Per la formazione del clero diocesano 1 Iª Parte La pastorale della carità in rapporto a quale contesto e a quali bisogni IIª Parte Quale Chiesa e quale carità per rispondere ai bisogni dell’uomo di oggi? Quattro modelli di riferimento IIIª Parte Orizzonti di cambiamento pastorale La Caritas. Identità dell’organismo e implicanze pastorali 2 3 1. I bisogni dell’uomo di oggi • In un contesto sociale di cambiamento e di crisi economica e finanziaria diffusa • “Bisogno” di dignità, di rispetto dei propri diritti, di prospettive di speranza, di opportunità, a fronte di: – competizione e individualismo esasperati – ricerca affannosa di soluzioni alla crescente crisi economica, finanziaria e sociale – offesa alla dignità e ai diritti della persona – aumento di forme di povertà vecchie e nuove – marginalità ed esclusione – crisi dei valori fondamentali: giustizia, onestà prossimità, accoglienza, famiglia, spiritualità… ? 4 2. I bisogni dell’uomo di oggi • In un contesto culturale ed esistenziale di cambiamento • “Bisogno” di relazioni umane significative, di senso, di orientamento, di legami con la memoria e di opportunità progettuali, a fronte di: – un’esistenza appiattita sul presente ed inquieta – difficoltà di vivere la comunicazione, la relazione e la fiducia, sia in senso interpersonale che verso le Istituzioni – una dimensione sempre più multietnica, multiculturale della società e forme di emarginazione ed esclusione sociale – un’emergenza educativa, di perdita delle proprie radici e crescente precarietà – una globalizzazione a più livelli. 5 3. I bisogni dell’uomo di oggi • In un contesto ecclesiale di cambiamento • “Bisogno” di attuare dentro le Chiese locali, le importanti acquisizioni del Concilio Vat. II: – la Chiesa soggetto di pastorale che si sviluppa attorno a tre dimensioni costitutive: Parola, liturgia, testimonianza – la rivalutazione della Chiesa particolare come anima e fermento del mondo – la riscoperta della cultura della carità, della solidarietà, della condivisione, della comunione nella valenza evangelizzatrice a fronte di: – una religiosità che rischia diventare ritualismo – fenomeni di rigetto del Vaticano II – paura di contaminarsi con il diverso e di confrontarsi con il mondo – pratica di una carità ridotta ad elemosina occasionale, più che condivisione. 6 A partire da… alcuni interrogativi • Della pastorale di oggi, nella Nota “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia”, i Vescovi ci indicano due possibili derive : • “Fare della parrocchia una comunità «autoreferenziale» in cui ci si accontenta di trovarsi bene insieme. • La percezione della parrocchia come «centro di servizi» per l’amministrazione dei sacramenti, che dà per scontata la fede in quanti li richiedono”. • Per evitare ciò, dobbiamo chiederci: – “Come intercettare i nuovi «luoghi» dell’esperienza umana così difficili e dispersi”? – “Come accogliere e accompagnare le persone, tessendo trame di solidarietà in nome di un vangelo di verità e carità in un contesto di complessità crescente”? – “Come far sì che la parrocchia sia porta di accesso al vangelo, per tutti in una società pluralista”? – “Come sfuggire al pericolo di ridursi a gestire il folklore religioso o il bisogno del sacro”? (Cf. Il volto miss. delle parr. n.4). • E’ necessario allora vedere quale idea di chiesa condividere, in modo che ne conseguano scelte e azioni adeguate di missionarietà e di testimonianza. 7 8 1. Il modello trinitario della Chiesa • La Trinità, è principio e modello della comunità cristiana, in quanto con il battesimo siamo stati rigenerati a vita nuova nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). - Però, “Nonostante che la fede nella Trinità sia considerata fondamentale per la vita cristiana ed iniziamo preghiere ed azioni nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo “Si può parlare di un esilio della Trinità dalla teoria e dalla prassi dei cristiani” (B. Forte). - E’ fondamentale pertanto recuperare il rapporto con la Trinità, principio e modello di comunione e di carità, coniugando Trinità e storia della rivelazione. - La Chiesa, manifestazione nella storia dell’amore gratuito di Dio, attinge alla fonte eterna dell’amore nello Spirito, per il Figlio, sotto lo sguardo amante del Padre. • Pertanto, protagonista della vita di comunione e di carità della Chiesa non è il parroco, né il vescovo, né il Papa, né l’operatore pastorale. E’ Gesù Cristo morto, risorto e presente in mezzo a noi, che ci orienta e ci porta al Padre, è lo Spirito Santo che ci suggerisce al momento9 giusto le cose che Lui ci ha detto (Cf. Gv 14,26). 2. Il modello cristologico della Chiesa Per realizzare la carità, la Chiesa è chiamata ad operare conformandosi a Gesù che ha risposto ai bisogni dell’uomo, • Assumendo la condizione di servo: “Io sto in mezzo a voi come uno che serve” (Lc 22, 26). • Offrendoci un amore di piena donazione : “Pur essendo di natura divina … spogliò se stesso e divenendo simile agli uomini… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fl 2,5-8). • Proponendoci un amore su cui modellare la nostra vita “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato” (Gv 13,34). “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13), “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fl 2,5). “Quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli… Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,16-18). • Un amore gratuito: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). • Un amore fecondo: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi perché andiate e portiate frutto ed il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16). • Un amore come segno di riconoscimento: “Da questo tutti sapranno10che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni gli altri” (Gv 13,35). 3. Il modello agapico della Chiesa • La carità nella Chiesa nasce dall’agápe. Nel N.T. quando si parla di agápe, si intende: – Un amore che ci è gratuitamente donato fin dal battesimo: “L’amore (αγάπη) di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). – Un amore che ci rende partecipi della vita trinitaria: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore (αγάπη) di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo, sia con tutti voi” (2Cor 13,13) – Un amore che ci fa nascere a vita nuova e ci fa conoscere Dio: “Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama, non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore (αγάπη) ” (1Gv 4,7-8). – Un amore che ci fa vivere in comunione con Dio: “Dio è amore (αγάπη) ; chi sta nell’amore (αγάπη) dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1Gv 4,16). Tutta la storia della salvezza ci dice che Dio è carità. Dio che accoglie, perdona, rimane fedele al suo popolo, dona tutto di sé in suo Figlio, chiede alla Chiesa di vivere la carità, diventando dono per i nostri fratelli. 11 4. Il modello comunionale della Chiesa La mensa eucaristica alimenta la koinonia, indicata nel N.T. come: 1. 2. 3. la comunione con Dio Padre, in Cristo Signore nostro (1Cor1,9) La partecipazione al corpo e sangue di Gesù (1Cor 10,16) L’essere un cuor solo ed un’anima sola e il condividere tutto (Atti 4, 32-33). E’ nella partecipazione all’eucaristia che la comunità cristiana vivendo la koinonia, viene educata a testimoniarla attraverso “la sollecitudine verso i più deboli e gli ultimi, il farsi carico degli emarginati, dei poveri antichi e nuovi, dei malati, dei minori in disagio…” (Il volto missionario…n. 10). 12 Ne consegue la centralità della carità nella Chiesa • • • • • • “La carità è un ambito che qualifica in modo decisivo la vita cristiana, lo stile pastorale e la programmazione pastorale…” (NMI n. 49) “Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremmo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli ha voluto identificarsi: «Ho avuto fame… ero forestiero…” (Cf. Mt 25, 31ss) “Questa pagina non è un semplice invito alla carità: è una pagina cristologica… Su questa pagina non meno che sul versante dell’ortodossia, la Chiesa misura la sua fedeltà di sposa di Cristo” (NMI n. 49). La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza” (DCE, n. 25). L’attività caritativa cristiana non è un mezzo per cambiare il mondo in modo ideologico,…ma è attualizzazione qui ed ora dell’amore di cui l’uomo ha sempre bisogno” ( DCE n.31). “L’amore nella sua purezza e nella sua gratuità è la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo” (DCE, n. 31c). 13 Gli ostacoli di ieri e di oggi all’ecclesiologia di comunione cfr 1Cor 11, 17-34 • la divisione in tante fazioni. “Quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi…” (1Cor 11,18) • la chiusura di ciascuno nel proprio egoismo. “Ciascuno, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto” (1 Cor 11,21). • l’insensibilità di fronte ai bisogni di altri fratelli. “E così, uno ha fame, l’altro è ubriaco” (1Cor 11.21). Fondamentale pertanto, è il come si partecipa alla cena del Signore, e come il sacerdote educa la comunità a fare memoria della morte del Signore, perché sia luogo di comunione, fonte e scuola di carità, anziché motivo che getta discredito sulla Chiesa (cfr 1 Cor 11,20-33). La preghiera eucaristica V/c così ci fa pregare: “Fortifica il tuo popolo con il pane della vita e il calice della salvezza… Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli; infondi in noi la luce della tua parola, per confortare gli affaticati e gli oppressi: fa che ci impegniamo lealmente 14 al sevizio dei poveri e dei sofferenti. La tua Chiesa sia testimonianza viva.. La Chiesa di fronte al cambiamento • Di fronte a cambiamenti e trasformazioni, la Chiesa, sempre di più ha preso consapevolezza che è chiamata ad essere “luce delle genti” (LG n. 1). • Inoltre, “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto,… sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo” (GS n. 1). • Attraverso l’opzione preferenziale per i poveri, si manifesta lo stile dell’amore di Dio e si seminano nella storia i semi del Regno di Dio (Cf. NMI, 49) • All’inizio di questo nuovo millennio, per attuare la nuova evangelizzazione, il Papa ed i Vescovi ci hanno richiamato ad un obiettivo primario: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo” (NMI n. 43). 15 Orizzonti di cambiamento pastorale Nonostante i tentativi, “i consueti percorsi di trasmissione della fede risultano in non pochi casi impraticabili”. Pertanto, – Non si può più dare per scontato che si sappia chi è Gesù Cristo • tutte le azioni pastorali vanno innervate di primo annuncio. – Occorre incrementare la dimensione dell’accoglienza: • tutti devono trovare nella parrocchia una porta aperta nei momenti difficili o gioiosi della vita. – Dare centralità all’ascolto della Parola di Dio, • è la fonte da cui tutto scaturisce nella nostra vita. – Non devono mancare iniziative organiche di proposta del messaggio cristiano, • vanno affrontate in modo unitario le domande di fondo. – Intessere il dialogo tra fede e cultura • bisogna incidere sulla cultura complessiva della nostra società. – Situare l’annuncio nel contesto del pluralismo religioso, • considerando che il nostro paese cresce con l’immigrazione. – Circondare l’annuncio di segni di credibilità, • a cominciare da quello dell’unità nell’azione pastorale (Cf. CVinC, n. 6). 16 Una pastorale attenta alla dimensione antropologica • L’ascolto della vita delle comunità, fa cogliere una forte istanza di rinnovamento, nella direzione di una pastorale – più vicina alla vita delle persone, meno affannata e complessa, meno dispersa e più incisivamente unitaria (Rigenerati pusv, 21); • “Secondo queste linee occorre impegnasi in un «cantiere» di rinnovamento pastorale”, seguendo tre prospettive: – Centralità della persona – Qualità delle relazioni all’interno delle comunità – Corresponsabilità e interazione tra le dimensione della pastorale (Rigenerati pusv, 21). 17 1. Centralità della persona – L’unità della persona, come criterio fondamentale, per ricondurre a unità l’azione ecclesiale, anche se multiforme, richiede: • superare l’attuale impostazione troppo settoriale, considerando le tre dimensioni costitutive della Chiesa non fine a se stesse ma rispetto alla persona che vive il lavoro e la festa, la tradizione, l’affettività, la fragilità,la cittadinanza. • Ispirarsi aI Risorto che, nei diversi tempi e luoghi, ci insegna a ricondurre le forme dell’annuncio alla persona. • Ripensarsi in vista di un maggiore coordinamento, per operare insieme, in maniera più essenziale (Cf. Rigenerati pusv, 23). L’accoglienza di chi è in difficoltà, la ricerca del lavoro, della casa, dell’inserimento sociale, la proposta religiosa per gli stranieri, sono azioni che si riferiscono alla persona e presuppongono una progettazione pastorale comune. 18 2. Qualità delle relazioni • Incontro, relazione, coinvolgimento, sono la triade che delinea il volto di comunità cristiane, con uno stile che valorizza ogni persona. Ciò comporta: • generare una rete di relazioni, di comunicazione e di comunione, ponendo sempre la qualità del rapporto prima dei programmi. • Capacità di stimarsi a vicenda. • Valorizzazione dei laici (Cf. Rigenerati pusv, 23) La visita domiciliare a malati ed anziani, da parte del ministro straordinario dell’Eucaristia. La benedizione delle famiglie, la vicinanza in occasione di lutti o ricorrenze significative, sono occasioni di cura delle relazioni. 19 3. Corresponsabilità e interazione – La corresponsabilità dà forma concreta alla comunione, attraverso la capacità di condividere scelte che riguardano tutti. – E’ necessario che si rendano operativi quei luoghi in cui ci si allena al discernimento e alla corresponsabilità (consigli pastorali) . – Sguardo aperto ai problemi del territorio e dell’intera società (Cf. Rigenerati pusv, 23). La progettazione pastorale congiunta ed integrata di catechesi, liturgia, carità, famiglia, giovani,pastorale sociale e del lavoro, dovrebbe essere il modo ordinario di far pastorale. 20 La Parrocchia soggetto di pastorale • La comunità cristiana nel suo insieme è il soggetto primario della catechesi, della liturgia e della testimonianza della carità e si qualifica non per se stessa, “ma in riferimento alla Chiesa particolare, di cui costituisce un’articolazione” (CVinC, n. 3). • “Il mutamento esige il discernimento comunitario, …che riguarda tutti, ma in particolare i consigli pastorali parrocchiali, in collegamento con quelli diocesani, e chiede di valorizzare gli spazi del dialogo” (CVinC, n. 2). • “Occorre avere il coraggio della novità che lo Spirito chiede oggi alle Chiese, tenendo fisso lo sguardo su Gesù” (CVinC, n. 5). • E’ necessario promuovere la partecipazione e la corresponsabilità di tutti. “Vi sono diversità di carismi… Vi sono diversità di ministeri…Vi sono diversità di operazioni… a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune… Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (1 Cor, 12ss). Secondo questa prospettiva, la parrocchia, in tutti i suoi componenti, è soggetto di tutta la pastorale. 21 Una pastorale sempre più integrata – L’integrazione pastorale fra i diversi soggetti ecclesiali, non è una operazione di pura ingegneria ecclesiastica, ma la condivisione di un «disegno complessivo», che porta a verificare: • Il rapporto delle parrocchie tra di loro e con la diocesi • Le forme con cui viene accolto il dono della vita consacrata • La valorizzazione del laicato, delle associazioni, dei movimenti e delle nuove realtà ecclesiali, delle singole soggettività, – E’ in vista di una espressione di comunione che, in quanto dono di Dio, rigenera la persona in Cristo e educa a vivere relazioni costruttive. – Ha alla base la «spiritualità di comunione» come elemento di fondo che precede le varie iniziative concrete (Cf. n. 25). 22 Indicazioni per una “conversione pastorale” Annuncio del Vangelo e testimonianza della carità, né sono in concorrenza, né la seconda è premessa all’evangelizzazione. “Il pane della Parola di Dio e il pane della carità, come il pane dell’eucaristia, non sono pani diversi: sono la persona stessa di Gesù che si dona” (ETC n. 1). Per annunciare Gesù Cristo, bisogna averlo prima incontrato, accolto, avendo lo sguardo fisso su di lui, entrando in comunione con lui (CiV nn. 10 ss). “Prima di programmare iniziative concrete, occorre promuovere una spiritualità della comunione come principio educativo, in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo, il cristiano, i ministri dell’altare, gli operatori pastorali…” (NMI n. 43). “Spiritualità di comunione significa: Sguardo portato sul mistero della Trinità che abita in noi e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli. Sentire il fratello come uno che mi appartiene, per saperne condividere le gioie e le sofferenze. Vedere ciò che di positivo c’è nell’altro per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio per me. Saper far spazio al fratello, portando i pesi gli uni degli altri. Senza questo cammino spirituale, a ben poco servono gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione” (NMI n. 43) 23 24 1. Dallo strumento caritativo all’organismo pastorale • Dal ‘43 al ’70 in Italia ha operato la P.O.A. a livello nazionale, le O.D.A. a livello diocesano, come strumento caritativo per far giungere ai singoli e alle famiglie gli aiuti nel periodo della guerra e della ricostruzione. • Nel ’70 Paolo VI scioglie la P.O.A., avendo storicamente esaurito il suo compito e sollecita la CEI ad istituire un proprio organismo pastorale per la promozione della testimonianza della carità, ispirato alle linee indicate dal Con. Vat. II. • Con decreto del 2 luglio 1971 la CEI istituisce la Caritas italiana. A livello diocesano, la decisone di istituire la Caritas veniva lasciata ai vescovi. • Nel settembre del ’72 il primo Convegno delle Caritas diocesane, nel quale – vengono sottolineate identità e finalità della Caritas – si evidenzia che la Caritas si configura come organismo pastorale con prevalente funzione pedagogica, per promuovere la testimonianza della carità. 25 la – Paolo VI commentando lo Statuto indica le linee orientative sulle quali Caritas si è mossa in questi anni. Le peculiarità della Caritas fissate nello Statuto 1. IDENTITA’ cfr. Statuto Caritas Italiana Art. 1 ORGANISMO PASTORALE che opera: – per promuovere la testimonianza della carità della comunità cristiana, in forme consone ai bisogni, – in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace – con particolare attenzione agli ultimi – con prevalente funzione pedagogica. 2. MANDATO cfr. Statuto Caritas Italiana Art. 3 – tradurre (il senso di carità) in interventi concreti con carattere promozionale in collaborazione con i Vescovi – realizzare studi e ricerche sui bisogni per aiutare a scoprirne le cause – curare il coordinamento delle iniziative e delle opere caritative di ispirazione cristiana – promuovere il volontariato – favorire la formazione degli operatori pastorali – indire, organizzare e coordinare interventi di emergenza – contribuire allo sviluppo umano e sociale dei Paesi in via di sviluppo – stimolare l’azione delle istituzioni civili ed una adeguata legislazione. 26 26 Ciò che è diventato peculiare per la Caritas 3. DESTINATARI: i poveri, la comunità, il territorio/mondo La Caritas cerca di tenere sempre presente che: – prima del bisogno, dell’emergenza, ci sono le persone che vivono queste condizioni ed hanno necessità di essere ascoltate, incontrate, considerate ed aiutate (poveri); – c’è la comunità che va educata all’attenzione verso chi è in difficoltà, responsabilizzandola a sentire che l’altro le appartiene, è parte di sé (Chiesa); – ci sono precisi contesti, dentro cui le persone vivono, che richiedono discernimento e uno sguardo ampio, globale (territorio/mondo). Pertanto, i valori della condivisione, dell’accompagnamento, della partecipazione, si concretizzano in misura in cui, con una costante azione di animazione, la comunità cresce nella consapevolezza di essere soggetto di una carità testimoniata, nei riguardi di ogni persona, vicina e lontana, da vedere con amore gratuito e totale. Tutto ciò evangelizza, perchè manifesta in modo credibile, con segni e fatti dentro la storia, l’amore di Dio per ogni persona. 27 27 Ciò che è diventato peculiare per la Caritas 3. Il Metodo Nel contesto sociale molto complesso ed in continuo cambiamento, il metodo pastorale dell’ascoltare, osservare e discernere per animare, assunto dalla Caritas, risulta efficace perché, utilizzando anche luoghi e strumenti specifici per l’ascolto (il CdA), l’osservazione (l’OPR) e il discernimento/animazione (il Lp C), permette di partire dalla realtà e dare sistematicità, organicità e concretezza al lavoro di sensibilizzazione e coinvolgimento delle comunità. 4. Il Lavoro in equipe Per raggiungere i destinatari (poveri, chiesa, mondo), per promuovere ed utilizzare opportunamente i luoghi dell’ascolto, dell’osservazione e del discernimento per progettare e realizzare percorsi formativi e azioni, si è colto il valore del lavoro in equipe che permette: – – – il coinvolgimento di soggetti appartenenti ad ambiti diversi e con competenze diverse, il raggiungimento ed il coinvolgimento della comunità e delle istituzioni, la realizzazione di una pastorale progettuale e integrata, fornire risposte, indicazioni e servizi con maggiore efficacia. 28 28 Ciò che è diventato peculiare per la Caritas 5. Attenzione alla formazione In questi decenni, la Caritas ha tenuto sempre al primo posto la formazione. Partendo dal corso più orientato alla trasmissione del sapere è seguita l’esigenza di formare al saper fare per volontari e operatori, e al saper essere animatori pastorali, in modo da muoversi sul territorio con sempre maggiore competenza e consapevolezza. 6. La pastorale della carità L’attenzione ai tre destinatari: poveri, chiesa, mondo l’utilizzo del metodo di lavoro con gli appositi luoghi/strumenti, il promuovere azioni che coniugano emergenza e quotidianità, l’individuazione di percorsi che portino ad una testimonianza della carità assunta responsabilmente dalla comunità, è pastorale della carità. L’obiettivo: educare a condividere, a ripensare stili di vita personali e familiari, a mettere a disposizione le proprie risorse (tempo, competenze, professionaltà…) a vantaggio di chi sperimenta la difficoltà, per testimoniare un amore solidale, in modo che tutti si sentano responsabili di tutti. 29 29 Ciò che è diventato peculiare per la Caritas 7. La progettazione pastorale La Caritas ha maturato la convinzione di evitare che l’intervento di aiuto risulti episodico e la promozione e l’animazione siano affidate all’improvvisazione. La progettazione pastorale, evitando improvvisazione e provvisorietà, rende organico, continuativo e fruttuoso quanto si realizza, perché richiede di: – partire da una serie di elementi conoscitivi – fissare gli obiettivi – prevedere tempi, risorse e soggetti da coinvolgere – metodi da utilizzare ed azioni da promuovere – verifiche periodiche da compiere. 30 30 IN DIOCESI • La Caritas diocesana, utilizza con progettualità il metodo ascoltare, osservare, discernere e i relativi luoghistrumenti (CdA, OPR, LAB. Prom. Caritas); • promuove azioni per animare alla testimonianza l’intera Chiesa locale; • collabora con gli altri Uffici pastorali in vista di una pastorale unitaria; • cura la formazione degli operatori; • è a servizio delle Parrocchie, attraverso il laboratorio, perché sorgano o si rafforzino le Caritas parrocchiali, in modo che si crei una diffusa rete di solidarietà. Vescovo Uffici di curia Equipe Caritas Diocesana laboratorio Car. Pa. CdA OPR 31 31 SUL TERRITORIO La Caritas diocesana, • rileva situazioni di povertà e risorse, per promuove risposte a bisogni disattesi; • dialoga con gli Uffici delle pubbliche istituzioni; • è presente nei tavoli dove si progettano le politiche sociali e si redigono i piani sociali di zona; • promuove azioni per animare alla testimonianza l’intero territorio; • cura un’azione di rete tra le associazioni caritative e di volontariato; svolge, al momento opportuno, un’azione di denuncia di situazioni di ingiustizia e abbandono. • 32 32 IN PARROCCHIA La Caritas parrocchiale, cuore che vede sul territorio, • utilizza con progettualità il metodo ascoltare, osservare, discernere, • promuove azioni e percorsi per animare e formare, • attua la testimonianza della carità dentro la comunità stessa e sul territorio, proponendo stili di vita improntati a sobrietà, l’accoglienza solidale, l’apertura alla diversità, la relazione gratuita, puntando ad una comunità TUTTA capace di annunciare, celebrare e testimoniare il Vangelo con parole e segni credibili. 33 33 In definitiva… 34