La Teoria del Big Bang .......................................................................................................................................... 1 Come si è giunti al Big Bang. ............................................................................................................................. 1 I tempi del Big Bang........................................................................................................................................... 3 Il meccanismo del Big Bang............................................................................................................................... 4 Il Big Crunch. ..................................................................................................................................................... 7 Evoluzione Stellare................................................................................................................................................. 8 Le nane bianche é la materia degenere ................................................................................................................. 10 La struttura interna del pulsar ............................................................................................................................... 11 La materia iperdensa............................................................................................................................................. 14 I Buchi Neri .......................................................................................................................................................... 15 Introduzione: lo spaziotempo ........................................................................................................................... 15 I buchi neri secondo Newton é Laplace. .......................................................................................................... 16 Einstein é la curvatura dello spazio tempo. ...................................................................................................... 17 Un patriota prussiano in trincea ........................................................................................................................ 19 Vita, morte é dannazione di una stella.............................................................................................................. 21 Buchi neri "da laboratorio" ............................................................................................................................... 22 Tutto scorre e... tutto gira! ................................................................................................................................ 25 Buchi neri é frontiere della fisica ......................................................................................................................... 27 Galassie................................................................................................................................................................. 29 La classificazione delle galassie ........................................................................................................................... 29 La struttura delle galassie ..................................................................................................................................... 30 Gli ammassi di galassie ........................................................................................................................................ 31 L'EVOLUZIONE DELLE STELLE .................................................................................................................... 32 LE STELLE IN GENERALE .......................................................................................................................... 32 Le nebulose planetariE ..................................................................................................................................... 35 Le nane bianche ................................................................................................................................................ 36 Le novae ........................................................................................................................................................... 37 Le supernovae ................................................................................................................................................... 38 Le stelle di neutroni .......................................................................................................................................... 40 La Teoria del Big Bang LA Teoria del Big Bang è la teoria dell'evoluzione dell'Universo, dall'istante della "Creazione" in poi, con particolare attenzione su ciò che è avvenuto nei primissimi tempi. Dunque "Creazione" corrisponde a tempo = 0 ; mentre Teoria del Big Bang corrisponde invece a tempo > 0. La Creazione corrisponde all'istante in cui le Leggi della Natura, é lo spazio-tempo vengono ad esistere dal Nulla Assoluto ; le successive "creazioni" corrispondono all'apparire, conformemente alle preesistenti leggi, di entità fisiche che in precedenza non si trovavano ancora. Per le varie creazioni, dunque, ha senso parlare di "prima", mentre non ha senso parlarne per la Creazione, in quanto essa coincide con l'apparire del concetto di "tempo". Come si è giunti al Big Bang. Nel 1916, Einstein pubblicò la sua Teoria della Relatività generale. Essa pose fine ad una disputa secolare sull'azione a distanza che prima arrovellato perfino lo stesso Newton é cioè di come era possibile che due oggetti distanti tra loro, tra i quali c'è il vuoto (come la Terra é il Sole), subiscano una attrazione reciproca é di che cosa fosse fatto questo mediatore fisico che faceva da elastico. La Teoria della Relatività generale risolve questo problema mostrando che lo spazio tempo possiede, punto per punto, una geometria non rettilinea dovuta alla presenza di masse, é che gli oggetti che vi sono immersi non fanno altro che seguire passivamente i percorsi curvilinei delineati da questa geometria. Questa teoria, che descrive la geometria dello spazio tempo, fu applicata all'Universo nel suo insieme. Sorprendentemente, tutte le soluzioni possibili di Einstein mostrarono che l'Universo non può essere "stazionario" su vasta scala, come si era da sempre assunto, ma doveva essere o in contrazione o in espansione. La necessità a di considerare un universo non "stazionario" non si sentiva da nessuna parte é Einstein stesso si sentì costretto a inserire un nuovo termine detto "costante cosmologica", (cosa di cui egli stesso si pentì) essa applicata alle sue equazioni consentiva descrizione di universi "stazionari". Contemporaneamente Hubble già disponeva di prove osservative che indicavano un'espansione dell'Universo, proprio come previsto da Einstein nella sua Teoria della Relatività generale nella forma originaria, cosa che per Hubble era incredibile é non la rese pubblica fino al 1929 dopo essersi reso conto che i dati sperimentali erano certi. L'approssimazione con cui Hubble fu in grado di valutare il valore numerico del fattore di espansione era molto ampio, ma al di là di ogni possibile dubbio le sue osservazioni dimostravano senza ombra di dubbio che l'universo si stava espandendo. Hubble ipotizzò che tutte le galassie di un certo tipo abbiamo la stessa luminosità intrinseca é dedusse che più piccole é meno luminose apparivano, più dovevano essere lontane da lui ed in modo calcolabile. Prendendo poi in considerazione gli spettri si accorse che la luce che emetteva era spostata verso il rosso tanto più quanto erano lontane. Interpretando tale arrossamento come effetto Doppler, giunse alla conclusione che le galassie si allontanano da noi quanto più velocemente quanto più sono lontane. La constatazione che l'Universo si espande può far nascere delle domande più che legittime : se tutte le galassie si allontanano simmetricamente dalle Terra vuol dire che la Terra è al centro dell'Universo ? Se la velocità delle galassie è proporzionale alla distanza, è possibile che esistano galassie così distanti che la velocità di allontanamento sia pari a quella della luce ? Cosa avverrà oltre ? La Teoria della Relatività Speciale non proibisce tutto ciò ? La risposta a queste domande è che noi non siamo al centro dell'Universo perché una situazione come quella descritta é perfettamente simmetrica dovunque, se ci spostiamo dalla Terra a un punto qualsiasi, per quanto lontano, troveremo che anche da quella posizione le galassie si allontanano in modo "simmetrico" tra di loro. Non esiste un punto geometrico dell'Universo é quindi un punto di osservazione equivale l'altro. Per rispondere alla seconda domanda bisogna tenere conto che le galassie non si "allontanano" tra di loro come un treno sui binari dalla propria stazione. E' il "tessuto spaziale" che si "dilata" é "trascina" con se le galassie. L'esplosione dell'universo non è l'esplosione di una bomba che proietta le schegge attorno a se in uno spazio già preesistente. Si tratta piuttosto di un aumento "della quantità di spazio". Dato che la Teoria della Relatività Speciale fa riferimento a uno spazio tempo "statico" essa non ha alcun potere su questa "espansione" dello spazio, quindi potrebbe essere che l'Universo nella sua totalità sia infinito é che parti infinitamente lontane si espandano a velocità infinite. L'orizzonte che delimita la frazione di Universo con cui possiamo interagire è dato proprio da quelle galassie che, allontanandosi "quasi" alla velocità della luce. Riescono ancora a inviarci fotoni che, per effetto Doppler, sono spostati a lunghezze d'onda sempre maggiori, ed energie sempre minori, fino a svanire del tutto. Fatte queste premesse dato che due oggetti si allontanano con velocità proporzionale alla distanza ed il fattore di proporzionalità è finito, basterà risalire all'indietro nel tempo in una quantità finita per raggiungere il momento in cui tutte le parti costituenti l'Universo (materia, energia, spazio é tempo) erano concentrate in un solo punto da cui è partita l'espansione o il Big Bang. I tempi del Big Bang Al giorno d 'oggi, noi osserviamo un certo ritmo di espansione dell'Universo, ma sappiamo che tale ritmo doveva essere maggiore in passato, poiché l'attrazione gravitazionale della stessa materia che compone l'Universo lo ha, col passare del tempo, un po' diminuito. Per calcolare quanto tempo fa ha avuto luogo il Big Bang, dunque, bisogna conoscere con esattezza due quantità: l'attuale tasso di espansione. é la densità media dell'Universo, da cui ricavare le informazioni sul rallentamento dell'espansione. Purtroppo, nessuna delle due quantità è nota con la precisione che desidereremmo. Il ritmo di espansione viene definito "costante di Hubble" (abbreviato in Ho), é viene misurato in chilometri al secondo per megaparsec (il che vuoi dire che un oggetto distante da noi M megaparsec si allontana con una velocità pari ad M * Ho/Km sec. ). Una formula semplice consente di calcolare I 'età dell'Universo, espressa in miliardi di anni: età = 1OOO C/Ho laddove C è una funzione del rallentamento dell'espansione che, per il momento, si può porre C = 1. Dunque, se Ho = 5O Km/ sec*Mpc età =20 miliardi di anni mentre, se Ho=100, età' =10. Molti ricercatori propendono per un valore di Ho compreso tra 50 é 60, adducendo ottimi motivi. Purtroppo, altrettanto buoni motivi sono addotti da ricercatori che propendono per un valore di Ho tra 80 é 100. C'è poi il rallentamento. In questo caso, il problema è molto controverso, é non solo per quanto riguarda età dell'Universo. Per ora teorie (ed osservazioni) rivali affermano che il coefficiente C che compare nella formula precedente, difficilmente può essere maggiore di 0,85, é difficilmente minore di 0.67. Dunque, il Big Bang può essere avvenuto tra un massimo di 17 miliardi, ed un minimo di 6.7 miliardi di anni fa. Una grande incertezza incertezza. Una certa serie di indizi sembra comunque escludere la cifra più bassa (già età dei sole è 4,7 miliardi di anni, é prima della nascita del sole debbono essersi evolute diverse generazioni di stelle, per non parlare di almeno un miliardo di anni necessario per la formazione della galassia):probabilmente, come spesso avviene, la verità sta nel mezzo, é la vera età dell'Universo si aggira nell'intervallo tra 11 é 14 miliardi di anni. Da quello che si è detto prima scaturisce una polemica "conflitto di età" é cioè che l'età dell'Universo, che non può superare i 14 - 15 miliardi di anni, non si concilia con l'età degli Ammassi Globulari che, secondo alcune versioni della teoria dell'evoluzione stellare, non può essere inferiore a 16 - 20 miliardi di anni. Dunque, si è parlato di "crisi" o perfino di "morte" del Big Bang, ma le conclusioni sono affrettate, in primo luogo, l'età degli Ammassi Globulari è ben lungi dall'essere determinata con l'accuratezza che alcuni astrofisici sostengono. Quando si mettono a confronto in modo critico i risultati teorici ed osservativi più recenti, si scopre che questa età può essere fatta scendere in, modo consistente, fino ad 11 o 12 miliardi di anni, senza andare contro il quadro teorico é sperimentale gli scienziati dispongono é poi c'è da tenere in considerazione la costante cosmologica di Einstein . Nel caso in cui essa fosse diversa da zero, l'universo, dopo una prima fase di espansione, si sarebbe "fermato" per un certo numero M di miliardi di anni, per poi riprendere ad espandersi. Il meccanismo del Big Bang Si è accennato alla Teoria della Relatività Generale, come teoria della gravitazione. La gravitazione, però, è solo una delle quattro forze o meglio: "interazioni" che, per quel che si ritiene sapere oggi, governano l'Universo. Le altre tre sono: l'interazione elettromagnetica, quella cosiddetta "debole" (che presiede a tutta una famiglia di decadimenti radioattivi), é l'interazione "di colore" che una volta era detta "interazione forte" (che tiene assieme nuclei atomici é particelle elementari). Queste ultime tre interazioni, vengono oggi descritte in base alla Teoria Quantistica dei Campi. Ciascuna delle quattro interazioni non è altro che una manifestazione particolare di una interazione unica, ancor più fondamentale. Si è dunque alla ricerca della cosiddetta "Teoria del Tutto", che comprenderebbe tutte le leggi della fisica in un'unica formulazione. Se riuscissimo a riprodurre in laboratorio energie (o temperature) così elevate come quelle esistenti subito dopo il Big Bang, potremmo sperimentare questa unificazione delle quattro interazioni. Ma perfino con i più grandi acceleratori di particelle esistenti al mondo, siamo ancora miliardi di miliardi di volte al disotto delle energie necessarie. Secondo i fondamenti della Teoria del Tutto immediatamente dopo il Big Bang le quattro interazioni fondamentali sarebbero state unite ed indistinguibili l'una dall'altra. Ci sarebbe stata dunque un 'unica 'forza "della natura, mentre le cariche elettriche, quelle nucleari, la gravitazione eccetera non sarebbero ancora state presenti. Giunti però a tempo -44 (cioè ad una frazione di secondo con 44 zeri dopo la virgola), l'interazione gravitazionale si sarebbe "staccata" dalle altre tre é sarebbe apparsa per la prima volta la forza di gravità propriamente detta perché la temperatura era ormai scesa al disotto del minimo indispensabile a mantenere unificazione delle interazioni. Scendendo, a tempo -33 si sarebbe poi "staccata" l'interazione di colore, ed a quell'istante sarebbero dunque comparsi i quark (o per meglio dire: dei pesanti agglomerati di quark), che oggi sono ritenuti mattoni costituenti la materia. A tempo 9 si sarebbero divise le due interazioni restanti, é cioè la debole é l'elettromagnetica, mentre a tempo -2 i protoni sarebbero diventati stabili, ed a tempo O (e quindi ad un secondo dal Big Bang) si sarebbero formati i primi nuclei atomici. Se dunque fossimo in possesso della Teoria del Tutto, saremmo in grado di delineare con precisione tutti gli avvenimenti occorsi a partire dall'istante tempo = O. Purtroppo, i primi frammenti di Teoria del Tutto di cui disponiamo, ci pongono di fronte ad un problema che, al momento, è irrisolto: la Teoria della Relatività Generale é la Teoria Quantistica del Campi (e cioè le due teorie di base che governano tutte le interazioni conosciute) sono incompatibili tra loro. Sovrapporre la Teoria della Relatività Generale con la Teoria Quantistica dei Campi, quando questa erano una sola, porta ad assurdità logiche, mentre se prese singolarmente sono perfettamente efficienti ; ciò porta alla formazione di un orizzonte che corrisponde a tempo -44 nel quale esse si sono divise. Il tempo -44 non può attualmente essere indagato in via di principio é quindi rappresenta per la scienza, in qualche modo, il vero inizio dei tempi. In quell'istante l'Universo era composto da un magma di particelle super-pesanti (tra cui le particelle X ed Y, ipotizzate che sono un passo intermedio verso la Teoria del Tutto ma ancora mai osservate) che collidevano é si trasformavano le une nelle altre. Materia ed antimateria erano, in quel momento, in equilibrio tra loro. Giunti a tempo 37, secondo alcune teorie si verificò un evento di particolare interesse per i futuri destini dell'Universo: l'inflazione. Schematizzando molto, si può dire che il Vuoto cambia di stato (il Vuoto, quindi, è profondamente diverso dal Nulla; il Vuoto contiene già le leggi della natura é può sussistere in molti stati). In un certo senso, prima di quel tempo il Vuoto era troppo "compresso" per liberarsi di un eccesso di energia che possedeva, é se ne liberò appena possibile, cedendola allo spaziotempo stesso, la cui espansione venne così tremendamente accelerata. Bisogna ricordare che questa espansione, non essendo una "velocità" fisica, ma una dilatazione dello "spazio" in quanto tale, non è condizionata dalla velocità della luce, durante l'inflazione ogni singola "regione" componente l'Universo si dilata di un ammontare spropositato, un uno seguilo da cinquanta o sessanta zeri prima della virgola. Senza inflazione, la frazione di universo che oggi è accessibile alle osservazioni aveva, all 'istante iniziale, una dimensione di circa -35, espressa come logaritmo di una distanza in centimetri. Con l 'inflazione, la dimensione iniziale dello stesso ammontare attuale di spazio era forse -90 -100. I 'inflazione termina a tempo -34, lasciando una conseguenza molto importante. Se prima esistevano, da un punto all'altro del proto-Universo, fluttuazioni di densità o temperatura, il fatto di aver dilatato immensamente regioni minuscole, all'interno delle quali le fluttuazioni non potevano essere che trascurabili, ha reso pressochè omogenee delle zone vastissime di spazio. Prima che si pensasse all'inflazione, i cosmologi non sapevano dare spiegazione all'apparente omogeneità dell'Universo su vasta scala, é specialmente dall'omogeneità della famosa radiazione di fondo a 2.73 gradi Kelvin. Tutto sta ad indicare che questa omogeneità sia proprio la conseguenza dell'inflazione, la quale sembra quindi risolvere il problema. A tempo -33 la temperatura diminuisce via via (a questo punto la temperatura é scesa a un milione di miliardi di miliardi digradi) é le collisioni tra le particelle non sono più violente come prima. Gli urti non riescono più a creare particelle X ed Y, é queste decadono rapidamente in quark ed antiquark. Se questo decadimento fosse stato del tutto simmetrico non ci sarebbe materia nell'Universo. é certo però (anche se non si è codificato in modo soddisfacente questa legge di natura) che, su un miliardo di antiparticelle che vengono create, viene creato un miliardo di particelle più una. Ed è proprio quest'ultima che sopravvive all 'annichilazione generale lasciando come residuo tutta la materia oggi esistente. Si potrebbe dire che le leggi della natura sono asimmetriche per una parte su un miliardo, ed in assenza di questa provvidenziale asimmetria non esisterebbe la materia, il tempo, forse lo spazio stesso; in pratica non esisterebbe nulla. Che ci sia stata questa asimmetria proprio in quel preciso istante, ce lo dice anche un 'altra osservazione ; i fotoni, che in precedenza erano in equilibrio statistico con le particelle/antiparticelle X é Y, si separano quando queste ultime decadono, contando i fotoni, è possibile sapere anche quante particelle esistevano a quel momento. Il risultato è che oggi esistono un miliardo di fotoni per ogni protone é ciò ci conferma proprio che l'asimmetria materia/antimateria è stata di una parte su un miliardo. A tempo -10 l'Universo si è raffreddato a tal punto (centomila miliardi di gradi) da rientrare ormai nei limiti raggiungibili dai più potenti acceleratori di particelle A tempo - 9 le particelle W é Z mediatrici dell'interazione debole decadono in elettroni é fotoni. Quando poi l'Universo raggiunge l'età di un millesimo di secondo, i pesanti aggregati di quark che ancora sopravvivono possono finalmente decadere é generare i primi protoni. Si è ormai in presenza della materia ordinaria, che si conosce bene. Protoni, dunque che collidono tra di loro per fondere é formare nuclei più pesanti. Però finché la temperatura non scende al disotto di qualche miliardo di gradi, l'energia dei fotoni è tale da spezzare immediatamente questi nuclei appena formati. Dopo un età di qualche secondo, prima che i fotoni si perdano energia a sufficienza da lasciare avvenire la nucleosintesi. Si formano subito nuclei di deuterio, di elio 3 ed elio 4. Poi, però, la catena si interrompe. infatti, se l'elio 4 assorbe un ulteriore protone, il nucleo prodotto non è stabile é decade immediatamente, é la stessa cosa avviene se due nuclei di elio 4 fondono assieme. Al massimo, sporadiche collisioni tra elio 3 ed elio 4 possono condurre come risultato finale ad una minuscola abbondanza di litio 7. Una certa parte dei protoni presenti, per qualche minuto, va in elio 4, é in altri residui. Poi, anche le reazioni nucleari cessano perché temperatura é densità sono scese ulteriormente. Alla fine, circa il 25% della materia è composto da elio 4, ed il restante da idrogeno. Dopo un milione di anni, quando la temperatura scende al disotto di 5000 gradi, gli elettroni liberi, cominciano a legarsi ai nuclei atomici ; tale fase viene detta ricombinazione. Il plasma o gas ionizzato, componente l'Universo fino a quel momento, diventa un gas normale, non ionizzato. I fotoni, che prima erano continuamente intercettati é diffusi dagli elettroni liberi, ora non trovano più alcun ostacolo, poiché la materia è all 'improvviso diventata trasparente. Osservando i fotoni provenienti dalle zone più importanti dello spazio è emerso il "muro" opaco di radiazione, al di là del quale non è possibile vedere nulla. Vale la pena di ricordare che la famosa radiazione di fondo a 2.73 gradi assoluti, rivelata per la prima volta nel 1964, non è altro che la radiazione emersa dalla ricombinazione é raffreddata dall'espansione generale dell'Universo fino alla bassissima temperatura di oggi. Dubitare del Big Bang in presenza di questa radiazione di fondo, sarebbe come dubitare che siano mai esistiti i dinosauri, trovandosi di fronte ai loro scheletri fossilizzati. Le residue fluttuazioni locali di densità hanno dato luogo ad addensamenti che, nel tempo, sono evoluti come ammassi di galassie, é poi galassie é stelle fino alla situazione che conosciamo. Il Big Crunch. Fissato il tasso di espansione attuale dell'Universo, se noi conoscessimo esattamente la densità di materia/energia presente nell'Universo stesso, saremmo in grado di sapere se la gravità esercitata da questa materia/energia è sufficiente a rallentare l'espansione fino a farla cessare del tutto, é poi a far ricollassare l'Universo, oppure se la densità è insufficiente, é 1' Universo è destinato ad espandersi indefinitamente. Indicando con Dc la cosiddetta "densità critica", intesa come la densità appena sufficiente a far arrestare dopo un tempo infinito 1'espansione dell'Universo, se la densità vera è D < Dc abbiamo davanti a noi un futuro infinito, mentre se D > Dc si avrà il Big Crunch. Anche se non si sa ancora la risposta definitiva a qualche certezza gli scienziati erano arrivati alla conclusione che se ci si limitava a considerare la materia ordinaria (quella che compone le stelle é le nubi di gas all'interno ed all'esterno delle galassie), si avevano buoni motivi per ritenere che essa fosse insufficiente a generare l'attrazione gravitazionale necessaria a far ricollassare l'Universo. Ultimamente osservando la rotazione delle galassie a spirale, ci si è accorti che essa è troppo elevata per permettere alla materia visibile che le compone di rimanere unita per gravità contro la forza centrifuga generata dalla rotazione ; tale massa, non visibile, è di composizione ignota ed è circa 10 volte quella visibile. Questa materia oscura potrebbe essere fatta di neutrini se essi non risultassero del tutto privi di massa, é se anzi la loro massa fosse considerevolmente grande, potrebbero essere proprio loro i responsabili dell'arresto dell'espansione dell'Universo. In alternativa, é stato ipotizzato che 1'Universo sia pieno di enormi quantità di particelle definite "esotiche", che ancora non conosciamo, é che non interagiscono quasi per niente con la materia ordinaria. Tali particelle sono state per esempio ipotizzate da alcune riguardanti i primi istanti dell'Universo. Evoluzione Stellare . All'inizio, l'elemento che costituiva il neo-universo era l'idrogeno che cominciò ad aggregarsi in nubi gigantesche grazie alla sua stessa attrazione gravitazionale. Si costituirono così insiemi di nubi enormi che daranno forma alle future galassie ! Ogni aggregamento di idrogeno iniziò a ruotare sotto la spinta della sua stessa forza di gravità richiamando inoltre, grazie alla sua massa sempre più consistente, altro idrogeno. All'interno di questa nube la temperatura é la pressione aumentano sempre finchè ad una temperatura di 15 milioni di gradi Kelvin é densità di 134 g/cm3 si innescano reazioni di fusione nucleare che trasformano l'idrogeno in elio secondo la catena protone protone : a) Due protoni (cioè due nuclei di idrogeno) si uniscono é danno luogo ad un nucleo di deuterio con emissione di un positrone (anti-elettrone) é di un neutrino b) il deuterio cattura un protone é si forma elio3 con emissione di un fotone c) due nuclei di elio 3 si incontrano formandone uno di elio 4 con l'emissione di 2 protoni. In questo processo 4 protoni si trasformano in un nucleo di elio 4 ma in tale processo una parte della massa "scompare" é si trasforma in energia ; la massa atomica complessiva dei protoni che si uniscono è di 4,032 (4X1.008) mentre quella dell'elio 4 è di 4.003, per. Per ogni nucleo di elio 4 che si forma si perde il 0,7% della massa che si converte in energia secondo la relazione E=mc2 . La fusione nucleare é un processo molto lento nel sole perché è bassa la probabilità che vengono in contatto due protoni per innescare la catena, un protone può muoversi a velocità di migliaia di Km/s per milioni di anni prima di dar luogo a processi di fusione. Attualmente nella nostra stella ogni secondo 564,5 milioni tonnellate di idrogeno si trasformano in 560 milioni tonnellate di elio con una perdita di massa di 4,5 milioni di tonnellate. Una volta innescata la reazione la protostella inizia a bloccare l'apprivvogionamento di materiale tramite al suo vento stellare un flusso di particelle cariche (protoni, elettroni, nuclei di elio) che viaggia a centinaia di km/sec é che blocca l'afflusso di altro idrogeno (per questo i pianeti più vicini al Sole sono rocciosi mentre quelli più lontani sono giganti gassosi). Completato il processo la stella entra in uno stato stazionario in cui la "pressione nucleare" contrasta la forza di gravità che tenderebbe a contrarla, questo stato può variare da centinaia di milioni a una decina di miliardi di anni a seconda della sua massa (le stelle massicce "bruciano" più velocemente delle altre il loro idrogeno). Esaurito l'idrogeno il nucleo si contrae é la sua temperatura aumenta di conseguenza a 100 milioni di gradi kelvin, mentre la sua superficie si espande enormemente dilatandosi é raffreddandosi (stato di gigante rossa), se l'espansione supera il punto di equilibrio tra forza di gravità é forza nucleare essa si contrarrà é poi si espanderà dando l'impressione di pulsare. Finito l'elio il nucleo si contrarrà di nuovo é la sua temperatura aumenterà ancora fino all'innesco di nuove fusioni ; tale processo però è destinato ad esaurirsi prima p poi a seconda della massa della stella, comunque non andrà oltre il ferro (elemento dopo il quale le reazioni di fusione nucleare richiedono energia). Se la stella ha una massa iniziale di poco inferiore a quella del Sole essa non andrà avanti oltre l'elio é si contrarrà inerte fino ad un astro delle dimensioni poco inferiori della Terra riscaldandosi durante il processo. La materia che la compone è degenere : un mare di elettroni in cui sono immersi i nuclei degli atomi. La nuova stella si chiamerà nana bianca , che non ha fonti energetiche é quindi si raffredderà lentamente fino a diventare un corpo inerte chiamato nana nera. Le stelle con massa iniziale compresa tra le 0,8 é 8 masse solari arrivata allo stadio di gigante rossa (non più avanti dell'elio) iniziano ad espellere gli strati esterni al nucleo con il loro vento solare, questi strati formeranno un involucro in espansione chiamato nebulosa planetaria illuminato dall'ormai messo a nudo é compatto nucleo. Dopo alcune centinaia di anni le reazioni si arresteranno é il nucleo diverrà una nana bianca che perderà gradualmente luminosità. Se la stella ha una massa ancora maggiore una volta arrivata al ferro collasserà su se stessa in pochi istanti, gli atomi si disintegreranno, i protoni ed elettroni si uniranno diventando neutroni che si aggiungeranno agli altri. I protoni inoltre precipiteranno verso il centro con una velocità di circa 70.000 Km/s formando un compatto corpo centrale. Il nucleo in agonia invierà inoltre una tremenda onda d'urto verso l'alto che proietterà via gli strati superficiali della stella con una tremenda esplosione detta Supernova che farà brillare la stella con un'intensità milioni di miliardi di volte maggiore quella del Sole per settimane. Il corpo centrale che si è formato andrà incontro a due destini diversi a secondo della massa iniziale della stella. Se la massa è poca essa diventerà un corpo grande all'incirca 20 Km chiamato Pulsar o Stella di neutroni che ruoterà molto velocemente per la conservazione del momento angolare. L'energia emessa dalla stella (raggi x é gamma, onde radio é luce) verrà condizionata dal campo magnetico che è fortissimo é la farà apparire come una sorgente intermittente Se la massa è superiore ad una certa soglia, i neutroni si spaccheranno é la stella si contrarrà in un corpo di volume che tende a zero é con un campo gravitazionale con una velocità di fuga superiore a quella della luce. Anche se questo corpo, chiamato buco nero, emettesse una qualsiasi radiazione elettromagnetica essa ricadrebbe sul corpo stesso ; qualsiasi cosa che entrerebbe nello spazio perturbato intorno al buco nero (persino la luce) verrebbe attratta senza più avere la possibilità di sfuggire. Viene da domandarsi perché nell'universo esistono elementi con numero atomico maggiore di quello del ferro, la risposta è che durante l'esplosione si raggiungono temperature enormi capaci di far fondere gli atomi di ferro in elementi con numero atomico ancora più pesante, questo materiale espulso va inoltre a "inquinare" altre nebulose con stelle in formazione. Quindi il nostro Sole, se si considerano gli elementi m che si trovano sulla Terra è una stella di 3° - 4 ° generazione ! Le nane bianche é la materia degenere L'osservazione delle stelle morte, pochissimo luminose é molto lontane, è nella pratica estremamente difficile: esse sfuggono anche all'osservazione professionale. Una certa categoria di stelle, quelle che stanno al centro delle nebulose planetarie, hanno un involucro nebuloso a forma di anello che circonda la stella. Talvolta esso è facile da vedere, come nel caso della nebulosa anulare della Lira; in altri casi è invece più difficile da osservare direttamente nel telescopio ed eventualmente è assai più facile vederlo per mezzo della fotografia. Dunque, questa tecnica osservativa è riservata soltanto ai dilettanti più abili e più attrezzati. Una ricerca interessante é quella di una nana bianca vicina ad una stella luminosa, come, per esempio, Sirio B, la compagna che ruota intorno a Sirio. Purtroppo anche in questo caso é molto difficile osservare questa stella, a causa della grandissima luce di Sirio che abbaglia, impedendo di vedere quella estremamente più debole del suo compagno defunto. In effetti, nel secolo passato si era pensato che la perturbazione sulla componente principale di Sirio, dovuta alla massa della stella morta, fosse dovuta a un corpo senza luce, cioè un pianeta. Questo perché a quei tempi non si sapeva che la materia stellare quando la stella muore, cioè termina la sua vita energetica normale, non si assesta secondo la struttura di un pianeta, ma secondo quella di un astro molta caldo che differisce molto dalla struttura di un corpo, appunto come la Terra o come gli altri componenti del Sistema Solare. Qui occorre aprire una parentesi. Quando si parla di materia densa di un pianeta, si sa che già nell'interno del corpo di un astro come la Terra la pressione dovuta al peso degli strati sovrastanti é cosi forte che le sostanze vengono compresse ad una densità maggiore di quella normale. Per esempio, al centro della Terra, il ferro arriva ad una densità ben superiore al valore che ha alla superficie di 7,85, ma poi, anche per la presenza di una certa percentuale di nichel, sale fino a 10. Tuttavia una stella che muore é solitamente un astro con una massa che é enormemente superiore a quella della Terra. Ed é quest'enorme massa che genera all'interno dell'astro una pressione cosi elevata da far si che la materia si assesti in un modo differente da quello del centro della Terra o di un altro pianeta solare. In particolare, quando, a causa della cessazione delle reazioni termonucleari, la stella termina la sua vita normale, se la sua massa é inferiore a circa una volta e mezzo a quella del Sole, allora comincia a comprimersi e in questa compressione si riscalda. Ma questo riscaldamento non può più accendere alcuna reazione termonucleare, perché i nuclei di cui é composta la materia stellare sono ormai inabili a sostenerla. A questo punto la materia é completamente ionizzata, cioè composta di nuclei privi di elettroni e di un gas di elettroni che si muove fra questi nuclei senza che gli elettroni stessi siano ad essi legati su orbite definite. Materia di questo tipo ha la possibilità di comprimersi enormemente e questo fa si che la stella possa ridursi di volume e, pur possedendo una massa che è paragonabile a quella del Sole, può arrivare ad un volume che è quello della Terra, cioè in pratica almeno un milione di volte minore di quello solare. Quindi la densità finale che viene raggiunta da questa materia é dell'ordine di grandezza di centomila volte la densità dell'acqua. Tuttavia vi sono stelle che, alla fine di questo processo, sono ancora più dense, addirittura cento milioni di volte la densità dell'acqua. Ci si deve abituare a queste densità estremamente elevate perché la fine della vita di stelle di massa sempre maggiore danno luogo a corpi finali sempre più densi, come le nane bianche. La struttura interna delle nane bianche, le caratteristiche della materia che le compone dipendono da questi due fatti: l'impossibilita di generare una grande quantità di energia, come avveniva quando era disponibile l'idrogeno per le reazioni termonucleari, e la grande pressione a cui la stella si trova. La materia in questa situazione deve la maggior parte delle sue proprietà alle caratteristiche di questa nuvola di elettroni che permea lo spazio fra un nucleo atomico e l'altro, spazio molto ristretto, in confronto a quello che esiste, quando la materia é rarefatta, all'interno dei nuclei freddi che si trovano alla superficie o all'interno di un pianeta ordinario. Questi elettroni formano il "gas degenere", cioè un gas a cui basta imporre una modestissima compressione per avere un fortissimo aumento di temperatura. é per questo che una contrazione molto modesta della nana bianca può restituirle quella temperatura é di conseguenza quella brillantezza che le sono necessarie per continuare a splendere. La parte più interna di una nana bianca é soggetta ad una pressione cosi elevata che il materiale di cui é composta é sicuramente solido. Questo solido possiede qualità eccezionali: per esempio, oltre all'estrema densità, anche un'estrema rigidezza ed un punto di fusione altissimo, anche cento milioni di gradi. Per questo si può affermare che questa stella sarà quasi interamente solida. Dunque, il cadavere di una stella é un corpo solido come quello di un pianeta, pero estremamente più denso é più rigido, dotato di un punto di fusione assai elevato e caldissimo, tanto caldo che la sua temperatura superficiale lo rende visibile. Tuttavia l'estrema piccolezza di questo astro rispetto alle dimensioni di una stella normale lo rendono dotato di cosi poca superficie che la luce erogata é scarsa é quindi l'astro é invisibile anche a distanze relativamente modeste. La struttura interna del pulsar Alla fine della pagina è disegnato uno schema che rappresenta la struttura ipotetica dell'interno di un pulsar. Questa figura non è volutamente molto dettagliata, perché alcune ipotesi che si fanno sulla struttura interna di questo tipo di astro sono ancora abbastanza incerte. Il pulsar in sostanza é costituito da materia nucleare. é noto che gli atomi sono estremamente più voluminosi dei nuclei e, se si potessero strappare dagli atomi tutti gli é elettroni é compattare i nuclei uno accanto all'altro, si otterrebbe una materia di densità straordinariamente elevata. Questa materia, addensata in un astro di modeste dimensioni (non più di 20 km di diametro), genera una pressione interna cosi elevata da essere al di fuori della nostra intuizione. In queste condizioni la materia assume proprietà straordinarie e solo da pochi anni i fisici hanno la possibilità di indagare su di esse. Approssimativamente si può dire che la struttura del pulsar é quella di una sfera che ruota intorno ad un asse meccanico di rotazione (in azzurro, nell'illustrazione). Ad un angolo, che può essere anche molto elevato rispetto a quest'asse di rotazione, si trova l'asse magnetico (in bianco) lungo il quale é attestato un campo di dipolo, cioè di tipo analogo a quello della Terra, con la sola differenza di essere qualcosa come mille miliardi di volte più intenso. Di recente si sono avute conferme della reale esistenza di un campo magnetico così intenso. Questo campo magnetico fa si che, se della materia cade verso il pulsar, in questa caduta si ionizza, cioè diviene conduttrice é alla fine é costretta a seguire le linee i orza del campo magnetico. Ecco perché i fenomeni elettrici é magnetici che avvengono nel pulsar sono prevalentemente concentrati in corrispondenza dei poli: è da quì che parte la radioemissione, è da quì che, se la rotazione meccanica porta alternativamente a vedere e a non vedere i poli, ci si trova nella situazione di avere degli impulsi alternati e con un periodo che è quello della rotazione. All'interno, a causa della fortissima pressione, al di sotto di una crosta solida le particelle nucleari a contatto non sono piu organizzate secondo le caratteristiche di un solido ma secondo quelle di un fluido, anzi secondo quello di un "superfluido", cioè di un liquido assolutamente privo di viscosita. Messo in rotazione entro un recipiente, esso non sfrega contro le pareti di questo, frenandosi, ma continua a girare in eterno. Si ritiene dunque che all'interno di un pulsar il superfluido neutronico ruoti ancora alla velocità che esso aveva quando il pulsar si formò, una velocità spaventosa, di quasi mille giri al secondo. Contraendosi, infatti, l'astro é aumentato di velocità in proporzione alla contrazione stessa. Nel centro l'enorme pressione a cui sono stati sottoposti i neutroni durante il fenomeno di compressione della stella li ha probabilmente trasformati in iperoni. Queste particelle superpesanti sono state definite soltanto in base a considerazioni di carattere puramente teorico, in quanto se esistessero in condizioni fisiche normali della materia, la loro vita media sarebbe cosi breve che praticamente risulterebbe impossibile osservarle. 1 LE FRATTURE CROSTALI: Nonostante l'estrema rigidità e robustezza della materia della crosta, la diminuzione progressiva della rotazione porta a una diminuzione della forza centrifuga é quindi il pulsar non è più portato ad espandersi per effetto della sua velocissima rotazione é si contrae é si assesta in un diametro più piccolo frattumandosi. 2 I POLI MAGNETICI: Il pulsar possiede in superficie due poli magnetici in corrispondenza dei quali si radunano le linee di forza. In prossimità di un polo magnetico la materia ionizzata, proveniente dalle nebulosa attraversate dal pulsar é in parte dispersa dall'esplosione della stella che le ha dato origine, può ricadere sul pulsar generando un continuo flusso di radio-onde che la rotazione dell'asse meccanico dei poli orienta verso la Terra, in modo che i radiotelescopi ricevano l'impulso periodico. 3 LE MONTAGNE PIU' ALTE: La materia iperdensa milioni di miliardi di volte più rigida del rigido degli acciai é anche se è così rigida la potente attrazzione gravitazionale impedisce la formazione di <<montagne>> elevate, le irregolarità non superano in centimetro di altezza. 4 VORTICI DEL SUPERFLUIDO: Il superfluido neutronico essendo privo di viscosità esso ruota con la stessa velocità con cui ruotava la pulsar alla nascita. La successiva diminuzione di velocità dovrebbe aver interessato solo la crosta e lasciato inalterata la parte interna, ma si pensa che possano esistere strutture vorticose capaci di scambiare energia con la crosta 5 LE SCARICHE ELETTROSTATICHE: Sulla superficie di un pulsar si possono raccogliere degli eccessi di cariche elettrostatiche che vi rimangono intrappolate. Talvolta, per un arrivo disordinato di materia in prossimità dei suoi poli, del plasma può giungere vicino a queste zone particolarmente cariche. In questo caso fra il plasma é la superficie si generano potentissime scariche elettriche che a loro volta generano delle onde elettromagnetiche percepibili a distanza che sono gli <<interpulsi>>. La materia iperdensa Le nane bianche sono costituite in parte da materia solida molto densa. Questa materia è chiamata "superdensa" mentre il termine "iperdensa" é riservato ad astri con densità della materia estremamente superiore. Infatti nelle nane bianche si arriva con difficoltà alle migliaia di chilogrammi per centimetro cubo, mentre in un pulsar si tratta di centinaia di milioni di tonnellate per centimetro cubo! Ricordiamo che questo è il valore della densità é non del peso, che dipende dall'accelerazione di gravita. Quindi sulla superficie della Terra un centimetro cubo peserebbe cento milioni di tonnellate, ma sulla superficie di un pulsar, dove l'accelerazione di gravita é enormemente superiore, ogni centimetro cubo peserebbe milioni di miliardi di volte di più che non cento milioni di tonnellate. La caratteristica più importante della materia che costituisce il pulsar é quella di essere costituita da neutroni posti a contatto. Come mai la materia, che proviene dall'addensamento di nuclei atomici dei più svariati tipi é che quindi contiene una grande quantità di protoni, si é potuta trasformare in materia costituita esclusivamente da neutroni? La ragione é semplice. Il neutrone libero è una particella instabile. Se si producono neutroni in laboratorio é se si lasciano liberi di vagare nello spazio, in quindici minuti metà di essi si è trasformata in protoni, emettendo un elettrone ed altre particelle é liberando energia. Se si comprimono degli elettroni contro dei protoni, rendendo disponibile la stessa quantità di energia, si può avere la reazione detta di "decadimento inverso" del neutrone, cioè l'elettrone penetra nel protone é lo trasforma in un neutrone. Questo è quanto accade nei brevissimi attimi in cui nella catastrofe stellare di supernova una parte della materia dell'astro si addensa nel nucleo. Si passa attraverso stadi di densità sempre superiore finché gli elettroni liberi fra i nuclei di diverso tipo penetrano in essi é producono una materia costituita solo da neutroni. E' un fenomeno analogo a quello per cui nella formazione lenta é progressiva di un pianeta gli atomi, dapprima gassosi, si addensano fino a formare delle strutture cristalline. Dopo che gli atomi sono a contatto, non si può avere ulteriore addensamento, perché la formazione di pianeti avviene con poca materia in un tempo molto lungo. I Buchi Neri Introduzione: lo spaziotempo Il concetto di "buco nero" non è, in fisica, particolarmente misterioso. Di certo, ci sono ancora moltissime cose che non comprendiamo su questi strani oggetti, ma ce ne sono anche moltissime che comprendiamo, alcune delle quali possono anzi essere spiegate anche in modo piuttosto semplice. L'unico concetto chiave che ci occorre è quello di "spaziotempo". Si tratta cioè di capire che lo spazio ed il tempo così come siamo abituati a percepirli - é cioè separati ed indipendenti, visto che nello spazio ci si può muovere a piacimento in ogni direzione, mentre il tempo ha una natura più sfuggente é sembra in un certo senso trascinarci con sé anche a nostro malgrado - sono solo due facce della stessa medaglia al punto che, nelle condizioni estreme che si incontrano in prossimità dei buchi neri, possono addirittura scambiare il loro ruolo reciproco. Cominciamo da lontano. Galileo Galilei, nella prima metà del '600, pose le basi della scienza fisica mostrando che il concetto di "spazio" è relativo all'osservatore. Ad esempio, una persona che passeggi avanti é indietro sul ponte di una nave finirà per tornare sempre a quello che - secondo lui - è il punto di partenza. Per chi osserva dalla terraferma, invece, la stessa persona non farà che allontanarsi progressivamente assieme alla nave. Il concetto di "tempo". invece, era per Galileo - é per i suoi successori fino ad Einstein - un concetto assoluto. Se l'osservatore a terra é quello in moto avessero sincronizzato i loro pendoli alla partenza della nave e, dopo un po', qualcuno avesse sparato con un archibugio, entrambi gli osservatori avrebbero contato, all'istante dello sparo, un ugual numero di oscillazioni. Tutto ciò a noi sembra intuitivo, é non abbiamo difficoltà a comprenderlo. Purtroppo, la Natura ha scelto di operare in modo più complicato, é non possiamo fare altro che prenderne atto. Come fece appunto Einstein nel 1905 allorché, pubblicando il suo "Saggio sull'Elettrodinamica dei Corpi in Moto" (che è nient'altro che la Teoria della Relatività Speciale), fu costretto a concludere che anche il tempo è relativo. Come a dire che, se i due osservatori di Galileo avessero eseguito le due misure di tempo in modo estremamente accurato, si sarebbero accorti che i due pendoli non erano più rigorosamente sincronizzati come alla partenza. é non a causa del rollio é beccheggio della nave, ma semplicemente a causa della differenza di velocità tra i due osservatori. Il fatto sperimentale che condusse Einstein ad una conclusione che, al contrario di quella di Galileo, non ci sembra affatto ovvia, fu l'assoluta costanza della velocità della luce. Cerchiamo di essere più chiari. Senza bisogno di tanti ragionamenti sappiamo che, se viaggiamo in auto a cento chilometri all'ora, é sulla corsia opposta giunge un'altra auto che viaggia alla stessa velocità, nel momento in cui le due auto si passano accanto la loro velocità relativa è pari alla somma delle due velocità, é cioè duecento chilometri all'ora. Analogamente, sembrerebbe che se due fotoni (o raggi di luce, se preferite, viaggianti ciascuno alla velocità della luce (d'ora in poi semplicemente c) si incontrassero provenendo da due direzioni opposte, la loro velocità relativa dovrebbe essere 2c. é invece non è vero; la loro velocità relativa resta sempre c. Questo apparente controsenso viene spiegato da Einstein nel seguente modo: sappiamo che la velocità è definita come la quantità di spazio percorsa in un certo tempo. Ebbene, se per due osservatori che si muovono l'uno rispetto all'altro gli orologi non procedono con lo stesso ritmo, ecco che è possibile - lavorando di fino con la matematica - che la velocità relativa di due osservatori in moto non sia più semplicemente la somma delle due velocità, ma un qualcosa di un po' più complicato, che tra l'altro non può mai superare il valore c. La chiave di tutto è dunque proprio nel fatto che, così come già lo spazio per Galileo, anche il tempo - da Einstein in poi - é misurato in modo diverso da osservatori che si muovono in modo diverso l'uno dall'altro. Da qui il concetto di "spaziotempo", inteso come una unità in cui ciascuna delle due componenti influenza l'altra. Da qui anche il ruolo chiave giocato dalla velocità della luce la quale, forzando spazio é tempo ad interagire tra loro, ed a modificarsi a vicenda pur di rimanere costante essa stessa, assume un ruolo chiave di valore universale. Una volta accettata l'idea che sia lo spazio che il tempo siano "relativi", nel senso che la loro misurazione fornisce risultati diversi ad osservatori diversi, si può percorrere un passo ulteriore: non sarà per caso possibile misurare sia lo spazio che il tempo con le stesse unità di misura? Per esempio, in metri'? La risposta è affermativa. Il trucco è il seguente: sappiamo che le distanze si misurano in metri, mentre i tempi si misurano in secondi. Le velocità, d'altronde, si misurano in metri/secondo (o in chilometri/ora, ma in ogni caso come un rapporto tra distanze é tempi). Se dunque moltiplichiamo un tempo per una velocità, otteniamo una distanza. E' un po' il procedimento inverso a quello che eseguiamo quando cerchiamo di capire quanto tempo impiegheremo, su autostrada, ad arrivare da un casello all'altro, supponendo di poter mantenere una certa velocità media. Se dallo svincolo di Roma Nord a Bolzano ci sono 650 chilometri, é se riusciamo a mantenere una media di 100 Km/'ora, saremo a Bolzano sei ore é mezza dopo che siamo entrati in autostrada. Ribaltando il concetto, se un amico ci dice che ha impiegato sei ore é mezza per arrivare a Bolzano, sempre viaggiando a 100 Km/ora, non abbiamo difficoltà a trasformare il tempo di percorrenza in una distanza: il nostro amico ha percorso 650 chilometri. Solo che, applicando questo concetto alle leggi della natura, non possiamo sottostare ai capricci del ministro dei trasporti, il quale può imporre limiti diversi di velocità, o a quelli delle organizzazioni sindacali degli autotrasportatori, che possono imporre una manifestazione di categoria con incolonnamenti lungo il tratto appenninico, é via discorrendo. Se vogliamo trasformare tempi in distanze con validità assoluta, dobbiamo disporre di una velocità assoluta anch'essa, che non possa essere modificata per decreto legge, per richiesta di sgravi fiscali é via discorrendo. Per fortuna, questa velocità esiste, come abbiamo appena visto. E' proprio la velocità della luce c.. Dunque, moltiplicando un intervallo di tempo per c, trasformiamo quel tempo in distanza in modo assoluto. Questa equivalenza tra tempo é distanza mediata attraverso la velocità della luce è il concetto che si trova alla base della Teoria della Relatività Speciale, ed interviene anche in quella Generale che, come vedremo tra poco, è nient'altro che una teoria della gravitazione ben più perfetta di quella di Newton. Ma adesso basta con le premesse, é cominciamo a parlare di buchi neri, anche se prenderemo il discorso un po' alla larga. I buchi neri secondo Newton é Laplace. Il buco nero è un fenomeno legato alla gravitazione. Conviene dunque cominciare dalla Legge di Gravitazione Universale di Newton, la quale afferma che, se si hanno due oggetti aventi ciascuno una cena massa, essi si attraggono tra loro con una forza che è tanto maggiore quanto maggiore è il prodotto delle due masse, é tanto minore quanto è la distanza che li separa, elevata al quadrato. Così, se raddoppiamo la massa di uno dei due oggetti, la forza tra di loro raddoppia. Se invece li allontaniamo tra di loro fino a distanza doppia, la forza diminuisce di quattro volte. In base a questa legge, è possibile spiegare tutti i moti astronomici osservati fino all'inizio del XX secolo, tutte le misurazioni eseguite su oggetti pesanti alla superficie terrestre, tutto quello che abbia attinenza con la forza di gravità. é fisici, astronomi é i matematici si sono sbizzarriti, nei secoli, ad applicarla ai casi più disparati. Una delle applicazioni più "esoteriche" della teoria newtoniana della gravitazione fu quella, eseguita indipendentemente da Michell é da Laplace verso la fine del '700, ad ipotetici oggetti di massa enorme. Conoscendo la massa di una configurazione di materia che, per semplicità, supporremo di forma sferica, è infatti possibile calcolare quale deve essere la velocità minima -detta velocità di fugacon cui un qualsiasi altro oggetto debba essere scagliato dalla superficie della sfera, se si vuole che esso non ricada giù, ma continui ad allontanarsi all'infinito. Nel caso della terra, ad esempio, tale velocità è di 11,2 Km/sec. Ebbene, Laplace calcolò che, se esistesse un oggetto celeste avente la densità dell'acqua, ed il cui raggio fosse paragonabile a quello dell'intero sistema solare, la velocità di fuga dalla superficie ditale oggetto sarebbe stata pari a quella della luce. Dunque, non potendo neppure la luce sfuggirne, tale oggetto sarebbe stato assolutamente oscuro. L'equivalente newtoniano del buco nero, in un certo senso. Ad ogni modo, visto che all'epoca il concetto aveva al più un interesse filosofico, l'idea non ebbe seguito. Rispuntò fuori solo nel 1916, ed in un contesto ben diverso. Bisogna a questo punto aggiungere che, come la maggior pane delle teorie fisiche, anche quella della Gravitazione Universale conteneva già fin dall'inizio i germi della sua stessa distruzione. E, cosa ancora più notevole, lo stesso Newton ne era ben conscio, al contrario di molti fisici di epoche successive. Il problema verteva sulla "azione a distanza". "Come è mai possibile" si domandava infatti Newton "che due corpi celesti distanti tra loro si scambino quella qualità che viene definita forza é che, nella normale sperimentazione terrestre, vediamo scambiare solo tra oggetti a contatto? Se io spingo con la mia mano un oggetto, questo è sottoposto ad una forza, ma qual è la mano invisibile che spinge il sole é la terra l'uno verso l'altra?" Domanda molto intelligente. Alla quale per quasi due secoli gli scienziati riuscirono a fornire solo risposte sciocche. L'unico indizio di una spiegazione intelligente, che anticipava in modo ancora confuso quella di Einstein, fu fornito sempre dallo stesso Newton il quale, verso la fine della sua vita, cominciò a pensare che, forse, il vuoto possedesse, nei confronti della massa, un qualcosa di analogo a quello che è l'indice di rifrazione' che il vetro possiede nei confronti della luce. Come la luce cambia percorso passando dall'aria al vetro o all'acqua, anche le masse mutano continuamente la loro traiettoria nel vuoto. In un modo o nell'altro, si eliminava il concetto di forza a distanza, per sostituirlo con una proprietà locale del vuoto in cui si muovono i corpi celesti. Einstein é la curvatura dello spazio tempo. Torniamo ora all'equivalenza tra spazio é tempo, attraverso la velocità della luce. "Non sarà possibile" si chiese Einstein "inserire in questa equivalenza anche la massa? Avendo già ridotto il tempo a spazio, se riuscissimo a ridurre a spazio anche la massa, dovrebbe poi risultare facile studiare le leggi della natura per mezzo della scienza che studia lo spazio: la geometria". Ma era più facile a dirsi che a farsi. Alla fine, Einstein ci riuscì, ma impiegò dieci anni, é dovette studiare molta più geometria di quanto avesse previsto. Infatti, per poter trattare anche la gravitazione come pura é semplice geometria dello spaziotempo, risultò che quest'ultima entità non solo doveva essere a quattro dimensioni (tre spaziali ed una temporale, cosa che già ci sembra abominevole quando cerchiamo di visualizzarla con l'intuizione) ma - orrore - addirittura "curva" ! Eppure, con un po' di pazienza, si può mandare giù anche quest'ultima oscenità. Cominciamo con un caso familiare di geometria curva. La Groenlandia è più grande o più piccola dell'Australia? Se guardiamo un planisfero da parete, che di solito viene disegnato secondo la cosiddetta "Proiezione del Mercatore", la Groenlandia è almeno grande quanto l'Australia, se non di piu'. Passiamo adesso ad un normale mappamondo sferico; l'Australia ha una superficie che è almeno il triplo di quella della Groenlandia. Come stanno in realtà le cose? Quale sarebbe la conclusione di un topografo che andasse a misurare queste due regioni del mondo con fettuccia metrica é teodolite? Non abbiamo bisogno di misure per saperlo: la terra è sferica, é quindi sarà il mappamondo a dire la verità. Ed infatti, così è. Ma allora, perché i planisferi vengono disegnati in modo così ingannatore? Ecco che siamo arrivati al concetto di geometria curva: il tavolino su cui stendiamo la mappa è piano: se disegniamo un triangolo su questo tavolino, la somma degli angoli interni sarà sempre 1800, qualunque sia la forma del triangolo. La superficie terrestre, invece, non è piana, ma sferica. Se disegniamo un triangolo su una sfera... ma un momento: come si disegna un triangolo su una superficie non piana? Come fanno i lati ad essere segmenti di retta? Anzi: addirittura, come diavolo può esistere una retta su una superficie non piana? Non può esistere. La "retta" come siamo abituati a concepirla esiste solo nella geometria di Euclide, che studiamo a scuola é che è appunto la geometria piana che si disegna a tavolino. La geometria che si può disegnare sulla superficie di una sfera non è euclidea. Come scoprì Einstein con disappunto. In geometria "sferica" è senz'altro possibile disegnare triangoli. ma prima bisogna definire qualcosa di analogo alla retta della geometria euclidea. L'analogo della retta è una curva (che prende il nome di "geodetica") che mantiene quella che è la proprietà fondamentale della retta: congiungere due punti secondo il percorso di minore distanza. Giochiamo un po' con una sfera, é ci renderemo conto immediatamente che le curve che godono di questa proprietà sono gli archi di cerchio massimo. Nel caso di un mappamondo, dunque, i meridiani é l'equatore. Ora abbiamo imparato a tracciare triangoli su un mappamondo. Poniamo uno dei vertici sul polo nord, é tracciamo un segmento che segua un meridiano qualsiasi fino all'equatore. A questo punto, pieghiamo di 90° é seguiamo l'equatore fino ad un altro meridiano a nostra scelta, é quindi pieghiamo nuovamente di 90° su quest'ultimo meridiano fino a raggiungere il punto di partenza sul polo nord. Abbiamo ottenuto un angolo in geometria sferica Quant'è la somma degli angoli interni di questo triangolo? Certamente superiore a l80°, visto che già i due angoli all'equatore sono di 90° ciascuno, é poi c'è da sommare l'angolo tra i due meridiani al polo nord. Per di più, è facile rendersi conto che, al variare del meridiano scelto per tornare al polo, anche la somma degli angoli interni del triangolo varia. Studiando a lungo, scopriremo che sulla superficie di una sfera si possono eseguire operazioni geometriche analoghe a quelle della geometria euclidea, come ad esempio definire un qualcosa di analogo al teorema di Pitagora, ma che per esprimere matematicamente anche le più semplici di queste operazioni geometriche bisogna ricorrere ad espressioni complicatissime da scrivere é da calcolare. Per fortuna di Einstein, già nell'800 Gauss, Riemann ed altri matematici avevano sviluppato l'algebra necessaria a trattare geometrie non euclidee qualsiasi e, per sua ancor maggiore fortuna, il suo amico Poincaré era uno specialista in queste geometrie, é fornì ad Einstein un aiuto insostituibile, al punto che sarebbe forse corretto dire che la Teoria della Relatività Generale è,almeno per un 30%, da attribuirsi a Poincarè. Una cosa che sembra dimenticata da tutti. Con tenacia - ed avvalendosi dell'aiuto di Poincarè -Einstein, nel corso di un decennio, sviluppò dunque la sua nuova teoria della gravitazione, che è appunto la Teoria della Relatività Generale. In essa, il problema della "forza a distanza" viene risolto in maniera così elegante che, malgrado l'astrusità dello schema matematico (pochissimo familiare per i fisici dell'inizio del '900), fu chiaro a tutti che le cose non potevano andare diversaniente, ed il consenso fu subito molto ampio, prima ancora che, nel 1919, Eddington dimostrasse che uno degli effetti previsti dalla nuova teoria - ma non ancora osservato - si verificava puntualmente. Ridotto all'essenziale, il contenuto della Relatività Generale può essere espresso come segue: a distanza infinita da qualsiasi massa, la geometria dello spaziotempo è piana. Dunque, le "geodediche" sono linee rette e, se un oggetto si trova a percorrere queste regioni, esso procederà all'infinito a velocità costante, é lungo una linea retta. Detto in altri termini, questo oggetto non percepirà alcuna "forza". Se però immergiamo una "massa" nello spaziotempo, questa massa perturberà la geometria locale, curvando lo spaziotempo, che non sarà più "piano". In particolare, la presenza di una massa renderà la geometria dello spaziotempo somigliante a quella "sferica" che, nel caso bidimensionale, abbiamo già incontrato quando abbiamo imparato a disegnare un triangolo sul mappamondo. In due dimensioni si possono disegnare modellini della curvatura spaziotemporale, é della "forza" equivalente, Il problema è che, trattandosi dello spaziotempo, non abbiamo più a che fare con due dimensioni, come nel caso di una carta geografica, ma con quattro, di cui tre sono le normali dimensioni geometriche, é la quarta è il tempo (moltiplicato per c). Come si fa a visualizzare con l'intuizione una cosa del genere, quando abbiamo già dovuto faticare un pò con sole due dimensioni? é cosa significa che anche il tempo si curva? Nel corso degli anni, alcuni dei più noti relativisti, tra cui Penrose é Wheeler, sono riusciti ad escogitare dei modellini semplici, basati su piani di gomma sui quali si appoggiano sfere di piombo, ascensori in caduta libera attraverso il centro della terra é così via, che aiutano molto a capire i concetti di base, anche se all'atto pratico nessun modello intuitivo riesce a descrivere la pienezza della teoria. Sta di fatto che, in uno spaziotempo curvo, le geodetiche non sono più linee rette, é qualsiasi oggetto in moto, anche se non riceve nessuna spinta, seguirà le linee curve della geometria locale. Il campo gravitazionale, dunque, non è costituito da "forze a distanza"; esso consiste semplicemente in una curvatura dei "binari" (sia spaziali che temporali) lungo i quali si muovono i corpi. Ecco che anche la massa, oltre al tempo, è stata ricondotta a pura é semplice geometria, anche se in un modo molto più complesso di quello che Einstein stesso avrebbe pensato quando iniziò a studiare la gravitazione. Un patriota prussiano in trincea Appena un mese dopo la pubblicazione della Teoria della Relatività Generale, un soldato prussiano partito volontario per il fronte, macinando equazioni a lume di candela tra un assalto é l'altro, riuscì a trovare una soluzione esatta per le equazioni di Einstein nel caso di una massa a simmetria sferica. Scrisse immediatamente ad Einstein, il quale fu favorevolmente impressionato dalle capacità del giovanotto, é dalla interpretazione fisica della soluzione. Purtroppo, Karl Schwarzschild, il patriota matematico, mori pochi mesi dopo a causa di un'infezione contratta in trincea. Non ebbe quindi la soddisfazione di veder riconosciuta ufficialmente la "superficie di Schwarzschild", che è la denominazione ufficiale di quel che spesso definiamo come "superficie di non ritorno" o, più impropriamente, "buco nero". La superficie di Schwarzschild è imparentata strettamente con gli oggetti oscuri di Laplace. E' anch'essa la superficie alla quale la velocità di fuga è pari a c, é dalla quale nessun oggetto o segnale fisico può più sfuggire. Anche numericamente, il raggio della superficie di Schwarzschild si calcola come il raggio dell'oggetto oscuro di Laplace, ma le somiglianze finiscono qui. Il buco nero, è infatti qualcosa di veramente orribile. Mentre l'astro di Laplace poteva - in teoria essere composto di materia ordinaria, anche se in quantità immensa, nulla può resistere all'interno del buco nero. Tutto ciò che vi entra è disintegrato é svanisce nel nulla, lasciando dietro di sé solo il suo fantasma: il campo gravitazionale. Cerchiamo di comprendere meglio la natura di questo mostro cosmico. Ci guiderà la geometria dello spaziotempo. Se la Terra ruota stabilmente attorno al Sole, è perché essa segue - inerzialmente, ovverosia senza essere soggetta a forze - la geodetica locale, così come quest'ultima è determinata dalla presenza della massa del Sole. Questo è quanto afferma la Relatività Generale. Immaginiamo ora il seguente esperimento: poniamoci ad una distanza dal sole pari a quella dell'orbita terrestre, é "depositiamo", per così dire, un oggetto qualsiasi nello spazio, senza imprimergli alcuna velocità. Cosa farà questo oggetto? In termini della vecchia teoria newtoniana della gravitazione, diremmo che l'oggetto, sotto l'azione della forza di gravità che il Sole esercita su di esso, comincia a cadere verso il sole accelerando continuamente. é non c'è dubbio che, finché consideriamo separatamente lo spazio ed il tempo, le cose vadano appunto in questo modo. La Relatività Generale, però, afferma che non esistono forze a distanza. Se questo è vero (ed è vero!), come mal il corpo lasciato a sé stesso comincia a muoversi, ed accelera cadendo verso il Sole? Non dovrebbe forse limitarsi a seguire la geodetica locale? Risposta: è proprio quello che il corpo fa, solo che la geodetica locale non sta ferma, ma cade continuamente verso il Sole. Se troviamo difficile questo concetto, è perché ci ostiniamo a considerare separatamente spazio é tempo. Se invece ci decidiamo ad accettare che anche il tempo può incurvarsi, ci rendiamo conto che, "posizione" é "movimento" sono solo due modi diversi (per noi) di manifestarsi dello stesso fenomeno. Qualsiasi massa non fa altro che continuare a "succhiare" in eterno lo spaziotempo verso di sé, ed è proprio questo risucchio che noi indichiamo come "forza di gravità". Ed ecco che siamo arrivati al concetto di superficie di Schwarzschild. Se un oggetto è talmente massiccio é concentrato da succhiare nella sua direzione lo spazio-tempo con una velocità che, ad una certa distanza dall'oggetto stesso, raggiunge il valore c, ecco che nulla potrà più sfuggire alla sua gravitazione, neppure la luce, una volta che quel limite sia stato superato. Corollario di quanto sopra: una volta che un qualsiasi frammento di materia abbia attraversato la superficie di non ritorno, il trascinamento dello spaziotempo non potrà fare altro che far sprofondare quell'oggetto fino al centro del buco nero, laddove la velocità di trascinamento è infinita, ed il malcapitato frammento si annullerà in un punto geometrico di dimensione zero. Alla domanda: "cosa c'è dentro i buchi neri?" la risposta è dunque: nulla! Solo spaziotempo a curvatura sempre crescente, é gravità che sale fino all'infinito. Non certo materia, a meno ché la superficie di Schwarzschild non ne abbia appena ingoiato un pezzo, é questo stia freneticamente attraversando la poca distanza che lo separa dall'annullamento totale! Nulla da eccepire che, una volta ammessa l'esistenza di un buco nero, le cose, al suo interno, vadano a questo modo; è però possibile - in primo luogo - che un buco nero esista veramente? Non sarà soltanto un gioco matematico molto complicato, che l'universo reale si rifiuta di giocare, lasciando ai matematici la responsabilità di cimentarvisi? A quest'ultima domanda, si possono dare almeno un paio di risposte: una di principio, ed una pratica. Quella di principio è basata sul cosiddetto "principio totalitario della fisica" il quale afferma: tutto ciò che non è vietato è obbligatorio. Che vuol dire: se il verificarsi di un qualche fenomeno fisico non è esplicitamente vietato dalle leggi di natura, esiste certamente qualche tempo e/o luogo dove quel fenomeno si verifica. Non è una cosa scritta sui libri di fisica, ma non credo che esistano al mondo due fisici che non ci credono ciecamente. L'altra risposta è molto più banale: l'Universo è pieno di buchi neri, semplicemente perchè li "vediamo" (in senso lato, s'intende) é perché le stesse leggi di natura che governano la struttura delle stelle, é che ormai sappiamo maneggiare in maniera soddisfacente, impongono che, in alcuni casi, la morte di una stella sia accompagnata dalla nascita di un buco nero. Seguiamo proprio la strada dell'evoluzione stellare per spiegare come hanno origine alcuni tipi di buchi neri. Vita, morte é dannazione di una stella Abbiamo visto nel numero precedente che parlare in termini di "forza di gravità" é di "geometria dello spaziotempo curvo" è, in linea di principio, equivalente. A volte una delle due descrizioni è più comoda ed intuitiva; per esempio, parlando di stelle normali - come il Sole - le cose si capiscono più in fretta parlando di gravità, ed è quello che faremo in questo paragrafo, pur mantenendo sempre il contatto con la geometria. Solo verso la fine, la geometria riprenderà a fare la parte del leone. Le stelle, dunque, nascono da nubi diffuse di gas é polveri, che cominciano a cadere verso il loro baricentro sotto l'azione della gravità. in queste prime fasi nebulari, in cui la massa totale coinvolta non è inferiore a circa un decimo di quella solare, é non superiore a cinquanta o cento volte quella del Sole, mentre la densità è molto bassa (poche decine di atomi per centimetro cubo) la gravità è ancora debole, ed anche la curvatura dello spaziotempo è appena accennata. Col passare del tempo, la materia si addensa in una sfera che si scalda, finché al centro di questo agglomerato la temperatura raggiunge all'incirca dieci milioni di gradi, che servono per avviare le reazioni nucleari di fusione dell'idrogeno. E' nata una stella. La curvatura dello spaziotempo è più accentuata poiché la densità sta crescendo, ma anche nelle zone centrali della stella, tale curvatura è ancora molto modesta, rispetto a quella necessaria a generare un buco nero. Tanto per fare un esempio, è noto che il raggio di Schwarzschild del Sole è di circa tre chilometri. Questo significa forse che al centro del sole, in una sfera di tre chilometri di raggio, esiste un buco nero? Niente affatto! C'è un po' di curvatura spaziotemporale, ma il buco nero si formerebbe solo se TUTTA la massa del sole fosse condensata all'interno di quei famosi tre chilometri. Allora sì che la curvatura dello spaziotempo sarebbe abbastanza potente. Ma seguitiamo con la vita della stella. Durante il periodo in cui l'idrogeno si trasforma in elio, la contrazione della stella sotto l'azione della sua gravità si arresta, poiché le forze di pressione agenti all'interno dell'astro riescono a bilanciare il peso degli strati esterni. Quando però l'idrogeno centrale è del tutto esaurito, la stella ricomincia a contrarre. Scorriamo brevemente le fasi successive della vita di una stella di massa molto grande, da dieci volte quella solare in su. Sono infatti queste le stelle che, morendo, esplodono come "supernovae" lasciando come residuo - in alcuni casi - un buco nero. L'elio, che è la cenere lasciata dal bruciamento dell'idrogeno, si infiamma a sua volta quando la temperatura supera i cento milioni di gradi, lasciando come ulteriore cenere carbonio ed ossigeno. A sette-ottocento milioni di gradi, prende fuoco anche il carbonio trasformandosi in neon é magnesio; la stella è in condizioni critiche, la sua densità centrale aumenta a dismisura, é così pure la curvatura spaziotemporale, ma ancora ce la fa a stare su. A circa due miliardi di gradi brucia l'ossigeno ed, in tempi che ormai si misurano non più in milioni di anni, ma in minuti o addirittura secondi, violente combustioni nucleari successive portano il nucleo della stella ad essere composto quasi totalmente di ferro. Qui entriamo in fase critica. Quando infatti prende "fuoco" anche il ferro, è per la stella il momento cruciale. La combustione nucleare del ferro, infatti, anziché generare "calore" come tutte le combustioni che l'avevano preceduta, "raffredda" il nucleo della stella. Le forze di pressione che, fino a quel punto, avevano tenuto su la struttura, cedono all'improvviso, ed il nucleo della stella rovina su se stesso. Quando ciò avviene, le parti più esterne della stella (quelle ancora ricche di idrogeno, elio é così via) esplodono é vengono scagliate via nello spazio con un lampo dirompente - l'esplosione di supeinova -, mentre le parti interne precipitano verso il centro, In un piccolo volume, si trova improvvisamente condensata una massa enorme, é la curvatura spaziotemporale salta su. Se la massa di questo nucleo e' inferiore a circa tre masse solari, la configurazione ancora ce la fa a stabilizzarsi sotto forma di "stella di neutroni", un pelo prima che la curvatura raggiunga il limite di non ritorno; le "pulsar" sono proprio stelle di neutroni in rapida rotazione. Se la massa è maggiore, il destino è segnato. Il nucleo seguita a cadere su se stesso, la curvatura si approfondisce, é quel che resta della stella viene fagocitato dalla superficie di Schwarzschild. E' nato un buco nero. Che i buchi neri esistano, ce lo dicono le osservazioni. Esistono per esempio stelle doppie, osservando la cui orbita siamo in grado di calcolare la massa delle componenti. In alcuni casi, una delle componenti è invisibile mentre, se fosse una stella normale, dovrebbe essere ben brillante! Se la massa di questa compagna invisibile è superiore a tre masse solari, questa deve essere un buco nero, come viene spesso confermato dall'emissione di raggi X é gamma da parte della materia che il buco nero succhia all'altra stella é che, prima di venire divorata, spiraleggia attorno al buco nero scaldandosi. Ci sono poi i nuclei galattici, compreso il nostro. Osservazioni in varie bande dello spettro indicano che, al centro delle galassie di maggiore dimensione, agiscano macchine dotate di una potenza terrificante, dalle dimensioni molto piccole, ma dalla massa enorme. Nel centro delta nostra galassia, ad esempio, un buco nero avente la massa di un milione di soli crea un inferno di radiazione fagocitando le stelle che, imprudentemente, gli passano accanto. Per altre galassie, si parla di buchi neri da uno a dieci miliardi di masse solari. E' verosimile che, in quelle galassie, la furia scatenata dai buchi neri centrali raggiunga anche le zone periferiche; ci si chiede se, in tali casi, sia possibile incontrare condizioni in cui possa svilupparsi la vita, anche sui pianeti più periferici. Buchi neri "da laboratorio" Da quanto abbiamo detto finora, dovrebbe essere chiaro che i buchi neri sono oggetti da tenere a debita distanza. La teoria ci fornisce però i mezzi concettuali per studiarli, per così dire "in laboratorio", come se potessimo tenerti sotto una campana di vetro, osservare a piacimento le loro reazioni a perturbazioni di ogni genere, quello che accade agli oggetti che vi si avvicinano, ed il tutto senza sporcarci (o rimetterci) le mani. Cominciamo con qualche curiosità. Sapete che i buchi neri, malgrado il loro nome, sono più riflettenti di una sfera perfettamente riflettente? Vediamo perché. Una sfera totalmente assorbente (e cioè dipinta di nero) viene illuminata da un fascio di luce i cui raggi sono perfettamente paralleli. La sfera assorbirà tutta la luce, é non ne rinvierà affatto, restando invisibile. Una sfera opaca (come ad esempio la luna) rinvierà in tutte le direzioni un po' di luce e, se l'osservatore si trova a 90° rispetto al fascio di luce, vedrà un "quarto di sfera". Se invece la sfera è perfettamente riflettente, egli vedrà un punto luminoso, immagine della sorgente. Ora, sostituiamo la sfera riflettente con un buco nero di uguali dimensioni. Poiché i raggi di luce che passano accanto al buco nero vengono deviati, l'osservatore posto a 90° vedrà non una, ma due immagini della sorgente, una a destra ed una a sinistra del buco nero. Ancora; entriamo di notte nel laboratorio, é non ricordiamo se, la sera prima, abbiamo lasciato sotto la campana di vetro la sfera riflettente o il buco nero. Gli puntiamo sopra il fascio della torcia elettrica. ed abbiamo immediatamente la risposta: la sfera. riflettente ci rinvia il punto luminoso immagine della torcia; il buco nero deflette i raggi di luce che gli passano vicini, é ce li rimanda indietro. E' veramente il colmo che un oggetto così diabolico si presenti con un'angelica aureola! Ma adesso basta con l'osservazione da laboratorio. Scendiamo in campo con la nostra astronave; mettiamoci in orbita attorno ad uno dei giganteschi buchi neri al centro di una galassia, ed inviamo al suo interno un'astronave, con un robot suicida che ci descriva le sue osservazioni mentre si avvicina alla superficie di Schwarzschild. Purtroppo, non potrà riferirci quello che gli avverrà dopo aver oltrepassato il punto di non ritorno, ma già così avremo delle sorprese! In primo luogo, l'osservatore esterno vede sul monitor le immagini trasmesse dall'interno dell'astronave che si avvicina alla superficie di Schwarzschild. Il robot saluta agitando la sua mano meccanica multiuso ma, quando si trova ormai in prossimità della superficie fatale, le immagini cominciano ad arrivare rallentate, ed il segnale si indebolisce. Da ultimo, l'immagine resta praticamente "congelata", é la sua intensità svanisce esponensialmente, al punto che non è sufficiente il più potente amplificatore di segnali per riuscire a captare ancora qualcosa. Lo strano è che, secondo i calcoli dell'osservatore esterno, la sonda avrebbe già dovuto trovarsi da un pezzo all'interno del buco nero, quando ancora vengono percepite le ultime immagini, ormai ferme. Cosa sta succedendo? Pensandoci bene, diventa tutto chiaro. Via via che l'astronave si avvicina alla superficie di Schwarzschild, le onde elettromagnetiche emesse subiscono sempre di più il trascinamento dello spaziotempo, é quindi, in un certo senso, impiegano più tempo a staccarsi dal veicolo ed a giungere all'osservatore. Le ultime onde emesse proprio sulla superficie di non ritorno, sono destinate a restare in eterno in un limbo in cui cercano di rimontare, alla velocità della luce, uno spaziotempo che si muove in direzione opposta é con la stessa velocità. E' infatti vero che la luce si muove - rispetto allo spaziotempo con velocità sempre costante, ma è anche vero che la luce si muove "con" lo spaziotempo. Ecco il motivo dell'apparente paradosso, secondo cui un osservatore esterno vede che un oggetto che si approssima alla superficie di Schwarzschild "rallenta" all'infinito, pur diventando sempre più fioco (visto che i fotoni che riescono a sfuggire hanno energia progressivamente sempre minore, avendone speso la maggior parte per risalire la corrente spaziotemporale, come salmoni cosmici. Per quanto possa sembrarci strano, qualsiasi cosa cada in un buco nero impiega vista da "fuori" - un tempo infinito per raggiungere la superficie di non ritorno. Veniamo ora al povero robot, per il quale non è invece accaduto nulla di strano mentre attraversava la "buccia" del buco nero, visto che il suo orologio sta ticchettando sempre con lo stesso ritmo. Siccome egli sta viaggiando in caduta libera, non percepisce alcun peso, proprio come gli astronauti in orbita attorno alla Terr. Ma... un momento: anche se non si tratta di un vero é proprio peso. il robot percepisce lo stesso una forza di qualche genere. E' una forza che tende ad "allunggarlo". Infatti, visto che nel preciso centro geometrico di un buco nero la gravità va all'infinito, essa varierà molto rapidainente da un punto all'altro, nelle sue vicinanze. Dunque, la parte del corpo del robot più vicina al buco nero subisce una forza di attrazione molto maggiore (o, se preferite, in quel punto lo spazio è risucchiato più velocemente) che non la pane più lontana. Si tratta di nient'altro che di una forza che conosciamo anche sulla terra, é di cui è responsabile la Luna: forza di marea, ma amplificata in modo terribile Questa forza di marea cresce all'infinito avvicinandosi al centro del buco nero, cosicché ad un certo punto il povero robot si troverà la testa staccata dalle spalle, é subirà un progressivo smontaggio lungo l'asse che lo congiunge radialmente alla "singolarità" centrale (quando la fisica incappa in un infinito, anziché dirlo esplicitamente, preferisce usare questo termine più elegante, che lascia però trapelare il sospetto che ci sia qualcosa di poco chiaro, sotto...). Poco più avanti, i rottami del robot, sempre per forza di marea, vengono scissi in molecole ed atomi. Poi i nuclei vengono strappati dagli elettroni, ed i protoni é neutroni dai nuclei, quando la forza di marea, ormai quasi al centro, prevale anche sulle forze nucleari. I protoni vengono quindi spezzati in quark, é chissà se questi ultimi vengono a loro volta frammentati dalla marea, prima di annullarsi al centro. Povero robot! Fermo restando che nessun oggetto materiale entrato in un buco nero può sfuggire a questo destino, esistono però dei casi (appunto i buchi neri di grandissima massa, milioni di volte quella solare, attorno ad uno dei quali ci siamo posti in orbita) in cui lo smontaggio mareale è dilazionato fino agli ultimi istanti, ed il robot potrebbe eseguire osservazioni per qualche tempo, dopo essere entrato nella superficie di Schwarzschild. In primo luogo, il robot si accorgerebbe che, mentre nulla é nessuno può modificare il suo moto in direzione del centro, poiché il risucchio spaziale lo attira in modo del tutto irresistibile, una spinta dei razzi laterali potrebbe ancora consentirgli di spostarsi lateralmente. Fin qui niente di strano. Se inoltre stesse precipitando assieme ad altri oggetti, vedrebbe anche che qualsiasi oggetto, indipendentemente dalla sua massa, forma, colore, sapore é così via, viene trascinato verso il centro esattamente come lui; non più velocemente o più lentamente. Anche qui niente di strano, sennonché il robot ha improvvisamente un'idea. "Al di fuori della superficie di Schwarzschild" pensa il robot "il tempo trascina ogni cosa nella stessa direzione ed alla stessa velocità, ma ci si può muovere a piacimento nello spazio. Qui dentro, invece, ci si muove tutti nella stessa direzione ed alla stessa velocità nello spazio. Vuoi vedere che, invece, ci si può muovere a piacimento nel tempo?" Applicando la Teoria della Relatività Generale, il robot scopre che, se per caso riuscisse a schivare la singolarità centrale girandole attorno, ed a schizzare fuori dalla superficie di Schwarzschild in un'altra direzione da quella di partenza, effettivamente sarebbe riuscito -a seconda della traiettoria seguita - a muoversi avanti o indietro nel tempo! Ma non rispetto al suo orologio, che avrebbe seguitato ad andare avanti con la stessa velocità; rispetto al resto dell'Universo. "Se ci riuscissi" pensa ora il robot "non ritenterei quest'avventura suicida". Ma ormai non può farci nulla; lo spazio ha la meglio su di lui, é nessun'orbita fisicamente percorribile è in grado di impedirgli di andarsi ad annullare sulla singolarità, portando con sé la sua scoperta. Portandola con sé mica tanto, perché lo sperimentatore esterno, messo in allarme dall'anomalo comportamento del tempo in prossimità della superficie di Schwarzschild, ha eseguito anche lui un po' di conti, ed è giunto alle medesime conclusioni. Per un istante, gli si accappona la pelle, ma poi gli viene in mente qualcos'altro, é tira un respiro di sollievo. Tutti salvi (tranne il povero robot)! Cos'ha pensato lo sperimentatore? In primo luogo, si è reso conto che, se un viaggio all'indietro nel tempo fosse realmente possibile, tutta la scienza fisica andrebbe in fumo. Infatti, ogni legge fisica conosciuta e, verosimilmente, conoscibile, afferma cose del tipo: "partendo da questa causa, si giunge a questo effetto". In altri termini, la validità assoluta del principio di causalità non può essere messa in dubbio (anche perché, prima ancora di essere applicato alla fisica, questo principio regola la pura é semplice logica, ovvero la nostra stessa facoltà di pensare). Perfino la meccanica quantistica, che da alcuni è spacciata -a torto- come una violazione della causalità, ne è al massimo una "complicazione", mai una violazione in senso stretto. Detto in soldoni: se io torno indietro nel tempo ed uccido i miei genitori prima della mia nascita, chi ha causato la loro morte, visto che io non posso esistere? Per chi medita seriamente una cosa del genere, raccomando di uccidere entrambi i genitori, é non solo il padre; non si sa mai... Ma torniamo al fisico inorridito: questi si rasserena immediatamente pensando: "un momento: si può viaggiare nel tempo solo dopo essere entrati in un buco nero, é chi lo ha fatto non può più tornare indietro nell'Universo esterno a spezzare la trama della causalità. Grazie al Cielo, il tentativo di violazione della Legge di Causalità è punito con la morte per annullamento su un buco nero, ed esiste una Censura Cosmica, costituita proprio dalla superficie di Schwarzschild, che impedisce che una simile oscenità, anche se perpetrata da un suicida, sia visibile dall'esterno." Ha ragione costui? La risposta è: "nì". Tutto scorre e... tutto gira! Uno dei più grandi (o forse il più grande é basta) fisico contemporaneo, Stephen Hawking, costretto ormai dalla sclerosi multipla a poter muovere solo un dito sulla tastiera di un computer, ma ancora in grado di ragionare meglio di tutto il resto dell'umanità, si è di recente convertito ai viaggi nel tempo. dopo averli combattuti per decenni a suon di equazioni. Cosa gli ha fatto cambiare idea? Cerchiamo di spiegarlo in modo ultrasemplificato (ed un po' improprio). La Terra ruota attorno al suo asse ed attorno al Sole, il quale ruota su sé stesso ed attorno al baricentro della galassia, é così via. La rotazione è un fenomeno diffuso in ogni angolo dell'universo, ed anche le stelle che, esplodendo, danno origine ai buchi neri, ruotano, Non sarà che, per caso, la rotazione può avere influenza su un buco nero? La risposta è affermativa. Anche se tutto ciò che cade in un buco nero viene annientato senza che resti memoria della sua struttura, esistono tre "qualità" che non si perdono: la massa (che determina la dimensione del buco nero), la carica elettrica, é la rotazione. La carica elettrica, però, non giuoca - per quel che ne sappiamo oggi - un ruolo importante nei buchi neri. Infatti, se supponiamo di far ingoiare ad uno di questi oggetti una gran quantità di cariche elettriche di uno stesso segno, ne resteranno in giro altrettante di segno opposto ed, in breve tempo, l'attrazione elettrostafica esercitata dal buco nero carico le richiamerà, neutralizzando la carica iniziale. La rotazione, invece, può essere molto importante. Quella che noi chiamiamo impropriamente 'forza centrifuga" è infatti, sempre nel contesto della Relatività Generale, una proprietà della geometria spaziotemporale anch'essa, é come tale va trattata. Dunque, la struttura di un buco nero rotante sarà diversa da quella di un buco nero non rotante, visto che il primo dei due - oltre a risucchiare al suo interno lo spaziotempo - se lo trascina anche attorno come una giostra cosmica. La differenza è importantissima. Se ne accorgerebbe il robot suicida. precipitando in un buco nero rotante. Dopo aver attraversato la superficie di Schwarzschild, noterebbe che stavolta, oltre a cadere verso il centro, il fluire dello spaziotempo tende anche ad imprimergli un moto laterale. La spaziotempo non èsemplicemente risucchiato radialmente, ma ruota anche un po attorno al centro. Via via che cade, la velocità di trascinamento rotatorio aumenta, finché non succede qualcosa di inatteso: il robot, aiutato dalla "forza centrifuga" (è un modellino concettuale molto irnproprio, ma può aiutare l'intuizione) dello spaziotempo, vince il risucchio gravitazionale é riguadagna in parte il controllo della sua astronave! Ha attraversato una seconda superficie peculiare, studiata dal matematico Kerr, ed ora la singolarità centrale gli appare non più come un punto geometrico che lo divorerà inevitabilmente, ma come un anello di spessore infinitesimo, ma di apertura non nulla. Manovrando con cura, il robot potrà passare attraverso l'anello ed evitare l'annientamento. Certo, questo non gli sarà di alcuna utilità, visto che in ogni caso non potrà comunque riuscire dalla superficie di Schwarzschild. Infatti, per fare ciò, i suoi propulsori dovrebbero essere in grado di spingerlo fino ad una velocità superiore a quella della luce, é ciò non è fisicamente possibile. Dunque, è ancora in trappola, ma rispetto al caso di un buco nero non rotante c'è già un miglioramento. Dal punto di vista del robot, la cosa migliora ulteriormente se la rotazione del buco nero aumenta. Infatti, l'anello centrale si allarga, ed anche la superficie interna, quella in cui può manovrare, si dilata. Dal punto di vista del fisico che osserva dall'esterno lo svolgersi degli eventi, invece, la prospettiva diventa sempre più buia. Infatti, al crescere della rotazione, il raggio della superficie di Schwarzschild non aumenta, mentre il raggio della superficie che, per comodità, chiameremo "di Kerr" aumenta. Ad un certo punto, quest'ultima raggiunge quella di Schwarzschild, é le due si annullano a vicenda. Il robot è libero, é può tornare indietro a riferire allo sperimentatore tutte le sue esperienze in prossimità del buco nero, ma incontra subito qualche difficoltà, rendendosi conto che lo sperimentatore non è ancora arrivato, o che se n'è andato da un pezzo. Il robot ha viaggiato non solo nello spazio, ma anche nel tempo! La singolarità centrale a forma di anello è ormai "visibile", viene definita "singolarità nuda", ed è di gran lunga l'oggetto più osceno di tutto l'Universo, visto che basta girarle attorno per viaggiare a piacimento nel tempo, senza più che il pietoso velo steso dalla superficie di Schwarzschild riesca a prevenire una evenienza così funesta. Che in linea di principio la teoria della Relatività Generale consentisse l'esistenza di un simile mostro, si sapeva da tempo, ma molti fisici erano convinti che qualche tipo di "Censura Cosmica" continuasse a valere. Un'ipotesi era che, durante il collasso che porta il nucleo di una supernova a generare un buco nero, parte della rotazione andasse perduta per attrito, per espulsione di materia rotante, é via discorrendo. Le teorie più moderne, però, non sembrano lasciare spazio per questo palliativo: molte stelle di grande massa ruotano rapidamente e, cosa ancor peggiore, molti buchi neri assorbono materia dotata a sua volta di rotazione é quindi, col passare del tempo progressivamente anche la loro rotazione. Altri hanno provato a dimostrare che, sempre in base alla Relatività Generale, ruotare attorno ad una singolarità nuda passando attraverso l'anello sia vietato da una sorta di "frizione cosmica", per cui l'oggetto incriminato potrebbe magari esistere, ma non essere praticamente utilizzabile ai fini distruttivi della violazione del principio di causalità. Stephen Hawking sembra appunto essersi convinto che anche questa speranza che la stessa Relatività contenga in sé il germe di una censura cosmica è vana: in linea di principio, nulla si oppone ad un viaggio nel tempo. E allora? Beh, forse è prematuro preoccuparsi. Singolarità nude a portata di mano non ce ne sono, almeno per ora, é nel frattempo i fisici potranno ancora perfezionare le loro teorie é sbizzarrirsi, Può darsi che prima o poi venga fuori questa benedetta censura cosmica, magari quando saremo riusciti a mettere assieme quei due mondi che ancora non si parlano tra loro: la gravitazione é la meccanica quantistica. E, nel peggiore dei casi, c'è già una soluzione bella che pronta, anche se sembra un po' esoterica: non viviamo nell'Universo, ma nel "Multiuniverso". Ci sono infiniti "universi paralleli", da quelli praticamente identici al nostro a quelli completamente diversi, ed un viaggio nel tempo non porta nel passato dell'universo di partenza, ma nel passato di un universo parallelo. Là, non avremmo difficoltà concettuali ad uccidere i nostri genitori, visto che in quell'universo noi non esisteremmo, ma esisteremmo in quello di partenza, in cui i nostri genitori non sono stati uccisi da nessuno. Bene, debbo dire francamente che, anche se in quest'ultimo modo la logica ed il principio di causalità sono fatti salvi, mi sembra un po' a rischio la salute mentale. Datemi pure del bacchettone, ma io preferisco una piccola quantità di sana, paternalistica, autoritaria é repressiva Censura Cosmica!. Buchi neri é frontiere della fisica I buchi neri generano intorno a sé dei campi gravitazionali così intensi che i fenomeni che si potranno osservare, metteranno a dura prova le leggi della fisica messe a punto per astri di modesta massa é con modesti campi gravitazionali. Per esempio, sono ben noti questi globi celesti di dimensioni galattiche, di massa presumibilmente pari a quella di una galassia, cioè di miliardi di volte superiore ad una massa solare, ma non si sa ancora quale sia l'energia che li mantiene luminosi. Chi fornisce loro l'energia sufficiente per dilatarsi é mantenere l'elevata temperatura? Inoltre molto spesso da certi quasar vengono proiettati dei getti giganteschi di materia ad una velocità molto vicina alla velocità della luce. Ciò significa che all'interno dei quasar hanno luogo delle esplosioni formidabili, ma nessuno conosce ancora il meccanismo esatto che libera l'energia sufficiente a produrre fenomeni così imponenti. Una delle ipotesi formulate di recente è che al centro di questi grandi corpi celesti si trovino dei buchi neri di massa notevole, cioè di massa superiore ai cento milioni di masse solari é magari di qualche miliardo. Se della materia cadesse nel centro di questi colossali buchi neri, anche se si trattasse di poche masse stellari, potrebbe liberare l'energia sufficiente a giustificare tali fenomeni. Tuttavia anche all'estremo opposto della scala delle dimensioni dei buchi neri ci si trova di fronte a leggi della fisica che da sole spiegherebbero fenomeni molto importanti, come l'"evaporazione" dei buchi neri. Finora si è detto, é si crede ragionevolmente, che il buco nero sia la morte della materia dell'Universo; se la materia va a cadere in un buco nero, non solo non ha più la possibilità di comunicare per mezzo della luce col resto dell'Universo, ma non ha nemmeno più la possibilità di tornarne fuori é quindi vi rimarrà per sempre intrappolata. Di fronte ad una certezza così tragica i ricercatori si sono messi all'opera per vedere se non fosse possibile qualche fenomeno inverso. Se delle particelle elementari entrano in un buco nero a velocità prossima a quella della luce, è possibile che ne escano estraendone una parte di energia. E' un processo molto complicato, ma possibile, capace di estrarre energia dal corpo nero ma non materia, a meno che il buco nero abbia una massa relativamente piccola. Infatti la meccanica quantistica, cioè la meccanica degli oggetti di dimensioni submicroscopiche (per esempio quella che si applica alla perfezione alla struttura é alle leggi dell'atomo é del nucleo) insegna che una particella elementare che abbia un'energia troppo debole per superare una barriera di potenziale ha una maggiore probabilità di riuscire a superare la barriera stessa. Per esempio, se si lancia una boccia che rotola per strada fino ad arrivare ad un passo carraio inclinato, non riuscirà mai a salire su questo, se la sua velocità è bassa, ma se la sfera è microscopica é microscopica è anche la barriera che deve superare, anche se la sua energia è insufficiente, essa riuscirà in un certo numero, magari limitato, di casi a passare dall'altra parte. Ebbene, questo può accadere anche ad una particella che si trovi all'interno di un buco nero: in questa situazione potrà superare la barriera di potenziale gravitazionale é passare al di fuori. Questa teoria, che spiega la radioattività alfa, ossia l'emissione di particelle alfa da nuclei atomici pesanti (uranio é torio), applicata al buco nero, permette di valutare la dimensione massima che questo può avere affinché delle particelle microscopiche ne scavalchino la barriera di potenziale gravitazionale. Nel caso del buco nero il fenomeno è possibile, anzi è tanto più probabile quanto più piccolo è il buco nero. Per esempio per buchi neri dotati di una massa di 1016 grammi, in pratica la massa di una piccola montagna, la probabilità è assai elevata. Se la massa è dieci volte inferiore, la probabilità diventa elevatissima. In particolare se la massa è di soli 10 14 grammi l"'evaporazione" delle particelle dal buco nero è tanto rapida che in pratica questo finisce col perdere tutte le particelle di cui è composto in una frazione di secondo. In sostanza, si tratterebbe di una formidabile esplosione. Tutta l'energia disponibile all'interno del buco nero si ritroverebbe al di fuori sotto forma di protoni molto energetici é di altrettanto energetici raggi gamma. Se dunque esistono questi buchi neri ed è possibile che buchi neri così leggeri si siano formati all'atto della nascita dell'Universo, questi sarebbero lentamente evaporati, ma giunti fino ad oggi, alcuni sarebbero così leggeri da evaporare rapidamente. Dunque, l'Universo potrebbe essere permeato da queste esplosioni, rivelabili sulla terra come un improvviso temporaneo aumento dei raggi gamma che provengono dal cosmo. Ora pare che esplosioni di questo tipo avvengano effettivamente . Non si è ancora ottenuta una prova definitiva, ma si sta lavorando molto attivamente per confermare l'esistenza di tali esplosioni é metterle in relazione con quelle prodotte dall'evaporazione di buchi neri microscopici. Galassie Quando Guglielmo Herschel scopri l'esistenza della Galassia, il suo scopo era quello di sapere fino a quale distanza nell'Universo si spingesse lo spazio riempito di stelle. Fuori da questo spazio, che ha la forma discoidale é che Herschel seppe cosi saggiamente scoprire é interpretare attraverso il conteggio delle stelle dello sfondo visibili nel telescopio, si stendeva il vuoto fino all'infinito o che cos'altro? Fuori dello spazio riempito di stelle doveva esserci spazio vuoto di stelle, ma non si possedeva nessun criterio per stabilire se qualunque altro oggetto celeste, fosse stella o gruppo di stelle o nebulosa si trovasse all'interno della Galassia oppure al di fuori. In realtà, quando Herschel scoprì che la Galassia era un disco di stelle, molti scienziati si misero a pensare che cosa potevano essere altri astri che avevano l'aspetto di un disco, probabilmente anch'esso composto di stelle, il quale assomigliava grandemente, sia pure visto da lontano, a ciò che Herschel supponeva fosse l'aspetto della Galassia visto dall'esterno. Potevano essere questi altri oggetti simili alla nostra Galassia, costituiti come questa da un gran numero di stelle, posti al di fuori della Galassia stessa? Erano dunque questi gli oggetti che riempivano fino a nuovi confini sconosciuti lo spazio extragalattico? Nel 1926 per la prima volta, in base a nuovi studi compiuti con il nuovo telescopio di Monte Wilson di 2,5 m di diametro, gli astronomi poterono convincersi che un primo astro dotato di forma discoidale, era la galassia di Andromeda, era veramente un oggetto posto al di fuori della nostra galassia piuttosto lontano ed esteso. Nel polo sud sono visibili, abbastanza ben separate dalla Via Lattea, due macchie luminose nel cielo, le famose Nubi di Magellano. Queste sono due piccole galassie di forma irregolare é relativamente vicine alla nostra: la loro distanza é di circa 200.000 anni-luce. Per chi abita nell'emisfero boreale le Nubi di Magellano sono assolutamente invisibili, mentre c'è un terzo corpo, più distante dalla Terra che non le Nubi di Magellano, che pure si trova nello spazio intergalattico: si tratta della galassia della costellazione di Andromeda, la quale dista da noi circa due milioni di anni-luce. Ad occhio nudo essa é visibile nelle notti molto limpide é senza Luna, lontano dalle luci della città, al di sopra della stella Beta della costellazione di Andromeda; altre galassie si possono osservare per mezzo di binocoli. La classificazione delle galassie La forma delle galassie é chiaramente visibile in fotografia. Chi osserva galassie ad occhio nudo, nei binocoli o nei piccoli tele scopi, sicuramente non potrà vedere con chiarezza la forma. Infatti la forma diventa evidente solo quando sia possibile ottenere un'immagine fotografica. Basti pensare, per esempio, alla galassia doppia della costellazione di Canes Venatici, che venne osservata all'inizio del secolo passato da molti astronomi con strumenti dotati di un obiettivo dell'ordine di grandezza dei 20-30 cm di diametro: in questi si vedeva appena che c'erano due macchie luminose sullo sfondo del cielo, una più intensa é l'altra di minore intensità. Verso la meta del secolo, quando furono disponibili telescopi molto più potenti é luminosi, si arrivo a vedere che la nubulosa più intensa era circondata da un tenue anello luminoso di forma pressappoco circolare. Solo alla fine del secolo, col grande telescopio di Lord Rosse, dotato di un obiettivo di 1,80 m di diametro, si riuscì a vedere che la galassia principale era circondata da braccia a spirale di cui se ne osservò la struttura. Non c'è da aspettarsi molto, per quanto riguarda la morfologia delle galassie, dall'osservazione visuale. Viceversa, una buona fotografia permette abbastanza facilmente di identificare le caratteristiche delle forme galattiche. Le cause dell'origine dei vari tipi di galassie non sono del tutto chiare é sono innumerevoli gli sforzi che si stanno facendo per comprendere quali siano i meccanismi che sono alla base della formazione delle galassie dei vari tipi morfologici. Sembra comunque, ma quest'ipotesi necessita di ulteriori conferme, che il tasso di formazione stellare durante le prime fasi evolutive di una galassia sia la causa principale della differenziazione tra i vari tipi che osserviamo. Se il gas della nebulosa protogalattica si é quasi completamente trasformato in stelle durante le prime fasi di formazione galattica, allora si originerà una galassia ellittica o sferoidale, se invece una certa percentuale (circa il 10%) del gas non fa in tempo a condensarsi in stelle, prima che il sistema si assesti in una forma di equilibrio, allora la struttura che assumerà la galassia sarà a spirale. Riguardo alla struttura a spirale é forse bene spendere qualche parola per spiegare il cosiddetto "paradosso dell'avvolgimento". Le stelle appartenenti al disco delle galassie a spirale infatti ruotano attorno al nucleo con moto kepleriano, cioè con velocità radiali decrescenti al crescere della distanza dal nucleo, con periodi orbitali dell'ordine del centinaio di milioni di anni. Le galassie hanno un'età di almeno dieci miliardi di anni, quindi attualmente non dovremmo osservare nel cielo alcuna galassia a spirale in quanto in questo lunghissimo periodo i bracci avrebbero dovuto avvolgersi completamente attorno al nucleo. Questo paradosso può essere spiegato ipotizzando che la forma a spirale sia mantenuta da delle cosiddette "onde di densità", cioè da una perturbazione del campo gravitazionale generale fatta a forma di spirale, che ruota rigidamente con una velocità angolare superiore a quella della materia presente nel disco. Queste onde di densità, si comportano nello stesso modo in cui agisce un'elica che ruota in un fluido. Incontrando le nubi di gas é polveri presenti nel disco galattico provocherebbero in esse delle onde d'urto a cui farebbe seguito l'innesco della formazione di stelle, le quali poi con la loro intensa luce segnano l'avvenuto passaggio dell'onda di densità con la sua caratteristica forma a spirale. Le galassie vengono classificate in ellittiche (1), a spirale (2), a spirale barrata (3) é irregolari (non riconducibili alle precedenti) La struttura delle galassie La prima cosa da osservare é che di galassie ce ne sono di grandi é di piccole, composte di tante o di poche stelle. Vi sono galassie cosi piccole da contenere meno di un miliardo di stelle ed altre cosi grandi da contenerne addirittura centomila miliardi! La nostra Galassia si pone in una posizione intermedia: in base agli studi del 1978, appare costituita da qualcosa come settecento miliardi di stelle. Le galassie ruotano tutte su se stesse. Sono astri abbastanza stabili che hanno forse la possibilità di perdere qualche stella nello spazio intergalattico, ma in generale conservano la loro forma per lunghissimo tempo. Accade a volte che alcune di esse nel loro moto all'interno degli ammassi galattici cui appartengono vengano a trovarsi relativamente vicine, per cui la loro struttura é perturbata dalla mutua attrazione gravitazionale. Le stelle più lontane dal centro galattico ruotano più lentamente; man mano che ci si avvicina al centro della galassia, le stelle ruotano più rapidamente, ma molto vicino al centro la velocità di rotazione è di nuovo bassissima. Il quadro della dinamica delle galassie é stato completato di recente da studi molto accurati che riguardano il movimento delle stelle. Per mezzo dei calcolatori elettronici é possibile sapere che cosa succede di una stella che si muova all'interno di una galassia. Per sapere come si muova una sola stella è più che sufficiente un calcolatore tascabile. Per sapere come si muovano diverse migliaia di stelle disposte in un disco (facendo cioè l'ipotesi di una galassia piatta) può bastare un PC di bassissima potenza. Per calcolare, invece, con esattezza tutte le proprietà dinamiche di una galassia sono necessari i più potenti computer. Questi mezzi di calcolo hanno permesso la costruzione di galassie estremamente simili a quelle che si osservano realmente. Tuttavia questo quadro della struttura galattica é molto semplice. Esso tiene conto soltanto della presenza di stelle nella galassia ed eventualmente anche della presenza di una certa quantità di pulviscolo é di altri tipi di materia interstellare. Proprio questo pulviscolo é questa materia interstellare impediscono pero di vedere i nuclei di queste galassie, nei quali presumibilmente si svolgono fenomeni estremamente energetici. é probabile che nel nucleo delle galassie si nascondano dei giganteschi buchi neri é molte galassie d'altra parte sono sede di formidabili esplosioni che di quando in quando fanno loro proiettare nello spazio sterminate quantità di energia; sotto forma di luce é di onde radio. Inoltre molte galassie sono continuamente attive nel campo delle radio-onde é per questo sono dette "radiogalassie". Non si saprebbe quasi nulla delle gigantesche dimensioni di questi fenomeni se non si conoscesse con una precisione appena ragionevole la distanza di questi astri. Gli ammassi di galassie Una caratteristica delle galassie é quella di raggrupparsi in ammassi, il fatto di poter vedere con modesti strumenti ben tre galassie relativamente vicine é un certo numero di altre con un telescopio, riflette una caratteristica delle galassie che é quella di raggrupparsi in gruppi più o meno numerosi: gli ammassi di galassie. La nostra Galassia appartiene ad un gruppo di 30-50 galassie (numero impreciso perché non si é sicuri dell'appartenenza al gruppo delle più piccole é più deboli). A più grande distanza si osserva che la maggior parte delle galassie é per l'appunto radunata in ammassi dei quali i più radi hanno si é no una cinquantina di galassie, mentre i più densi possono averne addirittura migliaia. Non si sa ancora se tra le galassie di tali ammassi sia presente della materia intergalattica. Se si osserva in un gran numero di fotografie la distribuzione delle galassie negli ammassi é degli ammassi vicini, si nota che questi hanno la tendenza a formare un "superammasso". Il diametro di una galassia é dell'ordine di grandezza dei centomila anni-luce, quello di un ammasso può essere decine di milioni di anni-luce, in certi casi anche centinaia. Di frequente gli ammassi di galassie sono costituiti da tipi abbastanza simili, mentre in altri casi le galassie di uno stesso ammasso appaiono notevolmente diverse. Gli ammassi di galassie costituiscono l'occasione per studiare le caratteristiche di galassie poste tutte alla stessa distanza. Una volta riconosciuta l'appartenenza di una galassia ad un ammasso, si può asserire con sicurezza che due galassie di uno stesso ammasso sono alla stessa distanza. Quindi la differenza di luminosità può essere imputabile solo ad un diverso contenuto di stelle, cioè alle diverse dimensioni delle due galassie. Si può allora scoprire, per esempio, che galassie di forma simile sono anche assai simili come luminosità é questo é di grande aiuto per determinare la distanza di galassie dello stesso tipo che si trovino pero isolate nello spazio. L'Universo extragalattico appare dunque tutto riempito di ammassi di galassie, é questi ammassi a loro volta sono radunati in superammassi. Talvolta fra gli elementi di un ammasso è distribuita della materia; molto spesso da questa vengono emessi radio-onde é raggi X, ma questo é quasi tutto quanto si sa di questi astri grandiosi é lontani. L'EVOLUZIONE DELLE STELLE LE STELLE IN GENERALE Dopo la sua formazione, la stella diventa stabile quando incomincia a produrre energia attraverso la fusione nucleare. Si stabilisce un equilibrio idrostatico al suo interno (cioe' la pressione degli strati esterni uguaglia quella della radiazione prodotta all'interno) é un bilancio energetico (l'energia prodotta uguaglia quella irradiata). Affinche' la stella raggiunga una temperatura centrale di 10 milioni di gradi, quella necessaria per la fusione del'idrogeno in elio, sono necessarie alcune decine di milioni di anni. Le reazioni termonucleari che avvengono all'interno delle stelle consistono nella fusione di due o piu' nuclei atomici in un nucleo piu' pesante. La massa del nucleo risultante e' leggermente inferiore alla somma delle masse dei nuclei di partenza. La differenza di massa M e' quella che viene trasformata in energia (E), secondo la nota legge di Einstein E=Mc2 dove c e' la velocita' della luce. La fusione di due nuclei atomici, che essendo costituiti da protoni é neutroni possiedono una carica elettrica positiva, e' ostacolata dalla reciproca repulsione elettrostatica. Pertanto, e' necessario che il gas abbia altissime pressioni é temperature, cioe' una grande energia cinetica, per poter vincere la repulsione dei nuclei é riuscire a fonderli. Piu' grandi sono i nuclei atomici é maggiore e' la repulsione elettrica, quindi la temperatura necessaria alla fusione. Tutte le stelle iniziano la propria vita bruciando idrogeno nel nucleo é trasformandolo in elio, ma la loro evoluzione successiva dipende dalla loro massa iniziale, quella che possiedono al momento della nascita. La prima differenza riguarda la durata della loro vita. La luminosita'di una stella dipende dalla sua massa: piu' precisamente, e' proporzionale al quadrato della massa per le stelle della bassa sequenza principale, alla terza o quarta potenza della massa per le piu' massicce. La massa di una stella determina anche la quantita' di combustibile a disposizione per le reazioni di fusione nucleare: la luminosita' e' una misura del ritmo con il quale questa materia viene consumata. Percio' il tempo di vita di una stella, cioe' il tempo necessario affinche' essa consumi tutto il combustibile a sua disposizione, e' circa pari al rapporto tra la sua massa é la sua luminosita'. Siccome la luminosita' aumenta piu' rapidamente della massa, questo rapporto e' tanto piu' piccolo quanto piu' massiccia e' la stella. Le stelle piu' calde, massicce é luminose, quelle che popolano la parte alta della sequenza principale, sono dunque quelle che vivono meno a lungo. Le piu' grandi bruciano idrogeno nel nucleo solo per pochi milioni di anni, mentre le stelle piu' piccole della sequenza possono farlo anche per 100 miliardi di anni. Il nostro Sole, che e' una stella abbastanza piccola, ha un tempo di vita in sequenza principale di circa 10 miliardi di anni, cinque dei quali sono gia' trascorsi. Inoltre, piu' grande e' la massa della stella, maggiore e' la temperatura centrale che questa e' in grado di raggiungere contraendosi. La fusione dei nuclei atomici richiede una temperatura tanto maggiore quanto piu' essi sono pesanti, quindi solo nelle stelle piu' massicce possono essere sintetizzati gli elementi pesanti. Infine, maggiore e' la temperatura é piu' rapido e' il processo di fusione. Via via che una stella esaurisce un combustibile é incomincia la fusione di un elemento piu' pesante, il processo accelera sempre di piu'. Un altro fattore che interviene nell'evoluzione delle stelle e' lo stato fisico del gas al suo interno; in condizioni di densita' relativamente basse, il gas di ioni ed elettroni si trova in uno stato fisico normale. Se la densita' aumenta oltre un certo limite, invece, il gas diventa degenere. Nel primo caso, il gas possiede un meccansimo di regolazione termostatica, nel senso che la sua pressione e' proporzionale alla sua temperatura. Il gas reagisce ad un aumento di temperatura aumentando la pressione; questo produce un'espansione é un raffreddamento. In questo modo pressione é temperatura sono sempre autoregolate, é l'aumento di temperatura non provoca l'accumulo di energia all'interno del gas. In un gas degenere, invece, la pressione non dipende piu' dalla temperatura. Se la temperatura del gas aumenta, esso non si espande é l'energia accumulata non puo' venire dissipata. Oltre un certo limite, questo accumulo di energia rende instabile la stella é ne provoca l'esplosione. Durante la fusione dell'idrogeno in elio, la stella possiede una temperatura, una luminosita' ed un colore ben definiti; ad essi corrisponde una posizione sul diagramma H-R. Tutte le stelle che si trovano nella fase di fusione dell'idrogeno, che e' la fase di maggior durata dell'intera vita stellare, hanno nel diagramma H-R una posizione compresa entro la fascia della sequenza principale. La massa della stella determina la posizione del suo punto rappresentativo sulla sequenza: tanto maggiore e' la massa, tanto maggiori sono la sua temperatura é luminosita' nella fase di bruciamento dell'idrogeno, é viceversa. La stella rimane stabile per tutta la durata di questa fase, che puo' variare, secondo la sua massa, da pochi milioni a svariati miliardi di anni. Quando l'idrogeno sta per essere esaurito nel nucleo, l'equilibrio idrostatico che si era stabilito viene a mancare, perche' l'energia prodotta dalla fusione non e' sufficiente a controbilanciare la pressione degli strati esterni della stella. Di conseguenza, il nucleo incomincia a contrarsi é a riscaldarsi, in modo da accelerare la fusione dell'idrogeno restante é dare il via alla fusione di elio in carbonio. Questo produce un sovrariscaldamento della stella, che deve contemporaneamente espandere gli strati piu' esterni per dissipare l'energia in eccesso. La temperatura superficiale della stella diminuisce, é di conseguenza il suo colore si fa via via piu' rosso, mentre la luminosita' complessiva aumenta, dato che la superficie emittente e' aumentata con l'espansione. La stella diventa cioe' una gigante rossa, una stella piu' fredda é piu' luminosa rispetto alle stelle di sequenza principale. Il suo punto rappresentativo sul diagramma H-R si sposta verso l'alto é verso destra, risalendo quello che viene detto il "ramo delle giganti rosse". Contemporaneamente, la stella comincia a perdere massa, attraverso l'espulsione di parte dei suoi strati piu' esterni. La massa perduta alla fine di questa fase puo' essere anche una frazione significativa della massa iniziale della stella. Quando la temperatura centrale della stella ha raggiunto i 100 milioni di gradi, i nuclei di elio incominciano a fondersi a tre per volta per formare un nucleo di carbonio. La stella si sposta dalla regione delle giganti rosse ancora verso la sequenza. Se la stella ha una massa inferiore a circa due volte la massa del Sole, la sua evoluzione attiva termina qui. Le stelle piu' piccole, infatti, sono piu' compatte di quelle grandi e, nel loro nucleo, il gas e' cosi' denso da raggiungere lo stato degenere: in queste condizioni, non e' possibile un'ulteriore contrazione del nucleo, é la stella non puo' innescare la fusione del carbonio prodotto. Quando l'elio sta per esaurirsi, il nucleo si contrae é gli strati esterni si espandono, per la minore produzione di energia all'interno; nel diagramma H-R, il suo punto rappresentativo risale verso il ramo delle giganti rosse. A questo punto, la stella diventa instabile é gli strati piu' esterni incominciano a pulsare, fino a quando non vengono espulsi in direzione radiale, lasciando scoperto il nucleo caldo é denso della stella: una nana bianca. L'insieme della stella centrale é della nube di gas espulso prende il nome di nebulosa planetaria. Le stelle piu' massicce ripetono piu' volte il ciclo di contrazione ed espansione, innescando ogni volta la fusione di un elemento piu' pesante all'esaurirsi del combustibile precedente, mentre il loro nucleo si riscalda sempre piu'. A 800 milioni di gradi incomincia la fusione dei nuclei di carbonio, che da' origine ad elementi come l'ossigeno, il magnesio, il neon. A temperature di 1,4 miliardi di gradi i nuclei di ossigeno si fondono, formando silicio, zolfo, fosforo, é cosi' via. La catena dei bruciamenti nucleari si interrompe quando il gas nel nucleo della stella, che ad ogni contrazione e' rimasto sempre piu' denso é compatto, diventa degenere. A questo punto, la fusione del successivo combustibile nucleare rilascia nel gas degenere una grande quantita' di energia, che provoca l'esplosione della stella come supernova. Il gas arricchito di elementi pesanti viene restituito al mezzo interstellare: l'esplosione delle supernovae rappresenta il principale meccanismo di arricchimento chimico delle galassie. Gli strati esterni della stella vengono espulsi nello spazio, mentre il suo nucleo collassa sotto la propria spinta gravitazionale, formando un oggetto estremamente denso é compatto. Solo le stelle con massa superiore a 12-13 volte quella del Sole percorrono tutto il ciclo dei bruciamenti nucleari, arrivando a sintetizzare il ferro, dopodiche' la catena si interrompe: la fusione del ferro in elementi piu' pesanti e' infatti endoenergetica, cioe', invece di liberare energia, ne assorbe. Il ferro sintetizzato nel nucleo della stella subisce quindi un'instabilita': i nuclei di ferro si frantumano e, sotto l'enorme pressione alla quale sono sottoposti dagli strati di gas sovrastanti, collassano su se stessi. Il nucleo si contrae, alla ricerca di una nuova configurazione di equilibrio idorstatico. Gli strati esterni cadono sul nucleo a grande velocita', urtando contro la sua superficie. L'onda d'urto che si forma riscalda il gas fino a temperature altissime; in queste condizioni si innescano immediatamente bruciamenti nucleari molto rapidi, che depositano una grande quantita' di energia negli strati di gas, facendo esplodere la stella come supernova. La sorte del nucleo, a questo punto, dipende dalla sua massa: se e' inferiore ad un certo limite critico (qualche volta la massa del Sole), i nuclei si fondono con gli elettroni, formando un "mare" compatto é densissimo di neutroni. Cio' che rimane della stella si assesta in una configurazione di equilibrio, una stella di neutroni. Se invece la massa del nucleo e' superiore a quel limite, nulla puo' fermare il suo collasso, che diventa ireversibile; mentre il nucleo si contrae, a massa costante, la forza di gravita' in superficie aumenta. In accordo con la teoria della Relativita' Generale, lo spazio intorno alla stella si deforma, incurvandosi é modificando le traiettorie dei corpi che vi passano vicino. La stella scompare, perche' perfino la luce resta intrappolata all'interno del suo enerome campo gravitazionale: si e' formato un buco nero. Le giganti rosse Le giganti é le supergiganti rosse sono tra gli astri piu' brillanti del cielo. Esse sono formate dall'inviluppo espanso é rarefatto di stelle evolute, che circonda un nucleo caldo é compatto. Pur avendo masse abbastanza modeste, le piu' grandi giganti rosse hanno raggi centinaia di volte maggiori di quello del Sole. Le loro atmosfere si estendono per milioni di kilometri, con densita' inferiori a 10-5 grammi per cm3. Si pensi che, quando il Sole diventera' una gigante rossa, i suoi strati esterni si espanderanno fino oltre l'orbita di Marte, inghiottendo i pianeti piu' interni, tra cui la Terra. Le temperature superficiali delle giganti rosse si aggirano sui 3.000 gradi, percio' i loro spettri sono dei tipi K é M. Tra le giganti rosse piu' note, ricordiamo per esempio Antares nella costellazione dello Scorpione, é Betelgeuse in Orione. Questi astri perdono continuamente gas, che viene soffiato via sotto forma di vento stellare; questa perdita di materia e' decisiva per la stella in quanto, come abbiamo visto, la massa determina il tipo di evoluzione a cui essa va incontro. La prima immagine diretta dell'atmosfera di una stella che non sia il Sole, la stella piu' luminosa della costellazione di Orione, Betelgeuse. Si tratta di una supergigante rossa. L'immagine rivela una macchia piu' calda é luminosa del resto della superficie, grande dieci volte la Terra é di origine ancora ignota. (HST) Le nebulose planetariE Questo tipo di nebulosa e' costituito da una stella centrale caldissima, compatta é di piccole dimensioni, al centro di un disco o un anello gassoso luminoso. Il sistema ha dimensioni relativamente ridotte, in genere inferiori ad un anno luce. Le prime nebulose planetarie osservate furono percio' paragonate al pianeta Saturno é ai suoi anelli, é a questo devono il loro nome. La stella che si trova al centro di una nebulosa planetaria e' il residuo di una stella di piccola massa, nelle ultime fasi della sua evoluzione. Essa possiede temperature altissime, tra i 30mila é i 150mila gradi, ed emette prevalentemente nella regione ultravioletta dello spettro; e' anche piuttosto piccola é compatta, con dimensioni inferiori ad un quinto del raggio del Sole. Si pensa che le nebulose planetarie abbiano origine dalle stelle supergiganti rosse, le quali espellono gli strati piu' esterni, composti di idrogeno ed elio, "spazzandoli via" nello spazio. Questo gas forma cosi' un guscio sferico che si espande sempre piu' lentamente. Esso viene ionizzato dalla radiazione della stella centrale: quando gli elettroni si ricombinano con gli ioni, il gas emette radiazione. Col tempo, la nebulosa si disperde nello spazio: la durata dell'intero processo e' probabilmente inferiore ai 100.000 anni. Anche questo e' un meccanismo attraverso il quale le stelle restituiscono al mezzo interstellare parte del gas da cui si sono formate, arricchito di elementi pesanti. NGC 6543, detta anche nebulosa "Occhio di gatto", e' una delle piu' complesse nebulose planetarie mai osservate. Vi si distinguono getti di gas ad alta velocita', strati concentrici di gas é i residui di onde d'urto. L'eta' stimata di questa nebulosa e' di circa 1000 anni. (HST) La nebulosa planetaria M57 nella costellazione della Lira. (SEDS) Le nane bianche Le nane bianche rappresentano lo stadio finale della vita di stelle di piccola massa. Il prototipo di questo tipo di stelle e' Sirio B, la compagna della piu' nota stella Sirio, con la quale forma un sistema binario. Durante é dopo la fase di gigante rossa, come abbiamo visto, la stella si spoglia dei suoi strati esterni é la parte restante va incontro ad un rapido collasso. Se la massa rimanente, quella del nucleo stellare, e' inferiore ad un certo limite critico, pari a 1.44 volte la massa del Sole, il collasso ad un certo punto si arresta é la stella trova una configurazione di equilibrio stabile, diventando una nana bianca. Tanto maggiore e' la massa della stella, tanto minore e' il raggio finale della nana bianca. Questo tipo di stella e' molto piccola, densa é compatta, in rapida rotazione. Essa deve il suo nome al fatto che ha un raggio molto minore di una stella normale, ed essendo caldissima, emette luce a lunghezze d'onda piu' corte, cioe' bianca, come le stelle dei primi tipi spettrali. Una nana bianca ha una massa confrontabile con quella del Sole é dimensioni di un pianeta come la Terra. Il gas della nana bianca e' completamente degenere, ad eccezione di uno straterello superficiale di materia che si trova allo stato fisico ordinario, prevalentemente idrogeno ed elio. La degenerazione di un gas (di elettroni, di neutroni o di ioni) si instaura quando esso viene compresso fino oltre una certa densita' critica. In un gas degenere, nello spazio normalmente occupato da un solo atomo si trovano centinaia di migliaia di particelle. In una nana bianca, la materia e' compressa fino a densita' di 106 107 grammi per cm3: a queste densita', una quantita' di materia delle dimensioni di una zolletta di zucchero peserebbe piu' di un'automobile qui sulla Terra ! Pur essendo cosi' compressa, la materia al suo interno si trova pero' allo stato gassoso, contrariamente a quanto avverrebbe per la materia normale, che ad alte pressioni solidifica. Un gas degenere e' estremamente resistente ad un'ulteriore compressione, perche' esercita esso stesso una fortissima pressione: e' questa pressione che sostiene la nana bianca. La stella non puo' piu' contrarsi ed innescare la fusione nucleare al suo interno: una nana bianca percio' e' una stella "morta", destinata a splendere a spese della sua energia interna, senza poterne produrre di nuova. D'altra parte, la temperatura iniziale di una nana bianca puo' raggiungere i 100.000 gradi ed il suo raffreddamento, fino a temperature prossime allo zero, richiede svariati miliardi di anni; tenendo conto che l'eta' dell'universo e' di 15-20 miliardi di anni, e' probabile che nessuna nana bianca sia ancora giunta alla sua "morte termica". Se in un sistema binario una delle due stelle e' una nana bianca, puo' verificarsi il fenomeno della nova. A sinistra, un'immagine dell'ammasso globulare M4, che contiene piu' di 100.000 stelle, tra cui molte giganti rosse. A destra, l'immagine di una parte dell'ammasso, nella quale sono evidenziate 8 nane bianche. Il telescopio Spaziale Hubble ne ha rivelate 75 in una piccola regione di spazio. (HST) Le novae Fin dall'antichita' sono state segnalate apparizioni di stelle "nuove", cioe' apparizioni di stelle mai viste in precedenza. Queste stelle restavano brillanti per qualche settimana o pochi mesi, per poi affievolirsi é scomparire di nuovo. Da questo deriva il nome di "novae", cioe' stelle nuove. Oggi sappiamo che questo fenomeno non e' dovuto alla comparsa di nuove stelle, bensi' all'esplosione di stelle gia' esistenti é non visibili, che le rende improvvisamente piu' brillanti é permette di rivelarle. L'esplosione, che e' meno violenta di quella di una supernova é non distrugge completamente la stella, e' dovuta ad un meccanismo legato alla sua evoluzione. Le novae, nel loro stato normale, sono stelle compatte non molto brillanti é ad alta temperatura (tipicamente nane bianche), che fanno parte di sistemi binari; la compagna e' una stella evoluta ed espansa, come una gigante rossa, dalla quale fluisce in continuazione materia gassosa. Il gas perso si raccoglie in un disco di accrescimento attorno alla stella compatta, cadendovi sopra lentamente. La caduta di materia sulla nana bianca continua finche' questa non raggiunge una massa limite; a questo punto produce nella stella una reazione di tipo esplosivo, che la libera di parte della materia che aveva guadagnato. La luminosita' della stella cresce anche di 11-12 magnitudini, passando da un valore tipico intorno a +4 o +5 fino a circa -7.5 al massimo dello splendore. Nell'esplosione gli strati esterni della stella, che possiedono temperature di 10-15.000 gradi, vengono espulsi con velocita' fino a 3.000 Km/s. Allontanandosi dalla stella, il gas espulso diventa meno denso, rallenta é si raffredda, formando una piccola nebulosa. Tipicamente, una nova emette nell'esplosione tanta energia quanta il Sole ne emette in 100.000 anni. La massa spulsa, invece, e' una piccola frazione della massa totale della stella, all'incirca un centomillesimo. Dopo qualche anno la stella che ha subito l'esplosione ritorna piu' o meno quella di prima. Il fenomeno delle novae puo' ripetersi, quando si ripresentino le condizioni appropriate. In questo caso si parla di "novae ricorrenti". Non tutte le novae si comportano pero' allo stesso modo; alcune salgono improvvisamente al massimo di luminosita', raggiunto il quale si affievoliscono nel giro di pochi mesi; in altri casi la stella impiega piu' tempo a raggiungere il culmine dello splendore, subisce esplosioni multiple che si susseguono nel tempo ed impiega anni per tornare al minimo di luminosita'. Questa immagine illustra il meccanismo che sta alla base del fenomeno delle variabili cataclismiche. In un sistema binario di stelle ravvicinate, composto da una nana bianca é da una stella normale di piccola massa, il gas della stella normale fluisce verso la nana bianca formando un disco di accrescimento, é cade sulla sua superficie. L'idrogeno si accumula su essa é si riscalda finche' non si innesca la fusione nucleare, che produce il fenomeno esplosivo della "nova". (HST) La Nova Cygni (cioe' nella costellazione del Cigno), esplosa il 19 febbraio del 1992. A destra, l'immagine del Telescopio Spaziale Hubble che rivela una struttura ellittica ad anello, molto sottile, cio' che resta del gas emesso durante l'esplosione. Un'immagine del 31 maggio 1993 (a sinistra) ha fornito le prime informazioni sull'anello é su una strana struttura a forma di barra, non risolta. (HST) Le supernovae Quando una stella esplode come supernova, avviene uno dei fenomeni piu' spettacolari che il cielo possa offrire. L'esplosione avviene quando il nucleo di una stella abbastanza massiccia collassa, al termine della sequenza dei bruciamenti nucleari. Gli strati esterni cadono sul nucleo riscaldandosi, é di colpo si innescano delle reazioni di fusione termonucelare. Esse producono una grandissima quantita' di energia, che si deposita nel gas sotto forma di energia cinetica: gli strati vengono espulsi a grandissime velocita' (decine di miglliaia di chilometri al secondo), in un'esplosione immane. L'energia sviluppata da una supernova e' tale che per qualche settimana essa emette, da sola, la quantita' di luce emessa da un'intera galassia ! La luce emessa dalla supernova si affievolisce é scompare nel giro di qualche anno, lasciando una nube di gas in espansione rallentata. I resti di supernova, cioe' il gas espulso nell'esplosione, compongono alcune delle piu' belle nebulose che conosciamo. Al centro della supernova resta un buco nero oppure una stella di neutroni. L'esplosione libera nello spazio interstellare gas ad altissima temperatura, fortemente ionizzato, raggi cosmici; gli elettroni liberi é gli ioni portano con se' un intenso campo magnetico. Se attorno alla supernova c'e del gas interstellare, il materiale espulso lo comprime é viene rallentato a sua volta; il gas interstellare viene riscaldato ed emette radiazione. Il gas in espansione assume via via una struttura a filemanti é a strati sottili, sfilacciati. Il resto di supernova emette radiazioni di vario tipo: ottiche, radio, infrarosse, ma anche X é gamma. Anche quando esso si e' raffraddato, emette radiazione di sincrotrone, causata da un rapido moto degli elettroni liberi attorno alle linee del campo magnetico del gas. L'emissione X viene invece prodotta nell'interazione degli ioni é degli elettroni col gas interstellare. Dato che le stelle di grande massa sono solo una piccola frazione del totale, l'esplosione di una supernova e' un evento piuttosto raro: si stima che nella nostra Galassia esplodano in media 3 supernovae al secolo. Le ultime due supernovae esplose nella nostra Galassia sono quella del 1572, nella costellazione di Cassiopeia, é quella del 1604 in Ofiuco. Le supernovae sono ben visibili tuttavia anche in galassie esterne, anzi rappresentano uno dei migliori modi per stimarne la distanza. Alcune supernovae sono entrate nella storia dell'astronomia. Molto nota e' quella esplosa nel 1054, che fu osservata dagli antichi astronomi della Cina é che fu cosi' luminosa da essere visibile per un po' di tempo anche durante il giorno. Il residuo di quella supernova costituisce oggi la Nebulosa del Granchio, detta cosi per la sua struttura tentacolare. Un altro resto di supernova e' quello noto come Cygnus Loop (anello del Cigno, nell'omonima costellazione), residuo di una stella esplosa circa 50.000 anni fa, che ancora emette uno spettro a righe di emissione. Il ruolo delle supernovae nell'evoluzione delle galassie e' fondamentale, non soltanto perche' esse arricchiscono il gas interstellare di elementi pesanti, ma anche perche', attraverso una compressione dello stesso gas, inducono la formazione di nubi dense é quindi di nuove stelle. NGC 1952, piu' nota come Nebulosa del Granchio, e' il residuo dell'esplosione di una supernova avvenuta nel 1054. Questo evento fu osservato dagli antichi astronomi cinesi. Al centro della nebulosa, che si trova a circa 6.000 anni luce da noi, c'e' una pulsar, che ruota con un periodo di 1/30 di secondo. (Cortesia Bill Arnett) La Nebulosa della Vela, nella costellazione del Cigno, e' il residuo di una supernova esplosa all'incirca 15.000 anni fa. In quest'immagine ne viene mostrata soltanto una parte. (Royal Observatory, Edinburgo) L'evoluzione del resto della supernova 1987A dal febbraio 1994 al febbraio 1996. I resti della supernova, esplosa nella Grande Nube di magellano nel febbraio del 1987, si stanno espandendo con una velocita' di piu' di 10 milioni di chilometri all'ora ! Dieci anni dopo l'esplosione, il resto di supernova e' abbastanza grande da poter essere risolto dal Telescopio Spaziale Hubble; la supernova dista 167mila anni luce dalla Terra, nella Grande Nube di Magellano. La sua esplosione ha rappresentato un'importante occasione per mettere alla prova le teorie dell'evoluzione stellare. (HST) L'immagine mostra la supernova 1994I nella galassia M51, a 20 milioni di anni luce da noi. La freccia indica la posizione della supernova, a circa 2000 anni luce dal nucleo. (HST). SN 1994D in NGC 4526. La supernova, indicata dalla freccia, e' apparsa in prossimita' di una "dust lane" (zona altamente assorbita dalla polvere) della galassia progenitrice (Patat et al. 1994) Curva di luce di SN 1994D nelle bande UBVRI (ultravioletta, blu, visibile, rossa é infrarossa). I tratteggi rappresentano le curve di luce della SN 1992A. Notevole e' la somiglianza fra questi due oggetti. (Patat et al. 1994) Curva di luce della SN 1993J in M81nelle bande BVRI (Barbon et al. 1995). Le stelle di neutroni Questi insoliti astri si formano durante le fasi finali dell'evoluzione di una stella con massa del nucleo compresa tra 1.44 é circa 3 volte la massa del Sole. Dopo aver esaurito la catena dei bruciamenti nucleari, la stella si contrae bruscamente, sotto la propria spinta gravitazionale, mentre gli strati esterni si espandono. La stella subisce un collasso cosi' violento da non riuscire a riassumere a configurazione di equilibrio di nana bianca, come le stelle piu' piccole. Essa raggiungera' l'equilibrio in uno stato ancora piu' estremo, diventando una stella di neutroni. Il collasso prosegue infatti finche' gli stessi nuclei atomici si frantumano é i protoni si fondono con gli elettroni, formando un "mare" di neutroni degeneri ad altissima densita' (1013 - 1014 grammi per cm3). La pressione dei neutroni degeneri sostiene la stella, impedendone un'ulteriore collasso. Si sa ancora poco sulla struttura interna é sullo stato fisico di una stella di questo tipo, tranne che possiede un campo gravitazionale ed un campo magnetico estremamente intensi. Inoltre, una stella di neutroni dev'essere in rapidissima rotazione su se stessa, proprio a causa della propria contrazione: come una pattinatrice sul ghiaccio si mette a ruotare piu' rapidamente quando raccoglie le braccia al corpo é viceversa rallenta quando le estende, cosi' una stella o una nube di gas si mettono in rotazione attorno al proprio asse durante una contrazione. Una massa confrontabile con quella del Sole si e' ridotta alle dimensioni di un grosso asteroide: le dimensioni tipiche di una stella di neutroni sono infatti di circa 30 Km di diametro ! A quelle densita', una quantita' di materia grande quanto una zolletta di zucchero avrebbe una massa pari a quella di tutta l'umanita'... Le stelle di neutroni non emettono luce come le stelle, percio' non sono "visibili" nel senso stretto del termine. Tuttavia ne sono state individuate diverse sulla base di evidenze indirette: esse danno luogo infatti al fenomeno delle pulsar. Nel 1967, i radioastronomi si accorsero di alcune strane sorgenti, delle specie di "radiofari" che emettevano impulsi radio ad intervalli regolari é molto brevi, dell'ordine delle frazioni di secondo. In seguito questo fenomeno venne spiegato come una stella di neutroni in rapida rotazione é dotata di una campo magnetico molto intenso: quest'ultimo creerebbe infatti un forte campo elettrico. Sottoposti a questo campo elettrico, gli ioni é soprattutto gli elettroni presenti vengono sospinti fuori dai poli magnetici della stella; spiraleggiando attorno alle linee del campo magnetico, gli elettroni vengono decelerati ed emettono radiazione di sincrotrone. Se l'asse magnetico della stella (che non necessariamente coincide con quello di rotazione) e' inclinato rispetto a noi, ogni volta che un polo magnetico si trova nella direzione della nostra linea di vista, osserviamo un lampo di radiazione. Le pulsar non emettono soltanto nella banda radio, ma anche nell'ottico, nell'ultravioletto, nelle bande X é gamma, con lo stesso periodo degli impulsi radio. Queste radiazioni vengono emesse a spese dell'energia della stella, la quale rallenta progressivamente la propria rotazione: il periodo passa da una frazione di secondo fino a qualche ora o giorno. I buchi neri Se la massa del nucleo della stella, al termine della sequenza dei bruciamenti nucleari, e' superiore a circa 3 volte la massa del Sole, il collasso che esso subisce non puo' essere fermato nemmeno dalla pressione delle particelle che lo compongono: esso prosegue inarrestabile, dando origine ad un buco nero, una specie di mostro che inghiotte tutta la materia che si trova entro una certa distanza é dal quale niente puo' scappare. La forza di gravita', in questo caso, e' cosi' grande da comprimere le particelle fino ad una densita' praticamente "infinita": la materia viene ridotta in uno stato fisico sconosciuto, ma sicuramente diverso da quello della materia che conosciamo. L'esistenza dei buchi neri e' prevista dalla Relativita' Generale di Einstein. Nel collasso, la stella si "ripiega" su se stessa ed incurva lo spaziotempo circostante a causa della sua enorme gravita'. La gravita' superficiale di un buco nero e' cosi' alta che nemmeno la luce puo' sfuggirle, nemmeno la luce, percio' esso e' completamente oscuro é non si puo' rivelarne uno in modo diretto. Come per ogni stella o pianeta, anche per un buco nero si puo' definire la velocita' di fuga ad una certa distanza D, cioe' la minima velocita' che un corpo dovrebbe avere per poter sfuggire all'attrazione gravitazionale che il buco nero esercita alla distanza D. Ragionando all'inverso, per una data velocita' si puo' trovare la distanza minima alla quale l'oggetto puo' avvicinarsi al buco nero senza venirne catturato: se si pone questa velocita' pari a quella della luce (la massima velocita' esistente), si trova la distanza oltre la quale nemmeno la luce puo' sfuggire al buco nero. Questo limite prende il nome suggestivo di "orizzonte degli eventi" é delimita la regione interna, dalla quale nessun segnale puo' raggiungere l'esterno: di tutto cio' che avviene all'interno non possiamo avere notizie. Non e' possibile definire per un buco nero una vera é propria superficie, ne' un volume o una densita': le proprieta' che caratterizzano questo oggetto sono la sua massa ed il cosiddetto raggio di Schwarzschild (dal nome del fisico che studio' per primo i buchi neri dal punto di vista teorico), cioe' la distanza dal centro all'orizzonte degli eventi. Tra queste due quantita' intercorre la relazione RS = 2GM/c2 dove RS e' il raggio di Schwarzschild, G la costante di gravitazione universale, M la massa del buco nero é c la velocita' della luce. Tanto maggiore e' la massa di un buco nero, tanto maggior e' il suo "raggio d'azione". Sostituendo i valori delle costanti, RS<7SUB> e' pari a 3 (M/MS) Km, dove MS e' la massa del Sole. Fino a non molti anni fa non c'erano prove dell'esistenza effettiva dei buchi neri. Infatti, essi possono essere rivelati soltanto dagli effetti gravitazionali che esercitano sulla materia circostante. Per esempio, se una delle componenti di un sistema binario e' un buco nero é l'altra una stella normale, la presenza del primo sara' rivelata dal moto orbitale della seconda attorno al centro di massa comune. Spesso, quando anch'essa evolve in gigante rossa é si espande, parte del gas dei suoi strati piu' esterni puo' formare un disco di accrescimento attono al buco nero. Dal disco, il gas cade lentamente sul buco nero; l'attrito cresce verso il bordo interno del disco, il gas si riscalda é produce un ampio spettro di radiazione, soprattutto nelle bande X é ultravioletta. Questa radiazione permette anch'essa di rivelare la presenza di un oggetto compatto con un disco di accrescimento. Con il lancio dei primi satelliti dotati di rivelatori in raggi X, vennero scoperte dentro é fuori della nostra Galassia molte sorgenti X prima sconosciute (la nostra atmosfera, infatti, blocca la maggior parte dei raggi X provenienti dallo spazio). Esse emettono nella banda X piu' di quanto non emettano nell'ottico é il loro spettro e' di tipo non termico, cioe' non e' del tipo emesso da una stella. Alcune di queste sorgenti X sono di natura "stellare", come Cygnus X-1, Scorpio X-1 o Hercules X-1; sembra che Cygnus X-1 sia un sistema binario del tipo prima descritto, con un buco nero con massa di circa 6 volte la massa del Sole ed una stella di 20 volte la massa del Sole. Altre sorgenti X sono pulsar, altre ancora coincidono con galassie o quasar. Come abbiamo detto, il campo gravitazionale del buco nero e' cosi' forte da incurvare lo spaziotempo circostante; una delle conseguenze principali e' che un raggio di luce che passa nelle vicinanze del buco nero, come di una grande concentrazione di massa, si incurva é cambia direzione; e' cio' che sta alla base del fenomeno delle lenti gravitazionali. Se il raggio di luce passa alla distanza RS, viene incurvato cosi' tanto da cominciare a girare in tondo attorno al buco nero ! La presenza di un buco nero molto massiccio, interposto tra noi ed una sorgente di luce come una galassia distante, potrebbe quindi essere rivelata anche dall'effetto di lente gravitazionale sulla radiazione proveniente dalla sorgente. Sembra che buchi neri supermassicci esistano o siano esistiti nei nuclei delle galassie attive é che l'accrescimento di materia su questi oggetti ne rappresenti il motore energetico centrale. Nel nucleo della galassia NGC 4261 c'e' un disco di polvere del diametro di 800 anni luce, é probabilmente un buco nero di massa pari a 1,2 miliardi di volte quella del Sole ! In questa immagine e' rappresentato lo scenario che si potrebbe osservare da un ipotetico pianeta posto nel disco di polvere, guardando verso il buco nero. La luce bianca proveniente dal gas caldissimo che cade sul buco nero e' arrossata a causa della polvere, che assorbe luce ad alte frequenze é la riemette a frequenze piu' basse. Illustrazione di J. Gitlin (Space Telescope Science Institute) Immagine del disco di polvere che circonda il buco nero al centro della galassia spirale NGC 4261. Misurando la velocita' del gas che ruota attorno al buco nero, gli astronomi hanno potuto misurare il campo gravitazionale di quest'ultimo é la sua massa, che e' pari a circa 1,2 miliardi di volte quella del Sole. (HST)