M 7 Ud 1 - Analisi di economia monetaria e finanziaria
Secoli XIV-XVII  Mercantilismo  la moneta ha un proprio valore. Tesi favorita dal valore intrinseco.
Secolo XVIII
 Nascita del sistema industriale e creditizio, liberismo economico  la moneta come
strumento che favorisce gli scambi il cui valore è da ricercarsi nel valore della produzione.
Hume: Mv = 1/P (il valore della moneta in circolazione è esattamente pari al reciproco del
livello generale dei prezzi; a parità di produzione, più alto è l’ammontare di moneta in
circolazione, maggiore risulta il prezzo della produzione stessa, ossia minore risulta il valore
della moneta = Teoria quantitativa della moneta che sostiene che fonte di ricchezza non è la
moneta ma ciò che essa rappresenta, cioè l’economia reale, il valore della moneta dipende
dalla quantità che ve ne è in circolazione.
Sia la dottrina classica che la neoclassica sostengono la validità della teoria quantitativa. Fa
eccezione Marx che attribuisce al denaro, fine ultimo della produzione, un valore in sé
(DMD).
La legge di Fisher MV = PQ (equazione degli scambi)
M = moneta in circolazione; V = velocità di circolazione (solitamente costante per consuetudine); P = livello
generale dei prezzi; Q = quantità di beni e servizi prodotti (solitamente costante a causa della piena occupazione
dei fattori produttivi nel breve periodo sostenuta da Say). La costanza di V e di Q consente a Fisher di dimostrare
che a qualsiasi incremento di M si ha un incremento di pari ammontare di P.
La scuola di Cambridge M = KPQ
Stessa impostazione di Fisher ma con una particolare attenzione alla domanda di moneta esercitata dal pubblico.
Secondo l’equazione degli scambi M rappresenta un fenomeno unitario; secondo la scuola di Cambridge bisogna
distinguere l’offerta di moneta di competenza della banca centrale, dalla domanda di moneta effettuata per due
motivazioni: transazionali (pagamenti che si ripetono periodicamente) e precauzionali (fondo per spese
impreviste). Tale disponibilità di moneta, detenuta dal pubblico sotto forma liquida nel portafoglio o in depositi
prelevabili a vista, non entra in circolazione e dipende in modo direttamente proporzionale dal reddito. Definendo
la moneta che non circola con K, abbiamo che K = 1/V (reciproco della velocità di circolazione) oppure V = 1/K.
L’equazione degli scambi diventa M = KPQ.
La concezione Keynesiana
Le scorte monetarie non hanno unicamente lo scopo di garantirsi sull’imprevedibilità del fururo ma anche quello
di operare sul mercato dei capitali a livello speculativo. La domanda di moneta di tipo speculativo dipende dal
tasso d’interesse in modo inversamente proporzionale. Costituisce quella parte di liquidità che l’individuo detiene
presso di sé non per precauzione o transazioni, ma in attesa di essere investita nel mercato finanziario del redddito
in titoli a rendimento fisso. Se il rendimento dei titoli è basso (il corso è elevato) la preferenza per la liquidità è
maggiore. A tassi di interesse molto bassi la “preferenza per la liquidità” di natura speculativa potrebbe divenire
completamente elastica (infinita).
Tasso di
interesse
M
M’
M’’
E
i
i’
E’
E’’
Domanda speculativa di moneta (Md)
al di sotto del livello i’ la domanda speculativa
di moneta risulta totalmente insensibile (trappola della
liquidità) ad ogni ulteriore ribasso del tasso di interesse.
In Borsa la propensione ribassista sarebbe totale.
L’impostazione keynesiana della “trappola della liquidità”
introducendo elementi di imponderabilità, di incertezza
sulle decisioni di investimento, che vengono a dipendere
essenzialmente dalle “aspettative” degli operatori, si
contrappone al meccanicismo tipico della concezione
neoclassica.
Equilibrio macroeconomico
L’offerta di moneta, dipendendo dalla decisioni delle autorità monetarie e non saggio di interesse, ha un
andamento rigido (M), il punto E rappresenta l’equilibrio tra domanda e offerta al saggio di interesse (i). Se
l’offerta aumenta, una diminuzione del tasso di interesse realizzerà l’equilibrio nel punto E’. Se dovesse
ulteriormente crescere saremmo in piena trappola della liquidità.
In conclusione
Secondo la teoria monetaria neoclassica: un aumento di M determina un aumento equiproporzionale dei prezzi.
Secondo Keynes un aumento di M non determina necessariamente un aumento di domanda di beni e servizi ma
un aumento della domanda di titoli con conseguente riduzione di ( i ) e un aumento degli investimenti: se il
sistema si trova in piena occupazione dei fattori si può produrre un aumento dei prezzi, ma se il sistema è in
condizioni di sottoccupazione delle risorse si incrementa il reddito e l’occupazione.
Naturalmente se le prospettive di redditività futura dei nuovi investimenti sono basse (vedi Grande Crisi), non
aumenterebbero i prezzi ma neppure l’occupazione.
Se l’aumento di offerta di moneta dovesse cadere nella “trappola della liquidità” non avremmo neppure un
ribasso del tasso di interesse: la domanda di moneta sarebbe infinita senza influenza alcuna sui prezzi in
condizioni di piena occupazione; viceversa, in condizioni di sottoccupazione, gli investimenti non
aumenterebbero comunque e il sistema non raggiungerebbe la piena occupazione.
Da tutto ciò scaturisce il pensiero keynesiano dell’impossibilità del sistema di produrre livelli di piena
occupazione delle risorse in modo naturale.
La scuola “monetarista” di Chicago:
per opera di M. Friedman, sostiene, al contrario di Keynes, che è sufficiente controllare l’offerta di moneta,
garantendone un volume adeguato alle transazioni, per garantire uno sviluppo ottimale del sistema senza tensioni
sui prezzi. I governi repubblicani USA, diversamente da quelli democratici, hanno sempre adottato politiche
economiche di stampo monetarista.
Le fluttuazioni cicliche dell’economia
Il sistema capitalistico è stato caratterizzato fin dall’800 da un alternarsi peridodico di fasi ascendenti e
discendenti dell’andamento dell’attività economica  cicli economici (quattro fasi):
Y
Recessione
Prosperità
Ripresa
-------------------------------------------------------------------Depressione
0
Tempo
Più che sulla durata, l’attenzione degli studiosi si è concentrata sulle cause dei cicli economici, al fine di
individuare le misure (anticicliche) idonee a contrastarle.
Endogene vengono dette le interpretazioni che concentrano la loro attenzione sulle cause insite al sistema
capitalistico, come, secondo Marx, in conflitto tra capitale e lavoro.
Esogene vengono dette le interpretazioni che fanno risalire i cicli economici a cause esterne al sistema, come il
ciclo politico-elettorale delle forze di governo.
Miste vengono dette le interpretazioni che attribuiscono le fluttuazioni ora al sottoconsumo (durante l’espansione
l’aumento del reddito favorisce i ceti più abbienti meno propensi al consumo), ora alla sovracapitalizzazione
(squilibrio fra la produzione di beni capitali di investimento e beni di consumo.
Per Schumpeter il sistema economico passa di equilibrio in equilibrio, attraverso forti shock dovuti alle
innovazioni tecniche che, in una fase iniziale, creano aspettative di alti profitti, che diminuiscono col diffondersi
dell’innovazione stessa.
Samuelson e HicKs attribuiscono le fluttuazioni cicliche alla dinamica del moltiplicatore – acceleratore degli
investimenti che determinerebbe uno stimolo alla produzione oltre il limite rappresentato dalla domanda di
consumo esercitata dalla collettività con conseguente calo degli investimenti e fase recessiva.