strategie sul price earning - Università degli Studi di Parma

Strategie sul Price Earning
Giulio Tagliavini
Università di Parma
1
Utili, dividendi, cash flow



Utili -> politica di payout -> Dividendi
-> DDM (Dividend Discount Model)
Sono importanti gli utili ?
Di fatto si ! C’è una forte correlazione
tra andamento degli utili e dei prezzi.
2
Principi di valutazione




Esistono due approcci:
1) determinare il rapporto P/E
appropriato (procedura più tradizionale)
2) stimare il valore attuale dei dividendi
attesi
Sotto certe condizioni: sono approcci
compatibili: uno può essere ricondotto
all’altro
3
Concentriamoci sul Dividend
Discount Model



Prezzo attuale = valore attuale della serie dei
dividendi futuri, al tasso appropriato,
aggiustato per il rischio
L’equazione ipotizza che l’investitore detenga
il titolo in portafoglio per sempre.
Se si ipotizza un holding period più breve, il
prezzo di uscita è poi pari ai dividendi
successivi.
4
Necessità di un modello
semplificato



L’equazione prima introdotta non è
molto pratica.
Costringe a stimare tutti i dividendi
futuri.
Occorre quindi un modello semplificato.
5
La madre di tutti i modelli



La madre di tutti i modelli di attualizzazione
dei dividendi è il COSTANT GROWTH
DIVIDEND DISCOUNT MODEL (modello di
Gordon, oppure di Gordon – Shapiro).
Le ipotesi sono forti e quindi questa formula
non è particolarmente utile per la stima dei
singoli prezzi azionari.
E’ utile invece:


a) per la comprensione delle principali determinanti dei
prezzi azionari;
b) per la stima del prezzo di un grande portafoglio di
azioni.
6
Il modello

3 ipotesi:







Il flusso di dividendi è perpetuo
I dividendi crescono sempre a un tasso costante
pari a g
Il tasso di sconto è maggiore di g
Gli elementi sono in progressione geometrica,
la ragione è (1+g)/(1+r)
Si ottiene:
P = D0 (1+g) / (r-g) = D1 / (r-g)
È un modello molto astratto ma molto utile !
7
Una variante di rilievo:




R = D1 / P + g
Il rendimento complessivo di una azione
può essere scomposto in 2 componenti:
D1/P
tasso di dividendo
G
tasso di crescita
8
Un esempio







Prezzo = 210
Dividendo stimato = 8
g = 5%
Quanto rende il titolo ? R= 8/210+5%=8,8%
Cosa succede se r=6,4% (si abbassano i
rendimenti)
6,4% = 8/x+5% -> x = prezzo stimato =
8/1,4% = 571
Quindi: se i rendimenti scendono le
quotazioni salgono
9
Un esempio




Cosa succede se il dividendo stimato cade a 6
Il rendimento richiesto rimane a 8,8%
P = 6/(8,8-5%) = 157.89 (-25%)
Quindi: se le previsioni di dividendo si fanno
più pessimistiche si abbassano le quotazioni,
il che è ovvio, ma la formula mi permette di
stimare l’ordine di grandezza del fenomeno.
10
Come stimare il g medio ?





Una soluzione che sembra ragionevole è
calcolare g come tasso di crescita
atteso, calcolato sulla media ponderata
Esempio:
P=?
D0 = 300
r = 15%
11
… g medio …






Tasso di crescita
7%
9%
14%
Tasso medio
Prob.
10%
60%
30%
0,7
5,4
4,2
10,3%
In tale caso P = 300(1+10,3%)/(15%-10,3%) =
7.404
12
… g medio …






In alternativa, per ogni g calcolo il prezzo e
poi faccio la media
Tasso di crescita
Prob.
Prezzo
7%
10%
4.012
9%
60%
5.450
14%
30%
34.200
Tasso medio
13.931
13
… g medio …


Il valore giusto è 7.040 o 13.931 ???
La soluzione 2 è l’unica giusta, basta
provare !
14
… g medio …
Tasso di crescitaV1
7%
9%
14%
D1
4.293
5.940
38.988
D0(1+g)^2/(k-g)
321
327
342
D0(1+g)
15
… g medio …
Ricalcoliamo i rendimenti:
Con V0 = 7.040
(V1-V0+D1)/V0
-34,46%
-10,98%
458,66%
Rendimento medio
Con V0 = 13.931
(V1-V0+D1)/V0
-66,88%
-55,01%
182,32%
Rendimento medio
Prob.
10%
60%
30%
127,57%
Rendimento atteso
-3,445
-6,584
137,599
troppo alto!!!!!
Prob.
10%
60%
30%
15%
Rendimento atteso
-6,688
-33,007
54,695
giusto !!!!!
16
Conclusione



P non è funzione lineare ma convessa di g.
Non possono dunque ragionare il termini di g
medio.
L’uso della formula è complessa in quanto
risulta del tutto naturale ragionare in termini
di g medio.
17
Modelli P/E








P= D1 /(r-g)
D = Utile * payout = E*b
P= Eb/(r-g)
P/E = b/(r-g)
Sale b -> sale anche P/E
Sale g -> sale anche P/E
Scende r -> sale P/E
Però b,r,g non sono indipendenti tra di loro !!
18
Modelli P/E
In particolare, se sale b ci sono meno
fondi (autofinanziamento) per la
crescita quindi: sale b e scende g
Ciò dipende dal fatto che g= ROE(1-b) #
P/E = b/(r-Roe(1-b))
Quale effetto finale sul P/E ?
19
Modelli P/E
# Dimostrazione
Infatti, in assenza di nuovi conferimenti di capitale, l’EPS cresce in
proporzione
-> alla crescita dei MP per autofinanziamento
Delta EPS = E (1-b)
-> alla redditività conseguita su tali incrementi di MP
Roe = Delta E /(1-b)E
Quindi:
Delta E = Roe (1-b) E1
G = Delta E / E1
G = Roe (1-b)
20
Possiamo avere 3 casi




1) la società promette un Roe in linea con la
media del rendimento di mercato r
Il payout è, in tale caso, irrilevante nella
formazione del prezzo: gli utili, sia che
vengano reinvestiti dalla società al Roe, sia
che vengano distribuiti e reinvestiti
dall’azionista al tasso r, producono i medesimi
risultati a parità di rischio.
P/E dipende solo dal rendimento desiderato
P/E = b / r-r(1-b) = b/br = 1/r -> r =E/P
21
Possiamo avere 3 casi




2) Roe > r
“azioni di crescita”
P/E sarà tanto più elevato quanto
minore b e quanto maggiore è la
differenza tra Roe ed r
3) Roe < r
“azioni in declino”
P/E sarà tanto minore quanto minore b
e quanto maggiore è la differenza,
negativa, tra Roe ed r
22
Una ulteriore analisi





Si consideri inoltre
Roe = Roa * Leverage
P/E = b/(r-ROA*L*(1-b))
ROA = MN * Tasso di rotazione
………
23
Price Earning Ratio:
definizione




P/E = prezzo di mercato di una azione / utile
per azione (EPS)
Esistono diverse varianti di P/E. Esse dipende
dal modo in cui definisco il prezzo e l’EPS:
Prezzo: è usualmente il prezzo attuale, ma potrebbe anche essere il
prezzo medio degli ultimi 12 mesi.
ESP: l’utile potrebbe essere riferito all’ultimo bilancio disponibile;
potrebbe essere ricalcolato l’utile riferito ai 12 mesi più recenti;
potrebbe essere l’utile atteso per l’anno in corso; potrebbe essere l’utile
atteso per l’esercizio prossimo.
24
P/E e fondamentali




A parità di altri fattori, le imprese che sviluppano più
rapidamente hanno un P/E alto rispetto alle imprese che non si
sviluppano.
A parità di altri fattori, le imprese più rischiose hanno un P/E più
basso rispetto alle imprese meno rischiose.
A parità di altri fattori, le imprese che hanno esigenze finanziarie
modeste hanno un P/E più elevato delle imprese che
necessitano di reinvestimento degli utili.
E’ ovvio che è difficile pensare alla condizione di parità di altri
fattori, in quanto le imprese che si sviluppano rapidamente
hanno rischio più accentuato e necessità di reinvestimento degli
utili più marcati.
25
Un piccolo esercizio






PE
PE
PE
PE
Cile
Argentina
Brasile
Venezuela
32
31
27
25
Un market strategist ha emesso un rapporto in cui si
sostiene che il Brasile ed il Venezuela sono mercati
relativamente convenienti rispetto al Cile, in quanto
hanno il rapporto P/E medio più basso. Siete
d’accordo ?
Quali altri fattori possono causare che il P/E di un
mercato sia più basso rispetto al dato medio di un
altro mercato ?
26
Un altro piccolo esercizio


Un market strategist sostiene che le azioni sono
attualmente sovraquotate poiché il rapporto P/E
medio è più elevato rispetto al dato storico. Siete
d’accordo ?
Quali altri fattori possono causare che il P/E di un
mercato sia più alto rispetto al dato medio storico ?
27
L’uso di termini di raffronto – Vantaggi e
svantaggi

Il modo più comune per stimare il livello
appropriato del P/E di una impresa è il
seguente:



Si sceglie un gruppo di imprese simili
Si calcola il P/E medio del gruppo
Si aggiusta, in modo soggettivo, il dato
medio per tenere conto delle specificità
dell’impresa considerata rispetto al gruppo
di riferimento
28
L’uso di termini di raffronto – Vantaggi e
svantaggi

Il problemi di questo approccio:



La definizione di gruppo di riferimento è molto
soggettiva
L’uso di altre imprese del medesimo settore può
risultare impossibile, in quanto le imprese,
talvolta, hanno combinazioni di business-rischiopportunità di crescita assolutamente uniche.
Anche se riesco a costruire un gruppo di
riferimento, ci possono essere differenze nella
percezione dei fondamentali da parte del mercato
che non tengo in considerazione.
29
L’approccio della regressione



Invece di cercare una impresa o un gruppo di
imprese di confronto, posso usare le
informazioni relative alle imprese quotate per
regredire i livelli di P/E.
Si tratta di un esercizio di regressione
multipla, dove il livello di P/E è la variabile
dipendente.
Le variabili indipendenti sono le variabili che
stimano il rischio, la possibilità di sviluppo e la
politica di payout.
30
L’approccio della regressione:
problemi



La regressione assume una relazione lineare tra il P/E
e le variabili indipendenti; ciò non è appropriato.
La relazione tra il P/E e le variabili indipendenti
potrebbe non essere stabile, ma si potrebbe
modificare di anno in anno e quindi le previsioni del
modello di regressione potrebbero essere inaffidabili.
Le variabili indipendenti sono correlate tra loro (ad
esempio: più crescita comporta più rischio). Si ottiene
una regressione multicollineare con coefficienti
instabili ed imprecisi, variabili di anno in anno.
31
Una strategia di investimento che confronta il
P/E con il tasso di sviluppo atteso


Se si assume che tutte le imprese di un settore
abbiamo simili tassi di sviluppo atteso e simile livello
di rischio, una strategia ragionevole potrebbe essere
quella di scegliere le azioni con P/E più basso, che
vengono considerate sottovalutate.
I portfolio managers e gli analisti talvolta confrontano
il livello del P/E con il tasso di sviluppo atteso per
identificare azioni sovra o sotto quotate.


Le imprese con un P/E inferiore al loro tasso di sviluppo sono
considerate sottovalutate
Il rapporto tra P/E e sviluppo atteso è inteso come indicatore
di valore relativo.
32
Una strategia di investimento che confronta il
P/E con il tasso di sviluppo atteso: problemi



Nella sua formulazione più semplice, non esistono
elementi per credere che una impresa sia
sottovalutata solo per il fatto che il P/E sia inferiore al
tasso di sviluppo atteso.
Il P/E potrebbe benissimo essere inferiore al tasso di
sviluppo atteso se i tassi di interesse sono alti e/o se
il rischio è elevato. L’azione potrebbe essere anche
sovraquotata, e non sottoquotata.
Se si segue questo approccio, se i tassi di interesse
scendono (si incrementano), meno (più) azioni
sembreranno sottovalutate.
33
Strategia di Ben Graham, The
Intelligent Investor





1949 – Prezzo non superiore a 20 volte gli utili
medi degli ultimi 5 anni.
1954 – Prezzo non superiore a 20 volte gli utili
medi degli ultimi 6 anni.
1959 – Prezzo non superiore a 25 volte gli utili
medi degli ultimi 5 anni.
1965 – Prezzo non superiore a 25 volte gli utili
medi degli ultimi 7 anni e a 20 volte negli ultimi 12
mesi.
La suddetta strategia ha fornito un
sovrarendimento del 2,5% su base annua.
34
Due scuole di investitori

La diversa valutazione del P/E definisce due approcci di
investimento:






Growth
Value
Se preferisco imprese con alto P/E, scelgo imprese con g elevato
(prospettive di crescita del fatturato, dell’utile del cash flow)
Attenzione alla trappola: un alto livello di crescita degli utili
produce un alto P/E, questo induce gli analisti a stimare un
livello ancora più elevato di g, e il processo si avvita verso l’alto.
Il processo è accelerato dai momentum players.
Il momentum investing è il contrario del contrarian investing.
35
Il value investing



Un value investor è una persona che sceglie
titoli a basso livello di P/E o a basso livello di
price/book
E’ un operatore che paga un prezzo che è
inferiore rispetto al valore dei beni contenuti
nell’impresa che acquista.
Ci sono tre strade per il value investing:



Applicare regole passive
Regole attive: investire in titoli di grosse imprese
sottovalutate
Investire in azioni dopo le brutte notizie
36
Lo screening passivo


Si tratta di regole applicate a largo raggio per individuare titoli
interessanti.
La strategia più tradizionale è quella di Ben Graham; esempi:










Il P/E di una azione < reciproco rendimento delle obbligazioni corporate di
classe AAA.
Il P/E < del 40% del P/E medio degli ultimi 4 anni.
Il dividend yield > rendimento corporate AAA.
Il prezzo < 2/3 del valore di libro.
Prezzo < 2/3 del capitale investito netto.
Debito/Equity < 1
Valore a breve > 2 volte passivo a breve
Debito < 2 volte l’attivo circolante netto
Tasso medio di crescita degli EPS > 7%
Non più di due anni di perdita sugli ultimi 10 anni.
37
Meglio P/E basso
38
Regole per lo screening passivo




Adottare un orizzonte temporale lungo
(> 5 anni; sul breve periodo si perde)
Scegliere lo screening attentamente e in
modo non troppo selettivo
Preservare la diversificazione
Tenere sotto controllo l’imposizione
fiscale ed i costi di transazione.
39
Regole attive su grandi operazioni

Si tratta di prendere una considerevole partecipazione
in una impresa gestita male, al fine di intervenire per
“sbloccarne” il valore; esempi:





Se una impresa vale meno delle singole parti -> break up,
spin off
Se una impresa è troppo conservativa nell’uso del debito ->
programma di sviluppo accelerato
Se l’impresa ha accumulato troppa cassa -> dividendo
straordinario
Se l’impresa è gestita male -> cambiare il management
Se ci si guadagna da un merger -> lo faccio
40
Regole attive su grandi operazioni


Tante ricerche hanno dimostrato che tutte
queste operazioni, di norma, creano valore.
Regole per investire con regole attive:





Avere grandi capitali
Conoscere bene le imprese target
Essere abili nel corporate finance
Essere insistenti e tenaci
Sapere trovare i giusti alleati.
41
Il contrarian investing






Può essere utile investire nei titoli peggiori, che sono andati
eccessivamente al ribasso.
I mercati sovrareagiscono alle notizie ed i prezzi seguono
eccessivamente la tendenza.
E’ dimostrato che i titoli che sono andati più al ribasso, quando il
mercato gira, sono destinati a rialzare molto di più degli altri.
Non necessariamente le imprese eccellenti sono investimenti
eccellenti.
Le azioni peggiori sono più rischiose ma rendono mediamente
molto di più, se comprate nel momento in cui sono
eccessivamente depresse.
Il contrarian investing è un value investing esasperato.
42
Il contrarian investing

Regole per avere successo:





Buon autocontrollo e fiducia in sé.
Se gestisco capitali altrui, occorre la piena
fiducia del gestito.
Pazienza.
Capacità di resistere alla volatilità di breve
periodo.
Controllo dei costi di transazione.
43
Una regola specifica di stock picking: il
“dogs of the Dow”




La formula più semplice di stock picking consiste nel
selezionare, all’inizio di ogni anno, i 10 titoli, tra i 30 dell’indice
Dow Jones o del MIB30, che presentano i rapporti P/E più bassi.
Dal 1952 al 2000, tale tecnica avrebbe procurato un guadagno
del 17%, contro un apprezzamento medio dello S&P500 del
13,8%; avrebbe fatto anche meglio del 95% dei fondi comuni di
investimento; avrebbe perso per soli 2 anni.
Usata su tutto il listino, questa tecnica è molto pericolosa poiché
vi sono piccoli emittenti che raggiungono bassi P/E e poi
spariscono.
Ci sono varianti di questa tecnica. La più nota è la seguente:
scelgo 5 titoli a prezzo più basso tra i 10 titoli che hanno il
rapporto D/P più alto.
44
La situazione attuale




I mercati azionari hanno corso molto.
Facendo riferimento allo S&P500, si riscontra una rilevante
possibilità di caduta dei corsi perché i prezzi sono molto alti
rispetto agli utili delle imprese.
Analista tradizionale: quando il P/E arriva a livelli enormemente
alti, ne segue una caduta del mercato.
Punto di vista dell’analista innovativo: questo non è più
necessariamente vero; sono cambiati i fondamentali
dell’economia, i valori azionari attirano stabilmente più
investitori e ciò giustifica un P/E strutturalmente più elevato.
45
La situazione attuale


In effetti, un alto livello del P/E è stato
sempre seguito da un rallentamento delle
quotazioni, almeno in una prospettiva di non
breve periodo.
Per quanto riguarda il breve periodo, si fa di
solito il confronto tra i rendimenti
obbligazionari e l’earning yield on stock, che è
il reciproco del P/E. Anche nel breve termine i
prezzi azionari dovrebbero rallentare
significativamente.
46
47
Cosa può accadere ?

Un declino del P/E verso la sua media
può verificarsi in due modi.



Si possono fermare i prezzi azionari, o
possono tornare in basso.
Possono svilupparsi più rapidamente i
profitti.
I due grafici seguenti illustrano la
possibilità dei due scenari. Il primo si è
verificato frequentemente.
48
49
50
Le prospettive di breve termine




L’earning yield non si discosta mai enormemente dai
tassi di interesse.
Quando tale spread è negativo, ne deriva la
possibilità di storno dei prezzi.
Più esattamente, la possibilità di storno è reale
quando lo spread scende sotto il decimo percentile
dello stesso spread (nel novanta % dei casi si trova
sopra).
Il prossimo grafico definisce la situazione recente e
quello successivo evidenzia cosa è successo tutte le
volte che lo spread è sceso sotto il decimo percentile.
51
52
53
Il caso recente è diverso ?


Nel grafico si riscontra una anomalia per il 2000 ?
Per alcuni analisti siamo entrati in una nuova era e la storia non
si ripeterà:




Gli utili si vanno espandendo ad un ritmo elevatissimo (a causa di
globalizzazione e sviluppo tecnologico).
Le azioni non sono più percepite come investimenti particolarmente
rischiosi. Le cause: migliore conduzione del quadro
macroeconomico; orizzonte di investimento più lungo; maggiore
cultura finanziaria ed accesso all’informazione.
I costi delle transazioni azionarie si sono considerevolmente
abbassati.
Dall’idea che uno si fa su questi problemi, ne discende un
approccio di investimento completamente diverso.
54
I rendimenti periodali






Definiamo il rendimento periodale di una
azione, Holding-Period Return:
HPR = D/P + deltaP/P
HPR = (1-b)E/P + deltaP/P
L’apprezzamento del prezzo dipende dalle
variazioni dell’utile e dalla variazione del PE:
deltaP = (P’/E’)E’ – (P/E)E
Dove P’ e E’ alla fine del periodo
55
I rendimenti periodali





Introduciamo la variabile g:
E’ = (1+g)E
e quindi
DeltaP = [(P’/E’)(1+g) – (P/E)]E
Dopo qualche passaggio si ottiene:
HPR = (1-b)/PE + g + gPE
56
L’evoluzione del P/E





Quando uso la formula classica
P/E = (1-b)/(r-g)
Non devo dimenticare che il P/E evolverà nel tempo o
verso l’alto (g basso) o verso il basso (g alto). La
variazione del P/E è già insita nei dati e poi non me
devo stupire !
Se ricavo g dalla formula, ottengo il livello di crescita
minima degli utili che stabilizzano il P/E
Vedi il file PE.xls per esercitarti su questi aspetti.
57
Bibliografia


Pu Shen, The P/E Ratio and Stock Market
Performance, FRB of Kansas City, Economic Review,
2000.
Martin L. Leibowitz, P/E Forward and Their Orbits,
Financial Analysts Journal, 1999.
58