Comunità versus società
Introduzione a George Simmel
Nella sociologia, l’autore che più di altri ha precisato i
concetti contrapposti e duali di comunità e società, ovvero la
differenza tra società semplici a solidarietà meccanica e
società complesse a solidarietà organica (secondo la
definizione di Durkheim), fu TONNIES
TONNIES parla di un
passaggio da
•COMUNITÀ (in tedesco Gemeinschaft) - rappresenta modelli ideali di
organizzazione sociale, nello specifico la comunità descrive un gruppo
stabile nello spazio e nel tempo radicato in un territorio nel quale gli
individui hanno un rapporto immediato e personale
a
•SOCIETÀ (Gesellschaft) - è un’organizzazione più vasta all’interno della
quale gli individui hanno un grado elevato di movimento, i rapporti non
sono scontati, non sono regolati dalla tradizione, e neppure sono
immediati, ma bensì regolati in base alla adesione razionale a delle
regole impersonali e statuite, regolati alla subordinazione a istituzioni e
regolati dall’utilizzo di mezzi di scambio astratto come il denaro
La comunità è dunque secondo Tonnies un gruppo che si fonda su forti legami
sociali, come quelli esistenti tra consanguinei, dove esiste un’elevata chiusura
autoreferenziale rispetto all’esterno e staticità delle norme (nel senso durkheimiano).
Nella comunità i legami si fondano su sentimenti di appartenenza e lealtà,
piuttosto che sulla ragione, e sono per lo più dati per scontati, non messi in
discussione.
Quello comunitario è un legame che nasce dalla tradizione e non è problematizzato,
c’è una sorta di determinismo che non consente di problematizzare l’appartenenza
alla comunità.
E’ una realtà altamente integrata dove i ruoli di ognuno sono chiaramente definiti, la
cultura è omogenea e la mobilità (sia sociale che geografica) è estremamente ridotta.
Il passaggio da una comunità ad una società implica il venire meno dei vincoli
affettivi tra le persone e le loro certezze morali.
Il denaro per Tonnies è centrale per capire la nascita della società: il denaro,
essendo il mezzo di scambio universale, fonda il mercato che è la istituzione che
più delle altre regola gli scambi tra individui.
Per Tonnies questo passaggio implica una perdita: la sua descrizione non è scevra
di nostalgia, ed è la medesima che recupera Weber quando nel definire il tipo
ideale di comunità la definisce come fondata su relazioni sociali che si basano sul
sentimento, mentre nel tipo ideale di società le relazioni sociali si fondano sulla
convergenza di interessi. Gli individui hanno un interesse razionale per far parte di
una società.
INDIVIDUO E SOCIETA’
Introduzione a George Simmel
“La società è il nome con cui si indica una
cerchia di individui legati gli uni agli altri da
legami di reciprocità”
George Simmel
La biografia intellettuale di Simmel è anomala: egli è fondamentalmente un filosofo
antipositivista, estremamente ecclettico e questo impedisce di collocarlo nei
confini stretti di una disciplina
La sua teoria è fondamentalmente asistematica ed autoreferenziale nelle sue
premesse epistemologiche.
Quella di Simmel è una procedura conoscitiva fondata sul concetto dello
STRANIERO: il ricercatore, l’osservatore, è uno straniero perpetuo, riesce cioè ad
avere un totale distacco dalla realtà sociale, nonostante ci viva dentro, esattamente
come fosse la prima volta che la vede.
Lo straniero è naturalmente dotato di curiosità e capace di cogliere assonanze,
differenze ed analogie nei fenomeni anche apparentemente distanti che osserva.
A partire dagli anni’70, con la crisi della sociologia struttural-funzionalista,
l’avvento di quelle che sono considerate le sociologie della vita quotidiana, e di
fronte ad un contesto sociale che si connota per grandi movimenti sociali (vedi il
’68 ed il ’77) le teorie di Simmel hanno vissuto una seconda giovinezza, rivelando
l’autore tedesco come il più moderno dei sociologi classici, in realtà uno dei
padri del postmodernismo.
E’ proprio in quel periodo che i testi più famosi di Simmel, sulla differenziazione
sociale, la moda, e la filosofia del denaro, vengono rieditati.
Per capire lo statuto della sociologia di Simmel occorre
indagare tre punti essenziali:
1. l’oggetto della sociologia
2. il metodo sociologico
3. il rapporto tra individui e società
1. L’OGGETTO DELLA SOCIOLOGIA
Il primo punto per capire lo statuto della sociologia per Simmel è dunque chiarire cosa sia
l’OGGETTO DELLA SOCIOLOGIA.
Una prima generica risposta potrebbe essere: la società; ma cosa intende Simmel con il
concetto di società?
Simmel rifiuta l’anti individualismo che caratterizza il pensiero di Durkheim: la società per
Simmel nasce infatti dalle relazioni di reciprocità che esistono tra gli individui
Il primo concetto su cui si basa la sociologia di Simmel è dunque il concetto di
RECIPROCITÀ, la società è in primis interazione.
Le azioni reciproche sono quelle infinite che accadono nella nostra realtà quotidiana:
pranzare assieme, parlare, giocare, lavorare, amarsi, odiarsi, sposarsi, avvicinarsi o
prendere le distanze da qualcuno sono solo alcune delle relazioni in cui ciò che fa qualcuno
ha influenza sull’altro e viceversa
CI SI INFLUENZA SCAMBIEVOLMENTE
Il secondo concetto fondamentale è quello di SOCIAZIONE.
La sociazione è il processo attraverso il quale una forma di azioni reciproche si
consolida nel tempo.
La società è il risultato di una sedimentazione nel tempo di alcune forme di azione
reciproca, è il risultato parzialmente fissato, oggettivato di processi di sociazione.
Le oggettivazioni sono quelle che Simmel definisce essere le “forme sociali” e la
sociologia è lo studio che analizza le forme sociali.
La sociologia per Simmel è dunque una scienza formale; si occupa di descrivere le
forme che i rapporti sociali possono assumere in situazioni e tempi differenti,
solidificandosi in grandi istituzioni o rimanendo più fluide in relazioni interpersonali.
2. IL METODO SOCIOLOGICO
Il secondo punto fondamentale per capire lo statuto della sociologia di Simmel è comprendere il suo
metodo: con Simmel infatti la sociologia rifiuta il procedimento conoscitivo neo positivista.
La sociologia in quanto tale non è una scienza che rispecchia la realtà, ma il procedimento conoscitivo è
observe dependent, dipende dall’osservatore
Fondamentale è la profondità cioè la distanza con cui si osserva la realtà sociale: in tal senso il ruolo
del ricercatore è quello di uno straniero perpetuo
Il metodo delle scienze storico sociali per Simmel non può essere che quello della ricerca di influenze
reciproche tale per cui si rinuncia a cercare una causa di un fenomeno ma si indaga sulle
corrispondenze esistenti tra più fenomeni intrecciati che generano un’infinita rete di causazioni
retroagendo anche su quelli che possono considerarsi le cause prime
La conoscenza-comprensione, da quella più semplice del mondo e della vita quotidiana, a
quella tipica del metodo sociologico, avviene mediante la costruzione di forme, simboli,
concetti e narrazioni che sono espressioni della vita ma anche la sua stessa riduzione.
Ciò che si può vedere del mondo è meno di quanto sarebbe possibile vedere e soprattutto e ogni
visione è destinata ad essere sostituita da altre
UN SAPERE ESAUSTIVO È IMPOSSIBILE PER DEFINIZIONE
Ecco da dove deriva la sistematicità di Simmel: dalla consapevolezza che ogni pensiero dà
forma al mondo secondo la sua prospettiva, ma quella è solo una, esistono invece infinte
prospettive possibili ed è proprio da lì che lì deriva la asistematicità del suo metodo.
3. IL RAPPORTO TRA INDIVIDUI E SOCIETÀ
Individui e società non si escludono, la società non è un’entità superiore (così come già
visto per Durkhiem), ma nella sociologia simmeliana questi due poli co-esistono
parimenti, ed è la diversità dello sguardo di chi osserva che permette di mostrarne le
caratteristiche
Ciò non esclude che esistano conflitti e dissidi tra i due livelli: la società richiede agli
individui di conformarsi, limita cioè la libertà individuale, ma il conflitto si manifesta
diversamente durante il corso della storia
Per meglio dire è soprattutto nella moderrnità che il conflitto tra società ed individui si
palesa e si realizza in modo generalizzato ed esplicito.
E’ nella modernità che nasce un orientamento etico che tende ad enfatizzare più che mai
la libertà essenziale di ogni individuo, la sua unicità, la sua responsabilità personale nella
definizione del proprio destino e nella realizzazione del sé.
La modernità esprime un individualismo qualitativo o della differenza, e proprio per questo la tensione tra
individuo e società è particolarmente marcata.
La modernità per Simmel si caratterizza per l’avvento di una nuova tipologia di individuo, quello che lui
definisce l’uomo blasè, il cittadino disincantato e annoiato che si comporta come se avesse già visto tutto
e niente fosse per lui una novità.
E’ l’uomo della metropoli che sviluppa una personalità per la quale preponderante non è il
sentimento (l’agire affettivo di cui parla weber) ma l’intelletto che è qualcosa di ancora più radicale che
non la ragione.
Il fatto che sia l’intelletto la parte predominante dell’uomo blasè comporta che il suo comportamento nei
confronti del mondo e degli altri non può che essere strumentale, atteggiamento che viene altresì sostenuto
anche dalla prevaricazione del denaro come equivalente universale, medium di tutti gli scambi, anche
quelli sociali e non solo economici, capace di quantificare tutto, renderlo calcolabile e perciò indifferente,
dal punto di vista del valore.
La fenomenologia evidente del conflitto tra individui e società è da ricercarsi nel fenomeno della moda;
ancora oggi il testo la moda scritto nel 1905 è un testo imprescindibile.
La società, secondo Simmel, è “il nome con cui si indica una cerchia di individui legati gli
uni agli altri da legami di reciprocità”
Introduce così il concetto di CERCHIA SOCIALE
In altri autori come Marx e Weber abbiamo visto la centralità del concetto di classe per
capire il trait d’union tra individuo e società; per Simmel tale concetto è sostituito dal
concetto di cerchia.
La reciprocità è l’elemento centrale che connota una cerchia, gli individui sono punto
di intersezione tra più cerchie. Tanto più stretta poco numerosa ed indifferenziata al suo
interno è una cerchia sociale, tanto meno sono il singolo corre il rischio di subire un
processo di individualizzazione.
Tanto più la cerchia si allarga tanto più il singolo può sviluppare il senso della propria
autonomia, non c’è più quella sovrapposizione che abbiamo già visto tra coscienza
invididuale e coscienza collettiva in Durkheim, può in altre parole sviluppare la sua
autonomia.
La metropoli, luogo per eccellenza della massima concentrazione e della massima
differenziazione sociale, è il luogo dove tale autonomia si esprime.
Ma in che modo la MODA come processo si inserisce in tale dinamica?
Il sistema della moda è retto da due tensioni contrapposte: la prima è la tensione verso l’imitazione, sviluppa
l’idea che attraverso la moda si realizzi formalmente l’adesione ad una cerchia, mentre l’altra tensione, quella
della differenziazione , sviluppa la necessità di rendere evidente la propria unicità.
Questi due meccanismi sono evidenti nel contesto della metropoli perché si fondano solo sulla esteriorità dei
comportamenti, gli oggetti di moda per l’appunto, ma in realtà il meccanismo che sviluppa la moda è
esclusivamente quello di riprodurre il sistema delle differenze.
In anni recenti chiaramente ispirato alla teoria simmeliana è la proposta del sociolgo inglese Colin Campbell il
quale sostiene che accanto all’etica protestante che ha sostenuto la nascita ed affermazione del sistema
economico capitalista si possa cogliere l’importanza dell’etica romantica la quale a suo parere sarebbe il
substrato ideologico che sostiene la nascita del consumerismo o meglio del consumismo. Se l’etica
protestante contempla comportamenti ed atteggiamenti sobri orientati al risparmio, dunque diviene etica della
privazione, l’etica romantica (che si nutre dell’eroe e dell’eroina romantica così come del mito dell’artista
“dannato” che esprime la propria personalità attraverso l’arte e la produzione artistica) rivela un’etica fondata
sulla realizzazione del sé attraverso tutte le esperienze possibili.
L’etica romatica trova la sua realizzazione nell’edonismo
LA TEORIA CRITICA DELLA
SOCIETA’
Introduzione alla Scuola di Francoforte
Quella della scuola di francoforte è definita la teoria critica della
società capitalistica.
Nasce da finanziamenti privati nella francoforte degli anni ’30 ed
è composta da intellettuali quali Horekheimer, Adorno, Fromm,
Benjamin, Pollock, Lowenthal ed infine Habermas
Quello della scuola di Francoforte è un approccio interdisciplinare:
filosofia, ricerca sociale e psiconalisi si mescolano generando una
critica radicale alla società industriale intesa come società della
razionalizzazione.
Proprio come nella teoria di Marx, la teoria critica ricostruisce la genesi storica dei
fenomeni sociali e ritiene che sia possibile una esplicitazione delle possibilità di
emancipazione dallo status quo.
Il presupposto da cui parte la teoria critica della società capitalistica è
L’ASSERVIMENTO DELLA VITA UMANA AL SISTEMA PRODUTTIVO
Nella società industriale secondo questi autori, il fine dell’esistenza dell’uomo è il produrre.
Gli uomini sono prima stati socializzati ad essere una massa di lavoratori ed in seguito ai
fini dl sistema produttivo sono stati socializzati ad essere una massa di consumatori
Questo perché la vita umana è asservita alla logica della produzione che nel circuito
produzione consumo trova la sua possibilità di espansione.
Ciò accade molto semplicemente attraverso l’industria culturale.
Non a caso due termini che dovrebbero essere antitetici (cultura ed industria, ovvero
mercato) vengono appaiati.
L’INDUSTRIA CULTURALE
• Riguarda l’amministrazione della dello svago del tempo libero dell’uomo, tempo
libero perché libero dal lavoro
• Fornisce all’uomo una compensazione surrettizia ai sacrifici realizzati nel lavoro
• Vede all’opera gli strumenti della persuasione, i mass media dell’epoca, il
cinema, la radio, i rotocalchi, e dopo la seconda guerra mondiale anche la
televisione, i quali hanno lo scopo di portare una cultura alle masse
Ovviamente la sovrapposizione dei due concetti industria e cultura fa si che siamo
molto lontani dall’idea di cultura come luogo di elaborazione del significato o di
aspirazioni ascensionali così come nell’età borghese dell’illuminismo, ma la cultura
di massa è un processo persuasorio che ha come scopo certamente quello di
intrattenere ma soprattutto quello di riprodurre l’adattamento di ciascuno
all’ordine sociale esistente
I mezzi della comunicazione di massa sono fondamentalmente
UNIDIREZIONALI: muovono da una fonte anonima, non per questo non
interessata, verso individui riceventi altrettanto anonimi ed incapaci di feed back
L’industria culturale promuove una cultura di massa attraverso i mezzi di
comunicazione di massa per sostenere una produzione di massa, tutto è
omologo, un sistema coerente
La pubblicità che allora viene definita come reclame è il cuore di questo
sistema promuove oggetti, promuove una cultura diffusa omogeneizzante
all’unico scopo di sostenere il mercato ovvero il consumo.
Si comprende come la cultura si riduca essa stessa a merce perdendo il suo
significato
Appare necessario svelare questa situazione ed affrancare l’umanità attraverso una
rivoluzione totale che non sia solo produttiva, non solo politica
TUTTAVIA
Il motore della rivoluzione non è più la classe del proletariato come affermava Marx.
Non è la classe del proletariato perché essa alla prova dei fatti appare abdicare a questo
ruolo storico che Marx gli aveva attribuito e ciò si evince dalla riluttanza con cui il resto della
classe operaia guarda alla rivoluzione russa, anche alla luce della esperienza del socialismo
reale russo che appare tanto lontano dalla società comunista auspicata da Marx
La critica della scuola di Francoforte appare una critica senza soggetto: è un
messaggio nella bottiglia, un messaggio universale che tende a svelare i paradossi
della vita determinata dalla struttura produttiva, dalla crescente razionalizzazione, al
fine di un’emancipazione della umanità da questa situazione
Grazie alla teoria freudiana essi postulano che il dominio possa trovare resistenza
proprio nelle COSCIENZE DEGLI INDIVIDUI, le quali seppur manipolate in qualche
modo oppongono resistenza al processo di razionalizzazione e all’adattamento
Questa resistenza è il ricordo del desiderio della felicità a cui gli individui
inconsciamente tendono e questa è la speranza possibile a cui la scuola di
Francoforte si rifà.
LA CRITICA ALLA RAZIONALIZZAZIONE
Concordando con Weber e Simmel, gli autori della scuola di Francoforte ritengono
che la società capitalistica o per meglio dire la società della razionalizzazione, abbia
assistito al dominio prevalente della razionalità strumentale
Così come afferma Simmel, LA RAZIONALIZZAZIONE DEL MONDO CONDUCE AL
PREVALERE DELL’INTELLETTO SULLA RAGIONE
L’INTELLETTO è una facoltà essenzialmente logico-combinatoria, orientata
alla calcolabilità che rinuncia ogni rinvio al valore o al senso della vita come
può fare la ragione
Se l’intelletto riguarda la dimensione strumentale della vita, la ragione
riguarda invece la capacità dell’uomo di esprimere capacità critica, capacità
che la ragione dovrebbe dispiegare
Nel passaggio al positivismo vi è chiaramente l’abbandono delle valenze
critiche della ragione su cui si fondava l’Illuminismo
MENTRE I PIONERI DELLA SOCIETÀ BORGHESE AVEVANO USATO IL RICHIAMO
ALLA RAGIONE COME PRESUPPOSTO PER OPPORRE ALLE DISEGUGLIANZE
DEL SISTEMA FEUDALE I PRINCIPI DI EGUAGLIANZA, LIBERTÀ E TOLLERANZA,
IL PENSIERO POSITIVISTA APPIATTISCE LA RAGIONE ALLA RICERCA
SCIENTIFICA E A QUELLA TECNOLOGICA
La ricerca scientifica, nel positivismo, si separa da tutto ciò che è valore e fini come
affermava Weber, ribadendone l’avalutatività.
In questo modo eliminando ogni richiamo al valore la ragione non è più guida per la ricerca di
un mondo migliore più giusto e più libero, ma resta un criterio formale per la valutazione ed il
conseguimento di obiettivi.
Neppure l’illuminismo, osserva Horkeimer, è scevro da critica, e qui si
radicalizza il pensiero della scuola di Francoforte
Per due motivi:
• Il primo motivo riguarda l’osservazione che il pensiero magico e religioso
differente dal pensiero scientifico sembra mostrare una maggiore
consapevolezza del fatto che non tutto è manipolabile attraverso la ragione,
né nel mondo esterno ovvero nel rapporto con la natura, né nel mondo interno
(e qui il riferimento è chiaramente all’inconscio osservato da Freud)
• Il secondo motivo riguarda il fatto che esiste un nesso che non si riesce a
dipanare tra la ragione nel suo complesso (quella che comprende il rinvio ai
valori) e non solo l’intelletto e la logica del dominio
Tutto il processo della razionalizzazione, il prevalere della ragione sulla natura, a
ben vedere non riguarda solo l’illuminsmo: tutta la storia occidentale dalla
Grecia di Omero in poi, è un progetto di padroneggiamento del mondo.
Attraverso la ragione gli uomini cercano di comprendere il mondo, per dominarlo, per
manipolarlo al loro volere
Nel fare ciò l’uomo si estranea dalla natura, il pensiero razionale si separa dalla natura e vi
si contrappone
Questo comportamento ha portato il dominio del sapere tecnico e del dominio dell’uomo
sulla natura, ed al contempo ha cancellato ogni senso della vita che non sia il dominio
tecnico sopra di essa
Così Horkheimer ed Adorno nella dialettica dell’illuminismo
ripropongono la storia di Ulisse ed il canto delle sirene.
Ulisse non vuole rinunciare a sentire il canto delle sirena: pur
tuttavia si reprime, legandosi al palo maestro della nave.
La forza di volontà ovvero la ragione contrapposta alla natura al
desiderio che le sirene naturalmente evocano in Ulisse.
Il progresso così diviene solo il progresso della tecnica, ma
comporta una separazione insanabile con la natura, il mondo va
conosciuto solo per dominarlo
L’illuminismo non va però semplicemente negato, piuttosto va accompagnato
ad una critica costante che ne mostri unilateralità e contraddizioni
Questa critica all’illuminismo è razionale ma di una razionalità che evita la
feticizzazione di se stessa che riconosce la propria ambivalenza
Da Freud in poi il SOGGETTO non è il soggetto razionale borghese che ci
descrive Voltaire, non è più interpretabile in termini monolitici, bensì è una
pluralità di tensioni esistenti tra l’es come inconscio come pulsione e il
super io come istanza delle norme morali, tensioni che vedono l’io, come
principio di realtà, tentare continuamente mediazioni tra entità inconciliabili
Questo principio basilare della psicoanalisi freudiana legata al
marxismo genera un’originale interpretazione dell’olocausto
Come negare che proprio nel cuore dell’Europa occidentale si è
consumato uno dei principali crimini dell’umanità che viene ricordato
con il nome di olocausto che ha comportato la morte di 6 milioni di
ebrei?
Come è possibile che la classe del proletariato non solo abdichi ad
un ruolo centrale nella trasformazione dello status quo, sia il motore
della rivoluzione, ma si integri nel sistema capitalistico e
soprattutto nella Germania nazista?
Secondo la Scuola di Francoforte la razionalità non preserva l’uomo
dalle barbarie: il fatto che l’uomo nella società moderna abbia rimosso
l’originario rapporto con la natura, non significa che principi barbari e prerazionali non possano trovare cittadinanza; è in questa fase che essi
sviluppano una singolare teoria della la memoria, per la quale
LA MEMORIA DI QUESTI CRIMINI DIVIENE LA PROVA
DELL’AMBIVALENZA DEL SISTEMA DELLA RAZIONALIZZAZIONE
E qui sul concetto di ambivalenza che troviamo l’ìnfluenza freudiana.
Per quanto possa essere paradossale e orribile anche l’uomo civile porta
con sé la memoria delle fasi precedenti che ha attraversato.
In ogni uomo vivono ancora, più o meno sepolte, le paure gli impulsi le fantasie che
accompagnavano l’uomo primitivo. Tutto ciò trova spazio nell’es nell’inconscio di ogni
individuo e dunque di quella parte di cui l’uomo non è consapevole
La parziale sospensione delle norme morali che la guerra porta con sé fa emergere i fantasmi
di un’umanità primitiva mai definitivamente scomparsa
L’uomo di per sé non è razionale (o meglio la ragione ha una parte nelle vicende umane ma si
tratta di una parte modesta), gli uomini sono attraversati da tensioni irrazionali: affetti,
emozioni, la stessa razionalità è in realtà una mera razionalizzazione ovvero un camuffare ex
post motivi e spinte all’agire che poco hanno a che vedere con la ragione.
E’ proprio tale irrazionalità che rende le persone disponibili ad affidarsi all’autorità di leader
carismatici, ed il riferimento è qui chiaramente ancora al nazismo
MA DA COSA DIPENDE UNA TALE IRRAZIONALITÀ?
Certo l’industria culturale ha un ruolo centrale: la propaganda nazista si fonda sulla
unidirezionalità del messaggio propagato dai mezzi della persuasione
Ma l’industria culturale in qualche modo trova terreno fertile in una specifica tipologia
di personalità che è tipica del tempo: la personalità autoritaria.
La personalità autoritaria è l’esito del processo di socializzazione, operato dalla
istituzione della famiglia, la quale è sì la cerniera tra la società e l’individuo, ma che
nella società capitalistica ha perso la capacità di formare individui auto responsabili, e
favorisce invece la formazione di individui dotati di un carattere autoritario.
Chi è l’autoritario?
L’autoritario è colui che reprimendo in se stesso i propri impulsi libidici (l’es) e non riuscendo
d’altro canto a darsi ragione di questa repressione scarica sugli altri la propria frustrazione
che accumula: incapace di assumersi la responsabilità di sé stesso è incline ad affidarsi
all’autorità
Affidandosi all’autorità finisce per non metterla in discussione e tende a scaricare ogni disagio
che prova sui più deboli, sui gruppi minoritari e impotenti come le minoranze etniche.
Non è forse vero che lo spirito nazionalsocialista di Hitler nasce sulle ceneri di una Germania
uscita sconfitta dalla prima guerra mondiale?
Questa interpretazione viene definita come TEORIA DEL CAPRO ESPIATORIO, riferendosi
alle antiche usanze rituali quando gli animali venivano sacrificati agli dei per suscitarne la
benevolenza.
L’idealtipo della personalità autoritaria dunque evita di affrontare il proprio disagio (la
depressione, lo spirito nazionale depresso a causa della sconfitta) ed inconsciamente scarica
sugli altri l’aggressività che tale disagio gli provoca.
Come uscire dalla razionalizzazione?
E’ NECESSARIO
SVELARE LE MISTIFICAZIONI DEL REALE, RECUPERARE LA
DIMENSIONE DELL’ESPERIENZA,
LA CAPACITÀ DEL PENSIERO UMANO DI DARE UN SENSO
ALL’ESISTENZA PER MODIFICARE LO STATO DI COSE ESISTENTI
Questo ci conduce alla TEORIA DELLA
CRISI DELL’ESPERIENZA
Da dove deriva la crisi dell’esperienza secondo Benjamin?
L’autore recupera il tema della intellettualizzazione di Simmel e l’idealtipo
dell’uomo blasè
Le condizioni della vita moderna sono a tal punto complesse che l’uomo
può approcciarsi al mondo solo tramite l’intelletto; questo ha come
conseguenza che le esperienze a cui è sottoposto non vengono
sedimentate nel profondo ma bensì rimangono ai margini della vita psichica
dell’uomo.
L’uomo non sedimentando più non è più in grado di elaborare le esperienze
attivando il procedimento della memoria.
La vita si fonda su un simulacro dell’esperienza, ovvero sui segni di ciò che
potrebbe essere vissuto: basti pensare ad un viaggiatore che invece di
viaggiare si limitasse a guardare le cartoline dei luoghi che vorrebbe vedere.
Mentre è innegabile la qualità dei vissuto, le emozioni sono infinitamente
diversi rispetto ad un vero viaggio.
Esperienza e memoria sono invece intrinsecamente connessi secondo
Benjamin, l’individuo sedimenta attraverso la memoria le proprie esperienze
le quali costituiscono la sua storia dalla quale l’uomo attinge rivisitando i
materiali della sua vita.
La memoria consente all’uomo di trovare un senso alla propria vita, dare
continuità al suo percorso di vita raccontare e raccontarsi.
La crisi dell’esperienza non riguarda solo gli aspetti interiori ma anche la vita
esteriore (ad es. il lavoro parcellizzato che sembra non permettere più alcuna
sedimentazione del sapere)
L’uomo che alla catena di montaggio ripete automaticamente gli stessi gesti
non diventa più esperto ma solo più ABILE
Anche il sistema della cultura dimostra una crisi della esperienza laddove alle
comunicazioni più antiche come le narrazioni si sostituisce la centralità della
trasmissione della informazione.
La difficoltà del narrare va ricercata nella difficoltà di porsi davanti alla vita come qualcosa
che abbia una trama: se la vita si è trasformata in un insieme di stimoli scollegati tra di loro
ciò che vogliamo sapere non sono più storie ma bensì informazioni frammentate
Siamo al corrente di ciò che accade e i mezzi di comunicazione ci aiutano in tal senso, ma ciò
di cui siamo al corrente è frammentato al punto da non riuscire ad operare una
ricostruzione dotata di senso.
In tal senso Adorno parla di SEMICULTURA, la semicultura è la mera informazione, la cultura
degradata per il semicolto.
La cultura perde così la sua funzione; al suo posto prodotti culturali, segni di un prestigio
sociale. Consumo al posto di cultura ovvero perdita del senso del proprio essere e del
proprio essere nel mondo
COSA È DUNQUE LA SOCIOLOGIA PER LA
SCUOLA DI FRANCOFORTE ?
La scuola di Francoforte è ideologicamente lontana dal positivismo sociologico di
Comte, che verrà invece ripreso dalla sociologia americana
L’avalutatività del metodo weberiano è quanto di più lontano possibile dal
pensiero francofortese; la scissione tra la scienza e l’etica corrisponde alla
scissione tra ragione e valore ovvero alla negazione della responsabilità che
pensare comporta
La sociologia ha invece come SCOPO quello di svelare le mistificazioni presenti
nel sociale
Le CRITICHE che vengono mosse alla scuola di Francoforte
sono essenzialmente due:
La prima riguarda la possibilità di questa teoria critica di divenire una pratica
politica concreta: come creare una cultura alternativa a quella massificata e
deprivata dal senso?
Ovviamente mediante la critica, la ragione deve essere infatti la guida per la ricerca
di un mondo migliore più giusto e più libero, e non un criterio formale per la
valutazione ed il conseguimento di obiettivi
Ma il pensiero critico può essere esercitato solo in negativo, in quanto resistenza,
se invece diventa affermativo ricadiamo nella logica del dominio.
In tal senso Orkherimer ed Adorno non riescono ad attribuire alcun ruolo alla lotta
politica organizzata
La seconda critica riguarda invece il ruolo attribuito alla industria culturale ed
ai mezzi di comunicazione di massa,
Il grande potere attribuito ai media secondo Lazersfeld dipende anche dal
contesto relazionale in cui tale potere si dispiega, la grande forza persuasiva dei
media è stemperata dal contesto in cui le persone vivono; chi è isolato è più
influenzato dai contenuti mediati dai media, mentre chi è inserito in contesti di
appartenenza forte elabora i contenuti anche in base alle convinzioni che si
generano nelle reti relazionali
STORIA E CRITICA DELL’OPINIONE PUBBLICA
Jurgen Habermas, ultimo esponente della scuola di Francoforte, affronta il
concetto di sfera pubblica intendendo questo come il luogo in cui discorsi e
pratiche discorsive diventano pubblicamente accessibili
Non è uno spazio pubblico in senso istituzionale ma uno spazio in cui i privati
cittadini possono incontrarsi, informarsi, e discutere di ciò che li concerne
collettivamente. In questo spazio i cittadini discutono di politica liberamente
razionalmente e tra pari creando un opinione pubblica che influenza i loro
governi.
Un’opinione pubblica non è la semplice somma di opinioni singole, bensì il
risultato di discussioni e conversazioni aperte razionali e libere in cui si
argomenta la validità di ciascuna tesi. In tal senso l’opinione pubblica è il
fondamento di una qualsiasi forma di società e governo democratici.
L’opinione pubblica nasce nella società borghese del 1700 e si sviluppa in luoghi
specifici: i caffè
Con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa questa sfera pubblica viene
colonizzata dai media e sopratutto dagli interessi economici e politici che
controllano i mezzi di comunicazione di massa
Quello della sfera pubblica borghese è un modello non scevro da critiche, è un
modello elitario, che non considera ad esempio il ruolo delle donne; altre classi
hanno sviluppato i loro luoghi ed una loro opinione pubblica, dove i media non
sempre impediscono il dialogo
Nonostante ciò, negli intenti di Habermas questa della sfera pubblica borghese è
un modello ideale a cui tendere, a prescindere dai limiti in cui si è incarnato
TEORIA DELL’AGIRE COMUNICATIVO
Negli ultimi anni della sua vita, Habermas dedicò la sua attenzione scientifica alla
promozione di una teoria dell’agire comunicativo
Egli asserisce che esistono due logiche contrapposte, l’una è la ragione
strumentale tipica del sistema economico e lavorativo, l’altra è la ragione del
mondo della vita che egli mutua dalla fenomenologia di Husserl; è la ragione che
egli definisce comunicativa e che è tipica del mondo della vita perché è il luogo in
cui gli individui attraverso il linguaggio cercano una comprensione reciproca
In tal senso forte è l’influenza di quella che nelle scienze sociali viene definita svolta
linguistica la quale si interessa ai processi della comunicazione intersoggettiva
mediata dal linguaggio
In tal senso egli critica il determinismo marxista e marxiano ritenendo che
l’esame della società non possa basarsi esclusivamente sulla dimensione
del lavoro a fianco ad esso vanno considerate le pratiche dell’interazione
mediate dal linguaggio
La razionalità COMUNICATIVA è estremamente differente da quella
STRUMENTALE: la razionalità comunicativa si evolve attraverso
l’emancipazione progressiva dai vincoli che impediscono la comunicazione
libera auto consapevole e responsabile fra gli uomini
La CONTRADDIZIONE DELLA SOCIETÀ MODERNA sta nel fatto che essa ha
prodotto le condizioni per lo sviluppo delle forme dell’agire orientato alla comprensione
reciproca a un livello mai intravisto, ma ne ha bloccato le potenzialità tramite la
manipolazione dei processi comunicativi da parte dei poteri economici, politici, e
militari
La modernità è il luogo dove esprimere il senso pieno della parola cittadinanza, che
riguarda una dimensione universalistica del vivere
Resta dunque un progetto incompiuto, ma pieno di potenzialità