PER UNA CURA CONSAPEVOLE DI SE’ Progetto rivolto ai giovani per la diffusione di una cultura dell’automedicazione responsabile a scuola Dott. Massimiliano Fracassi Cos’è un farmaco La parola farmaco deriva dal termine greco 'pharmakon' che significa veleno. Questa osservazione linguistica deve indurre a qualche rispettosa riflessione sull’impiego dei farmaci e sull’importanza che i farmaci hanno assunto nella nostra società. Già dall'era preistorica radici, cortecce, Si definiscono farmaci, secondo l'Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) "tutti i composti che, introdotti in un organismo vivente, possono modificarne una o più funzioni". Il farmaco può curare le cause di una malattia o solo i suoi sintomi, ad esempio nel caso di una infezione batterica con mal di gola e febbre, l'antibiotico curerà la causa (eziologia) e l'antifebbrile il sintomo (sintomatologia). Prima di essere autorizzato dal Ministero della Sanità il farmaco è oggetto di sperimentazioni e studi; solo dopo aver superato numerosissimi esami che ne attestano l'efficacia e individuano gli effetti collaterali ed indesiderati viene registrato e diventa disponibile in farmacia. Come nasce un farmaco E’ lungo e avvincente il percorso della nascita di un farmaco: dall'individuazione del meccanismo biologico su cui intervenire, alla determinazione del principio attivo, all'inizio della sperimentazione prima in laboratorio (o preclinica) e poi sui pazienti (o clinica), alla messa in commercio. La scoperta di un farmaco L’obiettivo della ricerca farmacologica è quello di trovare farmaci in grado di curare le malattie o di lenirne le sofferenze. Tale ricerca, vecchia quanto l’uomo, si è evoluta nel tempo in maniera straordinaria, sia per l’ampliamento delle conoscenze medico-scientifiche, sia per la crescente domanda di salute, sia per l’impiego di strumenti di indagine sempre più sofisticati e potenti. Anche se molto più evoluta e complessa, rispetto al passato, la ricerca farmacologica ha inizio comunque sempre dallo stesso punto: la scoperta di un composto dotato di "attività farmacologica", in grado, cioè, di modificare un processo biologico. Questa tappa cruciale può essere suddivisa in due momenti fondamentali: l'individuazione di un bersaglio farmacologico e l'identificazione dei cosiddetti composti guida. Il bersaglio Il primo passaggio consiste nella determinazione del cosiddetto "bersaglio farmacologico", ossia l’elemento o il meccanismo biologico su cui intervenire per modificare il percorso di una malattia. A seconda del tipo di patologia, il bersaglio può essere molto diverso: un virus o un batterio nel caso di malattie infettive come l’influenza o l’epatite; la carenza di un ormone nelle patologie metaboliche come il diabete o l’obesità; il meccanismo di degenerazione delle cellule cerebrali nella malattia di Parkinson o nel morbo di Alzheimer, e via dicendo. Il bersaglio può quindi essere un microrganismo, una proteina difettosa, un legame molecolare alterato, un segnale biochimico malfunzionante. Identificarlo non è semplice: più una patologia è complessa, infatti, più è difficile individuare i punti chiave su cui intervenire per ottenere benefici in termini di guarigione. Il composto guida Una volta selezionato il bersaglio farmacologico si procede al secondo obiettivo, cioè all’identificazione di sostanze in grado di legarsi in modo specifico e selettivo al bersaglio e di modificarne i meccanismi d’azione in modo tale da ottenere un effetto terapeutico: queste sostanze vengono chiamate "lead compound" o "composti guida" e sono i precursori del farmaco vero e proprio. A seconda del "ruolo" che il bersaglio farmacologico svolge nella malattia, gli effetti provocati dal composto guida saranno differenti. Se si colpisce un elemento coinvolto molto a monte nel processo patologico (per esempio, si blocca il microrganismo che scatena una certa infezione), l’effetto del farmaco sarà la guarigione (più o meno completa a seconda dell’efficacia del farmaco e delle condizioni del paziente). Se invece si agisce su un meccanismo a valle (per esempio, la mancata produzione nel cervello di una sostanza essenziale per la coordinazione del movimento nel malato di Parkinson) il farmaco agirà soltanto su uno degli aspetti della malattia e per un breve periodo di tempo, non essendo in grado di modificare i meccanismi di base che hanno dato origine al male. Un caso diverso è rappresentato dai farmaci preventivi: il bersaglio su cui si agisce non è un elemento direttamente coinvolto nella malattia ma può contribuire alla sua insorgenza in determinate condizioni di rischio (per esempio, livelli troppo elevati di colesterolo nel sangue possono causare disturbi cardiovascolari). Prima di iniziare Studi clinici nell'uomo, la compagnia farmaceutica deve condurre ampi Studi di preclinica e ricerche di laboratorio che si svolgono in anni di esperimenti. Se i risultati di questi test sono idonei, la compagnia farmaceutica fornisce tutti i dati raccolti alle autorità regolatorie e richiede l'approvazione alla sperimentazione sull'uomo. Fasi di sperimentazioni I test clinici dei farmaci sperimentali si dividono normalmente in tre Fasi Studi di Fase 1 Gli Studi clinici di Fase 1 sono generalmente condotti su un numero limitato di soggetti volontari sani che non assumono altri farmaci; pertanto, in questa Fase, non vengono trattati pazienti affetti dalla malattia per la quale il farmaco è indicato. La Fase 1 permette quindi di valutare la sicurezza di un prodotto e la disposizione della molecola nel corpo, la sua metabolizzazione (trasformazione) e la sua eliminazione (farmacocinetica). Negli Studi di Fase 1, generalmente vengono anche studiate le diverse dosi del farmaco sperimentale per valutare come questo agisce sul corpo umano. Come risultato, alla fine della Fase 1, si conosceranno i limiti di dosaggio accettabile per l'uomo. Questa Fase determinerà l'ingresso o meno della sperimentazione del farmaco nella Fase 2. Studi di Fase 2 Lo scopo della Fase 2 è sapere come il farmaco sperimentale agisce su persone malate. La Fase 2 consiste in Studi condotti su un numero limitato di pazienti per determinare la sicurezza del farmaco a breve termine, gli effetti collaterali e l'efficacia in generale. Gli Studi di Fase 2 sono generalmente di confronto fra il farmaco sperimentale ed un placebo (un composto privo di attività farmacologica) o fra il farmaco sperimentale ed un farmaco già in commercio. Questi confronti servono per escludere ogni pregiudizio nei confronti della valutazione della reale efficacia del farmaco sperimentale. Questa Fase determinerà l'ingresso o meno della sperimentazione del farmaco nella Fase 3. Studi di Fase 3 Gli Studi di Fase 3 sono effettuati su un numero ampio di pazienti per meglio valutare gli effetti del farmaco sperimentale in condizioni più vicine a quelle normali. Questi Studi hanno una durata notevolmente superiore a quella degli Studi di Fase 2. Negli Studi di Fase 3 i pazienti trattati possono essere affetti da più di una malattia o possono essere in trattamento con altri farmaci oltre che con il farmaco sperimentale. Pertanto, i pazienti che entrano a far parte di Studi di Fase 3 sono quelli che meglio riflettono la popolazione media. Le informazioni raccolte durante la Fase 3 sono determinanti ai fini della valutazione finale delle indicazioni del farmaco e per richiedere la registrazione dello stesso Studi di Fase 3B Vengono definiti Studi di Fase 3B, quelli condotti dopo l'approvazione del farmaco sperimentale ma prima della sua commercializzazione. Anche questi Studi, come quelli di Fase 3, vengono condotti su un ampio numero di pazienti e in confronto con altri farmaci in commercio. Studi di Fase 4 Gli Studi di Fase 4 vengono effettuati successivamente all'approvazione del farmaco da parte delle Autorità Regolatorie e alla sua commercializzazione. La compagnia farmaceutica conduce spesso questi Studi per conoscere meglio l'efficacia del nuovo farmaco rispetto ad altri composti in commercio. E' possibile che Studi di Fase 4 vengano richiesti anche dalle autorità regolatorie per allargare le conoscenze relative alla sicurezza a lungo termine del farmaco in un numero maggiore di pazienti. Un altro obiettivo degli Studi di Fase 4 è valutare la sicurezza del farmaco in una tipologia di pazienti non studiata durante la Fase 3. Tutti i farmaci sono sottoposti a questa attenta serie di esami per essere immessi in commercio ed utilizzati. Alcuni farmaci, però, possono essere utilizzati con una certa libertà dando vita ad una categoria particolare L’Automedicazione Esiste tutta una serie di patologie che si definiscono “lievi” in quanto riguardano problemi di salute semplici: che si sanno riconoscere per comune esperienza e che si possono trattare adeguatamente da soli ed in autonomia. L’Automedicazione I farmaci di automedicazione comprendono le specialità medicinali che: Sono semplici da utilizzare, pertanto non prevedono l’intervento di personale sanitario specializzato per la loro somministrazione Sono farmaci oggetto di controlli continui e costanti da parte del Ministero della Salute L’Automedicazione Contengono principi attivi largamente conosciuti e impiegati in terapia, e sono stati in commercio, sotto regime di prescrizione, per almeno 5 anni in un paese dell’UE, quindi sono farmaci sicuri e di comprovata efficacia L’Automedicazione In sintesi si tratta di quei malanni - per fortuna non gravi - che formano in sostanza circa l’80% dei disturbi che comunemente affliggono la popolazione, e che sono risolvibili con una terapia tendenzialmente di breve durata. FARMACI DA BANCO: CLASSIFICAZIONE Prodotti farmacologicamente attivi reperibili senza prescrizione medica (automedicazione): Farmaci da banco OTC Farmaci senza obbligo di prescrizione SOP Farmaci per urgenze e farmaci omeopatici Prodotti erboristici, integratori alimentari QUALI SONO LE PATOLOGIE CHE SI POSSONO TRATTARE IN AUTONOMIA piccoli problemi – un disturbo lieve facilmente risolvibile, come un problema muscolare, una contrattura o una piccola contusione procurati facendo sport, una ferita superficiale da medicare in casa. disturbi passeggeri – ne sono un esempio i tipici i malanni stagionali o sintomi influenzali, tra cui raffreddori, tosse, i normali mal di gola, ma anche una puntura di zanzara, un episodio di stitichezza, un problema digestivo. sintomi semplici – cioè sintomi non collegati ad altre patologie più serie, e sui quali abbiamo già consultato il medico in passato. Esempi: un leggero mal di testa, dolori in genere, iperacidità di stomaco. PRINCIPALI CLASSI DI FARMACI DA BANCO Analgesici, antipiretici Farmaci attivi sul sistema respiratorio: anti-tosse, decongestionanti, anti-allergici Farmaci attivi sul tratto gastrointestinale: antiacidi, antisecretivi gastrici, lassativi, antidiarroici, antiemetici, procinetici Farmaci attivi sul metabolismo: integratori minerali, vitaminici GRUPPI DI DISTURBI disturbi respiratori: raffreddore, tosse, mal di gola, catarro, influenza, raffreddore da fieno. dolori occasionali: mal di testa, mal di schiena, mal di denti, esiti di traumi; affezioni cutanee: ferite superficiali, punture d'insetti, scottature solari, seborrea, calli e duroni, foruncolosi, forfora, verruche, arrossamenti; disturbi digestivi: digestione lenta, aerofagia, stitichezza, diarrea, indigestione; disturbi circolatori: lieve insufficienza venosa, emorroidi, couperose, gonfiore alle gambe; problemi alla bocca: stomatite, gengivite, screpolatura delle labbra; disturbi oculari: bruciore, arrossamento, orzaiolo, affaticamento visivo; sintomi femminili: dolori mestruali e premestruali COME SI RICONOSCE UN FARMACO DI AUTOMEDICAZIONE? Il bollino rosso è stato studiato per poter riconoscere immediatamente un farmaco di automedicazione PERCHE’ UNA VIGILANZA SUI FARMACI DA BANCO? Il ricorso all’automedicazione con farmaci da banco è un fenomeno in continua espansione: Tendenza delle autorità sanitarie a incoraggiare l’automedicazione per ridurre la spesa pubblica Tendenza delle autorità regolatorie ad aumentare la disponibilità di farmaci non soggetti a prescrizione Campagne promozionali intensive da parte delle aziende farmaceutiche Costo eccessivo e/o ridotta disponibilità di farmaci soggetti a prescrizione Rischio di reazioni avverse Uso improprio patologie non indicate dosi non indicate periodi di tempo eccessivamente prolungati associazione con altri farmaci, e/o alimenti, e/o stati patologici che ne modifichino sicurezza ed efficacia Popolazioni a rischio anziani, gravidanza, bambini Il loro utilizzo in Italia è ancora piuttosto contenuto; confrontata con la spesa pro capite sostenuta dai cittadini dei principali paesi europei, infatti, si è notato che la spesa in Italia corrisponde a poco più della metà di quella del Regno Unito e addirittura a un terzo rispetto alla spesa pro capite dei cittadini francesi e tedeschi. Un esempio: L’Aspirina Felix Hoffman La Scoperta Erodoto nelle "Storie" narrava che esisteva un popolo stranamente più resistente di altri alle comuni malattie; tale popolo usava mangiare le foglie di salice. Ippocate, considerato il padre della medicina, descrisse nel V secolo a.c., una polvere amara estratta dalla corteccia del salice che era utile per alleviare il dolore ed abbassare la febbre. Un rimedio simile è citato anche dai sumeri, dagli antichi egiziani e dagli assiri. Anche i nativi americani lo conoscevano e lo usavano per curare mal di testa, febbre, muscoli doloranti, reumatismi e brividi La sostanza attiva dell'estratto di corteccia del salice bianco (Salix Alba), chiamato salicina, fu isolato in cristalli nel 1828 da Henri Leroux, un farmacista francese, e da Raffaele Piria, un chimico italiano. La salicina è abbastanza acida quando viene sciolta in acqua (una sua soluzione satura ha ph 2,4), per questo venne ribattezzata acido salicilico. Il composto fu isolato anche dai fiori di olmaria (Spiraea Ulmaria) da alcuni ricercatori tedeschi nel 1839 Nel 1897 Felix Hoffmann, dopo l'idea del suo superiore Arthur Eichengrün, chimici impiegati presso la Friedrich Bayer & Co. derivò il gruppo ossidrile (-OH) dell'acido salicilico con un gruppo acetile, formando l'acido acetil-salicilico. Tale composto presentava gli stessi effetti terapeutici dell'acido salicilico, ma con minori effetti collaterali. Nacque così il primo farmaco sintetico - una molecola nuova, non una copia di una molecola già esistente in natura - e la moderna industria farmaceutica. Il meccanismo di azione dell'aspirina fu conosciuto in dettaglio solamente nel 1970. Il nome "aspirina" fu brevettato dalla Bayer il 6 marzo 1899, componendo il prefisso "a-" (per il gruppo acetile) con "-spir-" (dal fiore Spiraea, da cui si ricava l'acido spireico, ovvero l'acido salicilico) e col suffisso "-ina" Funzione In una ricerca che gli valse un premio Nobel, il londinese John Vane dimostrò che l'aspirina nell'organismo umano blocca la produzione delle prostaglandine e dei trombossani. Questo avviene perché l’enzima cicloossigenasi coinvolto nella loro sintesi - viene inibito irreversibilmente quando l'aspirina lo acetila. Le prostaglandine sono ormoni locali prodotti dal corpo ed assolvono svariate funzioni, tra le quali vi sono la trasmissione del segnale del dolore al cervello e la modulazione della temperatura corporea a livello dell’ipotalamo. I trombossani sono responsabili dell'aggregazione delle piastrine, che formano i coaguli di sangue. Gli attacchi cardiaci sono principalmente dovuti all'ostruzione dei vasi sanguigni da parte di grumi di sangue coagulato. L'uso di una piccola quantità di aspirina porta ad una riduzione del numero dei coaguli; l'effetto collaterale è una minore capacità del sangue di coagularsi, che si traduce in un'emorragia più abbondante in caso di ferite. Infatti in Italia la donazione del sangue è consentita solo se sono passati almeno 5-7 giorni dall'ultima assunzione del farmaco. UTILIZZO L'aspirina trova impiego come analgesico per dolori lievi, come antipiretico (per ridurre la febbre) e come antiinfiammatorio. Ha, inoltre, un effetto anticoagulante e fluidificante sul sangue, per questo il suo uso a piccole dosi aiuta a prevenire a lungo termine gli attacchi cardiaci. Effetti indesiderati Sanguinamento gastro-intestinale, lesioni ulceroidi delle mucose (rischio perforativo variabile a seconda del farmaco); rare complicanze renali che comportano lo sfaldamento delle pareti del rene con formazione di coaguli (più facilmente riscontrabili in pazienti con insufficienza renale). I Rischi L’aspirina non dovrebbe essere assunta da pazienti affetti da gastrite, ulcera gastrica, lesioni gastrointestinali. E’ sconsigliato l’uso nelle donne in gravidanza e in corso di allattamento. L’impiego nei bambini può provocare la sindrome di Reye, encefalopatia acuta, per questo motivo l’aspirina per uso pediatrico richiede ricetta medica. Alcuni soggetti possono risultare allergici all'uso di tale sostanza, manifestando una ben definita sintomatologia: rinite vasomotoria, edema, tachicardia, asma bronchiale, ipotensione. Data la sua forte azione antiaggregante, è consigliabile sospenderne la somministrazione prima di ogni intervento chirurgico e in tutti i soggetti affetti da disturbi della coagulazione. Può provocare insufficienza renale acuta nei pazienti che soffrono di insufficienza renale, cirrosi, scompenso cardiaco. Patologie Iatrogene Con il termine “iatrogenia” si intendono le conseguenze indesiderate o negative per un paziente legate alle cure mediche. Il tasso di mortalità per sanguinamento del tratto superiore del apparato digerente indotto da farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) in pazienti ospedalizzati è di circa il 5-10%. Considerato che negli Stati Uniti sono più di 103.000 i ricoveri annuali per complicanze gastrointestinali gravi. Con un costo di singola ospedalizzazione stimato tra i 15.000 ed i 20.000 dollari, la spesa annuale diretta di tali complicanze supera i due miliardi di dollari. Inoltre ogni anno sono stimati essere negli USA 16.500 i decessi FANScorrelati tra i pazienti affetti da artrite reumatoide; questo dato è paragonabile al numero di decessi per immunodeficienza acquisita dell’adulto (AIDS), e è decisamente superiore a quelli determinati da mieloma multiplo, asma, tumore della cervice uterina o morbo di Hodgkin. Se i decessi per effetti collaterali dei FANS fossero tabulati separatamente nei report nazionali degli Stati Uniti si collocherebbero al quindicesimo posto. USO CORRETTO DEI FARMACI DI AUTOMEDICAZIONE Il farmaco perfetto, che agisce solo sulla malattia, non esiste: con un paradosso - non molto lontano dal vero, però - si può dire che un farmaco senza effetti collaterali o rischi di impiego non è un farmaco realmente attivo ed efficace L’uso corretto dei farmaci Le sostanze chimiche che costituiscono il principio attivo del farmaco vanno incontro, col passare del tempo, a un lento processo di degradazione che le priva lentamente delle loro proprietà terapeutiche. LA SCADENZA Solitamente il farmaco conserva un’accettabile attività per un periodo che va da 2 a 5 anni dal momento della produzione, la data di scadenza viene calcolata in base a questo tempo di scadenza dell'efficacia farmacologica LA SCADENZA assumere un farmaco scaduto non comporta, di solito, un rischio di effetti tossici ma la concreta possibilità di una ridotta o assente azione terapeutica. Dopo la scadenza l'attività del Alcuni farmaci, una volta aperti, possono scadere prima della data riportata sulle confezioni, che è valida solo se restano intatti e conservati nelle condizioni prescritte. Per questo motivo è opportuno annotare sulla confezione la data di prima apertura Le confezioni aperte hanno una validità ridotta ma fanno eccezione i farmaci confezionati singolarmente, come le compresse in blister. FORMA FARMACEUTICA VALIDITA' (Salvo diversa indicazione) colliri (flaconcino) 15-20 giorni colliri (monodose) scadenza confezione compresse blister scadenza confezione compresse flacone 4-6 mesi fiale endovena pochi minuti fiale intramuscolo pochi minuti gocce 1-2 mesi gocce per naso 15-20 giorni granulati barattolo 1-2 mesi granulati busta 5 giorni polveri da sciogliere 5 giorni pomate tubo 2-3 mesi pomate oftalmiche 15 giorni pomate vaso 5-7 giorni sciroppi 1-2 mesi siringhe pochi minuti spray per naso 15-20 giorni Dove si gettano i farmaci scaduti? Evita di gettare i farmaci scaduti con i normali rifiuti. All'esterno delle farmacie sono collocati appositi contenitori per la raccolta differenziata dei farmaci scaduti Quali sono le regole da seguire per la sicurezza dei bambini · non assumere farmaci in loro presenza · evita di incuriosirli · comportati con la massima naturalezza · riponi i farmaci in alto o in luogo inaccessibile se sei stato interrotto (ad es. una telefonata) durante la somministrazione · soprattutto conservali in armadietto chiuso a chiave USO CORRETTO Non aumentare le dosi: due compresse invece di una non fanno guarire in metà tempo. In viaggio evita di riporre i farmaci in valigia (può essere stivata in luoghi molto caldi o freddi), è meglio portarli con il bagaglio a mano Grazie per la vostra attenzione!