), invece, sottolinea più il carattere celtico di queste regioni non passate sotto il controllo degli angli e dei sassoni. Regni romano-barbarici . continuità delle città come elemento di coordinamento del territorio locale in Gallia, Iberia, Africa: diversi momenti della cessazione di questo ruolo nel V-VI secolo gli indicatori delle concezioni ideali che reggono le strategie dei regnanti barbari: - la moneta - la legislazione - le scelte in materia di fiscalità Il monachesimo dalla periferia al centro dell’Europa Con san Patrizio (Patrick), già nel secolo V ebbe inizio la storia del cristianesimo irlandese, con la sua distinta matrice celtica, caratterizzata da un monachesimo molto ascetico, nel quale era centrale l’idea di pellegrinaggio e di missione. Cristianesimi insulari Lo sviluppo culturale e religioso fu ugualmente pieno di paradossi. Mentre in Bretagna, già più o meno cristianizzata dai romani, l’arrivo di angli e sassoni aveva determinato il recupero del paganesimo (e solo con la missione romana ispirata dal papa Gregorio Magno, intorno al 600, sarebbe iniziata una nuova evangelizzazione), l’Irlanda pagana divenne presto uno dei centri propulsori della religione cristiana. Ibernia, Ireland L’Irlanda, invece, non era mai stata una provincia romana, ed era popolata da celti chiamati scotti. Questo nome venne più tardi trasferito alla Scozia, quando nel secolo IX gruppi irlandesi sottomisero i picti e fondarono un regno scozzese. Anche sulle isole britanniche, dunque, si nota come i processi etnici e la formazione delle identità regionali non seguissero un percorso lineare. Personalità e territorialità del diritto A.D. Smith, Le origini etniche delle nazioni, Bologna 1992, B. Anderson, Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, Roma 1996 (1991) P. Geary S. Gasparri