capitale sociale

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Sociologia della malattia
cap.1, parr. 1-2
Antonio Maturo
Il capitale sociale come fattore di
salute
• Durkheim
• social networking
• per Putnam il capitale sociale riguarda
quelle caratteristiche della vita sociale –
network, norme e fiducia – che permettono
ai partecipanti di agire insieme più
efficacemente allo scopo di raggiungere
degli obiettivi comuni.
capitale sociale
• bonding social capital, traducibile con “capitale sociale
vincolante” (dei vincoli di parentela o etnici – si tratta di
legami “forti”);
• bridging social capital, ovvero “capitale sociale
collegante” (tra diverse sfere sociali) tipico dei membri di
associazioni o di “amici di amici” (legami deboli);
• linking social capital, che traduco, per distinguerlo dal
precedente, con “capitale sociale connettivo”: esso
riguarda la possibilità di connessioni tra membri di
differenti livelli sociali, ad esempio tra politici “importanti”
e cittadini “semplici” (legami contingenti)
capitale sociale
• il capitale “dei vincoli” (bonding capital) sia
connesso alla (buona) salute mentre,
come visto, il capitale “collegante”
(bridging capital) sia connesso al (trovare)
lavoro.
• Si può però dimostrare che anche il
bridging capital ha effetti positivi sulla
salute.
capitale sociale
• Gli individui tendono ad essere ottimisti rispetto
alle cure per la propria salute e pessimisti
rispetto al livello generale di cure disponibili a
livello sociale
• Si può quindi affermare che le credenze sui
rischi personali e sui rischi societari afferiscono
a due dominì cognitivi separati e che le persone
raramente lasciano che le loro credenze sulla
società in generale condizionino le loro
percezioni sul rischio soggettivo (“Vuoi che capiti
proprio a me?”)
capitale sociale
• Park et al. [2001] conducendo un
sondaggio su 750 newyorkesi sulla
percezione del rischio hanno trovato che
le persone socialmente attive e coinvolte
in attività comunitarie avevano percezioni
individuali e societarie del rischio
maggiormente convergenti rispetto a
quelle delle persone meno attive
socialmente.
Critiche
• Reti di contatti molto fitte agevolano – in
termini di salute, di lavoro, di educazione,
di sicurezza – chi vi è coinvolto, ma forse
deprivano di risorse coloro che ne sono
esclusi.
• Un’elevata solidarietà intra gruppo sociale,
non è detto che si tramuti in solidarietà
inter gruppi sociali: basti pensare alla
segregazione razziale.
critiche
• Incerto status della fiducia
• Vaghezza
• Nascita di subculture “viziose”
La malattia nella società
somatica
• Riconsiderare la corporeità da una prospettiva
fenomenologica significa vedere il malato non
solo come ruolo, ma come connessione di
coscienza e corpo “temporaneamente” precaria.
• Lungo questa scia Idler [1982] ha sottolineato
l’importanza delle coscientizzazione del proprio
corpo da parte del paziente e ha concepito la
malattia come “degrado di coscientizzazione”
Goffman
• «quale fonte di informazioni, l’individuo trasuda
espressioni e trasmette comunicazioni»
[Goffman 1988a: 17].
• Ciò significa utilizzare il corpo come parametro
e cartina di tornasole rispetto a ciò che la
coscienza dell’individuo esprime nelle pratiche
sociali (in primis nelle interazioni mediate dal
linguaggio). Il corpo, in effetti, è “ingombrante”
per la comunicazione. Esso sfugge molto
spesso alle regole sociali.
Goffman
• Il corpo non mente, anche se glielo si può
insegnare: ed è per questo che Goffman ci
considera “attori sociali”.
• Indizio della capacità (cognitiva e morale)
di vivere in società è la capacità di
controllare i propri pruriti corporali e di
sorvolare quando qualcuno non vi riesce.
Foucault
• Per Foucault la prigione serve ad “addestrare il
corpo” e “normalizzare la devianza”.
• In prigione, come del resto nelle fabbriche, nei
conventi e negli ospedali, viene imposta una
disciplina che mira rendere i corpi “docili”. Si
tratta di un’ “anatomia politica del dettaglio” cioè
della fissazione di regole che stabiliscono
modalità e tempi di comportamento.
Foucault
• Proprio queste tecnologie disciplinari
sorreggono, secondo Foucault, la crescita
e l’affermazione del capitalismo: senza la
plasmazione di soggetti ordinati e
disciplinati le esigenze del capitalismo non
si sarebbero potute sviluppare.
Corpo e comunicazione
• «se [il corpo] è parte fondamentale della mia
identità, e quindi della mia capacità di intrecciare
rapporti sociali, il mio corpo non deve
invecchiare […] Io sono Io diviene in buona
misura Io sono il mio corpo; attraverso di esso
esisto, attraverso di esso comunico e mi
comunico, il mio corpo è la mia immagine nel
mondo» [Salamone 1999: 245].
• Il corpo diviene quindi, allo stesso tempo, testo e
progetto/compito.
Corpo come testo
• Per costruire un testo piacevole dobbiamo
mantenerci in forma e quindi seguire
particolari regimi: terapeutici, alimentari,
cinetici, igienici. Il corpo come compito,
secondo Bauman, rappresenta per l’uomo
di oggi «la preoccupazione assoluta e il
più ambito passatempo»
società somatica
• Una società, quella somatica,
caratterizzata, come spiega Guidotti dal
fatto che le maggiori issues politiche e le
tematiche personali sono problematizzate
nel corpo ed espresse attraverso esso.
Corpo e malattia
Nel suo articolo, Idler individua quattro manifestazioni
connesse alla malattia:
• la tendenza a isolarsi, passando dalla vita sociale
all’attenzione esclusiva sul proprio corpo;
• la cristallizzazione della coscienza sul presente della
malattia;
• la sfiducia nella forza di reazione del proprio corpo alla
malattia;
• la diminuzione delle capacità comunicative del malato
rispetto ai propri stati, con conseguente tendenza
all’isolamento.
Terzani:
• «Corpo. Corpo. Corpo. È curioso come normalmente,
quando si è sani, quasi non ci si rende conto di averne
uno e come si danno per scontate le sue funzioni. Basta
ammalarsi, però, e il corpo diventa il centro di tutta la
nostra attenzione; il semplice respirare, orinare e l’
“andar di corpo”, come dicevano i vecchi diventano fatti
essenziali, che fanno insorgere sollievo o angoscia […]
seguivo ogni funzione di quel mio corpo e ne correggevo
via via le irregolarità, ma così facendo mi rendevo conto
ogni giorno di più di quanto io dipendevo da lui, di come
il suo umore determinava il mio
Terzani
• Affascinato, come sono sempre stato,
dalla ricca certezza del passato, e confuso
dall’incertezza del futuro con le sue troppe
possibilità, avevo preso il presente solo
come materiale di cui godere una volta
che fosse diventato passato. E così, il
presente mi era spesso sfuggito. Adesso
non più. Godevo del presente, ora per ora,
giorno per giorno, senza troppe
aspettative, senza piani»
Terzani
• «A volte, alzandomi, la mattina sentivo in
agguato l’ombra della depressione. Ma era
solo una sfumatura scura che presto
passava […] mai quel peso del mondo
sulle spalle, quella ossessione di inutilità.
Ora era piuttosto un senso di distanza che
mi rendeva il mondo irrilevante, non più
tanto interessante da volerci vivere dentro.
Così, anche, il cancro non era affatto un
dramma»
Adattamento creativo?
• La malattia produce un allontanamento dal
proprio corpo, dagli altri significativi, dal fluire del
tempo, a volte dal proprio sé. Tale
allontanamento, però, può anche ribaltarsi nel
suo contrario e divenire eccessiva
autoconsapevolezza del proprio corpo,
dell’istante, di se stessi e dipendenza dalle
relazioni sociali. In alcuni casi, insegna Terzani,
queste manifestazioni possono essere
assecondate e divenire fonte di adattamento
creativo alla patologia.
Guidotti
• «lo sradicamento dal mondo diviene
condanna al radicamento in un corpo che
si definisce non come presenza, ma come
assenza dal contesto, come distorsione
del senso dell’essere-nel-mondo:
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